Lecco, il `Cortile dei Gentili` fa riflettre sul `dolore innocente`. Per il

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Lecco, il `Cortile dei Gentili` fa riflettre sul `dolore innocente`. Per il
Lecco, il 'Cortile dei Gentili' fa riflettre sul 'dolore innocente'. Per il
Cardinal Ravasi ''è il livello più alto del silenzio di Dio''
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Il Cardinal Ravasi
"Quello organizzato qui a Lecco è uno dei "cortili" più essenziali, raffinati e circoscritti a cui abbia mai preso parte, che
affronta un tema più che mai delicato e oggetto di appassionato confronto tra credenti e non credenti: il dolore
innocente". Sono queste le parole con cui il presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, S.E. Card. Gianfranco Ravasi, ha
accolto questa mattina il foltissimo pubblico che ha preso parte al "Cortile dei Gentili" ospitato nell'aula magna del Polo
territoriale del politecnico di Milano, appuntamento di profondo richiamo per l'incontro e il confronto tra uomini di culture,
credenze ed esperienze diverse.
Nato a Merate e residente in gioventù a Osnago, l'attuale cittadino dello Stato Pontificio è tornato sul suolo lecchese animato
da un misto di emozione ed orgoglio: "a Lecco sento il respiro delle mie origini e l'anima di una cultura effervescente, che
riesce ad avere un'incidenza maggiore sulle genti rispetto ai grandi centri: la provincia rivela spesso la sua capacità di
essere fermento e generatrice di creatività, e Lecco ne è testimonianza".
Parole dolci, le sue, lieto omaggio e melodico esordio prima di addentrarsi in un argomento decisamente più 'nervoso',
spigoloso e allo stesso tempo sfumato, crudelmente reale e parallelamente sfuggente: è il dolore, la sofferenza bruta e
incomprensibile, il significato che in esso si ricerca accanitamente, o al contrario si smette desolatamente di cercare, specie
quando esso colpisce la persona innocente.
Nel bosco notturno del dolore, fitto di incomprensioni e nonsensi, il Cardinal Ravasi si è orientato con una riflessione completa
e profonda, nell'impeccabile stile oratorio che lo caratterizza, egregio preambolo agli interventi che si succederanno nel corso di
questa due giorni di interventi e di confronti: due le 'tavole' prese in considerazione dall'alto prelato per inquadrare e sviscerare
il senso della 'malattia', "una immancabilmente oscura e l'altra più luminosa, ma allo stesso tempo non del tutto capace
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di diramare le tenebre che circondano la questione del dolore", ha lui stesso suggerito.
"La malattia è la rappresentazione dell'essere umano, che è caduco, limitato, imperfetto. Si tratta di una condizione
che non è solo biologica, fisica: il malato vive un esperienza esistenziale, filosofica, antropologica di base. Dinnanzi a
questa, la scienza medica non basta, si rende necessario un approccio anche dal punto di vista delle scienze umane",
ha riflettuto il Cardinale.
Parte delle autorità presenti all'incontro
Cuore sofferente di quella 'tavola oscura' prima indicata, è stata quindi la 'crisi di senso' evocata dal dolore innocente: "la
Teologia è nata come teodicea (dal greco 'theos', dio, e 'dike', giustizia), finalizzata a giustificare Dio proprio per la
questione del dolore, del male nel mondo".
L'assenza di significato che la gente può vivere nel momento del confronto con il dolore, è un tema senza tempo, che ha
ispirato notevoli indagini filosofiche e non: tra le rielaborazioni più chiare e più famose, quella del filosofo Epicuro: 'se Dio vuol
togliere il male e non può è impotente e quindi non è Dio. Se Dio può togliere il male e non lo vuole, allora è ostile e invidioso.
Se Dio vuole togliere il male e può, come si addice ad un Dio, allora perché esiste il male?'. Una riflessione logica, la sua, fatta
di sillogismi che sollevano dubbi ed incertezze tra credenti e non: "L'assenza di senso la troviamo anche all'interno della
Bibbia. Il problema del dolore innocente è posto dallo stesso Giobbe, che si sferra con un forte attacco verso Dio, in
un dialogo con questi che sconfina verso la blasfemia", ha confermato il Cardinale.
Poche, tuttavia, le risposte, troppo spesso insufficienti: anche l'appello al 'peccato originale' vede tremare le sue fondamenta
quando il dolore colpisce 'i più innocenti tra gli innocenti', i bambini. "Il dolore innocente è il livello più alto del silenzio di
Dio, dell'incomprensibilità del mistero divino", ha attestato.
E' a questo punto che si è inserita la riflessione più 'credente', la spiegazione cristiana, la luce in fondo al tunnel che non
annienta il buio ma che accende la speranza: esiste, in questo dolore, una rivelazione. "Noi vediamo solo un piccolo
orizzonte del mistero dell'esistere, che è immenso: solo guardando il quadro nell'insieme è possibile ottenere il
significato".
La riflessione sulla cristologia sulla sofferenza ha avuto quindi come punto di partenza l'intreccio tra il trascendente e
l'immanente, tra il divino e l'umano. "L'ingresso del divino nell'umano è ben rappresentato dal racconto della Passione,
dove Cristo attraversa tutta la galleria oscura del dolore: la sofferenza, la solitudine, il tradimento degli amici, la
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tortura, il silenzio stesso di Dio e infine la morte, nostra carta d'identità che ci definisce in quanto essere umani e
quindi limitati".
E' qui, nell'incarnazione di Dio che si è fatto uomo, che il Cardinal Ravasi ha indicato l'opzione di fede che può 'spiegare' la
questione del dolore.
"Dio è colui che attraversa il nonsenso del morire, entra nel nostro orizzonte, assume su di sé la nostra identità e il
nostro dolore. La resurrezione ci svela che Dio non ci salva in virtù della sua onnipotenza ma in virtù della sua
impotenza". La 'cristologia della sofferenza', insomma, starebbe a indicare che "Dio non vuole, non può e non riesce ad
impedire ciò che è anche strutturalmente richiesto", ovvero morte della creatura, per forza di cose limitata e finita, ma che
allo stesso tempo "alla base della reincarnazione c'è il senso profondo, che è solidarietà, che è amore".
Per dirla con le parole del poeta francese Paul Claude: "Dio non è venuto a spiegare la sofferenza ma a riempirla della
sua presenza. Non ci protegge da questa ma ci sostiene".
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