storia del 900 per la scuola di base a cura di

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storia del 900 per la scuola di base a cura di
storia del 900 per la scuola di base
a cura di Daniela Givogre e Riccarda Viglino
LA CONQUISTA DELLO SPAZIO
Cronologia:
1926: gli Americani lanciano nello spazio il primo razzo a combustibile liquido
4 ottobre 1957: i Russi mettono in orbita il primo satellite artificiale, lo Sputnik I.
3 novembre 1957: i Russi mandano in orbita un essere vivente: la cagnetta Laika
12 aprile 1961: Juri Gagarin, il primo uomo nello spazio a bordo della Vostok 1
20 luglio 1969: l’allunaggio sulla Luna di tre cosmonauti a bordo dell’Apollo 11
1997: la missione Pathfinder su Marte
L’IMPRESA DI JURI GAGARIN
Juri Gagarin fu il primo astronauta della storia, il primo uomo che portò a compimento un volo
spaziale attorno alla Terra. La sua missione venne realizzata il 12 aprile 1961. Gagarin venne
lanciato alle 9,07 (ora di Mosca) dal cosmodromo di Baikonur a bordo dell’astronave Vostok
1. Entrò in orbita compiendo un giro attorno alla Terra; dopo 78 minuti di volo accese i
retrorazzi che frenarono la corsa dell’astronave e la portarono sulla traiettoria del rientro.
Secondo le fonti sovietiche l’astronauta rimase all’interno della capsula che scese dolcemente
sulla terraferma per mezzo del paracadute; in base alle fonti americane invece l’astronauta
venne catapultato dalla capsula e discese con un proprio paracadute. L’atterraggio avvenne
alle 10,55. L’impresa di Gagarin dimostrò che l’uomo era in grado di resistere alle intense
sollecitazioni della partenza e del rientro e all’ambiente dello spazio extraterrestre. Gagarin
morì il 27 marzo 1968 precipitando durante un volo di addestramento con un aeroplano. In
sua memoria in Russia è stato dedicato il centro di addestramento dove si preparano i
cosmonauti prescelti per le missioni spaziali.
Per altre informazioni http://web.tiscali.it/no-redirect-tiscali/asaacqui/index.htm
In questo brano è lo stesso Gagarin a narrare la sua esperienza nello spazio:
“Cominciai a ricevere gli ordini relativi al lancio. E finalmente il direttore di volo ordinò: Partenza!Al che risposi: - Andiamo! Tutto funziona normalmente. Mi sento bene.
Il mio sguardo cadde sul quadrante del cronometro: le lancette segnavano le 9 e sette minuti,
tempo di Mosca. Udii un sibilo, poi un rombo sempre più alto, sentii che il missile gigante
vibrava da cima a fondo violentemente e che lentamente, molto lentamente, si staccava dalla
rampa di lancio.
Il rumore, per la verità, non era molto più assordante di quello che si deve sopportare nella
carlinga di un aereo a reazione, ma qui si traduceva in risonanze musicali e timbri così
particolari che nessun compositore avrebbe potuto riprodurli né con l’impiego di strumenti
musicali né con la voce umana. I potenti motori del missile sembravano inventare una musica
del futuro forse ancora più commovente e più bella delle più grandi opere del passato.
Poi cominciarono a farsi sentire i sovraccarichi. Una forza irresistibile mi appiattiva contro la
poltrona, inclinata con un certo angolo per ridurre il peso enorme che mi schiacciava. [...]
Quando il missile ebbe superati gli strati densi dell’atmosfera, il cono protettivo che ne
ricopriva la testa fu espulso automaticamente e dagli oblò mi apparve, lontanissima la
superficie della Terra. In quel momento il Vostok sorvolava un largo fiume siberiano e ne
distinguevo nettamente gli isolotti coperti d’alberi, illuminati dal Sole.
- Com’è bello!
Il grido m’era sfuggito dalle labbra [...] La nave cosmica aveva raggiunto la sua orbita nella
larga strada del cosmo e adesso, finiti i sovraccarichi, mi trovavo nello stato di
imponderabilità. [...] Dagli oblò vedevo le nuvole e le loro ombre leggere proiettate sulla
lontana e cara Terra [...] il cielo era nero, pieno di stelle, come un campo arato e seminato di
fresco. Le stelle, brillanti e pure, mi facevano pensare ai chicchi di grano. Anche il sole aveva
un suo straordinario splendore e non si poteva guardare ad occhio nudo, nemmeno
socchiudendo le palpebre. Dal mio posto di osservazione lo vedevo splendere decine, e forse
centinaia di volte di più che sulla Terra. Era più accecante del metallo fuso che avevo lavorato
in fonderia. Di tanto in tanto per attenuare la violenza della sua luce, ero costretto a chiudere
gli schermi protettivi degli oblò. [...]
Naturalmente non guardavo soltanto il cielo ma anche la Terra. Com’era la superficie delle
acque? Come una macchia scura dai riflessi cangianti. Era percepibile la rotondità della
Terra? Nel modo più netto. Guardando verso l’orizzonte, ero colpito da un violento contrasto
tra la superficie chiara della Terra e la nera profondità del cielo. E’ bellissima la Terra con la
sua ricca gamma di colori. La vedevo circondata da un’aureola azzurra. [...] Dagli apparecchi
di bordo seppi che il Vostok si trovava rigorosamente sull’orbita prestabilita e stava per
sorvolare la zona inferiore del pianeta attualmente non rischiarata dal Sole. Il passaggio dalla
luce alle tenebre fu improvviso. In un attimo mi trovai a volare nel buio. Probabilmente stavo
attraversando l’oceano perché non vedevo più niente in basso, nemmeno la polvere dorata
delle città illuminate.
Da Juri Gagarin, La via del cosmo, Editori Riuniti, Roma, in Celestino Caramello, Aldo
Giudice, Chiara Lasi, L’Europa e l’Italia di ieri e di oggi, Paravia, Torino 1969
Analizzo:
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chi è stato il primo uomo in orbita nello spazio?
quel era la sua nazionalità?
dove avvenne il lancio della navetta? Quando?
quanto tempo durò il volo?
che cosa vide l’astronauta dalla navetta mentre sorvolava la Terra?
quali furono le sue osservazioni sul Sole?
perché ad un certo punto si trovò a volare nel buio?
che cosa dimostrò l’impresa di Gagarin?
L’UOMO SULLA LUNA
Il 16 luglio 1969 dal Centro Spaziale di Cape Kennedy, in Florida, si assistette al lancio
dell’Apollo 11 che avrebbe portato per la prima volta due uomini sul suolo lunare.
L’equipaggio era composto da tre astronauti: Neil Armstrong, comandante della missione,
Edwin Aldrin, pilota del Modulo Lunare Eagle e Michael Collins, pilota del modulo di comando
Columbia.
Alle 15,27 del 20 luglio ebbe inizio la fase finale del volo per la Luna: Armstrong e Aldrin
presero posto nella cabina di Eagle e si prepararono per l’allunaggio.
Dopo dieci minuti di volo sul modulo Eagle, Armstrong e Aldrin cercarono il luogo prefissato
per l’allunaggio, ma quello che videro non coincideva con quanto si aspettavano: invece di
una liscia pianura avevano di fronte un vasto cratere che richiese loro di sostituirsi ai comandi
automatici ed allunarono usando il controllo manuale.
Alle 4,17 del 20 luglio 1969, ora di Houston, la voce di Armstrong raggiunse la base spaziale:
«Qui Base della Tranquillità. Eagle è atterrato».
I due astronauti scesero sul suolo lunare ripresi da una telecamera che permise a tutto il
mondo di assistere al primo passo di Neil Amstrong sulla Luna.
RAaccolsero alcuni campioni di terreno e piantarono la bandiera americana; dopo quasi tre
ore di permanenza sulla Luna risalirono sulla Eagle e ritornarono sull’Apollo 11, alle ore
23,40.
Alle 3,26 ora italiana il Modulo Lunare venne sganciato dall’Apollo 11 e abbandonato nello
spazio. Alle 19,50 la capsula con a bordo i tre astronauti era di ritorno sulla Terra e si tuffava
nell’oceano vicino a Honolulu, a circa 20 Km dalla portaerei Hornet.
Il documento che segue è la trascrizione del dialogo radiotrasmesso tra gli astronauti e il centro di
Houston.
Armstrong: - Sono ai piedi della scala. I piedi del LEM sono affondati nella
superficie soltanto di tre o quattro centimetri circa. Benché la superficie sembri essere di
grana molto fine, come uno si avvicina…. è quasi come una polvere.
Qui e là è molto fine. Sto per scendere dal LEM. E’ un piccolo passo per l’uomo, ma un
passo gigante per l’umanità. Come la superficie è molto fine e polverosa! Posso, posso
raccoglierla abbastanza bene col mio tacco. Aderisce in sottili strati alla suola e ai lati dei
miei stivali come polvere di carbone. Affondo solo per una frazione di centimetro, forse per
otto millimetri. Ma posso vedere le impronte dei miei stivali…
Houston: - Neil, qui Houston. Ti registriamo.
Armstrong: - Non sembra che ci sia difficoltà nel muoversi qui intorno, come
pensavamo. E forse anche più facile delle prove a un sesto di gravità che abbiamo
eseguito nei simulatori a Terra. Non c’è effettivamente alcun problema del camminare. Il
razzo di discesa non ha scavato alcun cratere. E’ circa a trenta centimetri dal suolo.
“Buzz”, siamo pronti a portar giù la telecamera.
Aldrin: - Sono pronto. Penso che tutto sia a posto… Sembra che venga fuori bene
e senza difficoltà.
Armstrong: - E’ molto scuro qui all’ombra e mi è un po’ difficile vedere se ho un
buon appoggio. Mi sposterò verso la zona illuminata dal Sole…
Houston: - Va bene, Neil, ti sentiamo forte e chiaro. Vediamo che scatti delle foto
e che prendi il campione d’emergenza.
Armstrong: - E’ interessantissimo. La superficie è molto morbida, ma qua e là,
quando la premo con il raccoglitore, la trovo molto dura. Cercherò di prendere una roccia.
Aldrin: - Sembra bellissima da qui, Neil.
Armstrong: - Ha una sua selvaggia bellezza, tutta particolare. E’ come uno degli alti
deserti degli Stati Uniti. E’ differente ma è molto bello qui fuori. Stai attento che molti
campioni di roccia dura sembrano avere vescichette sulla superficie. Ne sto guardando
uno che sembra presentare qualche forma di cristallizzazione.
Aldrin: - Neil sta ora scoprendo la targa.
Houston: - Va bene. Vi vediamo da lontano.
Armstrong: - Per coloro che non l’hanno letta, leggeremo la targa che è sul supporto
frontale di atterraggio del LEM. Ci sono due emisferi, ognuno dei quali mostra uno dei due
emisferi della Terra. Sotto sta scritto: “Qui l’uomo venuto dal pianeta Terra pose il piede
sulla Luna. Luglio 1969, A.D. Siamo venuti in pace per tutta l’umanità.”
Da Senza frontiere, classe quinta, Casa Editrice Testi Elementari, Milano, Marzo 1979
LE PAROLE DI PAPA PAOLO VI E DI GIUSEPPE SARAGAT
SULL’AVVENTURA LUNARE
Il Papa, parlando ai fedeli dal balcone di Castelgandolfo dice che è un giorno grande per
l’umanità. Ma mette in guardia dal pericolo che l’uomo diventi schiavo del sistema di vita
tecnocratico.
“Nell’ebbrezza di questo giorno fatidico”, continua Paolo VI, “vero trionfo dei mezzi prodotti
dall’uomo per il dominio del cosmo, noi dobbiamo non dimenticare il bisogno e il dovere
che l’uomo ha di dominare se stesso”. Ancora vi sono guerre che si combattono sulla
Terra, ricorda il Papa: nel Vietnam, in Africa, nel Medio Oriente. La fame ancora affligge
intere popolazioni. “Possa invece”, conclude Paolo VI, “il progresso, di cui oggi
festeggiamo una sublime vittoria, rivolgersi al vero bene, temporale e morale, dell’umanità”.
Il Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat esprime la gratitudine dell’Italia verso il
popolo americano, “formato dagli innumerevoli immigrati provenienti da tutti i paesi, che ha
dato all’umanità una così grande vittoria e che ha democraticamente accettato, per la
vittoria o per la sconfitta, la testimonianza del mondo intero”. Saragat ricorda poi quanti nel
tempo hanno reso possibile questa impresa, primo fra tutti Galileo Galilei. E aggiunge:
“Possa questa vittoria essere auspicio per una vittoria ancora più grande: la conquista
definitiva della pace, della giustizia della libertà per tutti i popoli della Terra.”
Da Denis Mack Smith, L’ITALIA del 20° SECOLO, dal 1951 al 1970, Rizzoli, volume 4,
1977
Spunti per la ricerca:
• cerca informazioni sugli studi effettuati da Galileo Galilei relativi allo spazio
• il Presidente Saragat ricorda che il popolo americano è formato da immigrati provenienti
da molti paesi, tra cui anche l’Italia: cerca informazioni sui fenomeni di emigrazione
transoceanica dal nostro Paese, precisandone i periodi e le cause determinanti.
Non sempre le missioni spaziali si sono concluse nel migliore dei modi. Uno degli ultimi
avvenimenti che ha scosso l’opinione pubblica e ha posto numerosi interrogativi sulla
sicurezza dei voli spaziali è quello accaduto a febbraio del 2003.
Riportiamo l’articolo del 1 febbraio 2003 che tratta il triste avvenimento tratto da
www.la Repubblica.it
L’INCIDENTE DELLO SHUTTLE
La tragedia in fase di atterraggio, la navetta si è disintegrata
Bush: "Ma il nostro viaggio nello spazio continuerà"
Texas, esplode lo Shuttle
Morti i sette astronauti
La Nasa: "Programma sospeso fino al chiarimento delle cause"
Escluso l'attentato: "Erano troppo in alto per essere colpiti"
WASHINGTON - La navetta spaziale Columbia si è disintegrata in volo. Un'esplosione di cui
ancora non si conoscono le cause nella fase del rientro. A bordo c'erano sette astronauti. Il
primo comunicato della Nasa è: "Forse abbiamo perso navetta ed equipaggio". Poi, un lungo
silenzio, mentre le immagini tv mostrano al mondo il passaggio della Columbia su Dallas,
Texas: una serie di scie luminose nel cielo che testimoniano il disastro. La navetta si è
spezzata.
Solo dopo quattro ore, la Nasa conferma tutto con una conferenza stampa al Kennedy Space
Center di Cape Canaveral, in Florida. "Oggi è un giorno tragico per la nostra famiglia - dice
l'amministratore Sean O'Keefe - per le famiglie degli astronauti e per la nazione". "Non
sembra" che ci siano superstiti, ma una dichiarazione ufficiale sulla morte dei sette astronauti
è prevedibile solo quando saranno stati ritrovati il relitto della navetta e i resti dell'equipaggio.
O'Keefe, voce spezzata, volto affranto, ammette che non si conoscono le cause. "Lo Shuttle dice - si è disintegrato in volo".
In seguito Ron Dittemore, direttore del programma, annuncia che nessuna navetta partirà fino
a quando non saranno state chiarite le cause della tragedia. E rende noto che le prime
indicazioni di problemi sul Columbia sono state la perdita dei sensori di temperatura nel
sistema idraulico dell'ala sinistra, la perdita dei sensori di pressione dei pneumatici e indici di
eccessiva temperatura esterna. Significativa l'indicazione dell'ala sinistra: al decollo, il 16
gennaio, un pezzo si era staccato dal velivolo e, cadendo, aveva colpito proprio quella parte.
Dittemore dice di non potere escludere che ci sia un nesso, anche se l'effetto dell'incidente,
dopo le verifiche, era stato giudicato "accettabile". Sarebbero andate perdute anche alcune
piastrelle dello scudo termico, ma questo è un fatto non insolito.
Al termine di una giornata drammatica, il presidente Bush rivolge alla nazione un messaggio
che va persino oltre la Nasa nella certezza della perdita di sette vite umane: "Il Columbia è
perduto, non ci sono sopravvissuti. Non ci resta che pregare per loro anime". Poi aggiunge: "Il
nostro viaggio nello spazio continuerà".
Ora tocca agli esperti capire che cosa è successo. Una cosa sembra certa: non si è trattato di
un attentato. "Non ci sono indicazioni che l'incidente sia stato causato da qualcosa o
qualcuno a terra", dice O'Keefe e precisa che le squadre di investigatori sono al lavoro e
tengono i responsabili della Nasa costantemente informati.
Anche la Casa Bianca esclude l'ipotesi di un attacco terroristico: un funzionario l'ha definita
"altamente improbabile" visto che la Columbia era troppo in alto per essere colpito da terra.
Lo Shuttle, con a bordo i sette astronauti - fra cui il primo israeliano in orbita, Ilan Ramon e
due donne - al comando del responsabile della missione, Rick Husband, doveva tornare sulla
Terra alle 09,16 locali (le 15,16 in Italia). I contatti sono stati persi alle 15 italiane. In quel
momento la navetta spaziale viaggiava alla velocità di 20.113 chilometri orari a un'altitudine di
60.210 metri. Quando ha perso i contatti con la navetta, la Nasa ha proclamato lo stato
d'emergenza e ha inviato delle squadre di ricerca. Kykle Herring, portavoce della Nasa, ha
assicurato che fino a quel momento non erano stati segnalati problemi: "Dobbiamo proprio
tornare?" erano state le ultime parole dell'astronauta David Brown. Nelle ore di silenzio
ufficiale, le emittenti americane hanno mandato in onda il momento in cui la scia bianca dello
Shuttle si è divisa in diversi tronconi. Secondo quanto riferito da alcuni esperti, alla velocità a
cui viaggiava la navetta (mach 6, cioé sei volte la velocità del suono) gli astronauti non
avevano alcuna possibilità di abbandonare lo Shuttle.
Dopo la notizia del ritrovamento in Texas di alcuni rottami, la Casa Bianca ha annunciato una
riunione d'emergenza con i rappresentanti delle agenzie di sicurezza. E Bush ha deciso di
rientrare da Camp David a Washington.
L'agenzia spaziale americana ha portato i parenti degli astronauti in un locale protetto a Cape
Canaveral. Intanto Israele sta seguendo col fiato sospeso il dramma della Columbia. Le fasi
finali dell'atterraggio erano trasmesse in diretta da due reti televisive nazionali, quando è si è
appreso che i contatti radio si erano bruscamente interrotti. Il governo israeliano ha trasferito
in una località segreta i familiari di Ilan Ramon per tenerli lontani dai giornalisti.
La Columbia effettuò la sua prima missione nel 1981. E' il primo serio incidente che coinvolge
uno Shuttle dal 28 gennaio 1986, quando il Challenger esplose al decollo da Cape Canaveral
e i sette astronauti a bordo persero la vita. Qualche giorno fa, a bordo, l'equipaggio aveva
ricordato con un minuto di raccoglimento le vittime di quella tragedia.
Spunto per la conversazione e la produzione:
• discuti con i compagni sull’utilità dei voli spaziali, individuando le cause e le conseguenze
positive e negative: raccogliete le opinioni a favore e contrarie in una tabella e utilizzatele
come spunto per produrre un testo argomentativo sul problema analizzato.
LE MISSIONI SU ALTRI PIANETI
Molte missioni spaziali hanno avuto come obiettivo quello di ottenere nuove informazioni sugli
altri corpi celesti presenti nello spazio nel tentativo di individuare altre forme di vita, anche
diverse da quelle che caratterizzano il nostro pianeta, e di accertare le condizioni strutturali
degli altri pianeti.
Tra queste ricordiamo la missione Pathfinder, sul pianeta Marte.
Riportiamo un articolo di cronaca sulla missione, del 30 luglio 1998, tratto da www.la
Repubblica.it
LA MISSIONE PATHFINDER SU MARTE
Cronaca dei risultati della missione Pathfinder
sulle rocce del Pianeta Rosso
La grande alluvione
che formò Marte
di MATTHEW P. GOLOMBEK
"Rocce, rocce, guardate quante rocce" esclamai rivolto ai presenti nella sala di controllo della
missione Mars Pathfinder il 4 luglio 1997. Il modulo di atterraggio della sonda stava inviando
le prime immagini della superficie di Marte. Le rocce marziane erano ciò che ci interessava,
ma prima della discesa del veicolo non potevamo essere certi che le avremmo osservate:
Pathfinder avrebbe potuto scendere su una pianura piatta e priva di rocce.
Le rocce contengono la storia della propria formazione. Facendo atterrare il veicolo allo
sbocco di un gigantesco canyon, dove anticamente fluì per breve tempo un enorme volume
d'acqua, speravamo di individuare rocce che offrissero elementi sul clima primordiale di
Marte, permettendo di stabilire se anticamente le condizioni ambientali fossero propizie allo
sviluppo della vita.
La sonda recava a bordo tre strumenti più il veicolo mobile rover, che a sua volta doveva
condurre 10 esperimenti. La parte più difficile erano la discesa e l'atterraggio. Via via che
Pathfinder si avvicinava alla superficie, l'altimetro radar azionò tre piccoli razzi frenanti.
Giganteschi airbag si gonfiarono intorno alle facce del lander, il guinzaglio fu tagliato e il
modulo entrò in contatto con la superficie a 50 chilometri all'ora. Il lander rimbalzò almeno 15
volte prima di fermarsi; poi gli airbag vennero sgonfiati e iniziarono le operazioni.
Il mosaico costruito con le prime immagini ha rivelato un paesaggio pianeggiante e sassoso
che sembra creato e modellato da inondazioni catastrofiche. Ed è quanto avevamo previsto
basandoci sui dati ottenuti dall'orbita e sulla posizione del sito di atterraggio. L'analogia con
alcune regioni terrestri fa pensare che Ares Vallis si sia formata quando un enorme volume
d'acqua, liberato in maniera catastrofica, scavò un canyon in poche settimane.
Le rocce sono simili ai depositi creati da inondazioni catastrofiche sulla Terra, inclinate e
impilate l'una sull'altra come se fossero state depositate da una veloce corrente d'acqua. Le
più grandi hanno la sommità appiattita, un'altra caratteristica coerente con questo tipo di
deposizione. E una coppia di alture a sud-ovest ha i fianchi erosi dal flusso.
Il rover ha misurato la composizione di otto rocce, rilevando in alcune di esse un contenuto di
silicio molto più alto di quello delle meteoriti marziane. Se queste sono rappresentative della
costituzione degli altopiani, si dovrebbe concludere che la crosta antica di Marte sia simile
alla crosta continentale terrestre. Alcune rocce mostrano strati simili a quelli delle rocce
sedimentarie terrestri, e potrebbero essere conglomerati prodotti da acqua corrente. L'acqua
avrebbe arrotondato i ciottoli e li avrebbe depositati in una matrice di sabbia e argilla, poi
compressa, indurita e trasportata nella sua attuale posizione dalla corrente. Se questa ipotesi
è corretta bisogna concludere che un tempo su Marte l'acqua allo stato liquido era stabile.
Il cielo ripreso dal Pathfinder aveva un colore giallo ambrato, spiegabile con la presenza di
polvere finissima nell'atmosfera, mentre le immagini riprese da Hubble avevano fatto
prevedere un'atmosfera molto limpida. Il risultato di Pathfinder fa pensare invece o che
l'atmosfera contenga sempre un poco di polvere sollevata da tempeste locali o che l'opacita'
atmosferica vari in archi di tempo molto brevi.
Nell'insieme, i risultati ottenuti indicano che un tempo Marte era più simile alla Terra di quanto
non si fosse ritenuto finora. Alcuni materiali della crosta assomigliano alla crosta continentale
terrestre. Inoltre, i ciottoli arrotondati e gli ipotetici conglomerati inducono a supporre che il
pianeta un tempo fosse ricco d'acqua. L'antico ambiente di Marte poteva essere più caldo e
più umido dell'attuale, forse simile a quello della Terra primitiva. Viceversa, dall'epoca in cui le
grandi inondazioni modellarono il punto di atterraggio - fra 3,5 e 1,8 miliardi di anni fa - Marte
è un pianeta estremamente diverso dalla Terra.
Sebbene non si possa essere certi che in epoca primordiale Marte fosse relativamente simile
alla Terra, i dati inviati da Pathfinder sono estremamente suggestivi. Le informazioni che ci
fornirà il Mars Global Surveyor, la sonda ora in orbita intorno al Pianeta rosso, dovrebbero
aiutarci a rispondere alle domande fondamentali ancora in sospeso.
Dopo aver letto l’articolo rispondi alle domande:
• perché era importante che il modulo Pathfinder atterrasse in una zona ricca di rocce?
• quali erano le intenzioni scientifiche di coloro che si occupavano dell’invio del modulo su
Marte?
• quali elementi osservati nelle immagini inviate dal Pathfinder hanno portato gli scienziati a
ritenere che Marte possa essere stata colpita da una violenta alluvione?
• quali elementi potrebbero far pensare a un’antica somiglianza tra Marte e la Terra?
ESISTONO ALTRE FORME DI VITA NELLO SPAZIO ?
Il progresso scientifico e le nuove tecnologie spostano sempre più avanti il limite delle
conoscenze umane e ad ogni nuova conquista si ripresenta il dubbio se esistano o meno altre
forme di vita al di fuori del nostro pianeta. I presunti avvistamenti di UFO dagli anni ’30 in poi
vengono periodicamente rivisitati e commentati alla ricerca di una risposta che per ora appare
ancora lontana.
Riportiamo un articolo pubblicato su Il Corriere della Sera del 5 febbraio 2003 che tratta
questo complesso argomento.
Un dossier consegnato all'ex cosmonauta Pavel Popovic
Documenti del Kgb sulla presenza degli ufo
Tre dischi volanti nel 1989 avrebbero sorvolato il centro spaziale di Kasputin Yar
sfuggendo ai caccia
MOSCA - Gli ufo sorvolavano le basi spaziali sovietiche. Documenti dei servizi segreti
sovietici (l'ex Kgb), pubblicati dalla stampa russa, riportano avvistamenti di presunte
astronavi aliene in Urss. Il quotidiano «Komsomolskaya Pravda» ha iniziato mercoledì la
pubblicazione degli archivi del Kgb consegnati nel 1991 all'ex cosmonauta Pavel
Popovic, presidente della Associazione ufologica panrussa, che da tempo li aveva
richiesti, e da questi consegnati al giornale.
1989: TRE ASTRONAVI SORVOLANO CENTRO SPAZIALE
In una lettera al cosmonauta, un generale pluridecorato, il Kgb spiega che, benché i servizi
segreti non fossero preposti direttamente all'accertamento dell'esistenza degli extraterrestri,
avevano continuato per anni a raccogliere materiale e testimonianze in merito. Secondo il
primo rapporto pubblicato dalla Komsomolskaya Pravda, nel giugno del 1989 tre astronavi
aliene avrebbero sorvolato il centro spaziale e di lancio di Kapustin Yar, nella regione di
Astrakhan, nella Russia meridionale. Le astronavi, a forma di disco del diametro di 4-5 metri
con una cupola luminosa - avvistate dai militari, tra cui ufficiali e sottufficiali che riferirono a un
agente del Kgb sul posto - si avvicinavano e allontanavano e nel momento in cui erano più
vicine si trovarono a un'altezza da terra tra 20 e 60 metri. A un certo punto, secondo le
testimonianze dei militari che erano a una distanza di circa 300 metri dagli ufo, questi
scattarono apparentemente foto del poligono emettendo un forte raggio di luce. Il comando
del poligono fece decollare un caccia per intercettare gli ufo, senza però riuscirci in quanto le
astronavi si allontanavano rapidamente a ogni tentativo di contatto.
Pavel Popovic, di nazionalità ucraina, fu uno dei primi cosmonauti sovietici. Il 12 agosto
1962 compì 45 orbite intorno alla Terra con la Vostok 4. Durante le sue rivoluzioni affermò di
aver visto «particelle luminose» che giudicò essere astronavi aliene.