La vergine cuccia File
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La vergine cuccia File
GIUSEPPE PARINI, Il Meriggio, vv. 652-697 Tal ei parla, o Signore; ma sorge intanto a quel pietoso favellar, da gli occhi de la tua dama dolce lagrimetta, pari a le stille tremule, brillanti, che a la nova stagion gemendo vanno dai palmiti di Bacco, entro commossi al tiepido spirar de le prim'aure fecondatrici. Or le sovviene il giorno, ahi fero giorno! allor che la sua bella vergine cuccia de le Grazie alunna, giovenilmente vezzeggiando, il piede villan del servo con l’eburneo dente segnò di lieve nota: e questi audace col sacrilego piè lanciolla: e quella tre volte rotolò; tre volte scosse gli scompigliati peli, e da le molli 1 nari soffiò la polvere rodente. Indi i gemiti alzando: aita aita, parea dicesse; e da le aurate volte a lei l'impietosita Eco rispose: e dagl'infimi chiostri i mesti servi asceser tutti; e da le somme stanze le damigelle pallide, tremanti precipitâro. Accorse ognuno; il volto fu spruzzato d'essenze a la tua Dama; ella rinvenne alfin: l’ira, il dolore l'agitavano ancor; fulminei sguardi gettò sul servo; e con languida voce chiamò tre volte la sua cuccia: e questa al sen le corse; in suo tenor vendetta chieder sembrolle: e tu vendetta avesti vergine cuccia de le Grazie alunna. L'empio servo tremò; con gli occhi al suolo udì la sua condanna. A lui non valse 2 merito quadrilustre; a lui non valse zelo d'arcani ufici: in van per lui fu pregato e promesso; ei nudo andonne de l’assisa spogliato ond’era un giorno venerabile al vulgo. In van novello Signor sperò; ché le pietose dame inorridìro, e del misfatto atroce odiâr l'autore. Il misero si giacque con la squallida prole, e con la nuda consorte a lato su la via, spargendo al passeggero inutile lamento: e tu vergine cuccia, idol placato da le vittime umane, isti superba. LA PARAFRASI Ora (la signora) si ricorda di quel giorno nel quale la sua giovane cagnolina, allieva delle Grazie, scherzando alla maniera dei cuccioli, lasciò con i suoi denti candidi un piccolo ricordo sul piede rozzo del servitore e quest’ultimo con il piede sacrilego diede un calcio alla cagnetta: ed essa per tre vole rotolò al suolo, per tre volte arruffò i peli e soffiò via dalle delicate narici la fastidiosa polvere. E poi, emettendo guaiti, sembrava chiedesse “Aiuto, aiuto!”; ed Eco, impietosita, le rispose dai soffitti dorati; e dalle stanze al piano più basso salirono i servitori afflitti; e dalle stanze più alte le cameriere pallide e tremanti si precipitarono. Ognuno accorse (in aiuto della cagnolina); fu spruzzato di profumi il volto della sua padrona; infine quest’ultima 3 rinvenne; era ancora sconvolta dall’ira e dal dolore: gettò sul servitore occhiate fulminanti e con voce carezzevole invocò per tre volte la sua cagnolina; e questa le corse in grembo; con il suo atteggiamento le sembrò chiedere vendetta; e tu avesti la vendetta, o cagnolina alunna delle Grazie. l servo sacrilego tremò; con gli occhi bassi ascoltò la sentenza di condanna. Non gli fu di alcuna utilità l’aver servito in quella casa per vent’anni: non gli fu utile lo zelo dimostrato nell’adempiere compiti segreti: invano furono elevate preghiere a suo favore; egli se ne andò da quella casa senza più nulla, privo della livrea grazie a cui, in passato, era stato rispettato dal popolino. Inutilmente sperò di trovare un nuovo padrone; (inutilmente) poiché le dame, pietose, inorridirono, e odiarono il responsabile del terribile crimine. Il poveretto restò con i figli malridotti e la moglie priva di tutto sulla strada, chiedendo inutilmente l’elemosina ai passanti; e tu, cagnolina, divinità placata dai sacrifici umani, andasti fiera (per la vendetta ottenuta). L’ANALISI DEL TESTO L’episodio si può dividere in tre momenti principali: 1) l’incidente: la cagnetta di una nobile dama, giocando, mordicchia il piede di un seritore, il quale reagisce dandole una pedata; 2) le reazioni: i gemiti della cagnetta richiamano sul luogo tutti i domestici e fanno senire la sua padrona; poi il servitore subisce la vendetta per il suo misfatto; 3) la vendetta: il servitore è licenziato; in futuro nessun’altra famiglia aristocratica, conoscendo l’orrore del suo atto, lo assumerò più al suo servizio: egli rimane perciò a mendicare con moglie e figli per strada. I CONTENUTI TEMATICI L’episodio trae spunto dalle parole di un commensale vegetariano (il vegetarianismo, fra le classi più elevate, esisteva già nel Settecento), che, criticando l’abitudine di cibarsi di carne, augura la morte a chi a questo scopo uccide gli animali. La dama che il giovin signore accompagna in qualità di cicisbeo, sentendo tali parole, si commuove, e rievoca un episodio accadutole in passato. Per buona parte del brano il poeta assume il punto di vista della dama, e - con ironia - paragona le lacrime della donna alle gocce di linfa che stillano sui tralci della vite a primavera. All’ironia si aggiunge il sarcasmo per la donna tanto piena di attenzioni per la sua cagnetta ma indifferente al destino dei suoi servi. Tutto questo è per Parini il segno inequivocabile della decadenza di una classe sociale che ha smarrito i valori umani più importanti. LE SCELTE STILISTICHE In questo brano il poeta abbandona la descrizione minuziosa che caratterizza il resto del poema, per svolgere una narrazione di tenore tragicomico (la vicenda è comica per la reazione esagerata della dama, ma tragica per il destino di sofferenza cui è condannato il servo). Anche qui domina l’ironia: la divinizzazione della cagnetta (“delle Grazie alunna”), al cui guaito risponde la ninfa Eco; e come una divinità, è placata soltanto dai sacrifici umani. 4