Il Sedile o Seggio - Comune di Squillace

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Il Sedile o Seggio - Comune di Squillace
Il Sedile o Seggio
Prima dell’Unità d’Italia (1861), il Sedile o Seggio1 era il luogo della riunione degli Organi ufficiali
dell’Universitas Civium (Università o, dopo la Rivoluzione Francese, La Comune e, quindi, Il Comune) e
variava a seconda della disponibilità di spazio o delle epoche.
Il Sedile era quello che oggi è la sala consiliare o, in senso largo, l’attuale Municipio (Palazzo civico).
La popolazione era, infatti. organizzata in Universitas. Organi ufficiali dell’Università erano il
Parlamento - ovvero l’assemblea popolare - e il Reggimento, formato dai Sindaci (a Squillace erano tre:
della Nobiltà, del Grado e del Popolo) e un numero variabile di Eletti (attuali Consiglio Comunale e
Giunta).
Sindaci ed Eletti esercitavano compiti di ordinaria amministrazione, duravano in carica un anno ed
erano rieleggibili (l’elezione veniva fatta pubblicamente ogni anno il 1° di Agosto).
I Sindaci si facevano interpreti dei bisogni dei cittadini e difendevano le loro ragioni davanti alle altre
autorità. In questi ed in altri compiti era coadiuvato dagli Eletti. I Sindaci avevano, poi, l’obbligo di rendere
il conto della propria gestione (erano sottoposti, cioè, a sindacato). A tal proposito, il Parlamento nominava i
Razionali (oggi Revisori dei Conti) perché visionassero detto conto in conformità alle regole regie.
Il raduno del popolo era detto Parlamento perché presupponeva, per l’appunto, il parlare delle
questioni poste all’ordine del giorno. Al Parlamento intervenivano, oltre agli Eletti, tutti i capifamiglia con
esclusione delle donne e dei figli.
I cittadini erano convocati dal Baglivo (in Italia, dal Medioevo all'epoca pre-unitaria, il Balivo
rappresentava il potere del Re e svolgeva le funzioni di Luogotenente) o dal Governatore (rappresentante
del Feudatario) il quale, tramite i rispettivi Officiali, accompagnati dal Banditore (u Vanderi) faceva il giro
del paese dando l’annuncio ad alta voce, o “ad sonum campanae” e con squilli di un’apposita tromba, in
modo che potesse essere udito e compreso da tutti gli abitanti dei diversi rioni (ruga2 o noria3).
I convenuti votavano anch’essi ad alta voce in “eorum vulgari sermone” (cioè anche in dialetto). Alla
riunione del Parlamento presenziava il Capitano (attuale Maresciallo) e il relativo verbale, contenente i nomi
degli intervenuti, le proposte formulate e le decisioni prese, era redatto da un notaio che, per l’occasione,
assumeva le funzioni di Mastrogiurato o di Cancelliere dell’Università (Segretario Comunale).
Talvolta – quando si trattavano argomenti importanti: guerra, calamità naturali, pestilenze, tasse, ecc.)
interveniva lo stesso Principe (Feudatario) o il suo Vice (Governatore), i quali comunque vi si recavano
all’atto del loro insediamento, dopo l’omaggio in Cattedrale al Patrono Sant’Agazio e al Vescovo, nella
quale occasione, proprio nel Sedile, concedevano la grazia a vari condannati, liberandoli anche dal carcere.
Nel Sedile, infatti, veniva anche amministrata la Giustizia dai Giudici Regi (attuale Pretura o
Giudicato di Pace).
I documenti d’archivio – soprattutto lo schizzo allegato, che riporta la pianta di Squillace poche
settimane dopo i crolli del devastante terremoto del 28 marzo 1783 – collocano il Sedile proprio in questa
1
Seggio era l’altro nome con cui si indicava il Sedile: a Squillace era prossimo al Vescovado, come è attestato alla
pagina 4 del Discorso apologetico legale… per la contrastata Fiera di Sant’Agazio del 1705;
2
Nei vari dialetti italiani la parola rione (dal lat. Regiones) può cambiare: rua, ruga (in Calabria), ecc.;
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Termine di importazione spagnola, che indicava un grande pozzo che esisteva in ogni singola ruga e, quindi,
estesamente, ogni Parrocchia.
Piazza (probabilmente tutto il Palazzo dell’attuale Farmacia e la Piazzetta davanti alla Casa delle
Culture), con un ampio porticato, davanti al quale il 3 Febbraio 1799 fu collocato l’Albero della Libertà
della Repubblica di Squillace.
L’edificio dell’antico Sedile (1584) è quello che si intravede parzialmente dietro il tetto dell’Antico
Vescovado, con i quattro archi a sinistra dell’inizio della strada del Tirone.