RiceRca e innovazione nel solaRe teRmodinamico

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RiceRca e innovazione nel solaRe teRmodinamico
ricerca e innovazione nel solare termodinamico
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Ricerca e innovazione
nel solare termodinamico
PUBBLICATO 11005624 (PAD - 860838)
Vittorio Brignoli
Ricerca Sistema Energetico - RSE
Il solare termodinamico utilizza la radiazione solare concentrabile per
sviluppare calore ad alta temperatura e generare energia elettrica per via
termodinamica.
Il suo sviluppo, iniziato negli anni ’70 del secolo scorso, ha seguito un percorso non lineare, segnato da importanti successi nella seconda metà degli
anni ‘80 e da una lunga fase di stasi negli anni ’90.
Durante questo secondo periodo, i ricercatori e gli ingegneri del solare
termodinamico hanno sperimentato sistemi e materiali diversi portando
infine la tecnologia ai livelli di affidabilità richiesti dal mercato.
A partire dal 2005 il solare termodinamico è tornato alle grandi realizzazioni commerciali con nuove, inedite prospettive di applicazione in
tutte le aree del mondo.
Sono almeno tre i punti di forza che fanno del solare termodinamico una
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delle tecnologie rinnovabili a maggior potenziale di diffusione a scala globale:
• l’utilizzo della fonte solare, disponibile in modo adeguato in molti paesi
con la possibilità di attivare un mercato mondiale di dimensioni illimitate;
• la possibilità di costruire impianti di grandi dimensioni in grado anche di
immagazzinare il calore solare e produrre energia quando è maggiormente
richiesta sulla rete elettrica;
• un costo di generazione competitivo con il solare fotovoltaico, suscettibile
di ulteriori riduzioni e in prospettiva confrontabile con quello delle altre
tecnologie delle fonti rinnovabili e della generazione convenzionale.
Negli ultimi tre anni lo sviluppo di una serie di impianti, anche di concept
diversi, in Spagna, in Nord Africa e negli Stati Uniti, ha aperto prospettive di
crescita completamente nuove per il settore, impensabili fino a pochi anni
prima. La potenza autorizzata assomma già a oltre 10 GWe ed è ormai prossimo il traguardo della messa in servizio del primo GWe.
Le tecnologie del solare termodinamico
Il solare termodinamico si è sviluppato a partire dalla seconda metà degli
anni ’70 secondo tre tipologie impiantistiche molto diverse tra loro: quella
delle parabole lineari, quella a torre centrale e quella dei sistemi dish-Stirling. A queste si è aggiunta a partire dalla seconda metà degli anni ’90, quella
dei collettori lineari di Fresnel.
Gli impianti solari termodinamici a parabole lineari
Questi impianti sono costituiti da un grande campo solare formato da una
serie ordinata di file di collettori parabolici lineari.
Questi concentrano la radiazione solare su una linea di tubi ricevitori d’acciaio isolati in un vetro e posti nel fuoco della parabola; all’interno dei tubi
scorre un fluido termovettore che si riscalda ad alta temperatura. Ciascun
gruppo di collettori è collegato alle tubazioni principali del fluido termovettore in modo che il fluido “freddo” portato dalla tubazione principale di
mandata si riscaldi fluendo nei tubi dei collettori e ritorni caldo attraverso
la tubazione principale di ritorno.
Le tubazioni principali sono divise in più rami in modo che nel complesso
i collettori realizzino un campo di forma regolare diviso in sottocampi, al
centro dei quali si trova il complesso della sala macchine e dei sistemi ausiliari, detto “power block”. Il fluido, tipicamente olio diatermico sintetico,
riscaldato a circa 400 °C, cede la sua energia in un sistema di generazione
di vapore; quest’ultimo viene poi inviato a un turboalternatore secondo lo
schema tipico della produzione termoelettrica convenzionale.
Questo tipo di impianti è anche dotato anche di un sistema ausiliario di
produzione di calore a gas, o altro combustibile, che integra o sostituisce
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la radiazione solare quando questa non è sufficiente a sostenere il ciclo termodinamico. Quando la dimensione del sistema ausiliario è sufficiente a
sostituire in modo significativo la fonte solare, gli impianti vengono denominati ibridi. La presenza dell’integrazione con energia fossile permette di
stabilizzare le condizioni di esercizio delle turbine a vapore e di valorizzare
al massimo l’energia solare raccolta.
Questo tipo di impianti ha conosciuto il successo tecnologico e commerciale
durante gli anni ’80 in California, con la costruzione di nove impianti via via
più grandi e performanti; le realizzazioni della LUZ, denominate convenzionalmente SEGS (Solar Energy Generation System) hanno costituito per
lungo tempo lo standard di riferimento per la tipologia delle parabole lineari.
In alternativa, o in aggiunta, al sistema ausiliario di produzione di calore, gli
impianti possono essere dotati di un sistema di accumulo termico che permette loro di funzionare anche in assenza dell’energia solare, minimizzando
il ricorso all’integrazione con energia convenzionale.
L’esigenza di accumulare l’energia nasce dal desiderio di produrre la massima
quantità possibile di energia elettrica per via solare ampliando il numero di
ore di esercizio giornaliero degli impianti.
La realizzazione di un sistema di accumulo termico in grado di svolgere questo
compito rappresenta una sfida tecnologica complessa che finora ha trovato
come unica soluzione commerciale quella del sistema di accumulo a sali fusi
a due serbatoi. Gli impianti spagnoli Andasol, da 50 MWe e 7,5 ore di esercizio
circa di accumulo equivalente, hanno costituito il primo esempio compiuto di
impianti a parabole lineari dotati di grandi accumuli termici e costituiscono il
riferimento tecnologico per questa configurazione.
Un ulteriore schema di impiego degli impianti a parabole lineari, lungamente
proposto, ha trovato recentemente applicazione nei progetti avviati in Nord
Africa. In questo schema un’impianto convenzionale a ciclo combinato a gas
viene integrato con un campo a parabole lineari e l’energia termica di origine
solare, contribuisce alla produzione dell’energia elettrica con la massima
efficienza possibile. Questo tipo di impianti, noti come ISCCS (Integrated
Solar Combined Cycle System), nelle configurazioni adottate in Egitto, Algeria e Marocco, sono costituiti da un gruppo di generazione convenzionale
di alcune centinaia di MWe e da un campo solare da 20-40 MWe equivalenti.
Con la crescita delle opportunità di mercato si è assistito all’ingresso di nuovi
operatori, che hanno proposto nuovi schemi di impianto, innovazioni sui componenti chiave come nuovi tubi ricevitori e nuovi modelli di collettori parabolici,
più grandi e performarmanti dei precedenti. Si è osservato, inoltre, l’aumento
della taglia dei progetti proposti, arrivata fino a diverse centinaia di MWe.
La ricerca tecnologica sta comunque proseguendo anche in altri campi specialmente nell’impiego di fluidi termovettori alternativi e dell’accumulo
termico.
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Per quanto riguarda i fluidi termovettori sono in corso due importanti sperimentazioni: l’impiego dei sali fusi come fluido primario e di accumulo termico e la generazione del vapore direttamente nel campo solare.
L’impiego dei sali fusi, testato nella tipologia a torre centrale nei primi anni
’90, è stato sperimentato con le parabole lineari per la prima volta in Italia
da ENEA (l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo
economico sostenibile) e ha portato alla realizzazione dell’impianto sperimentale Archimede da 5 MWe, di tipologia ISCCS con accumulo termico.
A seguito dei risultati ottenuti da ENEA, anche altri importanti operatori
del solare termodinamico hanno avviato sperimentazioni sull’impiego dei
sali fusi, focalizzate allo sviluppo della componentistica del campo solare,
dei tubi ricevitori e della regolazione di sistema.
La seconda sperimentazione sul fluido primario riguarda la produzione di vapore direttamente nel campo solare, detta sinteticamente DSG (Direct Steam
Generation), che punta ad alimentare le turbine direttamente con il vapore
generato nei tubi ricevitori delle parabole lineari.
Il successo di questa tipologia, evitando la costruzione del circuito di un fluido
vettore, come l’olio sintetico o i sali fusi, comporterebbe importanti riduzioni
di costo per gli impianti a parabole lineari. Ritenuta per lungo tempo difficile
da realizzare a causa dell’incompatibilità tra la stabilità richiesta alla generazione di vapore e l’aleatorietà della fonte solare, è stata testata con risultati
promettenti da CIEMAT (Centro de Investigaciones Energéticas, Medioambientales y Tecnológicas) nel corso degli anni 2000. E attualmente in Spagna
sono in corso attività sperimentali su circuiti dimostrativi.
L’altro importante campo di ricerca è dedicato allo sviluppo dei sistemi di accumulo. L’accumulo del calore, con la possibilità di generare energia elettrica
secondo il fabbisogno della rete e non solo in funzione della disponibilità della
fonte, sta diventando l’elemento che sempre più distingue il solare termodinamico delle altre tecnologie delle fonti rinnovabili non programmabili. La
possibilità di spostare anche solo di alcune ore durante il giorno la produzione
è una caratteristica assai gradita sia al mercato elettrico sia ai gestori di rete;
rende infatti più agevole l’esercizio quotidiano delle linee e riduce l’esigenza
di riserva di potenza che è invece associata alle altre tecnologie delle fonti rinnovabili aleatorie.
Impianti a torre centrale
Questi impianti sono costituti da un campo di specchi, detti eliostati, che riflettono e concentrano la radiazione solare su un ricevitore posto alla sommità
di una torre. Nel ricevitore fluisce un fluido termovetore che riscaldandosi
ad alta temperatura è in grado di produrre energia o di immagazzinarla sotto
forma di calore. Se il fluido è acqua si ha produzione di vapore ad alta pressione
direttamente nel ricevitore, con successiva espansione in turbina.
Nel caso in cui nel ricevitore circoli un fluido intermedio, come aria o sali
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fusi, il vapore viene prodotto in un generatore di vapore nel power block
dell’impianto.
La tipologia a torre centrale è stata sperimentata a partire dai primi anni ’80 con
la realizzazione di una decina di impianti pilota di piccola taglia. A quel tempo
vennero sperimentate diverse soluzioni con produzione diretta di vapore in una
caldaia solare o con l’impiego di un circuito intermedio con fluidi diversi, come
sodio liquido o sali fusi, e con diversi sistemi di accumulo termico.
A causa delle dimensioni ridotte, di un’elettronica di controllo ancora immatura, nonché della mancanza di esperienza nella progettazione, questi
impianti diedero nel complesso risultati non soddisfacenti, per cui, dopo un
primo entusiasmo iniziale, il concept della torre centrale subì una battuta di
arresto. La produzione di vapore direttamente nel ricevitore aveva dato luogo
a diversi inconvenienti per cui, il DOE americano (Department of Energy) in
collaborazione con le maggiori utilities della California, decisero di proseguire
l’esperienza sostituendo la miscela acqua vapore con i sali fusi.
Nacque così negli anni ’90, l’impianto Solar Two, da 10 MWe, con sali fusi
come fluido primario e un sistema di accumulo termico a due serbatoi a livello
variabile. Nonostante le difficoltà insite nell’impiego dei sali fusi (solidificazione a 225 °C e corrosione degli acciai sopra i 570 °C) l’impianto dimostrò
le potenzialità di questa tipologia arrivando a produrre energia elettrica anche
di notte e ha costituito per lungo tempo il riferimento per gli impianti a torre
centrale a sali fusi e per l’accumulo termico, fino alla recente messa in servizio
dell’impianto Gamesa Solar di cui è l’erede diretto.
Con il rilancio del solare termodinamico avutosi nella seconda metà degli
anni 2000, si è assistito anche al ritorno degli impianti a torre centrale a
vapore, che sembravano superati.
Attualmente sono in esercizio due sistemi di questo tipo, PS10 e PS20 in
Spagna, ma sono diversi gli impianti, con ricevitore a miscela acqua, vapore,
a essere stati avviati a costruzione negli Stati Uniti.
A causa del limite dovuto alle geometrie di questo sistema, che non permette
la costruzione di impianti da centinaia di MWe con un’unica torre, è stato
proposto recentemente lo schema multitower, ovvero la suddivisione della
superficie captante in più campi eliostati, ciascuno con la propria torre. In
questa configurazione ciascun ricevitore solare contribuisce al flusso di vapore che viene inviato alla turbina.
L’impianto di Ivanpah da 100 MWe, in costruzione in California dal 2010, è
il primo esempio concreto di impiego del concept multitower a vapore.
Altre innovazioni per questo concept provengono dal forte sviluppo nel controllo del campo eliostati che ha portato a realizzare impianti sperimentali con
decine di migliaia di specchi piani di piccole dimensioni, in completa controtendenza rispetto all’evoluzione degli ultimi 20 anni che aveva visto l’impiego
di eliostati con superfici di 120 metri quadrati.
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I generatori dish-Stirling
I sistemi dish-Stirling sono generatori solari termoelettrici di piccole dimensioni. In questi sistemi un paraboloide di alcuni metri di diametro concentra la radiazione solare sul ricevitore di un motore Stirling della potenza
di alcuni kWe, in grado di azionare un alternatore collegato direttamente alla
rete elettrica. I sistemi dish-Stirling hanno i migliori rendimenti di conversione energia solare-elettrica del solare termodinamico, dell’ordine del 20%
medio giornaliero con punte del 25% e oltre.
Nel 2008 il sistema SES (Stirling Energy System) da 25 kWe ha fatto registrare il rendimento netto record del 31%.
Questi risultati sono resi possibili dalle alte temperature raggiungibili con i
concentratori a disco e dalle caratteristiche del motore Stirling in grado di
convertire in modo efficiente il calore in energia meccanica.
I sistemi dish-Stirling possono funzionare singolarmente, collegati alla rete
elettrica di bassa tensione, oppure in cluster da centinaia o anche migliaia
di esemplari e realizzare in tal modo un impianto solare termodinamico di
grande taglia.
Sono inoltre in grado di funzionare in modo completamente automatico
secondo un ciclo di funzionamento giornaliero che prevede l’accensione
al mattino, l’inseguimento del sole nel suo moto diurno con produzione di
energia elettrica, il ritorno in posizione di alba a fine giornata e l’attesa in
stand by durante la notte.
L’elevata efficienza di conversione, la facilità di installazione e la possibilità
di riduzione dei costi con la produzione in grande serie, rendono questi sistemi applicabili alla generazione distribuita e, in prospettiva, competitivi
anche con i grandi impianti.
I primi esemplari sono stati realizzati verso la metà degli anni ’80 con risultati molto promettenti soprattutto per quanto riguarda il rendimento di
conversione. Nel corso degli anni sono stati sperimentati sistemi molto diversi per tipologia di struttura, taglie e motori, soprattutto negli Stati Uniti.
A causa dei costi e dell’affidabilità ancora non ottimale, i generatori dishStirling non hanno finora conosciuto una diffusione equivalente a quella
delle altre tecnologie del solare termodinamico.
Va però osservato che la ricerca su questo concept ha ricevuto un sostegno
non costante che ha favorito una competizione tra modelli alternativi per
tempi successivi, piuttosto che l’affinazione di esperienze su un unico sistema di riferimento. Ciò ha determinato una progressione non lineare delle
esperienze e una certa dispersione degli sforzi.
Per contro le sperimentazioni svolte negli USA hanno portato nel 2009 alle
prime installazioni commerciali dell’ordine del MWe, in Arizona e in Spagna, in vista di altre ben maggiori che sono state annunciate negli Stati Uniti.
L’installazione in Arizona è basata sul generatore Tessera, ex SES, da 25
kWe, a lungo sperimentato anche con il sostegno del Sandia National Labo-
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ratories, mentre quella in Spagna è basata sul modello prodotto dall’americana Infinia che utilizza un innovativo motore Stirling a pistoni liberi e
alternatore lineare completamente sigillato da 3 kWe nominali.
L’evoluzione della tecnologia dish-Stirling indica che, superate grazie alla microelettronica e all’informatica le problematiche di puntamento e di gestione
intelligente dei concentratori, restino da migliorare ulteriormente l’affidabilità e la durata dei motori i limiti che frenano la diffusione di questo concept.
Gli impianti a collettori lineari di Fresnel
Un impianto a collettori lineari di Fresnel è costituto da un campo di eliostati
lineari che riflettono e concentrano la radiazione solare su un tubo ricevitore
posto in posizione orizzontale fissa al di sopra dei collettori stessi. Gli eliostati sono in grado di ruotare lungo l’asse longitudinale in modo da inseguire
il moto del sole e mantenere costantemente la radiazione solare riflessa sul
tubo ricevitore. Questo è costituito da un tubo in acciaio protetto da un vetro
che in genere non è mantenuto sottovuoto, sebbene siano in corso esperienze
anche con tubi ricevitori del tipo usato per le parabole lineari.
Gli impianti finora realizzati prevedono la produzione di vapore in campo
fino a 270 °C 40 bar, anche se sono state realizzate esperienze con produzione di vapore fino 400 °C, e sono stati annunciati nuovi impianti con queste caratteristiche.
Gli impianti a collettori lineari di Fresnel presentano alcuni punti vincenti che
potrebbero renderli competitivi con le tipologie finora più applicate: permettono un uso ottimale del suolo, 70% di copertura contro il 33% delle parabole
lineari, e hanno costi di installazione decisamente ridotti a causa del minore
impiego di materiali.
Tabella 1 sviluppo e prospettive di miglioramento per le tecnologie del solare termodinamico
Tecnologia
Efficienza
media
annuale
Occupazione
di
territorio
Richiesta
di acqua
Possibilità
di storage
Parabole
lineari
15%
Collettori
Lineari
di Fresnel
8 -10%
Possibilità
di
ibridizzazione
Prospettive
di
miglioramento
Grande
3 m³/
MWhe
Sì,
ma non con
il DSG
Sì
Significative
Media
3 m³/
MWhe
Sì,
ma non con
il DSG
Sì
Significative
Sì
in funzione
del tipo
di impianto
Sì
No
Molto difficile
Torre
centrale
20 - 30%
Media
2 m³/
MWhe
Dish Stirling
25 -30%
Piccola
Nessuno
Molto significative
Significative
con la produzione
di massa
Fonte: Iea, ia Solar paces
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Per contro il rendimento medio è inferiore a quello degli impianti a parabole
lineari a causa della minore efficienza sia dei collettori sia del ciclo termodinamico. La riduzione di efficienza sarebbe comunque compensata dai costi
inferiori. L’evoluzione della tecnologia prevede la realizzazione di impianti
dotati di integrazione fossile per stabilizzare le caratteristiche del vapore, potenzialmente di taglie da decine di MWe. Il primo esempio di questo tipo di
impianto è quello di Kimberlina, in California, da 5 MWe equivalenti. Dopo la
positiva esperienza di un prototipo di 1,4 MWe, la Novatec Biosol, nel corso del
2010, ha iniziato la costruzione di un impianto da 30 MWe in Spagna dando
così evidenza della maturità di questo concept.
Le prospettive di sviluppo del solare
termodinamico
A partire dal 2007 si è assistito per questo settore al ritorno delle realizzazioni commerciali (tabella 1). Dopo la messa in servizio di Nevada Solar One,
un impianto a parabole lineari da 64 MWe in Nevada, l’emissione in Spagna
di normative incentivanti hanno portato alla costruzione dell’impianto a
torre centrale a vapore PS10 da 11 MWe in Spagna. Nel 2008 è stata avviata la
costruzione di numerosi impianti con grandi campi solari in Spagna, Egitto
e Algeria. Il 2009 e il 2010 hanno visto un susseguirsi di iniziative che hanno
riguardato anche altri paesi come il Marocco, la Cina e gli Stati Uniti, dove,
grazie alle nuove politiche favorevoli alle fonti rinnovabili, si è avuto un autentico boom di richieste di autorizzazione di impianti, alcuni dei quali sono
ora in costruzione.
Anche in Italia, l’emissione di un apposito decreto nel 2008 ha dato la possibilità di incentivare impianti a solare termodinamico e nel 2010 è stato
inaugurato il primo impianto al mondo a parabole lineari a sali fusi a Priolo
in Sicilia (Progetto Archimede).
La sintesi di questa crescita tumultuosa è contenuta in alcune cifre: a fine
2010, a livello mondiale, la potenza installata era di circa 1 GWe, entro il 2011
dovrebbe arrivare a 3-4 GWe, contro un battente di richieste di nuovi impianti
dell’ordine di 40 GWe di cui oltre 30 GWe solo negli USA; al 2015 la potenza
mondiale installata dovrebbe essere dell’ordine di 11 GWe di cui 2,5 in Spagna,
8 negli USA, 0,8 nel Nord Africa e il resto in Australia e in altri paesi.
Gli scenari IEA
Recentemente l’International Energy Agency (IEA), mediante un lavoro di
raccolta, filtro e analisi delle informazioni provenienti dai diversi attori del
settore, nonché da studi indipendenti, ha formulato uno scenario di riferimento di crescita fino al 2050, i cui dati essenziali sono riportati in tabella 2.
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Tabella2 Scenario di crescita IEA al 2050
Anno
Potenza
installata
cumulata
GWe
Energia
solare
prodotta
TWhe/y
Integrazione
con
fossile
Energia totale
prodotta
TWhe/y
Fattore
di utilizzo
impianti
Frazione
sulla
produzione
mondiale
2010
1
2,2
2020
2030
2040
148
337
715
340
970
2.370
18%
15%
15%
414
1.140
2.790
32%
39%
45%
1,3%
3,8%
8,3%
2050
1.089
4.051
15%
4.770
50%
11,3%
Fonte: technology roadmap csp iea 2010
La crescita del settore è resa possibile da una serie di condizioni favorevoli,
anch’esse individuate da IEA. Determinante per lo sviluppo sarà l’avvio delle
installazioni nel Nord Africa e la contemporanea costruzione delle linee
HVDC (High Voltage Direct Current), in grado di trasportare verso l’Europa
una parte dell’energia prodotta.
L’Unione per il Mediterraneo punta a trasferire 20 GWe verso l’Europa entro
il 2020. Al 2050 questo trasferimento dovrebbe arrivare a coprire il 15% dei
consumi elettrici dell’area UE.
Gli effetti combinati della produzione di massa dei componenti solari, per
altro già avviatasi nel corso degli ultimi tre anni, dell’aumento delle taglie
medie dei singoli impianti, del moltiplicarsi dei fornitori e dei miglioramenti
tecnologici, porteranno a una riduzione consistente del costo di produzione.
Questa riduzione dovrebbe permettere di sostenere i costi delle trasmissioni su grandi distanze, tema che interessa sia l’Europa sia gli Stati Uniti
e l’Australia.
Secondo stime IEA, il kWhe da CSP importato dal Nord Africa (0,15 c€/
kWhe), gravato anche dal costo di trasmissione, (0,015 c€/kWhe), dovrebbe
comunque risultare competitivo rispetto all’energia elettrica da fonte solare prodotta in Europa e incentivata con le tariffe in vigore (0,35-0,45 c€/
kWhe). Anche se sono prevedibili nel tempo riduzioni generalizzate delle
incentivazioni alle produzioni rinnovabili, questa situazione di vantaggio
dell’energia da CSP dal Nord Africa dovrebbe mantenersi fino al 2020 e oltre
e quindi favorire lo sviluppo di impianti e interconnessioni.
I paesi dell’area MENA (Nord Africa e Medio Oriente) dovrebbero essere interessati a questo tipo di sviluppo: diversamente dallo sfruttamento delle fonti
convenzionali, l’impiego dell’energia solare, genera anche una serie benefici
in termini di occupazione locale stabile e di sviluppo reale nei paesi fornitori.
Le preoccupazioni per una nuova dipendenza energetica dell’area UE da paesi
terzi non tengono conto del fatto che, a differenza delle fonti fossili, l’offerta
di energia solare è infinitamente superiore alla possibile richiesta ed è inoltre
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meglio distribuita rispetto alle fonti fossili; i paesi fornitori avranno praticamente solo vantaggi a fronte di un impegno di territorio pressoché insignificante oltre a un impatto ambientale inferiore a quello prodotto dalle fonti
convenzionali.
L’ulteriore sviluppo delle tecnologie, prevalentemente come messa a punto di
sistemi e miglioramento dei singoli componenti, sarà un altro driver decisivo
per la riduzione dei costi del solare termodinamico. In particolare viene considerata una evoluzione cruciale per lo sviluppo di tutto il settore lo sviluppo
della produzione di vapore direttamente nel campo solare, sia per i collettori
a parabole lineari sia per i collettori di Fresnel e lo sviluppo di un sistema di
storage per gli impianti che impiegano vapore come fluido primario.
Allo stesso modo la dimostrazione di funzionalità di grandi impianti a parabole lineari che impiegano sali fusi con storage è un altro dei punti di svolta
per la riduzione dei costi.
Anche dal concept delle torri centrali si attendono importanti riduzioni essendo quest’ultimo ancora in una fase iniziale dello sviluppo, caratterizzato
da pochi impianti, a tecnologie differenti che dunque non consentono ancora di valutare a pieno le prospettive di crescita.
Infine nel campo dei dish-Stirling sono attesi i benefici della produzione di
massa; le sperimentazioni avviate negli Usa e in Spagna che vedono per la
prima volta l’impiego contemporaneo di decine di generatori dovrebbero
permettere di portare l’affidabilità dei motori ai livelli richiesti nel mondo
della generazione elettrica.
Indipendentemente da quale sviluppo seguirà ogni singolo concept non è possibile immaginare lo sviluppo individuato da IEA e da altri, se il costo dell’energia elettrica del CSP non diventerà competitivo con quello dei sistemi
destinati a produrre energia per il servizio di base, oggi fornito prevalentemente dalle centrali a carbone e nucleari.
Secondo IEA questo traguardo sarà raggiunto fra il 2025 e il 2030, per le zone
maggiormente soleggiate, con valori dell’ordine di 6-8 c$/kWhe. Verso il 2020
invece il costo del kWhe da CSP dovrebbe essere già competitivo con il prezzo
di produzione di elettricità in condizioni di medio-carico, attorno ai 10c$/
kWhe, situazione che dovrebbe accelerare la crescita con una incentivazione
minima.
La crescita del solare termodinamico prevede progressivamente lo spiegamento di impianti con grandi sistemi di storage. Questi impianti, secondo
lo status attuale della tecnologia e dei costi dell’energia convenzionale,
producono energia a costi maggiori degli impianti analoghi ma con integrazione fossile. Il credito di potenza che gli impianti solari termodinamici con
storage saranno in grado di fornire, e lo spostamento della produzione nel
momento di maggiore richiesta, dovranno essere adeguatamente compensati. Grazie alle caratteristiche di questi impianti il sistema elettrico vedrà
ridursi il costo per le riserve di potenza che servono a inseguire le punte di
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carico e a compensare le fluttuazioni improvvise di energia dovute alle fonti
rinnovabili non programmabili, come l’eolico e il fotovoltaico. In un quadro
di progressivo aumento delle fonti aleatorie, il solare termodinamico ibrido
o con storage potrà contribuire a stabilizzare l’esercizio delle reti elettriche
e sarà di conseguenza tenuto in debita considerazione dai legislatori.
i pRoGetti di svilUppo del csp in noRd aFRica
e medio oRiente
Le analisi internazionali indicano per i prossimi 10-15 anni un forte sviluppo applicativo del settore CSP ( figura 1), sviluppo che si prevede proseguirà nel lungo termine (circa 10% della produzione elettrica mondiale
al 2050 secondo l’IEA).
Figura 1 poTenZa cumulaTiva (mW) degli impianTi solari a concenTraZione (nel mondo)
IN ESERCIZIO
≥12.000
IN CORSO DI REALIZZAZIONE
PREVISTI
Archimede
Gemasolar
Solnova 1, 3 & 4
Extresol-2
Altri
Andasol-1
Kimberlina Solar Thermal Power Plant
Solar 1
Solar 2
PE1
PS20
Andasol-2
Sierra Sun Tower
Altri
PS10
Nevada Solar One
SEGS IV-IX
Saguaro Power Plant
SEGS I-III
0
1980
74
1985
2.500
800-1.0001
354
354
355
430
485
1990
2005
2006
2007
2008
511
2009
2010
2015
FonTe: nrel, seia, a.T. Kearney, proTermosolar
Le aree di maggiore sviluppo per i grossi impianti solari a concentrazione
sono state finora gli Stati Uniti e la Spagna, ma per il prossimo futuro si prevede che saranno fortemente interessati anche Nord Africa e Medio Oriente.
La semplice constatazione che l’area sahariana disponga di riserve illimitate
di energia solare ha fatto maturare l’idea di creare un gigantesco sistema
di impianti e di reti elettriche in grado di convertire e trasportare parte di
questa energia verso l’Europa.
Questo progetto può costituire una straordinaria opportunità di sviluppo
per i paesi sulla sponda sud del Mediterraneo, i cui consumi sono destinati
a crescere fortemente, nonché favorire un nuovo clima di cooperazione tra
i paesi produttori e quelli consumatori con valenze che trascendono dalle
questioni prettamente energetiche e ambientali.
L’azione più conosciuta finalizzata allo sfruttamento dell’energia solare
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del Nord Africa è Desertec, descritta in modo approfondito nel capitolo di
Paul Van Son. Si tratta di un investimento di grande valenza strategica da
svilupparsi in più decenni, il cui scopo ultimo è costruire un sistema elettroenergetico in grado di soddisfare gran parte dei bisogni dei paesi MENA e di
coprire il 15% del fabbisogno europeo di energia elettrica al 2050, per una
potenza installata aggiuntiva equivalente a 100 GWe e una produzione di
200-250 TWhe annui.
L’iniziativa, il cui valore complessivo sarebbe dell’ordine di 400 miliardi di
euro, include necessariamente la posa di cavi sottomarini ad alta tensione
che, al fine di limitare il più possibile le perdite di trasmissione dovute alle
enormi distanze da coprire, impiegheranno in tutto o in parte la tecnologia
della corrente continua ad alta tensione.
Contemporaneamente, come è stato ampiamente descritto nei capitoli precedenti, numerose altre iniziative contribuiscono direttamente e indirettamente al rafforzamento dei progetti di CSP nei paesi del Nord Africa e del
Medio Oriente. Il MENA CSP scale-up Investment Plan (MENA CSP IP)
è invece un programma specifico sostenuto dai finanziamenti della Banca
Mondiale e dell’African Development Bank e finalizzato alla massiccia diffusione del CSP in cinque paesi della fascia nordafricana e mediorientale:
Algeria, Egitto, Giordania, Marocco e Tunisia.
L’obiettivo è realizzare, in una prima fase, nove progetti per un totale di circa
1,2 GWe e due progetti strategici di trasmissione elettrica entro il 2014, per
giungere ad almeno 5 GW entro i successivi sei anni.
Tutte queste iniziative sono intese a supportare agli investitori e fornire una
base di coordinamento tra gli operatori; inoltre potranno agire da piattaforme di scambio anche per le istituzioni elettro-energetiche dei diversi paesi chiamate a cooperare, al fine di realizzare un sistema efficace e coerente
con gli obbiettivi prefissati. Le diverse iniziative hanno finora promosso
intese di collaborazione con i governi dei paesi interessati; alcuni di questi
a loro volta hanno varato programmi di applicazione del solare termodinamico. Il Marocco, in particolare, ha avviato un piano di costruzione di impianti CSP per 2 GWe e una ulteriore estensione per 500 MWe.
Queste installazioni dovrebbero costituire un primo gruppo di impianti del
sistema e la loro costruzione dovrebbe essere appannaggio dei partecipanti
al consorzio Dii-Desertec Industrial Initiative. Anche l’Egitto ha da tempo previsto un piano di sviluppo del CSP, così come gli altri paesi dell’area hanno
promosso altre iniziative di sostegno, come normative feed in tariff specifiche e dei vincoli sui mix energetici. Nel frattempo, per altre vie, con il sostegno di fondi della GEF della World Bank sono stati realizzati 3 impianti di
CSP in paesi potenzialmente interessati ai progetti Desertec e Solar Plan.
Si tratta di impianti ISCCS, ovvero cicli combinati a gas a cui è stato aggiunto un campo solare a parabole lineari a olio diatermico che produce
vapore per la turbina. Il primo di questi impianti, a Kuraymat in Egitto, è
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entrato recentemente in servizio, insieme agli altri di Hassi R’mel in Algeria e Beni Matar in Marocco costituisce di fatto l’embrione potenziale dei
progetti tipo Desertec (tabella 3).
Tabella3: Le principali centrali solari termodinamiche ibride in via di completamento
nel sud del Mediterraneo
Nome
Impianto
Paese
Sito
Potenza totale
Contributo
solare
equivalente
Tecnologia
Al Kuraymat
(in esercizio)
Egitto
Kuraymat
90 km a sud del Cairo
140 MWe
20 MWe
ISCCS
Parabole lineari a olio
Argelia
Algeria
Hassi R’mel
400 km sud di Algeri
150 MWe
40 MWe
ISCCS
Parabole lineari a olio
ISCC Marocco
Marocco
At Ain Beni Mathar
470 MWe
40 MWe
ISCCS
Parabole lineari a olio
Fonte: ome
Le tecnologie CSP sono valutate come molto promettenti dal punto di vista applicativo, ma rimangono diverse difficoltà da superare, in particolare
l’acquisizione dei finanziamenti in conseguenza della notevole entità degli
investimenti richiesti e i tempi lunghi necessari alla messa a punto dei progetti. La localizzazione degli impianti nelle aree più idonee del Nord Africa
e il Medio Oriente è rallentata dalla necessità di realizzare le infrastrutture
per il trasporto dell’energia, dalle questioni amministrative locali e da alcuni aspetti più tecnici, come l’approvvigionamento di acqua per il raffreddamento del ciclo termico.
I progetti tipo Desertec potranno divenire realtà nella misura in cui sia gli
investitori sia le istituzioni dei paesi interessati saranno in grado di produrre
nel tempo uno sforzo coordinato inteso a superare le varie difficoltà presenti
sul terreno.
Conclusioni
Il solare termodinamico si trova da alcuni anni in una fase di forte transizione e sta sperimentando con ritardo le dinamiche già verificatesi nei
settori delle altre tecnologie delle fonti rinnovabili. Per effetto delle sue
complessità e degli investimenti richiesti dovuti alle sue dimensioni caratteristiche si è sviluppato più lentamente e in modo non sempre lineare. Grazie
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Energia dal deserto • quinta sezione opportunità
Ruolo
ricerca
Mauro Vignolini e Alfredo Fontanella
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A livello internazionale le principali organizzazioni
impegnate nella ricerca sulle tecnologie CSP sono:
il National Energy Renewable Laboratory (NREL) e
il Sandia National Laboratories negli USA, il Centro
de Investigaciones Energéticas, Medioambientales
y Tecnológicas (CIEMAT) e la Plataforma Solare de
Almeria (PSA) in Spagna, il Centro aerospaziale tedesco (Deutsches Zentrum für Luft- und Raumfahrt,
DLR) e il Fraunhofer-Institut für Solare Energiesysteme (Fhg-ISE) in Germania, il Paul Scherrer Institut (PSI) in Svizzera, il Centre National de la Recherche Scientifique (CNRS PROMES) in Francia e
il Weizmann Institute of Science (WIS) in Israele.
In Italia, dopo le ricerche pionieristiche del prof.
Giovanni Francia, la ricerca sulle tecnologie CSP
ha avuto un forte impulso nel 2001 per merito del
prof. Carlo Rubbia, premio Nobel, che ha dato inizio al progetto solare termodinamico dell’ENEA,
con l’obiettivo di sviluppare in piena autonomia
scientifica un concetto innovativo di impianto solare termodinamico a concentrazione per la generazione di energia elettrica e di portarlo in tempi
brevi alla fase dimostrativa industriale, con il solo
contributo dell’industria nazionale.
Con il completamento dell’impianto Archimede a
Priolo Gargallo (Sicilia), l’obiettivo è stato raggiunto, e l’ENEA è oggi tra i leader a livello mondiale
in questo settore, in particolare per quanto riguarda l’impiantistica dei sali fusi su reti di notevole
estensione.
In considerazione della crescente importanza di
questo settore nel panorama energetico internazio-
nale, l’ENEA ha recentemente intrapreso una serie
di progetti nel quadro di collaborazioni nazionali
ed europee per proseguire lo sviluppo tecnologico
dei sistemi CSP, favorirne la diffusione e sviluppare
nuove applicazioni di queste tecnologie. In particolare le ricerche dell’ENEA riguardano l’ottimizzazione di componenti e impianti, lo sviluppo di
alcuni concetti innovativi quali l’integrazione di
componenti, l’integrazione di impianti, l’utilizzazione integrale dell’energia raccolta e la produzione di idrogeno dall’acqua attraverso cicli termochimici alimentati da energia solare.
Per quanto riguarda l’ottimizzazione di componenti e impianti, l’ENEA è impegnato nello sviluppo di
collettori solari di nuova concezione, nello studio
di nuove miscele di sali fusi come fluido termovettore, di sistemi di accumulo con materiali meno
costosi, come ad esempio cementi speciali in sostituzione dei serbatoi di acciaio e su schemi impiantistici con circuito ad acqua pressurizzata e a gas.
Particolare del tubo ricevitore innovativo sviluppato
dall’ENEA e prodotto da Archimede Solar Energy
alle normative favorevoli emesse in alcuni paesi guida sta vivendo una fase
di sviluppo senza precedenti. In Spagna, negli Stati Uniti e nel Nord Africa
sono entrati in esercizio o sono in costruzione impianti per circa 1.000 MWe,
un risultato impensabile fino a pochi anni fa.
I suoi punti di forza, l’uso della fonte solare disponibile in quantità pressoché illimitata, la possibilità di costruire impianti di grandi dimensioni in
grado anche di produrre energia quando è maggiormente richiesta sulla rete
elettrica e un costo di generazione competitivo con il solare fotovoltaico ne
fanno una delle tecnologie più promettenti per il contenimento delle emissioni di gas serra nella produzione elettrica.
Le diverse tecnologie che costituiscono il settore si trovano a stadi di maturità commerciale molto diverso per cui al momento lo sviluppo osservato è
basato prevalentemente sul concept delle parabole lineari a olio diatermico
con ibridazione o storage. In realtà per le altre tecnologie, di cui esistono al
momento solo alcuni impianti, sussistono ampi spazi di crescita e miglioramenti soprattutto in termini di riduzione dei costi.
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Su tutte le problematiche affrontate dall’ENEA in
questo campo è fondamentale la collaborazione
con l’industria: tra i più importanti risultati ottenuti
con queste collaborazioni si può citare lo sviluppo
del componente tubo ricevitore con Angelantoni
Industrie, che ha portato alla nascita di un’azienda
specializzata (Archimede Solar Energy), la collaborazione con Ronda e Reflex sui collettori e sui pannelli
riflettenti per l’impianto Archimede, la collaborazione con DD di Udine sulle strutture dei collettori solari
e sul sistema di movimentazione, oltre alla collaborazione con l’ENEL che ha consentito di passare dal
prototipo sperimentale, che corrisponde a circa 200
kW, al dimostrativo industriale da 5 MW.
Per quanto riguarda le collaborazioni internazionali L’ENEA partecipa al progetto europeo SFERA
(Solar Facilities for the European Research Area)
finalizzato a integrare, coordinare e approfondire
la collaborazione tra le principali organizzazioni di
ricerca europee impegnate sulle tecnologie solari e
a offrire ai ricercatori e alle industrie la possibilità
di accesso alle più qualificate infrastrutture di prova e di ricerca.
In questo ambito l’ENEA mette a disposizione dei
vari partner le proprie infrastrutture sperimentali e
in particolare gli impianti PCS (Prova componenti
solari) e MOSE (Molten Salt Experiences); il primo
consente di sperimentare in scala 1:1 e in condizioni
reali di funzionamento nuovi collettori solari di tipo
parabolico-lineari lunghi fino a 100 metri, mentre il
secondo consente di studiare il comportamento di
Struttura del collettore parabolico
lineare sviluppato dall’ENEA
lungo periodo dei circuiti a sali fusi e di esaminare
la compatibilità dei materiali nelle diverse condizioni di esercizio.
Le attività dell’ENEA nelle tecnologie CSP forniscono
un esempio su come la ricerca possa spingere l’industria verso produzioni innovative a elevato contenuto
tecnologico e possa aprire interessanti prospettive di
mercato, particolarmente utili in un periodo caratterizzato da una situazione diffusa di crisi economica
e finanziaria.
Gli scenari di sviluppo per il settore, formulati da esperti e istituzioni indipendenti, tra cui l’IEA, delineano un potenziale di crescita del tutto analogo
a quello delle altre tecnologie delle fonti rinnovabili. In particolare partendo
dal primo GWe installato alla fine del 2010 le analisi indicano che, in condizioni favorevoli, la potenza mondiale installata potrà salire a quasi 150 GWe
nel 2020 fino ad arrivare al 2050 a circa 1.100 GWe e contribuire per il 11%
alla produzione elettrica mondiale prevista a quella data.
Secondo IEA i costi di generazione sono destinati a calare in modo decisivo
fino a competere verso il 2020 con il prezzo di produzione di elettricità in
condizioni di medio-carico, attorno ai 10c$/kWhe e fra il 2025 e il 2030 con il
prezzo di produzione di elettricità in condizioni di carico base corrispondenti
a valori dell’ordine di 6-8 c$/kWhe, per le zone maggiormente soleggiate.
Il successo del solare termodinamico sarà ovviamente condizionato da vari
fattori. Fra questi la realizzazione di estese linee a corrente continua ad alta
tensione in grado di collegare con perdite accettabili le aree semidesertiche
con le aree industriali e residenziali, il mantenimento di legislazioni incen-
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tivanti che non introducano vincoli arbitrari penalizzanti per gli impianti, la
valorizzazione della possibilità di spostare la produzione quando è più utile
al sistema elettrico grazie allo storage.
Le iniziative come Desertec e Solar Plan, che prevedono la realizzazione di
sistema di linee HVDC e di impianti in grado di inviare in Europa fino a 20
GWe di potenza elettrica solare al 2020, e 100 GWe al 2050, costituiscono
una straordinaria opportunità per il settore.
Nati da un’idea futuribile sono divenuti nel tempo concrete iniziative industriali a cui oggi aderiscono importanti attori internazionali, anche italiani,
del mondo dell’energia e della finanza.
L’Italia, per geografia e storia, si trova i una posizione chiave per lo sviluppo
del CSP nel Nord Africa e può svolgere un ruolo di primo piano ricavandone
vantaggi per il sistema elettrico nazionale e per il proprio sistema industriale.
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