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Tatuaggi: moda o comunicazione di massa? La gestione del paziente con tatuaggi
Giovedì 21/04/2016
c/o Sale convegno Assiprofar – Roma, Via dei Luceri n. 3/C
Programma 19.30 20.00 23.45 00.00 Apertura dei lavori e test di ingresso Lezione magistrale Test di verifica Chiusura dei lavori * * * * * * Abstract Le modificazioni corporee, quali tatuaggi e tinture ornamentali, sono nate come strumenti di comunicazione ed espressione di una determinata concezione della propria vita. Indicavano, l’appartenenza ad una famiglia, ad un ceto sociale, gruppo etnico o comunità religiosa. Soprattutto nelle società extra‐europee, i segni e le modificazioni corporee costituivano un elemento insostituibile nei rituali che accompagnavano le diverse fasi della vita degli esseri umani: riti di passaggio, ostentazione di status sociale, terapia medica, garanzia per accedere all’Aldilà dopo la morte. Tra uomini e donne esistono sostanziali differenze. Nel sesso maschile, infatti il tatuaggio era e rimane indice di forza, coraggio e disprezzo del dolore fisico mentre per le donne è espressione di femminilità e mantiene tuttora una notevole valenza erotica. Le prime prove, concrete e inconfutabili, dell’esistenza del tatuaggio ci vengono dalle mummie rintracciate in varie parti del mondo. La più famosa di queste risulta essere, Ӧtzi, la mummia di Similaun, un uomo dell’Età del Bronzo ritrovata nel 1991 sulle Alpi italiane, tra i ghiacci. Databile attorno al 3300 a.C., sulla sua pelle si possono distintamente notare dei tatuaggi bluastri, sparsi in varie parti del corpo: gruppi di linee parallele nella regione lombare e sulla caviglia, oltre a una croce nella parte interna del ginocchio. Per molti secoli, in epoche più recenti, il tatuaggio è stato il segno della colpa, inflitto come marchio d’infamia a ladri e carcerati o appartenenti a gruppi di malavita (mafia in Giappone). A partire dal XIX secolo, anche le classi borghesi nei paesi Europei lo hanno adottato. Si narra che Churchill avesse un’ancora e Stalin un teschio come tatuaggio. Nel corso degli ultimi 2 decenni la diffusione del tatuaggio nei paesi occidentali ha assunto proporzioni gigantesche. Si calcola che in Italia circa 2 milioni di persone siano tatuate, il 60 % delle quali sono maschi. Sempre più il ”segno sulla pelle” esprime il proprio desiderio di comunicazione e di manifestare una parte della propria personalità. Di recente, soprattutto negli Stati Uniti, la comunicazione attraverso il tatuaggio della superficie anteriore del tronco, è utilizzata con lo scopo di esprimere una volontà biologica: es. il desiderio di donare gli organi in caso d’incidenti o morte improvvisa, la volontà di non essere mantenuti in vita in caso di morte cerebrale e persino le allergie a determinati farmaci o molecole sintetiche. In epoche di ristrettezze economiche, risparmiare carta e inchiostro può trovare molti sostenitori… La pratica del tatuaggio e del “piercing” è attualmente molto diffusa soprattutto tra le giovani generazioni . Negli anni più recenti e diventato fenomeno di moda. Ciò ha creato una sorta di “sistema industriale” della pratica del tatuaggio e parimenti un “sistema industriale” della rimozione del tatuaggio. Discuteremo la buona pratica di queste tecniche per ciò che riguarda il rischio infettivo e le potenziali complicanze patologiche cutanee rappresentate soprattutto da granulomi, cheloidi, dermatiti da contatto, e possibile riattivazione di malattie preesistenti come la psoriasi. Analizzeremo i problemi che si pongono al farmacista nella gestione dei pazienti “tatuati” subito dopo la pratica e a medio/lungo termine.