Moshé Zacuto, Toftèh `arùkh (L`inferno preparato), Venezia

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Moshé Zacuto, Toftèh `arùkh (L`inferno preparato), Venezia
Moshé Zacuto, Toftèh ‘arùkh (L’inferno preparato), Venezia, Bragadina 1743
(con l’ ‘Èden ‘arùkh (Il paradiso preparato) di Ya‘qòv Olmo).
Moshé Zacuto (1625?-1697) fu rabbino a Venezia dal 1645 al 1673: mistico e
poeta, tra le sue opere:
Yesòd ‘olàm (Il fondamento del mondo): Abramo, l’uomo giusto, può
contribuire, con la sua azione, alla rigenerazione di un mondo degradato.
Toftèh ‘arùkh (L’inferno preparato): visione dell’aldilà, attraverso il dialogo tra
un defunto e il diavolo.
Toftèh ‘arùkh (L’inferno preparato)
Il Toftèh ‘arùkh (L’inferno preparato – Isaia, XXX, 33) è un dialogo tra un morto
e il demone, che lo accoglie nell’aldilà e gli mostra le bolge dell’inferno. Per la sua
natura dialogata è giudicato da molti un vero e proprio dramma: in realtà, esso
sembra più vicino all’antica struttura del “contrasto” medievale o di certe Laude
di Jacopone da Todi, modulato, però, sotto l’evidente influsso della visione
dantesca e della cupa atmosfera dell’età della controriforma.
Le 185 strofe del testo sono divise nelle seguenti sequenze: un lungo soliloquio
del defunto, che condanna l'opera dei medici che non lo hanno saputo salvare; il
dialogo con il demone che lo accoglie e che si riduce però a un vero e proprio
monologo, per le brevi risposte di Satana alla fine di ogni strofa; un ampio
segmento di versi, tutti giocati sull'antitesi tra la grandezza terrena di ieri e la
miseria dell’oggi; infine, la descrizione dei gironi dell'inferno, con tutti i
peccatori, condannati alle diverse pene, secondo il sistema del contrappasso.
Tutti i versi sembrano più adatti a un sermone di severo richiamo etico che alla
realizzazione scenica; appaiono più idonei alla lettura, per il chiaro intento
moralistico esplicitamente dichiarato (str.47: “O voi esseri umani, tremate per
loro”), che alla vera rappresentazione teatrale. Il messaggio vero, in effetti, è
consegnato alle strofe conclusive:
Giudice di Verità sei Tu, o Signore; bene hai giudicato, perché quelli che rimasero a Te fedeli
meritano la felicità con cui li premiasti; al contrario, quelli che si sono allontanati da Te e agirono
in modo empio, sono afflitti e infelici, lontano dalla salvezza.
Del resto, l'Olmo, che continuò l'opera di Zacuto, con il suo Paradiso preparato,
attesta, all'inizio della sua opera, che il Toftèh ‘arùkh era letto in sinagoga nelle
tre settimane di lutto che precedono il digiuno del 9 di Av, che ricorda la
distruzione del Tempio di Gerusalemme.
L’opera, che valse a Zacuto il soprannome di “Dante degli ebrei”, fu pubblicata a
Venezia per la prima volta nel 1715 e una seconda nel 1743.
 Museo Ebraico di Venezia