setter inglese - Associazione Cacciatori Bellunesi
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setter inglese - Associazione Cacciatori Bellunesi
Aut. del Trib di Belluno n. 558/08 n.c.- «POSTE ITALIANE SpA - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, CNS BL». CONTIENE I.P. - Direttore Responsabile: Pellegrinon Giuseppe - Tipografia: Dolomiti Stampa s.r.l., Via Campo, 18/F Santa Giustina (BL) Caccia 2000 ORGANO DI INFORMAZIONE DELL’ A SSOCIAZIONE CACCIATORI BELLUNESI SETTER INGLESE foto: Luca Bellus PAGINA 2 Caccia 2000 Luglio 2011 Lettera del Presidente Associazione Cacciatori Bellunesi MILLECENTO. Iniziare una lettera con un numero è un modo insolito. Ma abbiamo raggiunto un traguardo importante! MILLECENTO è il numero dei Soci che si sono tesserati con l’A.C.B. per la stagione venatoria 2011/12. Un grazie a tutti da parte del sottoscritto e dell’intero Consiglio direttivo per la fiducia che avete riposto in noi. Questo prestigioso traguardo sarà un ulteriore stimolo per proseguire sulla strada intrapresa, anche con le altre Associazioni venatorie presenti nel nostro territorio. Il nostro primo obiettivo, è opportuno sempre sottolinearlo, è quello di tutelare al meglio la nostra passione sportiva, soprattutto dagli attacchi quotidiani che ci pervengono dall’esterno e definire, nel contempo, le soluzioni, possibilmente le migliori, per i vari tipi di caccia praticata nella nostra Provincia. Quando riceverete la rivista la stagione venatoria sarà, per la maggior parte di Voi, quasi terminata. È stata una stagione un po’ anomala visto il persistere del bel tempo che ha tenuto, soprattutto il camoscio, a quote molto alte e non facilmente cacciabile, almeno per la… maggior parte di noi. In compenso ho sentito che per i “beccacciai” c’è stato un buon passo e, complessivamente, dei buoni carnieri. Nell’uno e nell’altro caso, è importante che ci si sia divertiti in serenità. Certe albe ed alcuni tramonti creano in noi, anche senza abbattimenti, sensazioni piacevoli e meravigliose da conservare nella nostra memoria. La Provincia di Belluno, è noto a tutti, è stata commissariata. Aldilà delle possibili considerazioni e commenti, in ogni caso, è doveroso ringraziare il Presidente Bottacin e l’Assessore De Zolt per il tempo che hanno dedicato e per l’attività che hanno svolto a favore delle caccia. Il libro “Uomini, monti e animali”, che avete ricevuto in omaggio con il tesseramento, ha avuto un successo incredibile ed è andato letteralmente “a ruba” anche fra i non “cacciatori”. Abbiamo raggiunto l’obiettivo che ci eravamo preposti. Anche questo esempio è una dimostrazione che se le cose si fanno bene e con professionalità vengono apprezzate. Alle pagg. 20 - 21 troverete un ampio servizio della serata della presentazione. La Giunta dell’A.C.B. ha deciso di ripetere, anche per il Natale 2011, la caritatevole iniziativa della distribuzione di “pacchi alimentari dono” a 30 Famiglie bisognose, residenti nella nostra Provincia (vedi pag 34). Lo scorso anno, questa iniziativa posta in essere con la dovuta riservatezza e delicatezza, ha avuto un riscontro incredibile. Molte le attestazioni di riconoscenza e di ringraziamento ricevute dal sottoscritto da parte di Sindaci e di Parroci. Sono state attestazioni gradite di cui vi faccio partecipi e rappresentano un’ulteriore dimostrazione che il mondo venatorio si evolve ed è sensibile ed attento alle problematiche sociali. Passate le festività natalizie, il Consiglio direttivo si riunirà per stilare un programma di massima per l’anno 2012 che dovrà essere intenso e propositivo. Verranno sicuramente proposte le serate sulla sicurezza delle armi con un nuovo filmato, incontri di formazione per cacciatori e delle serate a tema. Sarete informati per tempo e speriamo in una Vostra numerosa partecipazione. Auguri sinceri a Voi tutti, alle vostre Famiglie ai tanti Amici e Simpatizzanti di Buon Natale e felice 2012. IL PRESIDENTE Sandro Pelli 3 PAGINA Editoriale AZIONE - REAZIONE… La legge di azione – reazione non è una legge esclusiva della fisica, ma riguarda anche le nostre azioni e le reazioni umane. Se si agisce bene con correttezza e professionalità si riceveranno risposte positive; viceversa, se si agisce con disonestà ed approssimazione si riceveranno risposte negative. Ciò che i nostri nonni ci dicevano un tempo è pura verità: “raccoglierai sempre quello che hai seminato”. Per la nostra Associazione, l’anno 2011 è stato eccezionale. Abbiamo registrato un incredibile aumento nel numero degli associati e, più precisamente, da 968 dello scorso anno si è passati a 1.100 (più 132 unità pari al 13,64%). Si può ben dire che è stato seminato ottimamente e le risposte dei cacciatori bellunesi sono state estremamente positive. Quest’ultimo anno poi, le varie conferenze tenute in tutte le aree omogenee della Provincia sull’uso delle armi, la pubblicazione del libro “Uomini, monti e animali”, le donazioni di pacchi con generi alimentari alle famiglie bisognose e la volontà di tenere sempre comportamenti propositivi e corretti in tutti i tavoli del confronto con qualsiasi categoria sociale, hanno stimolato moltissimi cacciatori a sottoscrivere la nostra tessera associativa. Tutto questo, ovviamente, ci inorgoglisce. Deve essere comunque ben chiaro a tutti che non si vuole, in nessun modo, promuovere uno scontro tra le Associazioni venatorie per l’acquisizione di nuovi tesserati. Anzi, come già scritto e dichiarato più volte, è necessario che i Presidenti di tutte le Associazioni venatorie si confrontino in modo sereno e costruttivo e percorrano insieme un cammino comune per la difesa e la tutela di tutti i Cacciatori bellunesi. Naturalmente, l’A.C.B. è riuscita ad offrire un valido pacchetto di servizi a tutti i Soci (buona assicurazione con la relativa assistenza, contributi economici alle RAC, calendario annuale, gadgets, conferenze con temi specifici, …) e tutto ciò ha naturalmente portato, ogni anno, nuovi adepti. Teniamo poi presente che, tutte le risorse rappresentate dal valore delle quote associative, rimangono in loco e finanziano autonomamente le attività dell’Associazione. È ovvio, ma è opportuno ricordarlo, che l’A.C.B. non è né del Presidente, né della Giunta, ma è di tutti i Soci i quali possono (anzi dovrebbero) partecipare all’attività associativa portando il proprio contributo anche ricoprendo le cariche sociali poiché il ricambio, le nuove idee e la voglia di partecipazione sono nutrimento base per lo sviluppo di qualsiasi organismo volontaristico. Nel prossimo futuro, tra le varie attività dell’A.C.B. dovrà essere inserita la formazione del cacciatore come uomo e come sportivo. Una domanda è più che legittima. Cosa rende migliore il “Cacciatore”? Certamente una buona conoscenza della natura, il rispetto della fauna e dell’ambiente e, più in generale, tutto ciò che lo rende più sensibile, più responsabile e più rispettoso delle tradizioni e dell’etica venatoria. È molto importante di come ci si comporta con l’ambiente circostan- te, con i Cacciatori e con l’intera Comunità. Bisogna essere attenti poi al comune pensare perché diventerà poi modo di parlare, attenti alle parole perché poi diventeranno azioni, attenti alle azioni perché diventeranno abitudini e normale modo di essere. In questi ultimi anni, la massiccia diffusione del cervo e l’insediamento del cinghiale in provincia di Belluno hanno modificato nei cacciatori il “modo di pensare” e, in ultima istanza, hanno alterato le “abitudini venatorie”. Si assiste infatti o alla creazione di nuove squadre di cacciatori o al rafforzamento di quelle già esistenti, le quali si contrappongono e, in alcuni casi, addirittura, si sfidano negli abbattimenti. È certamente una deriva molto pericolosa e dannosa che dobbiamo evitare poiché questi antagonismi e queste situazioni conflittuali non fanno onore alla nostra categoria. Ci si sfida a chi riesce ad incarnierare il maggior numero di chilogrammi di selvaggina, di abbattere nella caccia di selezione l’animale “più grosso” oppure a chi riempie di più i congelatori. Con nefasto orgoglio poi, nei bar soprattutto, qualche caposquadra si pavoneggia dichiarando a destra e a manca il numero di capi ed i quintali di selvaggina abbattuta dalla propria squadra. Tali comportamenti che ci si augura siano sporadici e facenti parte di una piccola minoranza di cacciatori, sono molto dannosi. Esiste però il pericolo concreto che si diffondano. In effetti, dai pensieri si passa alle parole (e di parole e discorsi nei bar se ne fanno, eccome se ne fanno) che poi diventano azioni delle varie squadre e che poi si tramutano in normali abitudini per tutti i Cacciatori. La nostra passione venatoria non può incamminarsi su questa strada, la caccia non può diventare sinonimo di “bassa macelleria”. È opportuno prendere coscienza di queste negative situazioni e porvi rimedio. Come? Attraverso una miglior formazione del cacciatore il quale deve sempre rispettare l’etica venatoria al di fuori della quale (deve prenderne necessariamente coscienza) non ha senso l’andare a caccia. Se questa azione non riuscirà ad estirpare questo modo di esercitare la caccia, non può che essere ricercata una soluzione che obblighi tutti ad un comportamento eticamente corretto. Un’ipotesi su cui ragionare, anche se può essere definita bizzarra, potrebbe essere quella di assegnare la proprietà della carne di tutti gli ungulati alla RAC mentre il trofeo viene assegnato al cacciatore che ha abbattuto il selvatico. La RAC potrà vendere la carne ad un prezzo accessibile e di convenienza al cacciatore medesimo, oppure, se non interessato, ad altri cacciatori o ai ristoranti locali. In questo modo, la RAC potrà avere anche una valida fonte di auto-finanziamento. Questa soluzione (o altre ancora da individuare) potrebbe essere imposta se queste squadre di cacciatori dovessero continuare ad esercitare la caccia solo per il “freezer”. Centro Studi Caccia 2000 PAGINA 4 Caccia 2000 Dicembre 2011 Conoscerli Meglio Il Cane da Caccia a cura di Elvio Dal Pan 3ªParte IL SETTER Proseguiamo la nostra carrellata sui cani da caccia con una razza considerata dalla gran parte dei cacciatori e cinofili italiani l’eccellenza tra i cani da ferma, non solo per le sue innate qualità venatorie ma anche per la sua indiscutibile bellezza estetica: IL SETTER. IL SETTER INGLESE (LAVERACK) Un po’ di storia: Il setter, in conformità a quanto scritto da Sir Edward Laverack, è un epanguel migliorato. Il nome deriva dalle parole inglesi to set = stare seduto ad indicare il particolare modo di restare in ferma abbassando il posteriore sino a sfiorare il terreno e assumere quindi una posa da seduto. Nel 1500 il setter era descritto dai cinofili dell’epoca: “Un cane che rimaneva immobile, quando trovava le starne, distendendosi a terra e strisciando come un verme”. Proprio l’attitudine a strisciare fu considerata fin da allora una delle prerogative salienti della razza tanto che Laverack scrive: “L’attitudine all’andatura strisciante è secondo me proprio quella che si deve perseguire, perché tale disposizione dimostra Setter Inglese maggior efficacia delle leve e dell’impulso motore. Quanto più le articolazioni sono flesse, tanto più l’impulso è efficace. Fra tutti i setters da me controllati, gli striscianti furono sempre i più veloci e resistenti”. Fu proprio a quest’uomo, grande cinofilo e appassionato di questo tipo di cani, che si deve gran parte della selezione e dei miglioramenti di questa razza. Laverack, rimasto orfano a 14 anni, fu adottato da uno zio, ricco industriale di Manchester, che morendo gli lasciò un ingente patrimonio. Il giovane non sentendosi portato per la carriera industriale si trasferì in campagna cominciando a selezionare cani. Nel 1825 comprò una coppia di setter blue belton e iniziò il suo allevamento. Coadiuvato dal suo amico e collaboratore Purcell Llewellyn tentò di diminuire i vari difetti dovuti alla consanguineità, incrociando i soggetti con altri nero –focati provenienti dall’allevamento di lord Gordon e con setter irlandesi. Dopo quaranta anni, nel 1865 cominciano le field trials e il setter iniziò il suo cammino verso il successo e la notorietà. In Italia il Laverack esordì in una mostra a Milano nel 1881 e in quell’anno furono iscritti nel registro del Kennel Club 9 soggetti. Nel 1920 gli iscritti erano 97. Quattro anni dopo il comm. Nasturzio di Genova acquistò il primo trialer subito imitato da altri appassionati. Da allora il setter iniziò ad acquistare notorietà e fama sempre più velocemente diventando in breve tempo un soggetto molto apprezzato e stimato anche in Italia. MORFOLOGIA Lasciamo agli esperti in materia le caratteristiche tecniche e morfologiche del setter limitandoci, da semplici appassionati, al suo aspetto esteriore. Come già detto il Setter Inglese è Centro Carni Gazzi di Gazzi Fabrizio Via Pedemontana, 20 SORANZEN di Cesiomaggiore (BL) Tel. 0439 438161 - Cell. 328 9349009 PAGINA 5 Setter Irlandese considerato dalla maggior parte dei cacciatori e cinofili non solo il cane più bravo ma anche il più bello. Definendolo il “più bravo” andremo a scontrarci con pareri discordanti derivanti da estimatori d’altre razze ma, sul fatto che sia il più bello, è opinione diffusa anche tra i non estimatori di questo tipo di cani. In effetti, il setter ha un aspetto particolarmente gradevole. Lo sguardo è sempre dolce, attento, vivace. Il colore del manto ha spesso una serie di sfumature che contribuiscono ad esaltarne l’estetica. La sua andatura, sia lenta sia al galoppo è sempre aggraziata. Vederlo al lavoro è sempre uno spettacolo anche per i non appassionati di questo genere di caccia. La velocità è la sua forza e la sua condanna, spazia sul terreno di caccia e sembra che voli... Poi, all’improvviso, avverte l’emanazione e si blocca nella sua caratteristica ferma con il posteriore quasi a toccare il suolo. Il riporto è una delle tante qualità naturali del setter, pertanto sia in gara sia durante l’attività venatoria un cane ben dressato fornisce prestazioni a volte esaltanti. Un cane quindi che ben si adatta ai terreni più disparati e a tutti i selvatici come ben sintetizza Enrico Oddo in un suo scritto: “Il suo ambiente ideale di caccia è costituito dalle grandi estensioni di terreno a scarsa vegetazione. Il suo selvatico è la starna. Per temperamento, tuttavia, è facilmente adattabile ai più disparati tipi di caccia. Eccellente ausiliare in montagna, spesso specialista d’eccezione a beccaccini in risaia e in marcita. Non teme il bosco ne le fatiche della palude. È la razza che più d’ogni altra, concede al suo utilizzatore insieme alla positività di risultati, entusiasmante spettacolo d’eleganza e di stile”. Riteniamo doveroso riservare una parte di spazio dedicato a questa razza anche alle altre due “versioni” del setter, meno conosciute in Italia ma sicuramente non meno nobili e apprezzate. Il setter Irlandese e il setter Gordon. IL SETTER IRLANDESE Considerato uno dei più bei cani al mondo, il Setter Irlandese rischiò proprio a causa della sua bellezza di decadere come ausiliario del cacciatore proprio perché selezionato da molti allevatori solo ed esclusivamente per le sue caratteristiche estetiche tralasciando volutamente e a volte addirittura inibendo le sue naturali ed innate doti venatorie. “Pochi, probabilmente nessuno più utile a caccia” scriveva Laverack, mentre per Delor era “Un cane di ferro che spinge la passione per la caccia fino alla frenesia”. La sua origine è antica, ma non esistono tracce sicure del pri- Setter Gordon mo che intuì come selezionarlo e intraprese quindi il difficile lavoro per creare una nuova razza. Fu nel 1860 che si istituì alle mostre una classe separata per gli irlandesi e nel 1891 fu stabilita inoltre una classe speciale per quelli a macchie bianche. Il suo aspetto morfologico è quello tipico dei setter, ma è il colore che lo contraddistingue nettamente dal Laverack e dal Gordon il suo manto, infatti, è unicolore. Rosso mogano, dorato e brillante, senza la minima traccia di nero, diffuso anche alle frange degli arti e della coda. Un tempo impiegato solamente come cane da caccia fu nel tempo “tradito” dalla sua bellezza e la razza subì una progressiva decadenza come ausiliare venatorio trasformandosi sempre più in cane da compagnia e da salotto. La razza attualmente è in netta ripresa merito di molti allevatori e di numerosi cacciatori che hanno creduto nel recupero dell’irlandese. IL SETTER GORDON Scarsamente diffuso il setter Gordon, se opportunamente dressato, sa essere un ottimo ausiliare in ogni ambiente e per ogni tipo di caccia. Un tempo molto apprezzato, ha perso gran parte dei favori a vantaggio d’altri tipi di setters e pointer, che lo superano in velocità, resistenza e bramosia venatoria. Flemmatico, riflessivo, attento, caparbio, sono le sue doti più significative che ben si adattano a quei cacciatori che prediligono la calma e la pacatezza alla frenesia venatoria che a volte accompagna in special modo i giovani cacciatori. Il Gordon è nato in Scozia e deve il suo nome al più qualificato dei suoi allevatori, il Duca Alessandro IV di Gordon Castle (1743-1827). L’origine della razza è dovuta all’accoppiamento fra una cagna da pastore, utilizzata da Gordon per la caccia ed un soggetto dell’allevamento del Duca. Da questa cagna nacquero sei cuccioli con mantello nero e macchie marroni e bianche. È proprio il suo manto bellissimo, nero brillante con riflessi blu e macchie rosso mogano a contraddistinguerlo nettamente dagli altri setters. Anche lui come l’Irlandese è stato per lungo tempo snobbato dalla gran parte dei cacciatori, ma da qualche tempo è in atto con notevoli risultati una riqualifica di questa splendida razza da parte di molti allevatori che credono nelle sue certe doti venatorie che sommate a quelle estetiche porteranno il Gordon alla notorietà che sicuramente merita. PAGINA 6 Caccia 2000 Dicembre 2011 Avifauna migratoria e stanziale: la febbre del Nilo, nuova zoonosi emergente. A ottobre primo caso nell’uomo anche in a cura della Dott. Patrizia Bragagna provincia di Belluno. In Italia la prima apparizione di questo virus si ebbe nel 1998 in Toscana nella palude del Fucecchio, dove il virus infettò diversi cavalli, alcuni dei quali morirono, nessun caso umano segnalato. Per 10 anni ci fu il silenzio. Nel 2008 nei territori di Bologna, Ferrara, Modena, Rovigo, Padova e Mantova ecco riapparire la malattia clinicamente evidente nei cavalli. Nello stesso anno cominciarono a manifestarsi in queste zone i primi casi clinici di malattia negli umani: in un primo tempo solo la forma lieve, tipo sindrome simil-influenzale, in seguito nelle regioni dell’Emilia-Romagna e Veneto si manifestarono un totale di 8 casi di malattia neuroinvasiva nel corso di tutto l’anno. Nel 2009 la storia si ripeté ed alla fine dell’anno si contarono nelle regioni Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia un totale di 18 casi di malattia neuroinvasiva umana, dei quali alcuni mortali. Quest’anno in Italia sono stati notificati 14 casi umani: 6 in provincia di Treviso (1 decesso), 1 in provincia di Venezia, 1 in provincia di Belluno (un’anziana signora di Quero), 1 in provincia di Pisa, 3 in provincia di Oristano (2 decessi), 1 in provincia di Olbia e 1 in provincia di Udine. In conseguenza di ciò, sono in funzione in queste regioni piani di sorveglianza attiva integrati medico-veterinari per il monitoraggio delle forme cliniche nell’uomo e negli animali. Ma che cos’è la West Nile Disease (WND), conosciuta nell’uomo con il nome di Febbre del Nilo? La WND è una zoonosi endemica nel Bacino del Mediterraneo, ad eziologia virale (RNA-virus, gruppo Arbovirus, genere Flavivirus), trasmessa principalmente da zanzare (in particolare del genere Culex), che causa forme di meningoencefalite negli uccelli, sia migratori che stanziali selvatici e domestici, negli equidi e più raramente nell’uomo. Qual è il ciclo di trasmissione della WND? Il virus è mantenuto in natura da un ciclo primario di trasmissione zanzara-uccello-zanzara (ciclo endemico): le zanzare ornitofile adulte (vettori) si infettano pungendo uccelli viremici (ospiti amplificatori). Il virus, una volta ingerito, è in grado di diffondere nell’organismo della zanzara, dove si moltiplica localizzandosi a livello delle ghiandole salivari per poi essere trasmesso all’ospite vertebrato. Il ciclo secondario (ciclo epidemico) si manifesta quando, a causa di particolari condizioni ecologiche, ospiti accidentali come il cavallo e l’uomo, entrano nel ciclo di trasmissione e sono interessati dall’infezione. In questo caso gli artropodi vettori, specie di zanzare che pungono sia gli uccelli che i mammiferi, possono trasmettere il virus a cavalli e uomini. Quali sono le specie sensibili alla WND? La presenza di anticorpi specifici nei confronti del virus della West Nile è stata rilevata negli uomini, in un’ampia va- rietà di specie di uccelli domestici e selvatici, in numerosi mammiferi selvatici e domestici (anche cane e gatto), ed anche negli anfibi e nei rettili. L’ampio spettro di animali interessati testimonia la grande capacità del virus di infettare un elevato numero di specie. Tuttavia i vertebrati che rivestono un ruolo importante per la malattia sono: - gli uccelli, principali ospiti vertebrati. Numerose sono le specie di uccelli che possono essere infettate dal virus. Alcuni studi sperimentali e le osservazioni di campo hanno identificato le specie appartenenti agli ordini dei Passeriformi, (passeri, storni, gazze e cornacchie) dei Caradriformi (gabbiani, sterne, beccacce, chiurli) e Strigiformi come i principali ospiti ed amplificatori del virus in considerazione dei livelli di viremia elevati e persistenti che si sviluppano in queste specie. - gli equidi e l’uomo, sono ospiti accidentali dell’infezione o a fondo cieco, in quanto non sviluppano una viremia tale da infettare i vettori (zanzare) e contribuire così alla prosecuzione del ciclo di trasmissione. La sintomatologia clinica è riscontrabile nell’uomo, negli equidi e negli uccelli anche se, generalmente, la maggior parte delle infezioni decorre in modo asintomatico. La WND è una malattia stagionale? Nelle zone temperate del mondo (cioè, tra le latitudini 23,5° nord e 66,5° sud), i casi di WND si verificano soprattutto nella tarda estate o all’inizio dell’autunno. Nelle regioni tropicali il virus della West Nile (WNV) può essere trasmesso durante tutto l’anno. Determinante è la presenza del vettore. Nelle zone temperate le zanzare infette possono conservare il virus sino alla stagione successiva? La sopravvivenza delle zanzare durante la stagione invernale dipende da molti fattori legati sia alla durata e avversità del clima invernale, sia alla possibilità che questi insetti han- CICLO EPIDEMIOLOGICO DELLA WND da infettare le zanzare. L’uomo può contrarre la malattia mangiando carne di animali infetti? No, non esistono prove al riguardo. I trapianti e le trasfusioni sono pericolosi ai fini della trasmissione interumana della WND? E’ documentata la possibilità della trasmissione interumana mediante trasfusioni di sangue o trapianti di organi o tessuti. Nelle aree infette, pertanto, i donatori sono sottoposti a regolari controlli per escludere lo stato di infezione. Quali sono i principali sintomi di WND negli animali? Negli uccelli il periodo di incubazione è di 3-4 giorni e la malattia si presenta solitamente in forma asintomatica o subclinica. Qualora compaiano sintomi clinici, essi sono tipici della forma neurologica caratterizzata da: atassia (perdita della coordinazione muscolare), paralisi, movimenti di maneggio, pedalamento, torcicollo, opistotono (iperestensione della testa e del collo), incoordinazione motoria, depressione, letargia, penne arruffate, perdita di peso. La morte in genere sopraggiunge a distanza di 24 ore dalla comparsa dei sintomi nervosi. Negli equidi il periodo di incubazione è di 3-15 gg. Circa il 10% degli equidi infetti manifesta sintomatologia nervosa. I sintomi clinici sono: febbre, atassia, deficit propriocettivi (difficoltà a riconoscere l’esatta posizione dei suoi arti nello spazio), paralisi di uno o più arti con la conseguente impossibilità dell’animale a mantenere la stazione quadrupedale, fascicolazioni cutanee, tremori e rigidità muscolare e talvolta dismetria (alterazione più o meno evidente del coordinamento motorio), sonnolenza, ipereccitabilità o aggressività, iperestesia (ipersensibilità cutanea agli stimoli), paresi dei muscoli facciali, della lingua e disfagia (difficoltà a deglutire). I segni clinici possono risolversi con guarigione in 5-15 gg oppure progredire rapidamente con morte dei soggetti. In alcuni casi si preferisce sottoporli a eutanasia. Quali sono i principali sintomi di WND nell’uomo? La maggior parte delle persone infettate con il WNV non sviluppa segni clinici. Nelle aree endemiche la sintomatologia si evidenzia, nel 20% circa dei soggetti colpiti, con una sindrome simil-influenzale caratterizzata da un periodo di incubazione di circa 2-14 giorni e dai seguenti sintomi: febbre, mal di testa, mal di gola, dolorabilità muscolare ed articolare, congiuntivite, rash cutanei solitamente sul tronco, sulle estremità e sulla testa, linfoadenopatia (ingrossamento dei linfonodi), anoressia, nausea, dolori addominali, diarrea e sindromi respiratorie. In meno dell’1% dei casi si può manifestare la malattia in forma neuro-invasiva (solitamente encefalite, meningoencefalite o paralisi flaccida). Il rischio di contrarre la forma neuro-invasiva della malattia aumenta con l’età ed è maggiore nei soggetti di età superiore ai 60 anni e nei soggetti immuno-compromessi. Esiste una trattamento terapeutico per la WND? Sia nell’uomo che negli equidi la terapia è solamente sintomatica, ovvero mirata a ridurre la gravità dei sintomi. Esiste un vaccino per l’uomo per la WND? No, attualmente non esiste un vaccino disponibile per l’uomo. Molti ricercatori stanno lavorando a tale scopo, e c’è la speranza che sia disponibile nei prossimi anni. Esiste un vaccino per i cavalli per la WND? Si. In Italia è autorizzato al commercio un vaccino inattivato Come si previene la WND? Si può ricorrere alla profilassi sanitaria diretta, ossia l’insieme delle misure volte a neutralizzare o circoscrivere una fonte d’infezione per limitare il contagio e, pertanto, la diffusione della malattia.. Nelle aree in cui la malattia è endemica devono essere messe in atto strategie volte alla riduzione della densità dei vettori (bonifica delle raccolte di acqua stagnante, esecuzione di trattamenti adulticidi e larvicidi) e che riducano le possibilità di contatto tra vettori ed ospiti recettivi (applicazione di repellenti, utilizzo di zanzariere ecc.). Nei paesi indenni l’infezione può essere introdotta da uccelli migratori o attraverso l’introduzione di zanzare infette. In tali aree, pertanto, i sistemi di allerta rapida rappresentano gli strumenti fondamentali per il riconoscimento precoce della circolazione virale e per la messa in atto di tutte quelle misure di controllo in grado di limitare la diffusione dell’infezione. In Italia esiste un piano di sorveglianza nazionale che permette di monitorare continuamente la circolazione del virus sul territorio nazionale. Al momento il nuovo piano regionale del Veneto sulla WND si attua su tutto il territorio regionale con l’esclusione della provincia di Belluno e prevede: - Monitoraggio sierologico degli equidi - Sorveglianza entomologica (cattura delle zanzare mediante trappole) - Sorveglianza sulla mortalità negli uccelli selvatici che si effettua su tutto il territorio nazionale. Al 23 novembre 2011 sono stati esaminati 801 esemplari di uccelli selvatici trovati morti. 11 esemplari sono risultati positivi al test PCR e precisamente: 3 esemplari di ghiandaia (Garrulus glandarius), 3 esemplari di cornacchia (Corpus corone cornix), 1civetta (Athene noctua), 2 poiane (Buteo buteo) e 1 germano reale (Anas platyrhynchos) in provincia di Oristano e 1 tortora dal collare (Streptopelia decaocto) in provincia di Treviso. La sorveglianza passiva si è dimostrata lo strumento più efficiente per riconoscere le aree interessate dalla circolazione virale. Pertanto, tutti i cacciatori, anche quelli della provincia di Belluno, sono sensibilizzati a segnalare ai Servizi Veterinari territorialmente competenti morie sospette di uccelli selvatici sia migratori che stanziali. 7 PAGINA no di sopravvivere all’inverno trovando ricovero nelle case o in altre strutture (cantine, magazzini, ecc.). L’uomo e i cavalli possono trasmettere l’infezione? No, in quanto il virus non raggiunge nel sangue concentrazioni sufficientemente elevate PAGINA 8 Caccia 2000 Dicembre 2011 I cacciatori nelle Riserve alpine: un ruolo nelle comunità locali a cura del dr. Umberto Zamboni da valorizzare Il mondo venatorio delle Alpi, almeno nella parte orientale, seppur coordinato ed organizzato sin dalla nascita attraverso un’associazione provinciale ha la sua identificazione sociale e ambito di incidenza effettiva nel Comune con il quale si identifica la riserva. Una collocazione questa che ha radici storiche ultra centenarie risalenti all’appalto del diritto di caccia con destinazione del ricavato ad interessi collettivi o nel sociale. Proseguita, dalla legislazione austriaca sino alla legge nazionale del testo unico 1016 del 1931 questo principio ha mantenuto una continuità anzi per certi versi si è rafforzato dopo le leggi nazionali 968/77 e 157/92. Gli stessi elementi storici fondanti dell’associazione: la gestione faunistica, la vigilanza e la cura e salvaguardia degli habitat nell’ambito comunale trovano un riferimento e una sua attuazione. Un interesse quindi collettivo che è stato da tempo assunto a proprio carico dai cacciatori. Nei vari passaggi legislativi sopra accennati, alcuni dei quali di notevole entità, dalla legislazione austriaca a quella italiana e da quest’ultima dove la fauna era “res nullius” all’acquisizione di status di patrimonio indisponibile, il ruolo dei cacciatori nelle riserve comunali rimane legato o meglio ancorato nel substrato culturale come un ruolo importante. Ma anche nell’assetto politico amministrativo attuale vi sono aspetti significativi di connessione tra i cacciatori e la comunità. È poi bene ricordare che oggi l’attività venatoria non è il solo cacciare o abbattere la fauna ma la gestione faunistica attraverso una complessa gestione venatoria. Per esemplificare il lavoro dei cacciatori in molte riser- CACCIA TIRO DIFESA ve alpine si è concretizzato con giornate svolte dai cacciatori al di fuori dell’attività venatoria che spaziano dai censimenti, ai miglioramenti ambientali, alle attività sociali e culturali oltre che beneficenza. È in questa attività e modo nuovo di essere cacciatore nel terzo millennio che si evidenziano due fondamentali aspetti della caccia storicamente definita come attività aggregante e socializzante e come un’attività che gratifica perché una volta socialmente apprezzata ed ambita. Mentre una volta l’attività venatoria era di per sé un’attività di gruppo nelle battute e all’interno del gruppo si definivano spontaneamente i vari leader e le capacità o incapacità venivano ammortizzate nel gruppo, con la cosiddetta “caccia di selezione”, è prevalsa l’attività individuale, competitiva. Ecco quindi che solo un’attività finalizzata ad un interesse generale della Riserva è di per sé un collante, un momento di incontro e di condivisione nei censimenti, nei miglioramenti ambientali, nelle attività sociali e culturali. Nello stesso tempo queste attività portate avanti anche con altre associazioni locali o nell’interesse e per opere o infrastrutture di interesse locale più ampio di quello venatorio risaltano la consapevolezza e l’orgoglio di fare parte di una compagine apprezzata almeno a livello locale, perlomeno per queste attività. Sono tantissime le baite, le casere ristrutturate e la cui manutenzione è a carico dei cacciatori, senza contare i sentieri, le sorgenti, le pozze, gli sfalci ecc... In alcuni paesi si sente ancora riferirsi con termini positivi e riconoscenti ai cacciatori per la conoscenza e l’amore per il territorio e anche in caso di emergenze Un sogno di leggerezza made in Swiss dal cal 243 winch al 300 R.U.M. con soli kg 2.800 ottica esclusa Chiuso il Lunedì Tel. +39.0438.60871 - Fax +39.0438.455882 via Manin, 49 - 31015 Conegliano (TV) - www.armeriaregina.it PAGINA 9 Lo sfalcio faunistiche, animali feriti o in difficoltà, viene spontaneo per i paesani rivolgersi ai cacciatori. È questo un processo iniziato e che va caldeggiato sia con adeguate promozioni che con pubblicizzazione, di cui i singoli devono però prendere piena consapevolezza e maturità nell’agire però ciò non è sempre sufficiente. Tutte le azioni dei cacciatori devono essere ispirate da un alto profilo etico, sia individuale che di gruppo. Non si tratta di non commettere errori a cui ne conseguono per altro infrazioni derivanti da numerose leggi e regolamenti di caccia, la caccia è un’attività passionale e come tutte le passioni possono portare ad intemperanze, ad errori di valutazione, ma deve essere chiaro a tutti il confine tra lecito e illecito, tra ciò che è corretto e ciò che è scorretto. Solo così potremo acquisire il rispetto di chi ci osserva anche con occhio critico se non malevolo e soprattutto non ci conosce. Altrettanto necessario è però che questa evoluzione sia supportata e accompagnata, da una normativa pubblica adeguata. Non sono necessarie ulteriori regole e discipline che nell’ottica di responsabilità dell’autogestione competono al gestore, ma di elementi atti a rinforzare il ruolo pubblico nella gestione. Si cita ad esempio alcuni provvedimenti: il risarcimento obbligatorio dei capi illegalmente abbattuti, l’obbligatorietà e la penalizzazione per la mancata partecipazione alle attività gestionali e una loro disciplina nell’ambito del volontariato, i costi differenziati delle licenze… Ai fini di una completa interazione con il territorio, anche se non prevista attualmente, sarà necessaria una compartecipazione e condivisione delle strategie e pianificazioni faunistiche con altre forze locali che vivono sul territorio il mondo contadino, forestale e del turismo. L’attuale rimando del dibattito sull’esame dei contenuti di tale attività in sede provinciale o regionale dove sono presenti le varie componenti sociali si evidenzia spesso come uno sterile confronto ideologico invece di una reale ricerca di soluzioni nei contenuti derivanti dalla reale conoscenza territoriale e dai problemi che solo a livello locale possono essere noti e come accennato in premessa storicamente affrontati e risolti. Va quindi imboccata una via che deriva da radici profonde e ben salde nel tessuto sociale e già in alcune riserve virtuose i risultati ottenuti sono brillanti. Si tratta di acquisire una consapevolezza ed una conoscenza individuale e collettiva per essere cacciatori con l’orgoglio del proprio ruolo difficile e complicato nell’ambiente attuale ma soprattutto basato sull’amore che lega ognuno di noi al proprio territorio. PAGINA 10 Caccia 2000 Dicembre 2011 Passeggiando nel bosco: UVA URSINA “Arctostaphylos uva-ursi” – Ericacee Tratto da: “Guarire con le erbe” - Fratelli Melita Editore DESCRIZIONE: Piccolo arbusto sempreverde dotato di fusti sradicati. Ha foglie appena spicciolate, spesse, di consistenza coriacea, forma ovale e di color verde lucente sulla pagina superiore. I fiori sono di color rosato riuniti in grappolini terminali. La fioritura avviene in primavera inizio estate. I frutti sono delle bacche rotondeggianti, grosse come un pisellino, rosse a maturazione. La pianta può raggiungere i 30 cm di altezza. HABITAT: Cespuglio che si incontra con una certa frequenza sulle Alpi e sugli Appennini, soprattutto nelle radure boscose, sui pascoli asciutti e rocciosi, sulle rupi, consociata ad eriche e ginepri, nei luoghi solatii, fin oltre i 2000 metri d’altezza. RACCOLTA: Si utilizzano le foglie essiccate all’aria e al sole. ATTENZIONE!!! Prima di utilizzare qualsiasi pianta medicinale, si leggano attentamente le eventuali avvertenze contenute nella loro trattazione. Un loro cattivo impiego può causare seri inconvenienti. Talune piante, o loro parti o sostanze da esse ricavate, possono essere addirittura tossiche o velenose. In ogni caso nell’ incertezza si ricorra al consiglio di una persona qualificata. Piccolo arbusto sempreverde delle zone montane, forma sul terreno verdi tappeti dai quali in autunno risaltano le rosse bacche dalla consistenza farinosa e dal sapore leggermente amarognolo e aspro. Le proprietà dell’uva ursina sono soprattutto diuretiche e quindi la pianta si rende utile nei casi di affezioni all’apparato urinario tanto da essere considerata un buon rimedio per quanti soffrono di nefriti e cistiti. Per questi scopi si utilizza il decotto preparato bollendo 20 g. di foglie essiccate in 1 lt. d’acqua per 5 minuti. Si lascia riposare per 10 minuti, si filtra e se ne consumano 2 mezze tazze al giorno prese lontano dai pasti. Contro le prostatiti si utilizza ugualmente il decotto preparato ponendo a bollire per 7-8 minuti 10 g. di foglie essiccate in ½ litro d’acqua. Quindi si lascia riposare per 10 minuti, si filtra e se ne consumano 2-3 tazzine al giorno prese lontano dai pasti. Per tutte le affezioni delle vie urinarie in genere si può usare 1 decotto preparato con 20 g. di foglie essiccate di uva ursina e 20 g. di gramigna. Si fa bollire in tutto per 6-7 minuti in 1 lt. d’acqua, si filtra e se ne consumano 2 tazzine al giorno prese lontano dai pasti. ALTRI USI L’uva ursina non trova impiego in cucina. Industrialmente le foglie servono per tingere pelli e tessuti. In campo cosmetico il decotto di 20 g. di foglie essiccate fatte sbollentare per un paio di minuti in 1 litro d’acqua serve per detergere le pelli grasse ed eliminare i punti neri. L’aggettivo ursina è stato attribuito a questo arbusto decorativo a causa delle rosse bacche che l’adornano. Esse, infatti, sarebbero assai appetite dagli orsi, ma anche gli uccelli sono attratti dal loro colore e se ne cibano volentieri al contrario degli uomini che le trovano di sapore insignificante e amarognolo. La stessa consistenza farinosa, non è certo un invito a consumarle. LE SIGLE E L’OTTICA… a cura di dott. Corrà Francesco HD, ED, APO, FL…ognuno applica, adatta o addirittura inventa la propria sigla per dare enfasi alla qualità ottica del proprio prodotto, buono, ottimo o persino mediocre che possa essere. La legge permette di scrivere vicino al nome del modello più o meno ciò che si vuole, con gran confusione per i cacciatori. Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza. Che confusione per i cacciatori, decidere sfogliando un catalogo se sia più performante lo straordinario binocolo HD di tizio, o l’imperdibile APO di caio, per non parlare del mirabolante FL di sempronio…Adesso la Swarovski ha coniato pure la novità “Swarovision”… Uso (talvolta abuso) di sigle che avviene perché nessuna legge proibisce a chi produce perfino cineseria di utilizzare a piacere abbreviazioni di superlativi che niente hanno a che fare con la reale qualità del prodotto cui vengono affibbiati. È lo stesso problema che si trova davanti chi vuole acquistare un’ottica con trattamenti antiriflesso per massimizzare la trasmissione di luce e vede che sulla confezione del binocolo da 30 euro (che avrà forse 2 rivestimenti sulle lenti esterne e una trasmissione di luce poco sopra il 50%) c’è scritto “fully coated – interamente rivestito” come su quella della super ottica che di rivestimenti ne ha oltre 80 e di luce all’occhio ne porta il 90%. Lasciamo perdere comunque l’atteggiamento malandrino di chi affibbia sigle nobili a prodotti infimi, poiché per fortuna ci sono altri mille indizi che fanno capire al cacciatore il reale livello qualitativo di questi oggetti. Tralascio anche il caso dell’uso massiccio di dette sigle anche da parte di chi produce ottiche di fascia media, che costano diverse centinaia di euro, anche se qui l’inganno è più grave in quanto meno immediato da smascherare. Vorrei qui concentrarmi sul significato pratico dell’uso di tecnologie speciali di alta definizione applicate alle lenti degli strumenti ottici da caccia di alta qualità, per fare chiarezza e mettere i cacciatori nelle condizioni di decidere se e quando vale la pena di pagare la differenza. Innanzitutto c’è chi intende alta definizione come miglioramento della trasmissione di luce, che si ottiene utilizzando vetro alla fluorite (di qui la sigla FL), una sostanza che porta miglioramenti e una leggera dominante gialla nell’immagine, associata ad una maggiore debolezza strutturale del vetro, tale per cui è sconsigliabile sottoporre gli strumenti ottici costruiti con massiccio uso di fluorite a repentini sbalzi di calore. La sigla APO, invece, indica in fotografia l’uso di lenti apocromatiche, che hanno l’effetto di ridurre l’aberrazione cromatica, responsabile di quelle ombreggiature che si notano ai bordi degli oggetti che si osservano, e che alla sera soprattutto rendono più difficile a caccia distinguere la sagoma di un animale dallo sfondo. In realtà nell’ottica da osservazione questa sigla è usata con un po’ di indulgenza verso risultati che rispetto alla fotografia sono innegabili, ma solo parziali. Sempre parlando di prodotti di alta qualità, c’è chi usa la sigla HD (high definition, ovvero alta definizione), per identificare semplicemente il prodotto al top della gamma, magari con un occhio furbescamente orientato a mettere un po’ di confusione nella testa dei consumatori. HD a casa Swarovski significa utilizzo moderato della fluorite e soprattutto levigatezza delle lenti con tolleranze infinitesime. Sui lunghi significa oltre 500 euro di differenza rispetto ai corrispondenti modelli non HD; sui cannocchiali da puntamento, dove questa tecnologia è stata appena introdotta nella serie Z6 ad alti ingrandimenti, non esistendo un prodotto in versione sia HD che non HD è impossibile quantificare l’impatto sul costo, ma si notano i circa 400 euro in più che gli Z6 HD richiedono rispetto ai modelli Z6 ad ingrandimenti più bassi, che usano le solite lenti Swarovski. Posto che la fluorite, peraltro usata in quantità che non pregiudicano la robustezza del vetro né la fedeltà alla neutralità dei colori, porta i suoi benefici di cui abbiamo parlato sopra, è in realtà la pulizia della lente fino a cento volte maggiore rispetto ai già superperformanti modelli normali a fare la differenza. Chi osserva distrattamente un animale attraverso due lunghi uguali, uno HD e uno no, in condizioni di luce normale percepisce difficilmente la differenza. Differenza che emerge in modo importante se si osservano invece due foto fatte in digiscoping con gli stessi lunghi, più o meno come ha detto Riccardo Camusso, campione italiano di digiscoping l’anno scorso: “le foto fatte col lungo normale sono bellissime, finchè non si prova a farle col lungo HD”. Differenza invece che trionfa se si valutano dettagli più microscopici, come sesso ed età dei camosci di un branco a distanze lunghe, o se la luce esterna comincia a diminuire prima della notte. Secondo test fatti nei laboratori dell’azienda austriaca del falchetto, le lenti HD infatti riducono l’aberrazione cromatica nei lunghi dalle due alle quattro volte rispetto a quanto facciano gli altri sistemi usati dai produttori di alta qualità. L’immagine che ne deriva appare come scolpita ai bordi delle sagome che la compongono, con ovvi benefici per chi col lungo deve valutare un animale o anche trovare un foro in un cartello di carta a lunga distanza. Nei cannocchiali da puntamento questo risultato è ancora più eclatante, anche perché rappresenta una novità assoluta dopo anni in cui la performance ottica degli strumenti di alta qualità non conosceva miglioramenti significativi. Al crepuscolo inoltrato la differenza appare immediatamente anche ai meno esperti, grazie alla eliminazione quasi totale dell’aberrazione cromatica si riescono a distinguere gli animali dallo sfondo in fase di mira quando con qualsiasi altro cannocchiale l’immagine è ormai fusa in un tutt’uno indecifrabile ormai da diversi minuti. Questo concetto di HD è anche quello utilizzato nel nuovo binocolo EL 42 Swarovision, dove Swarovision è la parola coniata dalla Swarovski per fondere la tecnologia Swarovski HD e il sistema di lenti cosiddette “field flattener”, che eliminano per la prima volta in un binocolo qualsiasi distorsione ai bordi del campo visivo. Questo binocolo, raffrontato con qualsiasi altro, mostra chiaramente come la pupilla umana possa utilizzare finalmente tutto lo spazio utile all’interno del binocolo per osservare, ottenendo una sensazione di piacere di osservazione ed efficacia FOTO ATM STM: I lunghi HD da 65 e 80mm di obiettivo della Swarovski: grazie al corpo in magnesio pesano fino crepuscolare senza 300 grammi in meno degli altri lunghi di fascia alta in precedenti. commercio. Weidmannsheil! PAGINA 11 PAGINA 12 Caccia 2000 Dicembre 2011 LA BALISTICA Le Chiusure 2ªParte a cura di Nani Cadorin L’altro elemento comune a tutte le soluzioni derivate dall’idea di un cilindro scorrevole è il percussore, che scorre in un foro che attraversa tutto il cilindro. Anche qui le varianti non mancano: in alcuni casi il percussore agisce sotto la spinta di una molla, in altri a fornire l’energia necessaria è un cane, interno od esterno all’arma, che agisce contro l’estremità posteriore del percussore. In entrambi i sistemi l’armamento del cane o del percussore a molla avviene come conseguenza del movimento all’indietro dell’otturatore, che espelle il bossolo sparato. Il primo perfezionamento permesso dall’otturatore scorrevole longitudinalmente fu l’introduzione dell’alimentazione automatica delle cartucce. L’estrattore aveva risolto il problema di espellere il bossolo sparato: venero studiati sistemi per fare in modo che l’otturatore, ritornando in posizione di chiusura, spingesse una cartuccia nella camera di scoppio. Furono adottate diverse soluzioni: la più antica, che risale circa al 1860, consisteva in un serbatoio cilindrico posto sotto la canna del fucile, che conteneva una fila di cartucce una dietro l’altra; una molla spingeva le cartucce verso la posizione posta sotto la corsa dell’otturatore, dove un congegno presentava la cartuccia davanti alla faccia anteriore dell’otturatore dopo che il bossolo sparato era stato espulso; l’otturatore, nella sua corsa verso la camera di scoppio, poteva così introdurvi la cartuccia. Il sistema era valido, tanto da sopravvivere sino ad oggi in armi da caccia, sia a canna liscia che rigata, sia semiautomatiche che a ripetizione; il caricamento delle cartucce nel serbatoio era però troppo lento per le armi militari, e così circa trent’anni dopo furono studiati sistemi con le cartucce affiancate una all’altra, in cui il caricamento fosse reso più veloce inserendo più cartucce con l’aiuto di una piastrina in lamiera sagomata opportunamente; un sistema a molla provvedeva poi a far salire le cartucce verso l’otturatore, mano a mano che venivano consumate. Le piastrine potevano restare a contenere le cartucce nell’arma, come nel sistema ideato da Mannlicher, (e in questo caso prendevano il nome di “caricatori”) oppure servire solo per facilitare l’introduzione di una serie di cartucce nell’arma, dove esisteva un alloggiamento sagomato che consentiva l’alimentazione una cartuccia alla volta, come nel sistema inventato da Mauser. Entrambi i sistemi, debitamente adattati ai vari tipi di arma, sopravvivono ancora ai giorni nostri, insieme ad un altro sistema, che però ebbe un successo limitato a pochi tipi di armi rigate da caccia, consistente in un serbatoio, a volte staccabile dall’arma, in cui le cartucce sono disposte dentro un alimentatore rotante, che le presenta una ad una davanti all’otturatore. L’idea del serbatoio staccabile, ed ovviamente sostituibile con un altro, piacque per gli usi militari, dato che rendeva più veloce il caricamento, e permetteva di trasportare più caricatori già pieni, ed inserirli uno dopo l’altro in pochi istanti; ma piacque anche per armi da caccia, dato che consentiva di trasportare il serbatoio pieno separatamente dall’arma, potendolo però inserire velocemente al momento dell’uso, o addirittura avere a disposizione diversi caricatori con differenti tipi di munizionamento per le diverse necessità. Inoltre la costruzione dell’arma era semplificata: non occorreva più inserire nell’arma il meccanismo di alimentazione delle cartucce davanti all’otturatore, ma solo prevedere una apertura dove inserire il caricatore ed un semplice gancio per bloccarlo in posizione. L’evoluzione che si era così determinata dopo l’introduzione dei bossoli metallici aveva reso molto più veloce l’operazione di ricarica dei fucili: era però sempre richiesta un’operazione manuale, che richiedeva al tiratore di variare l’impugnatura dell’arma ed era la principale causa che determinava la cadenza di tiro piuttosto lenta. Il sogno sia dei militari che dei cacciatori era un fucile che sparasse un colpo alla semplice pressione del grilletto, ed in successione più rapida possibile. Se si escludeva l’intervento del tiratore, le uniche fonti di energia disponibili erano la pressione dei gas e l’energia di rinculo. Questa fu la prima ad essere presa in considerazione, con l’introduzione delle armi cosiddette “a lungo rinculo”: tipico l’automatico inventato da Moses Browning (fig. 1) dove l’otturatore è bloccato alla canna tramite una leva oscillante che si impe- gna nella cavità di una lunga appendice della canna stessa: al momento dello sparo tutto il sistema canna-otturatore rincula per una lunghezza superiore alla lunghezza della cartuccia. Alla fine della corsa all’indietro, la leva oscillante libera la canna dall’otturatore, che resta bloccato nella posizione più arretrata e trattiene il bossolo con sè mentre la canna è libera di tornare nella posizione di riposo, spinta da una propria molla. Alla fine della corsa di ritorno della canna, il bossolo viene espulso e simultaneamente un elevatore, che ha prelevato una cartuccia da un serbatoio tubolare posto sotto la canna, la presenta davanti all’otturatore. A questo punto l’otturatore viene liberato e può tornare in chiusura. Il percussore, che è alloggiato con la sua molla dentro l’otturatore, resta armato e pronto per un nuovo sparo ed un nuovo ciclo. Il sistema, robusto e poco sensibile alla sporcizia ed ai residui dello sparo, piacque e restò per lungo tempo la base per gli automatici da caccia. Aveva poi inoltre il vantaggio di rendere meno violento il rinculo percepito dal tiratore, dato che esso non veniva scaricato sulla spalla direttamente, ma tramite la molla che riportava in posizione la canna e quella che riportava in posizione l’otturatore. Completava il tutto un sistema regolabile ad attrito che frenava la corsa indietro del gruppo canna-otturatore, in modo di adattare il sistema alle varie cariche più o meno potenti. Le uniche limitazioni erano la capacità limitata del serbatoio tubolare sotto la canna, ed il suo riempimento piuttosto lento: difetto fondamentale per i militari, e che spinse allo studio di sistemi che permettessero l’uso di caricatori, mobili o fissi sull’arma, che rendessero più veloce il caricamento. In pratica, si trattava di trovare il modo di ripetere il procedimento che il tiratore faceva manualmente sui fucili militari già in uso. Il primo sistema sperimentato fu chiamato “a corto rinculo”: il rinculo faceva arretrare per un breve tratto canna e otturatore insieme; poi la canna si arrestava in questa nuova posizione, e l’otturatore, che nel frattempo si era sbloccato, continuava per inerzia la sua corsa all’indietro, comprimendo la molla di recupero ed estraendo ed espellendo il bossolo sparato; l’otturatore, esaurita la sua corsa, tornava in avanti prelevando una cartuccia dal caricatore, la spingeva nella camera di scoppio e arrivato al contatto con la canna, si bloccava in chiusura e insieme con la canna tornava avanti sino alla posizione iniziale, pronto per un nuovo sparo. Il sistema non trovò particolare accoglienza tra i fucili da caccia; trovò però applicazione nell’armamento militare e Fig.2 Chiusura a recupero di gas: si notano il cilindro di presa gas e l’asta di comando dell’otturatore, avvolta dalla molla di recupero 13 PAGINA Fig.1 Chiusura Browning a lungo rinculo di canna. Si nota la grossa molla di richiamo della canna avvolta intorno al serbatoio tubolare e la finestra sull’estensione della canna dove si inserisce il blocco oscillante che ferma in chiusura l’otturatore durante lo sparo sopratutto nelle pistole. Si può dire che tutte le pistole che sparano munizioni di potenza rilevante funzionino secondo questo principio, realizzato con meccanismi più o meno complicati. Successivamente si pensò di utilizzare la pressione dei gas nella canna per azionare gli automatismi dell’arma. Il concetto era abbastanza semplice: con un foro praticato sul fianco della canna prelevare parte dei gas in pressione, ed azionare un pistone (fig. 2) che sbloccasse l’otturatore e gli facesse fare la corsa all’indietro, contro la spinta di una molla di recupero, in modo da poter espellere il bossolo; l’otturatore poi tornando in avanti avrebbe prelevato una cartuccia, l’avrebbe camerata e si sarebbe tornato a bloccare in chiusura. L’otturatore stesso poi, con la sua corsa all’indietro, avrebbe armato il percussore. Il sistema prese il nome “a recupero di gas”. Pensando ad un otturatore rotante con bloccaggio ad alette nella sua parte anteriore, il sistema sembrò abbastanza facile da realizzare: si trattava di avere un pistone, azionato dai gas prelevati da un foro di presa sul lato della canna durante lo sparo, che scorrendo verso l’indietro facesse prima ruotare e poi arretrare l’otturatore. Ovviamente l’apertura dell’otturatore non doveva avvenire prima che il proiettile fosse uscito dalla canna e la pressione del gas fosse calata: questo richiedeva un delicato equilibrio tra la distanza del foro dalla bocca dell’arma, il diametro del foro, il dimensionamento ed il peso del pistone. Le soluzioni furono diverse, con pistoni posizionati sopra o sotto la canna, fori a distanze più o meno grandi dalla bocca dell’arma; si introdussero anche dei sistemi per variare l’azione dei gas sul pistone, per adattare l’arma all’uso di cartucce diversamente caricate. Restarono però i problemi legati al deposito di prodotti della combustione nel sistema di ricupero del gas e alla variazione dei tempi di sblocco dell’otturatore a seconda della maggiore o minore potenza delle cariche, infatti una carica troppo debole non avrebbe consentito un ciclo completo, mentre una carica eccessiva avrebbe provocato uno sblocco prematuro dell’otturatore, con possibile strappo del fondello del bossolo. Per ridurre il pericolo, alcuni costruttori praticarono una rigatura diritta e parallela all’asse della canna sulla parete della camera di scoppio, allo scopo di ridurre l’attrito del bossolo contro la parete in caso di apertura prematura ed evitare così lo strappo del fondello. Questo sistema, nelle sue molteplici varianti, nacque nella prima metà del secolo scorso, si sviluppò nella seconda metà, ed ancora oggi è adottato su molti modelli sia ad anima liscia che rigata. PAGINA 14 Caccia 2000 Dicembre 2011 Valori paesaggistici, naturalità e biodiversità (il bello e il raro) Dopo aver trattato, nelle precedenti puntate, delle finalità della Rete Natura 2000 e della pianificazione territoriale, l’obiettivo è quello di concludere queste note informative cercando di far capire le differenze e le analogie tra valori naturalistici e valori paesaggistici. Il concetto discriminante, ancora una volta, diventa la biodiversità, intesa non solo a livello quantitativo, cioè come numero di specie (o di comunità) presenti in un determinato territorio, ma a livello qualitativo. Ci si può spiegare con un altro esempio. Un collezionista di quadri potrebbe averne molti, ma di valore medio o scadente. Solo un esperto d’arte può stimare questo patrimonio e confrontarlo con quello di un altro che pur avendone molti di meno, ne possiede uno, o pochi, di alta qualità. Anche la Natura può essere letta e interpretata in questo modo. Non sempre alla quantità corrisponde la qualità. Chi ama la natura potrebbe essere attratto da criteri di ordine estetico e paesaggistico, certamente importanti, essendo espressione di un sentimento, di un’emozione, in altri termini del bello. Ma per un vero “naturalista”, questo criterio, pur apprezzabile, non è sufficiente. Egli ricerca e dà più valore a ciò che non è comune o frequente, meglio se è raro, e acquista maggior valore se è unico. Di qui il fascino delle specie cosiddette endemiche, cioè quelle che vivono esclusivamente in un determinato territorio, più o meno ristretto. Anche altre specie, vegetali o animali, Val delle Grave, sulla destra idrografica della Val Canzoi. Un paesaggio in evoluzione, generato dal lavoro dell’uomo nei secoli e che oggi vede prevalere l’azione dei fattori naturali. a cura di Cesare Lasen acquistano valore tanto più sono rare, almeno a livello locale se non in assoluto. Ma c’è un ulteriore criterio da imparare a valutare per un appassionato della natura. L’emozione e la carica spirituale che può fornire un ambiente che esprime elevata naturalità, meglio ancora se selvaggio o vergine, è davvero impagabile. Premesso che non è facile entrare nelle emozioni individuali di ciascuno e che non si possono, quindi, omologare dei criteri assoluti, esistono dei riferimenti che ci possono aiutare a interpretare il valore di un territorio, di un sito, di un biotopo. Il paesaggio (il gusto del bello) Fin dalla nostra infanzia, specialmente nelle comunità di origine prevalentemente rurale, siamo stati abituati a vedere prati, campi, boschi, siepi, con montagne sullo sfondo. Con la vallata disseminata di paesi e piccole frazioni, abbiamo scolpito nel cuore e nella mente uno scenario al quale siamo più o meno affezionati. Questo è, appunto, il paesaggio, fatto di elementi naturali, soprattutto la vegetazione, e di elementi costruiti dall’ingegno umano. I paesaggi che ci circondano possono essere più o meno naturali a seconda di come sono stati modificati nei secoli. Un paesaggio suburbano, ad esempio, è molto più artificiale di quello dei famosi Piani Eterni, o di altre aree di pascolo alpino, che possiamo assumere quali prototipi di elevata, ma non completa, naturalità. Nei nostri monti, infatti, come ben sappiamo, è difficile che esistano luoghi del tutto incontaminati. Soprattutto laddove si vede il bosco, questo è stato raggiunto da qualche scure, e i meravigliosi pascoli sono quasi ovunque il risultato di un lavoro di disboscamento o di contenimento degli arbusti. Per sfatare un mito ancora assai diffuso tra coloro che seguono più la pubblicità che i libri o che non si interrogano su ciò che osservano durante le escursioni, sarà utile ribadire che i paesaggi molto ordinati e ripetitivi (assai apprezzati da molte persone) sono spesso più artificializzati di quelli in apparenza caotici e disordinati. Immaginate una piantagione (ordinata), oppure un ceduo ben curato privo di ramaglie e, in contrapposizione, un lembo di bosco vetusto con tronchi secchi in piedi, ed altri distesi per terra e marcescenti. La maggioranza della nostra gente, probabilmente, preferirebbe la prima immagine e valuterebbe uno spreco e il PAGINA 15 Dalla mugheta di Scarnia, lungo l’alta via n.2, panorama verso il Lago de La Stua, la Val Càsole e i monti di Brendòl. risultato dell’abbandono, quasi un degrado, la seconda. Nulla di più falso, in quanto la naturalità del bosco vetusto è un elemento di straordinario valore e se il bosco è sufficientemente esteso può diventare uno spettacolo per il quale varrebbe la pena pagare il biglietto. Ciò non significa, ovviamente, che un ambiente artificializzato sia peggiore di uno naturale. A livello paesaggistico può essere certamente che si possa preferire una disposizione più ordinata degli elementi costitutivi. In altri termini, si deve osservare che il valore paesaggistico e quello naturalistico sono ben distinti, anche se a volte possono coincidere. Ma a differenza di quello naturalistico, che è oggettivo e per il quale si possono individuare criteri precisi, il valore paesaggistico, inevitabilmente, assume connotati emotivi variabili da persona a persona, anche se il veramente bello, quanto meno a maggioranza (si pensi ad un’opera d’arte) viene comunque percepito come valore importante ed oggettivabile. Sarebbe interessante poter dedicare spazio adeguato ad una lettura paesaggistica del territorio. Una delle discipline che si è più largamente affermata negli ultimi decenni è la cosiddetta “Landscape Ecology”, cioè ecologia del paesaggio. Come si può stimare il valore di un paesaggio? I criteri sono vari e, fatte salve le impressioni suscitate nei singoli, cioè quelle di carattere soggettivo, si possono rammentare: l’armonia complessiva, le tonalità di colore e la loro disposizione o alternanza, l’esistenza di profili e sequenze ordinate, apprezzabili a differenti scale, l’aspetto estetico della sua configurazione, la stabilità o la sua mutevolezza nell’arco delle stagioni, la sua rarità (se è molto comune o frequente può valere di meno rispetto a un tipo raro e originale), il suo valore storico (se è più o meno radicato nella memoria) o culturale (se è stato oggetto di descrizioni celebri, citato in letteratura, rappresentato in dipinti, ecc.). In ogni caso i paesaggi, anche quelli a componente naturale elevata, sono soggetti a modificazioni che possono essere stagionali, oppure semplici fluttuazioni, oppure interpretabili come stadi successionali di una serie (ad esempio una frana o colata lavica che lentamente si consolida, ovvero la ricostituzione, più o meno graduale, di una vegetazione arborea dopo una tromba d’aria o un’inondazione). Ci possono essere fenomeni rapidi osservabili in pochi anni, oppure più lenti (ad esempio il progressivo interrimento di un lago o di una depressione). Tutto ciò presuppone una capacità importante nella lettura di un territorio. Di solito ci si accontenta della dimensione spaziale, cioè di quello che osserviamo al tempo presente. Cosa dire se osservando, ad esempio le Pale di San Martino dal crinale delle Vette, si tornasse indietro nel tempo, di oltre 200-250 milioni di anni, quando quelle erano scogliere coralline in un mare caldo, limpido e poco profondo? Ma le successioni dei tempi geologici sono fuori dalla portata della nostra immaginazione ed è necessario uno sforzo culturale, possibile dopo aver letto e studiato, per poter interpretare gli antichi scenari. Potremmo pensare alla situazione di circa 12000 anni fa quando il Piave, in quella che attualmente è la cosiddetta Valbelluna, era in realtà un ghiacciaio alto fino a circa 800 metri e le cui tracce, sotto forma di residui morenici, sono ancora oggi ben documentabili. Ad Arson, frazione in cui abito, a circa 600 m di quota, osserviamo muretti e case costruiti con il “Sass Ruiž”, cioè blocchi di porfido che sono stati depositati dal ghiacciaio del torrente Cordevole, durante la fase di ritiro. Gli esempi sarebbero davvero molto numerosi, ma lasciamo ai geologi e ai geomorfologi il compito di raccontarci queste vicende, comunque stimolanti e utilissime per mettere in evidenza la dimensione temporale, che spesso dimentichiamo. Dicembre 2011 PAGINA 16 Caccia 2000 Il bosco di Scarnia, con esemplari schiantati e legno morto, sta rinaturalizzandosi e può essere considerato prossimo-vetusto Ma non serve tornare indietro di milioni o di migliaia di anni per riscontrare cambiamenti straordinari. È sufficiente l’ultimo mezzo secolo per verificare come il paesaggio stia modificandosi, vuoi per effetto dell’intervento umano, vuoi per dinamismo naturale innescato dai cosiddetti e giustamente temuti cambiamenti climatici. La naturalità Tornando alle differenze tra il valore paesaggistico e quello naturalistico è necessario, anzitutto, proporre una definizione di naturalità che ci aiuti a percepirne il valore. Qualunque tipo di ambiente che non abbia mai subito influenza antropica esprime il massimo della naturalità. Un ghiacciaio, una cima montuosa inviolata, uno scoglio marino inaccessibile (sul quale, magari, nidificano migliaia di uccelli), una foresta primigenia impenetrabile, o un deserto completamente inospitale, rappresentano degli estremi di valore assoluto, nel complesso facili per tutti da percepire come tali. Nella grande maggioranza dei tipi di ambienti in cui noi viviamo e che frequentiamo (vale per il cacciatore come per il naturalista o il semplice escursionista della domenica), come facciamo a riconoscere gli elementi di naturalità da quelli che, invece, indicano una presenza umana che può aver avuto effetti positivi (basti pensare ai prati), ma anche negativi (generatori di degrado, in tal caso si utilizza il termine: disturbo antropico)? La principale chiave di lettura, non v’è dubbio, è la vegetazione. Senza dover pensare a situazioni e climi che risalgono a migliaia di anni (e che pure una loro influenza hanno lasciato), è necessario saper riconoscere quale sarebbe la vegetazione potenziale che, in assenza di disturbi ed interventi antropici, caratterizza un determinato luogo. Nella totalità dei casi, in provincia di Belluno, considerata la piovosità media ed altri elementi climatici, la vegetazione potenziale è rappresentata da formazioni arboree di tipo forestale. Se ipotizziamo di partire dal capoluogo, Belluno, e di raggiungere i 2565 m della cima della Schiara, possiamo tranquillamente pensare che in assenza di intervento umano, ed escludendo le discontinuità determinate dall’articolazione orografica e dalla topografia di dettaglio (questo il bello della varietà che osserviamo in montagna!) potremmo osservare: - Un bosco di fondovalle rappresentato da latifoglie miste con carpino bianco e querce (frassini e ontani in stazioni più umide). - Un bosco submontano di versante, sempre di latifoglie decidue, con ancora delle querce (rovere e roverella piuttosto di farnia), carpino bianco, carpino nero, orniello, ecc. I boschi di forra con frassini, aceri, olmi e tasso sono di tipo azonale, cioè indipendenti dalla quota e condizionati dall’acclività dei pendii rupestri. - Un bosco montano, da circa 600-800 metri fino a 1600-1700 m, in cui il faggio è padrone assoluto, eventualmente accompagnato da abete bianco e aceri in stazioni più fresche e riparate. Maggenghi, radure e aree con vegetazione erbacea sono il risultato di secoli di lavoro umano. - Nella fascia boreale, orizzonte subalpino, pur essendo più ricco di conifere, raramente riuscirebbe, nei versanti a sud, ad affermarsi il bosco di abete rosso, che invece sarebbe prevalente, anche a quote inferiori, nei versanti interni, e sempre di più procedendo verso nord in zone a clima più continentale (o meno oceanico). Dopo la faggeta, quindi, a parte nuclei di larice, condizionati dal tipo di suolo, si osserva già la fascia degli arbusti contorti, con pino mugo, soprattutto, e poi rododendri, ginepro nano, con salici e ontani su versanti più freschi, solcati da slavine. - Sopra la fascia arbustiva si estendono le praterie primarie, con comunità erbacee (a proposito sono bellissimi gli esempi sul Monte Pelf e su qualche crinale della Schiara, oltre i 2400 metri). Troppo lungo sarebbe descrivere qui i diversi tipi. - La presenza di rocce, detriti e vallette nivali dovrebbe caratterizzare la fascia cacuminale, a contatto con il limite delle nevi perenni. Si potrà subito rilevare che questa successione altitudinale è teorica, ma non solo per effetto degli interventi umani, bensì per le discontinuità originate dalla PAGINA 17 conformazione orografica, dai diversi versanti, dalle pendenze, dal diverso tipo di irraggiamento solare che caratterizza luoghi situati a diverse quote. Si può concludere che un tipo di vegetazione è tanto più naturale quanto più si avvicina alla situazione potenziale, tenuto conto anche degli stadi di colonizzazione (in genere più naturaliformi). Ovviamente una piantagione di abete rosso (se ne osservano molte, purtroppo) in zona dove la vegetazione naturale è quella di querce e carpini, abbassa il valore del sito e, in questo caso, anche del paesaggio. Il valore naturalistico (il fascino del raro) Definito il concetto di “naturalità”, resta da argomentare su come calcolare il “valore naturalistico” di un luogo, di un territorio. Esistono diversi sistemi e criteri, e abbondante bibliografia scientifica in proposito. Proviamo a capirci con delle esemplificazioni, per evitare di essere troppo tecnici. I fattori da prendere in considerazione, in senso positivo, sono: - Presenza di specie rare e minacciate (inserite in liste rosse), a diversi livelli - Presenza di specie endemiche, esclusive o quasi di quel territorio. Anche in questo caso esistono endemiche ristrette (esempio un solo massiccio montuoso o le Dolomiti) ed altre più ampie (ad esempio endemiche delle Alpi orientali o dell’arco alpino). - Presenza di specie situate al limite dell’areale, oppure disgiunte. - Presenza di comunità (biocenosi) rare e più o meno esclusive del territorio - Presenza di tipi di vegetazione extrazonale (ad esempio i boschi termofili con elementi submediterranei sui versanti sud del Monte Telva e del Monte Avena). Si tratta di situazioni in cui la vegetazione, o una specie, hanno carattere relittuale o rifugiale, quindi di rilevante valore biogeografico. - Presenza di alberi monumentali o lembi di bosco vetusto - Completezza e articolazione della struttura fisionomica e della rete alimentare. Tra gli elementi negativi che peggiorano la qualità naturalistica di un sito si possono citare: - La povertà complessiva delle specie presenti - Presenza di specie esotiche, di origine alloctona. - Presenza di comunità antropocore (cioè legate alle attività umane), indicatrici di disturbo. Un esempio sono i consorzi di ortiche e altre specie nitrofile che compaiono in prati o boschi ad elevata naturalità. - Evidenti segni di disturbo antropico (sentieri, manufatti, stadi di degradazione anche dovuti ad abbandono recente). L’elenco completo sarebbe ben più cospicuo, ma i criteri suindicati appaiono sufficienti. Naturalmente i riferimenti alle singole specie valgono sia per le piante che per gli animali. La qualità naturalistica complessiva di un sito, quindi, è in relazione a numerosi fattori. Si può assicurare che, con un po’ di esperienza, chi ama la natura acquisisce la capacità di “percepire” questo “valore”, da indicatori indiretti, anche legati alla sfera emozionale. In particolare chi ama sostare per scovare animali, può tranquillamente scoprire le caratteristiche che favoriscono la presenza di tali animali, se un habitat è più o meno vocato ad ospitarli, se il sito è più o meno “tranquillo”. Imparando a leggere la natura si acquisirà la capacità di interpretare ciò che si osserva nella disposizione spaziale come frutto di una successione temporale. Non dovrebbe esserci dubbio sul fatto che la vera emergenza ambientale, a livello planetario, sia la riduzione delle risorse naturalistiche, associata al consumo di suolo, alla deforestazione, ai possibili disastri innescati dai repentini mutamenti climatici. Credenti o meno, dovremmo riconoscerci nei sempre più pressanti appelli del Pontefice, preoccupato del degrado ambientale e della distruzione della Natura, frutto di egoismo e ingordigia, non di un sano desiderio di sviluppo. A livello locale l’abbandono sta generando un impoverimento della biodiversità che potrebbe essere compensato solo in tempi molto lunghi. Al contrario nelle aree di fondovalle la pressione è in aumento e i residui biotopi umidi, di grande importanza naturalistica, sono sempre più ridotti o in sofferenza, per ulteriore frammentazione. Altra emergenza è correlata all’intensivizzazione delle concimazioni nei sistemi prativi, mentre minori, ma non del tutto trascurabili, sono i danni generati da tipi di pascolamento sempre meno controllati. Ulteriori captazioni idriche, bonifiche e drenaggi, infine, riducono ulteriormente la qualità naturalistica. Dovrebbe essere interesse comune, di tutti i cittadini, mantenere un’elevata qualità del paesaggio e degli habitat naturali e seminaturali. La conoscenza e la consapevolezza sono i presupposti indispensabili. PAGINA 18 Caccia 2000 Dicembre 2011 Ricetta Ravioloni di radicchio rosso di Treviso e fagiano Damiano Dorz Ricetta tratta dal volume “La selvaggina del Veneto nel piatto”, Terra Ferma Edizioni preparazione: 90 minuti cottura: 60 minuti difficoltà: alta Foto di: Cristiano Bulegato Ingredienti per 6 persone pasta all’uovo 1/2 fagiano già pulito 2 grossi cespi di radicchio rosso di Treviso 1 carota 1 cipolla 1 bicchiere di vino bianco secco 1 cucchiaio di besciamella 2,5 dl di olio extravergine d’oliva grana padano burro timo fresco sale In un tegame preparate un soffritto con l’olio, mezza cipolla e la carota tritate. Aggiungetevi il fagiano e fatelo rosolare leggermente, bagnate con il vino bianco e trasferite il tegame in forno a 180° per 40’ fino a cottura completa. • Togliete il tegame dal forno e lasciate riposare, poi spolpate il fagiano e passate la carne al tritatutto assieme ad alcuni cucchiai del sugo di cottura. • Lavate e tagliate a pezzetti il radicchio e fatelo soffriggere in un’ampia padella con dell’olio e la rimanente cipolla tritata; quando si sarà appassito, unite la carne tritata e amalgamate il tutto con la besciamella. • Preparate la pasta. • Con l’apposita macchinetta tirate la sfoglia sottile, ricavate dei fogli quadrati di circa 8 cm di lato e adagiate al centro di ogni quadrato un cucchiaio di farcia. • Unite al centro le estremità del quadrato e sigillatene bene i bordi, precedentemente spennellati con dell’acqua. • Cuocete i ravioloni così ottenuti in una pentola con abbondante acqua salata, scolateli e adagiateli sul piatto. • Cospargeteli di grana padano grattugiato e di timo fresco e conditeli infine con il burro fuso. VINO CONSIGLIATO Piave Raboso Loc. Campagna, 2 - 32027 Taibon Agordino (BL) Tel. 329 1086255 • Fax: 0437 643238 • E-mail: [email protected] MAGGIORE VELOCITÀ IN MIRA PIÙ PRECISIONE DI TIRO CARABINA ARGO COMFORTECH 3 GRANDI TECNOLOGIE, 3 GRANDI VANTAGGI ARGO, CRIO e COMFORTECH®, 3 SISTEMI brevettati uniti nella nuova ARGO COMFORTECH® ARGO: bilanciamento e brandeggio ideale CRIO: assoluta precisione e resistenza all’usura COMFORTECH®: massima riduzione del rinculo e dell’impennamento ARGO COMFORTECH®: personalizzabile sulle esigenze del singolo cacciatore A.C.B. www.benelli.it PAGINA 20 Caccia 2000 Dicembre 2011 Presentato il volume ‘Uomini monti e animali’ foto: Luca Bellus di Alessandra Crosato contenuti del libro. Il volume scaturisce da un’idea nata all’interno della nostra Associazione, un’idea che ha preso forma e si è concretizzata grazie a un ottimo lavoro di squadra con l’Editore Terra Ferma. Durante la presentazione, coordinata dal dottor Pioggia, è intervenuto per primo il Presidente dell’ACB, Sandro Pelli, ricordando non solo le finalità dell’Associazione ma anche come sia nata l’idea di dare forma a un volume di così grande importanza. Il Presidente infatti ha ricordato come siano molti i fotoamatori e le persone in genere che a vario titolo inviano articoli e commenti dando forma così a “CACCIA 2000”, l’organo di informazione che da vent’anni l’ACB sostiene e realizza in proprio. È stato presentato a settembre, all’interno della storica Birerria Pedavena, il bel volume Uomini monti e animali che è stato regalato a tutti i soci dell’ACB. Ospite d’eccezione e relatore della presentazione, il Comandante Regionale del Corpo Forestale dello Stato, Daniele Zovi, che con emozionanti parole è riuscito a riassumere vivacemente i Tavolo con i relatori Ed è dalla constatazione della passione e dell’entusiasmo con cui queste persone ogni mese accolgono la richiesta da parte nostra di nuovi materiali e di nuove idee, che si è profilato il progetto di raccogliere tutto questo in un libro che potesse tramandare più a lungo la bellezza delle immagini e la poesia delle parole. Il progetto è quindi partito nel 2010, con un primo avvicinamento all’editore, Terra Ferma, individuato per l’altissima qualità delle sue pubblicazioni fotografiche. La scelta dei materiali è stata faticosissima, poiché erano moltissimi sia gli scatti fotografici (che a loro volta raffiguravano tantissimi e disparati soggetti non solo faunistici) che i racconti dei collaboratori della nostra rivista. Abbiamo quindi Il volume ha già riscosso un ampio successo sia di pubblico (è stato presentato nuovamente a ottobre durante la Fiera ExpoDolomiti a Longarone, con la partecipazione del Presidente della Fiera Oscar De Bona e del botanico Cesare Lasen) che di critica: numerose sono infatti anche le recensioni uscite nelle riviste specializzate, nei siti di informazione faunistica e nelle testate locali. Ci auguriamo quindi che questo volume venga anche da voi tutti promosso (magari utilizzandolo come gradito dono durante le festività o in altre occasioni) per amplificare lo sforzo che l’ACB ha compiuto per regalare a tutti voi soci una testimonianza del nostro impegno ambientale e culturale. Visione della sala MOLTO IMPORTANTE Nella distribuzione dei libri ai nuovi Soci o Simpatizzanti è stato dato, erroneamente, anche il volume personale del nostro Presidente che conteneva le firme degli Autori (scrittori e fotografi) nonchè alcune dediche personali. Chi lo ha ricevuto (zona Feltrino???) è pregato gentilmente di restituirlo in cambio, ovviamente, di un altro. GRAZIE!!! La Redazione 21 PAGINA deciso insieme all’editore di mescolare le due componenti (quella figurativa e quella scritta), cercando di comporre un libro elegante e ricco di immagini, ma cercando al tempo stesso un filo conduttore che guidasse il lettore: ogni racconto infatti è corredato da immagini “a tema” che arricchiscono e completano il racconto; a loro volta le immagini sono descritte dai racconti e vengono in questo modo quasi “reinterpretate”. PAGINA 22 Caccia 2000 Dicembre 2011 Condivisione Abbiamo ricevuto dalla moglie di un cacciatore questa graditissima lettera ed il suo racconto. Siamo noi che ringraziamo questa gentile Signora per il bel racconto ed anche per la lettera che ci ha inviato. Il nostro giornalino, lo abbiamo scritto più volte, è a disposizione di tutti e speriamo che a questa lettera ne seguano altre. Grazie e complimenti. Gentile Presidente, sono la moglie di un cacciatore di 50 anni che da 35 va a caccia e leggo sempre con piacere la vostra rivista. Amo sempre mio marito anche se la caccia lo tiene spesso lontano da me. Credo di essere una delle poche donne che prova piacere ad uscire qualche volta a caccia, vederne i risvolti e vedere il cane lavorare con la passione che lo accomuna al suo padrone. Ho scritto questo breve racconto solo per esternare un sentimento, con la certezza che un vero cacciatore lo può capire e gli altri magari possono vedere la caccia sotto un altro aspetto. Senza presunzione, mi piacerebbe vederlo pubblicato sul prossimo numero. Lo dedico soprattutto a mio marito che amo da oltre 30 anni. Settembre…comincia l’autunno, il paesaggio si tinge come la tavolozza di un pittore, “le foglie umide brillano, baciate dalla rugiada una ad una”,… …comincia la stagione di caccia! Sono stata figlia di un cacciatore... Ho sposato un cacciatore... Ho passato gran parte della mia vita a sentir parlare di capanni, merli, tordi, allodole, gardene, fagiani, beccacce... Ho imparato con gli anni ad apprezzarne prima il sapore, poi a cucinare e con un pò meno entusiasmo anche a spiumare. Ho passato ore ad aspettare chi non arriva mai a pranzo puntuale perchè, sembra impossibile, ma è proprio così, c’è sempre qualche animale che appare all’ora del rientro... Da settembre a dicembre non ho più un compagno, ma un marito con una sola unica passione... la caccia. Non ho mai particolarmente amato questa passione, ma ho imparato a viverla e pian piano a comprenderla. Capire che non è voglia di uccidere... è... passione,... è…sfida,…è…l’adrenalina che scorre nelle vene al frullio di un’ala, a un profumo, a un canto, a una traccia... ma anche al raggio di sole che filtra tra i rami degli alberi, alla brina che scricchiola sotto gli scarponi, al calpestio dell’autunno e anche alle gocce incessanti di pioggia. Non amo la caccia, ma amo mio marito e con lui il suo modo di cacciare: leale, onesto, pulito... il suo modo di sparare a un fagiano solo se il cane lo ha prima fermato e alzato, il suo modo di sparare agli uccelli solo in volo per dar loro una possibilità... mai sparare a un animale fermo. Sono uscita qualche volta con lui e se devo dire la verità, nonostante il freddo e l’obbligo di silenzio e la posizione da mantenere... è stato un piacere. Ho visto il nostro cane correre, annusare, puntare... aspettare un segnale... e riportare la preda... anche in lui l’istinto, la passione, il buon fiuto... ho visto... non un cane e un uomo... ma due compagni... due compagni uniti dalla stessa passione che condividono complici lo stesso momento di felicità. Ho visto mio marito piangere... come credo di non averlo visto mai… per la morte del cane e questo mi ha fatto veramente capire quell’amore che li univa... ed è a loro che voglio dedicare questa piccola frase di Pablo Neruda: “antica amicizia che si perpetua, la gioia di essere cane e di essere uomo, la gioia di fondersi insieme, un solo animale che cammina muovendo sei zampe e una coda” ... un solo cacciatore. 23 Lo zio Cleto era uno di quei cacciatori di una volta, gran appassionato del cane segugio, ma anche degli uccelli da richiamo che usava nel capanno preparato con cura e dedizione. Ricordo un particolare che allora mi sembrava tanto assurdo: la distanza tra il capanno e la frasca dove sparava agli uccelli, con il calibro 32, veniva misurata con precisione, questo per un abbattimento pulito e per non rovinarli eccessivamente. I richiami venivano accuditi da lui tutto l’anno con molta cura e meticolosità mettendoli in “Muda”; li chiudeva in una stanza al buio per toglierli solo pochi giorni prima di utilizzarli e diceva “così cantano come in primavera”. Ma è con il cane segugio che ricordo i più bei momenti quando, ancora ragazzo, uscivo con lui, mio papà ed Albino. Anche lui gran cacciatore che, purtroppo, raggiunse lo zio più tardi lassù dove tutto è più tranquillo. Mi sembra quasi di sentirli ancora discutere su di chi fosse il cane che scovò quella vecchia lepre; loro erano così, sempre in diverbio. Quando raggiunsi l’età feci la licenza e ricordo ancora le tante raccomandazioni: come portare il fucile e che cartuccie usare (quelle di cartone che portava Federic dalla Svizzera erano le migliori! Anche se ignoro ancora chi sia quest’ultimo!). Il primo periodo di uscite con lui era una forte emozione, infatti quando i cani scovavano la lepre e venivano dalla mia parte sentivo il cuore alla gola per la paura di mancarla e fare brutta figura. Fortunatamente gli eventi si concludevano abbastanza positivamente, e in poco tempo, mi guadagnai una certa fiducia. Lo zio era furbo e, proprio come quelli di una volta, si metteva in una posta, la migliore secondo lui, e diceva sempre: “nà olta ‘i pasea quà” ma quando sentiva la braccata dei cani mi gridava: “corri lassù” , “corri ladò”, “corri la vià” concludendo sempre “ti che te ha le gambe bone!” e io correvo molte volte più di quanto corresse la lepre. Una cosa che mi è rimasta particolarmente impressa PAGINA RICORDO DI UN CACCIATORE dello zio Cleto, nei suoi ultimi anni di caccia, è un incontro tra cacciatori, nel quale non perdeva l’occasione per raccontare alcune delle sue famose barzellette che teneva sempre pronte per fare due risate in compagnia, davanti ad un buon bicchiere di vino disse ai presenti: “Ghe dae 50 mila franchi a chi al me porta a sentìr doi bai onde che ghe nè n’andada del gevero”. Erano infatti i primi anni ‘90 e, per una scorretta gestione, le lepri erano rarissime a differenza dei caprioli che erano numerosi. Ricordo bene, ci sono ancora i dati scritti, che nella nostra riserva furono lanciate in quell’anno più di 80 lepri da ripopolamento e ne furono abbattute soltanto 13 in tutta la stagione. Fortunatamente, grazie ad una corretta gestione, attualmente le lepri nella nostra riserva sono in buon numero. Non so che pagherei per sentire ancora due barzellette dello zio e bere un goccio della sua cornolotta che teneva sempre nel taschino della cacciatora. Ora mi fermo perchè mi prende la malinconia. Ciao zio. S. S. PAGINA 24 Caccia 2000 Dicembre 2011 Tesseramento 2011/2012 1.100 iscritti È un risultato veramente straordinario quello raggiunto con la campagna tesseramenti di quest’anno. L’incremento è stato superiore del 13% portando da 968 a 1100 il numero di iscritti all’A.C.B. È un traguardo prestigioso, scrive il nostro Presidente, che ci gratifica non poco, ma che ci responsabilizza ancora di più per portare nelle sedi opportune le vostre istanze e richieste collettive affinché possano trovare le soluzioni che tutti auspichiamo (corsi di aggiornamento per i Dirigenti, modifiche al regolamento, esami per gli Esperti ecc.). Appena in Provincia sarà ritornato il “sereno” e con le prossime votazioni avremo nuovamente un Presidente ed un Assessore, possibilmente con le altre Associazioni, torneremo alla carica. Intanto ancora un grazie sincero a tutti Voi per la fiducia che ci avete accordato scegliendo l’ A.C.B. socio riserv TESSERA SCONTI a di tesser a n° anno 2 011/12 IL PRES IDENTE Sandro Pelli Dalle informazioni che arrivano in redazione sembra che la tessera-sconti con le Ditte convenzionate abbia riscosso un lusinghiero successo. Qualche Socio, al primo tesseramento, non l’avrà ricevuta. È importante che si rivolga al proprio referente e cercheremo di inviargliela al più presto. Per evitare questi disguidi il prossimo anno l’Associazione ha già deciso di allegarla a Caccia 2000 che verrà spedito in Dicembre così tutti i Soci (anche quelli nuovi) saranno sicuri di riceverla. L’invito che facciamo a tutti è di ricordarsi di averla e di usarla. Spesso la si dimentica e quindi non si usufruisce dello sconto riservato ai Soci dell’A.C.B. CALENDARIO 2012 È in distribuzione, presso il delegato A.C.B. della vostra Riserva, il calendario 2012. Visto il successo delle precedenti edizioni sono rimaste invariate sia le misure che l’impostazione. Certi del vostro gradimento la redazione di caccia 2000 porge a tutti i più cordiali auguri di Buone Feste. 2012 25 PROGRAMMA DEI CORSI 2012 • Cacciatore di ungulati con metodi selettivi abilitato al prelievo di cinghiale, capriolo, daino, cervo, camoscio e muflone 19-24 marzo - 07-12 maggio 18-23 giugno - 19-24 novembre • Cacciatore di ungulati con metodi selettivi specializzato nel prelievo ad accompagnamento al muflone 10-12 aprile • Master alla gestione e conservazione dei galliformi alpini 14-18 maggio • Conduttore di cane da traccia 29 maggio - 1° giugno • Dopo il colpo: dal bosco alla tavola 27-30 giugno • Cacciatore di cinghiale abilitato alla caccia collettiva, conduttore di cane da limiere, cacciatore di ungulati con metodi selettivi specializzato nel prelievo del cinghiale 03-06 settembre • Cacciatore di ungulati con metodi selettivi specializzato nel prelievo ed accompagnamento al camoscio 16-19 luglio • Cacciatore di ungulati con metodi selettivi specializzato nel prelievo ed accompagnamento al cervo 24-27 settembre Per informazioni e/o iscrizioni: Azienda Provinciale Foreste e Demanio, (ref. Giovanna Timpone) via M. Pacher, 13 – 39100 Bolzano tel. 0471/414872-71 - fax 0471/414889 - email: [email protected]. Il calendario dei corsi è consultabile all’indirizzo internet: www.forstschule.it. PAGINA calendario corsi Scuola forestale Latemar PILE PERSONALIZZATO Ci pervengono, da parte di numerosi soci, richieste per procurare un pile personalizzato A.C.B., con tasca frontale per il binocolo sulla falsa riga di quello blu che ha avuto un enorme successo un anno fa. Nell’eventualità di un’ordinazione il colore sarà verde scuro o “marron militare” che, tra l’altro, è attualmente molto di moda. La foto riprodotta è puramente indicativa. Abbiamo già fatto dei sondaggi con alcune fabbriche ed orientativamente il costo al Socio, con un contributo da parte dell’Associazione, varierà dai 30 ai 35 Euro. Per spuntare questo prezzo dobbiamo ordinare 1000 pezzi. Se interessati compilate in maniera chiara con i vostri dati e la taglia il cupon qui sotto riportato e consegnatelo al delegato A.C.B. della Vostra Riserva. Se per marzo 2012 avremo raggiunto una prenotazione di almeno 900 pezzi provvederemo ad effettuare l’ordinazione in modo di poter avere il materiale per l’inizio della stagione venatoria 2012. Caso contrario questa iniziativa potrà essere ripresa più avanti. Socio della Riserva di Taglia (barrare) S M L XL XXL Si impegna ad acquistare 1– 2 pile ad un costo NON superiore ai € 35 cad. Firma XXXL PAGINA 26 Caccia 2000 Dicembre 2011 Poesia Pernici Bianche di C. Betta Un volo improvviso di bianche nella nebbia del mattino: sembra un volo di angeli con candide ali di neve Forse lo sono davvero. Mi piace pensare che i morti della montagna si vestano di soffice piuma per restare lassù tra le morene a beccare il genepì tra le roccie grigie, a celebrare i loro amori sul candido nevaio, a vivere di sole e di gelo lontani dalle tristezze umane a contatto eterno col cielo. 27 PAGINA Notizie dai circoli LIMANA PROVA DI TIRO E TARATURA CARABINE La sera del 28 agosto a Limana in loc. Malga Van si è conclusa la seconda prova di tiro del 2011. Anche in questa occasione c’è stata una buona adesione di cacciatori molti dei quali non vi avevano mai partecipato. Quest’ultimi vedendo il posto e l’organizzazione ci hanno fatto numerosi complimenti che dobbiamo anche alla corretta informazione su questa rivista. Ma sono anche dovuti alla decisione della giunta dell’A.C.B. di scegliere il nostro campo di tiro per dare l’opportunità agli Associati di tarare la propria carabina pertanto, da parte di tutta l’organizzazione, va un caloroso ringraziamento all’Associazione. Tutto ciò ci fa molto piacere e ci dà la forza e la voglia di continuare perchè (chi ha partecipato) ha potuto notare che lo scopo della nostra iniziativa è semplicemente quello di dare l’opportunità ai cacciatori di potersi esercitare al tiro, al maneggio e alla taratura dell’arma senza nessuna competizione, passando alcune ore in compagnia in uno splendido scenario montano. Convinto che la sicurezza sia la priorità nel nostro settore, vi invito a partecipare coinvolgendo anche altri cacciatori a tutte queste iniziative sulla sicurezza perchè aiutano a crescere la preparazione e la cultura di noi cacciatori. Vi ringrazio e arrivederci al prossimo anno. Stefano Segat Nei primi giorni di settembre, ormai in profumo di apertura, ci ha lasciati dopo breve malattia il nostro socio e neo socio ACB Marco Praloran. Sconfortati e commossi ne ricordiamo la figura di uomo e cacciatore gentile, sempre disponibile ad un sorriso o ad un racconto di caccia. Dalle pagine del nostro giornale approffittiamo per rinnovare le condoglianze alla moglie Martina, alla figlia Chiara, alla mamma, al fratello ed ai parenti tutti. Dal direttivo di riserva e dai soci tutti. Imbattibile Marica. Pur sofferente, per un intervento chirurgico molto delicato, appena hai avuto l’OK dai medici hai fatto la tua uscita venatoria accompagnata dal futuro genero Paolo e dal mitico 300 W.M. Ecco i risultati…. dell’uscita che documentiamo molto volentieri. Pensiamo che questo “esemplare” di capriolo, unico e stupendo, susciterà in tutti i cacciatori grande ammirazione, tanti commenti ed anche una… sana invidia. Complimenti da tutti noi. Pre apertura fortunata per i fratelli Enrico e Fabrizio Del Bon accompagnati dall’amico Luca Triches. In un solo minuto abbattevano due cervi fusoni di 62 e 84kg. nel greto del fiume Piave, fermandoli entrambi sul posto, merito anche dell’affidabile Remington 300 W.M. QUERO Anche se un po’ in ritardo la redazione di Caccia 2000 si congratula e porge gli auguri di buon lavoro al nuovo direttivo della Riserva di Quero. A larghissima maggioranza è stato riconfermato alla Presidenza il Sig. Mazzocco Giuliano e nel Consiglio direttivo sono stati eletti i Sigg. Benato Renato, De Girardi Pierpaolo, Schievenin Francesco, Curto Stefano, Mondin Tomas, Benato Luca, Andreazza Enrico. Per quanto riguarda i Revisori dei conti sono stati eletti i Sigg. Dalla Piazza Gianni, Benato Landino e Alba Mirco. Motivo di particolare orgoglio è che tutti gli eletti sono Soci A.C.B. PAGINA 28 Caccia 2000 Dicembre 2011 Notizie dai circoli PEDAVENA Il nostro Socio e Vice-presidente della Riserva di Pedavena ha abbattuto un bel capo di cervo. Eccolo immortalato nella foto con l’ungulato. L’abbattimento è avvenuto in località Col Durik. L’arma usata un basculante Baikal cal. 30-06. Peso dell’animale sviscerato 120 Kg. MEL Bellissimo esemplare di cervo abbattuto dal Socio Burtet Ofre qui in compagnia del figlio Devis, anche lui Socio A.C.B. Il Cervo è stato abbattuto in località VAL D’ARC il 22 Ottobre con carabina cal. 300 W.M. Particolari 13 punte peso 130 Kg. eviscerato. Vivissimi complimenti da tutto il Circolo A.C.B. di Mel e dalla redazione AURONZO I Cacciatori della Riserva di Caccia di Auronzo di Cadore e la redazione di “Caccia 2000” ricordano con simpatia ed affetto Mariosa Francesco, recentemente scomparso, Socio A.C.B. fin dal 1995. Tutti, in modo unanime, porgiamo e rinnoviamo ai suoi Famigliari le più sentite condoglianze per la scomparsa del loro caro. SANTA GIUSTINA Splendido l’abbattimento di un coronato avvenuto nella Riserva di S.Giustina da parte del nostro socio Sacchet Ivo, 70 anni suonati. È un’ulteriore dimostrazione che nella caccia l’età non conta. Ci vuole perseveranza e, qualche volta, anche un po’ di fortuna. Complimenti dalla redazione. Dati: Peso eviscerato Kg. 152 Carabina cal. 7. Ottimo abbattimento effettuato dal nostro Socio Ivan Collavo. Camoscio maschio di 13 anni affetto da cheratocongiuntivite all’occhio sx. La patologia, all’ultimo stadio, ha portato allo scoppio del bulbo oculare. In memoria dell’amico Francesco Mariosa Ottima apertura della caccia per i nostri Soci Maoret della Riserva di Cesio. Da sx. i fratelli Francesco e Mauro ed il papà Italo ALANO DI PIAVE Bel abbattimento di un cinghiale maschio, in località Fobba, da parte del nostro socio Schievenin Massimo. L’animale di circa 8 anni pesava 130 Kg. TRICHIANA Il nostro ex Vice presidente Maurizio Perenzin non si smentisce. Per la seconda volta è riuscito ad abbattere, nella stessa giornata, due bei esemplari di cinghiale. Complimenti! 29 PAGINA CESIOMAGGIORE Il socio della Riserva di Cesiomaggiore Corso Valter festeggia le sue 60 licenze con questo esemplare di cervo maschio prelevato in Loc. Marsiai con la sua fedele Mauser cal. 6,5x57 e con l’infallibile tecnica venatoria che lo distingue... (stratosferico “lato B”) Con orgoglio e affetto i figli Marco e Simone. COMELICO Piccolo di camoscio, abbattuto in data 05 ottobre 2011 nella zona denominata “ GIO’ STORTO” dal socio COSTAN ZOVI GIORDANO accompagnato dal Presidente della Riserva COSTAN DAVARA Diego. Si evidenzia nelle foto la grave menomazione all’arto posteriore destro dell’animale causata probabilmente da una caduta dalle rocce con successiva frattura e calcificazione che impediva al capo di camminare correttamente. Il camoscio eviscerato pesava Kg. 4,5. PAGINA 30 Caccia 2000 Dicembre 2011 Progetto scuole a cura di Elvio Dal Pan Anche nell’anno scolastico in corso è stato presentato da parte dell’A.C.B., in collaborazione con le scuole elementari, il progetto che vede il coinvolgimento di diverse Riserve. Sono oltre cento i bambini delle classi 4° e 5° che a tutt’ora hanno aderito a questa nostra annuale iniziativa che ci vede impegnati sia in classe con filmati sulla natura, che sul territorio con uscite giornaliere alla ricerca di animali e tracce della loro presenza. Il progetto sta crescendo anno dopo anno e sempre di più sono le Insegnanti delle scuole in cui viene annualmente proposto che ci credono e ac- cettano di portarlo avanti insieme ai cacciatori volontari che lo sostengono e che lo attuano. Noi ci crediamo, non solo perché siamo convinti che serva a inserire i bambini in un contesto che non è fatto solo di televisione e videogiochi, ma anche di boschi, animali, natura ed ecosistemi, cosa non sempre scontata al giorno d’oggi, ma anche e soprattutto per far sì che i cacciatori, con le loro risorse e le loro esperienze, possano svolgere un ruolo importante e propositivo all’interno del tessuto sociale per poter essere considerati dai Cittadini sotto una diversa ottica che non sia solo quella di coloro che girano per i boschi con il fucile in spalla per sparare agli animali. AL BRAMITO CON UNA DELEGAZIONE BRASILIANA Per una ventina di giorni sono state Ospiti della nostra Comunità 12 donne brasiliane con gli avi di origine italiana. Oltre ad un corso di lingua italiana e a varie escursioni nella nostra Provincia ed in alcune città più famose del Veneto hanno voluto conoscere anche il territorio sotto l’aspetto rurale con relativa flora e fauna. Per quest’ultimo aspetto siamo stati interpellati dagli organizzatori per valutare l’opportunità di un’escursione. Abbiamo aderito di buon grado. Il ns. Presidente con il Consigliere Pioggia, il Segretario Pol e l’esperto Fant hanno accompagnato la delegazione a S. Gottardo e percorso a piedi la zona di Candaten. Dalle altane è stato possibile ammirare i cervi in bramito e le lotte fra di loro per dimostrare la propria supremazia sulle femmine. Emozionante è stato anche da parte delle Ospiti vedere Fant all’opera con il corno ad imitare il bramito per far avvicinare i maschi. Il rientro sulle camionette della Forestale, che ringraziamo per la collaborazione, si è concluso nella taverna del nostro Segretario a base di salumi, pane e formaggio accompagnati da un buon bicchiere di vino. IL MERCATINO DELLE OCCASIONI PER CESSATA ATTIVITÀ VENATORIA VENDO: - Carabina Parker-Hale cal 7x64 con cannocchiale - Fucile sovrapposto marca Franchi cal. 12 - Carabina Mauser cal. 8x57 con cannocchiale Se interessati telefonare ore pasti al nr. 0437-86252 e chiedere di Emanuele Per eventuali Vostre inserzioni scrivere al seguente indirizzo: Redazione “CACCIA 2000” c/o Pelli Sandro Via Trevigiana, 8 - 32035 Formegan di Santa Giustina (Bl) oppure a mezzo Fax al n. 0437 – 88546 o per e-mail: [email protected] Quanto pervenuto verrà inserito nel prossimo numero di Caccia 2000. CANI - FEMMINE DI SETTERS IN FERMA Quella davanti ha dieci mesi quella dietro tre anni. Garantite ferma, riporto, e consenso. Vaccinate Se interessati telefonare al nostro Socio ore pasti nr. 333 3587258 PAGINA 31 PAGINA 32 Caccia 2000 Dicembre 2011 VIA LIBERA AGLI ANIMALI NELLE CORSIE DEGLI OSPEDALI ABBIAMO LETTO DI UN’INIZIATIVA PARTITA DA PRATO MA CHE SI STA ESTENDENDO IN TUTTA LA REGIONE TOSCANA. LA CONSIDERIAMO INTERESSANTE E CI È SEMBRATO UTILE DARVENE COMUNICAZIONE. In Toscana via libera all’ingresso degli animali nelle corsie degli ospedali per incontrare i loro padroni malati. Una bella notizia per chi ha un cane o un gatto e si ritrova in ospedale, un modo per alleviare le proprie patologie, che porrà fine alle separazioni dolorose e forzate a cui sono costretti pazienti ed animali, entrambi vittime di un abbandono imposto. Stiamo parlando del Comune di Prato che ha accolto la proposta dell’assessore ai Diritti degli animali. Sarà un’operazione a costo zero per il Comune, spiega l’Assessore, che compatibilmente con il rispetto delle norme igienico-sanitarie, attraverso gli uffici competenti intende prevedere gli adeguamenti strutturali o di arredo necessari all’accoglimento degli animali nelle case di riposo e in futuro anche negli hospice. Poter avere con sé il proprio animale è molto importante per gli anziani e per chi è nella fase terminale della propria vita. CONTRIBUTI AMBIENTALI L’Associazione informa che in questi giorni sono stati consegnati, alle 22 Riserve che avevano inviato (scadenza tassativa 31 Agosto) le richieste di contributo per ripristini ambientali, gli assegni per un importo in proporzione al numero dei Soci A.C.B. L’ammontare complessivo elargito è stato di € 3.345,00. L’A.C.B. auspica che queste opere, indispensabili per mantenere un ambiente pulito e per salvaguardare la fauna, siano sempre inserite nei programmi annuali che vengono stilati dalle Riserve. L’Associazione, da parte sua, cercherà, nel limite del possibile, di premiare queste iniziative. 33 NOI ABBIAMO GIà SCELTO: DOLOMITI EMERGENCY! Da molti anni esiste nella nostra Provincia un servizio di elisoccorso che garantisce sicurezza alle nostre Comunità della montagna e soccorso in caso di necessità, sia con l’utilizzo dell’elicottero sia con squadre via terra. Da settembre, con l’approvazione della delibera della Giunta Regione Veneto n. 1411, è stato introdotto il principio del ticket e della compartecipazione alla spesa negli interventi di soccorso effettuati in montagna sia con l’utilizzo delle squadre a terra che con l’eliambulanza. Da tempo l’A.C.B., proprio su queste pagine, ha segnalato l’esistenza di un’ Associazione che garantisce, attraverso l’adesione alla stessa, una copertura pressoché totale dei costi sostenuti per l’intervento di soccorso. Una copertura assicurativa i cui benefici sono tra l’altro garantiti anche al di fuori del territorio montano. Dolomiti Emergency rappresenta dunque quella che se Tipografia Piave: FG nl: AM09-----0177 nome: 27 febbraio 2010 data: 25-02-11 Ora: 10 alt: 97 , 00 Compos.:10,42 del 25-02-11 base: B5 col: CMYK fino a poco tempo fa era un’opportunità, ora diventa per to che si auspica che nulla debba mai accadere ai nostri Tipografia Piave: FG nl: AM09-----0177 nome: 27 febbraio 2010 data: 25-02-11 Ora: 10 alt: 97 , 00 Compos.:10,42 del Associati, 25-02-11 base: B5 col: CMYK certi versi una necessità. ricordiamo come sia assolutamente consigliaL’Amico del Popolo 177 Dolomiti EmerRimarcando che bileTestatina che tutti voi provvediate a contattare L’Amico del Popolo la prevenzione Testatina gency e ad assicurarvi. 177 viene prima di La brochure, allegata alla rivista, illustra con precisione le ogni altra cosa e modalità di iscrizione e, soprattutto, i benefici per i Soci dato per sconta- che, non abbiamo dubbi, saranno davvero tanti. 27 FEBBRAIO 2011 - N. 9 27 FEBBRAIO 2011 - N. 9 CONCESSIONARIA ESCLUSIVA PER LA PROVINCIA DI BELLUNO Via Tiziano Vecellio, 32 - Telefono 0437 931 888 PAGINA TICKET PER IL SOCCORSO IN MONTAGNA? PAGINA 34 Caccia 2000 Dicembre 2011 PACCO VIVERI PER LE PROSSIME FESTIVITà La Giunta dell’Associazione, nella sua ultima riunione, ha deciso di ripetere la positiva esperienza della distribuzione di pacchi dono alle Famiglie bisognose in occasione delle prossime Festività Natalizie. Questa iniziativa ha avuto lo scorso anno un consenso ed un apprezzamento unanime e quindi è più che opportuno riproporla anche perchè, oggigiorno, sono aumentate come numero e come intensità le situazioni di disagio sociale ed economico. I pacchi alimentari saranno trenta e verranno consegnati, per velocizzare le operazioni di distribuzione, ai Responsabili dei Circoli delle Riserve dove la presenza dei nostri Soci è maggiore. Come scrivevamo lo scorso anno, si tratta solo di una piccola goccia che, tuttavia, può lenire le difficoltà di Famiglie che sono in difficoltà anche nel sostentamento alimentare. È un piccolo segno di solidarietà concreta e di civiltà oltre che di sensibilità umana da parte dei Cacciatori dell’A.C.B. nei confronti di chi ha veramente bisogno. SOLO SOLO CACCIA VERA CACCI S SOLO SOLO SELVATICI VERI SELV SO AT UNA GRANDE UNA pAssioNE. GRANDE pA La tua. La nostra. La tua. La no CaCCia CaCCia di selezione per di Capriolo, selezione per Ca Cervo, Cervo, daino, Cinghiale. daino, Cinghiale Cer Cinghiale Cinghiale tutto l’anno: tutto l’anno: • • • • Cin Caccia • all’aspetto Caccia da altana all’aspetto da altana • C Cacccia • alla Cacccia cerca in solitario alla cerca in solitario • C Cacccia • alla Cacccia cerca in piccolo gruppo alla cerca in piccolo • C g Braccate • Braccate alla maremmana alla maremmana • Br Capriolo: Capriolo: Cap • Pacchetto • Pacchetto 4 capi 900 € + giornalero 4 capi 900 € + giorn • Pa Daino: Daino: Dai • Offerta • un Offerta PalanCOne + una un femmina PalanCOne 1.300 € + •un O ConCorsoConCor HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO Bellus Luca, Betta Claudio, Bragagna Patrizia, Buzzo Walter, Cadorin Giovanni, Codemo Doimo, Corrà Francesco, Costan Dorigon Stefano, Crosato Alessandra, De Gasperi Elvi, De Riz Massimo, Dal Pan Elvio, Grassi Renato, Lasen Cesare, Pante Luciano, Perenzin Maurizio, Pelli Sandro, Pioggia Pasquale, Segat Stefano, Zamboni Umberto Visita il sito www.cacciavera.it, Visita il sito www.cac selezionaseleziona la caccia che vuoi, il selvatico la caccia che vuoi e che vuoi,se il se sei fortunato se sarai sei estrattofor il 31/03/ tunato 2012 sarai estratto e vincerai eun vincerai week-end tutto compreso un per week-end cacciare tutto co e la selvaggina che preferisci. la selvaggina che p in BOCCa al luPO! in BOCCa al l Tel.: 0571 77290 - fax 0571Tel.: 981874 0571 77290 - f cel.: 389 - 9599798 cel.: 389 - 9599798 e-mail: [email protected] e-mail: info@cacciave www.cacciavera.it www.cacciavera.it 35 Si è svolta sabato 10 dicembre la tradizionale serata degli auguri del Comprensorio Alto Piave organizzata, sempre in maniera impeccabile, da Fuso Alberto coordinatore dal Consorzio. Oltre 40 i Soci presenti che si sono trattenuti fino a Il Presidente Pelli mentre sta parlando. Al suo fianco Fuso Alberto PAGINA NEWS tardi per raccontarsi le avventure di caccia della stagione venatoria che sta per terminare. Alla festa è anche intervenuto il Presidente dell’A.C.B. Sandro Pelli con il Segretario Pol Sandro ed il primo Presidente della nostra Associazione Oscar D’Incà. 36 Caccia 2000 PICCOLI BINOCOLI, GRANDI CACCIATORI Dicembre 2011 PAGINA IL NUOVO CL COMPANION 30. SEMPRE CON TE Ci sono situazioni di caccia in cui peso e dimensioni contenute sono fondamentali. CL Companion (8x30, 10x30) è un’ottica di altissima qualità, piccolo e leggerissimo, nato per la caccia al camoscio, per la cerca, per essere sempre con te in ogni escursione. DESIGN struttura compatta e peso ridotto garantiscono massima maneggevolezza e straordinaria ergonomia OTTICA trasmissione di luce straordinaria e ottimo campo visivo per osservazioni indimenticabili ESTETICA un inconfondibile SWAROVSKI OPTIK, interamente rivestito in gomma SEE THE UNSEEN WWW.SWAROVSKIOPTIK.COM SWAROVSKI OPTIK ITALIA S.R.L. Tel. +39 045 8349069 [email protected] facebook.com/swaroitalia.caccia
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