disponibile - comprensorio alpino valle brembana
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Periodico di cultura venatoria e gestione faunistico - ambientale del Comprensorio Venatorio Alpino Valle Brembana - Spedizione in a.p. art. 2 comma 20/c legge 662/96 - Filiale di Bergamo Aprile 2003 Anno VII - n° 18 SOMMARIO Periodico di cultura venatoria e gestione faunistico ambientale del Comprensorio Venatorio Alpino Valle Brembana Direttore Responsabile Piergiacomo Oberti Coordinatori Flavio Galizzi, Elena Traini Redazione Diego Bonaldi Luigi Capitanio Flavio Galizzi Elena Traini Il Comitato di Gestione Grafica, impaginazione Ferrari Grafiche Hanno collaborato Tiziano Ambrosi, Domenico Belotti, Fausto Calovi, Felicino Camozzi, Luigi Capitanio, Atos Curti, Sergio Facchini, Flavio Galizzi, Amedeo Goglio, Giovanni Locatelli, Gianfranco Milesi, Piergiacomo Oberti, Luca Pellicioli, Michele Pesenti, Romano Pesenti, Enzo Ruggeri, Elena Traini, il Comitato di Gestione. Direzione e Redazione Piazza Brembana (BG) Piazzetta Alpini Tel-Fax :034582565 e-mail:[email protected] Fotocomposizione e Stampa Ferrari Grafiche - Clusone Editore Comprensorio Venatorio Alpino Valle Brembana Registrazione presso il Tribunale di Bergamo, n°29 del 16/07/97 Rivista dei Soci del Comprensorio Venatorio Alpino Valle Brembana Editoriale Attualità 3 Modifiche al piano faunistico venatorio pr ovinciale 4 Lettere Commissioni di lavoro 5 Avifauna tipica alpina Ungulati Lepre Capanno Stanziale ripopolabile Gestione e cultura venatoria L’ASSEMBLEA DEI SOCI DEL 21 FEBBRAIO 2003 USANZE E TRADIZIONI DELLA NOSTRA VALLE 9 Luigi Capitanio 12 Angelo Bonzi 15 Luca Pelliccioli 17 Fausto Calovi 19 Enzo Ruggeri 21 Iniziative didattiche per le scuole 23 Mario Lazzaroni 24 Domenico Belotti 26 27 LA BATTERIA DEI RICHIAMI IL RITORNO DEL LUPO IL CANE DA TRACCIA (seconda parte) L’ALTANA (seconda parte) PROGETTI DI EDUCAZIONE AMBIENTALE A ROBERTO GATTI, Ricordo di un cacciatore amico PER UNA SCUOLA DI CACCIA IDEE PER UNA BIBLIOTECA Domenico Belotti Rubriche Appunti di biologia animale L’influenza dell’ambiente sul comportamento del cucciolo Tiziano Ambrosi Per saperne di più Emorragie gravi Giovanni Locatelli Armi e balistica I calibri short magnum Sergio Facchini Letto per voi Ungulati delle alpi Luigi Capitanio Racconti A cotorni in Val Taleggio La rivista si avvale della collaborazione di tutti i Soci, con scritti e materiale grafico e fotografico, senza impegni da parte della Redazione, che si riserva di vagliare ed eventualmente modificare quanto pervenuto, e tratterrà il materiale nel proprio archivio. La riproduzione anche parziale è vietata, salvo il consenso degli autori e del Comitato di Gestione. Romano Pesenti In copertina: Coturnice Foto di Baldovino Midali Cassa al camòss Amedeo Goglio 2 6 6 7 7 8 Spigolature culinarie La Lepre Informazioni e scadenze L’ Angolo della Poesia 28 30 31 33 34 37 38 42 DI NUOVO AL LAV O R O M i corre l’obbligo innanzitutto di rivolgere un sincero ringraziamento a tutti i Soci presenti all’Assemblea annuale per la fiducia che mi hanno accordato per reggere le sorti del Comprensorio in questo periodo di “transizione” previsto dalla nuova Legge Regionale. Il fatto che un solo componente del Comitato di Gestione abbia posto la sua candidatura alla presidenza del Comprensorio può prestarsi a tante interpretazioni diverse e condivisibili, come è giusto che sia ogniqualvolta una pluralità di persone è chiamata a esprimere una scelta su chi lo dovrà rappresentare. Nel nostro caso la scelta era orientata su un solo candidato, dando l’impressione che fosse tutto scontato, svuotando in tal modo il meccanismo della competizione che giustamente si innesca quando si deve rinnovare un qualsiasi organo gestionale. Forse è vero. Ma accanto a queste considerazioni ve ne sono altre che, se analizzate serenamente, rivestono un significato profondamente diverso, specialmente per chi deve operare al fianco delle nuove componenti del Comitato di Gestione. Confortato da questa partecipazione e consenso, sarà senz’altro più facile per me dare una continuità gestionale, proseguendo su programmi già impostati, senza però tralasciare nuove iniziative migliorative, e avvalendomi sempre della preziosa collaborazione di chi già supporta il Comitato oltre che della disponibilità dei nuovi. Il tutto senza stravolgere un “impianto” funzionale, costruito non senza sacrifici in questi ultimi anni. Con questo spirito cooperativo e di reciproco rispetto, che si è da subito instaurato, auguro a tutti di lavorare con entusiasmo e realismo, per alzare sempre di più il livello della nostra passione. In bocca al lupo. Piergiacomo Oberti S. Torriani Un “gruppo” eterogeneo che sceglie al suo interno una persona da proporre al resto dei Soci, per ricoprire una carica impegnativa e di responsabilità, dimostra unità e compattezza, cosa abbastanza rara in campo venatorio. Dimostra una reale volontà di voler affrontare con tranquillità e ponderazione una materia indubbiamente ostica e complessa, allontanando il rischio di dannose spaccature, che troppe volte hanno coinvolto i cacciatori. L’elevata presenza dei nostri Soci, (la presenza di oltre un terzo dei Soci è da considerarsi, ai tempi d’oggi, un livello di partecipazione altissimo!) che si sono espressi a grande maggioranza nel scegliere il loro Presidente, rappresenta un’altra considerazione positiva. 3 ATTUALITA MODIFICHE AL PIANO FAUNISTICO – VENATORIO PROVINCIALE L’Amministrazione Provinciale, con delibera 84 del 15.10.2002, ha provveduto ad introdurre alcune modifiche al Piano faunistico – venatorio per adeguarlo alle nuove disposizioni introdotte dalla Legge Regionale n° 7/2002 e n° 19/2002. In particolare sono state introdotte modifiche relative ai confini delle Zona Alpi, che i Comprensori andranno a ritabellare in sinergia con il Corpo di Polizia Provinciale. Per quanto riguarda il Comprensorio Alpino Valle Brembana, sono stati modificati i confini delle Oasi di Protezione Val Vedra e dell’Oasi Masoni, e sono stati istituiti il Valico di Ca’ San Marco, che preclude alla caccia ulteriori 37 ha, il Valico Passo Portula, che preclude alla caccia ulteriori 12 ha, e il Valico della Manina, che preclude alla caccia ulteriori 112,5 ha. DESCRIZIONE DEI NUOVI CONFINI DELLE OASI E DEI VALICHI Oasi di Protezione Val Vedra Si parte dalla Forcella di Pizzodello lungo il costone fino a d arrivare al Passo del Vindiolo, seguendo il crinale del Monte Vetro fino alle Baite del Branchino, si continua lungo il sentiero dei fiori fino alla verticale delle Casere della Val Vedra, scendendo poi lungo il sentiero della Val Vedra fino alla galleria, per arrivare poi alla Forcelle di Pizzodello. Oasi di Protezione Monte Masoni Dal Passo Cigola (2561 m.) scende la valletta fino al Lago del Diavolo (2131 m.), seguendo la destra orografica. Da qui la strada carrozzabile sino al tornante dove parte il sentiero per la Casera dei Dossi. Indi si sale in linea di massima pendenza lungo il canalone con i paravalanghe passando per la stazione d’angolo fino allo spartiacque con la Val Sambuzza, da lì continua fino alla cima Monte Masoni e lungo il confine di provincia al Passo Cigola. 4 Valico di Passo San Marco, Valico di Passo Portula e Valico della Manina Segue una linea di confine di 1000 metri di raggio attorno ai Valichi, entro la quale è vietata la caccia. CONFINI ZONA “A” E ZONA “B” Le variazioni di questi confini riguardano due zone, uno in territorio di Piazzatorre (Torcole) e un altro in territorio di Taleggio. Piazzatorre Dal Colino di Torcola Soliva fino alla località Migoff è così ridisegnato: Da Colino di Torcola Soliva a quota (1730 m.) proseguendo per la pista di sci del bosco fino a località capanno Fì, si segue il crinale sino al baitone di “Baita Cima”, e continuando sulla stessa quota si segue il canale del Colino di Torcola Vaga, fino al congiungimento del sentiero alla quota di “Baita Mezzo” fino alla località Migoff. Taleggio Dalla Baita Scaldolera alla Valle Bordesiglio è così ridisegnato: Dalla Baita Scaldolera alla Baita Bassa di Campofiorito, poi in linea retta sino alle Baite di Cantoldo, per poi proseguire sul sentiero sino al canale del Ger. Da qui, proseguendo in direzione del Comune di Vedeseta sino alla località Prati Piazzoli (1330 m.); salendo lungo il canalone sino alle Baite “Colonia” e, scendendo sul versante opposto, sino al confine di Provincia (Valle Bordesiglio). I lavori di riperimetrazione verranno svolti prima dell’inizio della stagione venatoria. Spett. Redazione di “Caccia in Val brembana”. del Comprensorio Venatorio Alpino Valle Brembana Spett. Redazione di Caccia in Val brembana”. del Comprensorio Venatorio Alpino Valle Brembana” Vorrei,tramite il vostro periodico, ringraziare Luigi Capitanio per il lavoro svolto nel fare il corso per “LA CACCIA Dl SELEZIONE AGLI UNGIJLATI ‘’ svoltasi in cinque serate a Moio De’ Calvi. Premettendo che sono una appassionata di fauna di montagna, ma che non pratico la caccia, sono stata attratta da questo corso. Grazie alla sua bravura e alle sue conoscenze in materia, ho potuto apprezzare questo tipo di caccia, ho imparato ad osservare ed a riconoscere questi animali, il loro modo di vivere e le loro qualità, sempre nel rispetto della natura grazie anche alla selezione. Ci sarebbero tante cose da dire su quello che ha detto, ma quello che più mi ha colpito è questo: “che non è giusto uccidere un animale solo per il suo trofeo, ma è meglio guardare prima il suo stato di salute, per poter cosi andare a caccia oggi e anche in futuro”. Ringrazio il relatore e gli auguro tante soddisfazioni, sia dal punto di vista della caccia che da quella dell’insegnamento, che sa fare egregiamente. Voglio complimentarmi con Lei Presidente, con tutta la Redazione e con quanti collaborano all’ottima riuscita del periodico. So che esso è apprezzato anche da non cacciatori, il che contribuisce ad elevarne il prestigio. Ritengo possa essere ulteriormente arricchito e per questo voglio esprimere la mia opinione, naturalmente secondo il mio modesto punto di vista; a Voi poi la valutazione se può essere ritenuta meritevole di approvazione. Prendendo spunto anche dall’intervista con il notissimo scrittore Mario Rigoni Stern, compatibilmente con gli argomenti trattati, gradirei che il periodico fosse più didattico. Mi spiego meglio con riferimento a due articoli trattati nel periodico di dicembre 2002. * Nella descrizione della rogna sarcoptica, avrei gradito fosse indicata anche un’unità di misura dell’acaro più pratica, (ad es. frazione di mm.); avrei gradito anche una rappresentazione dell’acaro stesso se non delle uova e gallerie; forse la richiesta è più di carattere Veterinario? * L’articolo ‘’ IL CANE DA TRACCIA’’ è anch’esso descritto molto bene, con accurati particolari inerenti il peso, il colore, le sfumature, il portamento, ecc., sicuramente tutto bene ed in modo egregio, ma per il compimento dell’opera mi aspettavo la fotografia di tutti e 3 i cani in bella mostra e non di uno solo, per poter apprezzare meglio quanto descritto. Ritengo che l’impatto visivo sia molto rilevante e didattico, sia per rappresentazioni che per documentazione fotografica. Distinti Saluti Oltre il Colle, 28/03/2003 Graziella Palazzi Non aggiungiamo commenti. I corsi tenuti dal Comprensorio per i cacciatori e per quanti volessero “saperne di più” sono sempre stati apprezzati, e le qualità di Luigi Capitanio, presidente della Commissione Ungulati, offrono garanzie di notevole competenza e professionalità da tutti riconosciuta. La Redazone Ringraziamo il socio Mazzoleni per le sue belle parole riguardo al nostro Periodico. Ci costa ogni numero molta fatica e impegno, al quale dedichiamo ogni volta due mesi di lavoro, e i complimenti aiutano a guardare avanti. Ci dispiace di non essere puntuali e precisi come lui vorrebbe, ma se dovessimo seguire tutti i suoi suggerimenti, oltre ai suoi interessi didattici, sicuramente legittimi, ce ne sarebbero mille altri, altrettanto legittimi, da soddisfare. Noi ci accontentiamo di fare le cose bene, con la chiarezza necessaria per tutti i lettori, e lasciamo certi approfondimenti personali alla buona volontà di quanti vogliono saperne di più. Il materiale illustrativo non è sempre facilmente reperibile, ma è di ottima qualità, e crediamo che la Redazione riesca a fare più che bene. La Redazone Distinti saluti Berbenno, 2002/2003 Evaristo Mazzoleni 5 COMMISSIONI • sottoscrizione con firma leggibile avifauna tipica alpina CALENDARIO CENSIMENTO PRIMAVERILE 2003 Censimento alla COTURNICE con cane da ferma. Dal 29 marzo al 30 aprile. La metodologia di lavoro è quella consolidata in questi ultimi anni, ed i periodi sono quelli comunicati attraverso le indicazioni inviate ai Soci della Tipica ed esposti al Comprensorio. Censimento primaverile di COTURNICE E PERNICE BIANCA con richiamo acustico. Dal 29 marzo al 31 maggio. Le uscite vanno concordate preventivamente con i sigg. Responsabili di Settore secondo aree campione e percorsi prestabiliti. Ogni Responsabile ha in dotazione un proprio richiamo acustico e darà istruzioni dettagliate per la mappatura del percorso e per la compilazione delle schede di censimento. Censimento primaverile di GALLO FORCELLO su arena di canto e/o punti di canto. Dal 1° aprile al 31 maggio. Tali uscite vanno concordate preventivamente con i sigg. Responsabili di Settore secondo aree campione e punti prestabiliti. Ogni Responsabile darà indicazioni precise per la mappatura dei luoghi e per la compilazione delle schede di censimento. E’ necessario che le uscite siano segnalate e concordate preventivamente (anche telefonicamente) in modo che la partecipazione anche di più persone in una sola giornata sia distribuita correttamente su più zone campione, evitando i doppi conteggi su una stessa area. RACCOMANDAZIONI Tutte le uscite per le operazioni di censimento, dovranno essere obbligatoriamente documentate con: • compilazione di due schede di censimento; 6 su apposito registro presenze (copia di tale registro dovrà essere fatta pervenire all’ufficio del Comprensorio entro la giornata successiva); • indicazione degli avvistamenti sulla cartografia in scala 1:10.000; • restituzione entro il 07/06/2003 delle schede compilate al Responsabile di Settore. Atos Curti ungulati Il nuovo direttivo è stato eletto. La Commissione, in attesa di riconferma o di sostanziali cambiamenti, che ci auguriamo comunque avvenga in tempi brevi, deve riprendere l’attività nei lavori di competenza. Primo fra tutti l’esecuzione dei censimenti che abitualmente in questo inizio di stagione dà il via alla stagione venatoria che, come sappiamo, impegna o per meglio dire dovrebbe impegnare “tutti” i Cacciatori, quantomeno in quelle forme di prelievo che riguardano la selvaggina stanziale. Nel mese di marzo, con discreta partecipazione dei Cacciatori abbiamo eseguito l’indagine che riguarda il cervo. Buoni i risultati, e in alcune zone oltre ogni aspettativa. A tal proposito è doveroso sottolineare che, alcune volte, il conteggio è avvenuto nelle zone dove la presenza del cervo era certa, vuoi perché sono zone di svernamento ormai conosciute, oppure, ed è la maggioranza dei casi, perché i Cacciatori cominciano a sorvegliare in modo assiduo gli spostamenti di questi animali, anche a caccia chiusa. Questo facilita le scelte dei luoghi da censire e le operazioni di avvistamento. Le attenzioni dei Cacciatori nei confronti del cervo poi, ripagano pienamente la Commissione per le scelte di gestione operate a suo tempo, in un momento particolarmente delicato per l’avvio di questa nuova forma di prelievo. Nelle uscite domenicali programmate, la presenza dei nuclei di cervi è stata segnalata in tutti i settori pre- visti per il conteggio. Unica eccezione riguarda il settore quattro. In questo settore la commissione, valutate le scarse probabilità di avvistare questo tipo di selvatico, momentaneamente non ha ritenuto opportuno effettuare censimenti e prelievi. I Cacciatori che abitualmente operano in queste zone sono stati distribuiti nel restante territorio. La zona non censita comprende il triangolo Branzi-Carona-Foppolo; i pochi avvistamenti segnalati lo scorso anno riguardavano esclusivamente soggetti erratici che, soprattutto durante la stagione estiva, hanno transitato il territorio con asse nord-sud. Da qui la decisione della Commissione di non effettuare censimenti (e prelievi), fintanto che un minimo di popolazione non colonizzi in modo stabile questo territorio. Ovviamente il lavoro di censire non riguarda esclusivamente specie nuove. Anche quest’anno i conteggi che riguardano il capriolo e il camoscio verranno eseguiti con il metodo classico, già consolidato nel corso di questi ultimi anni. Questo lavoro, programmato ed eseguito nel rispetto dei protocolli di riferimento approntati dalla Provincia, non esclude da parte nostra l’utilizzo parziale dei dati contenuti nelle “schede non ufficiali”, quantomeno a conforto dei dati raccolti nelle date concordate che, per ovvie ragioni di tempo e di personale, non possono estendersi ad ulteriori territori censibili. Faccio riferimento a quelle schede compilate durante le uscite non programmate, oppure dai dati raccolti da alcuni dei libretti degli Accompagnatori che durante le uscite di caccia segnano diligentemente le loro osservazioni. Questi dati non devono perdersi. Le segnalazioni concorrono sempre più alla conoscenza della distribuzione sul territorio delle popolazioni di ungulati, e in alcuni casi, proprio attraverso la lettura di questi dati ottenuti durante l’intero anno è possibile stabilirne lo stato di abbondanza o di diminuzione, spesso dovuta a fattori concorrenziali dell’attività venatoria, quali ad esempio il bracconaggio o il randagismo dei cani. Ben vengano dunque quei Cacciatori che, disponendo di tempo libero, dedicano tanta passione al conteggio della selvaggina, tutto sommato e in modo consapevole lavorano gratuitamente per la nostra comunità. Calendario dei censimenti Si raccomanda sempre di fare riferimento ai responsabili di settore Luigi Capitanio lepre La caccia è da poco terminata ed il lavoro più impegnativo che la nostra commissione deve affrontare riguarda la programmazione della prossima stagione. Attraverso i censimenti che verranno svolti prossimamente, sarà possibile conoscere la reale situazione delle popolazioni di lepri che sono presenti nel nostro Comprensorio. Al riguardo ci aspettiamo dai Cacciatori che praticano questa specializzazione un contributo maggiore e puntuale alle indagini che riguardano la conoscenza della distribuzione della lepre, sia essa comune che variabile. Nella passata stagione, i nostri inviti per la partecipazione ai censimenti che riguardano la lepre variabile non sono stati accolti da grande entusiasmo, pazienza, l’invito viene rinnovato e siamo certi che in questa occasione ci sarà maggiore disponibilità da parte di tutti. La nostra specializzazione, spesso si trova al centro di critiche, soprattutto in riferimento ai diversi modi di interpretare l’orientamento di gestione che ormai si impone, anche attraverso scelte importanti, ma coerenti con i tempi attuali. Purtroppo, le scelte non effettuate in passato si ripropongono in modo sempre più pressante, urgono pertanto approfondimenti e soluzioni in tempi brevi. Nell’attesa che tutto ciò venga discusso è però possibile verificare l’andamento dei prelievi che riguardano la lepre comune, anche in riferimento alle immissioni che sono avvenute nell’inverno antecedente la stagione di caccia. E’ nostra convinzione che un contributo maggiore alla conoscenza delle dinamiche di crescita della popolazione possa essere fornito dai Cacciatori, soprattutto attraverso la segnalazione degli abbattimenti, che non devono riguardare esclusivamente il numero dei capi prelevati, operazione questa imposta dalle attuali disposizioni venatorie, ma estendere la stessa anche al sesso e alla classe d’età del capo abbattuto, che ricordo, è facilmente riconoscibile nei soggetti che ancora non hanno raggiunto un anno di vita. E’ sufficiente distinguere se il capo abbattuto ha più o meno di un anno, tutto qui. Questi dati ci consentiranno di conoscere la struttura della popolazione e il successo riproduttivo riferito ad ogni zona interessata dalla presenza e dalla caccia alla lepre. Le stesse considerazioni vanno estese anche alle lepri immesse. Da tempo conosciamo la fedeltà al territorio dei soggetti nati in libertà, infatti la ricerca di sicurezza nei confronti della predazione condiziona fortemente la mobilità della lepre, con eccezione della mobilità dei maschi nei periodi riproduttivi. Diverso è il comportamento delle lepri utilizzate nei ripopolamenti, che, almeno nella fase iniziale possono compiere spostamenti anche di notevole entità, alla ricerca forse di un territorio congeniale, ma nello stesso tempo, vanificando lo sforzo che il Comprensorio sostiene per diffondere in modo capillare la presenza della specie. La conoscenza approfondita di questa situazione può contribuire in modo significativo alla gestione, concentrando gli sforzi organizzativi ed economici per una migliore realizzazione. Nella stagione di caccia appena conclusa, il piano di prelievo approvato è stato di 140 lepri. I prelievi si sono attestati a 136 esemplari, le tabelle riportate indicano in modo dettagliato il luogo dei prelievi. Gianfranco Milesi capanno La stagione 2002/03 è andata finalmente in archivio, e credo che saranno pochi a rimpiangerla, in particolare per l’andamento climatico veramente disastroso soprattutto nel periodo che va dalla metà di ottobre a fine novembre e che solitamente rappresenta il momento più importante dell’intera annata venatoria. Parlare di caccia di fronte alle calamità che hanno caratterizzato quel periodo, provocando enormi disagi ai nostri paesi, potrà sembrare anacronistico, tuttavia a questo compito siamo chiamati. E comunque questi problemi hanno stimolato i nostri cacciatori a gesti di solidarietà, culminati con la raccolta di fon7 che nel frattempo vengano una volta per tutte risolte le questioni legate all’applicazione della nuova Legge Regionale approvata nell’agosto scorso. Nei primi giorni del mese di aprile, ci ha lasciato un carissimo amico, oltre che componente della Commissione stessa e compagno di tante battaglie combattute per la causa della caccia, lasciando in tutti noi un vuoto difficilmente colmabile. Ciao Guido, in questo momento di tristezza ci stringiamo ai tuoi famigliari esprimendo loro i nostri sentimenti di sincero cordoglio. Archiviando questa triste ma doverosa parentesi, riportiamo l’attenzione dei nostri soci sulle problematiche che affronteremo nel prossimo futuro e che saranno rivolte in particolare a sensibilizzare gli organi competenti affinché a breve venga fatta chiarezza sulla questione degli anellini, sul trasporto e detenzione dei richiami e sulle modifiche del regolamento Zona Alpi. Per quanto invece di nostra competenza ci stiamo impegnando nell’aggiornamento degli elenchi e nel portare le necessarie migliorie nella gestione del Centro di distribuzione, per poter dare più trasparenza e credibilità a questo gravoso impegno. Nel ringraziare per l’attenzione fin qui dimostrataci, cogliamo l’occasione per formulare a tutti i nostri affezionati lettori i più sinceri auguri di Buona Pasqua. Felicino Camozzi stanziale ripopolabile Riunione annuale soci “Vagante in Zona B” Si comunica che SABATO 10 maggio, alle ore 21, presso il Centro don Palla, a Piazza Brembana, si terrà l’’Assemblea annuale dei Soci che praticano la Caccia Vagante in Zona di Minor Tutela Una degli argomenti che interessano la serata sarà il tema “pronta Caccia”. Infatti numerose sono state le richieste da parte dei Soci che chiedevano alla Commissione di effettuare uno o più lanci durante la stagione venatoria. Importante sarà quindi la presenza di tutti gli interessati, specialmente dei Presidenti delle Sezioni Comunali, considerato che la Commissione Ripopolabile, come già avvenuto l’anno scorso, lavorerà secondo le indicazioni prese dall’Assemblea, naturalmente nel rispetto delle norme vigenti e previo consenso del C.T.G.. Michele Pesenti E.Traini di promossa dall’UNAVI provinciale, che ha fruttato oltre 50.000 e. Evidentemente l’avvio promettente e anticipato del passo migratorio di Tordi bottacci e Merli è stato il preludio a quanto precedentemente ricordato. In seguito abbiamo avuto un proseguimento di stagione altalenante, con flussi migratori irregolari per quanto riguarda tutte le altre specie, come del resto si evince dalle catture effettuate nei tre roccoli di nostra competenza, che complessivamente hanno conferito al Centro di distribuzione 895 presicci, così distribuiti: Tordi bottacci 237 Tordi sasselli 216 Cesene 409 Merli 33 Come già anticipato nel numero scorso del nostro periodico, a fine anno è decaduto il C.T.G. e di conseguenza anche le varie Commissioni hanno rallentato le loro attività in attesa di essere riconfermate o integrate con nuovi rappresentanti proposti dal nuovo Comitato. Questa fase, che ha abbracciato complessivamente un periodo di oltre tre mesi, ha fatto si che si sia perso del tempo prezioso che ha impedito di portare avanti quelle iniziative che ci eravamo prefissati per migliorare i servizi di nostra competenza. Vedremo di recuperare il terreno perduto, per farci trovare pronti all’inizio della prossima stagione venatoria, sperando 8 ASSEMBLEA DEI SOCI21 - Febbraio2003 La relazione del Presidente Piergiacomo Oberti Prima di iniziare ad esaminare i punti all’ordine del giorno, vorrei brevemente portarvi a conoscenza del nuovo quadro normativo che regola attualmente la costituzione ed il funzionamento di questo nuovo Comitato tecnico di gestione, che si è ufficialmente insediato lo scorso 14 Febbraio. E’ un comitato provvisorio che rimane in carica fino alla scadenza del Consiglio Provinciale, il cui rinnovo è previsto per la prossima primavera. L’attività dei Comprensori e degli Ambiti è tutt’ora disciplinata dalla L.R. n. 7 del 20 maggio 2002, che subentra alla precedente Legge 26 del ’93. Ciò significa che dallo scorso 20 Maggio i Comitati di gestione sono decaduti, e fino ad oggi hanno operato in condizioni di “provvisorietà”, limitando la loro opera alla gestione ordinaria. Sono state “congelate” per ovvi e comprensibili motivi tante iniziative programmate che richiedevano un impegno distribuito in un arco di tempo medio/lungo, perché senza la sicurezza di poter agire fino ad una scadenza certa , non era sensato lavorare su programmi che possono realizzarsi in alcune stagioni. Tra le più rilevanti novità introdotte dalla nuova legge si rileva l’aumento da dieci a dodici dei componenti del Comitato; i cacciatori passano da tre a cinque, gli agricoltori diminuiscono di uno, e per la prima volta viene inserito un rappresentante delle associazioni cinofile. Anche i compiti dell’Assemblea subiscono profonde modifiche, come l’elezione del Presidente, scelto tra i membri del comitato di gestione, e l’approvazione dei bilanci. Il Bilancio consuntivo 2002 e Preventivo 2003 vi sarà illustrato dal Revisore contabile del Comprensorio dopo l’elezione del Presidente. ELEZIONE DEL PRESIDENTE Dal Maggio scorso sono trascorsi diversi mesi, ma solo all’inizio di Febbraio la Provincia ci ha fornito precise indicazioni per procedere al rinnovo degli organi gestionali e rendere operativo il Comprensorio, anche se siamo ancora sprovvisti di due strumenti normativi fondamentali: lo Statuto e il Regolamento regionale zona alpi, che ci auspichiamo vengano approvati al più presto dalla Regione. Seguendo una linea prudenziale, consigliata anche dai funzionari della Provincia per la mancanza dello Statuto, si rende preferibile procedere all’elezione del Presidente con votazione segreta, anche in presenza di un solo candidato. Chi vi parla è l’unico componente del C.T.G. che ha posto la sua candidatura per ricoprire questa carica impegnativa fino al prossimo anno, quando sarà nominato il Comitato definitivo. Ricordo che il presidente viene regolarmente eletto se raccoglie il consenso di almeno la metà più uno dei soci presenti. La motivazione principale che mi ha spinto a chiedere la vostra fiducia, è quella di dare una continuità gestionale al Comprensorio in questo breve periodo che ritengo un proseguimento naturale del passato comitato, e portare a termine la nostra ricerca scientifica sui Galliformi della Valle Brembana, che da oltre cinque anni impegna i cacciatori dell’Avifauna tipica in una notevole raccolta di dati finalizzati a conoscere lo “status” di Coturnici e Forcelli presenti sul nostro territorio. Il tutto, opportunamente elaborato, merita di essere pubblicato e divulgato a enti e associazioni che si occupano di gestione venatoria per avere a disposizione un ulteriore supporto tecnico/scientifico per conservare e incrementare queste specie pregiate. Da noi l’applicazione di alcune “risultanze” del Progetto stanno dando riscontri positivi, pertanto mi auspico che la nostra esperienza venga seguita anche fuori i confini della Valle. Naturalmente tutti i nostri soci saranno i primi destinatari di questa pubblicazione. Per concludere questo lungo lavoro intendo avvalermi della piena collaborazione di Diego Bonaldi, che, anche se non fa più parte di questo Comitato, è stato uno degli artefici della ricerca, e riconfermare le attuali Commissioni consuntive nel loro complesso, senza stravolgere un impianto collaudato che affianca il Comitato nelle sue scelte e che a breve saranno impegnate a coordinare i censimenti della stanziale. Alla relazione del Presidente è seguita l’Elezione del Presidente e gli interventi di alcuni Soci. ELEZIONE Dopo le nomine degli scrutatori e le indicazioni dell’Assemblea riguardo al tipo di votazione, a scrutinio segreto, si è proceduto all’elezione da parte dei Soci. Gli scrutatori, dopo lo spoglio delle schede, hanno comunicato l’esito. Soci presenti: 320 Votanti: 308 Indicazioni di Voto: Piergiacomo Oberti: voti 246 Nulle: 2 Bianche 60 INTERVENTI DEI SOCI Prima di chiudere l’Assemblea, hanno chiesto la parola alcuni Soci, dei quali riportiamo in sintesi gli interventi. BONZI ENRICO: in qualità di Presidente Provinciale dell’Ass.ne venatoria C.P.A., fa il punto sul Regolamento Zona Alpi, sullo Statuto allo studio della Regione e sul Regolamento addestramento cani provinciale. MILESI GIANFRANCO: Chiede che venga consentito l’addestramento del cane segugio anche in Zona di Minor Tutela. MANZONI CRISTOFORO: propone che i censimenti alla Tipica vengano svolti anche solo da squadre di tre persone e con l’uso di 2 cani per cacciatore. ASSI DELIO: propone al C.T.G. di individuare una nuova sede più accogliente e ampia per il centro di verifica Ungulati. AMBROSIONI FRANCESCO: propone di organizzare un corso di pronto soccorso per i cacciatori del Comprensorio. REGAZZONI BRUNO: chiede chiarimenti in merito alla moria di selvaggina verificatosi nel recinto di ambientamento di santa Brigida. Richiesta espressamente rivolta alla Commissione Ripopolabile, che ha avuto una puntuale risposta da parte del presidente della commissione. EPIS CASIMIRO: propone che il Comitato chieda contributi a Enti per sostenere i costi di Pubblicazione del Progetto Galliformi. L’Assemblea si è chiusa alle ore 23,45 9 IL BILANCIO DEL COMPRENSORIO 10 A proposito dell ’assemblea del 21 febbraio 2003 Le considerazioni del Vicepresidente Giambattista Gozzi Mi sento in dovere come nuovo componente del Comitato di Gestione, di inviare alcune riflessioni riguardo all’Assemblea dei soci del Comprensorio che si è svolta il 21 febbraio scorso. Innanzitutto chiarisco di aver saltato pochissime Assemblee e solo per impegni gravi. E’ mia convinzione che l’Assemblea è la massima espressione di democrazia e di confronto. E’ la sede propria ove ogni socio può esporre le proprie convinzioni e rimarcare gli eventuali appunti sull’operato del Comitato, può inoltre formulare proposte e dare indicazioni sempre importanti e gradite. Non partecipare almeno in quella unica occasione una volta all’anno è segno di grave disinteresse e assoluta mancanza di collaborazione. L’assemblea del 21 riportava all’ordine del giorno dei punti che al cacciatore con un minimo di attenzione alla vita associativa del Comitato, non potevano sfuggire. Parlo della Elezione del Presidente e dell’approvazione dei bilanci (consuntivo e preventivo). Mai come in questa occasione l’assemblea veniva investita di un potere deliberativo (e d’ora in poi sarà sempre così) tanto importante ed essenziale per la gestione del Comprensorio. Mi aspettavo la partecipazione di una maggioranza qualificata, (almeno il 50%) non fosse altro per la pura curiosità della novità dell’elezione del Presidente. Il mio stupore ed il mio rammarico è stato nel constatare la esiguità dei presenti. Siamo un Comprensorio che conta oltre 1000 iscritti (1.080 per la precisione) ed all’assemblea abbiamo registrato 320 presenze. Meno di un terzo degli iscritti! Questa assenza ci deve far pensare, ci deve preoccupare e far riflettere. Mi rifiuto di credere che il disinteresse sia dovuto a una sorta di rigetto per i nuovi dispositivi di legge o per il lavoro svolto dall’ese- cutivo uscente. Il Comitato di Gestione in questi anni, pur nelle comprensibili difficoltà ed incomprensioni (chi scrive ne è stato uno dei maggiori protagonisti) ha sempre svolto un servizio ed un ruolo preminente nella gestione della caccia, creando dal nulla una organizzazione ed un coordinamento tra le varie specializzazioni. Il male allora è insito in ciascun cacciatore. Il disinteresse per la vita associativa e per le problematiche legate alla attività venatoria è colpa grave di ciascun cacciatore. Non è più possibile oggi, nell’ambiente in cui viviamo, nelle difficoltà in cui siamo chiamati ad operare, delegare sempre e solo ad altri i nostri impegni, i nostri interessi, le nostre dimostrazioni, le nostre contestazioni e quant’altro ci viene richiesto per la difesa della nostra passione venatoria. Non è più possibile ricordarsi di essere cacciatori 2 o 3 mesi all’anno per poi dimenticarsi completamente dei problemi e dei disagi del mondo venatorio. Il cacciatore oggi è chiamato a prestare un impegno costante, continuativo, assiduo, incisivo, come fanno i nostri “avversari” nemici della caccia, che sono instancabili nella lotta. In sostanza il cacciatore se vuol rivalutare la sua immagine e dare dignità alla sua attività, deve svegliarsi, deve impegnarsi e partecipare. Ciascuno nel proprio ruolo e secondo le proprie capacità deve dare un contributo costruttivo alla vita associativa del Comprensorio. Se il cacciatore non è disponibile a questo atteggiamento, non ha motivo di lamentarsi se la caccia andrà estinguendosi nel giro di pochi anni. Chiedere almeno la presenza all’Assemblea annuale non mi sembra un impegno così gravoso. Le mie sono naturalmente osservazioni di carattere generale, perché so benissimo che per portare un Comprensorio all’attuale livello operativo, vi è stato il contributo fondamentale di molti cacciatori, ma so altrettanto benissimo che esiste quella “ maggioranza silenziosa” che non si prende nemmeno il disturbo di partecipare una volta all’anno all’Assemblea, che è pronta a lasciare che siano sempre e solo gli altri a decidere per poi criticare e mai costruire. Personalmente ho avuto spesso scontri con la dirigenza ma sempre e solo a difesa degli interessi dei cacciatori ed in nome dell’eguaglianza e della collaborazione. Mi permetto di rivolgere un invito agli amici cacciatori iscritti al Comprensorio: abbiate considerazione per le persone che hanno dato tanta disponibilità e messo a disposizione il loro tempo per far progredire l’attività del comprensorio; abbiate considerazione per coloro che si accingono a dare il loro contributo a questa organizzazione. Ricordate che finché ci sarà questa disponibilità potremo cogliere i frutti di una oculata gestione dell’attività venatoria e di una corretta tutela del territorio che non può però prescindere dal contributo e dalla partecipazione di ogni singolo cacciatore. 11 Caccia, usanze e tradizioni della nostra Valle Luigi Capitanio Ho letto nei giorni scorsi una lettera che un sindaco della nostra Valle ha trasmesso per “conoscenza” al Comprensorio. Il contenuto della lettera, in modo sintetico, riguarda il rapporto di convivenza e di possibile conflitto tra il mondo venatorio e i turisti che abitualmente, ma soprattutto durante le vacanze estive, sono presenti nelle nostre valli. Puntualmente ogni anno in primavera, a turno, il Sindaco di questo o di quel Comune, preoccupato del possibile calo di presenze turistiche, invita con toni più o meno pacati i Cacciatori del Comprensorio a posticipare l’apertura della loro attività, in modo che il villeggiante non debba incontrare il cacciatore durante l’esercizio della caccia. Per prima cosa mi sento in dovere di rivolgere un doveroso e solenne richiamo a tutti i Cacciatori per un comportamento rispettoso delle leggi in materia venatoria, soprattutto in riferimento alle distanze da mantenere durante l’esercizio dell’attività venatoria dai centri abitati e dalle vie di comunicazione, nel contempo però questa lamentela mi costringe ad una breve riflessione e ad esprimere alcune considerazioni a tutela della nostra immagine, purtroppo sempre più maltrattata. A tanti di noi, giovani e non, è capitato di lasciare la valle per lavoro, studio o altre ragioni. In misura ancora maggiore è successo ai nostri genitori e nonni, che per indigenza sono stati costretti ad emigrare in paesi spesso molto lontani. Alcuni di noi, i più fortunati, hanno attraversato e attraversano periodicamente le frontiere per trascorrere periodi di vacanza in località lontane, sempre più frequentemente anche in località esotiche d’oltre mare. Ebbene tutti noi, lasciando le nostre contrade, abbiamo dovuto e dobbiamo adattare il nostro comportamen12 to alle usanze, alle tradizioni, alla mentalità del paese che ci ha ospitato o ci ospita temporaneamente. Spesso queste usanze sono profondamente diverse dalle nostre, tanto che non di rado, alcuni di noi, incapaci di modificare il proprio stile di vita sono dovuti rientrare interrompendo la vacanza o la permanenza di lavoro. Al riguardo si pensi soltanto alle difficoltà di adattamento alle abitudini alimentari, della lingua o della libertà di professare una religione. Ci aspettiamo in modo analogo, che lo stesso adattamento ai costumi e alle tradizioni della nostra terra sia sentito, in modo spontaneo, anche da chi ne è ospite temporaneo. Questi modo di intendere l’ospitalità mi suscita alcune importanti considerazioni sul futuro dell’attività venatoria, quella caccia che noi tutti Cacciatori di montagna conosciamo, perché da tempo la pratichiamo nello stesso modo, tanto da poterla considerare sotto ogni aspetto “necessità, consuetudine o tradizione”. In misura diversa, a volte velata, assistiamo a volte ad attacchi nei confronti dell’attività venatoria, anche nella nostra valle, dove fino a pochi anni fa, il rispetto della maggioranza della popolazione locale verso la caccia e le sue tradizioni costituiva una sorta di deterrente e di baluardo ai facili giudizi negativi, espressi quasi sempre da persone che abitano le grandi città. Questi giudizi, perlopiù malevoli nei confronti di tutta la categoria, provengono da direzioni diverse, anche locali, spesso sostenute in modo strumentale dalla stampa e dalla televisione. Le nostre Associazioni, che tra i loro doveri avevano ed hanno il compito di difendere anche l’immagine della caccia, hanno sempre costruito le difese per la categoria dei Cacciatori con il richiamo verso il rispetto delle tradizioni, mentre alcune di loro, con colpevole miopia, ancora oggi sostengono che queste aggressioni sono essenzialmente da attribuire, quale naturale reazione, al comportamento scorretto che alcuni seguaci di Diana, una minoranza per fortuna, mantengono nei confronti della selvaggina e dell’ambiente in generale. Non è così. Oggi qualcosa sta cambiando. Quel “qualcosa” forse è già cambiato, e molti, impegnati in altre faccende, non se ne sono nemmeno accorti! Basta pensare al costante lavoro che il nostro Comprensorio, attraverso il giornale e con le numerose iniziative che ha in corso, svolge nei confronti dei cacciatori, per una loro crescita culturale e di conoscenza nei confronti dei problemi ambientali e di gestione della fauna. E’certamente cambiata anche l’attenzione della società moderna verso i problemi di carattere ambientale, meno male, era ora! Spesso però questa attenzione è espressa in modo a noi incomprensibile, qualche volta in modo contestatario, o peggio ancora in modo ambiguo. Un’ambiguità che è dimostrata dalla stessa società nel suo modo d’essere, da un lato fortemente impegnata a sfruttare ogni risorsa del creato, spesso depredando in modo estremo una parte sempre maggiore delle ricchezze naturali, il più delle volte in modo inutile e sconsiderato, inquinando a più non posso acqua, aria e tutto l’ambiente che la circonda. Questo atteggiamento nei confronti della natura, ne ha decretato un allontanamento dell’uomo moderno dalla natura stessa, ed è sentito in modo maggiore dagli abitanti delle grandi città fortemente industrializzate, di conseguenza invoglia l’uomo, proprio per la sua appartenenza biologica alla sfera naturale, alla ricerca di una natura integra, di accezione idealistica, che lo riporti in armonia con la natura e soprattutto con se stesso. Eccolo dunque difensore verbale, troppo spesso impreparato e superficiale per una conoscenza piuttosto vaga che possiede della natura che vorrebbe difendere, che il più delle volte ha conosciuto distrattamente attraverso la televisione, durante l’ora di pranzo, o la sera, perché su altri canali non c’erano partite di calcio; quasi sempre attraverso documentari spettacolari dove il leone mangia sempre lo gnu. Questa scuola forma un difensore accanito e spesso incattivito, di quel mondo immaginario in cui tenta disperatamente di reinserirsi, coniando spesso frasi senza senso, gemellaggi stupidi quali: “fratello albero”, “animali nostri simili”, “pace con la natura” ecc. Chi è cacciatore da tanto tempo, la caccia e la natura la vive da sempre come aspetto integrante del proprio modo di essere, e non può accettare questo miscuglio di identità, questo scambio di ruoli, neanche attraverso una visione filosofica del problema! Noi umani abbiamo un’anima perbacco! E anche se l’etologia comparativa, nuova scienza emergente, pone sullo stesso piano uomini e bestie nel mondo animale, per ragioni puramente biologiche, il nostro processo evolutivo dimostra il distacco, se mai le prove servissero, dalla sfera naturale che appartiene alle bestie. Pur riconoscendo a questa scienza la scoperta che alcune specie animali presentano organizzazioni sociali complesse e in alcuni casi anche lo sviluppo di una capacità di pensiero elementare, appare innegabile la differenza tra l’uomo e qualsiasi altro essere vivente del pianeta. A confortare la mia opinione sulla diversità tra gli uomini e gli animali, sta anche l’osservazione che la maggioranza di noi, Cacciatori valligiani, proveniamo dal mondo rurale. Abbiamo visto per anni i nostri genitori tirare il collo alle galline senza scandalizzarci, le abbiamo mangiate e continuiamo a mangiarle senza odiarle od esserne innamorati. Credo che nessuno di noi le abbia mai considerate come “sorelle”. Conosciamo il modo per portarle in tavola, senza farle soffrire inutilmente, questo si, a differenza di molti che negando in modo inconscio la loro appartenenza al mondo degli umani, carnivori e predatori per eccellenza fin dalla notte dei tempi, “delegano” al prossimo questa incombenza, acquistando al supermarket il pollo già confezionato o per comodità già cotto. E’ vero, la società moderna esprime giudizi positivi nei confronti di quei popoli che tengono in grande considerazione la protezione degli animali; è l’attuale me- tro di misura nella valutazione del progresso raggiunto da una società, e aggiungo io, lo stesso criterio di valutazione dovrebbe estendersi anche nei riguardi di chi con il proprio operato mantiene integro l’ambiente. Tra questi ci siamo pure noi, sissignore, i Cacciatori. In ogni caso chiunque ponga sullo stesso piano uomo ed animale sbaglia, ne sono certo. Non solo nei confronti dell’uomo, il quale merita rispetto e considerazione per la posizione che occupa nel creato, ma commette errore anche nei confronti dell’animale, poiché lo tratta in modo non più confacente alle sue esigenze naturali; “umanizzandolo” l’animale non vivrà meglio o più a lungo, ma solo rispettando il suo ambiente esso potrà soddisfare quelle esigenze biologiche che caratterizzano la sua appartenenza ad una specie. Credo invece, continuando nella riflessione che, forse è semplicemente la parola “morte”, e tutto quanto a lei connesso che spaventa i sostenitori di queste filosofie. Basti pensare che parecchi di noi, escluso il sottoscritto, pensano di tutelare i propri figli impedendo loro di vedere gli effetti della morte, anche solo di un animale il cui sacrificio allegri la nostra tavola; queste “visioni” sono considerate esperienze negative. Alcuni poi, di moderna formazione professionale o semplicemente cavalcando l’attuale moda demagogica, raccomandano estrema prudenza verso queste visioni! Tranne poi ignorare le loro raccomandazioni verso la visione di quella violenza quotidiana trasmessa in tv, e non sempre a titolo gratuito, qualche volta anche pagandone il canone. Figuriamoci a questo punto se è il caso di mostrare un’azione di caccia al figlio di quel signore che viene dalla città per trascorrere in modo sereno alcune giornate di vacanza con la famiglia! Siamo impazziti? Ma cacciate da ottobre a ottobre e mezzo, di mattino presto, perché se vi vedono!! E magari a quei figli piacerebbe pure la caccia, ma i loro genitori ne demonizzano i praticanti, i contenuti. Pazienza bambini, andrete in discoteca quando avrete la vostra età. 13 Cacciatori, per riequilibrare le popolazioni di selvatici che altrimenti subirebbero delle fluttuazioni estreme, incontrollabili. Non basta pensare al reinserimento dei grossi predatori per risolvere il problema dell’aumento considerevole delle popolazioni selvatiche. In alcune nazioni, quali la vicina Svizzera, ne sanno qualcosa: spesso i predatori preferiscono l’abbacchio d’agnello all’arrosto di muflone, non solo perché tenero, ma per la facilità del reperimento. Il tutto con la benedizione degli allevatori locali! E come dice mia madre, “in alcuni casi la pezza è peggio del buco”. Per queste operazioni di reintroduzione servono grandi spazi, ma l’Italia non è la tundra lappone o la taiga siberiana, è molto, molto più piccina. E la caccia? Che senso ha cacciare nel terzo millennio? È una passione, una grande passione difficile da spiegare, difficile come spiegare i colori a chi è nato cieco. Ma gli effetti no, quelli possono essere compresi da tutti. Per paragone possiamo immaginare un appassionato di giardinaggio, che durante i mesi estivi taglia dei fiori di rosa per adornare l’interno della propria casa. Con questa operazione non distrugge le piante che producono ro- se, ci mancherebbe; semplicemente raccoglie il frutto del proprio lavoro, della propria passione. Anche noi Cacciatori utilizziamo lo stesso criterio, preleviamo parte di quei fiori, che sono la selvaggina, come interessi in eccedenza alla popolazione, che funge da capitale. Queste operazioni garantiscono grande vitalità alle nostre popolazioni selvatiche. Che senso avrebbe, da parte nostra, distruggere una popolazione selvatica; su cosa eserciteremmo in futuro la nostra grande passione? Provate a farvi accompagnare dai Cacciatori in un’escursione sulle nostre montagne, magari di mattino presto, e vedrete con i vostri occhi che la caccia, se ben gestita, non distrugge ma preserva la selvaggina. Non accusateci ingiustamente. L’estinzione delle specie qualche volta è opera dell’uomo, non del Cacciatore, ma sempre di quell’uomo che per interessi propri, spesso economici, distrugge gli ambienti destinati alle specie selvatiche. Solo chi non vuol vedere i risultati ottenuti con la gestione della nostra attività può esprimere critiche nei nostri confronti, purtroppo poco importa quale ruolo sociale ricoprano. E.Traini 3 Così, gradualmente, la maggioranza di noi non si rende più conto che non esiste vita senza la morte, che ogni essere vivente necessariamente deve uccidere per sopravvivere, che solo il genere umano oggi può godere del privilegio di non essere ucciso, privilegio spesso vanificato dalle guerre, ma almeno, grazie alla convenzione di Ginevra non rischiamo di essere consumati in salmì. Con questo non voglio affermare che certe immagini o situazioni vadano imposte, specie a bimbi del tutto ignari e impreparati, ma quantomeno del problema è bene parlarne, affinché ci si avvicini a quel mondo “naturale” di cui si vantano i valori, conservandoli nella loro integrità e rispettandone le diversità. Ma infine dico io tornando alla caccia; se la legge, dopo tante peregrinazioni, ha affidato il compito della gestione delle popolazioni selvatiche al mondo venatorio, una ragione, almeno una, perbacco ci sarà. Non credo sia scandalistica la conservazione delle popolazioni attraverso la gestione venatoria. Lo dimostrano in modo inequivocabile i dati che puntualmente ogni anno pubblichiamo; sono controllabili da parte di tutti! Anche in alcuni ambienti protetti oggi si richiede la collaborazione dei 14 LA BATTERIA DEI RICHIAMI Un approccio alla caccia da capanno Una speranza rivolta ai giovani perché si lascino attrarre dalla riscoperta di tutti i valori e di quelle particolari emozioni che appartengono solo alla vita del vero capannista Angelo Bonzi Sulla caccia al capanno esistono innumerevoli testi che sicuramente trattano meglio del sottoscritto l’argomento. Alcuni risalgono addirittura alla fine del Seicento e così fino ai giorni nostri, tanto che, su questa straordinaria caccia, di tutto è stato detto. Ed è straordinario ricordare che se le conoscenze da ornitologo sono sempre state patrimonio del cacciatore e del capannista in particolare, quest’ultimo ha dovuto imparare ad allevare i propri richiami in cattività per ovviare alla carenza di uccelli presicci. Ma l’impegno richiesto è tanto impegnativo che non sono pochi gli appassionati capannisti che hanno dovuto rinunciare alla propria passione: non poter disporre di “diversi” metri quadrati necessari all’allevamento, non tutti possono permettersi di seguire le imbeccate dei piccoli ogni cinque-sette minuti per venti giorni, non tutti possono vivere da febbraio a luglio più tempo tra le voliere che tra le mura di casa… Mi limiterò allora a parlare di alcuni richiami consentiti con i quali ho acquisito un’esperienza diretta. Per il capannista alle prime armi, la batteria di richiami che mi sento di consigliare deve essere innanzitutto composta di soggetti presicci acquistata da un allevatore o in uno degli impianti di cattura abilitati dalle province. Purtroppo è un fatto riscontrato che questi soggetti vengano messi a disposizione tardi, proprio quando è in corso il periodo della migrazione senza dimenticare che per abituare un soggetto alla gabbia è necessario un periodo di cinque-sei giorni. La precedenza d’acquisto, in fatto di specie, vorrebbe così: tordi e merli, quindi sasselli e cesene. L’ideale è affiancare un buon cantore ai presicci; in questo caso, oltre a un notevole impegno economico (questi soggetti hanno prezzi da vertigine nelle fiere degli uccelli), si rischia di avere dei cantori che, nel pieno della furia del passo, si zittiscono poiché forzati al pieno estro che devono cantare proprio in quelle sagre e fiere e che solitamente si svolgono in agosto e primi di settembre. Quindi, se vogliamo un buon soggetto, cerchiamo anche un buon venditore… Per i soggetti di cattura non esistono grossi problemi di allevamento, è sufficiente seguire determinati accorgimenti che poi si accompagnano alla buona cura della batteria per una sempre migliore caccia da appostamento. Ecco un piccolo decalogo per il neofito. Un soggetto di cattura deve essere innanzitutto appastato (cioè abituato a cibarsi in gabbia), e per le nostre quattro specie di turdidi non esistono grossi problemi. Infatti si abituano con disinvoltura e in poco tempo se la gabbia del nuovo arrivato, coperta con uno straccio e lasciato libero il lato della mangiatoia, la si affianca allo stesso lato di una gabbia che ospita un soggetto più vecchio della stessa specie che già si ciba. Per stimolare ulteriormente l’imbeccata aggiungere alla classica miscela per turdidi un poco di pastone ricco di mela tagliuzzata, uva amaranta, bacche di ginepro schiacciate, crisalidi e larve della farina. Quest’ultime, di cui gli uccelli sono ghiottissimi, vanno somministrate con accortezza poiché si tratta di un alimento molto calorico. Il numero dei presicci a disposizione deve essere consistente per avere più chance di buoni maschi cantori dato che, a parte il merlo, per le altre specie risulta difficilissimo distinguere il sesso nei soggetti giovani. La scelta dei cantori va fatta nella primavera, con un buon anno di anticipo al loro impiego. Ricordiamo che se un soggetto non canta in primavera non canterà nemmeno al momento opportuno. Per cui tali soggetti vanno liberati. L’esperienza dice che ci vogliono almeno otto-dieci presicci per specie per non rischiare una nuova stagione di caccia senza richiami da canto. Quindi il capannista principiante il primo anno non deve aspettarsi risultati eccezionali. Nel frattempo imparerà a conoscere e allevare i suoi uccelli, cacciando con presicci zirlatori e chioccolatori, ugualmente da richiamo anche se non cantano a gola spiegata. Con questi richiami ci si può dedicare alla caccia d’appostamento sino a stagione inoltrata, tentando d’insidiare i pasturoni e verificando al contempo le potenzialità dei nostri presicci, come ad 15 cia perdono le doti di richiamo: a volte basta infatti una giornata di nebbia o poche gocce di pioggia oppure un freddo improvviso per far diminuire le prestazioni dei nostri cantori più sensibili. L’abilità di un buon capannista consiste nel portare i suoi richiami in estro nei periodi di massima furia del passo. Infatti, non tutti i singoli richiami verseggiano per lunghi periodi. Alcuni soggetti impiegano molto più tempo per raggiungere il top delle prestazioni in fase di estro. Un esempio: ci sono soggetti che mantengono l’estro per due settimane o poco più, prima che entrino nella naturale fase calante. Altri invece possono tenere il ritmo del canto per quasi due mesi. Durante l’allestimento di una batteria di richiami possono capitare diverse anomalie. La più frequente è la gelosia fra soggetti canori. Un soggetto può cantare a squarciagola fra le pareti di casa e rimanere muto una volta esposto al capanno. Una volta accertata la gelosia e individuati i soggetti e nell’impossibilità di usare tali richiami in periodi diversi, distanziare e disporre le gabbie in modo che gli uccelli in esse contenuti non si possano vedere. La regola generale è infatti quella di esporre ogni richiamo sempre alla stessa pianta allo scopo di evitargli qualsiasi distrazione che possa comprometterne le perfomance canore. Le miscele di cibo reperibili sul mercato sono numerose e tutte valide. Individuata quella più appetibile sarebbe bene non sostituirla mai salvo qualche in- tegrazione con specifiche miscele vitaminiche che potrete trovare sempre presso i negozi specializzati. Avendo tempo a disposizione, si può preparare un pastoncino personalizzato a base di frutta, mele, uva, fichi secchi e altro, oppure di verdura, carote, cicoria da integrare alle miscele. Questi ingredienti vanno ben triturati e depositati sopra la razione di miscela nelle mangiatoie e, se non sono consumati entro due giorni, occorre rimuoverli. E’ importante che gli uccelli tenuti in cattività vengano esposti, all’inizio della fase canora, in luoghi movimentati e alla presenza di persone perché si abituino a rumori, voci e movimenti. In caso di pioggia o di vento freddo i richiami devono essere tassativamente messi al riparo. L’uccello in cattività, purtroppo, perde l’efficienza di una ghiandola particolare che secerne un grasso per la protezione del piumaggio. Quindi i nostri richiami andranno accuratamente protetti dal freddo, dal vento e dalla pioggia. Presicci o cantori richiedono tutto l’anno la massima igiene e cura. La pulizia fondamentale vuole che gli escrementi vengano rimossi con frequenza e soprattutto che gli uccelli non ne vengano a contatto. Per questo motivo, le gabbie andranno poste in alto in modo che gli escrementi finiscano a terra. !!! ATTENZIONE ALLE GABBIE E.Traini 2 esempio tordi con doppio zirlo, cesene dal doppio guaito che sono richiami utilissimi ma non cantori. Va sottolineato che il richiamo-cantore nella caccia ai turdidi ha la funzione di attirare nelle immediate vicinanze del capanno il suo simile; tuttavia, perché quest’ultimo si butti sui rami utili del capanno, occorre lo zirlo ripetuto di richiamo dei presicci o dei soggetti non mutati. Una batteria ideale che funziona in qualsiasi condizione non esiste. Si deve creare un gruppo di richiami in base al luogo di caccia e alla sua tradizione di passo; inoltre la legge impone limiti di impiego di richiami da cattura, sarà quindi meglio agire in base ai flussi di passo e integrando annualmente la batteria con soggetti giovani. Una buona batteria per la caccia ai turdidi dovrebbe essere composta da almeno sei-otto tordi bottacci cantori e da altrettanti zirlatori e chioccolatori; cinque-sei sasselli cantori e altrettanti zirlatori e chioccolatori; due-tre merli cantori e due presicci, otto-dieci cesene. Per garantirsi sempre ottime prestazioni nell’arco della stagione è fondamentale disporre di soggetti da integrare a quelli che per motivi vari durante il periodo di cac- 16 La legge sulla caccia e le sue successive modifiche hanno stabilito quali devono essere le misure delle gabbie in cui tenere i nostri richiami. Per i turdidi e lo storno dovranno misurare 25x25x20 centimetri. Un consiglio: per i turdidi acquistare gabbie con la parte superiore coperta da un telo. Il piano inferiore deve essere costruito con fili di metallo zincato, oppure in plastica liscia, per evitare che escrementi e acqua li deteriorino e provochino danni fisici ai richiami stessi. ILRITORNO DELLUPO Luca Pellicioli.* S. To rri an i Sulle “nostre Orobie” è tornato il lupo, è questa la sensazionale notizia che alcune settimane fa è comparsa sui principali quotidiani locali e che ha dato vita ad una serie di dibattiti e confronti tra i vari esperti del settore. La conferma viene dai risultati delle analisi, svolte dal laboratorio di genetica dell’I.N.F.S, effettuate su due campioni di feci di canide trovate all’interno dell’azienda Faunistico-Venatoria Barbellino-Belviso. Già a Novembre a Villa D’Ogna, in un convegno organizzato nell’ambito dell’Anno Internazionale delle Montagne, si era parlato di lupo grazie all’intervento di ricercatori che han- no esposto i risultati dei loro studi e ipotizzato alcune linee di gestione relative ai problemi che possono insorgere in seguito alla presenza del Lupo (Canis lupus). Recentemente a Clusone, in occasione di una tavola rotonda organizzata dall’Associazione per la Valorizzazione degli Alpeggi, si è ripreso questo tema visto dalla parte dei pastori e degli allevatori di ovicaprini. Nell’ultimo decennio si è assistito ad una notevole ripresa della consistenza numerica del lupo, e attualmente sono stimati più di cinquecento individui sul territorio nazionale, anche se il dato è comunque frammentario viste le esistenti difficoltà di censire esattamente questa specie. Nel corso degli anni il lupo dall’Italia centrale ha risalito la dorsale Appenninica portandosi verso il Piemonte; qui ha spesso sconfinato sul versante francese delle Alpi (morfologicamente diverso e più adatto al lupo), per poi riportarsi su quello italiano e lentamente spostarsi verso le Alpi Orientali. Questo percorso è stato favorito, ol- tre che dalla politica protezionista, dalla cosiddetta “riconessione di corridoi ecologici” che si sono creati in seguito all’abbandono dell’agricoltura in montagna. Inoltre l’aumento della presenza di ungulati selvatici sulle nostre Alpi ha garantito una buona disponibilità alimentare che ha ulteriormente favorito questo processo. Tutti questi aspetti hanno permesso al lupo di arrivare sulle montagne bergamasche dalle quali mancava dai primi anni del 1900. Nei secoli precedenti, invece, le cronache cittadine hanno spesso parlato del lupo soprattutto in relazione agli episodi in cui è stato direttamente coinvolto l’uomo. Oggi comunque la situazione è ben diversa sotto tutti i punti di vista. Inanzittutto si dovrà verificare se il lupo si fermerà sulle Orobie e se sarà in grado di trovare un ambiente ideale per la propria sopravvivenza e per la riproduzione. Accertare questo non sarà semplice visto che il lupo è un animale che quando insedia nuovi territori è molto elusivo e tende a stare lontano dai centri abitati. Inoltre è un animale in grado di compiere lunghi spostamenti durante la notte rendendo ancor più ardua la sua localizzazione. In centro Italia sono stati marcati alcuni animali al fine di studiare e comprendere meglio i suoi spostamenti ma le ricerche non hanno dato grossi risultati visto che gli animali marcati, in diverse occasioni, non si sono più ritrovati, probabilmente in seguito al notevole allontanamento dalla zona di marcatura ma anche come conseguenza del comportamento e delle abitudini di vita proprie al lupo. In tema di lupo l’esperienza più completa e organica è stata sicuramente quella compiuta dalla regione Piemonte grazie all’istituzione del progetto Comunitario: “INTERREG 2 Italia Francia 1994/1999”. In questo modo è stato possibile istituire diversi gruppi di lavoro con il diretto coinvolgimento delle Istituzioni politiche, dell’Università e degli allevatori e cacciatori della zona in modo da creare un’integrazione di informazioni e rendere quindi più completo l’approccio alla conoscenza e alla ricerca del comportamento del lupo. 17 Per quanto riguarda gli aspetti più specificamente legati alla predazione, il lupo è considerato un opportunista alimentare in grado di consumare diverse forme di cibo organico. Le sue prede preferite sono gli ungulati selvatici e gli ungulati domestici in modo particolare pecore e vitelli. Durante la battuta di caccia il lupo è un inseguitore e può cacciare da solo o insieme con altri lupi. Gli animali di piccola taglia sono generalmente uccisi con un morso alla gola, mentre quelli di grossa taglia vengono di solito afferrati agli arti posteriori e successivamente immobilizzati e definitivamente uccisi con morsi alla gola. Nel morso la distanza tra i canini è costante: 4 cm. tra i superiori e 3 cm. tra gli inferiori. Se le prede sono grandi, i morsi gravi sono all’altezza del garretto e delle zampe posteriori: in questo modo l’animale bloccato è poi morso alla gola e alla testa. Una volta morta, la preda viene subito consumata partendo dai visceri della cavità addominale (ad esclusione del contenuto dello stomaco), per poi passare alla muscolatura degli arti posteriori e successivamente alla parte dorsale e laterale della preda. Se non vengono disturbati i lupi possono riposare vicino alla carcassa e riprendere poi a mangiare. In genere lasciano sul posto ben poco. Tutte queste informazioni e altre potranno essere utili nel caso in cui il lupo si stabilizzasse realmente sulle Orobie. Nei prossimi mesi sarà fondamentale acquisire informazioni più chiare e dettagliate in merito a questo aspetto faunistico. *Laureando Medicina Veterinaria, Dipartimento Malattie Parassitarie Università di Milano. Un ambiente di integro interesse naturale e vocativo alla crescita della fauna selvatica può essere scelto dal Lupo per viverci stabilmente. Naturalmente la presenza del Lupo nelle nostre regioni Alpine suscita grande attenzione, dato appunto che la sua presenza con la determinazione dei branchi caratterizzati da una vita sociale molto sviluppata e mai insidiata da nemici naturali è in funzione della densità delle prede, siano esse specie domestiche o selvatiche. Su tale argomento segnaliamo un interessante opuscolo presentato dal Parco Naturale Alta Valle Pesio e Tanaro, nella provincia di Cuneo, che sintetizza un impegnativo lavoro di monitoraggio su questo superpredatore e della sua influenza sui programmi di gestione quanto sulle dinamiche di conservazione del patrimonio faunistico. E’ proprio in questa regione piemontese, la prima accertata nelle Alpi italiane, che il Lupo vive ormai stabilmente da cinque anni. Per chi fosse interessato, questi i recapiti: Ente di Gestione dei Parchi e delle Riserve Cuneesi Via S.Anna, 34 12013 Chiusa Pesio – Cuneo telefono 0171734021 - fax 01717735166 18 PREDATORE ASPETTO DELLA PREDA IL CANE Numerose ferite in tutto il corpo I morsi sono di diversa profondità e gravità. Nel morso la distanza tra i canini superiori varia da 3 a 5.7 cm. E lo stesso per quelli inferiori Se all’attacco partecipano cani di taglia diversa sul corpo si trovano morsi di varia grandezza. IL LUPO Le ferite sono limitate in genere alla parte anteriore del corpo: testa, gola e muso. Se l’animale rimane in vita le ferite sono sempre molto gravi. E.Traini Aspetti principali della differenza di predazione tra Cane e Lupo. IL CANE DA TRACCIA (seconda parte) Fausto Calovi LA TRACCIA ARTIFICIALE Si raccoglie del sangue, possibilmente di selvatico, ma va bene qualsiasi tipo di sangue, si conserva in frigorifero (freezer) per pochi giorni impedendo la coagulazione aggiungendo un po’ dl cloruro di sodio oppure, per fare più i sofisticati, aggiungendo anti-coagulanti, come l’eparina sodica o altri. Alle prime uscite la traccia può essere fatta imbevendo una spugnetta nel sangue strizzandola o toccandola a terra per un tratto di poche decine di metri. Oppure con una bottiglia a beccuccio si lasciano cadere delle gocce, non molto abbondanti, lungo un percorso, che verrà contrassegnato ogni tanto da del nastro isolante colorato da attaccare ai ramoscelli delle piante oppure (personalmente lo ritengo migliore) da pezzetti di carta, ottenuti dai fazzoletti da naso che risultano più facilmente biodegradabili. La segnatura della traccia serve per correggere eventuali errori del cane durante l’esercizio. Il cane va condotto sulla traccia almeno 2-3 ore dopo, sempre al guinzaglio (alla “lunga” di 3-6 m.) lasciandolo ragionare senza disturbarlo con l’incitamento, ma correggendolo lungo il percorso segnato, lasciandolo anche sbagliare. Capirà più facilmente quale sarà il suo lavoro. Molto dipende dalla sensibilità e preparazione del conduttore. Proseguendo con l’addestramento la lunghezza della traccia diventa sempre maggiore e la quantità di sangue sempre minore, fino ad arrivare a 200-250 cc per 1- 1,5 km. e ritardando progressivamente il tempo (fino almeno alle 12 ore) che intercorre dalla segnatura alla ricerca col cane. L’esercizio della traccia artificiale deve essere ripetuto a lunghi intervalli (1020 gg.) per non “far giocare” il cane il quale poi non presterebbe la massima attenzione su quella naturale. In fondo alla traccia è buona norma far trovare sempre qualche cosa: una pelle secca o congelata, uno zampetto, oppure quando cala la passione o la tensione, un animale vero, vivo o morto. Importante è addestrarlo sul “cambio” cioè l’incrocio con un’altra traccia fresca di altro animale, che ovviamente il cane non deve seguire. L’esercizio sul lavoro consente questa sicurezza. Spesso succede che il cacciatore poco accorto che ferisce, “si faccia giustizia da sé” utilizzando cani da caccia non addestrati, personali o di amici, per la paura di perdere il selvatico. Alla fine, deluso, chiama il cane da traccia. Questo comportamento disorienta il cane da traccia, il quale sentendo altri odori di cani sulla traccia, spesso abbandona la stessa. Ugualmente si verifica spesso quando il cacciatore segue la traccia per ritrovare l’animale, sovrapponendo continuamente il proprio odore a quello dell’animale. Per conseguire un buon addestramento il cane da traccia dovrebbe essere in continuo esercizio su traccia naturale o artificiale. LA TRACCIA NATURALE Quando il cane risulta aver ben compreso il lavoro richiesto sulla traccia artificiale, si può senz’altro portarlo su quella naturale. La traccia naturale è tutta un’altra cosa. In quel caso dipende molto dall’addestramento, dalle capacità del cane e del conduttore. Infatti il selvatico lo trova il cane, ma il conduttore lavorando alla corda lunga lo aiuta nel ritrovamento. La ricerca non deve essere immediata, ma deve intercorrere un lasso di tempo dettato dall’esperienza, comunque quasi mai prima delle 2 ore; tutto dipende dal punto colpito. Questo lo stabilisce la preparazione e l’esperienza del conduttore, considerate le reazioni al colpo. descritte dal cacciatore e le tracce sull’anschuss (punto di tiro). Su animali feriti ed ancora vivi che si allontanano, spesso conviene lanciare il cane sulla traccia fresca, liberandolo dal lungo guinzaglio. In queste condizioni essendo già concentrato sul lavoro di pista, riuscirà più facilmente a raggiungere l’animale ed a bloccarlo con l’abbaio o con l’attacco (Annoveriano, Bavarese, Yagdterrier). Quando si gira nei boschi a macchia, la tentazione di liberare il cane è molto grande, a volte necessaria per liberarsi dai pruni del fitto sottobosco. Ma il cane dovrebbe essere sempre tenuto alla “lunga”: infatti numerose esperienze dimostrano che con ferite superficiali ben difficilmente il selvatico si ferma davanti ad un cane che lo incalza, più facile appare individuarlo quando il cane è legato ed il selvatico si sente più protetto. Comunque ogni recupero è una esperienza unica ed irrepetibile. LA DIFESA DEL SELVATICO Quando il cane ha ottenuto una buona dimestichezza con la traccia artificiale, appare importante l’esercizio della “difesa del selvatico” utilizzando il comando (“seduto’’ (sithz) o il “terra’’ (platz),) l’importante è che siano comandi brevi e secchi dati in prossimità di elementi che si vogliono far difendere (indumenti, zaino . . .selvatico). Normalmente le razze indicate “difendono’’ istintivamente verso gli estranei, ma è sempre bene verificarlo. Tale esercizio appare importante quando si trovi il selvatico in zone difficili da raggiungere, e quando conviene cercare l’aiuto di qualcuno lasciando l’animale incustodito. Il cane non deve assolutamente infierire sul selvatico lacerandone le carni o peggio cibandosene, si deve esigere il rispetto assoluto della carcassa, tutto si ottiene con un buon addestramento. Molti cani, quando lanciati sulla traccia, tornano dal padrone segnalando in vari modi il ritrovamento, altri si fermano sulla carcassa ed abbaiano insistentemente “avvisando il morto’’. L’utilizzo corretto del cane da sangue dirà quale sia l’indole e l’istinto del proprio ausiliare che deve avere un notevole se non perfetto affiatamento con il padrone. Per ottenere questo il cane deve essere mantenuto sempre, o il più possibile vicino o a contatto con il padrone. Raggiunto un buon addestramento, l’ausiliare può essere utilizzato come cane da “limiere” e nella girata. 19 L’ ATREZZATURA L’attrezzatura della coppia cane-conduttore non appare complessa, tuttavia è molto specialistica e particolare. Guinzaglio da addestramento: guinzaglio lungo 3-4 metri per condurre il cane nell’addestramento ed esercizi. Nei boschi a macchia fitta ed intricata si usa moltissimo. La “lunga’’: guinzaglio di 6-8 metri in unico pezzo con grosso moschettone all’estremità. Spesso appare inservibile nelle macchie fitte e chiuse dove normalmente un selvatico ferito si rifugia. Meglio utilizzabile in aree aperte. “Collare”: largo (3-4 cm) per consentire una maggiore aderenza al collo ed evitare fastidiosi strappi al cane. Normalmente è provvisto di una girella per impedire l’attorcigliamento del guinzaglio. Questo collare dovrebbe essere ricoperto di materiale fluorescente di colore rosso o arancione per rendere visibile il cane nel folto, durante un eventuale inseguimento o chiusura a fermo del selvatico ancora vivo. Nella macchia non è sempre facile distinguere il selvatico dal cane. la perda, e non sia corretto sul cambio. Spesso si opera in zone con una elevata densità di selvatici e quindi l’addestramento al “cambio” è indispensabile, e qualche errore è sempre possibile. Coltello a lama larga e uno a lama triangolare per il colpo di grazia da infliggere tra l’atlante e l’epistrofeo, ottenendo con questo la morte istantanea dell’animale ferito. Apparecchio radio rice-trasmittente collegato a collaboratori perché, a volte la traccia porta il cane e conduttore in zone sconosciute ed imprevedibili. Arma da fuoco, la più leggera possibile, la più corta possibile (ideale la pistola) di calibro adeguato, non eccessivamente potente, ma rigata e di grosso calibro (7-9 mm). La munizione spezzata potrebbe colpire il cane, e la palla in canna liscia, nel folto, ha spesso pericolosi rimbalzi. Cosciali, guanti e cappello a falde corte: necessari nella macchia mediterranea per difendere le gambe dai rovi e le mani che devono trattenere il guinzaglio. Fazzoletti di carta per “tenere” e segnare la traccia, eventualmente il cane Taccuino e matita per appuntare a caldo le fasi di recupero e prendere nota del comportamento dell’animale e del cane. A volte bisogna interrompere la traccia per la notte e riprenderla il giorno successivo, qualche appunto aiuta a riannodare la traccia. Ogni battuta di caccia ha spesso il suo animale ferito: un cane da traccia potrebbe essere un valido aiuto a recuperare ciò che un cacciatore potrebbe sciupare. (La prima parte dell’articolo è stata pubblicata sul numero 17 della rivista) Segugio di Hannover (Hannoverrischer Schweisshund) Deutscher Jagdterrier Bassotto tedesco (Teckel) a pelo duro E.Traini 5 Segugio da montagna Bavarese (Bayerischer Gebirgsschweisshund) 20 L’ALTANA (seconda parte) Enzo Ruggeri Preparazione del sito Prima di stabilire come intervenire sull’area entro la quale è posta l’altana, va analizzata la tipologia dell’ambiente che questo ungulato predilige e le sue esigenze alimentari. Questa analisi ha lo scopo di ottimizzare l’habitat al fine di favorire la permanenza del capriolo nell’area che sarà teatro prima delle nostre osservazioni e poi delle azioni di caccia. Un’attenta valutazione delle esigenze alimentari del capriolo, permetterà di effettuare interventi di preparazione del sito mirati a non eliminare, al solo fine di migliorare la visibilità, piante ed arbusti a lui graditi, bensì consentirà un miglioramento del biotopo con conseguente aumento della presenza del selvatico. La produttività dell’ambiente e la disponibilità di cibo sono fondamentali per la sua presenza. Il capriolo, infatti, deve sottostare ad un regime alimentare estremamente selettivo a causa delle dimensioni molto ridotte, rispetto al peso, del suo apparato stomacale. A differenza degli altri ungulati di inte- resse venatorio, necessita di alimenti ad alto contenuto energetico poiché il poco cibo che può assumere deve essere sufficiente al suo sostentamento. Questa particolarità anatomica, condiziona il regime alimentare e la sensibilità alla situazione trofica obbligandolo a frequenti assunzioni di cibo (2-3 ore) ed a una selezione molto attenta dei suoi alimenti, tanto più graditi quanto più ricchi di proteine digeribili. In primavera ed estate, l’attenzione del capriolo è rivolta ai germogli ed alle foglie di querce, leccio, robinia, carpine, faggio, tasso, sambuco, pruno, salice, biancospino, orniello, leguminose, trifoglio, erba medica, piante erbacee. In autunno vengono appetiti mirtilli, lamponi, rosa arvensis, sanguinella, frutti, selvatici, ghiande, rovi, salici, cespugliame, sorbo. In inverno il cibo è prevalentemente costituito da apici di rami di abete bianco, quercia, salici, cespugli, corteccia di frassino e salice. Fatte queste considerazioni sulle esigenze alimentari, siamo in grado di intervenire in modo corretto sull’ habitat nei pressi della nostra altana poiché la cura del biotopo è tra le misure più importanti ed efficaci per far si che il capriolo diventi un assiduo frequentatore dei luoghi da noi prescelti. Dopo aver ottenuto dal proprietario del fondo il permesso di effettuare tagli di piante di piccole e medie dimensioni e di realizzare nuove piantumazioni, si procederà innanzitutto ad eliminare alberi e cespugli che possono ostacolare l’individuazione del selvatico nell’obbiettivo di creare piccole radure per aumentare l’offerta di pascolo, ma con l’accortezza di non esagerare nei tagli poiché, vista la tipologia ambientale delle nostre valli, non trasformeremo mai un “capriolo di bosco” in un “capriolo di campo”! Ancora attenzione va posta al fine di non tagliare possibilmente piante o cespugli facenti parte delle specie contemplate nella dieta del capriolo, ricordando comunque che prima di tagliare un albero, si deve sempre prendere in considerazione la possibilità di una sua potatura, che, se ben eseguita, avrà come risultato la generazione di nuovi, te21 22 quanto portatori di parassiti, malattie e grandi divoratori delle culture arboree da noi disposte. Volendo aumentare ulteriormente l’attrazione alimentare del capriolo, si può pensare al foraggiamento costituito da fieno (poco gradito), da fasciame di sorbo, frassino, quercia, robinia, salice, olmo, abete bianco con integrazione di ghiande castagne faggiole e mangimi pressati come pannelli di arachidi e sesamo. Quest’ultimo, in particolare, come dimostrato da Vogt favorisce enormemente anche lo sviluppo del palco. Dopo aver effettuato la predisposizione di tutto questo ben di Dio di carattere alimentare, la ciliegina è costituita disposizione del sito, possiamo finalmente iniziare ad utilizzare il nostro appostamento innanzitutto per l’osservazione della selvaggina. Se abbiamo ben predisposto il sito, mascherato sufficientemente l’appostamento e se ci avvicineremo silenziosi all’altana potremo certamente effettuare lungo tutto l’arco dell’anno ottime osservazioni che ci permetteranno di valutare la consistenza faunistica locale non solo del capriolo, ma anche di tutte le altre specie che vivono in quell’area e l’evoluzione dei cambiamenti sia di muta che comportamentali. Potremo inoltre verificare le preferenze alimentari per ottimizzare ulteriormente la preparazione del sito ed in fine scegliere con oculatezza il capo da prelevare durante la stagione di caccia. Evitiamo quindi l’utilizzo dell’altana nella sola stagione venatoria poiché ciò non ci permetterà di osservare la vita degli animali precludendoci quindi la possibilità di una attenta valutazione del patrimonio faunistico e quindi una corretta scelta dei capi da abbattere. L’altana, infatti, offre un grande vantaggio al cacciatore: facciamo i modo che non venga annoverata tra gli “esercizi passivi che corrispondono agli agguati, alle insidie, ai tradimenti”.(VILLANI 1936) È evidente inoltre, che un prelievo oculato può essere effettuato solo se esiste un’etica comportamentale anche da parte di tutti i cacciatori della zona poiché, purtroppo, frequentemente, si assiste o si viene a conoscenza dell’utilizzo dell’appostamento per scopi venatori posto in atto da persone che nulla hanno avuto a che vedere con la realizzazione dell’altana, dimenticandosi totalmente di tutte quelle “Leggi mai scritte” che vengono raggruppate in quel manuale non in vendita il cui titolo è: ETICA E BUONA EDUCAZIONE dal sale la cui somministrazione va effettuata solo con cognizione di causa ed in presenza abbondante di acqua per consentire l’abbeveramento e con accorgimenti atti ad evitare che il sale non venga assunto in quantità esagerate. Quanto brevemente citato a proposito del sale, è di dovere per completezza dell’articolo, ma è altresì doveroso ricordare che l’attuale regolamento della caccia agli ungulati vieta la predisposizione di saline in quanto favorisce azioni di bracconaggio ed il sale, se assunto in dosi massicce in spazi temporali ristretti, genera più danni che benefici. Utilizzazione Ad altana costruita ed effettuata la pre- E. Traini 5 E.Traini 4 neri ed appetiti germogli. Inoltre la presenza in una tagliata di cespugli può favorire la costante permanenza, nell’arco della giornata, del selvatico anche durante le fasi di ruminazione che nel capriolo hanno una frequenza di due tre ore in relazione a quanto detto circa la sua capacità stomacale. Anche i margini della radura nella quale è posta l’altana assumono grande rilievo poiché, meglio si addicono al nostro scopo quei margini con tracciato fortemente strutturato dove crescono arbusti e cespugli che, a confronto di quelli rettilinei, offrono oltre ad una maggiore presenza di cibo anche un senso di maggior sicurezza al capriolo intenzionato ad entrare negli spazi liberi da cespugliame del raggio d’azione dell’altana. Questi cespugli, così come gli altri facenti parte del sito, dovranno essere sapientemente potati per poter consentire sia una corretta visuale che la produzione di giovani germogli. Le piante appetite dalla selvaggina vanno tagliate ad una altezza di circa 50-60 cm. affinché i nuovi germogli non sfuggano alla sua portata. I rami tagliati dai salici possono essere utilizzati come talee per nuove piantumazioni. Ultimata la fase di eliminazione di tutte quelle piante che non entrano a far parte della dieta del capriolo e che sono da ostacolo alla sua individuazione, si può procedere all’effettuazione di nuove piantumazioni scegliendo le specie più appetite ed alla successiva semina di erba medica, trifoglio e graminacee di qualità come il paleino odoroso, l’erba mazzolina, l’erba altissima, la poa comune, la coda di topo con lo scopo di realizzare nell’area di nostro interesse un paradiso alimentare. Un altro intervento volto a migliorare l’autoproduzione locale di cibo è lo sfalcio e possibilmente il pascolo effettuato con bovini. Assolutamente da evitare è il pascolo con ovini e caprini in PROGETTI DI EDUCAZIONE AMBIENTALE Iniziative didattiche per la scuola In questi ultimi due anni sono partite alcune iniziative finalizzate alla campagna di diffusione nelle scuole dell’obbligo di una “cultura ambientale” che avesse come impronta forte quella della conoscenza della fauna selvatica, dell’ambiente, dell’ecologia e della necessità di “gestione” di tutti i fenomeni inerenti al problema fauna / ambiente. Chi meglio del mondo venatorio poteva affrontare il problema e renderlo “leggibile” in un’ottica di equilibrio e di impatto scientifico - culturale corretto? Naturalmente non siamo i soli a farlo, ma va sottolineato che anche noi siamo coinvolti, a maggior ragione dopo che la legge nazionale 157 affida proprio agli ambiti territoriali di Caccia e ai Comprensori Alpini la cura e la gestione della Fauna selvatica. Questo giornale, oltre all’informazione, svolge anche questo delicato compito, riteniamo con la competenza e la scientificità necessarie, di cui siamo particolarmente orgogliosi. Facciamo una panoramica sulle principali iniziative didattico – divulgative in corso. PROVINCIA DI BERGAMO Il Progetto “CONOSCERE LA FAUNA SELVATICA E GLI AMBIENTI NATURALI DELLA BERGAMASCA” ha preso avvio quest’anno per iniziativa dell’Assessorato Agricoltura - Caccia e Pesca della nostra Provincia; verrà presentato alla stampa in questo mese di aprile, e il materiale didattico divulgativo verrà inviato a tutte le scuole dell’obbligo della Provincia di Bergamo. Si tratta di un opuscolo di 32 pagine in cui sono presentate 42 specie animali significative dei diversi ambienti della nostra provincia, che spaziano dal mondo degli insetti a quello dei pesci, dagli uccelli agli anfibi, fino ai grandi mammiferi delle Alpi. Ogni alunno delle scuole avrà in dono questo strumento “didattico”, che diverrà di volta in volta materiale di approfondimento in diverse attività scolastiche: dal disegno naturalistico alle scienze naturali, fino alla riflessione sul testo. Ad ogni classe verrà poi consegnata una grande cartina della provincia con raffigurate tutte le specie descritte. Un’iniziativa che riteniamo di grande importanza, attesa dalle scuole per quella grande sete di scoprire i segreti della natura che ogni bambino sempre più vuole soddisfare. Una ulteriore soddisfazione riguardo al Progetto, che per noi Cacciatori del Comprensorio Valle Brembana diviene un vanto, è il fatto che la realizzazione dei testi è stata curata dal nostro responsabile della rivista Flavio Galizzi, socio cacciatore, e quella dei disegni dal disegnatore naturalistico Stefano Torriani, che conosciamo bene perché è un nostro collaboratore. Complimenti! PROVINCIA DI BRESCIA Il Progetto ha preso avvio l’anno scorso, con la realizzazione delle splendide cartelle “didattiche” sull’avifauna, con rappresentati e descritti, con immagini, disegni e testi, dodici uccelli diffusi in Provincia. Oltre alle immagini, vengono descritte le specie illustrate e alcuni temi di approfondimento sulla fauna, l’evoluzione, le migrazioni… Il Progetto quest’anno ha visto la realizzazione di altrettante cartelle, sullo stile delle prime, che rappresentano e descrivono il mondo degli Ungulati e quello dell’avifauna tipica alpina. Un’iniziativa, anche questa, rivolta al mondo della scuola, molto apprezzata e richiesta per la qualità e i contenuti. Anche qui c’è l’impronta dei nostri due collaboratori Galizzi e Torriani, con il contributo delle fotografie di Baldovino Midali, di Branzi. PROVINCIA DI TRENTO Il progetto di Trento ha la caratteristica di essere stato curato direttamente dall’Associazione Cacciatori della Provincia di Trento. Un’iniziativa molto bella e ben strutturata, sia dal punto di vista scientifico che didattico, che si inserisce in un più vasto progetto che vede coinvolti i Guardiacaccia come “insegnanti” nelle scuole e i Cacciatori come protagonisti di quei progetti di gestione e protezione della Fauna, come primi attori nel lavoro di monitoraggio e come sentinelle dell’ambiente. L’iniziativa è stata avviata già dal 1997, e quest’anno ha visto come autori del materiale didattico due “amici” del nostro Comprensorio: Ivano Artuso, che cura per noi il Progetto Galliformi, e il suo “maestro di caccia” Emilio Rudari. Anche a loro i nostri più sinceri complimenti! 23 A Roberto Gatti Ricordo di un cacciatore amico della Valle Brembana Mario Lazzaroni Roberto nasce a Silvano Pietra (paese sul Po vicino a Voghera, Pavia) nel 1946, e muore a Casei Gerola il 20 dicembre 2002. Il padre Attilio è stato il segretario comunale del paese oltre che cacciatore di lepri, e gli aveva dato un’impronta di cacciatore, di amministratore e di mediatore. Licenza di caccia a 18 anni, si laurea a Pavia in medicina e inizia come medico scolastico, poi funzionario organizzativo e negli ultimi anni direttore dell’ASL di Pavia. Partecipa negli anni 68 - 70 ai movimenti politici e amministrativi del tempo ed è un attivista politico, ambientalista e venatorio. Giovanissimo per due legislature è sindaco del suo paese e anche assessore provinciale all’ecologia. Per le contrapposizioni degli anni 70-75 all’interno della FIDC, passa all’ARCI Caccia e per alcuni anni ricopre la carica di presidente provinciale. Negli anni 72-78 a Pavia attorno al mondo universitario ambientalista - venatorio e ittico si coagula un gruppo di lavoro sulle tematiche ambientali, ecologiche, legislative che emerge a livello nazionale e diventa un riferimento italiano sugli indirizzi gestionali e legislativi di quegli anni. Cacciatore di Po, giovanissimo, accompagnava Guido Tosi a caccia di anitre con la barca. Roberto che era nato sul Po dove aveva un barcone e una casetta raccontava spesso le storie del grande fiume padano. Giovanissimo diventa amico fraterno di Ivan Torchio, suo coetaneo. I due avevano già negli anni 70 l’abitudine di vestire tutti i giorni come i cacciatori mitteleuropei. Roberto e Ivan cacciando assieme e osservando l’organizzazione venatoria e forestale della Slovenia, avevano recepito e permeato un’impronta di gestione venatoria e forestale del territorio che mancava in Italia; salvo in alcune riserve private di caccia che avevano una conduzione manageriale di alto livello. Negli anni 75 -80, di caccia si, caccia no, il Gruppo Pavia elabora l’autogestita venatoria sociale pubblica che andava a copiare le indubbie realizzazioni di 24 alcune riserve di caccia private. Il Gruppo di Pavia agganciò l’UNCZA, che ai tempi era solo Trentino e Alto Adige, Belluno, Tarvisio e la piccola provincia di Trieste, e a più riprese là era andato a sollecitare un’azione di guida alle altre regioni alpine e appenniniche e aperta a tutte le associazioni venatorie. Roberto era mediatore e tessitore tranquillo. Analogamente a quanto fatto con l’UNCZA, il Gruppo aveva agganciato il CIC (Consiglio Internazionale della Caccia) per una partecipazione e mediazione ai problemi venatori nelle diverse realtà regionali. Roberto diventa socio del Comprensorio alpino Val Brembana nel 1977, non caccia in alcun altra realtà della regione Lombardia, e rinnova la quota anche in due anni di “non caccia” per non perdere il diritto di socio nel nostro distretto alpino, emergente gestionalmente e con gli ungulati in forte espansione. Nel 1980 abbatte il suo primo camoscio brembano a Roncobello, nella conca dei Muffi. Roberto partecipa sempre indirettamente alle problematiche organizzative della valle Brembana e fa da supporto a più riprese in Assessorato regionale lombardo agli inizi della caccia di selezione al Camoscio. È stato uno dei primi conduttori italiani, fuori dal Trentino, ad avere il cane da traccia per l’ungulato; successivamente diventa giudice internazionale nelle prove di recupero dei cani da traccia. È stato promotore della prima prova dimostrativa di cani da traccia a Mezzoldo nel 1983 e negli anni successivi è sempre stato presente e determinante nella promozione e formazione dei caccia- tori conduttori di cani da traccia e per l’organizzazione delle prove e corsi in Valle Brembana e provincia di Bergamo. Nel maggio 2002 è stato giudice della prima Prova Nazionale “Trofeo UNCZA Natale Mismetti”. Aveva firmato la prefazione della monografia “GLI UNGULATI IN PROVINCIA DI BERGAMO” di Giacomo Moroni, realizzata dal gruppo UNCZA Alta Valle Brembana in occasione della XXX assemblea UNCZA di Piazzatorre. Negli anni del Comprensorio alpino e con l’avvento del Giornalino “CACCIA in Val Brembana” era un puntuale scrittore con i suoi articoli sul cane da traccia e sull’Etica Venatoria. Aveva fondato l’URCA lombarda, l’associazione dei cacciatori dell’Appennino, ed era il vice presidente nazionale, nel limite dei suoi molteplici impegni di lavoro e di giudice cinofilo internazionale. Sempre presente per la mostra annuale dei trofei, era un onore averlo ospite; cercava sempre di capire le realtà locali nei relativi contesti storici, e con molto garbo dava dei suggerimenti gestionali. Roberto come cacciatore socio della Val Brembana ha sempre praticato la caccia all’ungulato nel settore 5, prevalentemente in Menna, Vindiolo e Ortighera, con un intermezzo in Cavallo-Pegherolo. È stato presente al convegno di Cene in cui l’Assessorato Provinciale ha ripercorso i 20 anni di caccia di selezione all’ungulato in Provincia di Bergamo, con la sua immancabile relazione sul ruolo del cane da traccia. La sua agenda era piena di amici in tutti gli angoli d’Italia e quando c’era una emergenza organizzativa era sempre disponibile a tessere le amicizie e i collegamenti istituzionali per affrontare le necessità che gli venivano presentate. I funerali sono stati una testimonianza oceanica di pennacchi e loden di tutto l’arco alpino e appenninico. Il passaparola aveva raggiunto i personaggi più autorevoli del mondo venatorio, cinofilo, ittico, ambientale e delle istituzioni nazionali collegate. Casei Gerla, famosa per il cartello 45° parallelo, è stata appuntamento per tutta l’Italia Venatoria. Ph. RG - ET PER UNA SCUOLA DI CACCIA… Domenico Belotti 26 sto che, come nel nostro caso, non c’è più ricambio. Come concludeva Josè Ortega y Gasset all’inizio del XX secolo “tutte le mie aspirazioni si riassumono in quella di es- ra la figura della persona che insegna ad andare a Caccia? Non pensiamo proprio, vuoi per mancanza di materia prima, gli allievi, vuoi per una oggettiva difficoltà ad avere accesso alle zone di Caccia ricche di selvaggina e quindi molto richieste, o forse molto più semplicemente i veri Maestri disposti ad insegnare sono pochi e gli altri chiusi nel loro egoismo? Per questo motivo sarebbe molto interessante creare qui una scuola di caccia alla selvaggina alpina, ovviamente senza le pretese di essere una Università, ma semplicemente una scuola di avviamento all’attività venatoria; sarebbe importante pertanto sapere se ai soci una tale proposta possa interessare. Non dimentichiamoci che oggi, e questo è rivolto soprattutto ai giovani, in questo nostro mondo affollato di cloni, l’aiuto e l’imprimatur di un maestro potrebbe permettere di esaltare il valore di un giovane cacciatore altrimenti destinato al ruolo di eterno secondo. Immalinconisce e irrita vedere la Caccia contemporanea ridotta a fabbrica, produttrice di stereotipi, non fucina proiettata verso il domani e, quando lo è, tutto rientra nel diktat estetico che i media, unici depositari di verità e certezze, le loro ovviamente, ci propinano. Ma dove c’è certezza non esiste il progresso, bensì ripetizione, e questo ce lo insegne la Storia, per cui lanciamo il sasso nello stagno e stiamo a vedere. E.Traini Chissà quale sarà stata l’emozione del giovane Giotto quando Cimabue l’invitò a far parte della schiera dei suoi discepoli. Il giovane era di sicuro inconsapevole del proprio valore e ignaro che la sua fama avrebbe superato quella del Maestro, ma si sa, il talento viene prima o poi riconosciuto. Il ragazzetto è raccontato come burlone ed indisciplinato, sperimentatore e caparbio, tanto che non serve troppa fantasia per immaginarsi le sfuriate dell’augusto “capo”. Il fatto però che Cimabue non sia stato felicissimo di passare alla storia più per avere scoperto Giotto che come artista ce lo rende umano e anche più simpatico, ma è ovvio che di fronte alla magnificenza del Duomo di Assisi il mondo lo ringrazi ancora. Maestri e allievi, binomio cardine per la storia di ogni attività umana e, checchè se ne dica, tassello formativo per progredire. Pur sapendo che insegnare ed imparare è un’impresa faticosa, rimane comunque il fatto che il rapporto maestrodiscepolo è un’esperienza vitale, un segno di civiltà e di proiezione nel tempo, ma purtroppo pressoché scomparso del tutto, e non si può che sottolineare il purtroppo visto che oggi il volontario passaggio del testimone generazionale è ormai cosa ben rara nell’attività venatoria, cosa di cui noi ci occupiamo. Il concetto di Maestro, e di conseguenza di formatore, esiste ancora? Francamente non ci sembra proprio vi- sere un Maestro che lancia piccoli sassi in uno stagno”, ovvero instillare la voglia di sapere ed il dubbio. Niente di più vero se si pensa che la Caccia, quella con la C maiuscola, più di altre attività, è fatta non solo di esperienza sul campo, ma anche di teoria, per cui perché non pensare di istituire nel nostro Comprensorio una scuola di Caccia. Non intesa come movimenti teorici in cui il singolo è forzatamente parte di tutto, difficile immaginare attorno al Maestro un cenacolo di allievi spinti a volare con le proprie ali, ma di un qualcosa sul tipo, magari più in piccolo, del “Gallo” in val Passiria. Facciamoci una domanda: esiste anco- IDEE PER UNA BIBLIOTECA Domenico Belotti La biblioteca è per definizione un luogo ibrido, che assolve o dovrebbe assolvere allo stesso tempo funzioni di apprendimento, di studio e di socializzazione, e questa visione dello spazio dedicato alla lettura è tanto più vera se dedicata alla nostra comune passione di cacciatori, che fa della conoscenza e dello stare insieme una delle ragioni stesse della sua esistenza. La dimensione privata di questo luogo senza tempo comincia nella fantasia, ovvero dall’interpretazione che ciascuno dà del mito. Oggi si pensa, in linea generale, che il luogo prediletto dell’immaginazione e dell’apprendimento sia la superficie pubblica di uno schermo, ma secondo noi non è così. Lo schermo di un televisore o di un computer non è abbastanza confortevole e, quando si tratta di leggere, le persone non sono sempre interessate alla molteplicità di informazioni cui lo schermo stesso dà accesso. Quella va bene per lo studio che ha sempre richiesto di avere sottomano più volumi contemporaneamente, mentre il libro resta un supporto molto più flessibile, se non altro per il comfort della lettura. Leggere significa, come già detto, informazione e intrattenimento, anche se si tratta di un “entertainment”, come dicono gli anglosassoni, distante da quel gusto un po’ disneyano richiesto da una biblioteca pubblica pensata per una società urbana contemporanea. Questo non vuol dire propendere per l’una o per l’altra cosa, entrambi gli aspetti sono necessari alla pluralità su cui si fonda la cultura occidentale. Articolare il pubblico, (ovvero i soci del Comprensorio) che vogliono conoscere, ed il privato, la voglia di stare insieme, è una delle sfide più importanti per la nostra civiltà. In questa parte del mondo la cultura ha preso il posto che aveva la religione nell’antichità, per cui non deve stupire più di tanto che sia costituita da riti pubblici e da momenti privati di raccoglimento, per cui la sfera individuale della lettura ha una sua dimensione sociale che il rito privato contribuisce a mantenere. Ma dopo questo excursus su ciò che significa la biblioteca, torniamo a noi. Visto che da parte di parecchi soci, anche durane l’assemblea, era stata sollevata la richiesta di avere una biblioteca, evidentemente di natura venatoria, perché non metterla in pratica cominciando magari con libri, oltre che acquistati dal Comprensorio, anche prestati o donato dai soci stessi. Giriamo la richiesta al nuovo Comitato di Gestione e vediamo la sua disponibilità e sensibilità a tale proposito. Il fruitore della biblioteca dovrebbe pensarla come una sorta di casa non solo sua, ma anche come un posto di vacanza! Un’utopia? ** Immagine tratta da decorazione su edificio in Vigo di Fassa 27 APPUNTI DI BIOLOGIA ANIMALE Rubriche Tiziano Ambrosi L’INFLUENZA DELL’AMBIENTE SUL COMPORTAMENTO DEL CUCCIOLO I cuccioli risentono dell’influenza dell’ambiente in cui vivono fin dalla nascita e durante tutti gli stadi dello sviluppo. Il temperamento della madre, ad esempio, può avere un’enorme influenza sul modo in cui i cuccioli rispondono alle nuove esperienze. Se una cagna è paurosa e indietreggia quando un estraneo si avvicina, i suoi cuccioli la imitano. In seguito, anche quando la cagna non sarà presente, i cuccioli manterranno lo stesso approccio pauroso e guardingo verso gli estranei. Oltre che con la madre, il cucciolo sperimenta i primi importanti contatti sociali anche con gli altri membri della cucciolata. Il periodo di socializzazione rappresenta lo stadio di sviluppo in cui è della massima importanza che i rapporti sociali primari si formino. Durante il gioco i cuccioli imparano quali sono i comportamenti accettabili e inaccettabili e scoprono i limiti delle proprie capacità fisiche. Nei lupi queste prime sessioni di gioco contribuiscono anche a determinare la posizione di ciascun animale nella gerarchia sociale del gruppo. Nel cane domestico invece la situazione non è altrettanto chiara: il rango sociale o la condizione di dominanza che si manifesta durante il gioco, o anche durante la competizione per un osso o per un giocattolo, non sembra essere un buon indice della futura condizione sociale degli animali. Oltre ad apprendere i diversi ruoli sociali, i cuccioli imparano uno dall’altro anche le conseguenze di certe azioni e osservando le risposte dei fratelli imparano ad evitare gli stimoli dannosi. Nei rapporti sociali primari dei cani domestici rientrano anche quelli allacciati con gli esseri umani . Esperienze ridotte di rapporti con l’uomo possono influenzare drasticamente il modo in cui i cuccioli una volta cresciuti, risponderanno a persone sia familiari che estranee. Cuccioli allevati in isolamento dalla nascita all’età di 14 settimane diventano selvatici e inavvicinabili. I cuccioli cresciuti con un numero limitato di persone diventeranno spesso timorosi degli estranei, e ci sono frequenti casi di cuccioli cresciuti in gruppi familiari di sole donne che sono spaventati dagli uomini, e viceversa. Allo stesso modo cani allevati in case dove sono presenti animali di altre specie, per esempio gatti, di solito accettano rapidamente altri animali di quelle specie quando vengono introdotti in casa, mentre cani allevati senza contatti con gatti impiegano molto più tempo ad accettarli nel loro ambiente familiare. L’Associazione dei Cani Guida per Ciechi, nel Regno Unito, sistema tutti i suoi cuccioli in famiglie volontarie fin dall’età di 6 settimane. Nonostante il maggior rischio di contrarre malattie, i responsabili dell’Associazione hanno rilevato che queste esperienze precoci di una grande varietà di situazioni ambientali aumenta in maniera significativa la possibilità che i soggetti diventino dei buoni cani guida. Anche la corrispondente Associazione americana ha verificato risultati analoghi. Una buona percentuale dei cuccioli allevati in altro modo e convenientemente addestrati, non ha superato il test finale per essere accettati come cani-guida perché i soggetti erano incapaci di prendere decisioni autonome, come rifiutare di obbedire a un comando del conduttore quando la sua esecuzione poteva comportare un danno per la loro vita. Se i cuccioli restavano nei canili dei cani-guida per più di 12 settimane prima di essere sistemati in case di famiglia, solo il 30% riusciva poi a diventare caneguida, mentre se venivano ospitati in famiglie prima delle 12 settimane, il 90% lo diventava con successo. Nei cani da pastore dell’Anatolia questo effetto della socializzazione precoce viene manipolato appositamente allevando i cuccioli in un modo particolare. I giovani cuccioli vengono cresciuti in esclusiva compagnia delle pecore, con il risultato che, una volta adulti, essi possono essere lasciati da soli con le greggi in montagna. I cani trattano le pecore come se fossero membri del loro “bran- co” e le proteggono dai potenziali predatori. Ma non sono solo le esperienze precoci ad influenzare il comportamento dei cani. La quantità e la qualità dell’addestramento ricevuto possono modificare il modo in cui un cane risponde a determinate situazioni. La quantità di addestramento necessaria per un cane dipende dalla sua razza e dal particolare substrato genetico dell’individuo. Non è un caso che esistano diverse linee genetiche di cani da caccia, a seconda che siano utilizzate per il lavoro o per le esposizioni. E’ alla capacità di interagire con le persone e alla disposizione al gioco che il cane deve la propria popolarità. Il comportamento giocoso si osserva per la prima volta nei cuccioli durante il periodo di transizione (terza settimana di vita) quando comincia a svilupparsi una forte tendenza all’approccio e i cuccioli prendono a rivolgersi morsi e zampate giocose. Progredendo lo sviluppo dei cuccioli, il loro comportamento giocoso diventa più complesso e più ricco di componenti. Il primo gesto di sollecitazione al gioco che si può osservare è il sollevamento della zampa: un cucciolo si avvicina a un fratello o ad una persona e con uno degli arti anteriori dà delle zampate per avviare una fase di gioco. I gesti di sollecitazione al gioco a poco a poco diventano più complessi e la durata degli episodi giocosi aumenta. Il gesto giocoso meglio documentato nei cani è l’inchino per gioco; esso viene utilizzato frequentemente per stimolare l’azione giocosa ed è spesso accompagnato da abbai che attirano l’attenzione . Le sequenze di sollecitazione al gioco sono costituite per lo più da approcci esagerati, da approcci con fughe (per avviare un inseguimento), da zampate e talora leccate sul muso. Durante un episodio giocoso si verifica un continuo feedback da un cane all’altro in fatto di umori reciproci. Ed è chiaro che ogni partecipante trova vantaggioso sapere quando una situazione è giocosa e quando è “seria”. L’alto grado di ritualizzazione dei gesti giocosi nei cani fa si che ciascun individuo riesca ad identificare gli umori degli altri componenti del gruppo. In questo modo il morso giocoso può essere rapida- mente distinto da una minaccia di aggressione. Una delle principali funzioni del gioco è quella di consentire ai partecipanti di sviluppare le proprie capacità di comunicazione. I cuccioli allevati in isolamento preferiscono la compagnia di cuccioli allevati allo stesso modo, piuttosto che la compagnia di cuccioli allevati in gruppo; questo potrebbe significare che essi hanno sviluppato livelli simili di capacità comunicativa. Forse i cuccioli allevati in gruppo mettono in atto gesti e comportamenti che non vengono ben compresi dagli animali allevati in isolamento. Studi effettuati su diverse specie di Canidae hanno dimostrato che le specie più sociali, cioè i cani e i lupi, intraprendono interazioni giocose più numerose e più precoci rispetto alle specie più solitarie, come il coyote e la volpe rossa. Questo conferma ulteriormente che il gioco contribuisce allo sviluppo della comunicazione sociale tra i membri della cucciolata, il che sarà loro di aiuto per inserirsi socialmente nel branco. Le specie sociali, come è appunto il cane, hanno un’innata pulsione al gioco. Il gioco solitario, come il rincorrersi la coda o il balzare su prede immaginarie, può servire come sostituto del gioco sociale quando questo è impedito. Questo desiderio di gioco dei cani, e in particolare dei cuccioli, è uno dei fattori che li spinge a interagire così prontamente con gli esseri umani, e può essere utilizzato per motivare il cane durante l’addestramento. In conclusione, è evidente che il particolare temperamento e il carattere di un cane dipendono sia dal substrato genetico dell’animale, che è determinato anche dalla sua razza e dai suoi antenati diretti, sia dall’ambiente in cui è cresciuto. Di fatto il comportamento di un cane non è mai “fissato” una volta per tutte: le esperienze accumulate durante l’età adulta continueranno a modellare e a modificare i comportamenti già espressi in precedenza. Sia la componente ambientale che la componente genetica giocano dunque un ruolo importante nello sviluppo comportamentale dei cani. 29 PER SAPERNE DI PIÙ Giovanni Locatelli Emorragie gravi L’emorragia è una fuoriuscita di sangue dai vasi sanguigni, la cui gravità dipende dalla quantità di sangue che viene perso e dalla sua rapidità di uscita. Le emorragie più pericolose sono quelle derivanti dalla lesione di una vena o di una arteria. Una grave emorragia, soprattutto se arteriosa, costituisce una urgenza assoluta, e solo un intervento, immediato del primo soccorritore può salvare la vita dell’infortunato. Nei casi più gravi la situazione può diventare irreparabile nel giro di pochi minuti. Un uomo adulto ha circa cinque-sei litri di sangue e un’ emorragia di un litro, un litro e mezzo, mette in serio pericolo di vita la vittima. Nessuna esitazione è quindi giustificata davanti ad un infortunato con grave emorragia, non va neppure perso tempo per chiamare i soccorsi qualificati prima di aver tamponato l’emorragia. Secondo statistiche, oltre il 95% delle emorragie pericolose può essere risolto con una semplice misura: la fasciatura compressiva. La fasciatura compressiva Questa pratica si esegue sulla ferita, sul punto di sanguinamento. Prendere una benda, ma va anche bene qualsiasi materiale largo (ad esempio cravatte, sciarpe, cinture, etc.), passarla una volta sulla ferita poi sovrapporre sul punto di sanguinamento un tampone, consistente ma non rigido (tipo un’altra garza ripiegata, un pacchetto di fazzoletti di carta, etc.), continuare la fasciatura, tenendo la benda ben tesa, in modo che il tampone venga ad esercitare una compressione sulla zona di emorragia; tirare finchè il sangue non esce più. Se il sanguinamento dovesse continuare, la fasciatura compressiva non va sciolta, ma continuata sovrapponendo un nuovo tampone. Le più importanti emorragie arteriose, quelle al collo, all’inguine o alla coscia, non possono essere bloccate da una compressione sul punto di sanguinamento. In questo caso la compressione verrà effettuata lontano dal punto di sanguinamento, utilizzando le proprie mani come tenaglie per schiacciare l’arte30 ria contro un piano osseo. Questa manovra si chiama compressione digitale a distanza. Questi punti possono essere ricercati su noi stessi, a scopo di addestramento, in quanto è possibile rilevare la pulsazione dell’arteria sottostante. La compressione a distanza va mantenuta fino all’arrivo del personale specializzato. Un discorso a parte va fatto per l’uso del laccio emostatico. Quest’ultimo determina il totale e prolungato arresto della circolazione sanguigna dell’arto al quale esso viene applicato. Però le controindicazioni che comporta sono molto importanti e devono essere sempre tenute in considerazione. Il laccio infatti comporta la totale assenza di irrorazione sanguigna nei tessuti sottostanti, con conseguente accumulo di scorie e sostanze tossiche che se entrano in circolo possono comportare gravissimi rischi per l’infortunato. La mancata irrorazione comporta anche la necrosi (morte) dei tessuti in quanto non vengono alimentati dalle sostanze nutritive. Inoltre vi è il grave rischio dello scatenarsi di un imponente stato di shock nel momento in cui viene allentato il laccio. Quindi da queste ragioni si capisce che l’uso del laccio deve essere sempre ben meditato, non deve mai essere preso con leggerezza, ma come “ultimo ed estremo rimedio” e solo se tutte le altre manovre descritte precedentemente falliscono. I tre casi principali in cui è consentito l’uso del laccio emostatico sono i seguenti: • amputazione • schiacciamento • emorragie arteriose Nei primi due casi il laccio va posto immediatamente e senza esitazioni in quanto non vi è nessun pericolo di perdita dell’arto, essendo questo già perso. Come porre il laccio emostatico: il laccio va posto solamente a quelle porzioni di arto che includono un osso singolo (nel braccio a vello dell’omero e nella coscia a livello del femore) in quanto dove sono presenti due ossa l’arteria può scorrere tra di esse; va posto sempre alla radice dell’arto stesso; come laccio si possono usare vari materiali. Come ad esempio cinture, cravatte, stracci arrotolati, etc. ma non si devono mai usare materiali taglienti (spaghi, fili, stringhe, etc.). una volta messo non va mai tolto (viene tolto solo all’interno del pronto soccorso) in quanto si può verificare un’emorragia molto più intensa di prima senza contare il grave rischio di shock sia per l’emorragia che per l’entrata in circolo delle sostanze tossiche. Se l’infortunato non giunge in ospedale entro 15 minuti il laccio va comunque allentato per cercare di evitare la morte dei tessuti non irrorati. Il laccio si deve allentare di poco e molto lentamente: se l’emorragia riprende intensamente si deve stringere nuovamente il laccio come prima, senza nessuna esitazione. Se l’emorragia riprende ma in modo molto scarso si tiene il laccio allentato per 3-4 minuti al massimo e poi lo si ristringe. Se invece l’emorragia non riprende si può lasciare il laccio allentato ma non va mai tolto. ARMI E BALISTICA Sergio Facchini CALIBRI SHORT MAGNUM Fino a pochi anni fa i calibri “magnum” erano sempre esaltati da molti cacciatori e dalle riviste specializzate del settore. Andare a caccia di ungulati senza un 7 mm Remington Magnum era quasi un’onta. Anche se è vero che le loro prestazioni balistiche superano di molto, sulla carta, quelle dei calibri cosiddetti “tranquilli”, in pratica si dimostrano quasi sempre esuberanti in potenza e distruttivi sulla nostra fauna alpina, camosci e caprioli per intenderci. Solamente su grossi cervi maschi a grandi distanze si dimostrano utili per abbattimenti corretti. Dato che, per motivi esclusivamente di immagine, gli americani hanno realizzato e continuano imperterriti a produrre calibri “Magnum” caratterizzati da bossoli molto lunghi sono indispensabili azioni altrettanto lunghe, adatte a sopportare pressioni altissime. Risultato? Fucili pesanti e ingombranti con canne simili a pertiche per i fagioli, in quanto le pesanti cariche di polvere danno migliori rese balistiche con canne di 65 cm e più, anche se oggi la tendenza di molti costruttori è quella di accorciarle; si utilizzano polveri estremamente progressive e bossoli più corti degli “standard” con diametro maggiore per ottenere una carica di polvere pari se non superiore a quelle dei Magnum classici. Il bossolo più corto permette inoltre una combustione più omogenea della polvere che presenta densità di carica altissima. Ne consegue che, per mettere in pratica questi accorgimenti, solamente una grande azienda come la Winchester poteva lanciare su grande scala una linea di armi con calibri “short-magnum”. Nel 2001 la .300 WSM (Winchester Short Magnum), ovvero .300 Winchester magnum Corto, si è aggiudicato il titolo di “munizione dell’anno”. L’entusiasmo suscitato da questo nuovo calibro non dovrebbe però indurre a credere che ci si trovi di fronte a qualcosa di portentoso. Le prestazioni in termini di velocità della palla, energia sviluppata e radenza non sono state tali da far gridare al miracolo. Sintetizzandone le qualità possiamo affermare che il classico .300 Winchester regge bene il paragone anche se il nuovo .300 WSM è leggermente più nervoso. Praticamente un duello ad armi pari. Senza dubbio sono più interessanti le prestazioni del nuovo .270 WSM, “munizione dell’anno 2002”. Rispetto all’amatissimo e glorioso .270 Winchester, il nipote .270 WSM, con palla da 130 grani Supreme Ballistic Silvertipe, spunta 3275 piedi al secondo (998 m/s), contro 3050 piedi al secondo (929 m/s), circa il 7% in più, ed un’energia di 3275 piedi libbra (443 joule) contro 3050 piedi libbra (4137 joule), circa il 6,89 % maggiore del nonnetto .270 W. Azzerando l’arma a 100 yarde (91 m), il .270 WSM a 274 m (300 yarde) piazzerà la palla 23 cm al di sotto del punto mirato, mentre in .270 Winchester la collocherà 5 cm più in basso del .270 WSM cioè a 28 cm. È giusto sottolineare che solamente il nuovo .270 WSM migliora sensibilmente le prestazioni balistiche del suo illustre progenitore che resta comunque un calibro indiscutibilmente efficacissimo per la caccia in montagna agli ungulati di peso medio, soprattutto al camoscio. Alla linea produttiva degli “Short Magnum” della Winchester appartiene anche il 7 mm WSM che affianca il .300 WSM e il .270 WSM. Paragonandolo al 7mm Remington Magnum c’è poco da mettere in evidenza circa una presunta superiorità rispetto al celeberrimo calibro Remington. Il 7 mm WSM non presenta alcun vantaggio e la sfida sembrerebbe persa in partenza. Solamente il tempo ci dirà la verità. Non c’è dubbio che la Winchester punti molto sulla propria linea di W.S.M. sono già stati presentati i nuovi .243 WSSM (Winchester Super Short Magnum) e .223 WSSM. In pratica quali sarebbero i veri vantaggi sui calibri classici da cui derivano? • Bossolo rimmless più corto, quindi 31 • Eliminazione del fondello cinturato del bossolo (belted) tipico di tutti i calibri magnum americani • Azione, ovvero otturatore più corto • Minori vibrazioni allo sparo • Teorica migliore precisione • Arma più compatta e maneggevole • Prestazioni da calibro magnum in armi di costo contenuto. A mio avviso le motivazioni vere di questa scelta di produzione devono essere ricercate solamente nelle logiche di mercato. Suscitare curiosità e desiderio di 32 “nuovo” sono basilari anche nel settore piuttosto statico della produzione di armi da caccia. Mi permetto di evidenziare la mia personale perplessità, e credo anche di moltissimi altri cacciatori, di fronte a questi nuovi calibri che di rivoluzionario hanno forse solamente il nome, anche se i progressi sono costanti anno dopo anno. Guadagnare 5 cm di traiettoria o 200 joule di energia non cambiano il modo di andare a caccia in montagna per i veri cacciatori di camosci e di caprioli, forse migliore- ranno il margine di sicurezza di abbattimento del selvatico in misura minima alle usuali distanze di tiro ragionevole (200, massimo 250 metri!). Se non abbiamo ancora capito che la quinta essenza della caccia di selezione agli ungulati ed il suo fascino risiedono nell’avvicinamento “studiato” del selvatico ed in un unico colpo meditato con il solo obiettivo della massima precisione, allora seguiamo sempre le mode: tenuta e zaino mimetici, cinturoni alla Pancho Villa e fascia elastica porta munizioni sul calcio della nostra carabina iper-magnum con ottica a 36 ingrandimenti! Ma tant’è. Il progresso è anche questo. Il .270 WSM avrà forse in futuro molti estimatori perché è giusto dar merito a coloro che hanno profuso le loro conoscenze ed il loro lavoro per portare a compimento questo ambizioso progetto, ma nondimeno rimango indissolubilmente legato ai miei fedeli Mannlicher calibro .270Winchester. A caccia chiusa li lustro spesso e l’ultimo arrivato, un Mannlicher Schönauer Modello MC 56 con attacchi originali a pivot laterale sinistro con numero di matricola identico a quello della carabina, dotato di un’ottica Kahles-Helia variabile 2,3-7X dell’epoca, letteralmente mi ipnotizza. Possiede un fascino d’altri tempi, senza pari. Mi è parso logico paragonare un calibro classico con il .270 Winchester al nuovissimo .270 WSM. Se è vero che il nuovo vince e vincerà sempre sul vecchio, soprattutto in campo di armi, è altrettanto vero che solamente il futuro decreterà il successo dei recenti calibri magnum o confermerà l’attualità dei gloriosi calibri classici, quali appunto il sempreverde .270 Winchester che quest’anno compie 78 anni. LETTO PER VOI Luigi Capitanio Ungulati delle Alpi In questo numero abbiamo posto la nostra attenzione su un nuovo libro edito da “Nitida immagine Editrice”. Finito di stampare nel dicembre scorso, pertanto fresco di stampa. Gli autori, nomi di primissimo piano nel mondo della gestione della fauna selvatica a tutti i livelli: Guido Tosi, già noto nella nostra valle in occasione dell’inizio della caccia di selezione avvenuta nel lontano 1982, in quella circostanza lo ricordiamo come docente estremamente preparato. Attualmente Professore Associato presso l’Università degli Studi dell’Insubria. Esperto in problematiche di conservazione e di gestione venatoria di ungulati selvatici europei e africani. Luca Pedrotti, Dottore di ricerca in Scienze Naturalistiche e Ambientali, attualmente coordinatore scientifico del Parco Nazionale dello Stelvio. Andrea Mustoni, attuale responsabile del Settore Fauna nel Parco Naturale Adamello Brenta. Dal 1999 è anche coordinatore scientifico del progetto per la reintroduzione dell’orso bruno nelle Alpi centrali. Ettore Zanon, giornalista e cacciatore. Collabora con riviste specializzate sui temi venatori quali “Diana” “Caccia in” e sul mensile “Diana Ar- mi” scrive di armi e di tutto quanto inerente al prelievo venatorio. Il contenuto del volume, tanto arricchito da diagrammi, tabelle grafiche, foto e disegni, merita di essere conosciuto per l’alto valore tecnico nei riguardi della biologia, della gestione, della conservazione delle specie di ungulati presenti nei territori Alpini. Tratta con dovizia di particolari il capriolo, il cervo, il camoscio, il muflone e lo stambecco. Dedica in modo attento capitoli sul prelievo, sull’etica dell’attività venatoria con competenza. Tratta con serietà e informazione recentissima di armi e attrezzatura specialistica. Pur nella complessità degli argomenti trattati, mantiene costantemente una semplicità di linguaggio difficilmente riscontrabile in testi specializzati suoi pari. E’ certamente da consigliare non solo ai Cacciatori che si accingono alla specializzazione della selezione, bensì anche ai più esperti per completare la loro formazione nei riguardi delle specie attualmente non oggetto di prelievo venatorio. E’ in vendita nelle migliori librerie della città al prezzo di 35 euro. 33 RACCONTI Romano Pesenti A Cotorni in Val Taleggio Era l’ultimo sabato di un settembre lontano, degli anni sessanta, quando si lavorava ancora mezza giornata anche nel primo giorno del week end. Giovane funzionario di vendita di una allora grande Olivetti, di buon mattino, caricati in macchina cane, fucile, zaino e abiti da montagna, arrivo in ufficio con anticipo. Alloggio Dir, grande e potente pointer “dei Clastidium” giù in magazzino e lo lascio alle cure del Gioan, solerte e servizievole factotum della ditta, nonchè buon divoratore di parte dei miei carnieri del piano, gallinelle, sgneppe, vanette e qualche fagiano del Ticino. Il sabato mattina veniva allora da noi utilizzato per la consueta programmazione settimanale delle visite ai clienti e per presentare al capo filiale il consuntivo di vendita. Era però quel giorno anche vigilia dell’apertura di caccia in zona Alpi, in Val Brembana e, più precisamente, in Val Taleggio nella bergamasca, culla dei miei avi. L’attenzione quindi è, più che per il disbrigo delle pratiche d’ufficio, per i preparativi logistici e di organizzazione del fausto giorno, lassù sui monti. A mezzogiorno, e forse prima, caricati cane e vettovaglie in macchina, mi dirigo a prelevar, come da accordi, l’amico e compagno di caccia: Angelo, grande cacciatore alpino, un pò più anziano di me e già dirigente di una famosa ditta farmaceutica, con zaino e doppietta in spalla e con Timmy, flessuosa setterina di genealogia “del Brembo” ai piedi, mi aspetta sul marciapiede davanti a casa. Il tragitto Milano Dalmine, S.Pellegrino Terme , valle Taleggio, in quell’ora meridiana, è percorso in un battibaleno e circa all’una e mezza si raggiunge a Olda la villetta dell’amico. E’ da premettere, per meglio inquadrare la cacciata, che l’apertura ai cotorni si prospettava ricca di risultati, in quanto il sottoscritto, avendo trascorso lassù con Dir una settimana di ferie agostane, aveva censito per il Comitato Caccia di Bergamo e, naturalmente, per questa apertura, parecchie covate di cotorni e galli forcelli. Questo è il nostro conversare nel tragitto in macchina, e, per rassicurare l’amico ancor di più, affermo anche che noi siamo forti, preparati, giovani ma non privi di esperienza e, in più, dotati di buona mira. I cani poi, che dire? Sono veri maestri di quella caccia, ben addestrati su quella selvaggina e non possono che collaborare per un ricco bottino. Pedibus calcantibus, si deve raggiungere su a 1700 metri il Rifugio Casari, ai Piani di Artavaggio. Di tutta fretta, ci incamminiamo per il sentiero che porta a Reggetto, ridente e soleggiata frazione abitata da pochi pastori e mandriani locali e da altrettanti pochi villeggianti nella stagione estiva. E’ la prima tappa del percorso e approfittiamo della fresca fontana in loco per riempire le borracce. Davanti, a fare il passo, sale Angelo col sigaro in bocca e Timmy al guizaglio; io dietro con Dir, dressato alle competizioni cinofile, ubbidiente, libero “ai piedi”. Si sale per lo più in silenzio verso la baita, che è meta del nostro ansimante salire. Superati, dopo quasi quattro ore di salita, gli ottocento e più metri di dislivello, e ormai già passate le cinque , si arriva a un bivio del sentiero. A sinistra questo conduce ai piani di Artavaggio, a destra al monte Sodadura, oltre i duemila, meta da raggiungere prima del canto dei cotorni. E’ la località stabilita per l’indomani all’alba. E’ una bella soleggiata giornata di montagna, tersa e rinfrescata dall’aria frizzante che scende dal pizzo Campelli. Con passo accelerato, giunti sul posto, posiamo zaini e fucili, indossiamo la giacca a vento militare e ci sediamo coi cani al fianco. Dobbiamo strattonarli un pò per il collare. Sono agitati. Sul sentiero hanno fiutato pasture e fatte fresche e tirano e scalpitano come puledri al nastro. Giù in fondo alla valle rumoreggia il torrente e più su nei pascoli alti suonano ancora i campanacci di mandrie vacci- ne. Ormai imbrunisce e laggiù si accendono le tremolanti prime luci dei casolari. All’improvviso...cici...ciak..ci..ciaciak..cici..ciak..Ci sono ci sono! .ci.ci.ciack . ci.. ciack.. Sentile come cantano al sole che cala...! Raggiungiamo il rifugio quando è ormai buio. Eligio il gestore della baita, ci accoglie e ci assegna la mia privilegiata cameretta estiva con.. comodi giacigli...a castello. Accucciamo i cani già rifocillati e si scende in sala, si fa per dire da pranzo, che è piena, ahimè, di cacciatori ai tavoli illuminati da una lampada ad acetilene, al centro del locale. Ci si saluta bofonchiando un”salve”, ci si guarda un pò in tralice, in cagnesco, per un.. reciproco controllo e poi ci sediamo a tavola per mangiar minestra di patate e spinacio selvatico, polenta e “strachì”, il tutto innaffiato da un buon litro di quello rosso, che scalda le ossa per la notte. -Siamo fortunatisussurro ad Angelo, lo “Scarpulì” e il Nino non ci sono!. I due sono nostri..acerrimi e dotati concorrenti alla caccia di “piuma”e la loro assenza ci rasserena ancor di più. Gli altri, saliti per tempo dalla Valsassina, sono tutti lepraioli. Veloci ripassiamo il programma dell’apertura di domani e ...predico: -Io starò più in alto, più sopra coi cani, e all’alba li attaccherò dal basso , cercando di sorprenderli nell’involo e, se si alzeranno a tiro, di far “coppiola”. Tu, appostato duecento metri più in basso, dove abbiamo stabilito, a sinistra della parete a picco... Attento , che ti passeranno appena sopra di fianco a destra; sono obbligate a volar di lì per lo strapiombo e anche tu dovrai, anticipando il giusto, far coppiola. Li seguirai poi nel volo di rimessa, per la nostra “ribattuta”, quando si saranno sbrancati. Intesi ? Ok...ora su a nanna- . A letto vestiti, naturalmente, per far prima e per star più caldi. Ma non si dorme. E’ la solita frenetica agitazione del pre-apertura.....Sotto, nel locale deposito sci, i segugi ululano alla luna, abbaiano, litigano, fanno un casino infernale. Qualcuno dalla came- rata comune, dove dormono tutti gli altri cacciatori, urla un inutile : -Friz, Bill, Febo, .. a cuccia!- Ci si continua a girare nella branda e il castello...scricchiola...ed è inutile , il pensiero è fisso alle traiettorie, ai frulli , alle ferme e ai piani di attacco. Non si chiude occhio . - Angelo, dormi?- No, macchè, con ‘sto casino ! -, ma è una scusa banale ; i motivi sono altri. Dopo un pò accendo la pila. Sono le tre, metto giù a penzoloni le gambe , non ce la faccio più :- Dai Angelo, scendiamo ! - I cani saltano giù dalla branda accanto e cominciano ad uggiolare e a dimenare coda. Al nostro arrivo, Eligio, che ha dormito sul divano accanto alla stufa centrale, ci prepara un nero caffè cicchettato .Arrivano anche gli altri. All’ ingresso ognuno prende il proprio fucile dall’attaccapanni e uscendo, mugugnando saluti, ci si avvia, ancor buio fondo, ma tremolante di lucide stelle, ognuno per il proprio destino. I segugisti, accompagnati dai cani, verso il basso per iniziar la canizza, noi su, verso l’alto del Sodadura. Dopo un poco, abituata la pupilla, la luce stellare con poca luna, ci facilita il percorso e l’aria, ancor più frizzante di ieri sera, ci sferza il viso sciupato dalla veglia. Giunti al posto prefissato, Angelo scende sul sentiero più basso, mi fa un cenno di intesa e s’allontana nel buio. Timmy freme, alza le orecchie e vuol seguirlo.La trattengo accarezzandole la testa e le stringo il muso per evitare dannosi mugolii. Sedendosi, s’acquieta. Dir, già seduto, trema d’impazienza ; conosce l’ansia dell’attesa e rivolto con la testa verso l’alto, già forse fiuta odori selvatici che scendono con l’aria. Mi siedo anch’io e aspetto impaziente il momento. Improvvisamente, al lucore delle stelle, vedo un’ombra che si muove sul sentiero basso. Aguzzo la vista e intravvedo una figura che quatta quatta, quasi ingobbita e di soppiatto, s’incammina nella direzione da dove siam venuti. Strano, chi sarà ? Sarà, mi dico, un segugista che sale alla posta e mi tranquillizzo. Il grande momento si avvicina e non oso accendere la sigaretta scaccia tensione, per non disturbar l’ambiente, saturo di profumi. Il silenzio è assoluto, le stelle sbiadiscono e ad Est pian piano la luce dell’alba comincia a profilare le cime dei monti davanti a me. E’ quasi l’ora; ancora un pò di pazienza. Dir e Timmy si agitano e per smorzare un pò la loro tensione, avvicino le loro teste alle mie gambe e, sedendomi di nuovo, li attiro a me, sussurando nelle loro orecchie paroline dolci..... Un leggero e smorzato..ci..ci.ciack ..fa acuire tutti i miei sensi e fa sussultare i cani. Segue un lungo silenzio. Nessun altro accenno di canto. Forse, da animali padroni assoluti del luogo hanno da lassù captato insolite presenze, e tacciono.Lo spirito di sopravvivenza, frutto di geni millenari, li costringe a zittirsi, rinunciando al dispiegato canto quotidiano alla luce mattutina. Ma è l’alba e guardo, assieme ai cani, verso l’alto il cespuglio di ontani nani e le secche erbacce al piede del roccione sovrastante. Saranno lì ? E’ l’ora. Libero i cani. Timmy scende un pò, poi in diagonale riprendendo l’aria risale; Dir incrocia verso l’alto e pare sentire...s’allunga, prende e segue il filo della ventata che scende e si blocca in estatica ferma. La setter lo vede, fa in su alcuni passi radenti e cade in consenso.Studio la situazione, imbraccio pronto e mi apposto. A sinistra ho il fianco del Sodadura , a destra il vallone delimitato dallo strapiombo, dove più avanti e sotto Angelo li aspetta. Il rumoroso frullo mi sorprende un poco e i cotorni, nascosti dai cespugli , si buttano a capofitto a destra verso il dirupo.E’ un grosso “volo”. Azzardo sull’ultimo intravvisto un serrato doppietto e vedo staccarsi piumine che svolazzano nell’aria. Forse l’ho colpito. Ma tendo l’orecchio ai colpi di Angelo. Silenzio... e ancora silenzio. Cosa mai sarà successo? Perchè non ha sparato ? Supero la dorsale e scendo verso il luogo dove dovrebbe essere caduto il selvatico. Più sotto vedo Dir in ferma e Timmy, più avanti, che cerca di infilarsi fra due massi fra i pie35 troni di una frana. Scendo ancora e seguo Dir che a strappi si affianca alla setter, che ora abbaia. Ho capito tutto. Il cotorno ferito, forse disalato, si è infilato sotto, fra le pietre della frana. Addio cotorno ! Quello che però ora mi preoccupa di più è che fine avrà fatto l’amico. Mi sporgo e lo chiamo a gran voce. Nessuna risposta. Mi abbasso ancora e mi porto sul ciglio dove Angelo dovrebbe essere appostato, e non c’è e non c’è nemmeno nei dintorni. Sbinocolo verso le baite di Scanagallo e Prato Fiorito, dove i cotorni avrebbero dovuto rimettersi, ma non si muove anima viva. Qui grossi pericoli non ci sono e poi Angelo è un cacciatore esperto e non mi devo quindi preoccupare più di tanto. Certo il fatto è curioso. Ritorno sui miei passi, risalgo alla frana per la ricerca del cotorno ferito.Certamente non finirà nel mio carniere; finirà invece, se uscirà dai sassi, in bocca a una martora, a una volpe o a un uccello rapace. glior fortuna a voi lepraioli....! Sono quasi al rifugio ed ecco che, con aria innocente e sorniona, vedo l’amico Dottor Professor Angelo Filiberto Quarenghi, già docente universitario e..chissenefrega.. venirmi incontro.. Sto per sbottare in improperi e male parole, ma mi blocca con un :- Romano, stai calmo, e ascolta! Stamattina, dopo averti lasciato, raggiunto il luogo di appostamento concordato, dopo poco, ho aperto il fucile, scelto due cartucce con pallini...intelligenti e ho cercato di caricare. Ahimè, le cartucce non entrano. Perbacco! Accendo un fiammifero e osservo la bascula e mi accorgo di I cani intanto , risaliti su fra i cespugli , puntano le pasture del “dormitorio” notturno dei cotorni che. .ahimè... sono.. lontani. Aggiro il roccione e m’incammino verso i pascoli alti e le pietraie del Sodadura. Sono circa le dieci e il sole comincia a picchiare forte e a farsi sentire. Dir zoppica, ferito forse dalle rocce taglienti. Timmy, dopo lunghi lacets in salita, comincia a cercar acqua che quassù non c’è, come non ci sono altre coturnici. Mi decido quindi a scendere verso il rifugio, anche per scoprire se lì hanno notizie dell’amico. Non nascondo di essere un poco nervoso, sia per il...carniere, sia per il comportamento misterioso di Angelo. Mentre scendo, sento laggiù fra le vallette boscose un abbaiare insistente di cani che inseguono. E’ la “menata” dei segugi che risalendo tracciano forse una pista di lepre. E’ una” musica”, per le orecchie del cacciatore.. .Dopo un pò sento due secchi colpi, di poco distanziati. Sarà “morta”? Auguri di mi- non avere tra le mani la mia doppietta Franchi Montecarlo calibro dodici, ma una normalissima e bruttina doppietta calibro sedici. Ma , al buio, la cinghia di tessuto era uguale... Vengo preso da sconforto. Che fare? Tu cosa avresti fatto? Son ritornato lesto sui miei passi, con la speranza di trovare il mio schioppo ancora appeso. Ti ho scorto, ti ho sorpassato, ma non ho osato...disturbarti. In baita, purtroppo, nè cacciatori, nè fucili... sono presenti. Con Eligio aspetto l’eventuale ritorno del...socio di..s ventura. Alle sette circa spunta infatti il “Gusto”, che m’investe con bestemmie, gesti inconsulti e voglie di risarcimenti per le lepri...fuggite, e per la faticosa risalita. Me la cavo, per intercessione dell’Eligio, che è suo amico, con un grappino e un caffè... e tante scuse. Scuotendo la testa e immedesimandomi nella la scena... non mi resta che ridere con lui a crepapelle... Rob de matt! Questa non mi era mai capitata ! 36 E’ mezzogiorno passato, ma la giornata si può ancora rimediare. Ci incamminiamo per raggiungere una sorgente verso il monte Zucco dove conosco una nidiata di galli. Giunti alla fonte ci sediamo e mangiamo le vettovaglie dello zaino. Angelo vuol sapere dei cotorni... e io, racconto... mi riinc... zo e poi si ride ancora al pensiero delle... vicendevoli disgrazie. Da ottimo veterinario, l’amico medica Dir alla meglio , con cerotto e allume di rocca e poi si riparte in salita verso la seconda zona di caccia. I cani abbeverati e rifocillati si impegnano con rinnovata lena nella cerca , incrociando il terreno, avidi di nuovi incontri. Angelo è un pò più sotto con Timmy , io con Dir sopra e avanti, sto attraversando una valletta di mughi quando sento un guaire, prima acuto e lamentoso, poi flebile, fino al silenzio. Che succede ancora? Torna il pointer per il riporto e tiene in bocca un... leprotto... di un chilo scarso, già morto... Mi raggiunge Angelo, mi guarda sconsolato, allarga le braccia, e io, avvilito e svuotato di forze , sbotto: - Angelo, oggi non è la nostra giornata... scendiamo a casa ! Era un’apertura con ottime premesse e piena di promesse... ma così è la caccia di monte. Ricordo molte altre aperture con Angelo a Vinadio, a Carcoforo, qui in Val Brembana, a Pejo e a Malles nel trentino e in tante altre montagne, ma questa, caro amico, è proprio... indimenticabile. Angelo, addio amico carissimo e grande cacciatore alpino, dedico a te questa mia fatica. Quest’anno in settembre un male cattivo ti ha portato lassù sui pascoli del Cielo dove con Nino, Franco, Ovidio e Pierino, tutti i nostri amici cacciatori, tu ora e senza di me, giochi a scopa e cacci cotorni celesti. Lassù non avrai più certamente problemi di fucili.. di cartucce e...di calibri. SPIGOLATURE CULINARIE La Lepre Pappardelle al sugo di Lepre Amicizia, caccia e sapori sono gli ingredienti per i quali siamo tutti disposti a percorrere chilometri, a sacrificare tempo e, ovviamente, a offrire le parti migliori dei nostri carnieri. E’ per questo che il nostro giornale, da questo numero e per più uscite se ci sarà possibile, proporrà particolareggiate ricette di cacciagione di sottolineato gusto. Il merito va tutto alla nuova e preziosa collaborazione della rivista A TAVOLA e del suo direttore Germano Pellizzoni. La rivista mensile A TAVOLA nata nel 1987 tratta di ricette, vini e ristoranti e da 13 anni è diretta da Germano Pellizzoni. Cacciatore “di peso” per aver raggiunto il suo quarantesimo anno di licenza, ci tiene alla sua rivista quanto alla caccia, come dice lui:”la summa delle cose belle e buone nel mondo”. Tempo di preparazione 40’ più il tempo per la marinata Lepre alla cacciatora con polenta fritta Tempo di preparazione 45’ più il tempo per la marinata Tempo di cottura 25’ Tempo di cottura 150’ Ingredienti per 4 persone 400 g di pasta fresca, formato pappardelle 450 g di Lepre disossata 4 fette di pancetta 1 cipolla, 1 carota 1 cucchiaio di farina 00 2 dl di brodo di carne 2 cucchiai di olio extravergine d’oliva 80 g di burro sale, pepe Ingredienti per 4 persone 1 Lepre da circa 1,5 kg già pulita 1 lt di vino rosso piuttosto corposo 5 dl di vino bianco secco 5 dl d’aceto di vino bianco 50 gr di pancetta dolce 1 cipolla 3 spicchi d’aglio 2 acciughe sotto sale 2 cucchiai di capperi alloro, salvia, rosmarino olio extravergine d’oliva sale, pepe, peperoncino Per la marinata 4 dl di Chianti (o altro vino rosso toscano corposo) 1 piccola cipolla 1 carota 1 costa di sedano 4 foglie d’alloro 1 cucchiaio di pepe nero in grani Procedimento Per la marinata, pulite la carota e il sedano, tagliateli grossolanamente e riuniteli in una ciotola capiente con la cipolla tagliata in 4 e la Lepre ridotta a piccoli pezzi. Unite il pepe e l’alloro, quindi coprite il tutto con il vino e lasciate marinare per almeno 5 ore in luogo fresco, mescolando di tanto in tanto. Pulite e lavate la carota, spellate la cipolla, tritateli finemente con la pancetta e fateli soffriggere in una capiente casseruola con l’olio per 3-4’ a fuoco medio. Sgocciolate la Lepre dalla marinata e fatela insaporire nel soffritto, salate, pepate, unite l’alloro della marinata e portate a cottura la carne (circa 10’) bagnandola con qualche cucchiaio di brodo e un po’ di vino della marinata. Prelevate i bocconcini di Lepre con un mestolo forato, trasferiteli in una ciotola e teneteli in caldo. Unite al fondo di cottura il brodo rimasto, metà del vino della marinata, cospargete il tutto con la farina setacciata e proseguite la cottura per 15-20’ mescolando, finché il sugo si sarà addensato e risulterà di un bel colore bruno. Unite la Lepre, fate insaporire per qualche istante e togliete dal fuoco. Lessate le pappardelle in abbondante acqua bollente salata, sgocciolatele al dente in un piatto da portata e conditele con il burro a fiocchetti. Unite il sugo di Lepre, mescolate e servite. Per accompagnare 250 gr di polenta pronta olio extravergine d’oliva sale Procedimento Tagliare la Lepre a pezzi piuttosto piccoli, lavateli con cura in una ciotola nella quale avrete mescolato l’aceto con il vino bianco. Disponete i pezzi di Lepre scolati in una terrina con gli spicchi d’aglio sbucciati, un rametto di rosmarino, qualche fogliolina di salvia e d’alloro, ricoprite con il vino rosso e lasciate marinare per almeno un paio d’ore. In una casseruola versate qualche cucchiaiata d’olio e preparate un soffritto con la pancetta e la cipolla tritate. Unite poi i pezzi di Lepre sgocciolati dalla marinata e fateli rosolare a fuoco vivo per una ventina di minuti. Nel frattempo, preparate un trito con le 2 acciughe dissalate e diliscate, i cappei, qualche fogliolina di salvia e di rosmarino e un pizzico di peperoncino. Quando la carne sarà ben asciutta e dorata, salatela e pepatela, aggiungete il trito preparato, irroratela con un bicchiere d’olio e mescolate. Non appena la carne avrà assorbito quasi completamente l’olio, bagnatela con il vino della marinata, portate ad ebollizione, abbassate la fiamma al minimo, coprite e continuate la cottura per un paio d’ore: il sugo dovrà risultare piuttosto denso e concentrato. Togliete gli aromi e servite la Lepre accompagnata dai dadolini di polenta fritti in un padellino antiaderente con poco olio ben caldo. 37 INFORMAZIONI E SCADENZE Gruppo Conduttori Cani da Traccia 38 noi deve vergognarsi di aver ferito un Capriolo o un Camoscio, tutt’altro. La puntuale segnalazione dell’accaduto indica una maturità “professionale” indiscutibile, anche agli occhi di una pubblica opinione che si mostra particolarmente attenta alle vicende inerenti la salvaguardia della selvaggina. I risultati ottenuti la scorsa stagione di caccia sono comunque incoraggianti, siano essi valutati sotto l’aspetto numerico delle chiamate, o più semplicemente sul successo della ricerca. I dati fin qui raccolti sono così quantificati: quarantuno interventi su ferimenti segnalati con venti recuperi effettuati. La quantità maggiore di segnalazioni sono state a carico dei Caprioli, evento naturale se si considera che questo tipo di selvatico poco si allontana dal bosco e anche in caso di ferimento grave riesce a ritornarvi per poi incovarsi fino alla morte. Poche invece le segnalazioni di ferimento per i Camosci; pur considerando gli spazi aperti dove in modo preferenziale si caccia questo ungulato, pertanto con possibilità di verifica visiva del modo di fuga e di valutazione dell’eventuale ferimento. Riteniamo che alcune volte si preferisca considerare lo sparo come colpo a vuoto, piuttosto che affrontare il disagio di camminate su distanze notevoli anche per un controllo di tiro. La nostra filosofia invece consiste nel considerare ogni colpo sparato come probabile colpo a segno, “tranne prova contraria”. E questa prova purtroppo deve essere raccolta con estrema attenzione, con grande onestà. Solo l’accertamento avvenuto con l’impiego di un buon cane può dimostrare il contrario. A dimostrazione dell’impegno che il nostro Gruppo sostiene per la divulgazione dell’utilizzo del cane da traccia, per il secondo anno consecutivo abbiamo organizzato una prova di lavoro a carattere nazionale su traccia artificiale. Grazie alla disponibilità offerta dalla sezione Cacciatori di Taleggio e Vedeseta , nella giornata di Domenica 18 Maggio, nella conca del rifugio Gherardi in quel di Pizzino, dodici Conduttori e altrettanti ausiliari daranno vita alla manifestazione. L’Amministrazione Comunale di Taleggio, competente del territorio, ha offerto piena disponibilità nella soluzione dei problemi logistici della manifestazione, di questo siamo grati e lringraziamo di cuore; la sensibilità degli Enti Pubblici da sempre un elemento essenziale per la buona riuscita delle manifestazioni. In questa occasione sarà motivo per alcuni di conoscere le bellezze della valle Taleggio, dai paesaggi incantevoli in un ambiente rurale di estrema tipicità, dal valore storico ineguagliabile. Anche per questo auspichiamo una grande partecipazione di tutti i Cacciatori, sarà anche il modo migliore per ricordare la recente scomparsa di Roberto Gatti, socio fondatore del nostro gruppo nonchè nostra guida ispiratrice nell’utilizzo del Cane da Traccia. Vi aspetto numerosi, intanto a tutti Voi il più cordiale Weidmannsheil! Diego Vassalli E.Traini 4 Anche quest’anno siamo pronti per ripartire. Dobbiamo solo scrollarci la ruggine che limita il movimento delle articolazioni nostre e in misura minore dei nostri cani. Poi saremo come nuovi, “sempre pronti”. E’ passato un altro anno, tutti noi Cacciatori forse siamo cresciuti ancora un po’ nei nostri atteggiamenti verso la selvaggina, almeno questa è la speranza, la molla che ci convince e ci stimola in ogni nuova stagione ad affrontare i sacrifici e le rinunce per mantenere vivo lo spirito del nostro gruppo. Gli elementi che compongono questo sodalizio certamente sono maturati nel corso di questi anni, ma purtroppo stiamo anche inesorabilmente invecchiando. E’ una costatazione logica, riferita non solo ai conduttori ma anche ai nostri cani, e al riguardo, scorrendo i dati anagrafici di alcuni soggetti ci accorgiamo che hanno abbondantemente superato la decina d’anni. Servono rincalzi. Stiamo aspettando da tempo che alcuni giovani conduttori riescano ad abilitare il proprio cane; con alcuni rincalzi potremmo distribuire in modo migliore le operazioni di recupero che attualmente gravano su poche persone. Potremmo migliorare il nostro servizio verso la selvaggina e verso i Cacciatori, saremmo certamente più “efficienti”. Servono anche motivazioni perché alcuni di noi, già non più particolarmente giovani, debbono iniziare nuovamente il percorso di allevare e addestrare all’uso un altro cane. Fortunatamente almeno la materia principale non manca. In questi anni, abbiamo acquistato nelle varie province alpine e in alcuni casi anche all’estero ottimi Segugi di Hannover e Bavaresi, pertanto con un minimo di buona volontà potremmo dichiararci “autosufficienti” e ricorrere all’introduzione di cani provenienti dall’esterno solo in occasioni particolari o in presenza di soggetti di particolare pregio. Nello stesso tempo però l’associazione è fortemente impegnata ad allargare il “bacino d’utenza”, cioè a convincere in modo più incisivo gli Accompagnatori a porre grande attenzione al problema dei ferimenti. Nessuno di L’INTERVISTA Gigi Foti UN PRESENTATORE D’ECCEZIONE IL SINDACO SENATORE CARRARA Il primo ad essere soddisfatto che la “nostra” rassegna dei trofei quest’anno si svolga a Oltre il Colle è il…primo cittadino, Valerio Carrara, cacciatore-socio della tipica alpina, presidente della locale sezione cacciatori FidC, nonché senatore della Repubblica nel gruppo misto, di cui è vicepresidente. Fa parte anche del consiglio di presidenza della Commissione d’inchiesta del Sistema Sanitario Nazionale. Un incarico molto delicato. “ Sono felicissimo, anche per i cinquantasei soci che stanno lavorando duro sul nostro territorio che è davvero quasi unico per gli ungulati tradizionali: e adesso, nella Val Parina c’è anche il cervo.” Ma il senatore Valerio Carrara, va anche più in là, nel suo fervore venatorio: “Un patrimonio, il nostro, che cresce continuamente anche per il fatto che qui da noi non esiste il bracconaggio; tutti cacciatori anzi, compagni di caccia corretti. La mostra dei trofei sarà dunque un momento davvero unico per la comunità intera. Verrà ospitata nella sala grande dell’Albergo Manenti, quasi duecento metri quadrati di superficie, e sarà questa anche l’occasione per una presentazione dei nostri prodotti tipici.” Il sindaco si sbilancia anche in una previsione di affluenza: “Mille, millecinquecento visitatori, me li aspetto tutti. Oltre il Colle e la caccia se li meritano…” COMPRENSORIO VENATORIO ALPINO VALLE BREMBANA R. Gozzi Rassegna e valutazione trofei Valle Brembana 2003 NUOVO INDIRIZZO DEL GIORNALE Oltre il Colle 31 maggio - 1-2 giugno 2003 L’indirizzo nuovo della rivista è il seguente: [email protected] Ai collaboratori e a quanti vogliono scrivere al Giornale si ricorda che il vecchio indirizzo non è più attivo, pertanto si raccomanda di aggiornare la rubrica del programma di posta elettronica con il nuovo indirizzo. Grazie 39 INFORMAZIONI E SCADENZE REGOLAMENTO ZONA ADDESTRAMENTO CANI DA FERMA E SEGUITA TIPO “B” DENOMINATA “TALEGGIO” apertura dal 13 aprile 2003 L’accesso alla Zona -B” è consentito a tutti coloro i quali sono in possesso del permesso personale e non cedibile rilasciato dal gestore, registrato su apposito registro che dovrà essere esibito ad ogni richiesta delle Guardie addette ed agli appositi incaricati dell’Ente Gestore nei Sigori Pietro Milesi, Roberto Traina, Enrico Bonzi. Le prenotazioni si ricevono presso “Trattoria Roncaglia” in San Giovanni Bianco (strada per Taleggio). L’addestratore solleva l’Ente Gestore da ogni responsabilità per danni provocati da Lui o dai suoi cani all’interno della zona di addestramento. Le quote d’accesso per i CANI da FERMA si riferiscono ad un turno (mezza giorriata): EURO 3,00 = per singolo cane EURO 15,50 = 10 turni per singolo cane EURO 36,50 = annuale per singolo cane EURO 51,70 =annuale due cani Ogni addestratore può accedere alla zona con un massimo di 3 cani, il permesso è valido per mezza giornata. Orario per l’accesso alla zona addestramento: I’ Turno dalle ore 7.00 alle ore 12.00 2’ Turno dalle ore 14.00 al tramonto. Le quote d’accesso per i CANI SEGUGI: EURO 3,00 = per singolo cane dalle ore 7.00 alle ore 10.00 EURO 2,00 = dalle ore 10.00 alle ore 13.00 (è d’obbligo prendere i due turni). L’accesso alla zona è regolato tramite prenotazione, il martedì e il venerdì rimane chiuso per il riposo della selvaggina. In caso di cattive condizioni atmosferiche o per qualsiasi ragione personale le quote versate non sono rimborsabili ed il turno non è recuperabile. L’Ente Gestore ha la facoltà di interdire in qualsiasi periodo l’accesso alla zona per cause di forza maggiore o altro suo insindacabile giudizio; per quanto non contemplato, valgono le norme dei Regolamento Regionale. Gli interessati in possesso dei permessi di 10 turni e annuali, devono annotare la data di ogni uscita con a fianco M= mattino oppure P= pomeriggio Con il ritiro del permesso l’addestratore si impegna a rispettare il “REGOLAMENTO” E.Traini 2 Se i cani escono dal perimetro della zona di addestramento devono essere immediatamente richiamati e condotti all’interno, pena le applicazioni di sanzioni previste a carico del trasgressore. 41 L’ANGOLO DELLA POESIA Cassa al camóss Apassiunà de cassa e de montagna só ’ndà a camós ol dé de l’capertüra per vèga, se possìbel, la ventüra de èden ü gröpèt ch’i s’acompagna. Ó ést ü bèl mas-ciù co la compagna e ’l sò noèl intènti a la pastüra: lü l’éra de vedeta per natüra a scultà töte i us de la montagna, con töcc i nèrf a l’èrta, a fiùr de pèl, per dà l’alarme al minimo sospèt, piantà compàgn d’ü blòch sö ’n d”ü crapèl. ’L noèl entàt, sénsa gna ‘mpó d’ rispèt, l’ga dàa barade ai fianch e l’zügatàa co la camóssa ’n banda che römiàa. Ü rödelà de sass zó ’n d’ü canàl: ... ü scato, öna sibiada de segnàl, ... e i è sparì a la vista tal e qual. R.Gozzi Amedeo Goglio 42 COMPRENSORIO VENATOTRIO ALPINO VALLE BREMBANA Piergiacomo Oberti - Presidente Gianbattista Gozzi - Vicepresidente Lino Ceruti - Rappresentante della Provincia Valentino Paleni - Rappresentante nominato dalla Comunit à Montana Angelo Bonzi - Rappresentante CPA/ANLC Giovanni Berera - Rappresentante FIdC Teofano Boffelli - Rappresentante ANUU Pierfranco Milesi - Rappresentante Ass. Cinofila - SIPS Roberto Regazzoni - Rappresentante del C.A.I. Gianfranco Scanzi - Rappresentante del C.A.I. Antonio Locatelli - Rappresentante della Coldiretti Sperandio Colombo - Rappresentante della Coldiretti COMMISSIONI Avifauna tipica alpina - Ungulati Lepre - Capanno Stanziale ripopolabile - Territorio Ambiente SEDE Piazza Brembana (BG) - Piazzetta Alpini tel./fax 034582565 - e-mail: [email protected] Segretaria: Alba Rossi Orari di apertura: Merc. – Giov. – Ven.: 9/12.30 - 14/17.30 - Sabato: 9/12.30 *************************************************************** Assessorato Provincia Via San Giorgio - tel. 035387700 Assessore Sett. Caccia e Pesca - Dott. Luigi Pisoni Ufficio Tecnico Caccia e Pesca Dirigente - Franco Casari Collaboratori - Giacomo Moroni - Alberto Testa Servizio di Vigilanza Provinciale Responsabile - Gian Battista Albani Rocchetti Collaboratori - Bruno Boffelli, Cristiano Baroni, Gerardo Cattaneo. SERVIZI DI PUBBLICA UTILITÀ Pronto Soccorso Sanitario- Ospedale Civile S. Giovanni B.: Tel. 034527111 Soccorso Alpino CAI - Elisoccorso: Clusone, Tel. 034623123 Pronto Soccorso Veterinario - BG - Via Corridoni 91: Tel. 035362919 Emergenza Sanitaria: Tel. 118 Vigili del fuoco: Tel. 115 E. traini