disponibile - comprensorio alpino valle brembana

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Periodico di cultura venatoria e gestione faunistico - ambientale del Comprensorio Venatorio Alpino Valle Brembana - Spedizione in a.p. art. 2 comma 20/c legge 662/96 - Filiale di Bergamo
Aprile 2003
Anno VII - n° 18
SOMMARIO
Periodico di cultura venatoria
e gestione faunistico ambientale
del Comprensorio Venatorio Alpino
Valle Brembana
Direttore Responsabile
Piergiacomo Oberti
Coordinatori
Flavio Galizzi, Elena Traini
Redazione
Diego Bonaldi
Luigi Capitanio
Flavio Galizzi
Elena Traini
Il Comitato di Gestione
Grafica, impaginazione
Ferrari Grafiche
Hanno collaborato
Tiziano Ambrosi, Domenico Belotti,
Fausto Calovi, Felicino Camozzi,
Luigi Capitanio, Atos Curti,
Sergio Facchini, Flavio Galizzi,
Amedeo Goglio, Giovanni Locatelli,
Gianfranco Milesi, Piergiacomo Oberti,
Luca Pellicioli, Michele Pesenti,
Romano Pesenti, Enzo Ruggeri,
Elena Traini, il Comitato di Gestione.
Direzione e Redazione
Piazza Brembana (BG)
Piazzetta Alpini
Tel-Fax :034582565
e-mail:[email protected]
Fotocomposizione e Stampa
Ferrari Grafiche - Clusone
Editore
Comprensorio Venatorio Alpino
Valle Brembana
Registrazione presso il Tribunale di
Bergamo, n°29 del 16/07/97
Rivista dei Soci
del Comprensorio Venatorio Alpino
Valle Brembana
Editoriale
Attualità
3
Modifiche al piano faunistico venatorio pr ovinciale
4
Lettere
Commissioni di lavoro
5
Avifauna tipica alpina
Ungulati
Lepre
Capanno
Stanziale ripopolabile
Gestione e cultura venatoria
L’ASSEMBLEA DEI SOCI DEL 21 FEBBRAIO 2003
USANZE E TRADIZIONI DELLA NOSTRA VALLE
9
Luigi Capitanio
12
Angelo Bonzi
15
Luca Pelliccioli
17
Fausto Calovi
19
Enzo Ruggeri
21
Iniziative didattiche per le scuole
23
Mario Lazzaroni
24
Domenico Belotti
26
27
LA BATTERIA DEI RICHIAMI
IL RITORNO DEL LUPO
IL CANE DA TRACCIA (seconda parte)
L’ALTANA (seconda parte)
PROGETTI DI EDUCAZIONE AMBIENTALE
A ROBERTO GATTI, Ricordo di un cacciatore amico
PER UNA SCUOLA DI CACCIA
IDEE PER UNA BIBLIOTECA
Domenico Belotti
Rubriche
Appunti di biologia animale
L’influenza dell’ambiente sul comportamento del cucciolo
Tiziano Ambrosi
Per saperne di più
Emorragie gravi
Giovanni Locatelli
Armi e balistica
I calibri short magnum
Sergio Facchini
Letto per voi
Ungulati delle alpi
Luigi Capitanio
Racconti
A cotorni in Val Taleggio
La rivista si avvale della collaborazione di tutti i Soci,
con scritti e materiale grafico e fotografico, senza
impegni da parte della Redazione, che si riserva di
vagliare ed eventualmente modificare quanto pervenuto, e tratterrà il materiale nel proprio archivio. La
riproduzione anche parziale è vietata, salvo il consenso degli autori e del Comitato di Gestione.
Romano Pesenti
In copertina: Coturnice
Foto di Baldovino Midali
Cassa al camòss
Amedeo Goglio
2
6
6
7
7
8
Spigolature culinarie
La Lepre
Informazioni e scadenze
L’ Angolo della Poesia
28
30
31
33
34
37
38
42
DI NUOVO AL LAV O R O
M
i corre l’obbligo innanzitutto di rivolgere un sincero
ringraziamento a tutti i Soci presenti all’Assemblea
annuale per la fiducia che mi hanno accordato per
reggere le sorti del Comprensorio in questo periodo di “transizione” previsto dalla nuova Legge Regionale.
Il fatto che un solo componente del Comitato di Gestione
abbia posto la sua candidatura alla presidenza del Comprensorio può prestarsi a tante interpretazioni diverse e condivisibili, come è giusto che sia ogniqualvolta una pluralità di
persone è chiamata a esprimere una scelta su chi lo dovrà
rappresentare.
Nel nostro caso la scelta era orientata su un solo candidato,
dando l’impressione che fosse tutto scontato, svuotando in
tal modo il meccanismo della competizione che giustamente
si innesca quando si deve rinnovare un qualsiasi organo gestionale.
Forse è vero. Ma accanto a queste considerazioni ve ne sono altre che, se analizzate serenamente, rivestono un significato profondamente diverso, specialmente per chi deve
operare al fianco delle nuove componenti del Comitato di
Gestione.
Confortato da questa partecipazione e consenso, sarà senz’altro più facile per me dare una continuità gestionale, proseguendo su programmi già impostati, senza però tralasciare
nuove iniziative migliorative, e avvalendomi sempre della preziosa collaborazione di chi già supporta il Comitato oltre che della disponibilità dei nuovi. Il tutto senza stravolgere un “impianto” funzionale, costruito non senza sacrifici in questi ultimi
anni.
Con questo spirito cooperativo e di reciproco rispetto, che si
è da subito instaurato, auguro a tutti di lavorare con entusiasmo
e realismo, per alzare sempre di più il livello della nostra passione.
In bocca al lupo.
Piergiacomo Oberti
S. Torriani
Un “gruppo” eterogeneo che sceglie al suo interno una persona da proporre al resto
dei Soci, per ricoprire una carica
impegnativa e di responsabilità,
dimostra unità e compattezza,
cosa abbastanza rara in campo
venatorio. Dimostra una reale
volontà di voler affrontare con
tranquillità e ponderazione una
materia indubbiamente ostica e
complessa, allontanando il rischio
di dannose spaccature, che troppe volte hanno coinvolto i cacciatori.
L’elevata presenza dei nostri
Soci, (la presenza di oltre un
terzo dei Soci è da considerarsi, ai tempi d’oggi, un livello
di partecipazione altissimo!) che
si sono espressi a grande maggioranza nel scegliere il loro Presidente, rappresenta un’altra considerazione positiva.
3
ATTUALITA
MODIFICHE AL PIANO
FAUNISTICO – VENATORIO
PROVINCIALE
L’Amministrazione Provinciale, con delibera 84 del 15.10.2002, ha provveduto ad introdurre alcune modifiche al Piano faunistico – venatorio per adeguarlo alle nuove disposizioni introdotte dalla Legge Regionale n° 7/2002 e n°
19/2002.
In particolare sono state introdotte modifiche relative ai confini delle Zona Alpi, che i Comprensori andranno a ritabellare in sinergia con il Corpo di Polizia
Provinciale.
Per quanto riguarda il Comprensorio
Alpino Valle Brembana, sono stati modificati i confini delle Oasi di Protezione Val Vedra e dell’Oasi Masoni, e sono stati istituiti il Valico di Ca’ San Marco, che preclude alla caccia ulteriori 37
ha, il Valico Passo Portula, che preclude alla caccia ulteriori 12 ha, e il Valico della Manina, che preclude alla
caccia ulteriori 112,5 ha.
DESCRIZIONE
DEI NUOVI CONFINI
DELLE OASI E DEI VALICHI
Oasi di Protezione Val Vedra
Si parte dalla Forcella di Pizzodello lungo il costone fino a d arrivare al Passo
del Vindiolo, seguendo il crinale del
Monte Vetro fino alle Baite del Branchino, si continua lungo il sentiero dei
fiori fino alla verticale delle Casere della Val Vedra, scendendo poi lungo il sentiero della Val Vedra fino alla galleria,
per arrivare poi alla Forcelle di Pizzodello.
Oasi di Protezione Monte Masoni
Dal Passo Cigola (2561 m.) scende la
valletta fino al Lago del Diavolo (2131
m.), seguendo la destra orografica. Da
qui la strada carrozzabile sino al tornante dove parte il sentiero per la Casera dei Dossi.
Indi si sale in linea di massima pendenza lungo il canalone con i paravalanghe passando per la stazione d’angolo fino allo spartiacque con la Val
Sambuzza, da lì continua fino alla cima
Monte Masoni e lungo il confine di provincia al Passo Cigola.
4
Valico di Passo San Marco, Valico di
Passo Portula e Valico della Manina
Segue una linea di confine di 1000 metri di raggio attorno ai Valichi, entro la
quale è vietata la caccia.
CONFINI ZONA “A” E ZONA “B”
Le variazioni di questi confini riguardano
due zone, uno in territorio di Piazzatorre (Torcole) e un altro in territorio di Taleggio.
Piazzatorre
Dal Colino di Torcola Soliva fino alla località Migoff è così ridisegnato:
Da Colino di Torcola Soliva a quota
(1730 m.) proseguendo per la pista
di sci del bosco fino a località capanno Fì, si segue il crinale sino al baitone di “Baita Cima”, e continuando sulla stessa quota si segue il canale del
Colino di Torcola Vaga, fino al congiungimento del sentiero alla quota di
“Baita Mezzo” fino alla località Migoff.
Taleggio
Dalla Baita Scaldolera alla Valle Bordesiglio è così ridisegnato:
Dalla Baita Scaldolera alla Baita Bassa di Campofiorito, poi in linea retta
sino alle Baite di Cantoldo, per poi
proseguire sul sentiero sino al canale
del Ger. Da qui, proseguendo in direzione del Comune di Vedeseta sino
alla località Prati Piazzoli (1330 m.);
salendo lungo il canalone sino alle Baite “Colonia” e, scendendo sul versante opposto, sino al confine di Provincia (Valle Bordesiglio).
I lavori di riperimetrazione verranno svolti prima dell’inizio della stagione venatoria.
Spett. Redazione di
“Caccia in Val brembana”.
del Comprensorio Venatorio Alpino
Valle Brembana
Spett. Redazione di
Caccia in Val brembana”.
del Comprensorio Venatorio Alpino
Valle Brembana”
Vorrei,tramite il vostro periodico, ringraziare Luigi Capitanio per il lavoro
svolto nel fare il corso per “LA CACCIA Dl SELEZIONE AGLI UNGIJLATI
‘’ svoltasi in cinque serate a Moio De’
Calvi.
Premettendo che sono una appassionata di fauna di montagna, ma che non
pratico la caccia, sono stata attratta da
questo corso.
Grazie alla sua bravura e alle sue conoscenze in materia, ho potuto apprezzare questo tipo di caccia, ho imparato ad osservare ed a riconoscere
questi animali, il loro modo di vivere e le
loro qualità, sempre nel rispetto della
natura grazie anche alla selezione.
Ci sarebbero tante cose da dire su quello che ha detto, ma quello che più mi
ha colpito è questo: “che non è giusto
uccidere un animale solo per il suo trofeo, ma è meglio guardare prima il suo
stato di salute, per poter cosi andare a
caccia oggi e anche in futuro”.
Ringrazio il relatore e gli auguro tante
soddisfazioni, sia dal punto di vista della caccia che da quella dell’insegnamento, che sa fare egregiamente.
Voglio complimentarmi con Lei Presidente, con tutta la Redazione e con
quanti collaborano all’ottima riuscita del
periodico.
So che esso è apprezzato anche da non
cacciatori, il che contribuisce ad elevarne il prestigio.
Ritengo possa essere ulteriormente arricchito e per questo voglio esprimere la
mia opinione, naturalmente secondo il
mio modesto punto di vista; a Voi poi
la valutazione se può essere ritenuta
meritevole di approvazione.
Prendendo spunto anche dall’intervista
con il notissimo scrittore Mario Rigoni
Stern, compatibilmente con gli argomenti trattati, gradirei che il periodico
fosse più didattico.
Mi spiego meglio con riferimento a due
articoli trattati nel periodico di dicembre 2002.
* Nella descrizione della rogna sarcoptica, avrei gradito fosse indicata anche
un’unità di misura dell’acaro più pratica, (ad es. frazione di mm.); avrei gradito anche una rappresentazione dell’acaro stesso se non delle uova e gallerie; forse la richiesta è più di carattere Veterinario?
* L’articolo ‘’ IL CANE DA TRACCIA’’ è
anch’esso descritto molto bene, con
accurati particolari inerenti il peso, il colore, le sfumature, il portamento, ecc.,
sicuramente tutto bene ed in modo
egregio, ma per il compimento dell’opera mi aspettavo la fotografia di tutti
e 3 i cani in bella mostra e non di uno
solo, per poter apprezzare meglio quanto descritto.
Ritengo che l’impatto visivo sia molto
rilevante e didattico, sia per rappresentazioni che per documentazione fotografica.
Distinti Saluti
Oltre il Colle, 28/03/2003
Graziella Palazzi
Non aggiungiamo commenti.
I corsi tenuti dal Comprensorio per i
cacciatori e per quanti volessero “saperne di più” sono sempre stati apprezzati, e le qualità di Luigi Capitanio,
presidente della Commissione Ungulati, offrono garanzie di notevole competenza e professionalità da tutti riconosciuta.
La Redazone
Ringraziamo il socio Mazzoleni per le
sue belle parole riguardo al nostro
Periodico.
Ci costa ogni numero molta fatica e impegno, al quale dedichiamo ogni volta
due mesi di lavoro, e i complimenti aiutano a guardare avanti.
Ci dispiace di non essere puntuali e precisi come lui vorrebbe, ma se dovessimo seguire tutti i suoi suggerimenti, oltre ai suoi interessi didattici, sicuramente legittimi, ce ne sarebbero mille
altri, altrettanto legittimi, da soddisfare.
Noi ci accontentiamo di fare le cose bene, con la chiarezza necessaria per tutti i lettori, e lasciamo certi approfondimenti personali alla buona volontà di
quanti vogliono saperne di più.
Il materiale illustrativo non è sempre facilmente reperibile, ma è di ottima qualità, e crediamo che la Redazione riesca a fare più che bene.
La Redazone
Distinti saluti
Berbenno, 2002/2003
Evaristo Mazzoleni
5
COMMISSIONI
• sottoscrizione con firma leggibile
avifauna
tipica
alpina
CALENDARIO CENSIMENTO
PRIMAVERILE 2003
Censimento alla COTURNICE
con cane da ferma.
Dal 29 marzo al 30 aprile.
La metodologia di lavoro è quella consolidata in questi ultimi anni, ed i periodi sono quelli comunicati attraverso le indicazioni inviate ai Soci della Tipica ed
esposti al Comprensorio.
Censimento primaverile
di COTURNICE E PERNICE BIANCA
con richiamo acustico.
Dal 29 marzo al 31 maggio. Le uscite
vanno concordate preventivamente con
i sigg. Responsabili di Settore secondo aree campione e percorsi prestabiliti.
Ogni Responsabile ha in dotazione un
proprio richiamo acustico e darà istruzioni dettagliate per la mappatura del
percorso e per la compilazione delle
schede di censimento.
Censimento primaverile
di GALLO FORCELLO su arena
di canto e/o punti di canto.
Dal 1° aprile al 31 maggio.
Tali uscite vanno concordate preventivamente con i sigg. Responsabili di Settore secondo aree campione e punti
prestabiliti.
Ogni Responsabile darà indicazioni precise per la mappatura dei luoghi e per la
compilazione delle schede di censimento. E’ necessario che le uscite siano segnalate e
concordate preventivamente (anche telefonicamente) in modo che la partecipazione anche di più persone in una sola giornata sia distribuita correttamente su più zone campione, evitando i doppi conteggi su una stessa area.
RACCOMANDAZIONI
Tutte le uscite per le operazioni di censimento, dovranno essere obbligatoriamente documentate con:
• compilazione di due schede di censimento;
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su apposito registro presenze (copia
di tale registro dovrà essere fatta pervenire all’ufficio del Comprensorio entro la giornata successiva);
• indicazione degli avvistamenti sulla
cartografia in scala 1:10.000;
• restituzione entro il 07/06/2003 delle schede compilate al Responsabile
di Settore.
Atos Curti
ungulati
Il nuovo direttivo è stato eletto. La Commissione, in attesa di riconferma o di
sostanziali cambiamenti, che ci auguriamo comunque avvenga in tempi brevi, deve riprendere l’attività nei lavori di
competenza. Primo fra tutti l’esecuzione dei censimenti che abitualmente in
questo inizio di stagione dà il via alla
stagione venatoria che, come sappiamo, impegna o per meglio dire dovrebbe impegnare “tutti” i Cacciatori, quantomeno in quelle forme di prelievo che
riguardano la selvaggina stanziale. Nel
mese di marzo, con discreta partecipazione dei Cacciatori abbiamo eseguito
l’indagine che riguarda il cervo. Buoni i
risultati, e in alcune zone oltre ogni
aspettativa. A tal proposito è doveroso sottolineare che, alcune volte, il conteggio è avvenuto nelle zone dove la
presenza del cervo era certa, vuoi perché sono zone di svernamento ormai
conosciute, oppure, ed è la maggioranza dei casi, perché i Cacciatori cominciano a sorvegliare in modo assiduo
gli spostamenti di questi animali, anche
a caccia chiusa. Questo facilita le scelte dei luoghi da censire e le operazioni
di avvistamento. Le attenzioni dei Cacciatori nei confronti del cervo poi, ripagano pienamente la Commissione per le
scelte di gestione operate a suo tempo, in un momento particolarmente delicato per l’avvio di questa nuova forma
di prelievo. Nelle uscite domenicali programmate, la presenza dei nuclei di cervi è stata segnalata in tutti i settori pre-
visti per il conteggio. Unica eccezione riguarda il settore quattro. In questo settore la commissione, valutate le scarse probabilità di avvistare questo tipo
di selvatico, momentaneamente non ha
ritenuto opportuno effettuare censimenti
e prelievi. I Cacciatori che abitualmente
operano in queste zone sono stati distribuiti nel restante territorio. La zona
non censita comprende il triangolo Branzi-Carona-Foppolo; i pochi avvistamenti
segnalati lo scorso anno riguardavano
esclusivamente soggetti erratici che,
soprattutto durante la stagione estiva,
hanno transitato il territorio con asse
nord-sud. Da qui la decisione della Commissione di non effettuare censimenti
(e prelievi), fintanto che un minimo di
popolazione non colonizzi in modo stabile questo territorio. Ovviamente il lavoro di censire non riguarda esclusivamente specie nuove. Anche quest’anno
i conteggi che riguardano il capriolo e
il camoscio verranno eseguiti con il metodo classico, già consolidato nel corso
di questi ultimi anni. Questo lavoro, programmato ed eseguito nel rispetto dei
protocolli di riferimento approntati dalla
Provincia, non esclude da parte nostra
l’utilizzo parziale dei dati contenuti nelle “schede non ufficiali”, quantomeno
a conforto dei dati raccolti nelle date
concordate che, per ovvie ragioni di
tempo e di personale, non possono
estendersi ad ulteriori territori censibili.
Faccio riferimento a quelle schede compilate durante le uscite non programmate, oppure dai dati raccolti da alcuni
dei libretti degli Accompagnatori che
durante le uscite di caccia segnano diligentemente le loro osservazioni. Questi dati non devono perdersi. Le segnalazioni concorrono sempre più alla
conoscenza della distribuzione sul territorio delle popolazioni di ungulati, e in
alcuni casi, proprio attraverso la lettura di questi dati ottenuti durante l’intero
anno è possibile stabilirne lo stato di
abbondanza o di diminuzione, spesso
dovuta a fattori concorrenziali dell’attività
venatoria, quali ad esempio il bracconaggio o il randagismo dei cani. Ben
vengano dunque quei Cacciatori che,
disponendo di tempo libero, dedicano
tanta passione al conteggio della selvaggina, tutto sommato e in modo consapevole lavorano gratuitamente per la
nostra comunità.
Calendario dei censimenti
Si raccomanda sempre di fare riferimento ai responsabili di settore
Luigi Capitanio
lepre
La caccia è da poco terminata ed il lavoro più impegnativo che la nostra commissione deve affrontare riguarda la programmazione della prossima stagione.
Attraverso i censimenti che verranno
svolti prossimamente, sarà possibile
conoscere la reale situazione delle popolazioni di lepri che sono presenti nel
nostro Comprensorio. Al riguardo ci
aspettiamo dai Cacciatori che praticano questa specializzazione un contributo maggiore e puntuale alle indagini
che riguardano la conoscenza della distribuzione della lepre, sia essa comune che variabile. Nella passata stagione,
i nostri inviti per la partecipazione ai censimenti che riguardano la lepre variabile non sono stati accolti da grande entusiasmo, pazienza, l’invito viene rinnovato e siamo certi che in questa occasione ci sarà maggiore disponibilità da
parte di tutti. La nostra specializzazione, spesso si trova al centro di critiche,
soprattutto in riferimento ai diversi modi di interpretare l’orientamento di gestione che ormai si impone, anche attraverso scelte importanti, ma coerenti con i tempi attuali. Purtroppo, le scelte non effettuate in passato si ripropongono in modo sempre più pressante, urgono pertanto approfondimenti e
soluzioni in tempi brevi. Nell’attesa che
tutto ciò venga discusso è però possibile verificare l’andamento dei prelievi
che riguardano la lepre comune, anche
in riferimento alle immissioni che sono
avvenute nell’inverno antecedente la
stagione di caccia. E’ nostra convinzione che un contributo maggiore alla conoscenza delle dinamiche di crescita
della popolazione possa essere fornito
dai Cacciatori, soprattutto attraverso la
segnalazione degli abbattimenti, che
non devono riguardare esclusivamente
il numero dei capi prelevati, operazione questa imposta dalle attuali disposizioni venatorie, ma estendere la stessa anche al sesso e alla classe d’età
del capo abbattuto, che ricordo, è facilmente riconoscibile nei soggetti che
ancora non hanno raggiunto un anno di
vita. E’ sufficiente distinguere se il capo
abbattuto ha più o meno di un anno, tutto qui. Questi dati ci consentiranno di
conoscere la struttura della popolazione
e il successo riproduttivo riferito ad ogni
zona interessata dalla presenza e dalla
caccia alla lepre. Le stesse considerazioni vanno estese anche alle lepri immesse. Da tempo conosciamo la fedeltà al territorio dei soggetti nati in libertà, infatti la ricerca di sicurezza nei
confronti della predazione condiziona
fortemente la mobilità della lepre, con
eccezione della mobilità dei maschi nei
periodi riproduttivi. Diverso è il comportamento delle lepri utilizzate nei ripopolamenti, che, almeno nella fase iniziale possono compiere spostamenti
anche di notevole entità, alla ricerca forse di un territorio congeniale, ma nello
stesso tempo, vanificando lo sforzo che
il Comprensorio sostiene per diffondere in modo capillare la presenza della
specie. La conoscenza approfondita di
questa situazione può contribuire in modo significativo alla gestione, concentrando gli sforzi organizzativi ed economici per una migliore realizzazione. Nella stagione di caccia appena conclusa,
il piano di prelievo approvato è stato di
140 lepri. I prelievi si sono attestati a
136 esemplari, le tabelle riportate indicano in modo dettagliato il luogo dei
prelievi.
Gianfranco Milesi
capanno
La stagione 2002/03 è andata finalmente in archivio, e credo che saranno
pochi a rimpiangerla, in particolare per
l’andamento climatico veramente disastroso soprattutto nel periodo che va
dalla metà di ottobre a fine novembre
e che solitamente rappresenta il momento più importante dell’intera annata venatoria.
Parlare di caccia di fronte alle calamità
che hanno caratterizzato quel periodo,
provocando enormi disagi ai nostri paesi, potrà sembrare anacronistico, tuttavia a questo compito siamo chiamati.
E comunque questi problemi hanno stimolato i nostri cacciatori a gesti di solidarietà, culminati con la raccolta di fon7
che nel frattempo vengano una volta per
tutte risolte le questioni legate all’applicazione della nuova Legge Regionale approvata nell’agosto scorso.
Nei primi giorni del mese di aprile, ci ha
lasciato un carissimo amico, oltre che
componente della Commissione stessa e compagno di tante battaglie combattute per la causa della caccia, lasciando in tutti noi un vuoto difficilmente colmabile. Ciao Guido, in questo momento di tristezza ci stringiamo ai tuoi
famigliari esprimendo loro i nostri sentimenti di sincero cordoglio.
Archiviando questa triste ma doverosa
parentesi, riportiamo l’attenzione dei
nostri soci sulle problematiche che affronteremo nel prossimo futuro e che
saranno rivolte in particolare a sensibilizzare gli organi competenti affinché a
breve venga fatta chiarezza sulla questione degli anellini, sul trasporto e detenzione dei richiami e sulle modifiche
del regolamento Zona Alpi.
Per quanto invece di nostra competenza ci stiamo impegnando nell’aggiornamento degli elenchi e nel portare le necessarie migliorie nella gestione del
Centro di distribuzione, per poter dare
più trasparenza e credibilità a questo
gravoso impegno.
Nel ringraziare per l’attenzione fin qui
dimostrataci, cogliamo l’occasione per
formulare a tutti i nostri affezionati lettori
i più sinceri auguri di Buona Pasqua.
Felicino Camozzi
stanziale
ripopolabile
Riunione annuale
soci “Vagante in Zona B”
Si comunica che SABATO 10 maggio,
alle ore 21, presso il Centro don Palla, a Piazza Brembana, si terrà l’’Assemblea annuale dei Soci che praticano la Caccia Vagante in Zona di Minor Tutela
Una degli argomenti che interessano la
serata sarà il tema “pronta Caccia”.
Infatti numerose sono state le richieste
da parte dei Soci che chiedevano alla
Commissione di effettuare uno o più
lanci durante la stagione venatoria.
Importante sarà quindi la presenza di
tutti gli interessati, specialmente dei
Presidenti delle Sezioni Comunali, considerato che la Commissione Ripopolabile, come già avvenuto l’anno scorso, lavorerà secondo le indicazioni prese dall’Assemblea, naturalmente nel rispetto delle norme vigenti e previo consenso del C.T.G..
Michele Pesenti
E.Traini
di promossa dall’UNAVI provinciale, che
ha fruttato oltre 50.000 e.
Evidentemente l’avvio promettente e
anticipato del passo migratorio di Tordi bottacci e Merli è stato il preludio a
quanto precedentemente ricordato. In
seguito abbiamo avuto un proseguimento di stagione altalenante, con flussi migratori irregolari per quanto riguarda tutte le altre specie, come del resto
si evince dalle catture effettuate nei tre
roccoli di nostra competenza, che complessivamente hanno conferito al Centro di distribuzione 895 presicci, così
distribuiti:
Tordi bottacci 237
Tordi sasselli 216
Cesene 409
Merli 33
Come già anticipato nel numero scorso del nostro periodico, a fine anno è
decaduto il C.T.G. e di conseguenza anche le varie Commissioni hanno rallentato le loro attività in attesa di essere
riconfermate o integrate con nuovi rappresentanti proposti dal nuovo Comitato.
Questa fase, che ha abbracciato complessivamente un periodo di oltre tre
mesi, ha fatto si che si sia perso del
tempo prezioso che ha impedito di portare avanti quelle iniziative che ci eravamo prefissati per migliorare i servizi di
nostra competenza.
Vedremo di recuperare il terreno perduto, per farci trovare pronti all’inizio della
prossima stagione venatoria, sperando
8
ASSEMBLEA DEI SOCI21
- Febbraio2003
La relazione del Presidente Piergiacomo Oberti
Prima di iniziare ad esaminare i punti all’ordine del giorno, vorrei brevemente
portarvi a conoscenza del nuovo quadro normativo che regola attualmente la
costituzione ed il funzionamento di questo nuovo Comitato tecnico di gestione, che si è ufficialmente insediato lo
scorso 14 Febbraio.
E’ un comitato provvisorio che rimane
in carica fino alla scadenza del Consiglio Provinciale, il cui rinnovo è previsto
per la prossima primavera.
L’attività dei Comprensori e degli Ambiti è tutt’ora disciplinata dalla L.R. n. 7
del 20 maggio 2002, che subentra alla
precedente Legge 26 del ’93.
Ciò significa che dallo scorso 20 Maggio
i Comitati di gestione sono decaduti, e fino ad oggi hanno operato in condizioni
di “provvisorietà”, limitando la loro opera alla gestione ordinaria.
Sono state “congelate” per ovvi e comprensibili motivi tante iniziative programmate che richiedevano un impegno
distribuito in un arco di tempo medio/lungo, perché senza la sicurezza di poter
agire fino ad una scadenza certa , non
era sensato lavorare su programmi che
possono realizzarsi in alcune stagioni.
Tra le più rilevanti novità introdotte dalla
nuova legge si rileva l’aumento da dieci
a dodici dei componenti del Comitato; i
cacciatori passano da tre a cinque, gli
agricoltori diminuiscono di uno, e per la
prima volta viene inserito un rappresentante delle associazioni cinofile.
Anche i compiti dell’Assemblea subiscono profonde modifiche, come l’elezione del Presidente, scelto tra i membri
del comitato di gestione, e l’approvazione dei bilanci.
Il Bilancio consuntivo 2002 e Preventivo
2003 vi sarà illustrato dal Revisore contabile del Comprensorio dopo l’elezione del Presidente.
ELEZIONE DEL PRESIDENTE
Dal Maggio scorso sono trascorsi diversi mesi, ma solo all’inizio di Febbraio
la Provincia ci ha fornito precise indicazioni per procedere al rinnovo degli organi gestionali e rendere operativo il
Comprensorio, anche se siamo ancora
sprovvisti di due strumenti normativi fondamentali: lo Statuto e il Regolamento
regionale zona alpi, che ci auspichiamo
vengano approvati al più presto dalla Regione.
Seguendo una linea prudenziale, consigliata anche dai funzionari della Provincia per la mancanza dello Statuto,
si rende preferibile procedere all’elezione del Presidente con votazione segreta, anche in presenza di un solo candidato.
Chi vi parla è l’unico componente del
C.T.G. che ha posto la sua candidatura per ricoprire questa carica impegnativa fino al prossimo anno, quando
sarà nominato il Comitato definitivo. Ricordo che il presidente viene regolarmente eletto se raccoglie il consenso di
almeno la metà più uno dei soci presenti.
La motivazione principale che mi ha
spinto a chiedere la vostra fiducia, è
quella di dare una continuità gestionale al Comprensorio in questo breve periodo che ritengo un proseguimento naturale del passato comitato, e portare a
termine la nostra ricerca scientifica sui
Galliformi della Valle Brembana, che da
oltre cinque anni impegna i cacciatori
dell’Avifauna tipica in una notevole raccolta di dati finalizzati a conoscere lo
“status” di Coturnici e Forcelli presenti sul nostro territorio. Il tutto, opportunamente elaborato, merita di essere pubblicato e divulgato a enti e associazioni che si occupano di gestione
venatoria per avere a disposizione un
ulteriore supporto tecnico/scientifico
per conservare e incrementare queste
specie pregiate.
Da noi l’applicazione di alcune “risultanze” del Progetto stanno dando riscontri positivi, pertanto mi auspico che
la nostra esperienza venga seguita anche fuori i confini della Valle.
Naturalmente tutti i nostri soci saranno i primi destinatari di questa pubblicazione.
Per concludere questo lungo lavoro intendo avvalermi della piena collaborazione di Diego Bonaldi, che, anche se
non fa più parte di questo Comitato, è
stato uno degli artefici della ricerca, e riconfermare le attuali Commissioni consuntive nel loro complesso, senza stravolgere un impianto collaudato che affianca il Comitato nelle sue scelte e
che a breve saranno impegnate a coordinare i censimenti della stanziale.
Alla relazione del Presidente è seguita
l’Elezione del Presidente e gli interventi
di alcuni Soci.
ELEZIONE
Dopo le nomine degli scrutatori e le indicazioni dell’Assemblea riguardo al tipo di votazione, a scrutinio segreto, si
è proceduto all’elezione da parte dei
Soci.
Gli scrutatori, dopo lo spoglio delle
schede, hanno comunicato l’esito.
Soci presenti: 320
Votanti: 308
Indicazioni di Voto:
Piergiacomo Oberti: voti 246
Nulle: 2
Bianche 60
INTERVENTI DEI SOCI
Prima di chiudere l’Assemblea, hanno
chiesto la parola alcuni Soci, dei quali
riportiamo in sintesi gli interventi.
BONZI ENRICO: in qualità di Presidente Provinciale dell’Ass.ne venatoria
C.P.A., fa il punto sul Regolamento Zona Alpi, sullo Statuto allo studio della
Regione e sul Regolamento addestramento cani provinciale.
MILESI GIANFRANCO: Chiede che
venga consentito l’addestramento del
cane segugio anche in Zona di Minor
Tutela.
MANZONI CRISTOFORO: propone che
i censimenti alla Tipica vengano svolti
anche solo da squadre di tre persone e
con l’uso di 2 cani per cacciatore.
ASSI DELIO: propone al C.T.G. di individuare una nuova sede più accogliente e ampia per il centro di verifica Ungulati.
AMBROSIONI FRANCESCO: propone
di organizzare un corso di pronto soccorso per i cacciatori del Comprensorio.
REGAZZONI BRUNO: chiede chiarimenti in merito alla moria di selvaggina
verificatosi nel recinto di ambientamento di santa Brigida. Richiesta espressamente rivolta alla Commissione Ripopolabile, che ha avuto una puntuale risposta da parte del presidente della
commissione.
EPIS CASIMIRO: propone che il Comitato chieda contributi a Enti per sostenere i costi di Pubblicazione del Progetto
Galliformi.
L’Assemblea si è chiusa alle ore 23,45
9
IL BILANCIO DEL COMPRENSORIO
10
A proposito dell
’assemblea del 21 febbraio 2003
Le considerazioni del Vicepresidente Giambattista Gozzi
Mi sento in dovere come nuovo componente del Comitato di Gestione, di
inviare alcune riflessioni riguardo all’Assemblea dei soci del Comprensorio che si è svolta il 21 febbraio scorso. Innanzitutto chiarisco di aver saltato pochissime Assemblee e solo per
impegni gravi. E’ mia convinzione che
l’Assemblea è la massima espressione
di democrazia e di confronto. E’ la sede
propria ove ogni socio può esporre le
proprie convinzioni e rimarcare gli eventuali appunti sull’operato del Comitato,
può inoltre formulare proposte e dare
indicazioni sempre importanti e gradite. Non partecipare almeno in quella unica occasione una volta all’anno è segno di grave
disinteresse e assoluta
mancanza di collaborazione. L’assemblea del
21 riportava all’ordine
del giorno dei punti che
al cacciatore con un minimo di attenzione alla
vita associativa del Comitato, non potevano
sfuggire. Parlo della Elezione del Presidente e
dell’approvazione dei bilanci (consuntivo e preventivo). Mai come in
questa occasione l’assemblea veniva investita di un potere deliberativo (e d’ora in poi sarà
sempre così) tanto importante ed essenziale
per la gestione del
Comprensorio.
Mi
aspettavo la partecipazione di una maggioranza qualificata, (almeno il
50%) non fosse altro per la pura curiosità della novità dell’elezione del Presidente. Il mio stupore ed il mio rammarico è stato nel constatare la esiguità
dei presenti. Siamo un Comprensorio
che conta oltre 1000 iscritti (1.080 per
la precisione) ed all’assemblea abbiamo registrato 320 presenze. Meno di
un terzo degli iscritti! Questa assenza
ci deve far pensare, ci deve preoccupare e far riflettere. Mi rifiuto di credere che il disinteresse sia dovuto a una
sorta di rigetto per i nuovi dispositivi
di legge o per il lavoro svolto dall’ese-
cutivo uscente. Il Comitato di Gestione in questi anni, pur nelle comprensibili
difficoltà ed incomprensioni (chi scrive
ne è stato uno dei maggiori protagonisti)
ha sempre svolto un servizio ed un ruolo preminente nella gestione della caccia, creando dal nulla una organizzazione ed un coordinamento tra le varie specializzazioni. Il male allora è insito in ciascun cacciatore. Il disinteresse per la
vita associativa e per le problematiche
legate alla attività venatoria è colpa grave di ciascun cacciatore. Non è più possibile oggi, nell’ambiente in cui viviamo,
nelle difficoltà in cui siamo chiamati ad
operare, delegare sempre e solo ad altri i nostri impegni, i nostri interessi, le
nostre dimostrazioni, le nostre contestazioni e quant’altro ci viene richiesto
per la difesa della nostra passione venatoria. Non è più possibile ricordarsi
di essere cacciatori 2 o 3 mesi all’anno per poi dimenticarsi completamente dei problemi e dei disagi del mondo
venatorio. Il cacciatore oggi è chiamato
a prestare un impegno costante, continuativo, assiduo, incisivo, come fanno i nostri “avversari” nemici della caccia, che sono instancabili nella lotta.
In sostanza il cacciatore se vuol rivalutare la sua immagine e dare dignità alla
sua attività, deve svegliarsi, deve impegnarsi e partecipare. Ciascuno nel
proprio ruolo e secondo le proprie capacità deve dare un contributo costruttivo alla vita associativa del Comprensorio. Se il cacciatore non è disponibile a questo atteggiamento, non ha motivo di lamentarsi se la caccia andrà
estinguendosi nel giro di pochi anni.
Chiedere almeno la presenza all’Assemblea annuale non mi sembra un impegno così gravoso. Le mie sono naturalmente osservazioni di carattere generale, perché so benissimo che per portare un
Comprensorio all’attuale
livello operativo, vi è stato il contributo fondamentale di molti cacciatori, ma so altrettanto benissimo che esiste quella “ maggioranza silenziosa” che non si prende
nemmeno il disturbo di
partecipare una volta all’anno all’Assemblea,
che è pronta a lasciare
che siano sempre e solo
gli altri a decidere per poi
criticare e mai costruire.
Personalmente ho avuto
spesso scontri con la dirigenza ma sempre e solo a difesa degli interessi
dei cacciatori ed in nome
dell’eguaglianza e della
collaborazione. Mi permetto di rivolgere un invito agli amici cacciatori
iscritti al Comprensorio:
abbiate considerazione
per le persone che hanno dato tanta disponibilità e messo a
disposizione il loro tempo per far progredire l’attività del comprensorio; abbiate considerazione per coloro che si
accingono a dare il loro contributo a
questa organizzazione. Ricordate che
finché ci sarà questa disponibilità potremo cogliere i frutti di una oculata gestione dell’attività venatoria e di una corretta tutela del territorio che non può
però prescindere dal contributo e dalla
partecipazione di ogni singolo cacciatore.
11
Caccia, usanze e tradizioni
della nostra Valle
Luigi Capitanio
Ho letto nei giorni scorsi una lettera che
un sindaco della nostra Valle ha trasmesso per “conoscenza” al Comprensorio. Il contenuto della lettera, in
modo sintetico, riguarda il rapporto di
convivenza e di possibile conflitto tra il
mondo venatorio e i turisti che abitualmente, ma soprattutto durante le vacanze estive, sono presenti nelle nostre valli. Puntualmente ogni anno in primavera, a turno, il Sindaco di questo o
di quel Comune, preoccupato del
possibile calo di presenze turistiche, invita con toni più o meno
pacati i Cacciatori del Comprensorio a posticipare l’apertura della loro attività, in modo che il villeggiante non debba incontrare il
cacciatore durante l’esercizio della caccia.
Per prima cosa mi sento in dovere di rivolgere un doveroso e
solenne richiamo a tutti i Cacciatori per un comportamento rispettoso delle leggi in materia venatoria, soprattutto in riferimento alle distanze da mantenere durante l’esercizio dell’attività venatoria dai centri abitati e dalle
vie di comunicazione, nel contempo però questa lamentela mi
costringe ad una breve riflessione e ad esprimere alcune considerazioni a tutela della nostra immagine, purtroppo sempre più
maltrattata.
A tanti di noi, giovani e non, è capitato di lasciare la valle per lavoro, studio o altre ragioni. In misura ancora maggiore è successo ai nostri genitori e nonni, che
per indigenza sono stati costretti ad emigrare in paesi spesso
molto lontani. Alcuni di noi, i più
fortunati, hanno attraversato e attraversano periodicamente le frontiere
per trascorrere periodi di vacanza in località lontane, sempre più frequentemente anche in località esotiche d’oltre mare. Ebbene tutti noi, lasciando le
nostre contrade, abbiamo dovuto e dobbiamo adattare il nostro comportamen12
to alle usanze, alle tradizioni, alla mentalità del paese che ci ha ospitato o ci
ospita temporaneamente. Spesso queste usanze sono profondamente diverse dalle nostre, tanto che non di rado,
alcuni di noi, incapaci di modificare il
proprio stile di vita sono dovuti rientrare interrompendo la vacanza o la permanenza di lavoro. Al riguardo si pensi
soltanto alle difficoltà di adattamento
alle abitudini alimentari, della lingua o
della libertà di professare una religione. Ci aspettiamo in modo analogo, che
lo stesso adattamento ai costumi e alle tradizioni della nostra terra sia sentito, in modo spontaneo, anche da chi ne
è ospite temporaneo.
Questi modo di intendere l’ospitalità
mi suscita alcune importanti considerazioni sul futuro dell’attività venatoria, quella caccia che noi tutti Cacciatori di montagna conosciamo, perché
da tempo la pratichiamo nello stesso
modo, tanto da poterla considerare
sotto ogni aspetto “necessità, consuetudine o tradizione”.
In misura diversa, a volte velata, assistiamo a volte ad attacchi nei confronti dell’attività venatoria, anche nella nostra valle, dove fino a pochi anni
fa, il rispetto della maggioranza
della popolazione locale verso la
caccia e le sue tradizioni costituiva una sorta di deterrente e di baluardo ai facili giudizi negativi,
espressi quasi sempre da persone che abitano le grandi città.
Questi giudizi, perlopiù malevoli
nei confronti di tutta la categoria,
provengono da direzioni diverse,
anche locali, spesso sostenute in
modo strumentale dalla stampa e
dalla televisione.
Le nostre Associazioni, che tra i
loro doveri avevano ed hanno il
compito di difendere anche l’immagine della caccia, hanno sempre costruito le difese per la categoria dei Cacciatori con il richiamo verso il rispetto delle tradizioni, mentre alcune di loro, con
colpevole miopia, ancora oggi sostengono che queste aggressioni sono essenzialmente da attribuire, quale naturale reazione, al
comportamento scorretto che alcuni seguaci di Diana, una minoranza per fortuna, mantengono nei
confronti della selvaggina e dell’ambiente in generale.
Non è così. Oggi qualcosa sta
cambiando. Quel “qualcosa” forse è già cambiato, e molti, impegnati in altre faccende, non se ne sono
nemmeno accorti!
Basta pensare al costante lavoro che il
nostro Comprensorio, attraverso il giornale e con le numerose iniziative che
ha in corso, svolge nei confronti dei cacciatori, per una loro crescita culturale e
di conoscenza nei confronti dei problemi ambientali e di gestione della fauna.
E’certamente cambiata anche l’attenzione della società moderna verso i problemi di carattere ambientale, meno male, era ora! Spesso però questa attenzione è espressa in modo a noi incomprensibile, qualche volta in modo contestatario, o peggio ancora in modo ambiguo. Un’ambiguità che è dimostrata
dalla stessa società nel suo modo d’essere, da un lato fortemente impegnata
a sfruttare ogni risorsa del creato, spesso depredando in modo estremo una
parte sempre maggiore delle ricchezze
naturali, il più delle volte in modo inutile
e sconsiderato, inquinando a più non
posso acqua, aria e tutto l’ambiente che
la circonda. Questo atteggiamento nei
confronti della natura, ne ha decretato
un allontanamento dell’uomo moderno dalla
natura stessa, ed è sentito in modo maggiore
dagli abitanti delle grandi città fortemente industrializzate, di conseguenza invoglia l’uomo,
proprio per la sua appartenenza biologica alla sfera naturale, alla ricerca di una natura integra, di accezione
idealistica, che lo riporti in armonia con la natura e soprattutto con
se stesso. Eccolo dunque difensore verbale,
troppo spesso impreparato e superficiale per una conoscenza piuttosto vaga che possiede della natura che vorrebbe difendere, che
il più delle volte ha conosciuto distrattamente attraverso la televisione, durante l’ora di pranzo, o la sera, perché
su altri canali non c’erano partite di calcio; quasi sempre attraverso documentari spettacolari dove il leone mangia sempre lo gnu.
Questa scuola forma un difensore accanito e spesso incattivito, di quel mondo immaginario in cui tenta disperatamente di reinserirsi, coniando spesso
frasi senza senso, gemellaggi stupidi
quali: “fratello albero”, “animali nostri
simili”, “pace con la natura” ecc. Chi
è cacciatore da tanto tempo, la caccia e
la natura la vive da sempre come aspetto integrante del proprio modo di essere, e non può accettare questo miscuglio di identità, questo scambio di
ruoli, neanche attraverso una visione
filosofica del problema! Noi umani abbiamo un’anima perbacco! E anche se
l’etologia comparativa, nuova scienza
emergente, pone sullo stesso piano uomini e bestie nel mondo animale, per
ragioni puramente biologiche, il nostro
processo evolutivo dimostra il distacco, se mai le prove servissero, dalla
sfera naturale che appartiene alle bestie. Pur riconoscendo a questa scienza la scoperta che alcune specie animali presentano organizzazioni sociali
complesse e in alcuni casi anche lo sviluppo di una capacità di pensiero elementare, appare innegabile la differenza tra l’uomo e qualsiasi altro essere
vivente del pianeta. A confortare la mia
opinione sulla diversità tra gli uomini e gli
animali, sta anche l’osservazione che
la maggioranza di noi, Cacciatori valligiani, proveniamo dal mondo rurale. Abbiamo visto per anni i nostri genitori tirare il collo alle galline senza scandalizzarci, le abbiamo mangiate e continuiamo a mangiarle senza odiarle od esserne innamorati. Credo che nessuno
di noi le abbia mai considerate come
“sorelle”. Conosciamo il modo per portarle in tavola, senza farle soffrire inutilmente, questo si, a differenza di molti che negando in modo inconscio la loro appartenenza al mondo degli umani,
carnivori e predatori per eccellenza fin
dalla notte dei tempi, “delegano” al
prossimo questa incombenza, acquistando al supermarket il pollo già confezionato o per comodità già cotto.
E’ vero, la società moderna esprime giudizi positivi nei confronti di quei popoli
che tengono in grande considerazione la
protezione degli animali; è l’attuale me-
tro di misura nella valutazione del progresso raggiunto da una società, e aggiungo io, lo stesso criterio di valutazione dovrebbe estendersi anche nei riguardi di chi con il proprio operato mantiene integro l’ambiente.
Tra questi ci siamo pure noi, sissignore,
i Cacciatori. In ogni caso chiunque ponga sullo stesso piano uomo ed animale
sbaglia, ne sono certo. Non solo nei
confronti dell’uomo, il quale merita rispetto e considerazione per la posizione che occupa nel creato, ma commette
errore anche nei confronti dell’animale,
poiché lo tratta in modo non più confacente alle sue esigenze naturali; “umanizzandolo” l’animale non vivrà meglio o
più a lungo, ma solo rispettando il suo
ambiente esso potrà soddisfare quelle
esigenze biologiche che caratterizzano la sua appartenenza
ad una specie. Credo invece, continuando nella
riflessione che, forse è
semplicemente la parola “morte”, e tutto
quanto a lei connesso
che spaventa i sostenitori di queste filosofie.
Basti pensare che parecchi di noi, escluso il
sottoscritto, pensano di
tutelare i propri figli impedendo loro di vedere
gli effetti della morte,
anche solo di un animale il cui sacrificio allegri
la nostra tavola; queste
“visioni” sono considerate esperienze negative.
Alcuni poi, di moderna formazione professionale o semplicemente cavalcando l’attuale moda demagogica, raccomandano estrema prudenza verso queste visioni! Tranne poi ignorare le loro
raccomandazioni verso la visione di
quella violenza quotidiana trasmessa in
tv, e non sempre a titolo gratuito, qualche volta anche pagandone il canone.
Figuriamoci a questo punto se è il caso di mostrare un’azione di caccia al figlio di quel signore che viene dalla città
per trascorrere in modo sereno alcune
giornate di vacanza con la famiglia! Siamo impazziti? Ma cacciate da ottobre
a ottobre e mezzo, di mattino presto,
perché se vi vedono!! E magari a quei figli piacerebbe pure la caccia, ma i loro
genitori ne demonizzano i praticanti, i
contenuti. Pazienza bambini, andrete in
discoteca quando avrete la vostra età.
13
Cacciatori, per riequilibrare le popolazioni di selvatici che altrimenti subirebbero delle fluttuazioni estreme, incontrollabili.
Non basta pensare al reinserimento dei
grossi predatori per risolvere il problema dell’aumento considerevole delle
popolazioni selvatiche. In alcune nazioni, quali la vicina Svizzera, ne sanno
qualcosa: spesso i predatori preferiscono l’abbacchio d’agnello all’arrosto
di muflone, non solo perché tenero, ma
per la facilità del reperimento. Il tutto
con la benedizione degli allevatori locali! E come dice mia madre, “in alcuni
casi la pezza è peggio del buco”.
Per queste operazioni di reintroduzione servono grandi spazi, ma l’Italia non
è la tundra lappone o la taiga siberiana,
è molto, molto più piccina.
E la caccia? Che senso ha cacciare nel
terzo millennio?
È una passione, una grande passione
difficile da spiegare, difficile come spiegare i colori a chi è nato cieco. Ma gli effetti no, quelli possono essere compresi
da tutti. Per paragone possiamo immaginare un appassionato di giardinaggio,
che durante i mesi estivi taglia dei fiori
di rosa per adornare l’interno della propria casa. Con questa operazione non
distrugge le piante che producono ro-
se, ci mancherebbe; semplicemente
raccoglie il frutto del proprio lavoro, della propria passione.
Anche noi Cacciatori utilizziamo lo stesso criterio, preleviamo parte di quei fiori, che sono la selvaggina, come interessi in eccedenza alla popolazione, che
funge da capitale. Queste operazioni
garantiscono grande vitalità alle nostre
popolazioni selvatiche. Che senso
avrebbe, da parte nostra, distruggere
una popolazione selvatica; su cosa eserciteremmo in futuro la nostra grande
passione?
Provate a farvi accompagnare dai Cacciatori in un’escursione sulle nostre
montagne, magari di mattino presto, e
vedrete con i vostri occhi che la caccia, se ben gestita, non distrugge ma
preserva la selvaggina. Non accusateci
ingiustamente. L’estinzione delle specie qualche volta è opera dell’uomo,
non del Cacciatore, ma sempre di quell’uomo che per interessi propri, spesso economici, distrugge gli ambienti destinati alle specie selvatiche. Solo chi
non vuol vedere i risultati ottenuti con la
gestione della nostra attività può esprimere critiche nei nostri confronti, purtroppo poco importa quale ruolo sociale ricoprano.
E.Traini 3
Così, gradualmente, la maggioranza di
noi non si rende più conto che non esiste vita senza la morte, che ogni essere vivente necessariamente deve uccidere per sopravvivere, che solo il genere umano oggi può godere del privilegio di non essere ucciso, privilegio
spesso vanificato dalle guerre, ma almeno, grazie alla convenzione di Ginevra non rischiamo di essere consumati
in salmì.
Con questo non voglio affermare che
certe immagini o situazioni vadano imposte, specie a bimbi del tutto ignari e
impreparati, ma quantomeno del problema è bene parlarne, affinché ci si avvicini a quel mondo “naturale” di cui si
vantano i valori, conservandoli nella loro integrità e rispettandone le diversità.
Ma infine dico io tornando alla caccia; se
la legge, dopo tante peregrinazioni, ha
affidato il compito della gestione delle
popolazioni selvatiche al mondo venatorio, una ragione, almeno una, perbacco ci sarà. Non credo sia scandalistica la conservazione delle popolazioni attraverso la gestione venatoria. Lo
dimostrano in modo inequivocabile i dati che puntualmente ogni anno pubblichiamo; sono controllabili da parte di
tutti! Anche in alcuni ambienti protetti
oggi si richiede la collaborazione dei
14
LA BATTERIA DEI RICHIAMI
Un approccio alla caccia da capanno
Una speranza rivolta ai giovani perché si lascino attrarre dalla riscoperta
di tutti i valori e di quelle particolari emozioni che appartengono solo
alla vita del vero capannista
Angelo Bonzi
Sulla caccia al capanno esistono innumerevoli testi che sicuramente trattano meglio del sottoscritto l’argomento.
Alcuni risalgono addirittura alla fine del
Seicento e così fino ai giorni nostri, tanto che, su questa straordinaria caccia, di
tutto è stato detto. Ed è straordinario
ricordare che se le conoscenze da ornitologo sono sempre state patrimonio
del cacciatore e del capannista in particolare, quest’ultimo ha dovuto imparare ad allevare i propri richiami in cattività per ovviare alla carenza di uccelli
presicci. Ma l’impegno richiesto è tanto impegnativo che non sono pochi gli
appassionati capannisti che hanno dovuto rinunciare alla propria passione:
non poter disporre di “diversi” metri
quadrati necessari all’allevamento, non
tutti possono permettersi di seguire le
imbeccate dei piccoli ogni cinque-sette minuti per venti giorni, non tutti possono vivere da febbraio a luglio più tempo tra le voliere che tra le mura di casa… Mi limiterò allora a parlare di alcuni richiami consentiti con i quali ho
acquisito un’esperienza diretta.
Per il capannista alle prime armi, la batteria di richiami che mi sento di consigliare deve essere innanzitutto composta di soggetti presicci acquistata da un
allevatore o in uno degli impianti di cattura abilitati dalle province. Purtroppo
è un fatto riscontrato che questi soggetti vengano messi a disposizione tardi, proprio quando è in corso il periodo
della migrazione senza dimenticare che
per abituare un soggetto alla gabbia è
necessario un periodo di cinque-sei giorni. La precedenza d’acquisto, in fatto
di specie, vorrebbe così: tordi e merli,
quindi sasselli e cesene. L’ideale è affiancare un buon cantore ai presicci; in
questo caso, oltre a un notevole impegno economico (questi soggetti hanno
prezzi da vertigine nelle fiere degli uccelli), si rischia di avere dei cantori che,
nel pieno della furia del passo, si zittiscono poiché forzati al pieno estro che
devono cantare proprio in quelle sagre
e fiere e che solitamente si svolgono in
agosto e primi di settembre. Quindi, se
vogliamo un buon soggetto, cerchiamo
anche un buon venditore…
Per i soggetti di cattura non esistono
grossi problemi di allevamento, è sufficiente seguire determinati accorgimenti che poi si accompagnano alla buona
cura della batteria per una sempre migliore caccia da appostamento. Ecco
un piccolo decalogo per il neofito.
Un soggetto di cattura deve essere innanzitutto appastato (cioè abituato a cibarsi in gabbia), e per le nostre quattro
specie di turdidi non esistono grossi
problemi. Infatti si abituano con disinvoltura e in poco tempo se la gabbia
del nuovo arrivato, coperta con uno
straccio e lasciato libero il lato della
mangiatoia, la si affianca allo stesso lato di una gabbia che ospita un soggetto più vecchio della stessa specie che
già si ciba. Per stimolare ulteriormente
l’imbeccata aggiungere alla classica miscela per turdidi un poco di pastone ricco di mela tagliuzzata, uva amaranta,
bacche di ginepro schiacciate, crisalidi
e larve della farina. Quest’ultime, di cui
gli uccelli sono ghiottissimi, vanno somministrate con accortezza poiché si tratta di un alimento molto calorico.
Il numero dei presicci a disposizione deve essere consistente per avere più
chance di buoni maschi cantori dato
che, a parte il merlo, per le altre specie
risulta difficilissimo distinguere il sesso
nei soggetti giovani. La scelta dei cantori va fatta nella primavera, con un buon
anno di anticipo al loro impiego. Ricordiamo che se un soggetto non canta in
primavera non canterà nemmeno al momento opportuno. Per cui tali soggetti
vanno liberati. L’esperienza dice che ci
vogliono almeno otto-dieci presicci per
specie per non rischiare una nuova stagione di caccia senza richiami da canto. Quindi il capannista principiante il
primo anno non deve aspettarsi risultati eccezionali. Nel frattempo imparerà
a conoscere e allevare i suoi uccelli,
cacciando con presicci zirlatori e chioccolatori, ugualmente da richiamo anche
se non cantano a gola spiegata. Con
questi richiami ci si può dedicare alla
caccia d’appostamento sino a stagione inoltrata, tentando d’insidiare i pasturoni e verificando al contempo le potenzialità dei nostri presicci, come ad
15
cia perdono le doti di richiamo: a volte
basta infatti una giornata di nebbia o poche gocce di pioggia oppure un freddo
improvviso per far diminuire le prestazioni dei nostri cantori più sensibili.
L’abilità di un buon capannista consiste
nel portare i suoi richiami in estro nei
periodi di massima furia del passo. Infatti, non tutti i singoli richiami verseggiano per lunghi periodi. Alcuni soggetti impiegano molto più tempo per raggiungere il top delle prestazioni in fase
di estro. Un esempio: ci sono soggetti
che mantengono l’estro per due settimane o poco più, prima che entrino nella naturale fase calante. Altri invece possono tenere il ritmo del canto per quasi due mesi.
Durante l’allestimento di una batteria di
richiami possono capitare diverse anomalie. La più frequente è la gelosia fra
soggetti canori. Un soggetto può cantare a squarciagola fra le pareti di casa
e rimanere muto una volta esposto al
capanno. Una volta accertata la gelosia
e individuati i soggetti e nell’impossibilità di usare tali richiami in periodi diversi, distanziare e disporre le gabbie in
modo che gli uccelli in esse contenuti
non si possano vedere. La regola generale è infatti quella di esporre ogni richiamo sempre alla stessa pianta allo
scopo di evitargli qualsiasi distrazione
che possa comprometterne le perfomance canore.
Le miscele di cibo reperibili sul mercato sono numerose e tutte valide. Individuata quella più appetibile sarebbe bene non sostituirla mai salvo qualche in-
tegrazione con specifiche miscele vitaminiche che potrete trovare sempre
presso i negozi specializzati. Avendo
tempo a disposizione, si può preparare un pastoncino personalizzato a base di frutta, mele, uva, fichi secchi e altro, oppure di verdura, carote, cicoria
da integrare alle miscele. Questi ingredienti vanno ben triturati e depositati
sopra la razione di miscela nelle mangiatoie e, se non sono consumati entro
due giorni, occorre rimuoverli.
E’ importante che gli uccelli tenuti in cattività vengano esposti, all’inizio della fase canora, in luoghi movimentati e alla
presenza di persone perché si abituino
a rumori, voci e movimenti.
In caso di pioggia o di vento freddo i richiami devono essere tassativamente
messi al riparo. L’uccello in cattività,
purtroppo, perde l’efficienza di una
ghiandola particolare che secerne un
grasso per la protezione del piumaggio.
Quindi i nostri richiami andranno accuratamente protetti dal freddo, dal vento
e dalla pioggia. Presicci o cantori richiedono tutto l’anno la massima igiene
e cura. La pulizia fondamentale vuole
che gli escrementi vengano rimossi con
frequenza e soprattutto che gli uccelli
non ne vengano a contatto. Per questo
motivo, le gabbie andranno poste in alto in modo che gli escrementi finiscano a terra.
!!! ATTENZIONE
ALLE GABBIE
E.Traini 2
esempio tordi con doppio zirlo, cesene
dal doppio guaito che sono richiami utilissimi ma non cantori.
Va sottolineato che il richiamo-cantore
nella caccia ai turdidi ha la funzione di
attirare nelle immediate vicinanze del
capanno il suo simile; tuttavia, perché
quest’ultimo si butti sui rami utili del capanno, occorre lo zirlo ripetuto di richiamo dei presicci o dei soggetti non
mutati.
Una batteria ideale che funziona in qualsiasi condizione non esiste. Si deve
creare un gruppo di richiami in base al
luogo di caccia e alla sua tradizione di
passo; inoltre la legge impone limiti di
impiego di richiami da cattura, sarà quindi meglio agire in base ai flussi di passo
e integrando annualmente la batteria
con soggetti giovani. Una buona
batteria per la caccia ai turdidi dovrebbe essere composta da almeno sei-otto tordi bottacci cantori
e da altrettanti zirlatori e chioccolatori; cinque-sei sasselli cantori e altrettanti zirlatori e chioccolatori; due-tre merli cantori e
due presicci, otto-dieci cesene.
Per garantirsi sempre ottime
prestazioni nell’arco della stagione è fondamentale disporre di soggetti da integrare a quelli che per motivi
vari durante il periodo di cac-
16
La legge sulla caccia e le
sue successive modifiche
hanno stabilito quali devono essere le misure delle
gabbie in cui tenere i nostri richiami. Per i turdidi
e lo storno dovranno misurare 25x25x20 centimetri. Un consiglio: per i turdidi acquistare gabbie con
la parte superiore coperta
da un telo. Il piano inferiore deve essere costruito
con fili di metallo zincato,
oppure in plastica liscia,
per evitare che escrementi e acqua li deteriorino e
provochino danni fisici ai
richiami stessi.
ILRITORNO DELLUPO
Luca Pellicioli.*
S.
To
rri
an
i
Sulle “nostre Orobie” è tornato il lupo,
è questa la sensazionale notizia che alcune settimane fa è comparsa sui principali quotidiani locali e che ha dato vita ad una serie di dibattiti e confronti
tra i vari esperti del settore.
La conferma viene dai risultati delle analisi, svolte dal laboratorio di genetica
dell’I.N.F.S, effettuate su due campioni di feci di canide trovate all’interno dell’azienda Faunistico-Venatoria Barbellino-Belviso.
Già a Novembre a Villa D’Ogna, in un
convegno organizzato nell’ambito dell’Anno Internazionale delle Montagne,
si era parlato di lupo grazie all’intervento di ricercatori
che han-
no esposto i risultati dei loro studi e ipotizzato alcune linee di gestione relative
ai problemi che possono insorgere in
seguito alla presenza del Lupo (Canis
lupus). Recentemente a Clusone, in occasione di una tavola rotonda organizzata dall’Associazione per la Valorizzazione degli Alpeggi, si è ripreso questo
tema visto dalla parte dei pastori e degli allevatori di ovicaprini.
Nell’ultimo decennio si è assistito ad
una notevole ripresa della consistenza
numerica del lupo, e attualmente sono
stimati più di cinquecento individui sul
territorio nazionale, anche se il dato è
comunque
frammentario viste le
esistenti difficoltà di censire
esattamente questa specie.
Nel corso degli anni
il lupo dall’Italia centrale ha risalito la dorsale
Appenninica portandosi
verso il Piemonte; qui ha
spesso sconfinato sul versante francese delle Alpi
(morfologicamente diverso e
più adatto al lupo), per poi riportarsi su quello italiano e lentamente spostarsi verso le Alpi Orientali.
Questo percorso è stato favorito, ol-
tre che dalla politica protezionista, dalla cosiddetta “riconessione di corridoi
ecologici” che si sono creati in seguito all’abbandono dell’agricoltura in montagna. Inoltre l’aumento della presenza
di ungulati selvatici sulle nostre Alpi ha
garantito una buona disponibilità alimentare che ha ulteriormente favorito
questo processo.
Tutti questi aspetti hanno permesso al
lupo di arrivare sulle montagne bergamasche dalle quali mancava dai primi
anni del 1900. Nei secoli precedenti,
invece, le cronache cittadine hanno
spesso parlato del lupo soprattutto in
relazione agli episodi in cui è stato direttamente coinvolto l’uomo.
Oggi comunque la situazione è ben diversa sotto tutti i punti di vista. Inanzittutto si dovrà verificare se il lupo si fermerà sulle Orobie e se sarà in grado di
trovare un ambiente ideale per la propria sopravvivenza e per la riproduzione.
Accertare questo non sarà semplice visto che il lupo è un animale che quando
insedia nuovi territori è molto elusivo e
tende a stare lontano dai centri abitati.
Inoltre è un animale in grado di compiere lunghi spostamenti durante la notte rendendo ancor più ardua la sua localizzazione. In centro Italia sono stati
marcati alcuni animali al fine di studiare e comprendere meglio i suoi spostamenti ma le ricerche non hanno dato grossi risultati visto che gli animali
marcati, in diverse occasioni, non si sono più ritrovati, probabilmente in seguito al notevole allontanamento dalla zona di marcatura ma anche come conseguenza del comportamento e delle
abitudini di vita proprie al lupo.
In tema di lupo l’esperienza più completa e organica è stata sicuramente
quella compiuta dalla regione Piemonte
grazie all’istituzione del progetto Comunitario: “INTERREG 2 Italia Francia
1994/1999”. In questo modo è stato
possibile istituire diversi gruppi di lavoro con il diretto coinvolgimento delle
Istituzioni politiche, dell’Università e degli allevatori e cacciatori della zona in
modo da creare un’integrazione di informazioni e rendere quindi più completo
l’approccio alla conoscenza e alla ricerca del comportamento del lupo.
17
Per quanto riguarda gli aspetti più specificamente legati alla predazione, il lupo è considerato un opportunista alimentare in grado di consumare diverse forme di cibo organico. Le sue prede preferite sono gli ungulati selvatici e
gli ungulati domestici in modo particolare
pecore e vitelli.
Durante la battuta di caccia il lupo è un
inseguitore e può cacciare da solo o insieme con altri lupi. Gli animali di piccola taglia sono generalmente uccisi con
un morso alla gola, mentre quelli di grossa taglia vengono di solito afferrati agli
arti posteriori e successivamente immobilizzati e definitivamente uccisi con
morsi alla gola. Nel morso la distanza
tra i canini è costante: 4 cm. tra i superiori e 3 cm. tra gli inferiori. Se le prede
sono grandi, i morsi gravi sono all’altezza del garretto e delle zampe posteriori: in questo modo l’animale bloccato è poi morso alla gola e alla testa.
Una volta morta, la preda viene subito
consumata partendo dai visceri della
cavità addominale (ad esclusione del
contenuto dello stomaco), per poi passare alla muscolatura degli arti posteriori e successivamente alla parte dorsale e laterale della preda.
Se non vengono disturbati i lupi possono riposare vicino alla carcassa e riprendere poi a mangiare. In genere lasciano sul posto ben poco.
Tutte queste informazioni e altre potranno essere utili nel caso in cui il lupo
si stabilizzasse realmente sulle Orobie.
Nei prossimi mesi sarà fondamentale
acquisire informazioni più chiare e dettagliate in merito a questo aspetto faunistico.
*Laureando Medicina Veterinaria, Dipartimento Malattie Parassitarie Università di Milano.
Un ambiente di integro interesse
naturale e vocativo alla crescita
della fauna selvatica può essere
scelto dal Lupo
per viverci stabilmente. Naturalmente la presenza
del Lupo nelle nostre regioni Alpine
suscita grande attenzione, dato appunto che la sua
presenza con la
determinazione
dei branchi caratterizzati da una vita sociale molto
sviluppata e mai
insidiata da nemici
naturali è in funzione della densità
delle prede, siano
esse specie domestiche o selvatiche. Su tale argomento segnaliamo un interessante opuscolo presentato dal Parco Naturale Alta Valle Pesio e Tanaro, nella provincia
di Cuneo, che sintetizza un impegnativo lavoro di monitoraggio su
questo superpredatore e della sua influenza sui programmi di gestione quanto sulle dinamiche di conservazione del patrimonio faunistico. E’ proprio in questa regione piemontese, la prima accertata nelle
Alpi italiane, che il Lupo vive ormai stabilmente da cinque anni.
Per chi fosse interessato, questi i recapiti:
Ente di Gestione dei Parchi e delle Riserve Cuneesi
Via S.Anna, 34
12013 Chiusa Pesio – Cuneo
telefono 0171734021 - fax 01717735166
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PREDATORE
ASPETTO DELLA PREDA
IL CANE
Numerose ferite in tutto il corpo
I morsi sono di diversa profondità e gravità.
Nel morso la distanza tra i canini superiori varia da 3 a 5.7 cm.
E lo stesso per quelli inferiori
Se all’attacco partecipano cani di taglia diversa sul corpo si
trovano morsi di varia grandezza.
IL LUPO
Le ferite sono limitate in genere alla parte anteriore del corpo: testa, gola e muso.
Se l’animale rimane in vita le ferite sono sempre molto gravi.
E.Traini
Aspetti principali della differenza
di predazione tra Cane e Lupo.
IL CANE DA TRACCIA
(seconda parte)
Fausto Calovi
LA TRACCIA ARTIFICIALE
Si raccoglie del sangue, possibilmente
di selvatico, ma va bene qualsiasi tipo di
sangue, si conserva in frigorifero (freezer) per pochi giorni impedendo la
coagulazione aggiungendo un po’ dl cloruro di sodio oppure, per fare più i sofisticati, aggiungendo anti-coagulanti,
come l’eparina sodica o altri.
Alle prime uscite la traccia può essere
fatta imbevendo una spugnetta nel sangue strizzandola o toccandola a terra
per un tratto di poche decine di metri.
Oppure con una bottiglia a beccuccio
si lasciano cadere delle gocce, non molto abbondanti, lungo un percorso, che
verrà contrassegnato ogni tanto da del
nastro isolante colorato da attaccare ai
ramoscelli delle piante oppure (personalmente lo ritengo migliore) da pezzetti di carta, ottenuti dai fazzoletti da
naso che risultano più facilmente biodegradabili.
La segnatura della traccia serve per correggere eventuali errori del cane
durante l’esercizio.
Il cane va condotto sulla traccia almeno 2-3 ore dopo, sempre al guinzaglio
(alla “lunga” di 3-6 m.) lasciandolo ragionare senza disturbarlo con l’incitamento, ma correggendolo lungo il percorso segnato, lasciandolo anche sbagliare. Capirà più facilmente quale sarà
il suo lavoro. Molto dipende dalla sensibilità e preparazione del conduttore.
Proseguendo con l’addestramento la
lunghezza della traccia diventa sempre
maggiore e la quantità di sangue sempre minore, fino ad arrivare a 200-250
cc per 1- 1,5 km. e ritardando progressivamente il tempo (fino almeno alle 12
ore) che intercorre dalla segnatura alla
ricerca col cane.
L’esercizio della traccia artificiale deve
essere ripetuto a lunghi intervalli (1020 gg.) per non “far giocare” il cane il
quale poi non presterebbe la massima
attenzione su quella naturale.
In fondo alla traccia è buona norma far
trovare sempre qualche cosa: una pelle secca o congelata, uno zampetto,
oppure quando cala la passione o la tensione, un animale vero, vivo o morto.
Importante è addestrarlo sul “cambio”
cioè l’incrocio con un’altra traccia fresca di altro animale, che ovviamente il
cane non deve seguire. L’esercizio sul
lavoro consente questa sicurezza. Spesso succede che il cacciatore poco accorto che ferisce, “si faccia giustizia
da sé” utilizzando cani da caccia non
addestrati, personali o di amici, per la
paura di perdere il selvatico. Alla fine,
deluso, chiama il cane da traccia. Questo comportamento disorienta il cane
da traccia, il quale sentendo altri odori di
cani sulla traccia, spesso abbandona la
stessa. Ugualmente si verifica spesso
quando il cacciatore segue la traccia
per ritrovare l’animale, sovrapponendo
continuamente il proprio odore a quello
dell’animale.
Per conseguire un buon addestramento il cane da traccia dovrebbe essere
in continuo esercizio su traccia naturale o artificiale.
LA TRACCIA NATURALE
Quando il cane risulta aver ben compreso il lavoro richiesto sulla traccia artificiale, si può senz’altro portarlo su
quella naturale.
La traccia naturale è tutta un’altra cosa. In quel caso dipende molto dall’addestramento, dalle capacità del cane e
del conduttore. Infatti il selvatico lo trova il cane, ma il conduttore lavorando
alla corda lunga lo aiuta nel ritrovamento.
La ricerca non deve essere immediata,
ma deve intercorrere un lasso di tempo dettato dall’esperienza, comunque
quasi mai prima delle 2 ore; tutto dipende dal punto colpito. Questo lo stabilisce la preparazione e l’esperienza
del conduttore, considerate le reazioni
al colpo. descritte dal cacciatore e le
tracce sull’anschuss (punto di tiro). Su
animali feriti ed ancora vivi che si allontanano, spesso conviene lanciare il cane sulla traccia fresca, liberandolo dal
lungo guinzaglio. In queste condizioni
essendo già concentrato sul lavoro di
pista, riuscirà più facilmente a raggiungere l’animale ed a bloccarlo con l’abbaio o con l’attacco (Annoveriano, Bavarese, Yagdterrier).
Quando si gira nei boschi a macchia, la
tentazione di liberare il cane è molto
grande, a volte necessaria per liberarsi
dai pruni del fitto sottobosco. Ma il cane dovrebbe essere sempre tenuto alla “lunga”: infatti numerose esperienze dimostrano
che con ferite superficiali ben difficilmente il selvatico si ferma davanti ad
un cane che lo incalza, più facile appare individuarlo quando il cane è legato
ed il selvatico si sente più protetto.
Comunque ogni recupero è una esperienza unica ed irrepetibile.
LA DIFESA DEL SELVATICO
Quando il cane ha ottenuto una buona
dimestichezza con la traccia artificiale,
appare importante l’esercizio della “difesa del selvatico” utilizzando il comando (“seduto’’ (sithz) o il “terra’’
(platz),) l’importante è che siano comandi brevi e secchi dati in prossimità di
elementi che si vogliono far difendere
(indumenti, zaino . . .selvatico).
Normalmente le razze indicate “difendono’’ istintivamente verso gli estranei,
ma è sempre bene verificarlo. Tale esercizio appare importante quando si trovi il
selvatico in zone difficili da raggiungere,
e quando conviene cercare l’aiuto di qualcuno lasciando l’animale incustodito. Il
cane non deve assolutamente infierire
sul selvatico lacerandone le carni o peggio cibandosene, si deve esigere il rispetto assoluto della carcassa, tutto si
ottiene con un buon addestramento.
Molti cani, quando lanciati sulla traccia,
tornano dal padrone segnalando in vari
modi il ritrovamento, altri si fermano sulla carcassa ed abbaiano insistentemente “avvisando il morto’’.
L’utilizzo corretto del cane da sangue
dirà quale sia l’indole e l’istinto del proprio ausiliare che deve avere un notevole se non perfetto affiatamento con
il padrone. Per ottenere questo il cane deve essere mantenuto sempre, o
il più possibile vicino o a contatto con
il padrone. Raggiunto un buon addestramento, l’ausiliare può essere utilizzato come cane da “limiere” e nella
girata.
19
L’ ATREZZATURA
L’attrezzatura della coppia cane-conduttore non appare complessa, tuttavia è molto specialistica e particolare.
Guinzaglio da addestramento: guinzaglio lungo 3-4 metri per condurre il cane
nell’addestramento ed esercizi. Nei boschi a macchia fitta ed intricata si usa
moltissimo.
La “lunga’’: guinzaglio di 6-8 metri in
unico pezzo con grosso moschettone
all’estremità. Spesso appare inservibile
nelle macchie fitte e chiuse dove normalmente un selvatico ferito si rifugia.
Meglio utilizzabile in aree aperte.
“Collare”: largo (3-4 cm) per consentire una maggiore aderenza al collo ed
evitare fastidiosi strappi al cane. Normalmente è provvisto di una girella per
impedire l’attorcigliamento del guinzaglio.
Questo collare dovrebbe essere ricoperto di materiale fluorescente di colore rosso o arancione per rendere visibile
il cane nel folto, durante un eventuale
inseguimento o chiusura a fermo del
selvatico ancora vivo. Nella macchia
non è sempre facile distinguere il selvatico dal cane.
la perda, e non sia corretto sul cambio.
Spesso si opera in zone con una elevata densità di selvatici e quindi l’addestramento al “cambio” è indispensabile, e qualche errore è sempre possibile.
Coltello a lama larga e uno a lama triangolare per il colpo di grazia da infliggere tra l’atlante e l’epistrofeo, ottenendo con questo la morte istantanea dell’animale ferito.
Apparecchio radio rice-trasmittente collegato a collaboratori perché, a volte la
traccia porta il cane e conduttore in zone sconosciute ed imprevedibili.
Arma da fuoco, la più leggera possibile,
la più corta possibile (ideale la pistola) di
calibro adeguato, non eccessivamente
potente, ma rigata e di grosso calibro
(7-9 mm).
La munizione spezzata potrebbe colpire il cane, e la palla in canna liscia, nel
folto, ha spesso pericolosi rimbalzi.
Cosciali, guanti e cappello a falde corte:
necessari nella macchia mediterranea
per difendere le gambe dai rovi e le mani che devono trattenere il guinzaglio.
Fazzoletti di carta per “tenere” e segnare la traccia, eventualmente il cane
Taccuino e matita per appuntare a caldo
le fasi di recupero e prendere nota del
comportamento dell’animale e del cane. A volte bisogna interrompere la traccia per la notte e riprenderla il giorno
successivo, qualche appunto aiuta a
riannodare la traccia.
Ogni battuta di caccia ha spesso il suo
animale ferito: un cane da traccia potrebbe essere un valido aiuto a recuperare ciò che un cacciatore potrebbe
sciupare.
(La prima parte dell’articolo è stata pubblicata sul numero 17 della rivista)
Segugio di Hannover (Hannoverrischer Schweisshund)
Deutscher Jagdterrier
Bassotto tedesco (Teckel) a pelo duro
E.Traini 5
Segugio da montagna Bavarese (Bayerischer Gebirgsschweisshund)
20
L’ALTANA
(seconda parte)
Enzo Ruggeri
Preparazione del sito
Prima di stabilire come intervenire sull’area entro la quale è posta l’altana, va
analizzata la tipologia dell’ambiente che
questo ungulato predilige e le sue esigenze alimentari.
Questa analisi ha lo scopo di ottimizzare l’habitat al fine di favorire la permanenza del capriolo nell’area che sarà
teatro prima delle nostre osservazioni
e poi delle azioni di caccia.
Un’attenta valutazione delle esigenze
alimentari del capriolo, permetterà di effettuare interventi di preparazione del
sito mirati a non eliminare, al solo fine di
migliorare la visibilità, piante ed arbusti
a lui graditi, bensì consentirà un miglioramento del biotopo con conseguente
aumento della presenza del selvatico.
La produttività dell’ambiente e la disponibilità di cibo sono fondamentali per
la sua presenza.
Il capriolo, infatti, deve sottostare ad un
regime alimentare estremamente selettivo a causa delle dimensioni molto
ridotte, rispetto al peso, del suo apparato stomacale.
A differenza degli altri ungulati di inte-
resse venatorio, necessita di alimenti
ad alto contenuto energetico poiché il
poco cibo che può assumere deve essere sufficiente al suo sostentamento.
Questa particolarità anatomica, condiziona il regime alimentare e la sensibilità
alla situazione trofica obbligandolo a frequenti assunzioni di cibo (2-3 ore) ed a
una selezione molto attenta dei suoi alimenti, tanto più graditi quanto più ricchi di proteine digeribili.
In primavera ed estate, l’attenzione del
capriolo è rivolta ai germogli ed alle foglie di querce, leccio, robinia, carpine,
faggio, tasso, sambuco, pruno, salice,
biancospino, orniello, leguminose, trifoglio, erba medica, piante erbacee.
In autunno vengono appetiti mirtilli, lamponi, rosa arvensis, sanguinella, frutti,
selvatici, ghiande, rovi, salici, cespugliame, sorbo.
In inverno il cibo è prevalentemente costituito da apici di rami di abete bianco,
quercia, salici, cespugli, corteccia di
frassino e salice.
Fatte queste considerazioni sulle esigenze alimentari, siamo in grado di intervenire in modo corretto sull’ habitat
nei pressi della nostra altana poiché la
cura del biotopo è tra le misure più importanti ed efficaci per far si che il capriolo diventi un assiduo frequentatore
dei luoghi da noi prescelti.
Dopo aver ottenuto dal proprietario del
fondo il permesso di effettuare tagli di
piante di piccole e medie dimensioni e di
realizzare nuove piantumazioni, si procederà innanzitutto ad eliminare alberi
e cespugli che possono ostacolare l’individuazione del selvatico nell’obbiettivo di creare piccole radure per aumentare l’offerta di pascolo, ma con l’accortezza di non esagerare nei tagli poiché, vista la tipologia ambientale delle
nostre valli, non trasformeremo mai un
“capriolo di bosco” in un “capriolo di
campo”!
Ancora attenzione va posta al fine di
non tagliare possibilmente piante o cespugli facenti parte delle specie contemplate nella dieta del capriolo, ricordando comunque che prima di tagliare
un albero, si deve sempre prendere in
considerazione la possibilità di una sua
potatura, che, se ben eseguita, avrà come risultato la generazione di nuovi, te21
22
quanto portatori di parassiti, malattie e
grandi divoratori delle culture arboree
da noi disposte.
Volendo aumentare ulteriormente l’attrazione alimentare del capriolo, si può
pensare al foraggiamento costituito da
fieno (poco gradito), da fasciame di sorbo, frassino, quercia, robinia, salice, olmo, abete bianco con integrazione di
ghiande castagne faggiole e mangimi
pressati come pannelli di arachidi e sesamo.
Quest’ultimo, in particolare, come dimostrato da Vogt favorisce enormemente anche lo sviluppo del palco.
Dopo aver effettuato la predisposizione di tutto questo ben di Dio di carattere alimentare, la ciliegina è costituita
disposizione del sito, possiamo finalmente iniziare ad utilizzare il nostro appostamento innanzitutto per l’osservazione della selvaggina.
Se abbiamo ben predisposto il sito,
mascherato sufficientemente l’appostamento e se ci avvicineremo silenziosi all’altana potremo certamente effettuare lungo tutto l’arco dell’anno ottime osservazioni che ci permetteranno di valutare la consistenza faunistica
locale non solo del capriolo, ma anche
di tutte le altre specie che vivono in
quell’area e l’evoluzione dei cambiamenti sia di muta che comportamentali.
Potremo inoltre verificare le preferenze alimentari per ottimizzare ulteriormente la preparazione del sito ed in fine
scegliere con oculatezza il capo da prelevare durante la stagione di caccia. Evitiamo quindi l’utilizzo
dell’altana nella sola
stagione venatoria
poiché ciò non ci permetterà di osservare
la vita degli animali
precludendoci quindi
la possibilità di una
attenta valutazione
del patrimonio faunistico e quindi una
corretta scelta dei capi da abbattere.
L’altana, infatti, offre
un grande vantaggio
al cacciatore: facciamo i modo che non
venga annoverata tra
gli “esercizi passivi che corrispondono agli agguati, alle insidie, ai tradimenti”.(VILLANI 1936)
È evidente inoltre, che un prelievo oculato può essere effettuato solo se esiste un’etica comportamentale anche
da parte di tutti i cacciatori della zona
poiché, purtroppo, frequentemente, si
assiste o si viene a conoscenza dell’utilizzo dell’appostamento per scopi
venatori posto in atto da persone che
nulla hanno avuto a che vedere con la
realizzazione dell’altana, dimenticandosi totalmente di tutte quelle “Leggi
mai scritte” che vengono raggruppate in quel manuale non in vendita il cui
titolo è:
ETICA E BUONA EDUCAZIONE
dal sale la cui somministrazione va effettuata solo con cognizione di causa
ed in presenza abbondante di acqua per
consentire l’abbeveramento e con accorgimenti atti ad evitare che il sale non
venga assunto in quantità esagerate.
Quanto brevemente citato a proposito
del sale, è di dovere per completezza
dell’articolo, ma è altresì doveroso ricordare che l’attuale regolamento della
caccia agli ungulati vieta la predisposizione di saline in quanto favorisce azioni di bracconaggio ed il sale, se assunto in dosi massicce in spazi temporali
ristretti, genera più danni che benefici.
Utilizzazione
Ad altana costruita ed effettuata la pre-
E. Traini 5
E.Traini 4
neri ed appetiti germogli.
Inoltre la presenza in una tagliata di cespugli può favorire la costante permanenza, nell’arco della giornata, del selvatico anche durante le fasi di ruminazione che nel capriolo hanno una frequenza di due tre ore in relazione a
quanto detto circa la sua capacità stomacale.
Anche i margini della radura nella quale
è posta l’altana assumono grande rilievo poiché, meglio si addicono al nostro
scopo quei margini con tracciato fortemente strutturato dove crescono arbusti e cespugli che, a confronto di quelli
rettilinei, offrono oltre ad una maggiore presenza di cibo anche un senso di
maggior sicurezza al capriolo intenzionato ad entrare negli
spazi liberi da cespugliame del raggio d’azione dell’altana.
Questi cespugli, così
come gli altri facenti
parte del sito, dovranno essere sapientemente potati per poter
consentire sia una corretta visuale che la
produzione di giovani
germogli.
Le piante appetite dalla selvaggina vanno
tagliate ad una altezza di circa 50-60 cm.
affinché i nuovi germogli non sfuggano
alla sua portata.
I rami tagliati dai salici
possono essere utilizzati come talee per
nuove piantumazioni.
Ultimata la fase di eliminazione di tutte
quelle piante che non entrano a far parte della dieta del capriolo e che sono
da ostacolo alla sua individuazione, si
può procedere all’effettuazione di nuove piantumazioni scegliendo le specie
più appetite ed alla successiva semina
di erba medica, trifoglio e graminacee
di qualità come il paleino odoroso, l’erba
mazzolina, l’erba altissima, la poa comune, la coda di topo con lo scopo di
realizzare nell’area di nostro interesse
un paradiso alimentare.
Un altro intervento volto a migliorare
l’autoproduzione locale di cibo è lo sfalcio e possibilmente il pascolo effettuato con bovini. Assolutamente da evitare è il pascolo con ovini e caprini in
PROGETTI DI EDUCAZIONE
AMBIENTALE
Iniziative didattiche per la scuola
In questi ultimi due anni sono partite alcune iniziative finalizzate alla campagna di diffusione nelle scuole dell’obbligo di una “cultura ambientale” che avesse come impronta forte quella della conoscenza della fauna selvatica, dell’ambiente, dell’ecologia e
della necessità di “gestione” di tutti i fenomeni inerenti al problema fauna / ambiente.
Chi meglio del mondo venatorio poteva affrontare il problema e renderlo “leggibile” in un’ottica di equilibrio e di impatto scientifico - culturale corretto?
Naturalmente non siamo i soli a farlo, ma va sottolineato che anche noi siamo coinvolti, a maggior ragione dopo che la legge nazionale 157 affida proprio agli ambiti territoriali di Caccia e ai Comprensori Alpini la cura e la gestione della Fauna selvatica.
Questo giornale, oltre all’informazione, svolge anche questo delicato compito, riteniamo con la competenza e la scientificità necessarie, di cui siamo particolarmente orgogliosi.
Facciamo una panoramica sulle principali iniziative didattico – divulgative in corso.
PROVINCIA DI BERGAMO
Il Progetto “CONOSCERE LA FAUNA
SELVATICA E GLI AMBIENTI NATURALI DELLA BERGAMASCA” ha preso avvio quest’anno per iniziativa dell’Assessorato Agricoltura - Caccia e Pesca della nostra
Provincia; verrà
presentato alla
stampa in questo
mese di aprile, e
il materiale didattico divulgativo
verrà inviato a
tutte le scuole
dell’obbligo della
Provincia di Bergamo.
Si tratta di un opuscolo di 32 pagine in
cui sono presentate 42 specie animali
significative dei diversi ambienti della
nostra provincia, che spaziano dal mondo degli insetti a quello dei pesci, dagli
uccelli agli anfibi, fino ai grandi mammiferi delle Alpi.
Ogni alunno delle scuole avrà in dono
questo strumento “didattico”, che diverrà di volta in volta materiale di approfondimento in diverse attività scolastiche: dal disegno naturalistico alle
scienze naturali, fino alla riflessione sul
testo.
Ad ogni classe verrà poi consegnata
una grande cartina della provincia con
raffigurate tutte le specie descritte.
Un’iniziativa che riteniamo di grande importanza, attesa dalle scuole per quella
grande sete di scoprire i segreti della
natura che ogni bambino sempre più
vuole soddisfare.
Una ulteriore soddisfazione riguardo al
Progetto, che per noi Cacciatori del
Comprensorio Valle Brembana diviene
un vanto, è il fatto che la realizzazione
dei testi è stata curata dal nostro responsabile della rivista Flavio Galizzi,
socio cacciatore, e quella dei disegni
dal disegnatore naturalistico Stefano
Torriani, che conosciamo bene perché è
un nostro collaboratore.
Complimenti!
PROVINCIA DI BRESCIA
Il Progetto ha preso avvio l’anno scorso,
con la realizzazione delle splendide cartelle “didattiche” sull’avifauna, con rappresentati e descritti, con immagini, disegni e testi, dodici uccelli diffusi in Provincia. Oltre alle immagini, vengono descritte le specie illustrate e alcuni temi
di approfondimento sulla fauna, l’evoluzione, le migrazioni…
Il Progetto quest’anno ha visto la realizzazione di altrettante cartelle, sullo
stile delle prime, che rappresentano e
descrivono il mondo degli Ungulati e
quello dell’avifauna tipica alpina.
Un’iniziativa, anche questa, rivolta al
mondo della scuola, molto apprezzata
e richiesta per la qualità e i contenuti.
Anche qui c’è l’impronta dei nostri due
collaboratori Galizzi e Torriani, con il
contributo delle fotografie di Baldovino
Midali, di Branzi.
PROVINCIA DI TRENTO
Il progetto di Trento ha la caratteristica
di essere stato curato direttamente dall’Associazione Cacciatori della Provincia
di Trento.
Un’iniziativa
molto bella e
ben strutturata,
sia dal punto di
vista scientifico
che didattico,
che si inserisce
in un più vasto
progetto che
vede coinvolti i
Guardiacaccia
come “insegnanti” nelle scuole e i Cacciatori come protagonisti di quei progetti di gestione e protezione della Fauna, come primi attori nel lavoro di monitoraggio e come sentinelle dell’ambiente.
L’iniziativa è stata avviata già dal 1997,
e quest’anno ha visto come autori del
materiale didattico due “amici” del nostro Comprensorio: Ivano Artuso, che
cura per noi il Progetto Galliformi, e il
suo “maestro di caccia” Emilio Rudari.
Anche a loro i nostri più sinceri complimenti!
23
A Roberto Gatti
Ricordo di un cacciatore amico della Valle Brembana
Mario Lazzaroni
Roberto nasce a Silvano Pietra (paese
sul Po vicino a Voghera, Pavia) nel 1946,
e muore a Casei Gerola il 20 dicembre
2002.
Il padre Attilio è stato il segretario comunale del paese oltre che cacciatore
di lepri, e gli aveva dato un’impronta di
cacciatore, di amministratore e di mediatore.
Licenza di caccia a 18 anni, si laurea a
Pavia in medicina e inizia come medico
scolastico, poi funzionario organizzativo e negli ultimi anni direttore dell’ASL di
Pavia.
Partecipa negli anni 68 - 70 ai movimenti
politici e amministrativi del tempo ed è
un attivista politico, ambientalista e venatorio. Giovanissimo per due legislature è sindaco del suo paese e anche
assessore provinciale all’ecologia.
Per le contrapposizioni degli anni 70-75
all’interno della FIDC, passa all’ARCI
Caccia e per alcuni anni ricopre la carica di presidente provinciale. Negli anni 72-78 a Pavia attorno al mondo universitario ambientalista - venatorio e
ittico si coagula un gruppo di lavoro
sulle tematiche ambientali, ecologiche,
legislative che emerge a livello nazionale e diventa un riferimento italiano
sugli indirizzi gestionali e legislativi di
quegli anni.
Cacciatore di Po, giovanissimo, accompagnava Guido Tosi a caccia di anitre con la barca. Roberto che era nato
sul Po dove aveva un barcone e una casetta raccontava spesso le storie del
grande fiume padano.
Giovanissimo diventa amico fraterno di
Ivan Torchio, suo coetaneo. I due avevano già negli anni 70 l’abitudine di vestire tutti i giorni come i cacciatori mitteleuropei. Roberto e Ivan cacciando assieme e osservando l’organizzazione venatoria e forestale della Slovenia, avevano recepito e permeato un’impronta di
gestione venatoria e forestale del territorio che mancava in Italia; salvo in alcune riserve private di caccia che avevano una conduzione manageriale di alto livello.
Negli anni 75 -80, di caccia si, caccia
no, il Gruppo Pavia elabora l’autogestita venatoria sociale pubblica che andava a copiare le indubbie realizzazioni di
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alcune riserve di caccia private. Il Gruppo di Pavia agganciò l’UNCZA, che ai
tempi era solo Trentino e Alto Adige,
Belluno, Tarvisio e la piccola provincia
di Trieste, e a più riprese là era andato a
sollecitare un’azione di guida alle altre
regioni alpine e appenniniche e aperta
a tutte le associazioni venatorie.
Roberto era mediatore e tessitore tranquillo.
Analogamente a quanto fatto con l’UNCZA, il Gruppo aveva agganciato il CIC
(Consiglio Internazionale della Caccia)
per una partecipazione e mediazione ai
problemi venatori nelle diverse realtà regionali.
Roberto diventa socio del Comprensorio alpino Val Brembana nel 1977, non
caccia in alcun altra realtà della regione
Lombardia, e rinnova la quota anche in
due anni di “non caccia” per non perdere il diritto di socio nel nostro distretto alpino, emergente gestionalmente e
con gli ungulati in forte espansione.
Nel 1980 abbatte il suo primo camoscio
brembano a Roncobello, nella conca
dei Muffi.
Roberto partecipa sempre indirettamente alle problematiche organizzative
della valle Brembana e fa da supporto
a più riprese in Assessorato regionale
lombardo agli inizi della caccia di selezione al Camoscio.
È stato uno dei primi conduttori italiani,
fuori dal Trentino, ad avere il cane da
traccia per l’ungulato; successivamente diventa giudice internazionale nelle
prove di recupero dei cani da traccia. È
stato promotore della prima prova dimostrativa di cani da traccia a Mezzoldo
nel 1983 e negli anni successivi è sempre stato presente e determinante nella promozione e formazione dei caccia-
tori conduttori di cani da traccia e per
l’organizzazione delle prove e corsi in
Valle Brembana e provincia di Bergamo.
Nel maggio 2002 è stato giudice della
prima Prova Nazionale “Trofeo UNCZA Natale Mismetti”.
Aveva firmato la prefazione della monografia “GLI UNGULATI IN PROVINCIA DI BERGAMO” di Giacomo Moroni, realizzata dal gruppo UNCZA Alta
Valle Brembana in occasione della XXX
assemblea UNCZA di Piazzatorre.
Negli anni del Comprensorio alpino e
con l’avvento del Giornalino “CACCIA in
Val Brembana” era un puntuale scrittore con i suoi articoli sul cane da traccia
e sull’Etica Venatoria.
Aveva fondato l’URCA lombarda, l’associazione dei cacciatori dell’Appennino, ed era il vice presidente nazionale,
nel limite dei suoi molteplici impegni di lavoro e di giudice cinofilo internazionale.
Sempre presente per la mostra annuale
dei trofei, era un onore averlo ospite;
cercava sempre di capire le realtà locali nei relativi contesti storici, e con
molto garbo dava dei suggerimenti gestionali.
Roberto come cacciatore socio della Val
Brembana ha sempre praticato la caccia all’ungulato nel settore 5, prevalentemente in Menna, Vindiolo e Ortighera,
con un intermezzo in Cavallo-Pegherolo.
È stato presente al convegno di Cene
in cui l’Assessorato Provinciale ha ripercorso i 20 anni di caccia di selezione
all’ungulato in Provincia di Bergamo, con
la sua immancabile relazione sul ruolo
del cane da traccia.
La sua agenda era piena di amici in tutti gli angoli d’Italia e quando c’era una
emergenza organizzativa era sempre disponibile a tessere le amicizie e i collegamenti istituzionali per affrontare le necessità che gli venivano presentate.
I funerali sono stati una testimonianza
oceanica di pennacchi e loden di tutto
l’arco alpino e appenninico. Il passaparola aveva raggiunto i personaggi più autorevoli del mondo venatorio, cinofilo,
ittico, ambientale e delle istituzioni nazionali collegate.
Casei Gerla, famosa per il cartello 45°
parallelo, è stata appuntamento per tutta l’Italia Venatoria.
Ph. RG - ET
PER UNA SCUOLA DI CACCIA…
Domenico Belotti
26
sto che, come nel nostro caso, non c’è
più ricambio.
Come concludeva Josè Ortega y Gasset all’inizio del XX secolo “tutte le mie
aspirazioni si riassumono in quella di es-
ra la figura della persona che insegna
ad andare a Caccia? Non pensiamo
proprio, vuoi per mancanza di materia
prima, gli allievi, vuoi per una oggettiva
difficoltà ad avere accesso alle zone di
Caccia ricche di
selvaggina
e
quindi molto richieste, o forse
molto più semplicemente i veri
Maestri disposti
ad insegnare sono pochi e gli altri
chiusi nel loro
egoismo?
Per questo motivo sarebbe molto interessante
creare qui una
scuola di caccia
alla selvaggina alpina, ovviamente senza le pretese di essere
una Università,
ma semplicemente una scuola di avviamento
all’attività venatoria; sarebbe importante pertanto sapere se ai
soci una tale proposta possa interessare.
Non dimentichiamoci che oggi, e
questo è rivolto
soprattutto ai
giovani, in questo nostro mondo affollato di cloni, l’aiuto e l’imprimatur di un
maestro potrebbe permettere di esaltare il valore di un giovane cacciatore
altrimenti destinato al ruolo di eterno
secondo. Immalinconisce e irrita vedere la Caccia contemporanea ridotta a
fabbrica, produttrice di stereotipi, non
fucina proiettata verso il domani e, quando lo è, tutto rientra nel diktat estetico
che i media, unici depositari di verità e
certezze, le loro ovviamente, ci propinano.
Ma dove c’è certezza non esiste il progresso, bensì ripetizione, e questo ce
lo insegne la Storia, per cui lanciamo il
sasso nello stagno e stiamo a vedere.
E.Traini
Chissà quale sarà stata l’emozione del
giovane Giotto quando Cimabue l’invitò
a far parte della schiera dei suoi discepoli. Il giovane era di sicuro inconsapevole del proprio valore e ignaro che la
sua fama avrebbe
superato quella del
Maestro, ma si sa,
il talento viene prima o poi riconosciuto. Il ragazzetto è raccontato
come burlone ed
indisciplinato, sperimentatore e caparbio, tanto che
non serve troppa
fantasia per immaginarsi le sfuriate
dell’augusto “capo”.
Il fatto però che
Cimabue non sia
stato felicissimo di
passare alla storia
più per avere scoperto Giotto che
come artista ce lo
rende umano e
anche più simpatico, ma è ovvio
che di fronte alla
magnificenza del
Duomo di Assisi il
mondo lo ringrazi
ancora.
Maestri e allievi,
binomio cardine
per la storia di
ogni attività umana e, checchè se ne dica, tassello formativo per progredire.
Pur sapendo che insegnare ed imparare è un’impresa faticosa, rimane comunque il fatto che il rapporto maestrodiscepolo è un’esperienza vitale, un segno di civiltà e di proiezione nel tempo,
ma purtroppo pressoché scomparso
del tutto, e non si può che sottolineare il purtroppo visto che oggi il volontario passaggio del testimone generazionale è ormai cosa ben rara nell’attività venatoria, cosa di cui noi ci occupiamo.
Il concetto di Maestro, e di conseguenza di formatore, esiste ancora?
Francamente non ci sembra proprio vi-
sere un Maestro che lancia piccoli sassi in uno stagno”, ovvero instillare la
voglia di sapere ed il dubbio. Niente di
più vero se si pensa che la Caccia, quella con la C maiuscola, più di altre attività,
è fatta non solo di esperienza sul campo, ma anche di teoria, per cui perché
non pensare di istituire nel nostro Comprensorio una scuola di Caccia. Non intesa come movimenti teorici in cui il singolo è forzatamente parte di tutto, difficile immaginare attorno al Maestro un
cenacolo di allievi spinti a volare con le
proprie ali, ma di un qualcosa sul tipo,
magari più in piccolo, del “Gallo” in val
Passiria.
Facciamoci una domanda: esiste anco-
IDEE PER UNA BIBLIOTECA
Domenico Belotti
La biblioteca è per definizione un luogo ibrido, che assolve o dovrebbe assolvere allo stesso tempo funzioni di
apprendimento, di studio e di socializzazione, e questa visione dello spazio
dedicato alla lettura è tanto più vera se
dedicata alla nostra comune passione
di cacciatori, che fa della conoscenza
e dello stare insieme una delle ragioni
stesse della sua esistenza.
La dimensione privata di questo luogo
senza tempo comincia nella fantasia,
ovvero dall’interpretazione che ciascuno dà del mito. Oggi si pensa, in linea
generale, che il luogo prediletto dell’immaginazione e dell’apprendimento
sia la superficie pubblica di uno schermo, ma secondo noi non è così. Lo
schermo di un televisore o di un computer non è abbastanza confortevole e,
quando si tratta di leggere, le persone
non sono sempre interessate alla molteplicità di informazioni cui lo schermo
stesso dà accesso. Quella va bene per
lo studio che ha sempre richiesto di
avere sottomano più volumi contemporaneamente, mentre il libro resta un
supporto molto più flessibile, se non altro per il comfort della lettura.
Leggere significa, come già detto, informazione e intrattenimento, anche se si
tratta di un “entertainment”, come dicono gli anglosassoni, distante da quel
gusto un po’ disneyano richiesto da una
biblioteca pubblica pensata per una società urbana contemporanea. Questo
non vuol dire propendere per l’una o
per l’altra cosa, entrambi gli aspetti sono necessari alla pluralità su cui si fonda la cultura occidentale.
Articolare il pubblico, (ovvero i soci del
Comprensorio) che vogliono conoscere, ed il privato, la voglia di stare insieme, è una delle sfide più importanti per
la nostra civiltà.
In questa parte del mondo la cultura ha
preso il posto che aveva la religione
nell’antichità, per cui non deve stupire
più di tanto che sia costituita da riti pubblici e da momenti privati di raccoglimento, per cui la sfera individuale della
lettura ha una sua dimensione sociale
che il rito privato contribuisce a mantenere.
Ma dopo questo excursus su ciò che
significa la biblioteca, torniamo a noi.
Visto che da parte di parecchi soci, anche durane l’assemblea, era stata sollevata la richiesta di avere una biblioteca, evidentemente di natura venatoria,
perché non metterla in pratica cominciando magari con libri, oltre che acquistati dal Comprensorio, anche prestati o donato dai soci stessi.
Giriamo la richiesta al nuovo Comitato
di Gestione e vediamo la sua disponibilità e sensibilità a tale proposito.
Il fruitore della biblioteca dovrebbe pensarla come una sorta di casa non solo
sua, ma anche come un posto di vacanza! Un’utopia?
** Immagine tratta
da decorazione
su edificio in Vigo di Fassa
27
APPUNTI DI BIOLOGIA ANIMALE
Rubriche
Tiziano Ambrosi
L’INFLUENZA DELL’AMBIENTE
SUL COMPORTAMENTO DEL CUCCIOLO
I cuccioli risentono dell’influenza dell’ambiente in cui vivono fin dalla nascita e durante tutti gli stadi dello sviluppo. Il temperamento della madre, ad
esempio, può avere un’enorme influenza sul modo in cui i cuccioli rispondono
alle nuove esperienze. Se una cagna è
paurosa e indietreggia quando un estraneo si avvicina, i suoi cuccioli la imitano. In seguito, anche quando la cagna
non sarà presente, i cuccioli manterranno lo stesso approccio pauroso e
guardingo verso gli estranei. Oltre che
con la madre, il cucciolo sperimenta i
primi importanti contatti sociali anche
con gli altri membri della cucciolata. Il
periodo di socializzazione rappresenta
lo stadio di sviluppo in cui è della massima importanza che i rapporti sociali
primari si formino. Durante il gioco i cuccioli imparano quali sono i comportamenti accettabili e inaccettabili e scoprono i limiti delle proprie capacità fisiche. Nei lupi queste prime sessioni di
gioco contribuiscono anche a determinare la posizione di ciascun animale nella gerarchia sociale del gruppo. Nel cane domestico invece la situazione non
è altrettanto chiara: il rango sociale o la
condizione di dominanza che si manifesta durante il gioco, o anche durante la
competizione per un osso o per un giocattolo, non sembra essere un buon indice della futura condizione sociale degli
animali.
Oltre ad apprendere i diversi ruoli sociali, i cuccioli imparano uno dall’altro
anche le conseguenze di certe azioni e
osservando le risposte dei fratelli imparano ad evitare gli stimoli dannosi.
Nei rapporti sociali primari dei cani domestici rientrano anche quelli allacciati
con gli esseri umani . Esperienze ridotte
di rapporti con l’uomo possono influenzare drasticamente il modo in cui i cuccioli una volta cresciuti, risponderanno
a persone sia familiari che estranee.
Cuccioli allevati in isolamento dalla nascita all’età di 14 settimane diventano
selvatici e inavvicinabili. I cuccioli cresciuti con un numero limitato di persone
diventeranno spesso timorosi degli
estranei, e ci sono frequenti casi di cuccioli cresciuti in gruppi familiari di sole
donne che sono spaventati dagli uomini,
e viceversa. Allo stesso modo cani allevati in case dove sono presenti animali di altre specie, per esempio gatti, di
solito accettano rapidamente altri animali di quelle specie quando vengono
introdotti in casa, mentre cani allevati
senza contatti con gatti impiegano molto più tempo ad accettarli nel loro ambiente familiare. L’Associazione dei Cani Guida per Ciechi, nel Regno Unito,
sistema tutti i suoi cuccioli in famiglie
volontarie fin dall’età di 6 settimane. Nonostante il maggior rischio di contrarre
malattie, i responsabili dell’Associazione
hanno rilevato che queste esperienze
precoci di una grande varietà di situazioni ambientali aumenta in maniera significativa la possibilità che i soggetti diventino dei buoni cani guida. Anche la
corrispondente Associazione americana ha verificato risultati analoghi. Una
buona percentuale dei cuccioli allevati
in altro modo e convenientemente addestrati, non ha superato il test finale
per essere accettati come cani-guida
perché i soggetti erano incapaci di prendere decisioni autonome, come rifiutare
di obbedire a un comando del conduttore quando la sua esecuzione poteva
comportare un danno per la loro vita.
Se i cuccioli restavano nei canili dei cani-guida per più di 12 settimane prima
di essere sistemati in case di famiglia,
solo il 30% riusciva poi a diventare caneguida, mentre se venivano ospitati in famiglie prima delle 12 settimane, il 90% lo
diventava con successo.
Nei cani da pastore dell’Anatolia questo effetto della socializzazione precoce viene manipolato appositamente allevando i cuccioli in un modo particolare.
I giovani cuccioli vengono cresciuti in
esclusiva compagnia delle pecore, con il
risultato che, una volta adulti, essi possono essere lasciati da soli con le greggi in montagna. I cani trattano le pecore
come se fossero membri del loro “bran-
co” e le proteggono dai potenziali predatori.
Ma non sono solo le esperienze precoci ad influenzare il comportamento dei
cani. La quantità e la qualità dell’addestramento ricevuto possono modificare
il modo in cui un cane risponde a determinate situazioni. La quantità di addestramento necessaria per un cane dipende dalla sua razza e dal particolare
substrato genetico dell’individuo. Non
è un caso che esistano diverse linee genetiche di cani da caccia, a seconda che
siano utilizzate per il lavoro o per le esposizioni.
E’ alla capacità di interagire con le persone e alla disposizione al gioco che
il cane deve la propria popolarità. Il comportamento giocoso si osserva per la
prima volta nei cuccioli durante il periodo di transizione (terza settimana di vita) quando comincia a svilupparsi una
forte tendenza all’approccio e i cuccioli prendono a rivolgersi morsi e zampate giocose. Progredendo lo sviluppo dei
cuccioli, il loro comportamento giocoso diventa più complesso e più ricco di
componenti. Il primo gesto di sollecitazione al gioco che si può osservare è il
sollevamento della zampa: un cucciolo
si avvicina a un fratello o ad una persona e con uno degli arti anteriori dà delle zampate per avviare una fase di gioco. I gesti di sollecitazione al gioco a
poco a poco diventano più complessi
e la durata degli episodi giocosi aumenta. Il gesto giocoso meglio documentato nei cani è l’inchino per gioco;
esso viene utilizzato frequentemente
per stimolare l’azione giocosa ed è
spesso accompagnato da abbai che attirano l’attenzione . Le sequenze di sollecitazione al gioco sono costituite per
lo più da approcci esagerati, da approcci
con fughe (per avviare un inseguimento), da zampate e talora leccate sul muso. Durante un episodio giocoso si verifica un continuo feedback da un cane
all’altro in fatto di umori reciproci. Ed è
chiaro che ogni partecipante trova vantaggioso sapere quando una situazione è giocosa e quando è “seria”. L’alto
grado di ritualizzazione dei gesti giocosi nei cani fa si che ciascun individuo
riesca ad identificare gli umori degli altri
componenti del gruppo. In questo modo
il morso giocoso può essere rapida-
mente distinto da una minaccia di aggressione. Una delle principali funzioni
del gioco è quella di consentire ai partecipanti di sviluppare le proprie capacità
di comunicazione. I cuccioli allevati in
isolamento preferiscono la compagnia di
cuccioli allevati allo stesso modo, piuttosto che la compagnia di cuccioli allevati in gruppo; questo potrebbe significare che essi hanno sviluppato livelli simili di capacità comunicativa. Forse i
cuccioli allevati in gruppo mettono in atto gesti e comportamenti che non vengono ben compresi dagli animali allevati in isolamento. Studi effettuati su diverse specie di Canidae hanno dimostrato che le specie più sociali, cioè i
cani e i lupi, intraprendono interazioni
giocose più numerose e più precoci rispetto alle specie più solitarie, come il
coyote e la volpe rossa. Questo conferma ulteriormente che il gioco contribuisce allo sviluppo della comunicazione sociale tra i membri della cucciolata, il che sarà loro di aiuto per inserirsi
socialmente nel branco. Le specie sociali, come è appunto il cane, hanno
un’innata pulsione al gioco. Il gioco solitario, come il rincorrersi la coda o il
balzare su prede immaginarie, può servire come sostituto del gioco sociale
quando questo è impedito. Questo desiderio di gioco dei cani, e in particolare dei cuccioli, è uno dei fattori che li
spinge a interagire così prontamente
con gli esseri umani, e può essere utilizzato per motivare il cane durante l’addestramento.
In conclusione, è evidente che il particolare temperamento e il carattere di
un cane dipendono sia dal substrato genetico dell’animale, che è determinato
anche dalla sua razza e dai suoi antenati diretti, sia dall’ambiente in cui è cresciuto. Di fatto il comportamento di un
cane non è mai “fissato” una volta per
tutte: le esperienze accumulate durante l’età adulta continueranno a modellare
e a modificare i comportamenti già
espressi in precedenza. Sia la componente ambientale che la componente
genetica giocano dunque un ruolo importante nello sviluppo comportamentale dei cani.
29
PER SAPERNE DI PIÙ
Giovanni Locatelli
Emorragie gravi
L’emorragia è una fuoriuscita di sangue
dai vasi sanguigni, la cui gravità dipende
dalla quantità di sangue che viene perso e dalla sua rapidità di uscita.
Le emorragie più pericolose sono quelle derivanti dalla lesione di una vena o di
una arteria. Una grave emorragia, soprattutto se arteriosa, costituisce una
urgenza assoluta, e solo un intervento,
immediato del primo soccorritore può
salvare la vita dell’infortunato. Nei casi
più gravi la situazione può diventare irreparabile nel giro di pochi minuti.
Un uomo adulto ha circa cinque-sei litri di sangue e un’ emorragia di un litro, un litro e mezzo, mette in serio pericolo di vita la vittima. Nessuna esitazione è quindi giustificata davanti ad un
infortunato con grave emorragia, non
va neppure perso tempo per chiamare
i soccorsi qualificati prima di aver tamponato l’emorragia. Secondo statistiche, oltre il 95% delle emorragie pericolose può essere risolto con una semplice misura: la fasciatura compressiva.
La fasciatura compressiva
Questa pratica si esegue sulla ferita,
sul punto di sanguinamento. Prendere
una benda, ma va anche bene qualsiasi materiale largo (ad esempio cravatte, sciarpe, cinture, etc.), passarla una
volta sulla ferita poi sovrapporre sul punto di sanguinamento un tampone, consistente ma non rigido (tipo un’altra garza ripiegata, un pacchetto di fazzoletti
di carta, etc.), continuare la fasciatura,
tenendo la benda ben tesa, in modo che
il tampone venga ad esercitare una
compressione sulla zona di emorragia;
tirare finchè il sangue non esce più. Se
il sanguinamento dovesse continuare,
la fasciatura compressiva non va sciolta, ma continuata sovrapponendo un
nuovo tampone.
Le più importanti emorragie arteriose,
quelle al collo, all’inguine o alla coscia,
non possono essere bloccate da una
compressione sul punto di sanguinamento. In questo caso la compressione
verrà effettuata lontano dal punto di sanguinamento, utilizzando le proprie mani come tenaglie per schiacciare l’arte30
ria contro un piano osseo. Questa manovra si chiama compressione digitale a
distanza. Questi punti possono essere
ricercati su noi stessi, a scopo di addestramento, in quanto è possibile rilevare la pulsazione dell’arteria sottostante. La compressione a distanza va
mantenuta fino all’arrivo del personale
specializzato. Un discorso a parte va
fatto per l’uso del laccio emostatico.
Quest’ultimo determina il totale e prolungato arresto della circolazione sanguigna dell’arto al quale esso viene applicato. Però le controindicazioni che
comporta sono molto importanti e devono essere sempre tenute in considerazione.
Il laccio infatti comporta la totale assenza di irrorazione sanguigna nei tessuti sottostanti, con conseguente accumulo di scorie e sostanze tossiche
che se entrano in circolo possono comportare gravissimi rischi per
l’infortunato. La mancata irrorazione comporta anche
la necrosi (morte) dei tessuti in quanto non vengono alimentati dalle
sostanze nutritive.
Inoltre vi è il grave rischio dello scatenarsi di un imponente stato di
shock nel momento in cui viene allentato il laccio.
Quindi da queste
ragioni si capisce
che l’uso del laccio
deve essere sempre
ben meditato, non deve
mai essere preso con leggerezza, ma come “ultimo
ed estremo rimedio” e solo se
tutte le altre manovre descritte
precedentemente falliscono. I tre
casi principali in cui è consentito
l’uso del laccio emostatico sono i
seguenti:
• amputazione
• schiacciamento
• emorragie arteriose
Nei primi due casi il laccio va posto immediatamente e senza esitazioni in
quanto non vi è nessun pericolo di perdita dell’arto, essendo questo già perso.
Come porre il laccio emostatico: il laccio va posto solamente a quelle porzioni di arto che includono un osso singolo (nel braccio a vello dell’omero e
nella coscia a livello del femore) in quanto dove sono presenti due ossa l’arteria può scorrere tra di esse; va posto
sempre alla radice dell’arto stesso; come laccio si possono usare vari materiali. Come ad esempio cinture, cravatte, stracci arrotolati, etc. ma non si devono mai usare materiali taglienti (spaghi, fili, stringhe, etc.). una volta messo non va mai tolto (viene tolto solo all’interno del pronto soccorso) in quanto
si può verificare un’emorragia molto più
intensa di prima senza contare il grave
rischio di shock sia per l’emorragia che
per l’entrata
in circolo
delle sostanze
tossiche.
Se l’infortunato
non giunge
in
ospedale
entro 15
minuti il
laccio va
comunque allentato per cercare di evitare la
morte dei tessuti non irrorati.
Il laccio si deve allentare di poco
e molto lentamente: se l’emorragia riprende intensamente si deve stringere nuovamente il laccio
come prima, senza nessuna esitazione. Se l’emorragia riprende ma in
modo molto scarso si tiene il laccio
allentato per 3-4 minuti al massimo e
poi lo si ristringe. Se invece l’emorragia non riprende si può lasciare il laccio allentato ma non va mai tolto.
ARMI E BALISTICA
Sergio Facchini
CALIBRI
SHORT MAGNUM
Fino a pochi anni fa i calibri “magnum”
erano sempre esaltati da molti cacciatori
e dalle riviste specializzate del settore.
Andare a caccia di ungulati senza un 7
mm Remington Magnum era quasi
un’onta. Anche se è vero che le loro
prestazioni balistiche superano di molto,
sulla carta, quelle dei calibri cosiddetti
“tranquilli”, in pratica si dimostrano quasi sempre esuberanti in potenza e distruttivi sulla nostra fauna alpina, camosci e caprioli per intenderci. Solamente su grossi cervi maschi a grandi
distanze si dimostrano utili per abbattimenti corretti. Dato che, per motivi
esclusivamente di immagine, gli americani hanno realizzato e continuano imperterriti a produrre calibri “Magnum”
caratterizzati da bossoli molto lunghi
sono indispensabili azioni altrettanto lunghe, adatte a sopportare pressioni altissime. Risultato? Fucili pesanti e ingombranti con canne simili a pertiche
per i fagioli, in quanto le pesanti cariche di polvere danno migliori rese balistiche con canne di 65 cm e più, anche
se oggi la tendenza di molti costruttori
è quella di accorciarle; si utilizzano polveri estremamente progressive e bossoli più corti degli “standard” con diametro maggiore per ottenere una carica
di polvere pari se non superiore a quelle dei Magnum classici. Il bossolo più
corto permette inoltre una combustione
più omogenea della polvere che presenta densità di carica altissima. Ne
consegue che, per mettere in pratica
questi accorgimenti, solamente una
grande azienda come la Winchester poteva lanciare su grande scala una linea
di armi con calibri “short-magnum”. Nel
2001 la .300 WSM (Winchester Short
Magnum), ovvero .300 Winchester magnum Corto, si è aggiudicato il titolo di
“munizione dell’anno”. L’entusiasmo
suscitato da questo nuovo calibro non
dovrebbe però indurre a credere che ci
si trovi di fronte a qualcosa di portentoso. Le prestazioni in termini di velocità della palla, energia sviluppata e radenza non sono state tali da far gridare
al miracolo. Sintetizzandone le qualità
possiamo affermare che il classico .300
Winchester regge bene il paragone anche se il nuovo .300 WSM è leggermente più nervoso. Praticamente un
duello ad armi pari.
Senza dubbio sono più interessanti le
prestazioni del nuovo .270 WSM, “munizione dell’anno 2002”. Rispetto all’amatissimo e glorioso .270 Winchester,
il nipote .270 WSM, con palla da 130
grani Supreme Ballistic Silvertipe, spunta 3275 piedi al secondo (998 m/s),
contro 3050 piedi al secondo (929
m/s), circa il 7% in più, ed un’energia
di 3275 piedi libbra (443 joule) contro
3050 piedi libbra (4137 joule), circa il
6,89 % maggiore del nonnetto .270 W.
Azzerando l’arma a 100 yarde (91 m), il
.270 WSM a 274 m (300 yarde) piazzerà la palla 23 cm al di sotto del punto
mirato, mentre in .270 Winchester la
collocherà 5 cm più in basso del .270
WSM cioè a 28 cm.
È giusto sottolineare che solamente il
nuovo .270 WSM migliora sensibilmente le prestazioni balistiche del suo illustre progenitore che resta comunque
un calibro indiscutibilmente efficacissimo per la caccia in montagna agli ungulati di peso medio, soprattutto al camoscio.
Alla linea produttiva degli “Short Magnum” della Winchester appartiene anche il 7 mm WSM che affianca il .300
WSM e il .270 WSM. Paragonandolo
al 7mm Remington Magnum c’è poco
da mettere in evidenza circa una presunta superiorità rispetto al celeberrimo calibro Remington. Il 7 mm WSM
non presenta alcun vantaggio e la sfida sembrerebbe persa in partenza. Solamente il tempo ci dirà la verità. Non
c’è dubbio che la Winchester punti molto sulla propria linea di W.S.M. sono già
stati presentati i nuovi .243 WSSM
(Winchester Super Short Magnum) e
.223 WSSM.
In pratica quali sarebbero i veri vantaggi sui calibri classici da cui derivano?
• Bossolo rimmless più corto, quindi
31
• Eliminazione del fondello cinturato
del bossolo (belted) tipico di tutti i
calibri magnum americani
• Azione, ovvero otturatore più corto
• Minori vibrazioni allo sparo
• Teorica migliore precisione
• Arma più compatta e maneggevole
• Prestazioni da calibro magnum in armi di costo contenuto.
A mio avviso le motivazioni vere di questa scelta di produzione devono essere
ricercate solamente nelle logiche di mercato. Suscitare curiosità e desiderio di
32
“nuovo” sono basilari anche nel settore piuttosto statico della produzione di
armi da caccia. Mi permetto di evidenziare la mia personale perplessità, e credo anche di moltissimi altri cacciatori,
di fronte a questi nuovi calibri che di rivoluzionario hanno forse solamente il
nome, anche se i progressi sono costanti anno dopo anno. Guadagnare 5
cm di traiettoria o 200 joule di energia
non cambiano il modo di andare a caccia in montagna per i veri cacciatori di
camosci e di caprioli, forse migliore-
ranno il margine di sicurezza di abbattimento del selvatico in misura minima alle
usuali distanze di tiro ragionevole (200, massimo 250
metri!). Se non abbiamo ancora capito che la quinta essenza della caccia di selezione agli ungulati ed il suo
fascino risiedono nell’avvicinamento “studiato” del selvatico ed in un unico colpo
meditato con il solo obiettivo
della massima precisione, allora seguiamo sempre le
mode: tenuta e zaino mimetici, cinturoni alla Pancho Villa e fascia elastica porta munizioni sul calcio della nostra
carabina iper-magnum con
ottica a 36 ingrandimenti!
Ma tant’è. Il progresso è anche questo.
Il .270 WSM avrà forse in
futuro molti estimatori perché è giusto dar merito a coloro che hanno profuso le loro conoscenze ed il loro lavoro per portare a compimento questo ambizioso
progetto, ma nondimeno rimango indissolubilmente legato ai miei fedeli Mannlicher calibro .270Winchester.
A caccia chiusa li lustro
spesso e l’ultimo arrivato,
un Mannlicher Schönauer
Modello MC 56 con attacchi originali a pivot laterale
sinistro con numero di matricola identico a quello della carabina, dotato di un’ottica Kahles-Helia variabile
2,3-7X dell’epoca, letteralmente mi ipnotizza. Possiede un fascino d’altri tempi, senza pari.
Mi è parso logico paragonare un calibro classico con il .270 Winchester al
nuovissimo .270 WSM. Se è vero che
il nuovo vince e vincerà sempre sul vecchio, soprattutto in campo di armi, è altrettanto vero che solamente il futuro
decreterà il successo dei recenti calibri magnum o confermerà l’attualità dei
gloriosi calibri classici, quali appunto il
sempreverde .270 Winchester che quest’anno compie 78 anni.
LETTO PER VOI
Luigi Capitanio
Ungulati delle Alpi
In questo numero abbiamo posto la
nostra attenzione su un nuovo libro
edito da “Nitida immagine Editrice”.
Finito di stampare nel dicembre scorso, pertanto fresco di
stampa. Gli autori,
nomi di primissimo
piano nel mondo della gestione della fauna selvatica a tutti i livelli:
Guido Tosi, già noto nella nostra valle
in occasione dell’inizio della caccia di selezione avvenuta nel
lontano 1982, in quella circostanza lo ricordiamo come docente estremamente
preparato. Attualmente Professore
Associato presso l’Università degli Studi
dell’Insubria. Esperto
in problematiche di
conservazione e di
gestione venatoria di
ungulati selvatici europei e africani.
Luca Pedrotti,
Dottore di ricerca in
Scienze Naturalistiche e Ambientali, attualmente coordinatore scientifico del
Parco Nazionale dello Stelvio.
Andrea Mustoni,
attuale responsabile
del Settore Fauna nel
Parco Naturale Adamello Brenta. Dal
1999 è anche coordinatore scientifico
del progetto per la reintroduzione dell’orso bruno nelle Alpi centrali.
Ettore Zanon, giornalista e cacciatore. Collabora con riviste specializzate sui temi venatori quali “Diana”
“Caccia in” e sul mensile “Diana Ar-
mi” scrive di armi e di tutto quanto
inerente al prelievo venatorio.
Il contenuto del volume, tanto arricchito da diagrammi, tabelle grafiche,
foto e disegni, merita di essere conosciuto per l’alto valore tecnico nei riguardi della biologia, della gestione,
della conservazione delle specie di
ungulati presenti nei
territori Alpini. Tratta con dovizia di particolari il capriolo, il
cervo, il camoscio,
il muflone e lo stambecco. Dedica in
modo attento capitoli sul prelievo, sull’etica dell’attività
venatoria con competenza. Tratta con
serietà e informazione recentissima
di armi e attrezzatura specialistica. Pur
nella complessità
degli argomenti trattati, mantiene costantemente una
semplicità di linguaggio difficilmente riscontrabile in testi specializzati suoi
pari. E’ certamente
da consigliare non
solo ai Cacciatori
che si accingono alla specializzazione
della selezione, bensì anche ai più
esperti per completare la loro formazione nei riguardi
delle specie attualmente non oggetto
di prelievo venatorio. E’ in vendita nelle migliori librerie
della città al prezzo di 35 euro.
33
RACCONTI
Romano Pesenti
A Cotorni in Val Taleggio
Era l’ultimo sabato di un settembre lontano, degli anni sessanta, quando si lavorava ancora mezza giornata anche
nel primo giorno del week end.
Giovane funzionario di vendita di una
allora grande Olivetti, di buon mattino,
caricati in macchina cane, fucile, zaino
e abiti da montagna, arrivo in ufficio
con anticipo. Alloggio Dir, grande e potente pointer “dei Clastidium” giù in
magazzino e lo lascio alle cure del
Gioan, solerte e servizievole factotum
della ditta, nonchè buon divoratore di
parte dei miei carnieri del piano, gallinelle, sgneppe, vanette e qualche fagiano del Ticino.
Il sabato mattina veniva allora da noi
utilizzato per la consueta programmazione settimanale delle visite ai clienti
e per presentare al capo filiale il consuntivo di vendita.
Era però quel giorno anche vigilia dell’apertura di caccia in zona Alpi, in Val
Brembana e, più precisamente, in Val
Taleggio nella bergamasca, culla dei
miei avi. L’attenzione quindi è, più che
per il disbrigo delle pratiche d’ufficio,
per i preparativi logistici e di organizzazione del fausto giorno, lassù sui
monti.
A mezzogiorno, e forse prima, caricati
cane e vettovaglie in macchina, mi dirigo a prelevar, come da accordi, l’amico e compagno di caccia: Angelo,
grande cacciatore alpino, un pò più anziano di me e già dirigente di una famosa ditta farmaceutica, con zaino e
doppietta in spalla e con Timmy, flessuosa setterina di genealogia “del
Brembo” ai piedi, mi aspetta sul marciapiede davanti a casa.
Il tragitto Milano Dalmine, S.Pellegrino
Terme , valle Taleggio, in quell’ora meridiana, è percorso in un battibaleno e
circa all’una e mezza si raggiunge a Olda la villetta dell’amico.
E’ da premettere, per meglio inquadrare la cacciata, che l’apertura ai cotorni
si prospettava ricca di risultati, in quanto il sottoscritto, avendo trascorso lassù con Dir una settimana di ferie agostane, aveva censito per il Comitato
Caccia di Bergamo e, naturalmente,
per questa apertura, parecchie covate di cotorni e galli forcelli. Questo è il
nostro conversare nel tragitto in macchina, e, per rassicurare l’amico ancor
di più, affermo anche che noi siamo forti, preparati, giovani ma non privi di
esperienza e, in più, dotati di buona mira. I cani poi, che dire? Sono veri maestri di quella caccia, ben addestrati su
quella selvaggina e non possono che
collaborare per un ricco bottino.
Pedibus calcantibus, si deve raggiungere su a 1700 metri il Rifugio Casari,
ai Piani di Artavaggio. Di tutta fretta, ci
incamminiamo per il sentiero che porta
a Reggetto, ridente e soleggiata frazione abitata da pochi pastori e mandriani locali e da altrettanti pochi villeggianti nella stagione estiva. E’ la prima tappa del percorso e approfittiamo
della fresca fontana in loco per riempire le borracce.
Davanti, a fare il passo, sale Angelo
col sigaro in bocca e Timmy al guizaglio; io dietro con Dir, dressato alle
competizioni cinofile, ubbidiente, libero “ai piedi”. Si sale per lo più in silenzio verso la baita, che è meta del nostro
ansimante salire. Superati, dopo quasi quattro ore di salita, gli ottocento e
più metri di dislivello, e ormai già passate le cinque , si arriva a un bivio del
sentiero. A sinistra questo conduce ai
piani di Artavaggio, a destra al monte
Sodadura, oltre i duemila, meta da raggiungere prima del canto dei cotorni.
E’ la località stabilita per l’indomani all’alba.
E’ una bella soleggiata giornata di montagna, tersa e rinfrescata dall’aria frizzante che scende dal pizzo Campelli.
Con passo accelerato, giunti sul posto, posiamo zaini e fucili, indossiamo
la giacca a vento militare e ci sediamo
coi cani al fianco. Dobbiamo strattonarli un pò per il collare. Sono agitati.
Sul sentiero hanno fiutato pasture e
fatte fresche e tirano e scalpitano come
puledri al nastro.
Giù in fondo alla valle rumoreggia il torrente e più su nei pascoli alti suonano
ancora i campanacci di mandrie vacci-
ne. Ormai imbrunisce e laggiù si accendono le tremolanti prime luci dei casolari.
All’improvviso...cici...ciak..ci..ciaciak..cici..ciak..Ci sono ci sono!
.ci.ci.ciack . ci.. ciack..
Sentile come cantano al sole che cala...!
Raggiungiamo il rifugio quando è ormai
buio. Eligio il gestore della baita, ci accoglie e ci assegna la mia privilegiata
cameretta estiva con.. comodi giacigli...a castello. Accucciamo i cani già
rifocillati e si scende in sala, si fa per
dire da pranzo, che è piena, ahimè, di
cacciatori ai tavoli illuminati da una lampada ad acetilene, al centro del locale.
Ci si saluta bofonchiando un”salve”,
ci si guarda un pò in tralice, in cagnesco, per un.. reciproco controllo e poi
ci sediamo a tavola per mangiar minestra di patate e spinacio selvatico, polenta e “strachì”, il tutto innaffiato da un
buon litro di quello rosso, che scalda
le ossa per la notte. -Siamo fortunatisussurro ad Angelo, lo “Scarpulì” e il
Nino non ci sono!. I due sono nostri..acerrimi e dotati concorrenti alla
caccia di “piuma”e la loro assenza ci
rasserena ancor di più. Gli altri, saliti
per tempo dalla Valsassina, sono tutti
lepraioli. Veloci ripassiamo il programma dell’apertura di domani e ...predico: -Io starò più in alto, più sopra coi
cani, e all’alba li attaccherò dal basso ,
cercando di sorprenderli nell’involo e,
se si alzeranno a tiro, di far “coppiola”. Tu, appostato duecento metri più in
basso, dove abbiamo stabilito, a sinistra della parete a picco... Attento , che
ti passeranno appena sopra di fianco
a destra; sono obbligate a volar di lì per
lo strapiombo e anche tu dovrai, anticipando il giusto, far coppiola. Li seguirai poi nel volo di rimessa, per la
nostra “ribattuta”, quando si saranno
sbrancati. Intesi ? Ok...ora su a nanna- . A letto vestiti, naturalmente, per
far prima e per star più caldi.
Ma non si dorme. E’ la solita frenetica
agitazione del pre-apertura.....Sotto,
nel locale deposito sci, i segugi ululano
alla luna, abbaiano, litigano, fanno un
casino infernale. Qualcuno dalla came-
rata comune, dove dormono tutti gli altri cacciatori, urla un inutile : -Friz, Bill,
Febo, .. a cuccia!- Ci si continua a girare nella branda e il castello...scricchiola...ed è inutile , il pensiero è fisso alle
traiettorie, ai frulli , alle ferme e ai piani
di attacco. Non si chiude occhio . - Angelo, dormi?- No, macchè, con ‘sto casino ! -, ma è una scusa banale ; i motivi sono altri. Dopo un pò accendo la
pila. Sono le tre, metto giù a penzoloni le gambe , non ce la faccio più :- Dai
Angelo, scendiamo ! - I cani saltano giù
dalla branda accanto e cominciano ad
uggiolare e a dimenare coda. Al nostro
arrivo, Eligio, che ha dormito sul divano accanto alla stufa centrale, ci prepara un nero caffè cicchettato .Arrivano
anche gli altri. All’ ingresso ognuno
prende il proprio fucile dall’attaccapanni e uscendo, mugugnando saluti, ci si
avvia, ancor buio fondo, ma tremolante di lucide stelle, ognuno per il proprio
destino. I segugisti, accompagnati dai
cani, verso il basso per iniziar la canizza,
noi su, verso l’alto del Sodadura. Dopo
un poco, abituata la pupilla, la luce stellare con poca luna, ci facilita il percorso
e l’aria, ancor più frizzante di ieri sera, ci
sferza il viso sciupato dalla veglia.
Giunti al posto prefissato, Angelo scende sul sentiero più basso, mi fa un cenno di intesa e s’allontana nel buio.
Timmy freme, alza le orecchie e vuol
seguirlo.La trattengo accarezzandole la
testa e le stringo il muso per evitare
dannosi mugolii. Sedendosi, s’acquieta. Dir, già seduto, trema d’impazienza
; conosce l’ansia dell’attesa e rivolto
con la testa verso l’alto, già forse fiuta
odori selvatici che scendono con l’aria.
Mi siedo anch’io e aspetto impaziente il
momento.
Improvvisamente, al lucore delle stelle,
vedo un’ombra che si muove sul sentiero basso. Aguzzo la vista e intravvedo una figura che quatta quatta, quasi ingobbita e di soppiatto, s’incammina nella direzione da dove siam venuti. Strano, chi sarà ? Sarà, mi dico, un segugista che sale alla posta e mi tranquillizzo.
Il grande momento si avvicina e non oso
accendere la sigaretta scaccia tensione, per non disturbar l’ambiente, saturo
di profumi. Il silenzio è assoluto, le stelle sbiadiscono e ad Est pian piano la luce dell’alba comincia a profilare le cime
dei monti davanti a me. E’ quasi l’ora;
ancora un pò di pazienza. Dir e Timmy si
agitano e per smorzare un pò la loro
tensione, avvicino le loro teste alle mie
gambe e, sedendomi di nuovo, li attiro a me, sussurando nelle loro orecchie
paroline dolci.....
Un leggero e smorzato..ci..ci.ciack ..fa
acuire tutti i miei sensi e fa sussultare i
cani. Segue un lungo silenzio. Nessun
altro accenno di canto. Forse, da animali padroni assoluti del luogo hanno
da lassù captato insolite presenze, e
tacciono.Lo spirito di sopravvivenza,
frutto di geni millenari, li costringe a zittirsi, rinunciando al dispiegato canto quotidiano alla luce mattutina.
Ma è l’alba e guardo, assieme ai cani,
verso l’alto il cespuglio di ontani nani e
le secche erbacce al piede del roccione
sovrastante. Saranno lì ? E’ l’ora. Libero i cani. Timmy scende un pò, poi in
diagonale riprendendo l’aria risale; Dir
incrocia verso l’alto e pare sentire...s’allunga, prende e segue il filo della ventata che scende e si blocca in estatica
ferma. La setter lo vede, fa in su alcuni
passi radenti e cade in consenso.Studio
la situazione, imbraccio pronto e mi apposto. A sinistra ho il fianco del Sodadura , a destra il vallone delimitato dallo strapiombo, dove più avanti e sotto
Angelo li aspetta. Il rumoroso frullo mi
sorprende un poco e i cotorni, nascosti dai cespugli , si buttano a capofitto a
destra verso il dirupo.E’ un grosso “volo”. Azzardo sull’ultimo intravvisto un
serrato doppietto e vedo staccarsi piumine che svolazzano nell’aria. Forse l’ho
colpito. Ma tendo l’orecchio ai colpi di
Angelo. Silenzio... e ancora silenzio.
Cosa mai sarà successo? Perchè non
ha sparato ? Supero la dorsale e scendo verso il luogo dove dovrebbe essere caduto il selvatico. Più sotto vedo
Dir in ferma e Timmy, più avanti, che
cerca di infilarsi fra due massi fra i pie35
troni di una frana. Scendo ancora e seguo Dir che a strappi si affianca alla setter, che ora abbaia. Ho capito tutto. Il
cotorno ferito, forse disalato, si è infilato sotto, fra le pietre della frana. Addio
cotorno !
Quello che però ora mi preoccupa di
più è che fine avrà fatto l’amico. Mi
sporgo e lo chiamo a gran voce. Nessuna risposta. Mi abbasso ancora e mi
porto sul ciglio dove Angelo dovrebbe
essere appostato, e non c’è e non c’è
nemmeno nei dintorni. Sbinocolo verso le baite di Scanagallo e Prato Fiorito,
dove i cotorni avrebbero dovuto rimettersi, ma non si muove anima viva. Qui
grossi pericoli non
ci sono e poi Angelo è un cacciatore esperto e non
mi devo quindi
preoccupare più di
tanto. Certo il fatto è curioso.
Ritorno sui miei
passi, risalgo alla
frana per la ricerca del cotorno ferito.Certamente
non finirà nel mio
carniere; finirà invece, se uscirà dai
sassi, in bocca a
una martora, a una
volpe o a un uccello rapace.
glior fortuna a voi lepraioli....! Sono quasi al rifugio ed ecco che, con aria innocente e sorniona, vedo l’amico Dottor Professor Angelo Filiberto Quarenghi, già docente universitario e..chissenefrega.. venirmi incontro.. Sto per
sbottare in improperi e male parole, ma
mi blocca con un :- Romano, stai calmo, e ascolta! Stamattina, dopo averti lasciato, raggiunto il luogo di appostamento concordato, dopo poco, ho
aperto il fucile, scelto due cartucce con
pallini...intelligenti e ho cercato di caricare. Ahimè, le cartucce non entrano. Perbacco! Accendo un fiammifero
e osservo la bascula e mi accorgo di
I cani intanto , risaliti su fra i cespugli ,
puntano le pasture del “dormitorio” notturno dei cotorni che. .ahimè... sono..
lontani. Aggiro il roccione e m’incammino verso i pascoli alti e le pietraie del
Sodadura. Sono circa le dieci e il sole
comincia a picchiare forte e a farsi sentire. Dir zoppica, ferito forse dalle rocce
taglienti. Timmy, dopo lunghi lacets in
salita, comincia a cercar acqua che
quassù non c’è, come non ci sono altre coturnici. Mi decido quindi a scendere verso il rifugio, anche per scoprire
se lì hanno notizie dell’amico. Non nascondo di essere un poco nervoso, sia
per il...carniere, sia per il comportamento misterioso di Angelo.
Mentre scendo, sento laggiù fra le vallette boscose un abbaiare insistente di
cani che inseguono. E’ la “menata” dei
segugi che risalendo tracciano forse
una pista di lepre. E’ una” musica”, per
le orecchie del cacciatore.. .Dopo un
pò sento due secchi colpi, di poco distanziati. Sarà “morta”? Auguri di mi-
non avere tra le mani la mia doppietta
Franchi Montecarlo calibro dodici, ma
una normalissima e bruttina doppietta
calibro sedici. Ma , al buio, la cinghia
di tessuto era uguale... Vengo preso da
sconforto. Che fare? Tu cosa avresti
fatto? Son ritornato lesto sui miei passi, con la speranza di trovare il mio
schioppo ancora appeso.
Ti ho scorto, ti ho sorpassato, ma non
ho osato...disturbarti. In baita, purtroppo, nè cacciatori, nè fucili... sono presenti. Con Eligio aspetto l’eventuale ritorno del...socio di..s ventura. Alle sette circa spunta infatti il “Gusto”, che
m’investe con bestemmie, gesti inconsulti e voglie di risarcimenti per le lepri...fuggite, e per la faticosa risalita.
Me la cavo, per intercessione dell’Eligio, che è suo amico, con un grappino
e un caffè... e tante scuse. Scuotendo
la testa e immedesimandomi nella la
scena... non mi resta che ridere con
lui a crepapelle... Rob de matt! Questa
non mi era mai capitata !
36
E’ mezzogiorno passato, ma la giornata
si può ancora rimediare. Ci incamminiamo per raggiungere una sorgente
verso il monte Zucco dove conosco una
nidiata di galli. Giunti alla fonte ci sediamo e mangiamo le vettovaglie dello
zaino. Angelo vuol sapere dei cotorni...
e io, racconto... mi riinc... zo e poi si ride ancora al pensiero delle... vicendevoli
disgrazie.
Da ottimo veterinario, l’amico medica
Dir alla meglio , con cerotto e allume di
rocca e poi si riparte in salita verso la
seconda zona di caccia. I cani abbeverati e rifocillati si impegnano con rinnovata lena nella cerca , incrociando il terreno, avidi di nuovi
incontri. Angelo è un
pò più sotto con
Timmy , io con Dir
sopra e avanti, sto
attraversando una
valletta di mughi
quando sento un
guaire, prima acuto
e lamentoso, poi flebile, fino al silenzio.
Che succede ancora? Torna il pointer
per il riporto e tiene
in bocca un... leprotto... di un chilo scarso, già morto... Mi
raggiunge Angelo, mi
guarda sconsolato,
allarga le braccia, e
io, avvilito e svuotato di forze , sbotto: - Angelo, oggi non
è la nostra giornata... scendiamo a casa !
Era un’apertura con ottime premesse
e piena di promesse... ma così è la caccia di monte.
Ricordo molte altre aperture con Angelo a Vinadio, a Carcoforo, qui in Val
Brembana, a Pejo e a Malles nel trentino e in tante altre montagne, ma
questa, caro amico, è proprio... indimenticabile.
Angelo, addio amico carissimo e grande cacciatore alpino, dedico a te questa mia fatica. Quest’anno in settembre un male cattivo ti ha portato lassù
sui pascoli del Cielo dove con Nino,
Franco, Ovidio e Pierino, tutti i nostri
amici cacciatori, tu ora e senza di me,
giochi a scopa e cacci cotorni celesti.
Lassù non avrai più certamente problemi di fucili.. di cartucce e...di calibri.
SPIGOLATURE CULINARIE
La Lepre
Pappardelle al sugo di Lepre
Amicizia, caccia e
sapori sono gli
ingredienti per i quali
siamo tutti disposti a
percorrere chilometri, a sacrificare tempo e, ovviamente, a
offrire le parti migliori
dei nostri carnieri.
E’ per questo che il
nostro giornale, da
questo numero e
per più uscite se ci
sarà possibile,
proporrà particolareggiate ricette di
cacciagione di
sottolineato gusto.
Il merito va tutto alla
nuova e preziosa
collaborazione
della rivista
A TAVOLA e del suo
direttore Germano
Pellizzoni.
La rivista mensile
A TAVOLA nata nel
1987 tratta di ricette, vini e ristoranti e
da 13 anni è diretta
da Germano Pellizzoni. Cacciatore “di
peso” per aver raggiunto il suo quarantesimo anno di licenza, ci tiene alla sua
rivista quanto alla
caccia, come dice
lui:”la summa delle
cose belle e buone
nel mondo”.
Tempo di preparazione 40’ più il tempo per
la marinata
Lepre alla cacciatora
con polenta fritta
Tempo di preparazione 45’ più il tempo
per la marinata
Tempo di cottura 25’
Tempo di cottura 150’
Ingredienti per 4 persone
400 g di pasta fresca, formato pappardelle
450 g di Lepre disossata
4 fette di pancetta
1 cipolla, 1 carota
1 cucchiaio di farina 00
2 dl di brodo di carne
2 cucchiai di olio extravergine d’oliva
80 g di burro
sale, pepe
Ingredienti per 4 persone
1 Lepre da circa 1,5 kg già pulita
1 lt di vino rosso piuttosto corposo
5 dl di vino bianco secco
5 dl d’aceto di vino bianco
50 gr di pancetta dolce
1 cipolla
3 spicchi d’aglio
2 acciughe sotto sale
2 cucchiai di capperi
alloro, salvia, rosmarino
olio extravergine d’oliva
sale, pepe, peperoncino
Per la marinata
4 dl di Chianti (o altro vino rosso toscano
corposo)
1 piccola cipolla
1 carota
1 costa di sedano
4 foglie d’alloro
1 cucchiaio di pepe nero in grani
Procedimento
Per la marinata, pulite la carota e il sedano,
tagliateli grossolanamente e riuniteli in una
ciotola capiente con la cipolla tagliata in 4 e
la Lepre ridotta a piccoli pezzi. Unite il pepe e l’alloro, quindi coprite il tutto con il vino
e lasciate marinare per almeno 5 ore in luogo fresco, mescolando di tanto in tanto. Pulite e lavate la carota, spellate la cipolla, tritateli finemente con la pancetta e fateli soffriggere in una capiente casseruola con l’olio per 3-4’ a fuoco medio. Sgocciolate la
Lepre dalla marinata e fatela insaporire nel
soffritto, salate, pepate, unite l’alloro della
marinata e portate a cottura la carne (circa
10’) bagnandola con qualche cucchiaio di
brodo e un po’ di vino della marinata. Prelevate i bocconcini di Lepre con un mestolo
forato, trasferiteli in una ciotola e teneteli in
caldo. Unite al fondo di cottura il brodo rimasto, metà del vino della marinata, cospargete il tutto con la farina setacciata e
proseguite la cottura per 15-20’ mescolando, finché il sugo si sarà addensato e risulterà di un bel colore bruno.
Unite la Lepre, fate insaporire per qualche
istante e togliete dal fuoco. Lessate le pappardelle in abbondante acqua bollente salata, sgocciolatele al dente in un piatto da portata e conditele con il burro a fiocchetti. Unite il sugo di Lepre, mescolate e servite.
Per accompagnare
250 gr di polenta pronta
olio extravergine d’oliva
sale
Procedimento
Tagliare la Lepre a pezzi piuttosto piccoli, lavateli con cura in una ciotola nella quale avrete mescolato l’aceto con il vino bianco. Disponete i pezzi di Lepre scolati in una terrina con gli spicchi d’aglio sbucciati, un rametto di rosmarino, qualche fogliolina di salvia e d’alloro, ricoprite con il vino rosso e
lasciate marinare per almeno un paio d’ore.
In una casseruola versate qualche cucchiaiata d’olio e preparate un soffritto con
la pancetta e la cipolla tritate. Unite poi i pezzi di Lepre sgocciolati dalla marinata e fateli rosolare a fuoco vivo per una ventina di
minuti. Nel frattempo, preparate un trito con
le 2 acciughe dissalate e diliscate, i cappei,
qualche fogliolina di salvia e di rosmarino e
un pizzico di peperoncino. Quando la carne
sarà ben asciutta e dorata, salatela e pepatela, aggiungete il trito preparato, irroratela
con un bicchiere d’olio e mescolate.
Non appena la carne avrà assorbito quasi
completamente l’olio, bagnatela con il vino
della marinata, portate ad ebollizione, abbassate la fiamma al minimo, coprite e continuate la cottura per un paio d’ore: il sugo
dovrà risultare piuttosto denso e concentrato. Togliete gli aromi e servite la Lepre
accompagnata dai dadolini di polenta fritti in
un padellino antiaderente con poco olio ben
caldo.
37
INFORMAZIONI E SCADENZE
Gruppo Conduttori Cani da Traccia
38
noi deve vergognarsi di aver ferito un
Capriolo o un Camoscio, tutt’altro. La
puntuale segnalazione dell’accaduto indica una maturità “professionale” indiscutibile, anche agli occhi di una pubblica opinione che si mostra particolarmente attenta alle vicende inerenti la
salvaguardia della selvaggina. I risultati
ottenuti la scorsa stagione di caccia sono comunque incoraggianti, siano essi
valutati sotto l’aspetto numerico delle
chiamate, o più semplicemente sul successo della ricerca. I dati fin qui raccolti sono così quantificati: quarantuno interventi su ferimenti segnalati con venti recuperi effettuati. La quantità maggiore di segnalazioni sono state a carico dei Caprioli, evento naturale se si
considera che questo tipo di selvatico
poco si allontana dal bosco e anche in
caso di ferimento grave riesce a ritornarvi per poi incovarsi fino alla morte.
Poche invece le segnalazioni di ferimento per i Camosci; pur considerando
gli spazi aperti dove in modo preferenziale si caccia questo ungulato, pertanto con possibilità di verifica visiva del
modo di fuga e di valutazione dell’eventuale ferimento. Riteniamo che alcune volte si preferisca considerare lo
sparo come colpo a vuoto, piuttosto
che affrontare il disagio di camminate
su distanze notevoli anche per un controllo di tiro. La nostra filosofia invece
consiste nel considerare ogni colpo sparato come probabile colpo a segno,
“tranne prova contraria”. E questa prova purtroppo deve essere raccolta con
estrema attenzione, con grande onestà. Solo l’accertamento avvenuto con
l’impiego di un buon cane può dimostrare il contrario. A dimostrazione dell’impegno che il nostro Gruppo sostiene per la divulgazione dell’utilizzo del
cane da traccia, per il secondo anno
consecutivo abbiamo organizzato una
prova di lavoro a carattere nazionale su
traccia artificiale. Grazie alla disponibilità
offerta dalla sezione Cacciatori di Taleggio e Vedeseta , nella giornata di Domenica 18 Maggio, nella conca del rifugio Gherardi in quel di Pizzino, dodici
Conduttori e altrettanti ausiliari daranno vita alla manifestazione. L’Amministrazione Comunale di Taleggio, competente del territorio, ha offerto piena
disponibilità nella soluzione dei problemi logistici della manifestazione, di questo siamo grati e lringraziamo di cuore;
la sensibilità degli Enti Pubblici da sempre un elemento essenziale per la buona riuscita delle manifestazioni. In questa occasione sarà motivo per alcuni di
conoscere le bellezze della valle Taleggio, dai paesaggi incantevoli in un ambiente rurale di estrema tipicità, dal valore storico ineguagliabile. Anche per
questo auspichiamo una grande partecipazione di tutti i Cacciatori, sarà anche il modo migliore per ricordare la recente scomparsa di Roberto Gatti, socio fondatore del nostro gruppo nonchè nostra guida ispiratrice nell’utilizzo del Cane da Traccia.
Vi aspetto numerosi, intanto a tutti
Voi il più cordiale Weidmannsheil!
Diego Vassalli
E.Traini 4
Anche quest’anno siamo pronti per ripartire. Dobbiamo solo scrollarci la ruggine che limita il movimento delle articolazioni nostre e in misura minore dei
nostri cani. Poi saremo come nuovi,
“sempre pronti”. E’ passato un altro
anno, tutti noi Cacciatori forse siamo
cresciuti ancora un po’ nei nostri atteggiamenti verso la selvaggina, almeno
questa è la speranza, la molla che ci
convince e ci stimola in ogni nuova stagione ad affrontare i sacrifici e le rinunce per mantenere vivo lo spirito del nostro gruppo. Gli elementi che compongono questo sodalizio certamente sono maturati nel corso di questi anni, ma
purtroppo stiamo anche inesorabilmente
invecchiando. E’ una costatazione logica, riferita non solo ai conduttori ma anche ai nostri cani, e al riguardo, scorrendo i dati anagrafici di alcuni soggetti ci accorgiamo che hanno abbondantemente superato la decina d’anni. Servono rincalzi. Stiamo aspettando da
tempo che alcuni giovani conduttori riescano ad abilitare il proprio cane; con
alcuni rincalzi potremmo distribuire in
modo migliore le operazioni di recupero
che attualmente gravano su poche persone. Potremmo migliorare il nostro servizio verso la selvaggina e verso i Cacciatori, saremmo certamente più “efficienti”. Servono anche motivazioni perché alcuni di noi, già non più particolarmente giovani, debbono iniziare nuovamente il percorso di allevare e addestrare all’uso un altro cane. Fortunatamente almeno la materia principale non
manca. In questi anni, abbiamo acquistato nelle varie province alpine e in alcuni casi anche all’estero ottimi Segugi di Hannover e Bavaresi, pertanto con
un minimo di buona volontà potremmo
dichiararci “autosufficienti” e ricorrere
all’introduzione di cani provenienti dall’esterno solo in occasioni particolari o
in presenza di soggetti di particolare
pregio. Nello stesso tempo però l’associazione è fortemente impegnata ad
allargare il “bacino d’utenza”, cioè a
convincere in modo più incisivo gli Accompagnatori a porre grande attenzione al problema dei ferimenti. Nessuno di
L’INTERVISTA
Gigi Foti
UN PRESENTATORE D’ECCEZIONE
IL SINDACO SENATORE CARRARA
Il primo ad essere soddisfatto che la “nostra” rassegna dei trofei quest’anno si
svolga a Oltre il Colle è il…primo cittadino, Valerio Carrara, cacciatore-socio
della tipica alpina, presidente della locale sezione cacciatori FidC, nonché senatore della Repubblica nel gruppo misto, di cui è vicepresidente. Fa parte anche
del consiglio di presidenza della Commissione d’inchiesta del Sistema Sanitario
Nazionale. Un incarico molto delicato. “ Sono felicissimo, anche per i cinquantasei soci che stanno lavorando duro sul nostro territorio che è davvero quasi
unico per gli ungulati tradizionali: e adesso, nella Val Parina c’è anche il cervo.”
Ma il senatore Valerio Carrara, va anche più in là, nel suo fervore venatorio: “Un
patrimonio, il nostro, che cresce continuamente anche per il fatto che qui da noi
non esiste il bracconaggio; tutti cacciatori anzi, compagni di caccia corretti. La
mostra dei trofei sarà dunque un momento davvero unico per la comunità intera.
Verrà ospitata nella sala grande dell’Albergo Manenti, quasi duecento metri quadrati di superficie, e sarà questa anche l’occasione per una presentazione dei
nostri prodotti tipici.” Il sindaco si sbilancia anche in una previsione di affluenza:
“Mille, millecinquecento visitatori, me li aspetto tutti. Oltre il Colle e la caccia se
li meritano…”
COMPRENSORIO
VENATORIO ALPINO
VALLE BREMBANA
R. Gozzi
Rassegna
e valutazione trofei
Valle Brembana 2003
NUOVO INDIRIZZO
DEL GIORNALE
Oltre il Colle
31 maggio - 1-2 giugno 2003
L’indirizzo nuovo della rivista è il seguente:
[email protected]
Ai collaboratori e a quanti vogliono scrivere al Giornale si ricorda
che il vecchio indirizzo non è più
attivo, pertanto si raccomanda di
aggiornare la rubrica del programma di posta elettronica con il
nuovo indirizzo. Grazie
39
INFORMAZIONI E SCADENZE
REGOLAMENTO ZONA
ADDESTRAMENTO
CANI DA FERMA E SEGUITA TIPO “B”
DENOMINATA “TALEGGIO”
apertura dal 13 aprile 2003
L’accesso alla Zona -B” è consentito a tutti coloro i
quali sono in possesso del permesso personale e non
cedibile rilasciato dal gestore, registrato su apposito
registro che dovrà essere esibito ad ogni richiesta delle Guardie addette ed agli appositi incaricati dell’Ente
Gestore nei Sigori Pietro Milesi, Roberto Traina, Enrico Bonzi.
Le prenotazioni si ricevono presso “Trattoria
Roncaglia” in San Giovanni Bianco
(strada per Taleggio).
L’addestratore solleva l’Ente Gestore da ogni
responsabilità per danni provocati da Lui o dai suoi
cani all’interno della zona di addestramento.
Le quote d’accesso per i CANI da FERMA
si riferiscono ad un turno (mezza giorriata):
EURO 3,00 = per singolo cane
EURO 15,50 = 10 turni per singolo cane
EURO 36,50 = annuale per singolo cane
EURO 51,70 =annuale due cani
Ogni addestratore può accedere alla zona con un
massimo di 3 cani, il permesso è valido per mezza
giornata.
Orario per l’accesso alla zona addestramento:
I’ Turno dalle ore 7.00 alle ore 12.00
2’ Turno dalle ore 14.00 al tramonto.
Le quote d’accesso per i CANI SEGUGI:
EURO 3,00 = per singolo cane
dalle ore 7.00 alle ore 10.00
EURO 2,00 = dalle ore 10.00 alle ore 13.00
(è d’obbligo prendere i due turni).
L’accesso alla zona è regolato tramite prenotazione,
il martedì e il venerdì rimane chiuso per il riposo della
selvaggina.
In caso di cattive condizioni atmosferiche o per
qualsiasi ragione personale le quote versate non sono
rimborsabili ed il turno non è recuperabile.
L’Ente Gestore ha la facoltà di interdire in qualsiasi
periodo l’accesso alla zona per cause di forza maggiore
o altro suo insindacabile giudizio; per quanto non
contemplato, valgono le norme dei Regolamento
Regionale.
Gli interessati in possesso dei permessi di 10 turni e
annuali, devono annotare la data di ogni uscita con a
fianco M= mattino oppure P= pomeriggio
Con il ritiro del permesso l’addestratore si impegna a
rispettare il “REGOLAMENTO”
E.Traini 2
Se i cani escono dal perimetro della zona di
addestramento devono essere immediatamente
richiamati e condotti all’interno, pena le applicazioni di
sanzioni previste a carico del trasgressore.
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L’ANGOLO DELLA POESIA
Cassa al camóss
Apassiunà de cassa e de montagna
só ’ndà a camós ol dé de l’capertüra
per vèga, se possìbel, la ventüra
de èden ü gröpèt ch’i s’acompagna.
Ó ést ü bèl mas-ciù co la compagna
e ’l sò noèl intènti a la pastüra:
lü l’éra de vedeta per natüra
a scultà töte i us de la montagna,
con töcc i nèrf a l’èrta, a fiùr de pèl,
per dà l’alarme al minimo sospèt,
piantà compàgn d’ü blòch sö ’n d”ü crapèl.
’L noèl entàt, sénsa gna ‘mpó d’ rispèt,
l’ga dàa barade ai fianch e l’zügatàa
co la camóssa ’n banda che römiàa.
Ü rödelà de sass zó ’n d’ü canàl:
... ü scato, öna sibiada de segnàl,
... e i è sparì a la vista tal e qual.
R.Gozzi
Amedeo Goglio
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COMPRENSORIO VENATOTRIO ALPINO VALLE BREMBANA
Piergiacomo Oberti - Presidente
Gianbattista Gozzi - Vicepresidente
Lino Ceruti - Rappresentante della Provincia
Valentino Paleni - Rappresentante nominato dalla Comunit à Montana
Angelo Bonzi - Rappresentante CPA/ANLC
Giovanni Berera - Rappresentante FIdC
Teofano Boffelli - Rappresentante ANUU
Pierfranco Milesi - Rappresentante Ass. Cinofila - SIPS
Roberto Regazzoni - Rappresentante del C.A.I.
Gianfranco Scanzi - Rappresentante del C.A.I.
Antonio Locatelli - Rappresentante della Coldiretti
Sperandio Colombo - Rappresentante della Coldiretti
COMMISSIONI
Avifauna tipica alpina - Ungulati
Lepre - Capanno
Stanziale ripopolabile - Territorio Ambiente
SEDE
Piazza Brembana (BG) - Piazzetta Alpini
tel./fax 034582565 - e-mail: [email protected]
Segretaria: Alba Rossi
Orari di apertura: Merc. – Giov. – Ven.: 9/12.30 - 14/17.30 - Sabato: 9/12.30
***************************************************************
Assessorato Provincia
Via San Giorgio - tel. 035387700
Assessore Sett. Caccia e Pesca - Dott. Luigi Pisoni
Ufficio Tecnico Caccia e Pesca
Dirigente - Franco Casari
Collaboratori - Giacomo Moroni - Alberto Testa
Servizio di Vigilanza Provinciale
Responsabile - Gian Battista Albani Rocchetti
Collaboratori - Bruno Boffelli, Cristiano Baroni, Gerardo Cattaneo.
SERVIZI DI PUBBLICA UTILITÀ
Pronto Soccorso Sanitario- Ospedale Civile S. Giovanni B.: Tel. 034527111
Soccorso Alpino CAI - Elisoccorso: Clusone, Tel. 034623123
Pronto Soccorso Veterinario - BG - Via Corridoni 91: Tel. 035362919
Emergenza Sanitaria: Tel. 118
Vigili del fuoco: Tel. 115
E. traini