numero 32 anno VII 23 settembre 2015 ISSN
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www.arcipelagomilano.org numero 32 anno VII 23 settembre 2015 ISSN 2421-6909 edizione stampabile www.arcipelagomilano.org PISAPIA CACCIATORE DI TESTE E IL POPOLO DELLE CUFFIETTE Luca Beltrami Gadola Qualche volta per riguardo al lettore vale la pena di anticipare le conclusioni per non trascinarlo in ragionamenti che non lo interessano. Comincio allora dalle conclusioni: i cittadini attivi hanno tutto l’interesse a un’alta partecipazione al voto. Chiarisco che per me i “cittadini attivi”, un’espressione che credo usi anche Giuliano Pisapia, siano qualcosa di diverso dalla società civile, ovviamente anche di diverso dal movimento arancione: sono più generalmente i cittadini che hanno a cuore la cosa pubblica e si danno da fare partecipando attivamente alla vita politica o semplicemente favorendo il progresso civile con i propri comportamenti. Nel numero del 9 settembre di ArcipelagoMilano ho espresso qualche considerazione sul problema della rappresentatività degli eletti, collegandola all’astensione al voto. Ora vorrei ritornare sul tema da un angolo diverso. È convinzione comune che un’alta astensione al voto favorisca le segreterie dei partiti nell’elezione di candidati a loro politicamente più vicini, obbedienti, pilotabili e dunque in direzione del formarsi di caste: pochi votanti rispetto ai quali i voti dei “fedeli” hanno un peso determinante. Dunque esattamente quello che i cittadini attivi con i loro comportamenti debbono cercar di evitare, non solo chiedendo una rosa sufficientemente ampia di candidati sia alle primarie sia dopo ma anche portando avanti candidati tout court “laici” e indipendenti dalle logiche delle segreterie e spingendo gli amici al voto. Operazioni difficili ma che val la pena di tentare cercando di innalzare la percentuale dei votanti rispetto agli astenuti. Mi sembra di capire dalle sue dichiarazioni, a valle della manifestazione organizzata da Gianni Cuperlo al Teatro Litta sabato scorso, che Giuliano Pisapia abbia quasi le stesse preoccupazioni, quantomeno quella di allargare la rosa dei contendenti alla carica di sindaco senza lasciar fuori i “cittadini attivi” e che per farlo si stia trasformando in un cacciatore di teste per stanare candidati, magari tra quella borghesia che Stefano Rolando vede in ritirata dall’impegno civile. Chi meglio di Pisapia potrebbe farlo, chiarendo ai potenziali candidati che cosa debbano aspettarsi come impegno e come fatica, quale eredità toccherà loro senza il beneficio dell’inventario e, visto che l’ipotesi è un governo cittadino in continuità con quello che l’ha preceduto, quali siano a suo parere le linee di questa continuità a cominciare da quello che non ha potuto fare e che invece era parte importante del suo programma del 2011. Indubbiamente, come un buon cacciatore di teste, potrà selezionare i candidati o almeno tracciare il profilo più adatto alla funzione di sindaco, a prescindere dalla notorietà personale della quale ogni candidato ha comunque bisogno. Dopo la serata al Teatro Litta e le dichiarazioni del segretario Bussolati e le recenti interviste sulla stampa, la campagna elettorale è anche formalmente aperta ma non sarà una campagna facile. Gli argomenti ber battere la Moratti nel 2011 non mancavano e comunque, quando si parte dall’opposizione, tutto è più facile: ora si tratta di chiedere ancora la fiducia degli elettori in una città che anche per merito del sindaco e della Giunta uscente è molto cam- biata, più attiva, più dinamica, politicamente più adulta e consapevole: terreno difficile. Questa campagna elettorale non ha quasi nulla a che vedere con quella del 2011. Una delle carte vincenti sarà quella di intercettare il voto degli elettori più giovani, quelli che non hanno mai votato - nel 2016 saranno più di 40.000 - e che tendenzialmente vanno a ingrossare le fila degli astensionisti: dai pochi dati che sono riuscito a scovare i giovani astensionisti sono percentualmente il doppio delle fasce di età più adulta. Quindi grande attenzione agli elettori più giovani, quelli del segmento18 - 24 ma anche oltre, che un po’ rozzamente potremmo definire il popolo delle cuffiette, gli headphone people: quelli che ormai si isolano dal mondo esterno e si esprimono in anglo-italiano con un inglese a orecchio, grandi frequentatori di Internet, di social media e blog, che digitano anche al buio, quelli che scandiscono la loro vita di “evento” in “evento”. Pensando a loro, ma non solo, pensando anche alla società milanese che negli ultimi anni ha scandito pure lei come non mai il suo tempo da evento a evento, se vogliamo che i cittadini vadano alle urne per dare rappresentanza reale agli eletti bisogna che questa campagna sia una serie di “eventi”, aperti senza troppi ammiccamenti allo spettacolare che spesso ne annacqua il senso: la politica come evento e non l’evento con messaggi subliminari di politica. Ri-concludendo: i cittadini attivi devono liberarsi dalla morsa delle segreterie e la politica portare gli headphone people alle urne. Elettori liberi, eletti rappresentativi. DA EXPO A DOPOEXPO I PROFESSIONISTI IN CAMPO Emilio Battisti Nell‘editoriale della scorsa settimana Luca Beltrami Gadola descrive con un punto di vista fortemente critico la situazione che si è venuta a creare attorno alla questione del dopo Expo e del recupero di oltre un milione di metri quadri della manifestazione che, almeno per quanto riguarda l’affluenza di visitatori, capi di stato e star, sta ottenendo un grande successo. Infatti sui padiglioni da salvare e sulle funzioni da insediare nelle aree che si libereranno, in troppi si sono espressi in modo episodico e contradditorio, mentre sono noti e di ben altra natura i problemi da affrontare. Prima di tutto lo spropositato costo delle aree che, originariamente agricole e private, sono state rese edificabili prima di essere acquistate a caro prezzo dalla Regione, dai Comuni di Milano e Rho, da Fondazione Fiera e dalla Provincia - oggi Città Metropolitana - e che, gravate da tale onere, sono state assegnate n.32 VII 23 settembre 2015 ISSN 2421-6909 a Arexpo Spa con il compito di recuperarle e valorizzarle. Poi l’assenza di chiare indicazioni sulle condizioni in cui le aree si troveranno quando, entro giugno 2016, saranno riconsegnate a Arexpo dopo che i vari Paesi avranno smantellato i loro padiglioni. Una fase della durata di otto mesi molto rischiosa, se non si riusciranno a mettere in sicurezza le aree stesse, gli impianti e gli edifici da conservare. Inoltre la vischiosità delle procedure burocratiche per programmare e 2 www.arcipelagomilano.org realizzare gli interventi, anche dovuta al fatto che trattandosi ormai di aree pubbliche la loro assegnazione ai soggetti che vorranno insediarvisi potrà avvenire solo tramite bandi e gare il cui esito potrebbe essere impugnato, interrompendo e rinviando tutto alle calende greche. Ma si spera che Raffaele Cantone, presidente Anac, almeno questo, riesca a evitarlo. Infine la necessità di misurarsi con un complesso processo di urbanizzazione da governare con una continuità e una coerenza che, come denuncia Beltrami Gadola, non potranno certo essere garantite dall’attuale coacervo di responsabilità e competenze della Regione, dei Comuni di Milano e Rho e della Citta Metropolitana, che hanno già manifestato orientamenti molto differenti. Il bizantinismo della situazione è quindi dato per scontato ma non sono d’accordo, come lui afferma, che l’advisor debba intervenire solo dopo che sia stata espressa a livello politico “un’opinione precisa sul destino di queste aree” per il semplice motivo che tale possibilità non esiste a priori, ma si concretizzerà proprio se l’advisor sarà in grado di mettere a disposizione del soggetto che ne governerà il processo, le analisi, la metodologia e gli strumenti per assumere le proprie decisioni. Il recupero urbano di un’area di tali dimensioni e complessità non può certo essere un’operazione di breve periodo, ma va programmata su un arco di tempo pluriennale e governata con strumenti e poteri adeguati, avendo come riferimento uno scenario entro il quale muoversi e precisi obiettivi da perseguire. Senza cercare di attenersi a un progetto rigidamente definito che sarebbe certamente superato ancor prima di avviarne la realizzazione. Ne sono convinto e lo sostengo con cognizione di causa perché, come alcuni ricorderanno, fin dal 2008, dopo alcuni dibattiti organizzati dall’Ordine degli Architetti si erano tenuti diversi incontri nel mio studio da cui era uscita la petizione per una Expo diffusa e sostenibile che aveva raccolto quasi 1500 adesioni . Tutto era partito dalle indagini fotografiche promosse dallo stesso Ordine sulle condizioni di grave degrado in cui si trovavano le aree che avevano ospitato le Esposizioni Universali di Hannover, Siviglia e Lisbona e il rischio che ciò si potesse verificare anche a Milano era stato alla base dell’impegno per cercare di evitarlo a Milano. Ora che Expo sta per finire, non sarebbe certo ammissibile sottrarsi a questa sfida. E infatti partecipando all’ultimo bando di Arexpo Spa il gruppo (1), di cui faccio parte formato da professionisti, docenti ed esperti che affiancano il Gruppo Arcotecnica Spa e F&M Ingegneria Spa, si è aggiudicato l’affidamento dell’incarico per lo “sviluppo di metodologie di analisi e la valutazione delle potenzialità del sito Expo dopo l’evento” e funzionerà come advisor per conto di Arexpo, per programmarne il recupero urbano. Il compito è veramente molto arduo ma credo che, impegnandosi seriamente, sia possibile mettere a disposizione del soggetto istituzionale che ne avrà la responsabilità, le analisi, la metodologia e gli strumenti necessari a governare la complessa operazione. E sulla questione sono d’accordo con Beltrami Gadola che individua nella Città Metropolitana il contesto territoriale di appartenenza e nella sua Amministrazione il soggetto competente. Pur riconoscendo che sia molto urgente assumere le decisioni necessarie ad avviare l’attuazione degli interventi, il processo non potrà essere che di lunga durata anche per evitare decisioni improvvisate e favorire invece la possibilità di assumerle nel modo più coerente e appropriato. Infatti chi avrà il compito di realizzare questo grande intervento dovrà assolutamente evitare, come ha giustamente sostenuto Vittorio Gregotti, di farne una periferia offrendo invece ai Comuni del nord ovest un riferimento di centralità sovracomunale di cui necessitano e creare allo stesso tempo uno dei nuovi poli che contribuiranno a strutturare la Città Metropolitana. E visto che Expo è considerato il grande evento che tutti ci riconoscono, spero proprio che il dopo Expo possa essere l’occasione per tornare a dimostrare che a Milano esiste ancora una cultura urbana e architettonica che sa riferirsi in modo originale e attento a quella tradizione della propria modernità per la quale, in un non lontano passato, è stata ammirata nel mondo. (1) Emilio Battisti pianificazione e progettazione urbana; Antonio Belvedere diritto urbanistico; Ennio Brion strategie immobiliari; Roberto Camagni Economia urbana e territoriale; Sandro Favero partner fondatore di F&M Ingegneria; Alessandro Galbusera housing sociale; Giorgio Goggi mobilità e studio dei flussi; Paolo Inghilleri beni ambientali e culturali; Fabio Iraldo economia della sostenibilità; Andrea Silipo ingegneria finanziaria e analisi economiche (Arcotecnica Group spa); Giorgio Spatti logistica e trasporti; Tommaso Tassi infrastrutture e viabilistica (F&M Ingegneria Spa); Paolo Viola progettazione urbana (Arcotecnica Group Spa); Mario Zambrini sostenibilità ambientale (Ambiente Italia Srl). UN UOMO CHE HA “FATTO” MILANO: MAURIZIO MOTTINI Giuseppe Longhi Maurizio Mottini è recentemente scomparso, la sua figura invita a riflettere su alcuni importanti passaggi nei processi di modernizzazione della metropoli milanese e, come lui amava fare, invita a sviluppare scenari per azioni future. Mottini aveva una cultura d'impresa “militante”, ossia coniugava l'indispensabile attenzione verso ciò che accadeva nel mondo con la capacità di tradurla in efficaci azioni politicoamministrative grazie a una non comune pazienza nell'arte del “facilitatore”, ossia del dialogare con le diversità che compongono il variegato universo dei cittadini. Credo che la sua esperienza di uomo d'impresa sia alla base della sua filosofia "resiliente", per la capacità di individuare gli elementi strutturali di sviluppo della nostra convivenza metropolitana e di non imporli come verità "politiche", ma di condividerli con le diverse parti sociali. Il periodo in cui svolge la sua azione è quello del cambiamento accelerato della seconda metà del secolo scorso fino a oggi, nel quale si verifica il passaggio dalle regolari ondate di n.32 VII 23 settembre 2015 ISSN 2421-6909 cambiamento economico e sociale di medio periodo agli impetuosi e rapidissimi tsunami che segnano gli attuali dirompenti cicli innovativi. La prima ondata che affrontò, quale Assessore all'urbanistica del Comune di Milano alla metà degli anni '80, fu quella della deindustrializzazione accompagnata ai nuovi processi produttivi “del fare di più con meno”, nella quale i modelli gerarchici della prima epoca industriale erano messi in crisi dai modelli “anarchici” della rivoluzione cibernetica, basati su 3 www.arcipelagomilano.org rapporti orizzontali, feedback, e condivisione. Fu merito di Mottini, e della giunta presieduta dal sindaco Tognoli, intuire che l'epoca dei piani urbanistici “chiusi”, imposti dall'alto, era finita a favore di strumenti informali, il cui ruolo era rendere trasparente la strategia pubblica e attrarre la creatività progettuale e finanziaria privata per proporre nuove opere. Fu così che, con il Documento Direttore del progetto Passante, le regole progettuali di un'infrastruttura ferroviaria uscirono dal mero campo della pura efficienza per trasformarsi in generatrici di sviluppo, grazie a due attrattori metropolitani di livello internazionale: il nuovo centro direzionale e la nuova fiera. L'operazione fu possibile grazie a un gruppo di giovani ricercatori, estranei al sistema dei partiti e insensibili all'accademia locale, di buona esperienza internazionale legata all'allora nascente Erasmus, cui fu data l'occasione di portare nell'ambito dell'amministrazione i frutti della loro esperienza. Si concretizzava così un modo di operare in rete, testimoniato dal volume “La progettazione a scala metropolitana” (Franco Angeli, 1985), il quale poneva la questione della nuova forma del lavoro metropolitano e della conseguente esigenza di nuove infrastrutture abilitanti. È indubbio che il Documento Direttore sia stata una sostanziale evoluzione della prassi progettuale basa- ta sulla leadership della parte pubblica, sull'autonomia e creatività degli ambiti progettuali, sull'industriosità degli operatori economici; il fatto che la sua attuazione abbia richiesto circa trent'anni la dice lunga sul percorso successivo che vede azzerato il ruolo del pubblico all'insegna di “i grattacieli nascono sotto i cavoli grazie all'amorevole cura della Hines”. La seconda ondata che ritengo utile ricordare è quella della sostenibilità, un tema che vede Mottini impegnato quale dirigente del movimento cooperativo. Siamo negli anni '90, si è definitivamente chiusa l'epoca dei piani di edilizia economico-popolare con finanziamenti pubblici garantiti, e, contemporaneamente, si apre l'epoca della sostenibilità con il suo oneroso corollario d’innovazione, legato al rispetto degli standard qualitativi imposti dalle Convenzioni internazionali sull'ambiente. Per le imprese cooperative sorge il problema di innovare in presenza di risorse scarse, fu merito di Mottini comprendere che la scarsità fondamentale nei momenti di cambiamento riguarda le risorse umane, e la loro implementazione è il presupposto di base per ogni processo di sviluppo. Nacque così il nucleo di progettazione sostenibile presso Coopcasa il quale ancora una volta propose la logica della rete aperta come strumento base per innovare. Questo ha portato a due esperienze impor- tanti: il Master di progettazione sostenibile, che anticipava gli attuali processi aperti di istruzione continua e la realizzazione del quartiere ad alta sostenibilità del Sanpolino a Brescia, un'esperienza che anticipa il modello del living lab, largamente citata nella letteratura internazionale per il suo livello qualitativo. La terza ondata, quella attuale, è la più difficile, per la rapidità e la numerosità dei fattori innovativi dirompenti, e, quindi, per i potenti fattori di disgregazione che introduce nella nostra società. Chi sottovaluta gli effetti dei cambiamenti accelerati mette di fatto fuori controllo il sistema sociale, chi lo segue acriticamente rischia di essere travolto dai suoi effetti imprevedibili. Maurizio Mottini credeva fermamente che in questa situazione il fattore chiave fosse la crescita del sapere perché la rivoluzione digitale richiede scelte audaci, riflessive e rapide. Riteneva che l'apprendimento continuo dovesse coinvolgere anche la classe politica, per contrastare le crescenti difficoltà nel comprendere i processi innovativi. Si discuteva dell'opportunità della nuova metropoli, come modello per la rigenerazione dell'intero paese, secondo la logica della piattaforma condivisa capace di abbracciare un ampio spettro di esperienze internazionali. Un'intuizione che viene consegnata ai giovani cui ha dedicato l'ultima parte della sua costruttiva vita. SINDACO, COMITATI E I VUOTI DI POTERE POLITICO Miro Capitaneo Disimpegno e smarrimento fanno capolino dall’articolo di Stefano Rolando dal titolo “Quel clima di perplessità che si percepisce a Milano” su ArcipelagoMilano del 16 settembre 2015. Sono gli umori nel centrosinistra che ha eletto Pisapia e di cui ora si sente orfano. Un Sindaco per bene: già una bella conquista, non iscritto ai partiti e non fazioso: elemento di modernità, che asseconda grandi cambiamenti con legalità e realismo: virtuoso ... . Ho citato sinteticamente alcune valutazioni che condivido e bene si integrano con l’articolo di Alberto Negri, dal titolo “La novità di Pisapia: una grande eredità per chi vuole continuare". Negri, in modo scientifico, analizza metodi, strategie e spirito della ottima comunicazione che ha portato alla travolgente vittoria elettorale di Pisapia. L’essere riuscito a coinvolgere i Cittadini in un clima di entusiasmo e fiducia condivisa che ha portato al “miracolo arancione”. Ci diceva Giuliano a noi attivisti arancioni: quando sbaglio avvertitemi! Ma come? Attraverso quali interlocutori? Visto poi che neanche ai Consigli di Zona viene dato ascolto! Si sarebbe dovuto attivare un numero verde per comunicare osservazioni e proposte dei Cittadini. Una cosa simile è stata realizzata a Chicago, mentre da noi l’ascolto sempre aperto è solo quello sul numero verde dell’Amsa! Mi richiamo a un mio intervento, di qualche mese fa, in polemica con il “mago” operativo di quella grandiosa battaglia elettorale, Paolo Limonta. Limonta faceva riecheggiare le voci e l’entusiasmo di quella bella campagna elettorale, ignorando i progressivi “vuoti di potere politico” che hanno via via deluso gli attivisti (me compreso), specie nelle periferie, che hanno portato alla disgre- n.32 VII 23 settembre 2015 ISSN 2421-6909 gazione dei ComitatiXMilano ( da 9 a 2). Mi riferisco, in particolare, alla “non comunicazione” coi Consigli di Zona e non avere il Sindaco voluto o potuto frequentarli e confrontarsi con essi con continuità. È chiaro che i “vuoti di potere politico” venivano e vengono riempiti dai “bizantinismi”, dalle improvvisazioni, dagli errori e talvolta dall’arroganza dei Servizi tecnici che Pisapia non ha saputo o voluto governare. Un esempio coi problemi viabilistici e di parcheggio regolato: i Tecnici comunali non escono, fanno tutto sulla carta, con maggior rischio di sbagliare (mi domando: non hanno i biglietti ATM? Vogliono l’auto di servizio?). Altro brutto capitolo è stata l’ostinazione della Amministrazione nel voler realizzare per Expo le cosiddette “vie d’acqua”. Canali che a detta di esperti, non avrebbero consentito la navigazione neppure a 4 www.arcipelagomilano.org una canoa, a fronte di costi stratosferici. L’impegno dei No Canal per fortuna non è stato vano! Mi trovo in totale dissenso con Negri dove dice della non necessità di un candidato carismatico e tanto meno di un capo populista. Attenzione: la politica non è solo scienza, strategia, razionalità ma, chiedo in prestito il termine usato da Giuseppe Cruciani su Radio 24: la politica è “sangue e merda”. Laddove le passioni si intrecciano con le analisi sociologiche, le strategie di sopraffazione, i colpi di mano, le confidenze sotto- voce, i piccoli e grandi potentati che tramano nell’ombra. Vorrei richiamare due grandi errori del Nostro: non aver fatto lo “spoil system” trovandosi così dirigenti che remano contro e aver accettato Expo a fronte di periferie - slums con case popolari che stanno crollando e le cantine invase da acque o topi. Giusto ad Agosto, un candidato Sindaco ha fatto il giro delle case popolari di Giambellino - Lorenteggio e ha scoperto gli orrori di ambienti degradati e inumani. Intanto la gente, tanta gente, passeggia nel Decumano della cittadella isolata e extraterritoriale, ignara dei tanti problemi di una città che vorrebbe essere “europea”. Mi permetto di fare un appello: cari 5 stelle, siete giovani, attivi, preparati, avete tutti i numeri per farvi avanti! Qualora troviate un candidato “carismatico” di forte impegno per la legalità, come un ex magistrato, io vi voto. Un De Magistris in “salsa milanese” scrissi allora e lo ribadisco. GIOVANI: RESTARE IN ITALIA SOLO SE CAMBIA Silvia Favasuli C’è un dato che parla più di tutti. E lo rivela l’ultimo Rapporto giovani curato dall’Istituto Toniolo di Milano (qui sotto tutti i dati). È una cifra chiave per capire la generazione EasyJet (laurea in tasca e un biglietto di sola andata per l’Australia o il Regno Unito), e volare oltre le letture superficiali di chi crede che questi giovani – spesso più adulti che giovani- scappino senza lottare, o di chi li giudica dall’alto dei suoi sessant’anni chiamandoli svogliati e fannulloni. Perché se per la prima volta il numero di coloro che si dicono pronti ad andare all’estero per migliorare condizioni di vita e di lavoro ha raggiunto il 60% degli intervistati (cioè sei ragazzi su dieci) è per una ragione precisa: questi ragazzi non vedono in Italia nessun segnale di cambiamento. E nessuno spazio per realizzarlo. Ed ecco che allora circa il 75% di loro risponde «poco» o «nulla» a questa semplice domanda: «Quanta fiducia hai nella possibilità che tra 3 anni le opportunità per i giovani nel tuo Paese di origine saranno migliori di oggi?». Se ci fosse un minimo segnale di miglioramento della situazione economica e politica del paese, questi giovani non se ne andrebbero mai dall’Italia. Sarebbero disposti anche ad accettare meno opportunità e salari più bassi dei coetanei d’Oltralpe. Ne è convinto il professor Rosina, docente di Demografia e curatore del Rapporto. «L’unica cosa che chiedono è essere parte attiva di un processo credibile di trasformazione, sentire di avere un ruolo, percepire che i loro sforzi ottengono risultati. Quando ciò accade, questi giovani rilasciano le loro migliori energie e si dedicano al massimo del loro impegno ed entusiasmo». Attraverso le interviste statistiche e i contatti diretti con questi ragazzi, il team del professor Rosina si è accorto che ciò che spinge i Millennials a partire non è tanto la differenza di opportunità tra dove vivono e l’estero, quanto il non poter essere parte attiva di un cambiamento del paese, che pure vorrebbero. «È una caratteristica tipica di tutti i giovani, argomenta il professore, ma ancora più specifica di questi. Ciò che li fa soffrire è il non vedere le possibilità di contribuire a migliorare il contesto in cui si trovano». Per mancanza di accesso alle posizioni decisive o perché costretti dalle generazioni più anziane a conformarsi al loro modo di vedere le cose. Sono ragazzi, spiega Rosina, privi di figure credibili di riferimento, di cui tuttavia hanno disperato bisogno. «Cioè figure cui dare fiducia e da cui ottenere l’auto necessario per orientare le proprie scelte, e realizzare i propri obiettivi. E invece si trovano a dover lavorare con adulti o anziani incapaci di mettersi in sintonia con loro. .... per continuare a leggere l'articolo su LINKIESTA clicca qui PARTIGIANI IN BORGHESE. DAL 1945 AL “BIPOLARE CONFUSO” DI OGGI Franco Morganti Se partiamo dal 25 aprile 1945, considerandola la data di inizio dell’Italia post-fascista, com’è arrivato il nostro Paese all’assetto politico attuale, che potremmo definire “bipolare confuso”? Con quali passaggi e con quali idee sottostanti? Un contributo di chiarezza viene da un libro recente del giovane storico Roberto Colozza, intitolato “Partigiani in borghese: Unità Popolare nell’Italia del dopoguerra” uscito da Franco Angeli nel giugno scorso (243 pp, 28 €), frutto di una ricerca condotta nell’ambito della Scuola superiore di studi storici dell’Istituto nazionale per la storia del movimento di Liberazione in Italia. La ricerca, iniziata nel 2010, fu poi interrotta l’anno dopo col venir meno del finanziamento specifico. Ma Colozza continuò a indagare sul periodo storico fra la Liberazione e le elezioni del 1958 che “sancivano la stabilità quantitativa dei consensi ai principali partiti e fissavano posizioni che sarebbero rimaste invariate per lungo tempo.” Solo grazie a una fortunata combinazione fra l’editore Franco Angeli e l’Istituto per la storia della Resistenza di Torino il lavoro poté riprendere fino alla pubblicazione. n.32 VII 23 settembre 2015 ISSN 2421-6909 Quel periodo storico dal 1945 al 1958 fu largamente influenzato dal Movimento di Unità Popolare (UP). “Più prossima a un’attitudine ideale che a un movimento politico nel senso proprio del termine, UP non fu in grado di determinare le sorti della politica nazionale, ma lasciò tracce che a distanza di tempo sono riemerse influenzando il dibattito politico su temi chiave dell’identità nazionale. Dentro UP e nell’area politica afferente operarono molti degli intellettuali le cui riflessioni, minoritarie negli anni Cinquanta, sono state alla base del discorso pubblico istituzionale degli anni a 5 www.arcipelagomilano.org venire. Il recupero della Resistenza come esperienza unificante della nazione repubblicana e il riconoscimento della Costituzione come tavola dei valori civici sono un lascito dell’antifascismo democratico, cui UP ha contribuito in maniera profonda.”. Unità Popolare nacque nel 1953 per reagire e combattere la cosiddetta “legge truffa”, che avrebbe concesso un premio di maggioranza alla coalizione che avesse raggiunto il 50% dei voti. La denominazione di “truffa” nasceva da due fatti: (1) una sola era la coalizione che avrebbe potuto raggiungere il 50%: quella formata dalla DC con i partiti laici e (2) la DC avrebbe lucrato gran parte del premio e avrebbe potuto governare da sola. Al movimento parteciparono vari dissidenti dello PSDI e del Pri, che lasciarono quei partiti. Fra i primi Piero Calamandrei, Tristano Codignola, Piero Caleffi, Antonio Greppi, fra i secondi soprattutto la figura epica di Ferruccio Parri. Pochi lasciarono il Pli 8 (Partito Liberale Italiano): fra questi Arturo Carlo Jemolo, ma non Scalfari, né Mario Paggi, né Pannunzo con il gruppo de “Il Mondo”. Il risultato elettorale sancì la sconfitta della “legge truffa” per 54.000 voti, mentre UP ne raccolse 171.000. Alla vittoria contribuì anche l’Adn di Epicarmo Corbino, un altro profugo dal Pli. Nei cinque anni successivi UP svolse un’intensa attività culturale: a Milano raccolse nel 1955 un gruppo di studenti universitari e liceali che organizzarono un corso sulla Costituzione italiana su progetto di Giuliana Gadola Beltrami. Le conferenze si svolsero nel “Salone degli Affreschi” dell’Umanitaria, cui partecipò un pubblico fino a 400 persone. Il corso fu avversato dai giornali della destra milanese finché il Provveditore agli studi di Milano, Michele Clausi Schettini non ne vietò la promozione nelle scuole milanesi con la motivazione che “il contenuto degli interventi appariva fazioso e diseducativo”. Solo l’intervento della prefettura dissuase il ministro dell’Istruzione Ermini dal proseguire le indagini, ma i giovani organizzatori furono schedati dalla Questura di Milano come sovversivi. Colozza, oltre a interrogare i pochi aderenti a UP superstiti, ha fatto anche un accorto lavoro di indagine presso gli archivi pubblici. Unità Popolare si sciolse nel novembre 1957 dopo una lunga trattativa con lo Psi (quest’ultimo nel frattempo aveva sciolto il patto di unità d’azione con i comunisti), che portò alla confluenza di UP nello Psi: questa avvenne localmente in un clima a dir poco freddino da parte dei socialisti. Solo Caleffi, Codignola e Greppi furono gli ex-UP portati in parlamento nelle liste Psi alle politiche del 1958, oltre a Parri come indipendente al Senato. Una conclusione misera per una battaglia politica e culturale condotta per cinque anni da un’élite di grande valore e prestigio. Tanto rumore per nulla, direbbe Shakespeare. Ma forse non per nulla, come dimostra la vitalità di questo giornale. COMITATO MILANO OLTRE EXPO: LE DONNE GIURISTE Ileana Alesso Arriveranno a breve. Dall’Africa, dall’America, dal Medio Oriente e dalla Cina, ma anche dall’Europa – da Francia, Spagna, Belgio, Bulgaria, Regno Unito, Germania, Portogallo, e ovviamente dall’Italia - tutti qui a Milano per la due giorni, del 29 e del 30 settembre, di convegni internazionali che si terranno nell’aula Magna del Palazzo di Giustizia. Si tratta di due convegni, nell’ambito di Expo 2015, organizzati dalla Associazione Donne Giuriste di Milano, con il patrocinio del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Milano, per promuovere, in linea con i principi della Carta di Milano e del Manifesto della Avvocatura, il diritto al cibo sicuro e sostenibile con la elaborazione di progetti e approfondimenti interdisciplinari e internazionali mediante la formulazione di proposte di legge e la applicazione e la verifica di norme e di modelli di eccellenza. I convegni sono stati realizzati nell’ambito di un progetto vincitore, tra una settantina di progetti esaminati, del bando a suo tempo indetto da Me & We Women for Expo. Infatti nel luglio scorso la Associazione ha presentato alla Esposizione Universale il Manifesto di Intenti in vista della costituzione del “Comitato Milano Oltre Expo 2015: esperienze e soluzioni per una riflessione multidi- sciplinare a supporto della elaborazione giuridica”. Come Vice Presidente della Associazione mi fa piacere sottolineare l’orizzonte interdisciplinare, prima ancora che internazionale, sia dei convegni che del conseguente “Comitato Milano Oltre Expo 2015” a cui daremo vita a breve e che raccoglierà i frutti della elaborazione di quasi un anno di lavoro. Frutti che saranno fatti germogliare sul terreno arato dalla rete tra giuriste e numerosi altri protagonisti: imprenditori, associazioni, cooperative, operatori sanitari, organizzazioni governative e non, biologi, medici, magistrate, professori universitari, delegate della Federation Internationale des Femmes des Carrieres Juridique presso la FAO, l’IFAD, UNHCR e ILO, sulla base dei principi di responsabilità condivisa e di progettualità sostenibile. La sostenibilità è una parola chiave. Sostenibile per il pianeta e per i suoi abitanti e responsabile per il coinvolgimento di tutti, anche nell’agire sui doveri dei pubblici poteri. E in questo senso come avvocate e come associazione miriamo a dare seguito alla domanda, che trova ingaggiate noi per prime, di responsabilità sociale della professione forense e di impulso, giuridico e culturale insieme, di una funzione pub- n.32 VII 23 settembre 2015 ISSN 2421-6909 blica che nell’affermare i diritti della persona ne individua la priorità nei doveri della comunità. Si comincia il 29 settembre con l’incontro su “Il cibo, bene comune del Pianeta: la pesca consapevole e le risorse disponibili”, non solo ovviamente nel mare nostrum, con uno sguardo che parte dal Nord Africa e arriva a Bruxelles e guarda sia alla attuale crisi della risorsa ittica che alle opportunità di sviluppo, osservando le scelte dei consumatori per orientarle a un miglior uso delle risorse con garanzie di qualità e di sicurezza. Si prosegue il 30 settembre con l’incontro, anch’esso pubblico e con ingresso libero, su “Il latte. Tradizione e nuove frontiere dell’allattamento materno, del consumo e della produzione di latte vaccino sano, sicuro, sostenibile” con un taglio che parte dal nutrimento più che dal cibo. Dal valore interpersonale e nutrizionale nel rapporto mamma-bimbo ma anche dal nutrimento sociale tra legislazione sanitaria e welfare ovvero del diventar grandi in contesti di forte crisi occupazionale. E poi a seguire le esperienze più intriganti, dalle “memorie dell’olfatto” alle eccellenze italiane, europee e internazionali con una attenzione particolare alla eliminazione degli sprechi e 6 www.arcipelagomilano.org all’aumento dei ricavi. Insomma, un ricco e intrigante menù che vien già voglia di assaggiare, non è vero? DDL CONCORRENZA, TIMIDAMENTE MA SI VA AVANTI Massimo Cingolani Approfondire il Disegno di Legge Concorrenza lascia una sensazione di moderata soddisfazione, sapendo che arrivare a quello che auspicava Renzi, cioè ”il Ddl concorrenza in Parlamento incontrerà le resistenze delle lobby ma noi le sfideremo”, non è per niente facile. Tanto rumore per nulla? Questo è quello che pensano associazioni professionali e dei consumatori ma forse rispetto alle lenzuolate di Bersani, rimaste poi delle affermazioni più di principio che sostanziali, questo è un primo passo avanti. L’art.1 enuncia: «La presente legge interviene a rimuovere ostacoli regolatori all’apertura dei mercati, a promuovere lo sviluppo della concorrenza e a garantire la tutela dei consumatori, anche in applicazione dei princìpi del diritto dell’Unione europea in materia di libera circolazione, concorrenza e apertura dei mercati, nonché alle politiche europee in materia di concorrenza». È sufficiente pensare alla non attuata liberalizzazione delle vendite dei farmaci di fascia “C “, alla possibilità reale per gli agenti di assicurazione di avere più mandati, tralasciando poi il silenzio delle varie istituzioni sulla questione Über/tassisti, per non essere troppo fiduciosi. La concorrenza dovrebbe essere favorita proprio per costruire seppur faticosamente, un mercato efficiente e di vera competizione. Quando si scorre il suddetto Ddl, le misure appaiono timide se non contraddittorie. Ad esempio nel settore assicurativo non emerge nessuno sforzo particolare per costruire polizze ben fatte per tutelare l’assicurato che è capace di ricercare solo il prezzo basso. La portabilità dei fondi pensione salta del tutto: l’articolo 15, che prevedeva il totale trasferimento della posizione previdenziale del lavoratore in qualunque strumento di previdenza complementare, è stato sostituito con una norma che rinvia l’esigenza di «aumentare l’efficienza delle forme pensionistiche complementari collettive» a un tavolo di consultazione tra ministeri e parti sociali, da insediarsi entro trenta giorni dall’entrata in vigore della legge. Novità anche per i notai: grazie a un emendamento dei relatori passeranno da uno ogni 7mila abitanti a uno ogni 5mila. La norma potrebbe portare il numero dei notai «dagli attuali 7mila fino a 10-12mila, dipenderà dai concorsi». Non è tutto. Cade per gli avvocati la possibilità di effettuare i passaggi di proprietà di beni immobili non residenziali di valore catastale non superiore ai 100mila euro, che torna così di competenza esclusiva dei notai. Con una serie di emendamenti bipartisan al Ddl, approvati dalle commissioni, l’articolo 28 del provvedimento («Semplificazione del passaggio di proprietà di beni immobili adibiti ad uso non abitativo») è stato sostituito con una norma che trasferisce , dai tribunali al Consiglio nazionale del notariato il registro delle successioni. Inoltre anche le società di capitali potranno diventare titolari di farmacie private e quindi i soci non dovranno più essere obbligatoriamente farmacisti. Non esisterà più il limite massimo di quattro licenze in capo allo stesso soggetto. In sostanza quindi, potranno crearsi catene farmaceutiche e ci sarà più margine per sfruttare le economie di scala, fino a oggi molto ristrette dal limite di quattro licenze. Questo è quanto è stato fatto a favore della concorrenza tra farmacie, e quindi dei consumatori. Ci si augura possa produrre effetti tali da controbilanciare il punto a suo sfavore: la mancata liberalizzazione della vendita dei farmaci di fascia C. Modifiche pure sul fronte della RcAuto. Tra le condizioni per ottenere gli sconti dalle assicurazioni non ci sarà più quella di far riparare la macchina dopo un incidente in una carrozzeria convenzionata, che tanto aveva indispettito le associazioni dei carrozzieri: in un altro emendamento si legge che «resta ferma la facoltà per l’assicurato di ottenere l’integrale risarcimento per la riparazione a regola d’arte del veicolo danneggiato avvalendosi di imprese di autoriparazione di propria fiducia». È confermato che la scatola nera dovrà essere installata a spese della Compagnia. E sono previste multe più elevate per le assicurazioni che si rifiutano o eludono gli obblighi a contrarre e a rinnovare una polizza (fino a 15mila euro) e per quelle che non applicano gli sconti obbligatori (fino a 40mila euro). Infine, le imprese di assicurazioni dovranno praticare uno «scon- n.32 VII 23 settembre 2015 ISSN 2421-6909 to significativo» a chi contragga più polizze. Nello stesso tempo però o, come rilevato a più riprese dalle associazioni dei consumatori e dall’Organismo unitario dell’avvocatura, per i milioni di italiani titolari di una polizza RC auto non ne deriva nessun vantaggio bensì una riduzione dei diritti. Secondo Federconsumatori e Adusbef, i previsti sconti per chi accetterà di farsi inserire sulla macchina la scatola nera saranno infatti più che compensati dal costo di disinstallazione in caso di cambio di Compagnia. Quanto alla creazione di carrozzerie convenzionate, secondo i titolari delle officine creerà un monopolio abbassando la qualità delle riparazioni. Peggio ancora, l’obiettivo di rivedere al ribasso la liquidazione del danno biologico si tradurrà in risarcimenti più bassi fino al 40%. Il caso specifico relativo alla riduzione del danno biologico per le piccole lesioni, che è quello che più ha agitato le associazioni e anche l'opposizione, è però stato però “corretto” dall'introduzione di una sorta di danno morale che andrebbe a sommarsi al risarcimento personalizzato. Il sindacato maggioritario degli agenti di assicurazione (SNA) ha ribadito che: ”Pur comprendendo le ragioni delle imprese di assicurazione, non può non trascurare le istanze delle migliaia di piccole aziende artigiane che costituiscono l’ossatura dell’autoriparazione in Italia, nonchè le rivendicazioni delle Associazioni dei Consumatori e delle Vittime della Strada. La garanzia di un comportamento trasparente e corretto delle Compagnie e di un equo risarcimento a tutti i danneggiati, deve costituire un caposaldo irrinunciabile sul quale si basa qualsiasi futuro sviluppo dell’assicurazione in Italia.”. In conclusione ci si poteva aspettare di più da questo decreto ma bisogna tener conto sia della forza delle lobby, sia dell’inadeguatezza di molti parlamentari e comunque, rispetto alle lenzuolate di Bersani, rimaste solo sulla carta, qualcosa è stato fatto. È solo l'inizio di quello che un governo innovatore si troverà davanti, l'importante è che la marcia sia cominciata. 7 www.arcipelagomilano.org IL SOGNO LUCIDO DI UNA NUTRIZIONE RIABILITATA Carlo Alberto Rinolfi A Milano il 24 settembre 2015 un Workshop su “Agrobiodiversità e Resilienza” riunirà gruppi di esperti per dibattere strategie e formulare proposte per nutrire il mondo in sicurezza. Se potessimo concepire un Eden con gli occhi di un nostro contemporaneo, probabilmente immagineremmo un territorio fertile con tante varietà di coltivazioni, ricco di numerose specie vegetali e animali. Sarebbe il regno della diversità agricola e biologica, quotidianamente assicurata grazie a sistemi animati dall’intelligenza umana e con poco sforzo fisico. Una sorta di paradiso terrestre reso evoluto dall’incontro dei processi della natura con i progressi degli umani, verso il quale varrebbe la pena migrare anche a costo di terribili sacrifici. Uno scrigno di attrazione a cielo aperto in cui diversità è sinonimo di ricchezza e non di handicap, e capace non solo di nutrire tutti gli organismi viventi che lo abitano ma anche di rigenerare le risorse di cui ha bisogno la terra per la sua fertilità. Ci apparirebbe come un enorme campo intessuto da una fitta rete di connessioni tra tanti nodi costituiti da villaggi e città, ciascuno con le sue caratteristiche e specializzazio- ni. Un insieme illuminato di organismi e agglomerati capaci di proteggere dalle intemperie e dalle instabilità ambientali comunità creative ricche di differenze multietniche in grado di nutrirsi e riprodursi in sintonia con l'ambiante che le circonda. Troveremmo sistemi finanziari internazionali che creano sicurezza agli Stati e incentivano le agricolture più congeniali ai territori, un’agricoltura di sistema perfettamente integrata con le culture dei territori, mercati che valorizzano le genialità delle culture locali, sistemi distributivi ecocompatibili e ad alto contenuto di servizio, l’impiego diffuso di energie sostenibili, tecnologie di comunicazione e monitoraggio avanzato, produzioni a impatto positivo con l’ambiente, sistemi di amministrazione pubblica che producono risorse ambientali e gestiscono i metabolismi nutrizionali delle metropoli, e nuovi modi di riabilitare il corpo umano attraverso un cibo che lo nutre e lo cura. Sull’ingresso di questo Eden terreno ed evoluto l’insegna dell’Agrobiodiversità sarebbe accompagnata da quella altrettanto importante della Resilienza. Un simile luogo potrebbe essere veramente “paradisiaco” solo se in grado di resistere e reagire anche ai più terribili imprevisti che la grande matrigna ci riserva da quando il big bang è esploso. La capacità di reagire agli shock che variazioni climatiche e hybris umane provocano in continuazione prende, infatti, forma nella cultura della resilienza. Una caratteristica vitale che permette ai singoli e alle collettività di risorgere, dopo i disastri, più forti e migliori di prima, una sapienza o specificità informativa patrimonio di tutti gli organismi viventi e che si trasmette tra le generazioni sino a cambiare le regole del gioco della percezione condivisa e generare così nuovi modi di apprendimento. Agrobiodiversità e Resilienza, le grandi muse generatrici di Sicurezza e Nutrizione, ci attendono in un sogno che ha molte possibilità di divenire lucido e reale. Di come realizzare queste due strategie indispensabili per nutrire il mondo si occuperanno gli esperti e il pubblico di cittadini interessati, riuniti in sei focus group da Mondohonline con l’ufficio Comunicazione del Parlamento Europeo. Presidente, Mondohonline MILANO E L’ACCOGLIENZA AI MIGRANTI: SOLO UNITI SI PUÒ Ilaria Li Vigni Da ottobre 2013 ad oggi sono passati da Milano oltre 80.000 mila profughi, tutti diretti verso i paesi del nord Europa, nel mese di agosto 2015, salvo alcuni giorni a cavallo di ferragosto, la frequenza degli arrivi è arrivata fino a 300 persone al giorno. Le nazioni di provenienza di questi migranti sono le solite che sentiamo nelle cronache di questi giorni: in particolare, molti sono i Siriani, i Sudanesi, gli Etiopi e gli Eritrei che vengono da paesi in guerra e fuggono verso terre lontane. Milano, in questo momento storico di rilevanza internazionale per quanto riguarda l’emergenza migranti, non si è tirata indietro nell’approntare iniziative di aiuto concreto e fattivo per risolvere il vitto, l’alloggio e le loro esigenze primarie. Si tratta di iniziative di assistenza e solidarietà molto pratica e concreta che non hanno alcuna presunzione di risolvere il problema, sarebbe utopico, ma solo di far sentire la vicinanza di molti cittadini nei confronti di chi scappa dalla guerra, dalla fame alla ricerca di un futuro. Il lavoro è d’equipe, i volontari sono tantissimi e le associazioni pure, ma occorre sovente un “cappello istituzionale” che renda queste iniziative più che mai sicure e credibili e, soprattutto, che tuteli anche il mondo del volontariato in questa complessa opera di assistenza e aiuto. A cento metri dalla stazione Centrale, il Comune di Milano ha aperto un centro di accoglienza e smistamento per i profughi in arrivo (HUB) che lavora con la massima efficienza grazie ai volontari, spesso molto giovani e sempre più numerosi. L’ambiente è molto vasto, circa 450 mq e si compone della sala di accoglienza, di sale di attesa, spazi per i bambini, sala pranzo, bagni, angolo internet, sala medica, stanzemagazzino. Responsabile dell'organizzazione è la Fondazione Progetto Arca, e suoi sono gli operatori che fanno l'accettazione e tengono i contatti con i centri di accoglienza in cui vengono smistati i profughi. n.32 VII 23 settembre 2015 ISSN 2421-6909 A tali operatori si affiancano varie associazioni, ognuna con un compito specifico: ne ricordo alcune, senza alcuna presunzione di completezza, ma solo per ringraziare le decine di appartenenti a queste associazioni per la loro preziosa opera di aiuto. Save the Children e l'Albero della Vita intrattengono i bambini e si prendono cura della loro giornata con giochi e attività di ricreazione, SOS ERM si occupa della distribuzione del cibo con la collaborazione anche di molti volontari privati, Cambio Passo si occupa in modo particolare degli Eritrei, convogliandoli da Porta Venezia all'Hub della Stazione Centrale. Il tutto, sotto l’egida del Comune che ha messo fisicamente a disposizione questo centro e gestisce il complesso meccanismo, anche burocratico, che ci sta necessariamente alla base. Insomma, istituzioni, associazioni e privati, uniti in un circuito virtuoso che può gestire un notevole sforzo organizzativo sia per quanto riguarda il numero di 8 www.arcipelagomilano.org persone coinvolte, sia per le esigenze, spesso diverse per età, nazionalità, religione e stato di salute dei migranti neo arrivati. Infatti i singoli cittadini non sono certo da meno delle associazioni. Vi è stata grande partecipazione dei milanesi alla mobilitazione civica, organizzata dall'assessorato alle Politiche sociali, per la raccolta di indumenti e di beni per l'igiene personale da destinare ai profughi in transito nella città e ai senzatetto ospiti delle strutture di accoglienza. Negli ultimi giorni, nei centri di raccolta, sono stati raccolti quasi 80.000 capi e migliaia di altri prodotti per l’igiene personale per grandi e piccini. Anche la Diocesi di Milano si sta muovendo con grande impegno e determinazione. Caritas Ambrosia- na sta facendo davvero moltissimo per l’ospitalità quotidiana dei migranti, mettendo a disposizione propri spazi e coinvolgendo le singole parrocchie nella gestione di questa necessaria accoglienza. Già numerose persone sono ospitate stabilmente in locali parrocchiali da alcune settimane e si stanno progressivamente organizzando sempre più soluzioni abitative. Molto bello l’esempio di Santo Stefano Maggiore, storica chiesa nell’omonima piazza milanese e parrocchia dei migranti che ha messo a disposizione alcuni locali di un appartamento di pertinenza per l’ospitalità ad alcuni stranieri senza casa. Colpisce molto che i lavori di ristrutturazione per rendere idonei questi spazi all’accoglienza siano stati effettuati da volontari anch’essi stranieri, in Italia da alcuni anni che si sono presi carico della disperata situazione di coloro che sono oggi nella loro situazione passata. È un piccolo, ma grande esempio che sta a significare che davvero tale clamorosa emergenza, al di là delle valutazioni di politica internazionale assolutamente urgenti e necessarie da parte della politica europea ed internazionale, si può concretamente affrontare solo con la collaborazione e l’impegno di tutti, privati e associazioni, laici e religiosi, con il necessario impegno delle istituzioni. È una battaglia epocale, un impegno di civiltà che riguarda ciascuno di noi. Scrive Vito Antonio Ayroldi sul PostExpo L'ottimo editoriale del direttore è centrato ed evidenzia lo iato esistente tra la frammentata articolazione dei centri decisionali e la indispensabile snellezza indispensabile per una efficiente allocazione di risorse economiche e finanziarie. Sul progetto del dopo Expo pesa come un macigno la necessità di recuperare le risorse investite (o sarebbe meglio dire sperperate) per quelle aree. Dopo di che i progetti scontano il vincolo della affannosa ricerca di soldi pubblici. Ora, Milano è la principale piazza finanziaria del paese, e di un paese non certo povero semmai profondamente diseguale; i tassi d'interesse non sono mai stati così bassi e le banche traboccano della liquidità concesse a piene mani da Mario Draghi. Se ci fossero progetti seri ci sarebbe la fila delle banche per finanziarli. La verità è che come scrive il direttore le idee sono poche e molto ben confuse. Ad esempio. Farne un distretto per le start up agricole come propone chi la considera l'autentica legacy di Expo - come si dice a Milano, città cosmoprovinciale a cui la lingua italiana pare fare orrore - imporrebbe di chiedersi preliminarmente a che tipo di agricoltura si pensa di ispirare i progetti. La milanesissima senatrice a vita, la professoressa Elena Cattaneo ad esempio è pro Ogm. Che si fa si segue quella strada e si trasformano le aree in succursali delle multinazionali del settore? Sì può fare. O si sceglie di sostenere le peculiarità della nostra agricoltura e di avviare progetti per una altro tipo di ricerca magari biosostenibile? Che idee ha Milano sull'agricoltura del futuro e in particolare del suo territorio è un nodo che nemmeno l'Expo è stato capace di sciogliere, il che è tutto dire. Infine mi concedo un parallelo forse un po' tirato per i capelli ma che attiene comunque alle infrastrutture. La crisi dei porti italiani è essenzialmente legata al fatto che le navi non cercano banchine ma cercano merci da caricare/scaricare. Così come i capitali di rischio non cercano mc. ma idee da trasformare in profitti. Il problema di Arexpo, che si contorce in contraddizioni che vengono da molto lontano e che LBG ha già avuto modo di illustrare su ArcipelagoMilano è che i mc abbondano in tutta l'area metropolitana mentre le buone idee di business scarseggiano soprattutto quando i promotori sono enti pubblici i cui compiti istituzionali dovrebbero essere tutt'altri. La risultante è che a farsi largo non resta che il solito immarcescibile "ballo del mattone" mascherato ovviamente da Advisor molto professionali, of course. L'ennesimo camouflage. Accipicchia, mi è scappato il gallicismo. Orrore! . Scrive Gregorio Praderio sul PostExpo Penso anch'io che la scelta sul destino dell'area Post-Expo spetti alle amministrazione pubbliche elette dai cittadini e non al lavoro di un advisor, per quanto qualificato. Su quest'ultimo, ho letto sui giornali (non so se sia vero) che il compenso per tale lavoro è di circa 30.000 € (la gara infatti veniva aggiudicata secondo il criterio del prezzo più basso, neanche quello dell'offerta economicamente più vantaggiosa). Fosse così, mi chiedo quale studio di fattibilità si possa fare con quella cifra! Scrive Roberto Biscardini sul dopo Pisapia Per la verità se la futura giunta avrà lo stesso rispetto che la giunta Pisapia ha avuto nei confronti delle scelte pregresse della giunta Moratti e se questa maggioranza avrà il coraggio di decidere in fretta e senza n.32 VII 23 settembre 2015 ISSN 2421-6909 troppi condizionamenti, c'è da pensare che la continuità amministrativa sarà assicurata. 9 www.arcipelagomilano.org Scrive Sergio Brenna sul dopo Pisapia "Le novità di Pisapia: una grande eredità per chi vuol continuare". Grazie, preferisco smettere! Scrive Giampaolo Bertuletti su borghesia e impegno La borghesia mimetizzata nelle varie frange della società contemporanea si domanda qual'é il suo interesse nel coinvolgersi nuovamente nel tormentone municipale, ora che sembra le "cose" vadano per il meglio: rilancio della città, realizzazioni in tempo debito, appalti onesti, bilanci in pareggio, etc. A mio modesto parere (di cui ne vado fierissimo), non si può mandare al diavolo una giunta onesta, capace di fare efficientemente il suo la- voro, per sostituirla con una più affarista. Nel pubblico, come nel privato, quando qualcosa funziona, ci si attiva per conservarlo, invece di trascurarlo. Fra l'altro, l'azione della giunta Pisapia non é ancora finita: cominciata in pieno centro (Expo diktat), dovrebbe allargarsi più distintamente nei quartieri periferici durante il prossimo mandato. A breve: il o la candidato-a dovrebbero essere proposti fra i membri della giunta attuale: un uomo e una donna, compresa Ada Lucia de Cesaris; alle primarie, lo scarto fra entrambi sarà corto, probabilmente più emotivo che sintetico. A medio termine: la personalità prescelta vincerà largamente alle municipali, dopo aver spiegato urbi et orbi quanto realizzato negli ultimi 5 anni e quali sono i progetti avvenire. E se non vince ... me li mangio tutti crudi! MUSICA questa rubrica è a cura di Paolo Viola [email protected] Un settembre ricco di musica Il ciclone MI.TO. è appena finito e, come sempre, ha lasciato il segno con concerti di ogni genere e qualità, alcuni molto interessanti o addirittura preziosi, altri di cui vi sarebbe molto da dire. Se non che – come altre volte ho ricordato – musica vincet semper per cui ben venga MI.TO. (non senza sottolineare il leggero stato d’ansia provocato da tutti questi concerti senza mai una replica: se la sera di quel concerto non puoi … addio, non c’è più niente da fare!) Una delle gemme di MI.TO. avrebbe dovuto essere l’Akhnaten di Philip Glass al Piccolo Teatro la sera dello scorso martedì 15. Del celebre musicista americano - diventato come si sa buddista - Ricciarda Belgiojoso ha scritto nel suo bel “Note d’autore” (Postmedia books) che “è identificato come capofila del minimalismo, corrente artistica sviluppata negli Stati Uniti a partire dagli anni Sessanta, caratterizzata dall’uso di un lessico formale essenziale: la musica è costruita ripetendo brevi cellule melodiche e semplici figure ritmiche mentre l’armonia gradualmente evolve”. Il che va benissimo per un breve pezzo introduttivo di una serata ricca di altre emozioni musicali, ma è tremendo sentirne una intera opera, per giunta in forma di concerto, senza scene e senza recitazione! Meno male che sugli schermi dietro l’orchestra scorrevano belle immagini fotografiche del rinnovato Museo Egizio di Torino (che creavano una atmosfera appropriata al racconto del Faraone che convertì il suo popolo al monoteismo); e che su altri schermi, sopra il palcoscenico, comparivano i testi tradotti da diverse improbabili lingue arcaiche. Ci ha pensato Angelo Foletto a stroncare su Repubblica l’infelice ripresa di un’opera che, vissuta dignitosamente una trentina d’anni per contrastare la funesta egemonia della scuola di Darmstadt, era stata ormai ampiamente dimenticata e rimossa. Una piacevole scoperta ha invece allietato il bel concerto che si è tenuto la sera successiva al Castello di Pomerio dove, con il grande violinista Stefan Coles (da me più volte citato), abbiamo ascoltato l’ottima e sorprendentemente giovane pianista ucraina Kateryna Levchenko eseguire due celeberrime Sonate - il capolavoro di César Franck e l’ultima di Brahms (l’opera 108) insieme a due sconosciuti ma deliziosi brani dei rumeni Dimitrescu e Porumbescu. Magnifici lavori concentrati in un periodo d’oro della musica - intorno all’anno 1886 in tutta l’Europa centrale, da Parigi a Bucarest - interpretate con grande passione e perizia da un duo dotato di squisita sensibilità che ha ripagato appieno i tanti ascoltatori milanesi e luganesi della (peraltro modesta) fatica di arrivare fino a Erba. *** n.32 VII 23 settembre 2015 ISSN 2421-6909 Fatte queste premesse, eccoci al clou della settimana, vale a dire al concerto “scandinavo” che Jader Bignamini ha diretto giovedì scorso all’Auditorium e replicato venerdì e domenica, con musiche di Grieg (Norvegia), Sibelius (Finlandia), e Nielsen (Danimarca). Un repertorio che, come dice Enzo Beacco nella sua sempre intelligente introduzione al programma di sala, "noi italiani conosciamo poco e cioè il sinfonismo nei paesi nordici fra l’ultimo ottocento e il primo novecento. I tre autori … appartengono ad altrettante generazioni consecutive e segnano una netta evoluzione di stile. ". Vediamo come. Le due Suites dal Peer Gynt di Edvard Grieg (1843-1907) sono state scritte nel 1875 cioè nel centro di uno dei decenni più fertili della storia della musica europea; basti pensare alla Messa da Requiem di Verdi, alla Quarta Sinfonia di Bruckner, alla Moldava di Smetana, al Boris Godunov e ai Quadri di una esposizione di Musorgskij (tutti del 1874), alla Carmen di Bizet del 1875, al Crepuscolo degli dei di Wagner (la cui prima è del 1876) al Lago dei cigni di Čajkovskij del 1877, al Concerto per violino e orchestra di Brahms (1878) - si veda l’indice di “Offerta Musicale” di Beacco - per avere un’idea dei fermenti musicali di quegli anni. I temi di Grieg per il Peer Gynt incantano e sorprendono ancora oggi per la loro freschezza e 10 www.arcipelagomilano.org per la loro melodiosità e in particolare i famosi temi del Mattino, della Danza di Anìtra, della Canzone di Solveig, riescono sempre a commuovere e a trascinare gli ascoltatori nel mondo vero delle fiabe (la contraddizione è solo apparente …). Il Concerto per violino e orchestra in re minore opera 47 di Jean Sibelius (1865-1957) è del 1904 e si affaccia con trepidazione sul secolo appena iniziato; ma il grande finlandese, che intuisce quanto stia per cambiare il linguaggio musicale, sembra voler dare una sorta di ultima occhiata al secolo appena concluso. Questo doppio sguardo è dunque il carattere saliente del concerto che è stato capito ed eseguito in modo superbo da un altro giovanissimo musicista, il ventinovenne violinista russo Andrey Baranov di San Pietroburgo (andrà tenuto d’occhio perché ha già i connotati del grande interprete) al quale vorrei spiegare che dopo un programma così rigoroso non si fa un bis di Paganini (per “rendere omaggio” al nostro Paese, ha detto, in realtà era puro esibizionismo) e soprattutto non si può subito dopo Paganini passare a Bach per un secondo bis. Ingenuità giovanili. Eccezionalmente difficile (soprattutto per il solista) ma non meno affascinante il Concerto per flauto e orchestra, scritto nel 1926 dal coetaneo di Sibelius, Carl August Nielsen (1865-1931), recensito da Honegger come “opera di mole minore ma ricca di belle combinazioni per il flauto, il fagotto e il timpano … scorrevole e piccante che non manca di humor” (dal programma di sala); a me è parsa soprattutto un’opera di grande equilibrio fra classicità e modernità, con divertenti allusioni mozartiane e beethoveniane e una considerevole capacità di far dialogare lo strumento solista con l’orchestra - in particolare con il settore dei fiati - in una ricca tavolozza di temi e di trame. Grandioso Andrea Griminelli, flautista geniale, preciso, elegantissimo nei passaggi più arditi e complicati. Di Jader Bignamini ho scritto più volte in questa rubrica, anche in occasione di un sua strepitosa Messa da Requiem verdiana, sempre all’Auditorium. Credo che abbia avuto un momento di défaillance qualche tempo fa (probabilmente dovuta allo stress per i suoi meritatissimi successi) ma che lo abbia totalmente superato dimostrandosi, in modo particolare in questo difficile e magnifico concerto, un direttore molto sicuro (lo ha eseguito tutto a memoria) e di raffinata eleganza. ARTE questa rubrica è a cura di Benedetta Marchesi [email protected] Il Trittico di Antonello ricomposto al Bagatti Valsecchi In occasione di Expo 2015 Milano dedica una mostra a uno dei padri del Rinascimento italiano: Antonello da Messina. Con Rinascimento. Il trittico di Antonello da Messina ricomposto, curata da Antonio Natali e Tommaso Mozzati, il Museo Bagatti Valsecchi rappresenta l’unica istituzione culturale a organizzare un evento rivolto a omaggiare uno dei più alti periodi dell’arte e della cultura della nostra penisola. Presso la celebre casa museo milanese viene allestito un percorso che vede nell’opera del pittore messinese il fulcro centrale dell’esposizione, un trittico che finalmente trova la sua integrità e la manifesta orgogliosamente ai visitatori. L’opera di Antonello, smembrata nelle sue parti, vede le due tavole della Vergine col Bambino e di San Giovanni evangelista di proprietà della Galleria degli Uffizi mentre quella raffigurante San Benedetto di proprietà della Regione Lombardia. In un nuovo spazio progettato e allestito dallo studio Lissoni Associati, il Museo Bagatti Valsecchi consente di ripercorrere verticalmente la florida espressione artistica del Rinascimento attraverso altre tre opere esposte in mostra: l’Annunciata e l’Angelo annunciante di Piero della Francesca, la Madonna col Bambino e un angelo di Vincenzo Foppa, e il Cristo in Pietà di Perugino. Quattro opere che insieme consentono di attraversare idealmente l’Italia dalla Lombardia del Foppa fino alla Sicilia di Antonello da Messina, passando per la scuola umbrotoscana di Piero della Francesca e di Perugino. La casa museo contribuisce inoltre con la sua Santa Giustina di Giovanni Bellini che rappresenta in questa seda l’altra grande scuola del Rinascimento italiano, quella veneta, tracciando una linea che fa emergere quel dialogo fra artisti che da Nord a Sud si influenzavano reciprocamente in continui scambi e relazioni. Il dipinto di Bellini accoglie i visitatori nella sua consueta e originaria collocazione ed entra nel percorso di visita attraverso una didascalia realizzata appositamente per la mostra. La selezione delle opere esposte consente di affrontare un tema che si esprime in tutta la sua coerenza e che conferisce allo spazio un profondo senso religioso e un’intimità che lega l’osservatore ai dipinti. È con le tavole di Piero che si preannuncia la venuta salvifica di Cristo mentre Antonello raffigura una Vergine col Bambino trionfanti dove emergono però già i primi simboli di un sacrificio venturo con quel velo che il Bambino afferra come a voler richiamare quella sindone che avvolgerà il suo corpo dopo la morte. n.32 VII 23 settembre 2015 ISSN 2421-6909 Lo stesso elemento compare nel dipinto del Foppa dove l’atmosfera è, al contrario, più cupa contribuendo a rafforzare il legame della nascita di Cristo con la sua morte in una consapevolezza che caratterizza i volti della madre e del figlio. Conclude questo ideale percorso la tavola del Perugino con il Cristo in Pietà, manifestazione esplicita della sua crocifissione e insieme del suo sacrificio salvifico. La mostra vuole anche rappresentare un modello di collaborazione fra le varie istituzioni culturali italiane nella reciproca valorizzazione per realizzare un’offerta culturale sempre più aggiornata e viva. Il trittico tornerà ricomposto presso le Gallerie degli Uffizi per quindici anni. Il museo fiorentino concederà in cambio alla Pinacoteca del Castello Sforzesco il dipinto di Vincenzo Foppa. Si potrebbe aprire un dibattito circa l’esigenza di esporre all’interno del museo milanese una altra opera di un artista lombardo, laddove mancano esempi di altre scuole italiane, alla luce del mega evento rappresentato da Expo 2015 che dovrebbe consacrare definitivamente Milano come città internazionale e globale. Resta il fatto che il capoluogo lombardo, durante l’Esposizione Universale, offre ai cittadini una mostra gioiello, intensa, comprensibile, 11 www.arcipelagomilano.org semplice, unica e incredibilmente preziosa. Il Museo Bagatti Valsecchi è uno scrigno in una città che deve imparare ad amarlo per valorizzare le sue enormi potenzialità. Rinascimento. Il trittico di Antonello da Messina ricomposto costituisce il significativo e importante passo per avvicinare il museo alla sua comunità e per consacrarsi come uno dei più importanti poli culturali di Milano. Giordano Conticelli Rinascimento. Il trittico di Antonello da Messina ricomposto fino al 18 ottobre 2015 Museo Bagatti Valsecchi via Gesù 4 Milano orari: martedì – domenica 13-18 giovedì 13-21 biglietto: intero 9 euro, ridotto 6 euro. Moira Ricci. Capitale Terreno Salendo le scale dello Spazio Oberdan si viene immersi in un mondo contadino tanto delicato quanto destabilizzante che grazie agli occhi dell’artista, Moira Ricci, racconta storie di una realtà (forse solo in apparenza) fuori dal tempo. La mostra “Moira Ricci. Capitale Terreno” rappresenta l’ultimo step del progetto “Dal territorio alla terra. Progetto per un museo di fotografia diffuso”, che intende anticipare la fisionomia e l’identità del Museo di Fotografia Contemporanea nella sua nuova accezione a rete. Nata nella campagna maremmana, Moira Ricci, è sempre rimasta fedele alla cultura della sua terra, studiandone le tradizioni più antiche e radicate, approfondendone i significati simbolici e costruendo storie immaginarie intorno ad essa. In Ca- pitale Terreno vengono raccolti e presentati insieme per la prima volta a Milano due grandi progetti recenti dell’artista: Da buio a buio, 2009 2015 (comprendente quattro storie: La bambina cinghiale, Il Lupo Mannaro, L’Uomo Sasso, I gemellini), e Dove il cielo è più vicino, 2014. Nel primo progetto, il ciclo Da buio a buio, alcuni personaggi appartenenti alla comunità contadina e protagonisti dei racconti popolari vengono documentati dall’artista attraverso fotografie, riprese video, registrazioni sonore che danno vita a narrazioni totalmente costruite ma assolutamente “reali” nella verosimiglianza della realizzazione. Tra bambine nate con il grugno da cinghiale e uomini che camminano nudi per i campi trascinandosi grossi massi di pietra, emerge una fanta- siosa vivacità che riporta il visitatore a un tempo di fiabe e racconti. Nel secondo progetto, Dove il cielo è più vicino che comprende grandi fotografie a colori e due videoproiezioni, l’artista racconta della terra in crisi e immagina l’abbandono dei poderi da parte dei contadini impoveriti, delusi e oppressi da sentimenti di inadeguatezza alla vita contemporanea, che trasformano un trattore in astronave per andarsene dalla terra tanto amata e raggiungere il cielo. Moira Ricci. Capitale Terreno fino al 18 ottobre - Spazio Oberdan, viale Vittorio Veneto 2, Milano Orari: martedì-venerdì 12-19.30; sabatodomenica 10-19.30. Chiuso il lunedì Da Giambellino a Palestro, da Bellini a Basquiat: incontri interculturali alla Gam Per tutto il mese di settembre alla Gam, c’è un’iniziativa che è davvero bell’esempio di integrazione e multiculturalità. In occasione della mostra Don’t shoot the painter, UBS con Connecting Cultures e Associazione Comunità Nuova Onlus ha dato vita a un percorso di studio le opere d’arte esposte in mostra da parte di un gruppo di dieci giovani e adulti. Carmen, Daniela, Darius, Elvis, Fatima, Geanina, Lilly, Miriam, Sara, Zhaid: ciascuno di loro possiede un background differente per paese di provenienza (dal Sudamerica ai paesi dell’Est passando per l’Africa), storia familiare (alcuni portano con sé storie di migrazione recente, altri invece rappresentano le seconde generazioni) o di avvicinamento all’Italia, c’è chi lavora come insegnante, chi invece fa il muratore; in comune hanno però che ognuno ha colto la sfida e si è mes- so in gioco, acquisendo un nuovo ruolo, quello di mediatore culturale, e offrendo a chi visita la mostra occhi nuovi per vedere le opere. Il progetto è stato fortemente voluto da UBS che grazie all’Associazione Comunità Nuova ha selezionato e coinvolto i dieci mediatori accompagnandoli in un percorso cominciato a luglio e proseguito fino alla fine di agosto; durante questi due mesi il gruppo è stato formato sul ruolo di mediatore e sul concept della mostra in corso alla Gam. Ciascuno sulla base del proprio vissuto e della propria storia ha poi scelto un’opera tra quelle esposte in mostra, approfondendone l’autore e il contesto. La bellezza delle visite, ogni giovedì fino al 1 ottobre, sta nel fatto che oltre a raccontare la mostra emergono ricordi e racconti di chi parla, suscitando di rimando suggestioni e riflessioni anche in chi ascolta. Neanche il titolo del progetto è casuale: “Da Bellini a Basquiat: Incontri Interculturali” richiama idealmente sia le opere che verranno raccontate nell’ambito delle visite, sia la sede dello Sportello Sociale di Comunità Nuova situato in via Gentile Bellini, nel quartiere Giambellino. L’auspicio è che sempre più musei, oltre che le esposizioni temporanee, si avvalgano di mediatori: sia perché questi avvicinino le proprie comunità di appartenenza ai luoghi dell’arte milanese, sia perché si tratta di un bell’esempio di integrazione. Da Bellini a Basquiat: Incontri Interculturali Giovedì 10 – 17 – 24 Settembre e Giovedì 1 Ottobre Visite alle ore 19 e 20 | Galleria di Arte Moderna, via Palestro 16, Milano Per prenotazioni Tel. 02 181326 | E-mail: [email protected] Alla Gam non si spara sul pittore (e neanche sul pianista) È una mostra che sorprende Don’t Shoot the Painter. Dipinti dalla UBS Art Collection, curata da Francesco Bonami e ospitata alla GAM dal 17 giugno al 4 ottobre, non solo per l’altissimo livello qualitativo delle opere esposte ma anche, e forse soprattutto, per l’innovazione dell’allestimento. Le pareti delle sale al piano terra sono coperte da gigantografie che riproducono le sale della GAM come sono quando ospitano la collezione permanente del museo e su di esse, come in una n.32 VII 23 settembre 2015 ISSN 2421-6909 quadreria ottocentesca, i dipinti della collezione UBS. Un dialogo generazionale dove le collezioni ottocentesche accolgono e danno risalto al contemporaneo, attribuendo ad esso un valore ancora nuovo. 12 www.arcipelagomilano.org L’esposizione è un omaggio alla pittura contemporanea e riunisce per la prima volta alla GAM di Milano oltre cento tra i maggiori capolavori della UBS Art Collection di novantuno artisti internazionali, dallo sguardo fotografico di Thomas Struth all’arte neo espressionista di JeanMichel Basquiat. In mostra, visibili per la prima volta al pubblico italiano, oltre 100 tra le maggiori opere della UBS Art Collection dagli anni ‘60 ad oggi di 91 artisti internazionali fra cui John Armleder, John Baldessari, Jean-Michel Basquiat, Max Bill, Michaël Borremans, Alice Channer, Sandro Chia, Francesco Clemente, Enzo Cucchi, Günther Förg, Gilbert & George, Katharina Grosse, Andreas Gursky, Damien Hirst, Alex Katz, Bharti Kher, Gerhard Richter, Thomas Struth, Hiroshi Sugimoto, per citare alcuni nomi. Il titolo, Don’t Shoot the Painter, è un riferimento ironico alla frase “don’t shoot the pianist” che spesso compare nei saloon dei film western: ogni volta che le idee e i linguaggi dell’arte si confondono e rendendo difficile decifrare il significato degli elementi in gioco, la pittura torna sulla scena per riportare l’attenzione su ciò che è facilmente riconoscibile e interpretabile da tutti, esattamente come la musica del pianista nei film western riporta l’ordine nel caos del saloon. La mostra durerà fino alla fine dell’estate, in questi mesi di caldo cogliete l’occasione, andate a fare una passeggiata al parco di Palestro ed entrate a sbirciare la mostra (acquistando il biglietto per il museo l’ingresso è gratuito): non ne rimarrete delusi! Don’t Shoot the Painter. Dipinti dalla UBS Art Collection GAM Galleria d’Arte Moderna di Milano via Palestro 1 martedì – domenica 9:00 - 19.30 giovedì apertura straordinaria mostra fino alle 22.30 biglietto intero € 5,00 biglietto ridotto € 3,00 Ingresso gratuito ogni giorno dalle ore 16.30 e tutti i martedì dalle ore 14.00 A Milano c'è il Paese di Cuccagna Chi l’avrebbe mai detto che in un caldo luglio milanese il Castello Sforzesco si sarebbe trasformato nel Paese di Cuccagna? Con la curatela di Giovanna Mori e Andrea Perin, in collaborazione con Alberto Milano e Claudio Salsi, nelle Sale Viscontee ha inaugurato la mostra “Il mito del Paese di Cuccagna. Immagini a stampa dalla Raccolta Bertarelli” visitabile fino all’11 ottobre 2015. Attraverso oltre 150 opere databili dal XVI al XX secolo, la mostra racconta il mito del Paese di Cuccagna: un luogo immaginario in cui la vita scorre senza doveri e preoccupazioni, fra tavole imbandite e abbondanza di cibi prelibati, dove i vizi diventano virtù. La mostra si fonda su un nucleo espositivo costituito da stampe che testimoniano la fortuna di questo mito da cui si sviluppa un racconto attraverso immagini a larga diffusione, accompagnate da preziose e rare grafiche d’arte di autori quali Dürer, Aldegrever, Solis. Alle opere appartenenti alla Raccolta Bertarelli, si affiancano incisioni provenienti dalla collezione privata di Alberto Milano, storico consulente dell’Istituto e profondo conoscitore della stampa a larga diffusione. A queste stampe si aggiungono volumi con testi letterari originali, conservati in importanti Istituti milanesi, quali l’Archivio Storico Civico e Biblioteca Trivulziana, la Biblioteca Nazionale Braidense, la Biblioteca Comunale Centrale Palazzo Sormani e APICE (Archivi della Parola, dell’Immagine e della Comunicazione Editoriale dell’Università degli Studi di Milano). Nove sono le sezioni, contraddistinte da brillanti colori alle pareti, in cui si articola la mostra, che hanno lo scopo di analizzare le origini, i nuclei tematici e le evoluzioni del Paese di Cuccagna in un racconto che, seguendo la traccia della tradizione letteraria, viene narrato attraverso modelli iconografici, spesso autonomi rispetto ai testi. Dalla Cuccagna delle donne al Trionfo del Carnevale (che perdura tutto l’anno e non è mai Quaresima), fino alle suggestioni del mito nei secoli successivi, le declinazioni dell’idea della città di Cuccagna sono moltissime e davvero fantasiose. Un giro merita farlo per godersi l’allestimento immersivo e ridere della produzione intellettuale e creativa dell’uomo moderno. Il mito del Paese di Cuccagna. Immagini a stampa dalla Raccolta Bertarelli fino all’11 ottobre 2015 Castello Sforzesco – Sala Viscontea Orario: dal martedì alla domenica 9.00 / 19.30 - giovedì chiusura alle ore 22,30 INGRESSO LIBERO Allucinazioni estive e spinosauri nel parco Se in un caldo pomeriggio d’estate state passeggiando nei Giardini Pubblici, imputerete al caldo la visione dello Spinosauro a grandezza naturale che divora un pesce. O forse penserete di essere finiti nel remake di Jurassic Park. Ma non si tratta né delle alte temperature, né di un set cinematografico: si tratta invece della nuova mostra “Spinosaurus. Il gigante perduto del Cretaceo”, frutto della collaborazione tra Museo di Storia Naturale di Milano, National Geographic Society, University of Chicago, e Geo-Model. L’esposizione rappresenta l’occasione ideale per riaprire alla cittadinanza e al pubblico il prestigioso Palazzo Dugnani, che fu nell’Ottocento la prima sede del Museo di Storia Naturale di Milano e che diventa ora sede distaccata dello stesso, dedicata alle mostre temporanee. L’allestimento milanese è una versione ampliata di quello statunitense e focalizza l’importanza del contributo italiano nella lunga vicenda degli studi su Spinosaurus: iniziata nel 1912 con i primi ritrovamenti di Ernst Stromer e bruscamente interrotta con la distruzione dei reperti durante la seconda guerra mondiale. Questa affascinate avventura è ricominciata nel 2005, con lo studio di un enorme muso di questa specie, conservato al Museo di Storia Naturale di Milano, ed è continuata nel 2008, grazie a un nuovo esemplare scoperto nel deserto del Saha- n.32 VII 23 settembre 2015 ISSN 2421-6909 ra, e studiato pubblicato sulla prestigiosa rivista Science. Le “star” assolute della mostra sono il modello in grandezza naturale del dinosauro, riprodotto secondo l’aspetto “in vivo”, e la riproduzione completa dello scheletro lunga 15 metri, ottenuta attraverso la scansione dei fossili e la stampa 3D, e, per la prima volta, sono anche esposti esemplari mai visti delle collezioni del Museo di Storia Naturale di Milano, messi a disposizione dai Conservatori delle varie sezioni. A guidare il visitatore tra i siti remoti, gli esemplari fossili e le avveniristiche tecniche di studio vi sono i filmati originali degli scavi e delle ricerche nel deserto di Kem-Kem (Marocco), la storia delle scoperte 13 www.arcipelagomilano.org precedenti, con la ricostruzione dell’ufficio del paleontologo Stromer, modelli anatomici virtuali, animazioni e un’accurata pannellistica in italiano e inglese, oltre a un servizio di iniziative didattiche mirate, rivolto alle classi di ogni ordine e grado e un’offerta di visite guidate con operatori specializzati. Tra le varie iniziative nell’ultima stanza sono ospitate le tecnologie contemporanee usate dagli studiosi per ricreare modelli 3d di ossa e animali, per la gioia dei più piccoli (e dei più grandi) qua può essere acquistata la riproduzione del volto dello Spinosauro perché faccia compagnia nella calda estate milanese. Valeria Barilli - Benedetta Marchesi Spinosaurus. Il gigante perduto del Cretaceo Palazzo Dugnani, via Manin Milano lunedì dalle 9:30 alle 13:30* martedì, mercoledì, venerdì, sabato e domenica dalle 9:30 alle 19:30* giovedì dalle 9:30 alle 22:30* (* l'ultimo ingresso un'ora prima della chiusura) Biglietti € 10,00/€ 8,00/€ 5,00/Omaggio La Fondazione Prada e la rigenerazione culturale di Milano Il 9 maggio il sempre più vasto mosaico culturale di Milano si è arricchito di un importantissimo e preziosissimo tassello: la Fondazione Prada. La celebre stilista Miuccia Prada e il marito Patrizio Bertelli hanno regalato al capoluogo lombardo uno dei più interessanti interventi culturali visti in Italia in materia di arte, ma anche di architettura e, soprattutto, di rigenerazione urbana. Le vecchie distillerie di inizio Novecento sono state restaurate, ristrutturate, trasformate e integrate per offrire ai visitatori una superficie di 19.000 mq dove trovano posto non soltanto spazi espositivi per le varie mostre temporanee, ma anche un cinema, un’area didattica dedicata ai bambini, una biblioteca e il Bar Luce concepito dal regista Wes Anderson che si ispira ai celebri caffè meneghini e già diventato “cult” nel giro di pochi giorni. La molteplicità e la versatilità degli spazi della Fondazione consentono un’offerta culturale estremamente variegata. Sono attualmente aperte al pubblico le mostre “An Introduction”, nata da un dialogo fra Miuccia Prada e Germano Celant, “In Part” a cura di Nicholas Cullinan e le installazioni permanenti di Robert Gober e di Louise Bourgeois presso la “Haunted House”, una struttura preesistente che, rivestita di uno strato di foglia d’oro, acquista un’aura altamente immaginifica e imprime un segno forte ed evidente nel paesaggio urbano di Milano. Ma è “Serial Classic” la mostra più sorprendente: Miuccia Prada abbandona momentaneamente la passione per il contemporaneo per rivolgersi al passato, all’arte antica dove sono scolpite le origini della nostra cultura. Salvatore Settis e Anna Anguissola curano magistralmente una mostra che presenta l’ambiguo rapporto fra l’originale e la copia nell’arte greca e romana. Un allestimento geniale presenta più di sessanta opere che dialogano fra di loro e con lo spazio esterno circostante attraverso ampie vetrate. Il modello perduto, giustamente sfocato, giunge ai nostri giorni attraverso le innumerevoli imitazioni, emulazioni o interpretazioni commissionate dalla ricca aristocrazia romana. Ed ecco che il solido blocco di marmo prende vita e si circonda di un’aura di sacralità ancora oggi percettibile. Gli spazi rivisti da Rem Koolhaas e dal suo studio OMA consentono a una vecchia fabbrica di trovare nuova vita in un tempio che ospita personaggi della mitologia, guerrieri e divinità quali Venere e Apollo con opere provenienti dai più importanti musei del mondo, dai Vaticani al Louvre. La Fondazione Prada diventa oggi il modello di quella inevitabile e illuminata collaborazione che deve esserci fra pubblico e privato per il beneficio dei cittadini milanesi, italiani e di tutti i visitatori stranieri che iniziano a intravedere nel laboratorio creativo di Milano la nuova Capitale Europea. Giordano Conticelli Fondazione Prada - Largo Isarco 2 Milano (M3 Lodi T.I.B.B.) orari: tutti i giorni h10-21 biglietti: 10€ ridotto 8€ gratuito minori 18 anni e maggiori di 65 LIBRI questa rubrica è a cura di Marilena Poletti Pasero [email protected] Timothy Brook Il cappello di Vermeer Einaudi - Torino 2015 pp. 212, € 30,00 Timothy Brook, uno dei maggiori sinologi viventi, docente alla University of British Columbia di Vancouver e professore onorario alla Normal University di Shanghai, ci regala questo affascinante volume contenente otto mirabolanti storie dove si narra di altrettanti viaggi intorno al mondo ispirati da sette quadri (cinque di Vermeer, uno di Hendrik van der Burch e uno di Leonaert Bramer) e da un piatto di ceramica del museo di Delft. Queste opere d'arte raccontano, nella ricostruzione di Brook, i viaggi avventurosi che misero in contatto l'Olanda del Seicento e il resto del mondo, mostrandoci l'entità degli scambi culturali e commerciali tra Oriente e Occidente che segnano l'inizio dell'epoca globale moderna che si protrae fino a oggi. L'abilità dell'autore è quella di partire da un dettaglio o da un oggetto raffigurato in quei capolavori per allargare lo sguardo sul mondo del n.32 VII 23 settembre 2015 ISSN 2421-6909 XVII Secolo, cogliendo lo spunto per farci conoscere o ricordarci le coincidenze o le casualità che sono alla base di svolte nel gusto e nel commercio ancora vive oggi nel nuovo millennio. Così, ad esempio, la ciotola con della frutta rovesciata su un tappeto turco raffigurata in uno dei capolavori di Vermeer, ci trasporta lungo le rotte commerciali della preziosa e ambita porcellana bianca e blu prodotta nell'impero cinese dei Ming. 14 www.arcipelagomilano.org Mentre il sontuoso cappello del galante ufficiale dell'altra, non meno celebrata, opera del maestro di Delft, ci conduce nelle foreste e sulle rive dei lagni del Canada dove gli esploratori europei ottenevano dai nativi americani, pelli di castoro in cambio di armi. Quelle pelli finanziavano i viaggi per mare che cercavano nuove rotte per la Cina. E proprio in Cina, con l'argento estratto in Perù, gli europei compravano quelle stupende porcellane che imbandivano le più raffinate tavole del nostro continente. Al centro di questo mosaico commerciale, osserva l'Autore, si poneva Amsterdam, che, come scrisse Cartesio, era "un inventario del possibile". Questo libro illustra in maniera esemplare, la ricchezza e le implicazioni di tale inventario, dimostrando come un mercato dove siano disponibili "tutte le merci e le co- se curiose desiderabili" abbia ridisegnato il mondo moderno fino a prefigurarne, con quattro secoli di anticipo, quello attuale. Particolarmente accattivante è la ricostruzione di come il tabacco dal 1492 al 1600 si sia diffuso dalle Americhe all'Europa e da quest'ultima alla Cina con una singolare mutazione delle sue caratteristiche percepite: da sostanza utilizzata per trascendere il mondo naturale e comunicare con gli spiriti a momento obbligato sul piano sociale e culturale per favorire la formazione di comunità e di gruppi coesi verso obiettivi comuni come i fedeli di una chiesa tanto che nel 1643 il Papa proibì di fumare nelle chiese a causa del disgustoso odore del fumo e del fatto che i fedeli erano costretti a calpestare la gran quantità di cenere sparsa nel pavimento .... . Non meno attraente è la ricostruzione della via dell'argento. Dalle Americhe attraverso Panama fino a Cadice e al porto di Siviglia, centro del commercio mondiale di questo metallo, per poi essere rapidamente trasferito a Londra e ad Amsterdam dove non stazionava a lungo perché ripartiva quasi subito per la sua destinazione finale: la Cina, che i mercanti europei chiamavano "la tomba del denaro europeo". Una lettura, dunque, che conquista in ogni pagina, come quelle dedicate al contrasto feroce tra Gesuiti e Domenicani, nel Celeste Impero o quelle dove si chiarisce l'origine della parola "mandarino" che non è cinese, come tutti pensano, ma proviene dal sanscrito adattato dai mercanti portoghesi agli alti funzionari imperiali. Paolo Bonaccorsi SIPARIO questa rubrica è a cura di E. Aldrovandi e D.Muscianisi [email protected] "Fuga - L’ultimo rifugio" di Raphael Bianco a Milano Il sito di archeologia bellica Bunker del Soratte è stato nel 1944 l’ultimo rifugio delle truppe di occupazione tedesche, che nonostante i pesanti bombardamenti degli Alleati hanno potuto resistere nella struttura ipogea del monte fino alla fuga. Il Bunker del Soratte e la sua idea di ‘rifugio’ hanno ispirato il coreografo Raphael Bianco, della Compagnia Egri-Bianco Danza per una riflessione sulla violenza della guerra, che genera fughe di disperati in cerca di rifugio. Un tema che, nonostante la storicizzazione alla fine della seconda guerra mondiale, è terribilmente attuale di fronte alle stragi di turisti in Nordafrica, ai migranti respinti con violenza in Ungheria, agli ‘inghiottiti del mare’ che nella speranza di un rifugio affogano a centinaia nel Mar Mediterraneo. Si fugge. Ma da che cosa? Si trova un rifugio, ma poi anche da lì si fugge di nuovo. A questo grande interrogativo della fuga Raphael Bianco, codirettore e coreografo stabile della Compagnia Egri-Bianco Danza, erede della precedente compagnia di Susanna Egri, dà una sua lettura con uno spettacolo che nella migliore poetica contemporanea si configura come di ‘arte totale’. I fluidi movimenti della danza contemporanea danno corpo alle musiche di Bach e le più moderne di Ivan Bert e sono intramezzate dai testi di una sopravvissuta della seconda guerra mondiale. Danza, musica e testo si fondono con le tecnologie della videoproiezione stagliandosi sulla cornice naturale del sito del Bunker del Soratte. Lo scorso luglio è avvenuta proprio nell’ipogeo la prima dello spettacolo, che in modo molto suggestivo ha rappresentato situazioni di attesa, fuga, scampo, nell’ambiente claustrofobico di uno spazio che è stato testimone di sofferenza e strategie militari in un dialogo aleatorio tra le arti. Ora Fuga - L’ultimo rifugio di Raphael Bianco arriva a Milano dal 24 al 27 settembre per la stagione 2015/16 dello Spazio Tertulliano. Il teatro, un po’ underground, che ricorda i teatri contemporanei di Germania, è perfetto con la sua prospettiva in discesa per evocare le gallerie ipogee e mantenere la suggestione della prima al Bunker del Soratte. Domenico G. Muscianisi CINEMA questa rubrica è curata da Anonimi Milanesi [email protected] La calle de la Armagura di Arturo Ripstein [Messico, 2015, 99'] con: Patricia Spíndola, Nora Velázquez, Sylvia Pasquel, Arcelia Ramírez, Alejandro Suárez, Alberto Estrella Questo film, presentato fuori concorso a Venezia in occasione del tributo per i 50 anni di lavoro del regista messicano Arturo Ripstein, con la bellissima fotografia di Ale- jandro Cantù, porta in scena un fatto di cronaca che assurge a racconto di un mondo, di una umanità malinconica e disperata. Il film racconta la storia di due coppie: due nani, n.32 VII 23 settembre 2015 ISSN 2421-6909 fratelli, mini lottatori di wrestling, e due prostitute non più giovani che faticano a trovare clienti. I nani, pur essendo mariti e padri, sono ancora totalmente figli, non 15 www.arcipelagomilano.org mostrano mai i volti che restano celati dietro le maschere da lottatori. Sono legatissimi l’uno all’altro, sono amati dai genitori, e le loro vite, seppur modeste sembrano avere un senso in sé. Le donne, sfiorite, lavorano per mantenere l’una una figlia e il marito, l’altra l’anziana madre. Potrebbe essere un quadretto piccolo borghese, invece la figlia è una ragazza del tutto indifferente a tutto tranne a sé e ai propri bisogni, il marito è un uomo che ama gli uomini e si traveste con gli abiti della moglie, l’anziana madre, oggetto di amore e odio, è una mendicante, una barbona silente. Il paesaggio in cui questi personaggi si muovono, reso ancora più realistico dal bianco e nero che evidenzia ogni crepa delle case, ogni cumulo di spazzatura, che non mostra mai il cielo, ma solo la strada e quel che si vede a livello occhi, è un paesaggio senza tempo. Le riprese mettono in luce le rughe delle donne, le imperfezioni dei corpi, la sciatteria e la povertà degli abiti. I rumori fuori scena sono pochissimi, non c’è musica di sottofondo. I dialoghi sono spezzati, frammentati, non c’è la fluidità che può essere data solo dal pensiero di ampio respiro. È un mondo intriso di religione diventata superstizione, di violenza e di amore che sa solo essere ruvido. Il plot è il fatto di cronaca: le due prostitute, per derubare i nani durante una serata passata insieme in un albergo a ore, li addormentano versando gocce di collirio nei bicchieri dei due clienti. È quello un trucco che hanno utilizzato altre volte con altri clienti e che ha fruttato loro bei guadagni. Peccato che le dosi di collirio, giuste per addormentare uomini normali, siano sovradimensionate per i nani e quindi questi muoiano avvelenati. È l’ora della tragedia e i personaggi potrebbero essere di Sofocle, o forse meglio di Euripide, un mondo di sconfitti che diventa grande perché resta umano: la madre dei nani piange i suoi ninos, i suoi bambini, e lo fa con un orgoglio, con una forza, con una passione degne di Andromaca, di Medea; le due prostitute rivelano tutta la loro umanità nel rimanere unite, nel tentare di fuggire insieme, di salvarsi insieme e nell’ultimo disperato gesto di amore in cui una delle due, Adela, usa le gocce che già hanno ucciso i nani per addormentare per sempre la madre, per non lasciarla sola, abbandonata, mostrandole una volta per sempre l’amore e il rispetto che ha per lei. La stessa Adela quando viene divisa dalla sua compagna prova a parlarle, prova a salutarla, non riesce e bofonchiando fra sé mormora: “volevo solo dirle di non disperare … che sono cose del destino … che tutto passa”. È un film che merita di essere distribuito nelle sale e di trovare un pubblico che ne apprezzi la bellezza e ricchezza etica oltre che estetica. Tootsie IL FOTO RACCONTO DI URBAN FILE LA FONDAZIONE PRADA CRESCE http://blog.urbanfile.org/2015/09/16/zona-vigentino-fondazione-prada-la-torre/ AMARCORD MILANO LA CARROZZA DI TUTTI https://youtu.be/opN4LP-zPnQ n.32 VII 23 settembre 2015 ISSN 2421-6909 16