25 novembre-1 dicembre 2008
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25 novembre-1 dicembre 2008
22 AZIENDE/TERRITORIO 25 nov.-1 dic. 2008 LIGURIA/ Patto con Federfarma per migliorare l’informazione sulle cure pediatriche Il Gaslini entra in farmacia La formazione dei farmacisti è assegnata alla struttura genovese F ormazione, informazione, monitoraggio costante delle problematiche pediatriche sul territorio. Un programma scandito in tre momenti quello avviato dall’ospedale Gaslini di Genova e da Federfarma provinciale, con l’obiettivo di migliorare assistenza e informazione nelle farmacie: sono 296, in particolare, quelle rappresentate in quest’area da Federfarma, con un afflusso giornaliero di 35mila visitatori e un totale di 1504 operatori. Si tratta di un’esperienza pilota a livello nazionale, che intende sviluppare i reciproci punti di forza. Il Gaslini metterà a disposizione il know how degli specialisti – sia in campo clinico nella formazione continua degli operatori – mentre Federfarma garantirà la capillarità dell’operazione, grazie al fatto che le farmacie sono in prima linea nel rapporto con i cittadini. «Questo progetto – spiega Silvio Del Buono, direttore sanitario del Gaslini – ha un obiettivo più ampio, punta cioè a rafforzare il sistema nel suo complesso, al di là del fatto che esiste un centro d’eccellenza: ecco perché una decina di specialisti, a titolo gratuito, ha deciso di farsi carico di questa iniziativa». Saranno dunque i pediatri dell’ospedale dei bambini a formare i farmacisti: in primis sull’educazione a un corretto uso dei medicinali nei piccoli pazienti, tenendo conto di un dato allarmante, e cioè che «oltre la metà dei farmaci comunemente usati in pediatria – afferma Del Buono – non è testato per l’utilizzo nei bambini. Entro fine anno – dice il direttore sanitario – abbiamo programmato due appuntamenti formativi: il primo è già stato tenuto da Salvatore Renna, del dipartimento di Emergenza e accettazione. Il prossimo si terrà a dicembre. Poi pensiamo di affrontare il tema delle patologie più diffuse». Le lezioni verteranno dunque sul riconoscimento delle malattie esantematiche oltre che su temi di interesse quotidiano, come la prevenzione degli incidenti domestici e le precauzioni per evitare gli avvelenamenti, le urgenze pediatriche e i programmi vaccinali. L’obiettivo è rendere sempre più strutturati questi appuntamenti, fino a garantire una conferenza ogni due mesi». Il piano vuole potenziare l’aggiornamento degli operatori a livello regionale, ma anche direttamente degli utenti, tramite adeguate campagne di comunicazione: saranno quindi gli operatori delle farmacie a diffondere le informazioni in ambito pediatrico, anche attraverso la distribuzione gratuita in ognuna delle quasi 300 sedi il magazine dell’ospedale, intitolato “Mondo Gaslini”, che contiene aggiornamenti sugli sviluppi clinici e assistenziali, oltre che della ricerca. I farmacisti, infine, faranno da sentinelle, contribuendo a monitorare quali sono le tematiche più frequenti nell’area genovese. Oltre a instaurare un canale diretto con il Gaslini, le farmacie si impegneranno a divulgare le indicazioni ricevute. Un milione alla ricerca sanitaria LIGURIA/ 2 I n Liguria è in dirittura d’arrivo il primo bando destinato alla ricerca sanitaria e biomedica. Budget previsto, un milione, stanziato dalla Regione. La delibera sarà varata dalla Giunta Burlando nelle prossime settimane. «Nel bando – precisa l’assessore alla Salute Claudio Montaldo – non saranno indicati settori specifici. L’obiettivo è sviluppare la ricerca che abbia un alto grado di trasferibilità nei processi della salute pubblica. È infatti dimostrato che il valore aggiunto della ricerca migliora anche l’attività degli ospedali». «È la prima volta – afferma Gabriella Paoli, responsabile del settore ricerca sanitaria – che la Liguria fa un bando di questo tipo e stiamo studiando quali modalità adottare per incrementare la dote regionale. Per questo cercheremo il coinvolgimento di FarminSilvia Sperandio dustria e degli industriali produttori, a esempio di tecnologie sanitarie». Il bando, previsto entro i primi mesi del 2009, definirà i criteri di eleggibilità dei progetti. «Sarà creata – spiega ancora Paoli – una commissione regionale e poi una commissione di esperti esterni». La priorità sarà data comunque ai programmi con un referente di comprovata esperienza scientifica, caratterizzati da alto grado di innovazione e trasferibilità nelle pratiche correnti, e infine che promuovano sinergie tra enti diversi. L’iniziativa si rivolge dunque alle cinque Asl liguri, agli Ircss, al Gaslini e all’Ist, all’azienda ospedaliera universitaria San Martino, all’ente Ospedali Galliera e all’ospedale Evangelico. Ogni azienda sanitaria può presentare circa 4 o al massimo 5 progetti della durata di 2 anni. Ogni proposta approvata potrà disporre di una dote tra 200mila e 400mila euro. Si.Spe. EMILIA ROMAGNA/ 1 I l contesto: un buon ospedale dell’Emilia Romagna, 1.500-1.600 parti l’anno, un gruppo di sanitari motivati, un’azienda sanitaria convinta, il Comune molto partecipe, le associazioni femminili ben presenti. In questo ambito nasceva su richiesta dell’Ausl, il 19 gennaio 2006, il “Progetto di introduzione della analgesia del travaglio di parto” presentato in collaborazione con l’Uo di Ostetricia e ginecologia, diretta da Gianfranco Gori. L’iniziativa, realizzata da anestesisti, ginecologi, personale ostetrico e infermieristico, aveva come obiettivo di garantire h24, in forma gratuita, il parto senza dolore alle donne che lo richiedessero. La prima fase ha visto coinvolto il personale del team anestesiologico e poi quello ostetrico in un percorso formativo della durata di un anno sull’analgesia epidurale. Contemporaneamente, sulla base della valutazione dell’attività prevista, veniva redatto un piano di fattibilità tale da inserire l’analgesia farmacologica nelle attività istituzionali (come fosse un Lea, poiché allora ancora non era tale, secondo il Psn), ridefinendo i carichi di lavoro e l’organizzazione interna dell’Uo di Anestesia e rianimazione. Il tutto veniva svolto cercando di Parto senza dolore garantito a Forlì L’andamento dei parti nel tempo proceduralizzare con protocolli l’attività prevalente e le situazioni limite, protocolli redatti e condivisi tra le diverse professionalità coinvolte, basati su linee guida, validate dalle società scientifiche di riferimento e secondo raccomandazioni della Commissione nascita regionale. Nel frattempo veniva anche avviato un sistema di monitoraggio del numero di procedure attuate e di veri- fica degli esiti. Dall’ottobre 2006, l’ospedale Morgagni Pierantoni di Forlì, iniziava a garantire il parto senza dolore durante le 12 ore diurne, con soli criteri clinici di inclusione delle pazienti, mentre si concludeva la formazione della restante parte dei professionisti necessari a dare un servizio sulle 24 ore, servizio che il 1˚ marzo 2007 prendeva ufficialmente piede: da quel momento ogni donna che avesse partorito a Forlì avrebbe potuto usufruire dell’analgesia epidurale. Stante però il precedente inserimento della donna stessa in un percorso informativo e valutativo gestito dagli anestesisti e dalle ostetriche, il tutto a distanza dal momento del parto (ambulatorio anestesiologico). Anche l’aspetto informativo verso l’utenza veniva garantito, con l’attiva- zione, nel 2007, di un incontro di gruppo con tutti gli specialisti della sala parto, a cadenza mensile, aperto alle gestanti, alle loro famiglie e a chiunque volesse informazioni. I dati di attività: circa 200 parti in analgesia epidurale su di un totale di circa 1.100 parti vaginali. La media di analgesie effettuate è stata quindi del 16,7% rispetto ai parti vaginali, mentre il tasso medio di parti cesarei è pari al 29,1 per cento. L’obiettivo ragionevole della Commissione nascita della Rer si attesta sul 25% dei parti vaginali. È mia convinzione che in un contesto, quale quello italiano, ove i tassi di parto cesareo sono elevatissimi, l’introduzione dell’analgesia epidurale possa contribuire alla riduzione dei cesarei stessi. Senza dubbio, inoltre, tale servizio garantisce alla donna un’ulteriore opportunità di vivere il parto serenamente quando anche la percezione del dolore dovesse produrre un’ansia e uno stress non altrimenti contenibile. Giorgio Gambale Direttore Uo Anestesia e rianimazione Ospedale “Morgagni-Pierantoni” Ausl di Forlì EMILIA ROMAGNA/ 2 L e indagini “soft” sul polmone sono una realtà clinica già da qualche tempo. In particolare è conosciuto l’utilizzo della ultrasonografia per individuare lesioni linfonodali mediastiniche, osservando in tempo reale l’ago che campiona la struttura scelta per il prelievo. Lo studio delle lesioni dei grossi vasi polmonari era però considerato possibile con indagini radiologiche o - in casi particolari - con indagini bioptiche chirurgiche. Il team della Uo di pneumo- Polmoni, l’ultrasuono scova le lesioni vascolari logia interventistica dell’Ospedale Morgagni (Forlì) ha descritto il valore della ultrasonografia endobronchiale anche nello studio dei vasi polmonari. Il lavoro è stato pubblicato in questi giorni sulla rivista “European Respiratory Journal” col titolo “Diagnosis of pulmonary thromboembolism with endobronchial ultrasound”. Primo autore è Gianluca Casoni. Lo studio è stato realizzato utilizzando l’ecografo endobronchiale (Ebus) recentemente donato dalla Fondazione Cassa dei risparmi di Forlì all’ospedale forlivese. Il report descrive l’utilizzo della ultrasonografia endobronchiale nella diagnosi differenziale tra tromboembolia polmonare e sarcoma della arteria polmonare. Di solito la diagnosi di tromboembolia polmonare av- viene facilmente e in sicurezza con la angioTac. Nel caso oggetto dello studio, ci si trovava di fronte a una condizione clinica molto particolare. Un giovane presentava una lesione difficilmente interpretabile con la sola Tac (semplice tromboembolia o raro tumore maligno della parete della arteria polmonare?). Normalmente la diagnosi differenziale definitiva avrebbe previsto una biopsia chirurgica, procedura alquanto invasiva, soprattutto se la diagnosi finale fosse stata di lesione non neoplastica. L’ultrasonografia endobronchiale ha così permesso di vedere, senza essere invasivi, ma ottenendo lo stesso risultato, quello che i cardiologi vedono con l’ecocardiografia in sedi anatomiche differenti e fino a oggi ritenute più facilmente rag- giungibili. L’utilizzo della nuova apparecchiatura ha comportato, e anche lo studio appena pubblicato lo dimostra, una riduzione fortissima degli errori con un aumento della sensibilità diagnostica, soprattutto nelle lesioni di piccoli dimensioni o nelle lesioni poste in sedi difficilmente accessibili. Venerino Poletti Direttore Uo Pneumologia interventistica “Morgagni-Pierantoni” - Forlì