arte e cultura per creare sviluppo
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arte e cultura per creare sviluppo
ARTE E CULTURA PER CREARE SVILUPPO Una funzione del Dottore Commercialista beni artistici e opportunità di business Titolo capitolo 2 Presentazione I lavori del Congresso Nazionale ADC, ospitati a Torino il 15 e 16 novembre 2011, ci hanno fornito lo spunto per pensare e – con il fattivo contributo dei Colleghi Componenti il Gruppo di Studio dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Torino – di realizzare una pubblicazione dedicata all’arte e alla cultura, analizzando ed evidenziando la funzione del Dottore Commercialista quale Professionista di riferimento a tutto tondo nonché la valutazione dell’arte quale bene rifugio e opportunità di business. Riteniamo infatti importante “sdoganare”, nel comune pensiero, la figura del Dottore Commercialista che, soprattutto in tempi di crisi, deve essere in grado di sapersi reinventare sul libero mercato. La pubblicazione ha recepito le novità normative intervenute negli ultimi mesi e ve la proponiamo ora, in versione aggiornata e d’attualità. Un ringraziamento doveroso e sentito va infine ad EUTEKNE, Ente Strumentale di Categoria, che ha curato l’attività redazionale del Volume. Buona lettura. Novembre 2012 Vilma Iaria Aldo Milanese 3 Introduzione 4 Introduzione I l mio rapporto professionale con il mondo dell’Arte si differenzia da quello di altri colleghi che si occupano dello studio e della soluzione dei problemi del settore che, nella loro complessità, forniscono innumerevoli occasioni di lavoro, ad esempio, in materia di Diritto di seguito, Diritto d’autore fiscalità diretta ed indiretta. Molti di questi problemi potrebbero essere superati se esistesse, nella pubblica opinione e quindi a livello normativo, la consapevolezza dei benefici che una più attenta gestione dei beni e degli eventi culturali potrebbe portare all’economia italiana. Basterebbe uniformarsi a quanto avviene in altri Paesi europei in tema di aliquote IVA, (in Francia e Germania sono mediamente inferiori del 50% rispetto alle nostre), di trattamento fiscale dei contributi e delle sponsorizzazioni, di assolvimento dell’imposta di successione mediante dazione allo Stato di opere d’arte da parte degli eredi. Limitandoci a questo ultimo aspetto è noto che in Francia, Stati Uniti, Germania e Spagna esistono musei che espongono grandiose collezioni di opere di Impressionisti, Cubisti, Surrealisti, Pop Art provenienti dal pagamento di imposte di successione, il cui valore è enormemente cresciuto negli anni, ricompensando ampiamente quei Paesi dei sacrifici sopportati per la mancata monetizzazione delle pretese fiscali. In Italia i timidi tentativi in questa direzione non hanno portato a risultati significativi. Manca la cultura e la volontà politica per rovesciare la convinzione diffusa che i beni e le iniziative culturali sono un problema piuttosto che una risorsa. Mancano iniziative a sostegno del sistema arte nel suo complesso con l’inevitabile conseguenza, che i molti bravi artisti e galleristi che svolgono nel mondo un lavoro egregio, a livello internazionale, sono poco conosciuti. La passione per l’arte contemporanea, coltivata fin da giovane, mi ha permesso di entrare in contatto con le diverse realtà di questo mondo, artisti, galleristi, eventi ed associazioni culturali, fino a darmi l’occasione di gestire direttamente un evento che richiede un mix di competenze professionali, gestionali e, non ultimo, una certa conoscenza del settore. La mia esperienza, molto stimolante, è iniziata nel 2007 quando, per conto della Fondazione Torino Musei ho assunto l’incarico di amministratore unico di Artissima srl, società che organizza “Artissima - Internazionale d’Arte Contemporanea a Torino”, una fiera di Arte contemporanea che si svolge annualmente, nel mese di novembre, all’Oval, padiglione di particolare pregio architettonico, realizzato in occasione dei Giochi Olimpici Invernali di Torino 2006. Il marchio “Artissima” è di proprietà degli enti locali (Regione Piemonte, Provincia di Torino e Città di Torino) che hanno affidato alla Fondazione Torino Musei il mandato a gestire la manifestazione con il preciso compito di farla diven5 Introduzione tare, oltre che un appuntamento di carattere commerciale, un evento culturale capace di catturare l’interesse di collezionisti, appassionati e curiosi ed indurli a raggiungere Torino in occasione del “Week-end delle Arti contemporanee”. Le Fiere di arte contemporanea sono un fenomeno in forte espansione, soprattutto nei paesi emergenti ed in estremo oriente (Marocco, Messico, Turchia, Brasile, India, Cina, Singapore, Hong Kong); limitando l’angolo di osservazione al periodo autunnale in cui si svolge Artissima si rileva che, da settembre a dicembre, aprono nel mondo 31 fiere d’arte in 13 settimane (nelle ultime tre di dicembre è sospesa ogni attività), con inevitabili sovrapposizioni di impegni per i galleristi e di proposte per i collezionisti. In tale arco temporale si svolgono tre fra i principali eventi del calendario internazionale, appuntamenti imperdibili per chi è interessato alla materia, e precisamente “Freeze Art Fair” a Londra e “FIAC” a Parigi in ottobre, “Art Basel Miami Beach” a Miami in dicembre. Ci sono poi molte iniziative locali, fra le quali ben 5 in Italia (Verona, Roma, Piacenza, Reggio Emilia, Padova). Considerato che il periodo gennaio/luglio non è meno denso di eventi e che le gallerie, per motivi logistici ed economici, mediamente non possono partecipare a più di 3 fiere all’anno, è evidente che la concorrenza è molto forte e che la crescita di Artissima è affidata alla peculiarità delle sue proposte che la rendono unica in Italia. Fin dal 2006, infatti, i Direttori artistici, prima Andrea Bellini e poi Francesco Manacorda (entrambi dopo l’esperienza a Torino sono stati chiamati a dirigere prestigiose Istituzioni pubbliche italiane ed estere, il primo il Castello di Rivoli e poi il Centre d’art contemporain di Ginevra ed il secondo la Tate di Liverpool) e l’attuale direttore Sarah Cosulich, che ha assunto l’incarico nel mese di marzo 2012, si sono posti l’obiettivo di farla diventare un osservatorio privilegiato sulla migliore ricerca nel campo delle arti visive contemporanee, rivolgendosi prevalentemente alle gallerie ed agli artisti giovani, con particolare interesse alle proposte provenienti dall’estero, non per una acritica esterofilia ma per consentire di vedere in Italia il meglio della produzione artistica straniera. Fondamentale, in questo contesto fortemente competitivo è stata la scelta di affiancare alla pura iniziativa fieristica un programma curatoriale in stretto rapporto di complementarietà con essa. I direttori artistici hanno, di volta in volta, dialogato con musei, teatri ed altre istituzioni cittadine producendo eventi che hanno spaziato dalla Musica alla Letteratura ed organizzando manifestazioni finalizzate alla riscoperta di percorsi artistici e protagonisti della cultura immeritatamente caduti nel dimenticatoio. Questo sforzo è stato riconosciuto da operatori di grande prestigio nel panorama economico nazionale (Unicredit, Illy, Fiat, Iren) che, a vario titolo, sponsorizzano la fiera. Ad ogni edizione si è cercato di richiamare l’interesse dei visitatori rinnovando il percorso espositivo ed allargando le proposte di condivisione ed interazione con altre discipline (cinema, musica, gastronomia) sempre finalizzate ad esaltarne i contenuti culturali per stimolare anche coloro che non sono dotati di particolare sensibilità al riguardo e per contrastare alcune delle critiche che, con frequenza, vengono rivolte all’arte contemporanea ed ai suoi protagonisti (artisti, critici, 6 Introduzione galleristi e collezionisti) accusati di autoreferenzialità, narcisismo e di scelte elitarie da addetti ai lavori. Lo sforzo necessario per abbattere questi pregiudizi, in parte infondati, è molto intenso e non serve ricordare che tutta l’arte è stata contemporanea nel corso dei secoli, anche quella di Michelangelo, di Caravaggio, di Van Gogh e degli Impressionisti, che non furono risparmiati dalle critiche, anche feroci, e dall’ostracismo dei loro contemporanei. Il mondo dell’arte si è in parte adeguato alle esigenze della globalizzazione e della comunicazione commerciale (televendite, internet etc.) usando metodi che, in molti casi, sono utili per vendere prodotti di largo consumo ma un po’ meno per diffondere proposte culturali. Questo crea confusione e non facilita il lavoro di chi utilizza percorsi più classici, che presuppongono formazione, passione e dedizione, doti di cui inevitabilmente è sprovvisto il vasto pubblico. L’eccesso di offerta rende più complesse, ma anche più stimolanti, le scelte essendo certo che fra gli artisti di oggi ci sono i Picasso di domani, così come è altrettanto certo che la maggior parte delle proposte attuali non finiranno nei libri di storia dell’arte. La ricerca di stimoli di riflessione è l’obiettivo di Artissima che, allo scopo di accrescere l’interesse dei non addetti ai lavori, persegue la realizzazione di collegamenti ed occasioni di interazione con il vasto pubblico. Una indagine svolta in occasione di Artissima 2011 dalla Fondazione Fitzcarraldo, in collaborazione con la Camera di Commercio di Torino, ha rilevato un vasto interesse per l’argomento Arte nella popolazione più giovane, con una leggera prevalenza del pubblico femminile (53%). Dalla stessa indagine è emerso che, nel Week end delle Arti contemporanee, circa 125.000 persone hanno visitato gli eventi proposti in Città (oltre ad Artissima, che rappresenta il clou, si sono svolte in contemporanea Paratissima, The Others, Paradesign, Operae, MeetDesign). La maggior parte del pubblico proviene dall’area metropolitana (64%) a dimostrazione di come una città d’arte e cultura sia apprezzata innanzitutto dai suoi abitanti; il 36% proviene da fuori città; il 20% da altre regioni ed il 6% arriva dall’estero. Il volume di affari indotto è stato stimato in circa 3,8 milioni di euro di cui: €. 840.000,00 per soggiorni in hotel €. 1.270.000,00 per ristoranti €. 600.000,00 per trasporti €. 560.000,00 per shopping €. 530.000,00 per tempo libero. Dalle risultanze dell’indagine citata si deduce che, per ogni euro investito dalle Istituzioni – oltre che dagli enti locali proprietari del marchio, Artissima riceve contributi dalla “Compagnia di San Paolo”, dalla “Fondazione per l’arte Moderna e Contemporanea CRT” e dalla “Camera di Commercio di Torino” – la ricaduta economica sulla città ammonta a circa 4 euro, senza considerare gli affari conclusi in Fiera dei quali non è possibile avere dati affidabili. È però ragionevole pensare che gli operatori mediamente riescano almeno a coprire i 7 Introduzione costi diretti ed indiretti di partecipazione alla Fiera e che quindi realizzino un volume di vendite minimo di 1,5 - 2 milioni di euro. Al riguardo giova rilevare che annualmente la “Fondazione per l’arte Moderna e Contemporanea CRT”, oltre al contributo già citato, stanzia una somma variabile, ma sempre significativa, per l’acquisto in Fiera di opere destinate alla sua collezione, che saranno poi affidate in comodato alla Galleria d’Arte Moderna (Museo civico della Città di Torino) ed al Castello di Rivoli. Nel valutare i dati economici citati occorre tener presente che Artissima (giunta alla XVIII edizione nel 2011) gestisce anche iniziative esterne alla Fiera. Nel Quadrilatero, centro storico della Città, si realizzano, nell’ambito del progetto denominato “Artissima Lido”, mostre ed installazioni che mirano, anch’esse, a creare l’occasione per lo scambio di esperienze e confronto fra l’arte ed i cittadini. Nei giorni della Fiera vengono ospitati giornalisti, collezionisti, curatori ed operatori del settore per i quali si organizzano visite ai monumenti ed alle istituzioni, comprese escursioni sempre molto apprezzate nelle Langhe ed in altre zone di particolare pregio turistico. La Fiera è diventata, nel corso degli anni, un evento trainante per manifestazioni collaterali indipendenti e non collegate fra loro, quali Paratissima (che ha contribuito a rendere il quartiere di San Salvario uno dei più frequentati dai giovani), The Others, che si svolge nell’ex stabilimento penitenziario “Le Nuove” e, dal 2012, Photissima. Nella prima decade di novembre si realizza, ogni anno, una concomitanza di eventi che, insieme a Luci d’Artista, allestite dal Comune ed accese in concomitanza con l’apertura della fiera, contribuiscono a rendere Torino una meta molto attraente per i turisti ed irrinunciabile per gli appassionati di arte contemporanea. In conclusione Artissima è riconosciuta dagli operatori del settore come uno degli eventi di maggiore richiamo nel panorama artistico nazionale, che contribuisce a diffondere la conoscenza di Torino nel mondo. Per il raggiungimento di tale traguardo è fondamentale il concreto sostegno degli Enti e delle Istituzioni locali, pubbliche e private, che, anche in questo periodo di grave crisi economica, hanno supportato l’evento in controtendenza rispetto alla diffusa convinzione che con la cultura non si mangia. In questo contesto il mio impegno professionale si è rivolto al coordinamento gestionale, organizzativo, amministrativo e funzionale della manifestazione, senza ingerenze nei suoi contenuti culturali, di stretta competenza della Direzione artistica; mi sono comunque sempre sforzato di fornire un modesto contributo aggiuntivo derivante dalla appassionata frequentazione extraprofessionale del mondo artistico. Novembre 2012 Giuseppe Coppa Amministratore Unico Artissima 8 La revisione legale nelle PMI INDICE Presentazione VILMA IARIA E ALDO MILANESE 3 Introduzione GIUSEPPE COPPA 5 PARTE I ANALISI CAPITOLO I I beni di interesse culturale BEATRICE RAMASCO 13 CAPITOLO II “Un vincolo è qualsiasi condizione che limita il moto di un corpo” BEATRICE RAMASCO 19 CAPITOLO III Il diritto di seguito (droit de suite) ANDREA NANO 23 CAPITOLO IV La disciplina delle opere d’arte nel reddito di lavoro autonomo LUCA FORNERO 27 CAPITOLO V La disciplina delle opere d’arte nel reddito di impresa in generale PAMELA ALBERTI 33 CAPITOLO VI I profili fiscali delle sponsorizzazioni LUCIA STAROLA 39 CAPITOLO VII I profili fiscali degli immobili “vincolati” PAMELA ALBERTI E ARIANNA ZENI 55 CAPITOLO VIII Il monitoraggio fiscale (modulo RW) SALVATORE SANNA 73 9 Indice CAPITOLO IX Il “redditometro” ALFIO CISSELLO 87 CAPITOLO X L’applicazione delle imposte di successione e donazione ANITA MAURO 97 CAPITOLO XI Le agevolazioni tributarie PAMELA ALBERTI 107 PARTE II ALLEGATI Fac simile richiesta a consuntivo di contributi ministeriali in conto capitale 131 Fac simile richiesta a preventivo di contributi ministeriali in conto interessi 139 10 Titolo libro ANALISI 1 Titolo capitolo 2 I commercialisti e l’arte CAPITOLO I I BENI DI INTERESSE CULTURALE BEATRICE RAMASCO 1 Premessa La Costituzione Italiana, art 9: “la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica, tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. La tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale concorrono a preservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio e a promuovere lo sviluppo della cultura. Lo Stato e i privati proprietari, possessori o detentori di beni appartenenti al patrimonio culturale, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, sono tenuti a garantirne la conservazione. Le attività concernenti la conservazione, la fruizione e la valorizzazione del patrimonio culturale sono svolte in conformità alla normativa di tutela (DLgs. 22.1.2004 n. 42 “codice dei beni culturali e del paesaggio”). 2 Che cosa è il patrimonio culturale? Il patrimonio culturale è costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici. Sono beni culturali le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà. Sono beni paesaggistici gli immobili e le aree indicati all’art. 134, costituenti espressione dei valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio, e gli altri beni individuati dalla legge o in base alla legge. 3 In che cosa consiste la tutela del patrimonio culturale? La tutela consiste nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette, sulla base di un’adeguata attività conoscitiva, ad individuare i beni costituenti il patrimonio culturale ed a garantirne la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione. L’esercizio delle funzioni di tutela si esplica anche attraverso provvedimenti volti a conformare e regolare diritti e comportamenti inerenti al patrimonio culturale. 4 In che cosa consiste la valorizzazione del patrimonio culturale? La valorizzazione consiste nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle 13 Cap. I - I beni di interesse culturale attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso, anche da parte delle persone diversamente abili, al fine di promuovere lo sviluppo della cultura. Essa comprende anche la promozione ed il sostegno degli interventi di conservazione del patrimonio culturale. In riferimento al paesaggio, la valorizzazione comprende altresì la riqualificazione degli immobili e delle aree sottoposti a tutela compromessi o degradati, ovvero la realizzazione di nuovi valori paesaggistici coerenti ed integrati. La valorizzazione è attuata in forme compatibili con la tutela e tali da non pregiudicarne le esigenze. La Repubblica favorisce e sostiene la partecipazione dei soggetti privati, singoli o associati, alla valorizzazione del patrimonio culturale. 5 Chi regola la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale? Il Ministero, le Regioni e gli altri enti pubblici territoriali perseguono il coordinamento, l’armonizzazione e l’integrazione delle attività di valorizzazione dei beni pubblici. Per i beni culturali di interesse religioso appartenenti ad enti ed istituzioni della Chiesa cattolica o di altre confessioni religiose, il Ministero e, per quanto di competenza, le Regioni provvedono, relativamente alle esigenze di culto, d’accordo con le rispettive autorità. 6 Quali sono e in che cosa consistono i beni culturali oggetto della tutela? Sono beni culturali le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle Regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico. Sono inoltre beni culturali: le raccolte di musei, pinacoteche, gallerie e altri luoghi espositivi dello Stato, delle Regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente ed istituto pubblico; gli archivi e i singoli documenti dello Stato, delle Regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente ed istituto pubblico; le raccolte librarie delle biblioteche dello Stato, delle Regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente e istituto pubblico, ad eccezione delle raccolte che assolvono alle funzioni delle biblioteche indicate all’art. 47 co. 2 del DPR 24.7.77 n. 616. Sono altresì beni culturali, quando sia intervenuta la dichiarazione di interesse artistico: le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmente importante, appartenenti a soggetti privati; 14 I commercialisti e l’arte gli archivi e i singoli documenti, appartenenti a privati, che rivestono interesse storico particolarmente importante; le raccolte librarie, appartenenti a privati, di eccezionale interesse culturale; le cose immobili e mobili, a chiunque appartenenti, che rivestono un interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell’arte, della scienza, della tecnica, dell’industria e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell’identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose; le collezioni o serie di oggetti, a chiunque appartenenti che, per tradizione, fama e particolari caratteristiche ambientali, ovvero per rilevanza artistica, storica, archeologica, numismatica o etnoantropologica rivestano come complesso un eccezionale interesse. Sono ricomprese tra le cose indicate ai punti precedenti: le cose che interessano la paleontologia, la preistoria e le primitive civiltà; le cose di interesse numismatico che, in rapporto all’epoca, alle tecniche e ai materiali di produzione, nonché al contesto di riferimento, abbiano carattere di rarità o di pregio; i manoscritti, gli autografi, i carteggi, gli incunaboli, nonché i libri, le stampe e le incisioni, con relative matrici, aventi carattere di rarità e di pregio; le carte geografiche e gli spartiti musicali aventi carattere di rarità e di pregio; le fotografie, con relativi negativi e matrici, le pellicole cinematografiche ed i supporti audiovisivi in genere, aventi carattere di rarità e di pregio; le ville, i parchi e i giardini che abbiano interesse artistico o storico; le pubbliche piazze, vie, strade e altri spazi aperti urbani di interesse artistico o storico; i siti minerari di interesse storico od etnoantropologico; le navi e i galleggianti aventi interesse artistico, storico od etnoantropologico; le architetture rurali aventi interesse storico od etnoantropologico quali testimonianze dell’economia rurale tradizionale. Non sono soggette alla tutela le cose che siano opera di autore vivente o la cui esecuzione non risalga ad oltre cinquanta anni. In particolare sono assoggettate alle disposizioni espressamente richiamate le seguenti tipologie di cose: gli affreschi, gli stemmi, i graffiti, le lapidi, le iscrizioni, i tabernacoli ed altri elementi decorativi di edifici, esposti o non alla pubblica vista; gli studi d’artista; le aree pubbliche; le opere di pittura, di scultura, di grafica e qualsiasi oggetto d’arte di autore vivente o la cui esecuzione non risalga ad oltre cinquanta anni; le opere dell’architettura contemporanea di particolare valore artistico; 15 Cap. I - I beni di interesse culturale le fotografie, con relativi negativi e matrici, gli esemplari di opere cinematografiche, audiovisive o di sequenze di immagini in movimento, le documentazioni di manifestazioni, sonore o verbali, comunque realizzate, la cui produzione risalga ad oltre venticinque anni; i mezzi di trasporto aventi più di settantacinque anni; i beni e gli strumenti di interesse per la storia della scienza e della tecnica aventi più di cinquanta anni; le vestigia individuate dalla vigente normativa in materia di tutela del patrimonio storico della Prima guerra mondiale. 7 Come e chi verifica l’interesse culturale? Le cose immobili e mobili che siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre cinquanta anni, sono sottoposte alle disposizioni della tutela fino a quando non sia stata effettuata la verifica dai competenti organi del Ministero, d’ufficio o su richiesta formulata dai soggetti cui le cose appartengono e corredata dai relativi dati conoscitivi, verificano la sussistenza dell’interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico nelle cose sulla base di indirizzi di carattere generale stabiliti dal Ministero medesimo al fine di assicurare uniformità di valutazione. Qualora nelle cose sottoposte a schedatura non sia stato riscontrato l’interesse le cose medesime sono escluse dall’applicazione della tutela. L’accertamento dell’interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico, effettuato in conformità agli indirizzi generali costituisce dichiarazione di vincolo ed il relativo provvedimento è trascritto. Il vincolo si applica alle cose anche qualora i soggetti cui esse appartengono mutino in qualunque modo la loro natura giuridica. 8 Che cos’è la dichiarazione dell’interesse culturale 1. La dichiarazione accerta la sussistenza, nella cosa che ne forma oggetto, dell’interesse richiesto dall’art. 10 co. 3. 2. La dichiarazione non è richiesta per i beni di cui all’art. 10 co. 2. Tali beni rimangono sottoposti a tutela anche qualora i soggetti cui essi appartengono mutino in qualunque modo la loro natura giuridica. 9 Quale è il procedimento di dichiarazione? Il Soprintendente avvia il procedimento per la dichiarazione dell’interesse culturale, anche su motivata richiesta della regione e di ogni altro ente territoriale interessato, dandone comunicazione al proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo della cosa che ne forma oggetto. La comunicazione contiene gli elementi di identificazione e di valutazione della cosa risultanti dalle prime indagini, l’indicazione degli effetti previsti dal co. 4, nonché l’indicazione del termine, comunque non inferiore a trenta giorni, per la presentazione di eventuali osservazioni. 16 I commercialisti e l’arte Se il procedimento riguarda complessi immobiliari, la comunicazione è inviata anche al comune e alla città metropolitana. La comunicazione comporta l’applicazione, in via cautelare, delle disposizioni previste dal Capo II, dalla sezione I del Capo III e dalla sezione I del Capo IV del presente Titolo. Gli effetti indicati al co. 4 cessano alla scadenza del termine del procedimento di dichiarazione, che il Ministero stabilisce ai sensi delle vigenti disposizioni di legge in materia di procedimento amministrativo. La dichiarazione dell’interesse culturale è adottata dal Ministero. 10 Quali le modalità di notifica della dichiarazione? La dichiarazione prevista dall’art. 13 è notificata al proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo della cosa che ne forma oggetto, tramite messo comunale o a mezzo posta raccomandata con avviso di ricevimento. Ove si tratti di cose soggette a pubblicità immobiliare o mobiliare, il provvedimento di dichiarazione è trascritto, su richiesta del soprintendente, nei relativi registri ed ha efficacia nei confronti di ogni successivo proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo. Dei beni dichiarati il Ministero forma e conserva un apposito elenco, anche su supporto informatico. 11 Possibilità di ricorso amministrativo avverso la dichiarazione? Avverso il provvedimento conclusivo della verifica di cui all’art. 12 o la dichiarazione di cui all’art. 13 è ammesso ricorso al Ministero, per motivi di legittimità e di merito, entro trenta giorni dalla notifica della dichiarazione. La proposizione del ricorso comporta la sospensione degli effetti del provvedimento impugnato. Il Ministero, sentito il competente organo consultivo, decide sul ricorso entro il termine di novanta giorni dalla presentazione dello stesso. Il Ministero, qualora accolga il ricorso, annulla o riforma l’atto impugnato. Si applicano le disposizioni del DPR 24.11.71 n. 1199. 17 Cap. I - I beni di interesse culturale 18 I commercialisti e l’arte CAPITOLO II “UN VINCOLO È QUALSIASI CONDIZIONE CHE LIMITA IL MOTO DI UN CORPO” BEATRICE RAMASCO Il vincolo culturale è un limite di diritto pubblico alla proprietà privata, di natura reale e fondato su un provvedimento amministrativo. I limiti in questione sono giustificati dall’esigenza di soddisfare un interesse della collettività (dunque un interesse pubblico), che consiste nella conservazione dei beni e nella loro fruizione, ossia nel loro godimento. È per questo che infatti il vincolo culturale è da considerarsi di diritto pubblico. Il vincolo culturale è inoltre “reale” poiché, successivamente al provvedimento amministrativo, un bene viene dichiarato culturale indipendentemente dal proprietario-possessore e da eventuali successiva alienazioni del bene. Il provvedimento amministrativo con il quale si assoggetta un bene a vincolo culturale è infine la “dichiarazione di interesse storico-artistico”. In base all’art. 14 del codice dei beni culturali le soprintendenze di settore avviano, secondo le rispettive competenze, il procedimento di dichiarazione dell’interesse culturale di cui all’art. 13 dello stesso codice dei beni culturali. La proposta è sottoposta alla direzione regionale che, dopo le procedure di rito, emana il relativo decreto di dichiarazione dell’interesse culturale del bene di proprietà privata di cui all’art. 10 del predetto codice, sottoponendo così il bene privato ai “vincoli” di tutela dettati dalla normativa. Tutte le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle Regioni, agli enti o istituti pubblici, alle persone giuridiche private senza fini di lucro che siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre cinquanta anni, sono soggette al codice dei beni culturali e non possono essere alienate (art. 54 co. 2) fino a conclusione del procedimento di verifica. Lo Stato, le Regioni, gli enti o istituti pubblici, le persone giuridiche private senza fini di lucro possono richiedere ai sensi del codice dei beni culturali (art. 12) la verifica dell’interesse culturale del patrimonio immobiliare secondo le procedure previste dal D.D.G. 6.2.2004 come modificato con D.D.G. 28.2.2005 (enti pubblici), dal D.D.G. 25.1.2005 (persone giuridiche private senza fini di lucro), dall’Accordo MiBAC/CEI 8.3.2005 (Chiesa Cattolica), dal Protocollo d’Intesa MiBAC/Agenzia del Demanio 2.3.2006. Il DLgs. 42/2004 ha introdotto una procedura standardizzata per la raccolta dei dati attraverso un sistema informatico nazionale accessibile al sito http://www.benitutelati.it/ che prevede la compilazione di schede da parte dell’ente richiedente secondo modalità stabilite da intese da sottoscrivere con la direzione regionale. 19 Cap. II - “Un vincolo è qualsiasi condizione che limita il moto di un corpo” Il settore dedicato ai vincoli ed alle alienazioni cura e aggiorna l’Archivio dei provvedimenti di tutela emessi ai sensi del DLgs. 22.01.2004 n. 42 (codice dei beni culturali). Il settore cura la redazione e la trasmissione alla direzione regionale della pratica istruttoria propedeutica all’avvio del procedimento, come disposto dalla L. 241/90. Tale pratica consiste in una relazione storico-artistica, corredata da documentazione grafica, fotografica e catastale, e in una bozza di decreto di vincolo. Dopo l’esame e la firma del direttore regionale, delegato in materia, il decreto di vincolo, a cura della Soprintendenza, viene notificato ai proprietari/possessori tramite l’ufficio Messi del Comune di residenza. Dopo la notifica, il decreto viene trascritto presso l’ufficio della Conservatoria competente per territorio affinché l’azione di tutela possa essere esercitata, anche in occasione dei passaggi di proprietà. L’ufficio vincoli cura inoltre l’aggiornamento dell’elenco degli immobili sottoposti a vincolo, in osservanza del disposto della L. 241/90. Il settore è preposto anche al rilascio di dichiarazioni di esistenza o inesistenza di vincoli, previo inoltro di istanza in bollo da parte dell’interessato. L’alienazione degli immobili sottoposti a vincolo è regolata dall’art. 59 del DLgs. 42/2004 per quanto attiene i beni di proprietà privata e dall’art. 56 per i beni di proprietà degli enti. Per gli atti di alienazione di beni storico artistici di proprietà privata il proprietario è tenuto, entro 30 giorni, a denunziare ogni atto, a titolo oneroso o gratuito, che ne trasmetta in tutto o in parte, la proprietà o la detenzione. La denuncia viene presentata alla soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici. La denuncia contiene: i dati identificativi dell’alienante e dell’acquirente; i dati identificativi dei beni; l’indicazione del luogo ove si trovano i beni; indicazione del domicilio in Italia delle parti ai fini delle eventuali comunicazioni. Ove mancasse anche uno di questi elementi la denuncia si considera incompleta e imprecisa. La Soprintendenza, a seguito della denuncia pervenuta: 1) verifica i tempi d’inoltro e regolarità degli eventuali pregressi passaggi di proprietà, di cui al disposto di cui all’art. 59 ss. del DLgs. 42/2004; 2) trasmette l’atto alla direzione regionale unitamente al proprio parere in merito all’eventuale esercizio del diritto di prelazione da parte del Ministero per i Beni e le Attività culturali, informando contestualmente gli enti territoriali (Regione, Provincia, Comune) affinché intervengano nel procedimento, qualora interessati. Per le autorizzazioni ad alienare (art. 56) i beni immobili di proprietà degli enti 20 I commercialisti e l’arte (sottoposti al disposto DLgs. 42/2004 come modificato dal DLgs. 26.3.2008 n. 62) sarà cura degli enti medesimi (Regioni, Province, Comuni, persone giuridiche private senza fine di lucro, ecc.) far pervenire la richiesta, corredata della documentazione, direttamente alla direzione regionale che rilascerà l’autorizzazione all’alienazione dell’immobile. A seguito del rilascio di tale autorizzazione, gli enti di cui sopra potranno procedere all’alienazione trasmettendo la denuncia del passaggio di proprietà per gli adempimenti di legge. 21 Cap. II - “Un vincolo è qualsiasi condizione che limita il moto di un corpo” 22 I commercialisti e l’arte CAPITOLO III IL DIRITTO DI SEGUITO (DROIT DE SUITE) ANDREA NANO 1 Premessa La vendita delle proprie opere è, dopo la creazione, una delle situazioni di maggior interesse per qualsiasi artista. Con l’istituzione del diritto di seguito (droit de suite) si è concretizzato un aspetto di indubbio interesse da ricondursi alle varie transazioni economiche cui l’opera andrà soggetta e più precisamente è il diritto spettante all’autore/eredi a percepire una percentuale sul prezzo di vendita delle proprie opere in seguito alle vendite successive alla prima. Istituito in Francia verso i primi anni ’20 venne accolto in Germania nel 1965 e poi esteso alla Comunità europea nel 2006, causando non poche polemiche. Londra ,per esempio, si è opposta temendo una perdita di una quota di mercato in favore di New York, dove questa misura non è stata recepita. In Svizzera ed Austria è stata rifiutata. In Italia è stato introdotto con il DLgs. 13.2.2006 n. 118 “Attuazione della direttiva 200/84/CE, relativa al diritto dell’autore di un’opera d’arte sulle successive vendite dell’originale”, pubblicato nella G.U. serie generale 25.3.2006 n. 71 ed è entrata in vigore dal 9.4.2006. Nel decreto si cita come opere d’arte “… le creazioni originali dell’artista, come quadri, collages, dipinti, disegni, incisioni, stampe, litografie, sculture, arazzi, ceramiche, opere in vetro, fotografie ed esemplari considerati come opere d’arte e originali, nonché manoscritti. Vengono contemplate anche le opere d’arte figurative prodotte in numero limitato dall’autore stesso o sotto la sua autorità, purché numerate, firmate e debitamente autorizzate dall’autore”. Il diritto viene applicato, quindi, alle opere d’arte figurative che, a differenza di quelle musicali o letterarie, non hanno la possibilità di essere sfruttate successivamente. Infatti l’artista che ha venduto la sua opera originale non la potrà più sfruttare. L’introduzione del diritto dà la possibilità all’artista di seguire le vendite del proprio lavoro e percepirne un corrispettivo. 2 Operazioni assoggettate al droit de suite Si intendono assoggettati al diritto le vendite di opere effettuate da professionisti del mercato dell’arte, che possono intervenire sia come venditori, sia come acquirenti che come intermediari (ovvero gallerie, case d’aste o mercanti d’arte). Il diritto non si applica se il venditore ha acquistato direttamente l’opera dall’autore nei 3 anni precedenti la vendita ed il prezzo di questa non supera i 10.000,00 euro. Qualora il venditore non produca prove contrarie la vendita si presume effettuata 23 Cap. III - Il diritto di seguito (droit de suite) oltre i 3 anni. Non si paga in caso di transazione tra privati e tra privati e museo (senza mediazione di professionisti). 3 Come si applica Il diritto di seguito si calcola sul prezzo di vendita al netto delle imposte seguendo lo schema sotto evidenziato: 4% per prezzi fino a 50.000,00 euro 3% per parte di prezzo tra 50.000,01 e 200.000,00 euro 1% per parte di prezzo tra 200.000,01 e 350.000,00 euro 0,5% per parte di prezzo tra 350.000,01 e 500.000,00 euro 0,25% per parte la parte di prezzo oltre i 500.000,00 euro L’importo totale del diritto non può essere, comunque, superiore ai 12.500,00 euro. La dichiarazione di cessione ed il relativo compenso per tutte le vendite successive alla prima sono a carico del venditore. 4 A chi spetta il diritto Sono beneficiari del diritto di seguito gli autori italiani o quelli stranieri abitualmente residenti in Italia; gli autori della Comunità Europea; per gli autori extracomunitari il compenso viene riconosciuto a condizione di reciprocità. Il diritto spetta, oltre all’autore, anche ai suoi eredi entro il sesto grado; in mancanza di questi il compenso viene devoluto all’ENAP. La tutela del diritto spetta per tutta la vita dell’autore e per settant’anni dopo la sua morte. Il diritto è inalienabile e non può essere oggetto di rinuncia nemmeno preventiva. 5 Come avviene la riscossione L’ente che si occupa della riscossione del diritto di seguito è la SIAE. Attraverso il sito (www.siae.it) la SIAE offre la possibilità di usufruire di un servizio on line attraverso il quale è possibile effettuare la formazione e lo scambio di atti quali la denuncia della vendita tramite dichiarazione (da parte dell’operatore professionale) ed il rilascio (da parte di SIAE) di apposito documento attestante l’avvenuto ricevimento della dichiarazione stessa. Compilando e sottoscrivendo una copia dell’accordo, gli operatori professionali possono inviare la documentazione con una raccomandata con avviso di ricevimento a SIAE Direzione Generale Sezione OLAF - Diritto di seguito Via della letteratura n. 30 00144 ROMA. L’ufficio, ricevuta la documentazione, farà controlli e verifiche identificative prima del rilascio dell’autorizzazione necessaria all’accesso dello stesso servizio on line. Completata la verifica verranno comunicate le credenziali di accesso al servizio (codice utente e password). La dichiarazione può essere anche effettuata in forma scritta, attraverso la compilazione del modello DDS01 e la consegna agli uffici SIAE di zona. Successivamente si deve procedere al pagamento entro 90 giorni dalla data del24 I commercialisti e l’arte la transazione con le diverse modalità: MAV bancario, carta di credito o Bonifico bancario. La SIAE comunica agli aventi diritto il compenso ricevuto al netto della propria provvigione (la cui misura è determinata dal Ministero per i Beni e le Attività culturali). Per un periodo di 5 anni la SIAE rende pubblico (sul sito) l’elenco degli aventi diritto che non hanno ancora rivendicato il corrispettivo. Decorso il periodo senza rivendicazione questi vengono devoluti all’ENAP. 6 Sanzioni La SIAE si occupa del rispetto della corretta applicazione del diritto di seguito. L’operatore professionale ha l’obbligo di fornire su richiesta l’esibizione della documentazione relativa alla vendita per un periodo di 3 anni successivi alla vendita. Il mancato adempimento degli obblighi relativi prevede una sanzione amministrativa da 1034,00 a 5.165,00 euro e fino alla sospensione dell’attività da sei mesi ad un anno. 25 Cap. III - Il diritto di seguito (droit de suite) 26 I commercialisti e l’arte CAPITOLO IV LA DISCIPLINA DELLE OPERE D’ARTE NEL REDDITO DI LAVORO AUTONOMO LUCA FORNERO 1 Premessa A differenza di quanto accade con riferimento al reddito d’impresa, nell’ambito del reddito di lavoro autonomo professionale sono previste specifiche disposizioni relative all’acquisto e alla cessione degli oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione. Tale disciplina è stata introdotta nel corpo dell’art. 54 del TUIR1 dall’art. 31 del DL 23.2.95 n. 41 (conv. L. 22.3.95 n. 85), con effetto dal 1995, consentendo così di porre fine ai numerosi dubbi che l’assenza di una normativa espressa aveva sino ad allora suscitato2. 2 Acquisto di opere d’arte Ai sensi dell’art. 54 co. 5 del TUIR, il costo d’acquisto o d’importazione degli oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione è ricondotto tra le spese di rappresentanza e ne segue la relativa disciplina. Si tratta di una presunzione assoluta, che non ammette prova contraria3: a nulla rileva, quindi, che i suddetti oggetti siano utilizzati come beni strumentali per l’esercizio dell’attività professionale. 2.1 Individuazione degli oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione Atteso che il suddetto art. 54 co. 5 non individua in modo più dettagliato gli oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione, autorevole dottrina4 ha proposto di fare riferimento alla Tabella prevista dall’art. 36 co. 1 del citato DL 41/95. Tale disposizione disciplina il regime speciale IVA per il commercio di beni mobili usati, di oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione, acquistati presso privati in Italia o in altro Stato membro (c.d. “regime del margine”). L’elenco contenuto nella Tabella è il seguente: 1 2 3 4 Disciplinante appunto la determinazione del reddito di lavoro autonomo. Per un sintetico quadro, si rimanda a Ferraù G. “Casi e questioni della riforma tributaria - Caso n. 621”, I Quattro Codici della Riforma Tributaria, IPSOA. Cfr. Monarca P. “Deducibilità dal reddito delle spese per l’acquisto di opere d’arte e beni culturali”, Corriere Tributario, 26, 2005, p. 2057 ss.; Marchionni A. “I beni d’antiquariato e d’arte nel reddito d’impresa”, Il fisco, 47, 1999, p. 14927 ss. Si veda Leo M. “Le imposte sui redditi nel Testo Unico”, Giuffrè, Milano, 2010, p. 993 - 994. 27 Cap. IV - La disciplina delle opere d’arte nel reddito di lavoro autonomo OGGETTI D’ARTE, D’ANTIQUARIATO O DA COLLEZIONE OGGETTI D’ARTE: quadri “collages” e quadretti simili (“tableautins”), pitture e disegni eseguiti interamente a mano dall’artista, ad eccezione dei piani di architetti, di ingegneri e degli altri progetti e disegni industriali, commerciali, topografici e simili, degli oggetti manufatturati decorati a mano, delle tele dipinte per scenari di teatro, sfondi di studi d’arte o per usi simili (codice NC 9701); incisioni, stampe e litografie originali, precisamente gli esemplari ottenuti in numero limitato direttamente in nero o a colori da una o più matrici interamente lavorate a mano dall’artista, qualunque sia la tecnica o la materia usata, escluso qualsiasi procedimento meccanico e fotomeccanico (codice NC 9702 00 00); opere originali dell’arte statuaria o dell’arte scultoria, di qualsiasi materia, purché siano eseguite interamente dall’artista; fusioni di sculture a tiratura limitata ad otto esemplari, controllata dall’artista o dagli aventi diritto (codice NC 9703 00 00); a titolo eccezionale in casi determinati dagli Stati membri, per fusioni di sculture antecedenti l’1.1.89, è possibile superare il limite degli otto esemplari; arazzi (codice NC 5805 00 00) e tappeti murali (codice NC 6304 00 00) eseguiti a mano da disegni originali forniti da artisti, a condizione che non ne esistano più di otto esemplari; esemplari unici di ceramica, interamente eseguiti dall’artista e firmati dal medesimo; smalti su rame, interamente eseguiti a mano, nei limiti di otto esemplari numerati e recanti la firma dell’artista o del suo studio, ad esclusione delle minuterie e degli oggetti di oreficeria e di gioielleria; fotografie eseguite dall’artista, tirate da lui stesso o sotto il suo controllo, firmate e numerate nei limiti di trenta esemplari, di qualsiasi formato e supporto. OGGETTI DA COLLEZIONE: francobolli, marche da bollo, marche postali, buste primo giorno di emissione, interi postali e simili, obliterati o non obliterati ma non aventi corso né destinati ad aver corso (codice NC 9704 00 00); collezioni ed esemplari per collezioni di zoologia, di botanica, di mineralogia, di anatomia, o aventi interesse storico, archeologico, paleontologico, etnografico o numismatico (codice NC 9705 00 00). OGGETTI DI ANTIQUARIATO: beni diversi dagli oggetti d’arte e da collezione, aventi più di cento anni di età (codice 9706 00 00). Si è rilevato come il dettato normativo richiami gli “oggetti” e non i “beni”5: pertanto, non andrebbe ricondotto tra le spese di rappresentanza, ma dovrebbe seguire la disciplina ordinaria6, l’acquisto di una scrivania di antiquariato, che avrebbe comunque una funzione sostitutiva di un mobile d’ufficio. 2.2 Criteri di deducibilità In quanto considerate di rappresentanza, le spese sostenute per l’acquisto o l’importazione di oggetti di arte, di antiquariato o da collezione sono deducibili nei limiti dell’1% dei compensi percepiti dall’esercente arti e professioni nel periodo di imposta. Tali oneri andranno quindi sommati agli altri costi giudicati di rappresentanza, al fine della determinazione del plafond deducibile. In proposito, si ricorda che la 5 6 28 Si veda Del Federico L. “Ammortamenti di beni strumentali ed arredi di prestigio”, Il fisco, 24, 2006, 1, p. 3663 ss. Con conseguente deducibilità delle quote di ammortamento (o dell’intero costo nell’esercizio di acquisizione, se non superiore a 516,46 euro). I commercialisti e l’arte circ. Agenzia delle Entrate 13.7.2009 n. 34 (§ 1) ha precisato che, fermi restando i limiti di deducibilità fissati dall’art. 54 co. 5 del TUIR, la definizione di spesa di rappresentanza va mutuata da quanto stabilito, in materia di reddito d’impresa, dal DM 19.11.20087. 2.2.1 Documentazione delle spese Anche i costi in oggetto, come tutti gli altri componenti negativi del reddito professionale, devono essere idoneamente documentati. Il requisito della documentazione non è espressamente statuito dall’art. 54 del TUIR, ma si desume dal principio dell’onere della prova e dalle relative limitazioni vigenti in ambito tributario (divieto di prova testimoniale). Rilevanza dello scontrino fiscale e della ricevuta fiscale Ai sensi dell’art. 3 co. 1 del DPR 696/96, ai fini della deducibilità delle spese sostenute per gli acquisti di beni e di servizi agli effetti dell’applicazione delle imposte sui redditi, può essere utilizzato (in alternativa alla fattura): lo scontrino fiscale, a condizione che questo contenga la specificazione degli elementi attinenti la natura, la qualità e la quantità dell’operazione e l’indicazione del numero di codice fiscale dell’acquirente o committente; ovvero la ricevuta fiscale integrata, a cura del soggetto emittente, con i dati identificativi del cliente8. Spese pagate con carta di credito Per quanto concerne le spese pagate con carta di credito, la R.M. 5.10.85 n. 8/727 ha chiarito che, ai fini della deduzione dal reddito professionale, è sufficiente la documentazione rilasciata dalla società che emette la carta di credito. Se le spese pagate con carta di credito sono deducibili, risulta ammesso in deduzione anche il costo della carta. La spesa dovrebbe risultare deducibile nel momento in cui è utilizzata la carta9. 7 8 9 L’impostazione dell’Agenzia delle Entrate appare innovativa. Prima del chiarimento dell’Amministrazione finanziaria, infatti, in dottrina si riteneva che la suddetta nozione non potesse essere assunta tout court ai fini della qualificazione di un determinato onere nell’ambito del reddito di lavoro autonomo (pur potendo costituire un valido supporto sia per il contribuente, sia per l’Amministrazione finanziaria in sede di accertamento): cfr. Mogorovich S. “Le spese di rappresentanza nell’ambito del lavoro autonomo”, Il fisco, 20, 2008, 1, p. 3653 - 3654. Nello stesso senso sembra esprimersi anche Meneghetti P. “Spese di rappresentanza con disciplina comune”, Il Sole - 24 Ore, 25.9.2009, p. 35, laddove afferma che sono state previste “nuove regole per i professionisti in materia di spese di rappresentanza”. Dal momento che i limiti di deducibilità non sono cambiati, richiamando le “nuove regole” il citato Autore non può che riferirsi alla nozione degli oneri in oggetto. Si vedano anche le R.M. 8.7.75 n. 2/208, 30.1.82 n. 8/E, 29.10.76 n. 9/1684, 19.4.80 n. 9/876, 5.10.85 n. 8/727, nonché le C.M. 13.6.80 n. 25 e 8.6.81 n. 46/128594. Si veda quanto sostenuto dalla ris. Agenzia delle Entrate 23.4.2007 n. 77 con specifico riferimento al momento in cui divengono deducibili dal reddito complessivo IRPEF i contributi previdenziali pagati, tramite carta di credito, da un professionista alla propria Cassa di previdenza. 29 Cap. IV - La disciplina delle opere d’arte nel reddito di lavoro autonomo 2.2.2 Registrazione delle spese Anche l’obbligo di registrazione delle spese non si rinviene direttamente nell’art. 54 del TUIR, ma è statuito dall’art. 19 co. 2 del DPR 600/73 e rileva, ai fini probatori, ex art. 61 co. 3 del DPR 600/73 (“i contribuenti obbligati alla tenuta di scritture contabili non possono provare circostanze omesse nelle scritture stesse o in contrasto con le loro risultanze”)10. 2.2.3 Indicazione nel modello UNICO 2012 Nel modello UNICO 2012, le spese sostenute per l’acquisto o l’importazione di oggetti di arte, di antiquariato o da collezione devono essere indicate, per l’intero importo sostenuto, all’interno della colonna 2 del rigo RE16, unitamente alle altre spese di rappresentanza (diverse da quelle di vitto e alloggio). Le spese di rappresentanza complessivamente deducibili (date dalla somma degli importi indicati in colonna 1 e colonna 2) andranno esposte in colonna 3, tenuto presente che tale ammontare non può eccedere l’1% dell’ammontare dei compensi percepiti11. 3 Cessione di opere d’arte Le plusvalenze e le minusvalenze derivanti dalle cessioni di oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione non concorrono alla formazione del reddito di lavoro autonomo professionale. In particolare, l’art. 54 co. 1-bis del TUIR dispone che, nella determinazione di tale reddito, sono imponibili (deducibili) anche le plusvalenze (minusvalenze) dei beni strumentali mobili e immobili, se: sono realizzate mediante cessione a titolo oneroso; sono realizzate mediante risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o il danneggiamento di beni; i beni sono destinati al consumo personale o familiare del professionista o a finalità estranee all’arte o professione12. Dai beni strumentali idonei a generare i suddetti componenti reddituali rilevanti, sono appunto esclusi gli oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione. 10 Sul punto, si vedano Cissello A., Odetto G., Valente G. “Accertamento e riscossione”, Guide e Soluzioni, IPSOA, Milano, 2011, p. 213. 11 Risultanti dalla differenza tra l’importo indicato nel rigo RE6 e l’importo indicato nel rigo RE4. 12 Per una compiuta disamina delle fattispecie imponibili, si rimanda a Cotto A., Odetto G., Valente G. “TUIR”, Guide e Soluzioni, IPSOA, Milano, 2012, p. 660 ss. 30 I commercialisti e l’arte Oggetti d’arte, d’antiquariato e da collezione acquisto vendita spese di rappresentanza no plusvalenza/minusvalenza deducibile nel limite dell’1% dei compensi Fig. 1 - Disciplina delle opere d’arte nel reddito di lavoro autonomo Possibile rilevanza al di fuori del reddito di lavoro autonomo Esclusa l’imponibilità (deducibilità) delle plusvalenze (minusvalenze) in esame ai fini della determinazione del reddito di lavoro autonomo professionale, occorre domandarsi se la cessione di opere d’arte possa assumere altrimenti rilievo. In linea generale, i proventi derivanti dalla vendita di beni personali, generando un reddito non inquadrabile in una delle categorie previste dal TUIR, sono fiscalmente irrilevanti. D’altro canto, in relazione alle circostanze con cui avvengono le operazioni di vendita, i medesimi proventi potrebbero essere inclusi tra i redditi diversi derivanti dell’esercizio di attività commerciale non esercitata abitualmente, di cui all’art. 67 co. 1 lett. i) del TUIR13. L’orientamento dell’Amministrazione finanziaria sulle differenze che contraddistinguono l’esercizio “abituale” di imprese commerciali rispetto a quello “occasionale” delle medesime è rinvenibile nella ris. Agenzia delle Entrate 20.6.2002 n. 20414, secondo la quale: costituisce tratto distintivo delle attività d’impresa il compimento di una serie coordinata di atti economici; non assume alcun rilievo la circostanza che l’esercizio dell’impresa si esaurisca in un unico affare. La qualifica di imprenditore deve essere attribuita anche a chi utilizza e coordina soltanto un proprio capitale per fini produttivi. Non è infatti necessario che la funzione organizzativa dell’imprenditore abbia per oggetto anche le altrui prestazioni lavorative (autonome o subordinate) o che i mezzi di cui ci si avvalga costituiscano 13 14 Cfr. Artina V. “Vendita di vasi cinesi”, Pratica fiscale e professionale, 24, 2009, p. 42. Sostanzialmente conformi, ris. Agenzia delle Entrate 11.10.2007 n. 286, ris. Agenzia delle Entrate 7.8.2002 n. 273, ris. Agenzia delle Entrate 20.5.2002 n. 148, Cass. 29.8.97 n. 8193, Cass. 10.5.96 n. 4407 e Cass. 31.5.86 n. 3690. 31 Cap. IV - La disciplina delle opere d’arte nel reddito di lavoro autonomo un apparato strumentale fisicamente percepibile, in quanto quest’ultimo può ridursi al solo impiego di mezzi finanziari15. Per quanto sopra, la cessione occasionale di opere d’arte da parte dell’esercente arte e professioni non concorrerà neppure alla determinazione del reddito complessivo IRPEF quale reddito diverso, a condizione che si configuri quale “occasionale”, nel senso sopra precisato. A conferma di tale impostazione, si ricorda che l’Agenzia delle Entrate, con la ris. 24.1.2001 n. 5, ha escluso la natura commerciale dei proventi che un’associazione senza scopo di lucro consegue dalla vendita all’asta di opere ricevute a titolo di liberalità. Ad avviso dell’Amministrazione finanziaria, la vendita in oggetto non costituisce attività commerciale (e, come tale, non è imponibile), dal momento che in essa non è rinvenibile “l’elemento dell’intermediazione nello scambio dei beni ma una semplice operazione di dismissione patrimoniale”. In ogni caso, occorre che “la vendita all’asta non richieda l’impiego di mezzi organizzati professionalmente né nessuna rilevanza autonoma nell’ambito di un’iniziativa volta a liquidare beni acquisiti nella sfera della attività istituzionale propria dell’associazione”16. 15 Cfr. ris. Agenzia delle Entrate 286/2007, ris. Agenzia delle Entrate 273/2002, ris. Agenzia delle Entrate 204/2002, Cass. 8193/97 e Cass. 16.9.83 n. 5589. Per ulteriori approfondimenti, si vedano Cotto A., Odetto G., Valente G. “TUIR”, Guide e Soluzioni, IPSOA, Milano, 2012, p. 712 ss. 16 In ambito IVA, la R.M. 5.6.73 n. 501892 ha escluso l’assoggettamento ad imposta, per mancanza del presupposto soggettivo, delle cessioni di opere d’arte poste in essere da privati. 32 I commercialisti e l’arte CAPITOLO V LA DISCIPLINA DELLE OPERE D’ARTE NEL REDDITO DI IMPRESA IN GENERALE PAMELA ALBERTI 1 Premessa Nell’ambito del reddito d’impresa non sono previste, a differenza del reddito di lavoro autonomo, specifiche disposizioni relative all’acquisto e alla vendita degli oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione. 2 Acquisto di opere d’arte La tematica della deducibilità, anche attraverso quote annuali d’ammortamento, dei costi di acquisizione di beni d’antiquariato non ha ancora trovato una soluzione normativa in tema di reddito di impresa. In assenza di una disposizione analoga a quella prevista per il reddito di lavoro autonomo, operano i principi generali di deducibilità. Pertanto, occorre distinguere se i suddetti beni siano o meno oggetto dell’attività d’impresa. Acquisto opere d’arte oggetto attività d’impresa non oggetto dell’attività d’impresa rimanenze indeducibili dal reddito d’impresa Fig. 1 - Acquisto opere d’arte 2.1 Opere d’arte oggetto dell’attività d’impresa Nel caso in cui oggetto dell’attività d’impresa sia il commercio di opere d’arte e d’antiquariato, le relative spese d’acquisto saranno iscritte tra le rimanenze in quanto “beni merce”. Ai sensi dell’art. 92 del TUIR, le variazioni delle rimanenze finali dei beni “merce”, rispetto alle esistenze finali, concorrono a formare il reddito dell’esercizio1. A tal fine, considerando che, generalmente, si tratta di beni infungibili, per il fatto in sé che si tratta di opere irripetibili, non si possono applicare alle opere 1 Cfr. Cotto A., Odetto G., Valente G. “TUIR”, Guide e Soluzioni, IPSOA, Milano, 2012, p. 1139 ss. 33 La disciplina delle opere d’arte nel reddito di impresa in generale d’arte i consueti metodi di determinazione del flusso fisico previsti dal codice civile per i beni fungibili, quali FIFO, LIFO o costo medio ponderato; il costo sarà quindi, inevitabilmente, il costo specifico di acquisto2. 2.2 Opere d’arte non costituenti oggetto dell’attività d’impresa In assenza di un’espressa norma al riguardo, è controverso il trattamento fiscale delle spese relative all’acquisto di opere d’arte che non costituiscono oggetto dell’attività d’impresa. Al fine di individuare la possibilità di dedurre, secondo i criteri generali, i costi sostenuti per l’acquisto di oggetti d’arte e d’antiquariato, occorre anzitutto valutare la sussistenza del requisito di inerenza richiesto dall’art 109 del TUIR. Al riguardo, un orientamento dottrinale pressoché generalizzato3 assume che non esista un criterio univoco per definire in quali casi determinati costi possano risultare inerenti all’attività esercitata e in quali casi ciò non avvenga. Al contrario, devono essere considerati: 4 la natura del bene o servizio ; 5 l’entità del costo sostenuto in relazione all’attività concretamente esercitata . Occorrerebbe quindi valutare l’inerenza dell’acquisto in base a criteri quali le dimensioni dell’impresa acquirente oppure il pregio dei locali6. Nel caso in cui si ritenga che l’opera d’arte possa soddisfare il requisito dell’inerenza, occorre verificare le concrete modalità di deduzione dei costi sostenuti7. 2 3 4 5 6 34 Quagli A., Ferrero F. “Beni artistici: valutazione e rappresentazione in bilancio” A&F, 5, 2010, p. 6. Si vedano per tutti Crovato F., Lupi R. “Il reddito d’impresa”, ed. Il Sole - 24 Ore, Milano, 2002, p. 90 - 91. “Il primo test di inerenza riguarda la natura della spesa, che in positivo può risultare ispirata ad esigenze personali o familiari dell’imprenditore, dei soci di maggioranza o degli amministratori. Si pensi a spese per autoveicoli, imbarcazioni, viaggi, alberghi, ristoranti, consumi di energia e altre utenze, spese legali non relative alla società ecc.” (Crovato F., Lupi R., cit., p. 90). “È intuitivo, ad esempio, che una spesa promozionale di notevole importo può essere inerente per un grande istituto di credito e non per un parrucchiere (…)” (Crovato F., Lupi R., cit., p. 91). Per porre un’esemplificazione sull’argomento, se “un piccolo albergatore di provincia acquista un quadro di De Chirico del valore di 500 mila euro, che utilizza per arredare la sala da pranzo dell’albergo”, “non c’è bisogno di entrare nel merito delle scelte imprenditoriali per ritenere che l’acquisto risponda più a un bisogno personale dell’albergatore che a una necessità dell’azienda. La sproporzione tra il tipo e le dimensioni dell’attività da una parte, e il costo sostenuto per il quadro dall’altra, fanno presumere che l’acquisto sia dettato non da ragioni imprenditoriali, ma da un fine privato dell’imprenditore”. (Crovato F., Lupi R., cit., p. 107). Secondo gli stessi Autori, però, se il medesimo acquisto fosse effettuato dal Grand Hotel Excelsior per arredare la hall dell’albergo, “le dimensioni dell’attività potrebbero far escludere che l’acquisto sia dettato da un fine privato dell’imprenditore (…). Questo dimostra come il concetto di inerenza sia un concetto relativo, da valutare caso per caso in relazione alle caratteristiche e dimensioni dell’attività esercitata, all’esistenza o meno di possibili finalità extraimprenditoriali nell’acquisto, ecc. Bisogna in sostanza chiedersi se «l’impresa vale la spesa»”. I commercialisti e l’arte 2.2.1 Ammortamenti Con riferimento agli ammortamenti, sotto il profilo civilistico l’art. 2426 n. 2) c.c. afferma che “il costo delle immobilizzazioni materiali e immateriali, la cui utilizzazione è limitata nel tempo, deve essere sistematicamente ammortizzato (…)”. In altri termini, presupposto per lo stanziamento dell’ammortamento è la durata limitata nel tempo dei beni. Tale presupposto fa sì che il costo sostenuto per l’acquisto di opere d’arte non possa costituire un cespite ammortizzabile, a causa della sua particolare natura8. Un’opera d’arte, infatti, possiede una vita economica a utilità indefinibile perché impermeabile rispetto di fattori di “normale” deperimento, con la conseguenza che anche il valore (normalmente tendente ad accrescere nel tempo nelle sue componenti “effettive” ed economiche) tende all’infinito9. Sotto il profilo fiscale, l’art. 102 del TUIR prevede la deducibilità degli ammortamenti relativi ai beni strumentali per l’esercizio dell’impresa. In linea generale, sussiste la possibilità di effettuare l’ammortamento, per tutti i beni materiali a condizione che persista il carattere di strumentalità10. Riprendendo la nozione di cui all’art. 43 del TUIR, ancorchè riferita agli immobili, si considerano strumentali i beni utilizzati esclusivamente per l’esercizio dell’impresa commerciale da parte del possessore. Come affermato nel parere del Comitato consultivo per le norme antielusive 14.10.2005 n. 2911, l’acquisto di una scultura di ingente valore artistico da adibire ad arredo di un immobile non costituisce un bene ammortizzabile e il relativo costo non può essere quindi dedotto ex art. 102 del TUIR. Dello stesso avviso è la Corte di Cassazione, la quale, nella sentenza 13.10.2006 n. 2202112, ha affermato che non si considerano beni ammortizzabili i quadri acquistati come arredo per le pareti di un albergo, posto che costituiscono un investimento patrimoniale della società, oggetto semmai di possibile rivalutazione; il costo dei quadri, quindi, non è fiscalmente deducibile in quanto tali beni non perdono il loro valore nel tempo13. Si osserva altresì che, in un precedente parere14 del Comitato consultivo delle norme antielusive, un quadro e una statua da collocarsi all’interno di una banca erano stati qualificati quali beni strumentali (arredi dell’immobile), da dedurre mediante ammortamento. 7 8 9 10 11 12 13 14 Odetto G. “Cessione di quadri d’autore da parte di una persona fisica”, parere 3.8.2005, disponibile sul sito Internet www.eutekne.it Marchionni A., “I beni d’antiquariato e d’arte nel reddito d’impresa”, Il fisco, 47, 1999, p. 14927. Parere Comitato Consultivo per le norme antielusive 14.10.2005 n. 29. Ris. Agenzia delle Entrate 9.4.2004 n. 56. Disponibile in Banca Dati Eutekne. Disponibile in Banca Dati Eutekne. In senso conforme, Tasini M. “Opere d’arte non ammortizzabili”, Italia Oggi, 27.4.2007, p. 36. Parere Comitato consultivo per le norme antielusive 5.5.2005 n. 8. 35 La disciplina delle opere d’arte nel reddito di impresa in generale Al riguardo, autorevole dottrina ha precisato che il parere 8/2005 non sarebbe in contrasto con il parere 29/2005 nel caso in cui la statua ed il quadro non fossero di “ingente valore artistico”15. In altri termini, secondo il Comitato consultivo, la deducibilità o meno dell’opera d’arte è legata al criterio dell’ingente valore artistico del bene: laddove non sussista l’ingente valore, i quadri (o le sculture) dovrebbero essere considerati semplicemente degli arredi e, in quanto tali ammortizzabili e deducibili dal reddito d’impresa secondo i criteri ordinari16. 2.2.2 Spese di rappresentanza Nella determinazione del reddito di lavoro autonomo, sono comprese tra le spese di rappresentanza anche quelle sostenute per l’acquisto o l’importazione di oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione, anche se utilizzati come beni strumentali dell’impresa17. Come sopra anticipato, analoga previsione non è invece contenuta nelle disposizioni relative alla determinazione del reddito d’impresa. In tale ambito, l’art. 108 co. 2 del TUIR dispone che le spese di rappresentanza sono ammesse in deduzione dal reddito d’impresa, interamente nell’esercizio di sostenimento, soltanto se soddisfano i requisiti di congruità ed inerenza previsti dal DM 19.11.2008. Si considerano spese di rappresentanza quelle sostenute per erogazioni a titolo gratuito di beni e servizi, effettuate con finalità promozionali o di pubbliche relazioni e il cui sostenimento risponda a criteri di ragionevolezza in funzione dell’obiettivo di generare, anche potenzialmente, benefici economici per l’impresa ovvero sia coerente con pratiche commerciali di settore18. In base a quanto affermato dalla circ. Agenzia delle Entrate 34/2009, tramite la previsione di tale requisito si è inteso evidenziare la necessità che le finalità tipicamente promozionali o di pubbliche relazioni delle spese di rappresentanza si colleghino all’idoneità delle stesse a generare un ritorno economico in capo a chi le sostiene. In altre parole, una spesa di rappresentanza deve risultare ragionevole, in quanto, nel contempo: idonea a generare ricavi; adeguata rispetto all’obiettivo atteso in termini di ritorno economico. Il Comitato consultivo per l’applicazione delle norme antielusive, ancorché con 15 Dezzani F., Dezzani L. “Corte di cassazione: ammortamento del costo dei quadri. Indeducibilità fiscale”, Il fisco, 10, 2007, 1, p. 1366. 16 Dezzani F., Dezzani L. “Corte di cassazione: ammortamento del costo dei quadri. Indeducibilità fiscale”, Il fisco, 10, 2007, 1, p. 1366. 17 Per approfondimenti sulla disciplina nell’ambito del reddito di lavoro autonomo, si veda il precedente cap. IV. 18 Per un approfondimento della disciplina in esame, si rinvia a Fornero L. “Il nuovo regime di deducibilità delle spese di rappresentanza”, in AA.VV. “La Finanziaria 2009 e il decreto «anti-crisi»”, cit. , p. 153 ss. e, dello stesso autore, “Il nuovo regime delle spese di rappresentanza: i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate e di Assonime”, Schede di Aggiornamento on line, 11, 2009. 36 I commercialisti e l’arte riferimento alla previgente disciplina19, ritiene che l’acquisto di oggetti d’arte non sia qualificabile tra le spese di rappresentanza20. In dottrina è stata sostenuta l’esclusione dalle spese di rappresentanza delle opere d’arte fondando tale orientamento sulla “palese caratteristica di non inerenza all’attività d’impresa dei beni d’arte”21. Secondo altra parte della dottrina, con riferimento alla previgente versione dell’art. 108 del TUIR, le spese relative all’acquisto di opere d’arte potevano essere considerate spese di rappresentanza anche nell’ambito del reddito d’impresa. Tale orientamento si basa sulla considerazione che “l’acquisto di un’opera d’arte da esporre nei locali aziendali intende indirizzare un messaggio positivo inerente all’immagine dell’imprenditore; messaggio diretto, peraltro, ad un gruppo in qualche modo definito di destinatari, siano essi clienti, clienti in fase di acquisizione ovvero particolari operatori del settore. Le spese di rappresentanza, infatti, sono sostenute al fine di creare, mantenere e accrescere il prestigio della società e migliorarne l’immagine, ma non danno luogo ad aspettative di incremento del processo di vendita”22. Tale orientamento, tuttavia, sembra difficilmente sostenibile in relazione all’attuale nozione di spesa di rappresentanza sopra esposta. 3 Cessione di opere d’arte Analogamente a quanto previsto sotto il profilo degli acquisti, per quanto concerne la vendita di opere d’arte è necessario distinguere il relativo trattamento fiscale a seconda che si tratti o meno di beni oggetto dell’attività d’impresa. Cessione opere d’arte oggetto attività d’impresa non oggetto dell’attività d’impresa ricavi plusvalenze Fig. 2 - Cessione opere d’arte 3.1 Opere d’arte oggetto dell’attività d’impresa La cessione di opere d’arte oggetto dell’attività d’impresa genera ricavi. 19 Prima delle modifiche apportate, le spese di rappresentanza erano deducibili nel limite di 1/3 in cinque esercizi. 20 Cfr. parere Comitato consultivo per l’applicazione delle norme antielusive 29/2005. 21 Marchionni A. “I beni d’antiquariato e d’arte nel reddito d’impresa”, Il fisco, 47, 1999, p. 14927. 22 Del Federico L. “Ammortamento beni strumentali ed arredi di prestigio”, Il fisco, 26, 2005, p. 2057. 37 La disciplina delle opere d’arte nel reddito di impresa in generale L’art. 85 co. 1 del TUIR, infatti, afferma che sono considerati ricavi i corrispettivi delle cessioni di beni alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività d’impresa. La rilevanza delle cessioni di beni quali ricavi (e non plusvalenze) trova fondamento non nelle caratteristiche oggettive dell’operazione posta in essere, ma nel rapporto di tali operazioni con la specifica attività produttiva, di fatto, esercitata dall’impresa23. 3.2 Opere d’arte non costituenti attività d’impresa La cessione di opere d’arte non costituenti oggetto dell’attività d’impresa genera plusvalenze imponibili (o minusvalenze deducibili). L’art. 86 co. 1 del TUIR comprende tra le fattispecie costituenti plusvalenze la cessione a titolo oneroso che riguardano beni relativi all’impresa “diversi da quelli indicati nel comma 1 dell’articolo 85”. Posto che il citato art. 85 co. 1 disciplina i “beni merce”, i quali generano ricavi, sono soggetti alla normativa sulle plusvalenze i beni diversi dai beni “merce”, ossia non solo i beni strumentali ammortizzabili ma anche i beni non ammortizzabili, purché non “merce”. Tra questi ultimi, per quanto sopra esposto, rientrano anche le opere d’arte. Di conseguenza, le plusvalenze realizzate dalla cessione a titolo oneroso di opere d’arte sono determinate, ai sensi dell’art, 86 co. 2 del TUIR, quale differenza tra: il corrispettivo percepito, al netto degli oneri accessori di diretta imputazione; il costo non ammortizzato (quindi l’intero costo sostenuto per l’acquisizione nella fattispecie in esame) dei beni medesimi. Si ricorda altresì che, nel caso in cui i beni siano posseduti da almeno 3 anni, è possibile frazionare la plusvalenza imponibile in un massimo di 5 esercizi (art. 86 co. 4 del TUIR). 23 38 Per una compiuta disamina, si rimanda a Cotto A., Odetto G., Valente G. “TUIR”, Guide e Soluzioni, IPSOA, Milano, 2012, p. 926 ss. I commercialisti e l’arte CAPITOLO VI I PROFILI FISCALI DELLE SPONSORIZZAZIONI LUCIA STAROLA 1 Premessa L’esigenza di salvaguardare il patrimonio storico, artistico e culturale ha indotto da sempre il legislatore a stimolare interventi da parte sia dei privati sia, soprattutto, delle imprese, mediante agevolazioni di carattere tributario a chi destina risorse alla tutela e valorizzazione di tale patrimonio. Per i privati e gli enti non commerciali la forma di intervento è esclusivamente il “mecenatismo”, mentre le imprese, indipendentemente dalla loro forma giuridica, possono anche optare per la “sponsorizzazione”. Entrambi gli istituti vengono utilizzati dalle imprese per promuovere la loro immagine, i prodotti, la loro attività, assumendo oneri finalizzati al sostegno economico di eventi culturali, manifestazioni sportive, mostre, convegni che possono dare visibilità mediatica. Il mecenatismo si realizza attraverso erogazioni liberali, normalmente in denaro, a favore, di solito, di un ente non commerciale il quale le destina alle finalità sociali previste dalle specifiche norme agevolative, senza assumere obblighi di pubblicizzare il soggetto erogatore, quindi senza farla rientrare in un rapporto sinallagmatico Sotto questo profilo il DM 3.10.2002, in applicazione dell’art. 38 della L. 21.11.2000 n. 342, richiama unicamente la previsione che la donazione dia luogo ad un pubblico ringraziamento da parte del destinatario. Il mecenatismo ha prodotto risultati utili per la conservazione e la valorizzazione dei beni culturali, offrendo uno strumento integrativo dei finanziamenti pubblici, in particolare con l’entrata in vigore della L. 2.8.82 n. 512 con la quale il legislatore fiscale italiano ha riconosciuto misure di incentivazione dei beni culturali. L’evoluzione del mercato e la crisi economica inducono le imprese, specie quelle di grandi dimensioni, a perseguire sempre più la promozione della loro immagine, del marchio, del prodotto, mediante il ricorso a strumenti anche sofisticati: la sponsorizzazione è uno di questi. Che cos’é la sponsorizzazione? Un breve excursus sull’origine del termine può aiutare a inquadrare meglio l’istituto ed il suo trattamento fiscale. Oggi usiamo i termini sponsor e sponsee considerandoli termini di derivazione anglosassone, il mondo in cui tale strumento di pubblicità commerciale ha mosso i primi passi, per diffondersi poi anche in Italia specialmente nei settori dello sport, della cultura e dell’arte. 39 Cap. VI - I profili fiscali delle sponsorizzazioni In realtà sponsor è parola latina che significa garante, padrino, in collegamento con la radice del verbo latino spondere che significa promettere, garantire, obbligarsi. La sponsio era una promessa verbale solenne e formale, costitutiva di una obbligazione. Nel formalismo tipico dell’antico diritto romano l’obbligazione scaturiva dalla pronuncia della parola stabilita: sponsio. Più tardi, nella lingua anglosassone, i padrini nel battesimo vennero chiamati sponsor, perché promettevano di seguire la crescita del fanciullo in caso di perdita dei genitori. Nel linguaggio contemporaneo lo sponsor è un soggetto, (normalmente un’impresa) che, tramite erogazioni, protegge, patrocina un’attività culturale, una squadra di calcio ecc.; non si tratta di un’erogazione a fini liberali, come nel caso del mecenate, bensì di un’erogazione che scaturisce da un sinallagma, dove lo sponsor (il soggetto erogante) si impegna ad elargire un onere (in natura o in denaro) allo sponsee (ente pubblico o privato), il quale consente lo sfruttamento a fini pubblicitari di un proprio bene, sfruttamento pubblicitario che l’erogante indirizza alla propria immagine ovvero ad un prodotto. Sul piano economico-aziendalistico, la sponsorizzazione è uno strumento pubblicitario. Comporta infatti la diffusione di messaggi promozionali, relativi ad un prodotto o ad un marchio, collegati ad un personaggio o ad un evento, il cui rilievo, di prestigio o di popolarità, determina l’efficacia della promozione commerciale. Sul piano giuridico, la sponsorizzazione è un contratto atipico, a titolo oneroso, per mezzo del quale un soggetto (lo sponsor) si impegna ad assicurare un beneficio, in denaro o in natura, alla controparte (lo sponsee), la quale si impegna, nei confronti del primo, a promuoverne l’immagine, un marchio, un prodotto, attraverso una iniziativa, un evento o una manifestazione. L’intento promozionale è la “causa” del contratto di sponsorizzazione, così come caratterizza qualsiasi spesa di pubblicità. Ricondurre la sponsorizzazione nell’ambito della pubblicità discende dalla nozione giuridica di questa, desumibile in via indiretta anche dalle disposizioni di cui all’art. 2598 c.c. Anche secondo la giurisprudenza civile le spese di sponsorizzazione costituiscono una specie del genere spese di pubblicità1, con la quale si lancia un messaggio ad un uditorio indeterminato. Il rapporto di sponsorizzazione presuppone un contratto, anche verbale, la cui esistenza può essere provata anche per fatto concludente. È tuttavia opportuna la forma scritta, al fine di definire con compiutezza il contenuto di prestazioni e controprestazioni, ovvero i diritti e gli obblighi delle parti, in assenza dei quali viene meno il sinallagma. La differenza rispetto alle erogazioni liberali è netta. Lo sponsorizzato (sponsee) è obbligato, in base ad un contratto, a indicare e, quindi, a pubblicizzare l’impresa sponsor, mentre, invece, il soggetto destinatario dell’erogazione liberale non assume obblighi di sorta, non è tenuto a dare risalto al contributo ricevuto. 1 40 Cass. 21.5.98 n. 5086 e 11.10.97 n. 9880. I commercialisti e l’arte 2 Evoluzione normativa La sponsorizzazione delle attività amministrative è un istituto giuridico dai confini incerti. Per la prima compiuta definizione bisogna richiamare la L. 6.8.90 n. 223 (Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato). Quest’ultima definisce la sponsorizzazione come “ogni contributo in beni o servizi, denaro o ogni altra utilità proveniente da terzi allo scopo di promuovere il loro nome, marchio o attività, ovvero conseguire una proiezione positiva di ritorno e quindi un beneficio di immagine”. La sponsorizzazione – funzionale a realizzare forma di collaborazione pubblico-privato in termini di maggiori efficienza gestionale della macchina amministrativa e fini lucrativi privati – non ha avuto un successo immediato; infatti, solo con la legge finanziaria per il 1998 il legislatore ha per la prima volta evidenziato un favor esplicito verso l’applicazione della sponsorizzazione da parte degli enti pubblici. L’art. 43 della L. 27.12.97 n. 449, infatti, ha previsto che “al fine di favorire l’innovazione dell’organizzazione amministrativa e di realizzare maggiori economie, nonché una migliore qualità dei servizi prestati, le pubbliche amministrazioni possono stipulare contratti di sponsorizzazione e accordi di collaborazione con soggetti privati e associazioni, senza fini di lucro, costituite con atto notarile”. Tale norma era inserita in un contesto di disposizioni di finanza pubblica intese a consentire alle Amministrazioni Pubbliche di innovare l’organizzazione amministrativa, realizzare economie di spesa, migliorare la qualità dei servizi. La norma è stata ripresa anche nell’art. 119 del DLgs. 18.8.2000 n. 267 (T.U. enti locali), che recita “al fine di favorire una migliore qualità dei servizi prestati i comuni, le province e gli enti locali indicati nel presente testo unico, possono stipulare contratti di sponsorizzazione ed accordi di collaborazione, nonché convenzioni con soggetti pubblici o privati diretti a fornire consulenze o servizi aggiuntivi”. Le due norme – la prima indirizzata agli enti statali (L. 449/97) e l’altra agli enti locali – hanno stabilizzato l’istituto nel nostro ordinamento, determinando il pieno riconoscimento della sponsorizzazione come legittimo e generale strumento utilizzabile dalla Pubblica Amministrazione per lo svolgimento di iniziative pubbliche. Successivamente, con il DL 25.6.2008 n. 112 convertito in L. 6.8.2008 n. 133 e da ultimo con la disciplina dettata dall’art. 6 co. 9 del DL 31.5.2010 n. 78 convertito in L. 30.7.2010 n. 122, è stato previsto il divieto per le Amministrazioni Pubbliche inserite nel conto economico consolidato della Pubblica Amministrazione di effettuare spese per sponsorizzazioni. In merito, il parere della Corte dei Conti, Sezione Regionale di controllo per la Lombardia 1075/2010/PAR ha precisato: “ciò che assume rilievo per qualificare una contribuzione comunale, a prescindere dalla sua forma, quale spesa di sponsorizzazione (interdetta post D.L. N. 78/2010) è la relativa funzione: la spesa di sponsorizzazione presuppone la semplice finalità di segnalare ai cittadini la presenza del Comune, così da promuoverne l’immagine. Non si configura, invece, quale sponsorizzazione il sostegno di iniziative di un 41 Cap. VI - I profili fiscali delle sponsorizzazioni soggetto terzo, rientranti nei compiti del Comune, nell’interesse della collettività anche sulla scorta dei principi di sussidiarietà orizzontale ex art. 118 Cost.”. Si rileva altresì che, in questa ipotesi è necessario che gli enti locali o le aziende motivino in modo inequivoco i suddetti provvedimenti di concessione dei contributi: in altre parole l’Amministrazione deve obbligatoriamente evidenziare i presupposti di fatto e l’iter logico alla base dell’erogazione a sostegno dell’attività svolta dal destinatario del contributo, nonché il rispetto dei criteri di efficacia, efficienza ed economicità delle modalità prescelte di resa del servizio. Con riferimento alla disciplina in materia di contratti pubblici il DLgs. 12.4.2006 n. 163 (codice dei contratti pubblici relativi a lavoro, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE) esclude i contratti in esame dall’ambito di applicazione della disciplina ivi recata, stabilendo che “Ai contratti di sponsorizzazione e ai contratti a questi assimilabili, di cui siano parte un’amministrazione aggiudicatrice o altro ente aggiudicatore e uno sponsor che non sia un’amministrazione aggiudicatrice o altro ente aggiudicatore, aventi ad oggetto i lavori di cui all’allegato I, nonché gli interventi di restauro e manutenzione di beni mobili e delle superfici decorate di beni architettonici sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, ovvero i servizi di cui all’allegato II, ovvero le forniture disciplinate dal presente codice, quando i lavori, i servizi, le forniture sono acquisiti o realizzati a cura e a spese dello sponsor, si applicano i principi del Trattato per la scelta dello sponsor nonché le disposizioni in materia di requisiti di qualificazione dei progettisti e degli esecutori del contratto”. Come si legge nella deliberazione dell’Autorità per la vigilanza sui contratti Pubblici di Lavori Servizi e Forniture Avcp 8.2.2012 n. 9, oggetto dei contratti è l’acquisizione o la realizzazione di lavori, servizi e forniture, a cura e spese dello sponsor. Tale tipologia di contratto, in relazione all’oggetto descritto, è anche definita sponsorizzazione tecnica, la quale va distinta dalla sponsorizzazione pura o di puro finanziamento, nella quale lo sponsor si impegna nei confronti della stazione appaltante esclusivamente al riconoscimento di un contributo (in cambio del diritto di sfruttare spazi per fini pubblicitari) e non anche allo svolgimento di altre attività. Per tali caratteristiche, siffatto schema negoziale è da ritenere sottratto – in quanto contratto attivo – alla disciplina del DLgs. 163/2006 ed anche degli artt. 26 e 27 dello stesso decreto legislativo. Si tratta, dunque di una tipologia contrattuale sottoposta alle norme di contabilità di Stato, le quali richiedono comunque l’esperimento di procedure trasparenti e, quindi, il rispetto dei principi di legalità, buon andamento, trasparenza dell’azione amministrativa. 3 Sponsorizzazione dei beni culturali Il quadro normativo concernente la sponsorizzazione si connette e si interseca con quello afferente la disciplina dei beni culturali. Non è raro, infatti, che iniziative di restauro su beni culturali siano realizzate con il contributo finanziario di privati, i quali si accollano l’intero costo degli in42 I commercialisti e l’arte terventi programmati. Per diversi anni tale fenomeno è avvenuto al di fuori di una precisa cornice normativa di riferimento; solo di recente si è infatti ammesso l’utilizzo del contratto di sponsorizzazione anche rispetto ad interventi aventi ad oggetto un bene culturale, con la previsione dell’art. 2 del DLgs. 22.1.2004 n. 302. Il citato art. 2 prevede che “per i lavori indicati all’articolo 1, comma 1 e 2, (concernenti i beni mobili ed immobili e gli interventi sugli elementi architettonici e sulle superfici decorate di beni del patrimonio culturale) realizzati mediante contratti di sponsorizzazione a cura ed a spese dello sponsor, nel rispetto dei principi e dei limiti comunitari in materia non trovano applicazione le disposizioni nazionali e regionali in materia di appalti di lavori pubblici, ad eccezione di quelle sulla qualificazione dei progettisti e dei soggetti esecutori. Nei casi previsti dal comma 1, l’amministrazione preposta alla tutela del bene impartisce le opportune prescrizioni in ordine alla progettazione, all’esecuzione delle opere ed alla direzione dei lavori”. Il decreto, dunque, sottrae alla disciplina in esso contenuta gli interventi realizzati sulla base di contratti di sponsorizzazione. La sponsorizzazione dei beni culturali trova oggi esplicito riconoscimento legislativo nel “codice dei beni culturali e del paesaggio”3 che definisce la sponsorizzazione all’art. 120: “È sponsorizzazione di beni culturali ogni contributo, anche 4 in beni o servizi, erogato per la progettazione o l’attuazione di iniziative in ordine alla tutela ovvero alla valorizzazione del patrimonio culturale, con lo scopo di promuovere il nome, il marchio, l’immagine, l’attività o il prodotto dell’attività del soggetto erogante. Possono essere oggetto di sponsorizzazione iniziative del Ministero, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali nonché di altri soggetti pubblici o di persone giuridiche private senza fine di lucro, ovvero iniziative di soggetti privati su beni culturali di loro proprietà. La verifica della compatibilità di dette iniziative con le esigenze della tutela è effettuata dal Ministero in conformità alle disposizioni del presente codice. La promozione di cui al comma 1 avviene attraverso l’associazione del nome, del marchio, dell’immagine, dell’attività o del prodotto all’iniziativa oggetto del contributo, in forme compatibili con il carattere artistico o storico, l’aspetto e il decoro del bene culturale da tutelare o valorizzare, da stabilire con il contratto di sponsorizzazione”. La puntuale e dettagliata formulazione dell’art. 120 non lascia spazio a dubbi interpretativi circa la natura di pubblicità della sponsorizzazione culturale. L’istituto della sponsorizzazione, nel quale la promozione del prodotto e la promozione dell’immagine sono accomunate in un’unica definizione, è dunque ormai recepito dal nostro ordinamento giuridico. La definizione vale, quantomeno con 2 3 4 “Modificazioni alla disciplina degli appalti di lavori pubblici concernenti i beni culturali”. DLgs. 22.1.2004 n. 42, così come modificato da ultimo con il DLgs. 26.3.2008 n. 62. Nella stesura anteriore al DLgs. 26.3.2008 n. 62, la mancanza della parola “anche” aveva fatto ritenere ad alcuni commentatori che l’art. 120 si riferisse esclusivamente a sponsorizzazioni tecniche o in natura. L’attuale stesura comprende sicuramente anche i contributi in denaro. 43 Cap. VI - I profili fiscali delle sponsorizzazioni riferimento ai beni culturali, ad ogni effetto e quindi anche sul piano del diritto tributario5. L’utilizzo di tale istituto è ormai alquanto sviluppato nel nostro Paese e coinvolge sempre più operatori economici e culturali nel realizzo di finalità comuni nell’ambito della tutela del nostro patrimonio culturale. La sponsorizzazione di lavori da effettuare su immobili storici-artistici è assoggettata ad alcuni vincoli, (ad esempio la collocazione di manifesti e cartelli pubblicitari è disciplinata dall’art. 49 del codice dei beni culturali, per evitare che sia recato danno all’aspetto, al decoro ed alla pubblica fruizione degli edifici e delle aree tutelate) ed è disciplinata da appositi regolamenti degli enti territoriali. Nello specifico, la scelta dello sponsor è preceduta dalla pubblicazione di un avviso che contiene l’oggetto della sponsorizzazione, gli obblighi, le modalità riguardanti l’aspetto pubblicitario, termini tutti che sono dettagliatamente normati nel contratto di sponsorizzazione6. 5 6 44 Così Lunelli R. “Fisco e beni culturali”, Il fisco, 27, 2006, p. 4017 ss. Nella nota vicenda degli interventi per il restauro del Colosseo, il Commissario delegato ha indetto una procedura a sensi degli artt. 26 e 27 del DLgs. 26/2006, con pubblicazione, in data 4.8.2010 dell’avviso per la ricerca di sponsor. Detto avviso prevedeva, in particolare, l’affidamento all’aggiudicatario delle attività di completamento della progettazione, direzione dei lavori, coordinamento della sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione, appalto a terzi o esecuzione diretta dei lavori, attività propedeutiche e/o collaterali finalizzate all’esecuzione dei lavori. A fronte di tali obbligazioni, il bando prevedeva il diritto di sfruttare l’immagine del Colosseo “per la durata dei lavori prevista nel Piano degli Interventi”. A seguito dell’infruttuoso svolgimento della procedura de qua, finalizzata all’affidamento di una sponsorizzazione tecnica ai sensi dell’art. 26 del codice, il Commissario delegato, in assenza di una proposta compatibile con la realizzazione dei lavori, ha ipotizzato tre diverse soluzioni: indizione di un nuovo avviso pubblico; proroga dei tempi di presentazione delle proposte; ricorso ad una procedura negoziata. La stazione appaltante, anche sulla base di apposito parere dell’ufficio legislativo del MIBAC (parere 25.11.2010) ha successivamente optato per tale ultima soluzione volta, tuttavia, all’affidamento del solo finanziamento degli interventi (cd. sponsorizzazione pura). Esperite le varie fasi della procedura, in data 21.1.2011 è stato stipulato un accordo avente ad oggetto “la sponsorizzazione per il finanziamento di lavori”. Il contratto in parola, prevede il “solo finanziamento” delle opere a carico dello sponsor, quantificato in 25 milioni di euro, a fronte della possibilità per Tod’s di sfruttare l’immagine del Colosseo per due anni successivi all’ultimazione dei lavori, mentre per l’Associazione che l’aggiudicatario deve istituire ai sensi dell’art. 4 dell’Accordo, tale possibilità è estesa a quindici 15 anni decorrenti dalla costituzione della stessa associazione. Il Codacons ha proposto ricorso giurisdizionale innanzi al Tar Lazio per l’annullamento dell’accordo di sponsorizzazione. Al momento in cui andiamo in stampa il TAR del Lazio ha respinto il ricorso del CODACONS giudicando il ricorso inammissibile. Si attende il via libera del Mibac ai cantieri. I commercialisti e l’arte Nella deliberazione dell’Autorità per la vigilanza sui contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture 8.2.2012 n. 9 citata, l’AVCP definisce “sponsorizzazione pura” quella contemplata nell’art. 120 del codice dei beni culturali e del paesaggio. La distinzione tra sponsorizzazione tecnica e di puro finanziamento, ha trovato conferma nel c.d. “decreto semplificazioni”, DL 9.2.2012 n. 5 che ha previsto l’inserimento nel DLgs. 163/2006 di una disposizione dedicata all’istituto – l’art. 199-bis (Disciplina delle procedure per la selezione di sponsor) – con specifico riferimento agli interventi sui beni culturali. In tale novella legislativa è, previsto che al fine di assicurare il rispetto dei principi di cui all’art. 27, le amministrazioni aggiudicatrici competenti per la realizzazione degli interventi relativi ai beni culturali integrano il programma triennale dei lavori di cui all’art. 128 con un apposito allegato che indica i lavori, i servizi e le forniture in relazione ai quali intendono ricercare sponsor per il finanziamento o la realizzazione degli interventi. La ricerca dello sponsor deve avvenire mediante bando pubblicato sul sito istituzionale dell’amministrazione procedente per almeno trenta giorni, dandone avviso su almeno due dei principali quotidiani a diffusione nazionale e sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, nonché, se possibile, per contratti di importo superiore alle soglie di cui all’art. 28, sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea. La norma precisa che l’avviso (contenente descrizione sommaria dell’intervento, valore, tempi di realizzazione, richiesta di offerte in aumento sull’importo del finanziamento minimo indicato) deve indicare se si intende acquisire una sponsorizzazione di puro finanziamento, ovvero una sponsorizzazione tecnica, consistente in una forma di partenariato estesa alla progettazione e alla realizzazione di parte o di tutto l’intervento a cura e a spese dello sponsor (in tale ultimo caso il bando indica gli elementi e i criteri di valutazione delle offerte). Con riferimento alla procedura di aggiudicazione, la disposizione prevede che l’amministrazione procede a stilare la graduatoria delle offerte pervenute entro i termini stabiliti nella lex specialis e può indire una successiva fase finalizzata all’acquisizione di ulteriori offerte migliorative, stabilendo il termine ultimo per i rilanci. L’amministrazione procede, quindi, alla stipula del contratto di sponsorizzazione con il soggetto che ha offerto il finanziamento maggiore, in caso di sponsorizzazione pura, o ha proposto l’offerta realizzativa giudicata migliore, in caso di sponsorizzazione tecnica. Dunque, con la disposizione sopra richiamata riferita specificamente agli interventi sui beni culturali, anche il legislatore ha recepito la distinzione tra sponsorizzazione tecnica e di puro finanziamento prevedendo, per entrambe le tipologie contrattuali in esame, la medesima procedura di aggiudicazione. Sulla base di quanto sopra accennato è oggi possibile che l’ente pubblico assuma a sua volta il ruolo di sponsor nel rispetto del vincolo di legittimità. Il Ministero dei beni e delle attività culturali e gli enti pubblici territoriali possono quindi realizzare accordi e protocolli d’intesa con soggetti che hanno scopi di utilità sociale per promuovere progetti di tutela e riqualificazione. 45 Cap. VI - I profili fiscali delle sponsorizzazioni Per un Paese come l’Italia, ricco di un patrimonio storico-artistico e culturale immenso, la tutela e la valorizzazione di questo patrimonio crea indubbi riflessi su uno sviluppo sostenibile del turismo7. Infatti una corretta fruizione delle bellezze artistiche e paesaggistiche, in stretto connubio con l’industria turistica, rappresenta sia una fonte di risorse e di benessere, anche in virtù della creazione di posti di lavoro, con l’inserimento di personale qualificato per poter gestire al meglio il nostro patrimonio, sia un investimento per il futuro creando una base di rilancio per le zone depresse, come piccoli centri poco visitati perché scarsamente pubblicizzati, oppure perché trattasi di aree “culturali” degradate che necessitano di una rivitalizzazione, sia infine, tramite l’aumento della domanda turistica, un volano di continuo miglioramento del valore dei beni culturali. 4 Aspetti fiscali della sponsorizzazione Sotto il profilo tributario un contratto di sponsorizzazione rileva sia per lo sponsor, sia per lo sponsee e, per entrambi, con riferimento sia alle imposte sul reddito, sia all’imposta sul valore aggiunto. 4.1 Imposte sul reddito Ai fini delle imposte sul reddito: lo sponsor sostiene un costo di esercizio che, se soddisfa i requisiti di inerenza e competenza8, è deducibile nella determinazione del reddito d’impresa (a scelta del contribuente, nell’esercizio in cui è stato sostenuto o in quote costanti nell’esercizio stesso e nei quattro successivi9); lo sponsee riceve il corrispettivo (in denaro o in natura) del servizio prestato e tale corrispettivo costituisce un componente positivo del suo reddito imponibile. 4.1.1 Imposte sul reddito dello sponsor Le spese di sponsorizzazione non sono specificamente regolamentate sotto il profilo tributario ed è pertanto necessario individuare le caratteristiche risultanti dal contratto ai fini di un corretto inquadramento10. 7 8 9 Sul Washington Post del 3.7.2012 è apparso un articolo secondo cui “l’Italia, patria di 47 siti riconosciuti dall’Unesco patrimonio mondiale e di 60 mila siti archeologici ufficiali, è alla guida di questo nuovo trend di ricorrere ai privati per proteggee i suoi tesori d’arte”. Secondo Antonia Pasqua Recchia, Segretario generale del Mibac, il privato è ben accetto “non solo perché porta con sé denaro ma perché porta con sé consapevolezza sociale. Si tratta di un’allargamento della responsabilità sociale di ciascuno nei confronti di un patrimonio che, in prima istanza, è tutelato dallo Stato. Questo non vuol dire che il privato può fare tutto. Ci sono le regole”. Principi generali richiamati dall’art. 109 (già art. 75) del TUIR. Art. 108 co. 2 primo periodo del TUIR. Il termine “sostenuto” non fa riferimento ad un criterio di cassa, bensì ad un concetto di competenza, ovvero di correlazione costi/ricavi. 10 Vedasi Giovanardi A. “I contratti di sponsorizzazione”, Diritto e pratica tributaria, I, 1994: “Il trattamento tributario dei costi gravanti sull’impresa sponsor non è espressamente disciplinato. 46 I commercialisti e l’arte Se il contratto di sponsorizzazione é redatto con chiara indicazione delle obbligazioni reciproche si evita che l’erogazione possa essere riportata al “carattere di gratuità”, insito nelle spese di rappresentanza, per le quali è previsto un limite percentuale di deducibilità11; si evita altresì che il costo di sponsorizzazione possa essere riportato ad una erogazione liberale, della quale non avrebbe i requisiti formali per essere deducibile dal reddito d’impresa: trattasi di cautele importanti. La deducibilità delle spese di sponsorizzazione è stata oggetto di differenti e contrastanti posizioni; di conseguenza è utile un breve riepilogo delle varie interpretazioni succedutesi nel tempo. L’Amministrazione finanziaria aveva affermato, fin dal 1974, che gli oneri derivanti dalla sponsorizzazione dovevano ritenersi, “in linea di massima”, spese pubblicitarie a condizione che avessero “come scopo unico, quello di reclamizzare il prodotto commerciale per incrementarne i ricavi” e sempreché vi facesse riscontro “una somma di obblighi contrattuali, anche in fatto osservati, a carico delle società percipienti”; aggiungeva inoltre che, in caso contrario, tali spese “non avrebbero potuto essere considerate diversamente da mere elargizioni a titolo di liberalità”12. Con l’introduzione della disciplina specifica delle spese di rappresentanza13 (a deducibilità limitata con criteri forfetari) si sviluppò un orientamento (cfr. Se.C.I.T.14 e Comitato consultivo per l’applicazione delle norme antielusive15) secondo il quale, quando la “sponsorizzazione ha come finalità la valorizzazione dell’immagine dell’impresa, e non del prodotto, le relative spese non dovrebbero essere considerate di 11 12 13 14 15 Questo fatto non dovrebbe creare alcun problema perché, dato che la sponsorizzazione è una forma alternativa di pubblicità, i costi sostenuti per essa non potrebbero che ricondursi alle spese di pubblicità e propaganda, di cui al secondo comma dell’art. 74 (ora art. 108 T.U.I.R.), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917”. Art. 108 co. 2 secondo periodo del TUIR e DM 19.11.2008. R.M. 5.11.74 n. 1016. All’epoca, non esisteva ancora una disciplina specifica per le spese di rappresentanza. L’art. 26 co. 12 del DL 2.3.89 n. 69 ha previsto la deducibilità nel limite di un terzo del loro ammontare, in quote costanti per cinque esercizi a partire da quello del loro sostenimento. In proposito, Lupi R. “I diversi motivi di diffidenza del fisco per la sponsorizzazione e la rappresentanza”, Rassegna tributaria, 5, 2002, p. 1569 “La limitazione alla deducibilità, prevista dall’art. 74, non presuppone una “inerenza parziale” della singola spesa, ma le difficoltà del Fisco ad accertare la destinazione della singola spesa, che potrebbe essere in concreto inerente al cento per cento, ovvero sostenuta per soli fini privati: si conferma così la ragione del forfait di un terzo, sul complesso delle spese. Ed è per questa logica forfetaria che l’applicazione della deducibilità limitata è sostenibile anche quando è dimostrato che la singola spesa di rappresentanza è una di quelle di cui nessuna impresa potrebbe fare a meno”. Delibera Se.C.I.T. 22.1.93 n. 7. Parere Comitato consultivo 24.2.2004 n. 1. Da ultimo vedi anche Cass. 23.4.2007 n. 9567 (relativa ad una rettifica del reddito imponibile dell’anno 1990). 47 Cap. VI - I profili fiscali delle sponsorizzazioni pubblicità”, mancando una connessione diretta tra la spesa ed il conseguimento del ricavo16. La tesi del Se.C.I.T. portava ad una conclusione assurda: per le imprese che, per la natura della loro attività, possono pubblicizzare esclusivamente la propria immagine i costi pubblicitari sarebbero sempre stati riconducibili a spese di rappresentanza17! Risultava quindi importante mettere in rilievo la diversa natura del rapporto giuridico alla base dell’erogazione; infatti: le spese di rappresentanza presuppongono un contratto a favore di terzi, dove il terzo è beneficiario dell’accordo stipulato dall’impresa con il soggetto incaricato di effettuare la prestazione, soggetto che può essere di volta in volta un albergatore, un ristoratore, un’agenzia di viaggi18; la sponsorizzazione è regolata da un contratto, nell’ambito del quale i rapporti si esauriscono tra le parti contraenti. Tali concetti sono da sempre richiamati dall’Amministrazione finanziaria nelle proprie risoluzioni19. Con riferimento alle spese di sponsorizzazione l’Amministrazione finanziaria20, già nel 2000, allontanandosi dalla tesi del Se.C.I.T., affermava che la classifica16 17 18 19 20 48 Ancora, Lupi R., cit. “Dietro le nebulose distinzioni operate a suo tempo dai Superispettori si intravede peraltro una diversa preoccupazione, consistente nella idoneità di sponsorizzazioni “di comodo” a coprire fenomeni di evasione fiscale. Mentre infatti la pubblicità viene canalizzata su grandi imprese editoriali o comunque su soggetti sicuramente commerciali, come le agenzie pubblicitarie, le sponsorizzazioni avvenivano spesso direttamente nei confronti di associazioni non titolari di reddito d’impresa, o di comitati occasionali, in relazione ai quali era legittimo il sospetto dell’emissione di ricevute per somme eccedenti quelle realmente percepite”. In tal senso Dezzani F. “Le sponsorizzazioni nel mirino del SE.C.I.T.”, Il fisco, 33, 1993, p. 8512: “La tesi del SE.C.I.T. non è applicabile alla realtà di marketing delle imprese, le quali adottano come segno distintivo del prodotto sia la ragione sociale della società che un marchio di fantasia. Ad esempio Fiat, Alfa Romeo e Lancia sono stati simultaneamente marchio di prodotto e denominazione sociale dell’impresa, come pure San Pellegrino che è marca di acqua minerale e ragione sociale dell’impresa che imbottiglia la stessa acqua minerale. Se questa è la situazione del mercato, non ha significato pratico sostenere che le spese di pubblicità hanno come oggetto il prodotto (bene o servizio), mentre le spese di rappresentanza riguardano la ditta (l’immagine o i segni distintivi dell’imprenditore: nome, ragione sociale, sigla o altro). Sovente la ditta e il marchio del prodotto coincidono, Ma anche quando la ditta e il marchio del prodotto hanno un diverso segno distintivo, la diffusione del segno distintivo della ditta agevola consistentemente la vendita del prodotto o dei servizi. Ad esempio la pubblicità “Rinascente” o “Standa” non riguarda un prodotto, ma il segno distintivo della società, la cui funzione è quella di richiamare i clienti ad effettuare gli acquisti nei punti vendita gestiti da dette catene distributive. Nel caso in oggetto, sarebbe privo di significato commerciale fare pubblicità al prodotti, che sono fabbricati da terzi, mentre ha una funzione economica fare pubblicità alla denominazione della catena distributiva, che coincide con la ragione sociale dell’impresa”. Vedasi Giovanardi A., cit. Ris. Dir. Gen. Imp. Dir. 5.11.74 n. 2/1016 e Min. Finanze 17.6.92 n. 9/2004. Ris. 8.9.2000 n. 137. I commercialisti e l’arte zione di tali spese fra quelle di pubblicità o fra quelle di rappresentanza (a seconda che vengano sostenute per l’offerta di un prodotto o per dare al pubblico un’immagine positiva dell’impresa), conservava “una propria validità solo tendenziale, in quanto sempre più la pubblicità stessa si incentra sull’impresa più che sul prodotto in quanto tale. E, in ogni caso, il fine è incrementare, direttamente o indirettamente, i ricavi e l’attività propria”. In effetti, nella moderna economia assistiamo quotidianamente ad un continuo mutamento nelle tecniche di volta in volta utilizzate dalle apposite organizzazioni di marketing, per cui le campagne pubblicitarie sono sempre più rivolte non tanto a reclamizzare il prodotto come tale, quanto a far sì che l’impresa venga percepita come un elemento indispensabile allo sviluppo della comunità socio-politica in cui è inserita. La pubblicità legata unicamente al prodotto ha perso i connotati tipici che l’avevano da sempre caratterizzata, nel senso cioè di dover essere razionale e convincere che un prodotto è buono e conveniente. Nuovo modo di concepire una pubblicità del “sociale” piuttosto che una pubblicità del “prodotto” può essere ravvisato in quello che nella terminologia anglosassone viene definito cause related marketing (crm). Termine con il quale si intende una nuova tecnica pubblicitaria (rivolta ai consumatori-cittadini più che ai consumatori-clienti) che consiste nel valorizzare un marchio o nel lanciare un prodotto destinando risorse predeterminate o percentuali di ricavi, al restauro di un’opera d’arte o al finanziamento di una struttura pubblica o ancora nell’abbinare il proprio marchio a un’iniziativa di solidarietà sociale o ad un progetto di interesse collettivo21. Ancor di più l’Agenzia delle Entrate ebbe a dire che non contrasta con la qualificazione quali spese di pubblicità e propaganda “il fatto che parte delle spese in esame siano state sostenute per offrire gratuitamente delle prestazioni non solo alla clientela, reale o potenziale, ma anche a soggetti neanche potenzialmente interessati alla produzione aziendale. Infatti, le spese sostenute dal contribuente, valutate nel loro complesso, appaiono finalizzate, nell’ambito di una manifestazione fieristica di promozione delle vendite, all’intrattenimento dei potenziali clienti dell’azienda ed a stabilire un significativo contatto con la comunità nella quale opera”22. La giurisprudenza ha, nel tempo, espresso opinioni altalenanti23. 21 Si veda anche ris. 14.11.2002 n. 356/E. Anche nella circ. 22.4.2003 n. 21/E, a proposito delle erogazioni a favore di società sportive dilettantistiche, non superiori all’importo annuo di 200.000 euro, considerate spese di pubblicità per il soggetto erogante si precisa che “i corrispettivi erogati devono essere destinati alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante” e “deve essere riscontrata, a fronte dell’erogazione, una specifica attività del beneficiario della medesima”. 22 Ris. 2.10.2002 n. 316/E. 23 Si vedano, in senso negativo, Cass. 23.4.2007 n. 9567 e Cass. 28.10.2009 n. 22790. 49 Cap. VI - I profili fiscali delle sponsorizzazioni Interessante l’affermazione dei giudici della Cassazione24 i quali, ricordando che la deduzione delle spese di pubblicità e propaganda non prescinde dal requisito dell’inerenza, il cui onere della prova ricade sul contribuente stesso, aggiungono che non significa che vi debba essere un legame specifico tra costo sostenuto e ricavi dell’impresa. Tale visione, infatti, “appare del tutto semplicistica ove intesa ad esaurire la prova della congruità della spesa al solo rapporto proporzionale tra i valori economici espressi nelle poste di bilancio (…), risultando del tutto carente rispetto al più esteso tema di indagine (…) concernente la congruità della spesa in quanto riferibile a potenziali utilità o vantaggi futuri (…) conseguibili dalla società contribuente e non conseguiti o conseguibili, invece, esclusivamente da soggetti terzi (ovvero dal soggetto pubblicizzato)”. Come abbiamo visto, l’assimilazione delle spese di sponsorizzazione alle spese di rappresentanza renderebbe fiscalmente molto oneroso il ricorso alla sponsorizzazione come strumento di comunicazione pubblicitaria. La classificazione delle spese di sponsorizzazione tra le spese di pubblicità discende, in effetti, da due ordini di ragioni. In primo luogo perché il costo attiene ad un contratto che prevede prestazioni reciproche; in secondo luogo perché destinataria dell’“utilità” (del quadro restaurato, dell’affresco conservato o tutelato, dell’evento culturale) è una generalità di soggetti, non individuabile preventivamente (non è infatti possibile determinare i soggetti che ammireranno l’opera d’arte restaurata o parteciperanno alla manifestazione culturale). Dopo l’emanazione del codice dei beni culturali, alla luce del citato art. 120, si può affermare con certezza che la sponsorizzazione di un intervento di restauro, di conservazione o di valorizzazione di un bene artistico o comunque di un evento culturale, comporta sempre un onere che rientra nella categoria delle spese di pubblicità, indipendentemente dal fatto che l’obiettivo dell’impresa sia quello di promuovere il prodotto ovvero il marchio o l’immagine. Non esistendo, infatti, una norma fiscale speciale che regolamenti le spese di sponsorizzazione, non vi è motivo per disattendere la definizione onnicomprensiva dell’art. 120 del codice dei beni culturali. Viceversa, quando manchi il contratto di sponsorizzazione ed i terzi beneficiari di una manifestazione siano previamente individuati, occorre verificare in concreto se si possa parlare di sponsorizzazione o se si rientri nella categoria delle spese di rappresentanza. Infatti, in tal caso l’evento presenta una connotazione di gratuità (non c’è l’assunzione di obblighi di fare o di dare da parte di chi riceve l’erogazione). Ad analoga conclusione si può pervenire qualora sussista notevole squilibrio tra le prestazioni dello sponsee e dello sponsor, tale da escludere la 24 50 Cass. 16.11.2011 n. 24065. Vedasi anche, Cass. 11.10.97 n. 9880 in relazione a spese di pubblicità sostenute dal subfornitore per pubblicizzare il prodotto finale fabbricato o commercializzato da un’altra impresa, ipotesi in cui il subfornitore si attende comunque un “ritorno” in termini di incremento potenziale degli ordini di fornitura. I commercialisti e l’arte configurabilità di un rapporto sinallagmatico. Si giustifica pertanto, in tali casi, il regime di deducibilità limitata, proprio delle spese di rappresentanza. Per sgombrare il campo da ogni dubbio sulla integrale deducibilità delle spese di sponsorizzazione quali spese di pubblicità, giova richiamare la Legge finanziaria per il 200825 che ha modificato, con decorrenza dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31.12.2007, le disposizioni in merito alla deducibilità delle spese di rappresentanza. L’art. 108 co. 2 del TUIR recita ora: “Le spese di rappresentanza sono deducibili nel periodo d’imposta di sostenimento se rispondenti ai requisiti di inerenza e congruità stabiliti con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, anche in funzione della natura e della destinazione delle stesse, del volume dei ricavi dell’attività caratteristica dell’impresa e dell’attività internazionale dell’impresa. Sono comunque deducibili le spese relative a beni distribuiti gratuitamente di valore unitario non superiore a euro 50”. Il DM 19.11.2008 ha delineato i requisiti di inerenza e di congruità ed ha fissato limiti di deducibilità delle spese di rappresentanza, parametrandole ad una percentuale dell’ammontare dei ricavi e dei proventi della gestione caratteristica26. Rileva, in particolare, ai fini che qui interessano, l’essere stato previsto che, agli effetti dell’applicazione dell’art. 108 TUIR “si considerano inerenti, sempreché effettivamente sostenute e documentate, le spese per erogazioni a titolo gratuito di beni e servizi, effettuate con finalità promozionali o di pubbliche relazioni e il cui sostenimento risponda a criteri di ragionevolezza in funzione dell’obiettivo di generare anche potenzialmente benefìci economici per l’impresa ovvero sia coerente con pratiche commerciali di settore”. Ne consegue che l’inerenza è collegata alle finalità promozionali o di pubbliche relazioni, e che la caratteristica primaria delle spese di rappresentanza è la gratuità della spesa. La nuova normativa in tema di spese di rappresentanza definisce, quindi, un perimetro all’interno del quale esistono limiti alla deducibilità. Tutto quanto è spesa promozionale, con caratteristiche che la pongono fuori da quel perimetro, ovvero non è gratuita, è sicuramente da considerarsi spesa di pubblicità e, come tale, deducibile integralmente. Anche alla luce della nuova normativa fiscale in tema di spese di rappresentanza, non ha quindi più alcuna ragion d’essere l’impostazione del Comitato consultivo per l’applicazione delle norme antielusione: le spese di sponsorizzazione, non essendo gratuite, in quanto derivano da un rapporto sinallagmatico, non possono essere considerate spese di rappresentanza, anche se promuovono l’immagine, bensì devono essere considerate spese di pubblicità e sono pertanto integral25 26 L. 24.12.2007 n. 244. Le spese deducibili nel periodo d’imposta di sostenimento sono commisurate all’ammontare dei ricavi e proventi della gestione caratteristica dell’impresa risultanti dalla dichiarazione dei redditi relativa allo stesso periodo in misura pari: all’1,3% dei ricavi e altri proventi fino a euro 10 milioni; allo 0,5% dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente euro 10 milioni e fino a 50 milioni; allo 0,1 % dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente euro 50 milioni. 51 Cap. VI - I profili fiscali delle sponsorizzazioni mente deducibili tra i costi dell’impresa che le sostiene, indipendentemente da qualsiasi parametro limitativo. Recentemente la deducibilità delle spese di sponsorizzazione è stata nuovamente contestata dall’Agenzia delle Entrate per la “antieconomicità”, ritenendo quindi indeducibile il costo per difetto del requisito di inerenza, per elevatezza del costo e sproporzione del costo rispetto all’utile del periodo d’imposta. L’ufficio pare ritenere scontato che la società non possa sbagliare un investimento pubblicitario, programmato quando evidentemente l’imprenditore non conosce l’utile di quell’esercizio, né quanto economicamente possa fruttare un investimento in pubblicità. Viene così ribaltato l’onere probatorio in capo al contribuente che a distanza di anni dovrebbe dimostrare perché ha deciso quell’investimento e quanto ha reso. Nella stessa direzione un recente orientamento giurisprudenziale, pur con riferimento alla disciplina in vigore fino al periodo d’imposta 2007: la Suprema corte27 contesta la mancanza di prove di una “diretta aspettativa di ritorno commerciale” e riqualifica le spese sostenute nel novero di quelle di rappresentanza. Ancora secondo la Suprema Corte28, la deducibilità dei costi di sponsorizzazione non è subordinata all’incremento determinato e preciso dei ricavi essendo sufficiente una loro correlazione in senso ampio all’impresa. Più in generale, l’onere della prova sull’inerenza dei costi incombe sul contribuente solo quando vi siano dubbi sulla loro riconducibilità alla produzione del reddito o alla sfera imprenditoriale, ma se tali dubbi non sussistono l’onere permane in capo all’Amministrazione. 4.1.2 Imposte sul reddito dello sponsee Il trattamento fiscale del soggetto sponsorizzato dipende dalla sua qualificazione tributaria. Se lo sponsee è un’impresa o un ente commerciale, il corrispettivo conseguito costituisce un componente positivo del reddito d’impresa, ai fini dell’IRES e dell’IRAP. Se lo sponsee è un ente non commerciale, occorre distinguere: se la sponsorizzazione è occasionale, (ovvero si concretizza in un’operazione commerciale isolata), i relativi proventi, al netto dei costi, costituiscono “redditi diversi” (Titolo I Capo VII del TUIR), imponibili in capo all’ente; se la sponsorizzazione è abituale, la stessa configura esercizio di “attività commerciale” ed i relativi proventi costituiscono componenti positivi del reddito d’impresa; correlativamente i costi sostenuti per eseguire la prestazione sono deducibili29. Con riferimento agli enti non commerciali, occorre tener presente che la qualifica di ente non commerciale viene meno qualora l’attività commerciale sia pre27 Cass. 5.3.2012 n. 3433. Cass. 27.4.2012 n. 6548. 29 Il tutto viene gestito con una “contabilità separata” (art. 144 co. 2 del TUIR) rispetto a quella “complessiva” dell’ente non commerciale, in modo da distinguere il settore “istituzionale” e quello “commerciale”. 28 52 I commercialisti e l’arte valente (ricavi maggiori del 50%) per un intero periodo d’imposta30, risultando così attratti all’attività commerciale anche i ricavi da attività istituzionale; pertanto, stante la natura commerciale dei ricavi da sponsorizzazione, gli stessi concorrono a tale verifica di prevalenza. È utile altresì ricordare che quando il soggetto sponsorizzato sia lo Stato o un ente pubblico31 non si ricade nelle suddette previsioni, essendo prevista un’esclusione di carattere soggettivo che prescinde dalle attività concretamente esercitate. Nel caso di corrispettivi erogati in virtù di contratti di sponsorizzazione a società e associazioni sportive dilettantistiche in misura eccedente rispetto all’importo annuo di € 200.00032 tali somme “in quanto proventi derivanti dallo svolgimento di attività commerciali da parte degli stessi enti, - concorreranno alla determinazione dell’importo di 250.000 euro, il cui superamento implica la decadenza dai benefici previsti dalla legge n. 398 del 1991, con conseguente applicazione del regime tributario ordinario previsto agli effetti delle imposte sui redditi e dell’IVA, sia per quanto riguarda la determinazione delle imposte che ai fini degli adempimenti contabili”33. 4.2 Imposta sul valore aggiunto Il corrispettivo della sponsorizzazione è sempre soggetto all’imposta sul valore aggiunto, con obbligo di emissione della fattura: sia quando il soggetto sponsorizzato riveste la qualifica di impresa o di ente commerciale; sia quando il soggetto sponsorizzato è un ente non commerciale, per il quale sono imponibili IVA esclusivamente i ricavi da cessioni di beni e da prestazioni di servizi svolte nell’esercizio di attività commerciali o agricole; ciò in quanto, per presunzione assoluta, hanno natura commerciale i ricavi da prestazioni pubblicitarie34; le prestazioni pubblicitarie sono quindi da assoggettare ad IVA35 con detraibilità di quella relativa ai costi sostenuti per l’attività di sponsorizzazione. In presenza di sponsorizzazione con obblighi di dare o fare, (cosiddetta sponsorizzazione tecnica), si configura una operazione permutativa (ex art. 11 del DPR 30 31 Art. 149 del TUIR. Vedasi l’art. 74 co. 1 del TUIR il quale recita “Gli organi e le amministrazioni dello Stato, compresi quelli ad ordinamento autonomo, anche se dotati di personalità giuridica, i comuni, i consorzi tra enti locali, le associazioni e gli enti gestori di demanio collettivo, le comunità montane, le province e le regioni non sono soggetti all’imposta”. 32 Art. 90 co. 8 della L. 27.12.2002 n. 289. Ris. 23.6.2010 n. 57/E e ris. 7.11.2006 n. 123/E. 34 Art. 4 co. 5 del DPR 26.10.72 n. 633 ove si precisa “ancorché esercitate da enti pubblici”. Sulla assoggettabilità ad IVA delle attività di sponsorizzazione effettuate da un ente pubblico vedasi la R.M. 11.7.2005 n. 88/E. 35 Vedasi in proposito la ris. Agenzia delle Entrate 11.7.2005 n. 88. 33 53 Cap. VI - I profili fiscali delle sponsorizzazioni 26.10.72 n. 633). Le prestazioni rese dai contraenti sono soggette ad autonoma e reciproca fatturazione, con base imponibile pari al valore normale dei beni e dei servizi che formano oggetto di ognuna delle due operazioni36, determinato con riferimento: al valore commerciale o di mercato dell’intervento pubblicitario concesso dall’Amministrazione Pubblica; al valore commerciale o di mercato della prestazione o della fornitura fornita gratuitamente dallo sponsor. Ovviamente per il destinatario della fattura, l’imposta sul valore aggiunto sarà detraibile secondo gli ordinari criteri37. 5 Considerazione conclusive Si diceva all’inizio dell’origine latina del termine sponsor. In realtà lo sponsor dell’epoca romana non aveva il ruolo che attualmente gli attribuiamo: era infatti lo Stato a farsi carico dei giochi e delle feste. Figura speculare al moderno sponsor la troviamo invece in Atene: nella Grecia antica il corego era colui che finanziava l’allestimento degli spettacoli teatrali in occasione delle feste liturgiche. Solitamente si trattava di un cittadino facoltoso, designato dal magistrato, a cui competeva l’organizzazione della celebrazione; il corego garantiva un versamento alla polis, versamento che ne accresceva la popolarità. Nel 335 a.c., per commemorare la vittoria della squadra teatrale finanziata dal corego Lisicrate, fu eretto ad Atene un piccolo monumento a struttura circolare ornato da colonne corinzie che si innalzava su un podio quadrato. In quei tempi, si creava ricchezza con la cultura, e viceversa. Il nostro paese può fare altrettanto. Si tratta di un percorso virtuoso: lo sponsor finanzia il restauro, pubblicizza l’azienda o i suoi prodotti utilizzando l’immagine del bene culturale, che viene in tal modo esso stesso pubblicizzato, fatto conoscere ad una massa di possibili fruitori, accrescendo in tal modo possibilità di lavoro e di creazione di ricchezza, anche con il turismo. Basta riuscire ad innescare il meccanismo, superando gli ostacoli di carattere culturale e fiscale che per lungo tempo hanno limitato la diffusione della sponsorizzazione dei beni culturali. 36 37 54 Così l’Agenzia delle Entrate con lettera 23.9.2002 n. 150657. Giova in proposito ricordare che, invece, ai sensi dell’art. 19bis1 n. 4 del DPR 633/72 non è ammessa in detrazione l’imposta relativa alle spese di rappresentanza, come definite ai fini delle imposte sul reddito, tranne quelle sostenute per l’acquisto di beni di costo unitario non superiore a € 25,82. I commercialisti e l’arte CAPITOLO VII I PROFILI FISCALI DEGLI IMMOBILI “VINCOLATI” PAMELA ALBERTI E ARIANNA ZENI 1 Premessa I titolari del diritto di proprietà su immobili vincolati sono soggetti a stringenti limitazioni imposte dalla legge. Tuttavia, la L. 30.12.91 n. 413 ha introdotto nel nostro ordinamento uno speciale trattamento ai fini fiscali per gli immobili riconosciuti di interesse storico o artistico ai sensi dell’art. 3 della L. 1.6.39 n. 1089, ora trasferito nell’art. 13 del DLgs. 22.1.2004 n. 42 (codice dei beni culturali e del paesaggio). Il presente capitolo intende evidenziare la disciplina fiscale di favore riconosciuta a tale particolare categoria di immobili, alla luce delle modifiche apportate dal DL 16/20121. 2 Nozione di immobili vincolati Costituiscono beni culturali soggetti a vincolo gli immobili riconosciuti di interesse storico, artistico, archeologico o etnoantropologico2. Il riconoscimento dell’interesse rilevante per motivi storici, artistici, archeologici, culturali avviene mediante apposita notificazione amministrativa effettuata ai privati proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo. Il vincolo, allo stato attuale, si sostanzia nella “dichiarazione di interesse pubblico” ex artt. 12 - 13 del DLgs. 42/2004. Obblighi derivanti dal “vincolo” L’apposizione del vincolo sui beni culturali determina l’insorgere dei seguenti obblighi: non possono essere demoliti, deteriorati, danneggiati o adibiti ad uso non compatibile con il loro interesse storico o artistico oppure in grado di recare pregiudizio alla loro conservazione ed integrità, senza la preventiva autorizzazione ministeriale (art. 20 del DLgs. 42/2004); 1 2 Cfr. Corradin C. “Regime fiscale degli immobili vincolati”, Schede di Aggiornamento, 6, 2012, p. 927 ss. Per approfondimenti sulla nozione di bene culturale e sull’apposizione del “vincolo”, si rinvia ai precedenti cap. I e II del presente Volume. Al riguardo, si veda anche lo studio Consiglio nazionale del Notariato 5019/2004, disponibile in Banca Dati Eutekne. 55 Cap. VII - I profili fiscali degli immobili “vincolati” occorre obbligatoriamente sostenere le spese necessarie alla conservazione, protezione o restauro dell’immobile vincolato (art. 30 del DLgs. 42/2004); non si può stipulare alcun atto a titolo oneroso o gratuito che comporti in tutto o in parte il trasferimento della proprietà o della detenzione dell’immobile senza farne previa denuncia al Ministero competente (al quale spetta la prelazione); deve essere consentito l’eventuale accesso al pubblico. 3 Imposte sui redditi A decorrere dal 2012, sono state apportate rilevanti novità, soprattutto con riferimento ai soggetti IRPEF, alla disciplina degli immobili di interesse storico-artistico. 3.1 Unità immobiliari urbane vincolate possedute da soggetti IRPEF Con riferimento ai soggetti IRPEF, a decorrere dal 2012, l’imposta municipale propria (IMU) sostituisce l’IRPEF e le relative addizionali dovute sui redditi fondiari relativi agli immobili non locati. Inoltre, come si vedrà meglio in seguito, il DL 16/2012 ha abrogato la disciplina di favore prevista dall’art. 11 co. 2 della L. 413/913, in base al quale “in ogni caso, il reddito degli immobili riconosciuti di interesse storico o artistico, ai sensi dell’articolo 3 della legge 1-6-1939, n. 1089, e successive modificazioni e integrazioni, è determinato mediante l’applicazione della minore tra le tariffe d’estimo previste per le abitazioni della zona censuaria nella quale è collocato il fabbricato”. Il significato della locuzione “in ogni caso” ha dato luogo, nel tempo, a opposte interpretazioni4. L’Amministrazione finanziaria, intervenuta più volte per sostenere che la citata norma risultasse applicabile soltanto nell’ipotesti di immobili non locati, si è poi allineata con l’orientamento giurisprudenziale prevalente, riconoscendo l’applicabilità dello speciale trattamento introdotto dall’art. 11 co. 2 della L. 413/91 anche nell’ipotesi di immobili concessi in locazione, a prescindere dalla categoria catastale degli stessi (abitativa, commerciale, speciale, ecc.). Successivamente è mutato l’oggetto della disputa, prendendo in considerazione dapprima gli immobili locati con destinazione diversa da quella abitativa e infine gli immobili posseduti da società5. 3 4 5 56 Per approfondimenti sulle detrazioni fruibili dai soggetti IRPEF, si rinvia al successivo cap. XI. Di Marino M., Pardi M. “Imposte dirette per gli immobili di interesse storico e artistico vincolati”, Il fisco, 9, 2011, 1, p. 1342 ss e Lunelli R. “Fisco e beni culturali. Vantaggi tributari e agevolazioni degli interventi di salvaguardia e di valorizzazione”, Il fisco, 27, Monografia 1, 2006. Sulla tematica, si veda anche Spina S. “La tassazione del reddito di locazione degli immobili vincolati”, Schede di Aggiornamento, 4, 2001, p. 661 ss. Di Marino M., Pardi M. “Imposte dirette per gli immobili di interesse storico e artistico vincolati”, Il fisco, 9, 2011, 1, p. 1342. I commercialisti e l’arte 3.1.1 Immobili vincolati non locati Come regola di fondo, il reddito fondiario derivante dal possesso di unità immobiliari urbane che non siano concesse in locazione a terzi, ai sensi dell’art. 37 co. 1 del TUIR, è, fino al 31.12.2011, pari alla relativa rendita catastale iscritta in Catasto, rivalutata del 5%. A partire dall’anno 2012, l’art. 13 del DL 201/2011, conv. L. 214/2011, ha introdotto in via sperimentale l’imposta municipale propria (IMU). L’art. 8 co. 1 del DLgs. 23/2011 stabilisce che, in relazione alla componente immobiliare, l’IMU sostituisce, tra l’altro, l’IRPEF e le relative addizionali dovute rispetto ai redditi fondiari relativi ai beni non locati. Pertanto, a far data dall’1.1.2012, in relazione alle unità immobiliari urbane non locate sarà dovuta l’IMU, mentre non saranno più dovute l’IRPEF e le relative addizionali6. Si osserva altresì che, con riferimento agli immobili storico-artistico, a partire dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31.12.2011 (2012, per i soggetti “solari”), il regime agevolato di cui all’art. 11 co. 2 della L. 30.12.91 n. 413 è stato abrogato ad opera dell’art. 4 co. 5-quater del DL 2.3.2012 n. 16 (conv. L. 26.4.2012 n. 44). Disciplina in vigore sino al 31.12.2011 Sino al periodo d’imposta in corso al 31.12.2011 (2011 per i “solari”), ai fini IRPEF, se i fabbricati abitativi non locati a terzi sono assoggettati a vincolo per il loro particolare interesse storico-artistico (DLgs. 22.1.2004 n. 42), non rilevava la rendita risultante in Catasto, bensì quella determinata in base alla minore delle tariffe d’estimo previste per le abitazioni della zona censuaria in cui è ubicato il fabbricato. Ai sensi dell’art. 11 co. 2 della L. 391/97, infatti, “in ogni caso, il reddito degli immobili riconosciuti di interesse storico o artistico, ai sensi dell’articolo 3 della legge 1-6-1939, n. 1089, e successive modificazioni e integrazioni, è determinato mediante l’applicazione della minore tra le tariffe d’estimo previste per le abitazioni della zona censuaria nella quale è collocato il fabbricato”. Tale disposizione derogava, quindi, alla disciplina generale prevista ai fini IRPEF dagli artt. 36 ss. del TUIR, per effetto dei quali il reddito dei fabbricati va determinato sulla base della rendita catastale, o, se locati, sulla base del maggior valore tra la rendita catastale ed i canoni di locazione risultanti dal contratto7. Il reddito fondiario, sino al periodo d’imposta in corso al 31.12.2011, è quindi pari a: Temin consistenza 105 100 dove: 6 7 Si veda il successivo § 4. Cotto A., Odetto G., Valente G. “TUIR”, Guide e Soluzioni, IPSOA, Milano, 2012, p. 517 ss. 57 Cap. VII - I profili fiscali degli immobili “vincolati” Temin = consistenza = minor tariffa d’estimo prevista per le abitazioni della zona censuaria in cui è ubicato il fabbricato; numero di vani catastali dell’abitazione. Il regime agevolato per gli immobili di interesse storico-artistico si applica sia agli edifici a destinazione abitativa che a quelli aventi altra destinazione (circ. Agenzia delle Entrate 17.1.2006 n. 2)8. Con riferimento ai fabbricati aventi destinazione non abitativa, sorge la necessità di tradurre in vani utili la consistenza espressa diversamente (es. per i C/6 o i C/1, in mq). La C.M. 10.6.93 n. 7/1106, § 5.28, ha chiarito che l’operazione può essere attuata adottando la nozione di vano medio catastale. 3.1.2 Immobili vincolati locati L’art. 4 co. 5 a 5-sexies del DL 2.3.2012 n.16 convertito nella L. 26.4.2012 n. 44, con effetto dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31.12.2011 (2012, per i soggetti “solari”), ha: abrogato l’art. 11 co. 2 della L. 413/91 a norma del quale, in ogni caso, il reddito degli immobili storici o artistici doveva essere determinato mediante l’applicazione della minore tra le tariffe d’estimo previste per le abitazioni della zona censuaria nella quale è collocato il fabbricato (art. 4 co. 5quater del DL 16/2012 convertito); disposto (modificando l’art. 37 del TUIR) che, per gli immobili storici o artistici locati, qualora il canone risultante dal contratto, ridotto forfetariamente del 35%, sia superiore alla rendita catastale rivalutata del 5%, il reddito è determinato in misura pari a quella del canone di locazione al netto di tale riduzione (art. 4 co. 5-sexies lett. a))9. Quindi, a norma di tale disposizione, il reddito fondiario risulta pari al maggior ammontare tra: il canone risultante dal contratto di locazione, ridotto forfetariamente del 35%, e la rendita catastale iscritta in Catasto, rivalutata del 5%. Decorrenza La disposizione, pur applicandosi con effetto dal periodo di imposta successivo al 31.12.2011 (2012, per i soggetti “solari”), obbliga i contribuenti alla rideterminazione degli acconti dovuti per il medesimo periodo assumendo quale imposta 8 9 58 La circolare ha recepito l’evoluzione dell’orientamento della Corte di Cassazione, in particolare le sentenze 23.5.2005 n. 10860 e n. 10862. Per l’applicabilità dell’agevolazione in commento solo alle unità immobiliari abitative, si veda la Cass. 19.12.2002 n. 11211. Per un primo commento, si veda Borgoglio A. “Agevolazioni ridimensionate per gli immobili storico-artistici”, Il Quotidiano del Commercialista, www.eutekne.info, 1.5.2012. I commercialisti e l’arte del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata applicando le nuove disposizioni10. Regime in vigore fino al periodo d’imposta in corso al 31.12.2011 Il reddito fondiario degli immobili aventi destinazione abitativa locati a terzi riconosciuti di interesse storico o artistico (DLgs. 22.1.2004 n. 42) era rappresentato dalla rendita catastale determinata assumendo la minore delle tariffe d’estimo della zona censuaria in cui è ubicato il fabbricato concesso in locazione. La tariffa d’estimo così individuata doveva essere moltiplicata per la consistenza (espressa in vani utili). La rendita catastale ottenuta, a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31.12.96 (1997), doveva quindi essere rivalutata del 5%. La determinazione del reddito delle unità immobiliari soggette a vincolo sulla base della minore delle tariffe d’estimo previste nella stessa zona censuaria competeva a prescindere dalla circostanza che le stesse fossero utilizzate direttamente, tenute a disposizione ovvero locate a terzi. Lo stesso regime agevolato competeva rispetto ai fabbricati soggetti a vincolo non aventi destinazione abitativa (es. negozi, uffici, ecc.), ancorché locati a terzi11. La Suprema Corte ha più volte affermato che l’agevolazione spetta anche nel caso in cui l’immobile di interesse storico-artistico sia locato12. Tale posizione è stata condivisa anche dall’Amministrazione finanziaria, con le circ. 14.3.2005 n. 9 e 17 .1. 2006 n. 2, nonché con la ris. 9.3.2011 n. 2813. Modalità di compilazione del modello UNICO Le istruzioni al modello UNICO PF 2012 hanno previsto uno specifico codice di utilizzo degli immobili di interesse storico e/o artistico concessi in locazione, da indicare nel quadro relativo ai redditi dei fabbricati. In particolare, è stato introdotto il codice 16 da indicare nella colonna 2 (utilizzo) nel quadro RB sez. I del modello UNICO PF 2012. Cedolare secca Resta fermo che anche per questa tipologia di immobili è possibile optare per il regime della cedolare secca14. 10 Per approfondimenti, si veda Corradin C. “Regime fiscale degli immobili vincolati”, Schede di Aggiornamento, 6, 2012, p. 927 ss. 11 Circ. Agenzia delle Entrate 17.1.2006 n. 2, Cass. 3.2.2005 n. 2178, Cass. 23.5.2005 n. 10860 e 10862. 12 Da ultimo, Cass. 18.6.2009 n. 14149, Cass. 23.2. 2007 n. 4251 e Cass. 23.5.2005 n. 10862. In tal senso si è espressa anche la Corte Costituzionale, con la sentenza 28.11.2003 n. 346. Si veda anche la C.T. Prov. Asti 16.5.2011 n. 107/1/11. Per un commento, si rinvia a Zeni A. “Immobili storico-artistici “locati”, il regime agevolato resta valido”, Il Quotidiano del Commercialista, www.eutekne.info, 19.10.2011. 13 Disponibili in Banca Dati Eutekne. 59 Cap. VII - I profili fiscali degli immobili “vincolati” 3.1.3 Cessione a titolo gratuito di immobili vincolati L’art. 37 co. 2 della L. 6.12.91 n. 394 (legge quadro sulle aree protette) prevede la deducibilità ai fini IRPEF del controvalore in denaro dei beni immobili che: siano vincolati ai sensi del DLgs. 22.1.2004 n. 42 (che ha sostituito la L. 29.6.39 n. 1497), oppure siano assoggettati a vincolo di inedificabilità; vengano ceduti a titolo gratuito allo Stato, ad altri enti pubblici, ad associazioni e fondazioni private legalmente riconosciute, le quali, senza scopo di lucro, svolgono o promuovono attività dirette alla tutela del patrimonio ambientale. La donazione deve avvenire allo scopo di assicurare la conservazione del bene nella sua integrità, per il godimento delle presenti e delle future generazioni. Il controvalore del bene deve essere stabilito dal competente organo periferico del Ministero per i Beni culturali e ambientali, d’intesa con l’ufficio del Territorio competente. La deducibilità spetta fino ad un massimo del 25% del reddito annuo imponibile. Inoltre, ai sensi dell’art. 3 co. 7 del DLgs. 14.3.2011 n. 23, ai fini in esame nel “reddito imponibile” devono essere ricompresi anche i redditi dei fabbricati assoggettati alla cedolare secca sulle locazioni15. 3.2 Unità immobiliari vincolate possedute da imprese Nell’ambito del reddito d’impresa, occorre distinguere gli immobili in relazione alla loro natura. Brevemente, si ricorda che gli immobili dell’impresa possono essere qualificati come: immobili merce, alla cui produzione e scambio è diretta l’attività d’impresa (art. 83 del TUIR); immobili strumentali all’esercizio d’impresa (art. 43 del TUIR); immobili patrimoniali, vale a dire gli immobili diversi da quelli strumentali per l’esercizio dell’impresa e da quelli alla cui produzione o scambio è diretta l’attività d’impresa (art. 90 del TUIR)16. 14 A norma dell’art. 3 del DLgs. 14.3.2011 n. 23, a decorrere dal 2011, il locatore di immobili ad uso abitativo che non agisca nell’esercizio di un’attività d’impresa, arte e professioni può scegliere di optare per il pagamento della “cedolare secca” in sostituzione dell’IRPEF, delle relative addizionali, dell’imposta di registro e dell’imposta di bollo sul canone di locazione. Per approfondimenti sulla cedolare secca, si vedano Corradin C. “Chiarimenti ufficiali sulla cedolare secca (circ. Agenzia delle Entrate 1.6.2011 n. 26)”, Schede di Aggiornamento, 6, 2011, p. 899 ss. e Fornero L., Mauro A., Negro M., Zeni A. “IRAP e imposte indirette”, Guide e Soluzioni, IPSOA, Milano, 2011, p. 1183 ss. 15 Per approfondimenti sulla cedolare secca, si vedano Fornero L., Mauro A., Negro M., Zeni A. “IRAP e imposte indirette”, Guide e Soluzioni, IPSOA, Milano, 2011, p. 1183 ss. 16 Per approfondimenti, si rinvia a Cotto A., Odetto G., Valente G. “TUIR”, Guide e Soluzioni, IPSOA, Milano, 2012, p. 1131 ss. 60 I commercialisti e l’arte 3.2.1 Proventi immobiliari Per quanto concerne gli immobili patrimonio “vincolati” delle imprese, l’art. 4 co. 5-sexies lett. b) del DL 16/2012 convertito, modificando l’art. 90 del TUIR, dispone che17: se si tratta di unità immobiliari di interesse storico o artistico, il loro reddito medio ordinario (rendita catastale) è ridotto del 50%; nel caso di immobili storici o artistici locati, qualora il canone risultante dal contratto di locazione ridotto del 35% risulti superiore al reddito medio ordinario dell’unità immobiliare, il reddito è determinato in misura pari a quella del canone di locazione al netto di tale riduzione. Pertanto, a differenza di quanto avveniva in precedenza, per cui i canoni di locazione degli immobili storici o artistici non assumevano rilevanza ai fini della tassazione, basata soltanto sulla minore rendita catastale della zona censuaria di appartenenza dell’immobile ex art. 11 co. 2 della L. 413/9118, “ora invece, con la novella legislativa de qua, i canoni assumono rilevanza, nella stragrande maggioranza dei casi, nella misura del 65% del loro ammontare, essendo tale importo di solito superiore alla rendita catastale”19. Decorrenza Le modifiche apportate dal DL 16/2012 si applicano a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31.12.2011; si tratta, per i soggetti “solari”, del periodo d’imposta 2012 (UNICO 2013). La disposizione, pur applicandosi con effetto dal periodo di imposta successivo al 31.12.2011 (2012, per i soggetti “solari”), obbliga i contribuenti alla rideterminazione degli acconti dovuti per il medesimo periodo assumendo quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata applicando le nuove disposizioni. Regime in vigore ante DL 16/2012 Secondo quanto chiarito dalla ris. Agenzia delle Entrate 3.8.2006 n. 99, il componente positivo di reddito d’impresa (provento immobiliare) generato dagli immobili patrimoniali, ancorché locati, soggetti a vincolo ex DLgs. 42/2004 in quanto di particolare interesse storico e artistico, è pari alla rendita catastale computata in base alla minore delle tariffe d’estimo previste per la stessa zona censuaria, rivalutata del 5% (art. 11 co. 2 della L. 413/91). La citata ris. 99/2006 ha precisato che il predetto co. 2 dell’art. 11, che prevede un criterio catastale di determinazione del reddito limitatamente agli immobili di 17 Cfr. Corradin C. “Regime fiscale degli immobili vincolati”, Schede di Aggiornamento, 6, 2012, p. 937. 18 Disposizione abrogata ad opera dell’art. 4 co. 5-quater del DL 2.3.2012 n. 16 (conv. L. 26.4.2012 n. 44). 19 Borgoglio A. “Agevolazioni ridimensionate per gli immobili storico-artistici locati”, Il Quotidiano del Commercialista, www.eutekne.info, 1.5.2012. 61 Cap. VII - I profili fiscali degli immobili “vincolati” interesse storico e/o artistico, può trovare applicazione all’interno delle norme che disciplinano il reddito d’impresa esclusivamente nel caso degli immobili patrimoniali e non anche relativamente ad immobili che rappresentino beni merce o strumentali per l’esercizio dell’impresa. In senso conforme si è espressa la Corte di Cassazione, nella sentenza 16.12.2009 n. 26343, affermando che la regola fissata dall’art. 11 co. 2 della L. 413/91 “si applica per la determinazione dei redditi fondiari e trova giustificazione nei costi di manutenzione degli immobili vincolati, superiori a quelli normalmente richiesti per le altre tipologie di immobili: una ratio che non avrebbe senso rispetto ai redditi di impresa che sono determinati sulla base dei ricavi conseguiti in contrapposizione ai correlativi costi, costi che invece sono indeducibili rispetto ai redditi fondiari”20. Si ricorda che la Suprema Corte, con la sentenza 16.12.2009 n. 26343, ha negato l’agevolazione nel caso in cui l’immobile di interesse storico o artistico sia locato nell’esercizio dell’attività d’impresa21. 3.2.3 Spese sostenute da soggetti obbligati alla manutenzione, protezione o restauro degli immobili vincolati L’art. 100 co. 2 lett. e) del TUIR consente di dedurre dal reddito d’impresa, in base al principio di cassa (quindi nell’esercizio di sostenimento), le spese sostenute per la manutenzione, la protezione ed il restauro di immobili vincolati ex DLgs. 490/99. Sul punto, si rinvia al successivo cap. X, § 3.2. 3.2.4 Esercizio di competenza per la cessione di immobili vincolati La cessione dei beni immobili di interesse culturale, sottoposti alla condizione sospensiva dell’esercizio della prelazione da parte dello Stato22, ricadono nell’ipotesi di cui all’art. 109 co. 2 lettera a) del TUIR, in quanto, ai fini dell’individua20 Sul punto si vedano Di Marino M., Pardi M. “Imposte dirette per gli immobili di interesse storico e artistico vincolati”, Il fisco, 9, 2011, 1, p. 1342, i quali non condividono il summenzionato orientamento. Gli Autori affermano che “se si vuole sostenere che gli immobili vincolati, posseduti da imprese che hanno come oggetto della propria attività la locazione, devono essere esclusi dalla disciplina agevolativa, allora non può non vedersi come la determinazione del reddito di questi immobili debba avvenire per contrapposizione tra costi e ricavi e non con applicazione del metodo fondiario-catastale, senza applicazione della norma di favore inserita nell’ordinamento per compensare gli oneri dei proprietari dei beni vincolati. In caso contrario, sottoponendo a tassazione diversa situazioni sostanzialmente analoghe si avrebbe una interpretazione che viola il principio costituzionale di uguaglianza”. 21 Si veda Cacciapaglia L., Russo V. “Non spetta l’agevolazione IRPEF per gli immobili storici delle imprese”, Il Quotidiano del Commercialista, www.eutekne.info, 26.3.2010. 22 Ai sensi dell’art. 60 co. 1 del DLgs. 42/2004, il Ministero o, nel caso previsto dall’art. 62 co. 3, la regione o gli altri enti pubblici territoriali interessati, hanno facoltà di acquistare in via di prelazione i beni culturali alienati a titolo oneroso o conferiti in società, rispettivamente, al medesimo prezzo stabilito nell’atto di alienazione o al medesimo valore attribuito nell’atto di conferimento. Per approfondimenti, si veda anche lo studio Consiglio nazionale del Notariato 5140/2004 (§ 4), disponibile in Banca Dati Eutekne. 62 I commercialisti e l’arte zione dell’esercizio di competenza cui imputare il conseguimento del corrispettivo (o il sostenimento del costo), l’effetto traslativo del diritto reale è differito ad un momento successivo rispetto alla stipula dell’atto23. 4 IMU L’art. 8 del DLgs. 14.3.2011 n. 23 ha introdotto l’Imposta municipale propria, c.d. “IMU”. L’art. 13 del DL 201/2011, convertito dalla L. 22.12.2011 n. 214 ha anticipato l’ingresso dell’IMU a decorrere dall’anno 2012, in via sperimentale24. Imposte sostituite dall’IMU Come già anticipato, il DLgs. 23/2011 stabilisce che, in relazione alla componente immobiliare, l’IMU sostituisce: l’ICI; l’IRPEF e le relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non locati. L’IMU non sostituisce invece l’IRPEF e le relative addizionali sui redditi fondiari relativi agli immobili locati per i quali rimangono immutate le regole di tassazione. 4.1 Disciplina IMUper gli immobili vincolati A differenza di quanto previsto ai fini dell’ICI, rispetto ai fabbricati vincolati per motivi di interesse storico e artistico ai sensi del DLgs. 42/2004, l’IMU si dovrà applicare secondo i criteri ordinari, applicando i nuovi coefficienti moltiplicatori, differenziati in funzione della classificazione catastale. La norma agevolativa prevista per l’ICI, infatti, non è richiamata né dal DLgs. 23/2011, né dall’art. 13 del DL 201/2011 (conv. L. 214/2011)25. In compenso, l’art. 13 co. 3 del DL 201/2011, conv. L. 214/2011, come integrato dall’art. 4 co. 5 lett. b) del DL 16/2012, conv. L. 44/2012, statuisce che per tali immobili, ai fini della determinazione dell’IMU, la base imponibile (determinata in base ai criteri ordinari) venga ridotta del 50%26. Contestualmente, per tali immobili è stata abrogata27 la disposizione che prevedeva 23 24 25 26 27 Ricci A., Zucco F. “Principio di competenza e cessione di immobili vincolati ex D.Lgs. n. 42/2004”, Il fisco, 36, 2004, 1, p. 6152. AA.VV. “La nuova imposta municiale propria (IMU)”, Quaderni di Schede di Aggiornamento, Eutekne, Torino, 2012, p. 5 ss. Zeni A. “Novità IMU del DL 16/2012 convertito - Versamento della prima rata per il 2012”, Schede di Aggiornamento on line, 5, 2012. Si vedano circ. Min. Economia e Finanze 18.5.2012 n. 3/DF e Linee Guida Min. Economia e Finanze 11.7.2012. Cfr. Zeni A. “IMU ridotta per i fabbricati storici e gli inagibili”, Il Quotidiano del Commercialista, www.eutekne.info, 4.4.2012. L’art. 4 co. 5-ter del DL 16/2012 ha abrogato l’art. 2 co. 5 del DL 23.1.93 n. 16, convertito dalla L. 24.3.93 n. 75. 63 Cap. VII - I profili fiscali degli immobili “vincolati” che la base imponibile ICI fosse costituita dal valore che risultava applicando alla rendita catastale, determinata mediante l’applicazione della tariffa d’estimo di minore ammontare tra quelle previste per le abitazioni della zona censuaria nella quale è sito il fabbricato, i moltiplicatori di cui all’art. 5 co. 2 del DLgs. 504/92. Esempio - Determinazione dell’IMU Si ipotizzi un’immobile di interesse storico e artistico classificato nella categoria catastale A/4. Rendita catastale: 1.500,00 euro Rendita catastale rivalutata: 1.500,00 euro 105/100 = 1.575,00 euro 28 Coefficiente moltiplicatore = 160 Base imponibile = 1.575,00 euro 160 : 2 = 126.000 euro IMU da versare per l’anno 2012 applicando l’aliquota di base dello 0,76%: 957,60 euro. Regime ICI fino al 2011 Ai fini dell’ICI, un particolare regime agevolato era previsto dall’art. 2 co. 5 del DL 23.1.93 n. 16, conv. L. 24.3.93 n. 75, per i fabbricati soggetti a vincolo per motivi di interesse storico-artistico, ai sensi delle disposizioni di cui al DLgs. 22.1.2004 n. 42, che ha sostituito ed abrogato il DLgs. 29.10.99 n. 490, la L. 1.6.39 n. 1089 ed il DPR 30.9.63 n. 1409. In base al disposto agevolativo, la base imponibile ICI, per i fabbricati vincolati, si determinava rivalutando del 5% la rendita catastale computata in base alla minore delle tariffe d’estimo previste per le abitazioni site nella stessa zona censuaria, e moltiplicando il risultato così ottenuto per i coefficienti di cui all’art. 5 co. 2 del DLgs. 30.12.92 n. 504. Come chiarito dalla C.M. 7.6.2000 n. 118/FL, doveva essere utilizzato il coefficiente moltiplicatore 100 (previsto per gli immobili abitativi) anche per gli immobili vincolati classificati nelle categorie A/10, C/1 o D: sotto questo profilo, ai fini dell’agevolazione di cui all’art. 2 co. 5 del DL 16/93, gli immobili vincolati non abitativi venivano assimilati alle abitazioni29. Secondo l’orientamento espresso dall’Amministrazione finanziaria con la C.M. 118/2000/FL, i fabbricati accatastati nel gruppo D, interamente posseduti da imprese e distintamente contabilizzati, erano interessati dall’agevolazione in discorso 28 Per un approfondimento delle modalità di calcolo dell’IMU si veda Zeni A. “Novità IMU nel DL 16/2012 convertito - Versamento della prima rata per il 2012”, Schede di Aggiornamento on line, 5, 2012. 29 La Cass. SS.UU. 9.3.2011 n. 5518 ha chiarito che, ai fini ICI, per determinare il valore degli immobili di interesse storico e artistico, è applicabile esclusivamente la regola stabilita dall‘art. 2 co. 5 del DL 23.1.93 n. 16 (conv. L. 75/93), anche nel caso in cui sugli stessi vengano effettuati interventi di restauro e di risanamento conservativo, interventi di ristrutturazione edilizia o interventi di ristrutturazione urbanistica, di cui alle lett. c), d) e f) del DPR 6.6.2001 n. 380. 64 I commercialisti e l’arte soltanto qualora la loro base imponibile ICI si determinasse in base alla rendita catastale, e non in base alle scritture contabili30, 31. 4.2 Dichiarazione IMU degli immobili vincolati L’art. 9 co. 6 del DLgs. 23/2011 demanda ad un apposito decreto del Ministero dell’Economia e Finanze, sentita l’ANCI, l’approvazione del modello di dichiarazione IMU. Ai sensi dell’art. 13 co. 12-ter del DL 201/2011, conv. L. 214/2011, inoltre, lo stesso decreto disciplina i casi in cui deve essere presentata la dichiarazione. Il modello di dichiarazione IMU, unitamente alle relative istruzioni, è stato approvato dal DM 30.10.2012, pubblicato nella G.U. 5.11.2012 n. 258. Dalla lettura di tali istruzioni, come regola generale, la dichiarazione IMU deve essere presentata per gli immobili che godono di riduzioni dell’imposta. Tra i casi che vi devono adempiere rientrano gli immobili di interesse storico o artistico di cui all’art. 10 del DLgs. 42/200432. Termine di presentazione della dichiarazione IMU L’art. 4 co. 5 lett. i) del DL 201/2011, conv. L. 214/2011, aggiungendo l’art. 12-ter del DL 16/2012, conv. L. 44/2012, ha stabilito che i soggetti passivi sono tenuti a presentare la dichiarazione entro 90 giorni dalla data in cui, a seconda dei casi: ha avuto inizio il possesso dell’immobile, ovvero si sono verificate variazioni rilevanti ai fini della determinazione dell’imposta. Si desume – quindi – che quello di 90 giorni rappresenta il termine ordinario, “a regime”. Originariamente, l’art. 13 co. 12-ter del DL 201/2011, conv. L. 214/2011, prevedeva che per gli immobili per i quali l’obbligo dichiarativo è sorto dall’1.1.2012 la dichiarazione dovesse essere presentata entro il 30.9.2012 (il termine slitta all’1.10.2012 in quanto il 30 settembre è domenica). Dato che all’originaria scadenza del 30 settembre il modello dichiarativo non era ancora stato approvato, si è reso necessario il suo differimento. L’art. 9 co. 3 del DL 10.10.2012 n. 174 (che dovrà essere convertito in legge entro il 9.12.2012) ha quindi prorogato al 30.11.201233 il termine per la presentazione 30 La Cass. 10.6.2009 n. 13345 ha confermato che l‘accatastamento dell’immobile costituisce un presupposto indefettibile per l‘applicazione dell‘agevolazione in discorso. 31 Corradin C. “IMU: nuova Imposta Municipale propria”, Schede di Aggiornamento, 2, 2012, p. 193 ss. e Piccolo A. “Niente più agevolazioni per gli immobili storici”, Il Sole - 24 Ore, 27.12.2011, p. 5. 32 Tali immobili, infatti, beneficiano della riduzione del 50% della base imponibile IMU, ai sensi dell’art. 13 co. 3 lett. b) del DL 201/2011. 33 La circ. 3/2012/DF (§ 11), con riferimento al termine originario del 30.9.2012, ha precisato che il termine di 90 giorni vale anche per la presentazione della dichiarazione relativa a variazioni rilevanti, ai fini della determinazione del tributo, che si siano verificate meno di 90 giorni prima del 30.9.2012, in 65 Cap. VII - I profili fiscali degli immobili “vincolati” della dichiarazione IMU 2012 per gli immobili per i quali l’obbligo dichiarativo è sorto dall’1.1.2012 (art. 13 co. 12-ter del DL 201/2011)34. Peraltro, il termine del 30.11.2012 potrebbe slittare in conseguenza dell’allungamento dei tempi nei quali il Ministero è incorso per emanare il DM 30.10.2012. Con un emendamento al DL 174/2012, infatti, il termine potrebbe slittare al 4.2.2013 (in quanto il 3 è domenica). Modalità di presentazione della dichiarazione Secondo le istruzioni, il modello di dichiarazione, unitamente ai modelli aggiuntivi, può essere: consegnato direttamente al Comune; spedito in busta chiusa, a mezzo del servizio postale, mediante raccomandata senza ricevuta di ritorno, all’ufficio tributi del Comune; inviato telematicamente con posta certificata. Nel primo caso, il Comune provvederà a rilasciare un’apposita ricevuta. Nel secondo caso, sulla busta della raccomandata deve essere apposta la dicitura “Dichiarazione IMU 2012”, nel caso in cui la dichiarazione si riferisca a variazioni intervenute nel 2012. La dichiarazione si considera presentata il giorno in cui è consegnata all’ufficio postale. La spedizione, inoltre, potrebbe essere effettuata anche dall’estero, a mezzo lettera raccomandata o altro equivalente, dal quale risulti con certezza la data di spedizione. 5 Imposte di registro, ipotecaria e catastale Oltre che ai fini dell’imposizione diretta, per gli immobili di interesse storico e artistico è prevista una disciplina di favore anche ai fini delle imposte d’atto. 5.1 Imposta di registro Con riferimento alla cessione di immobili di interesse storico, artistico e archeologico è prevista un’aliquota ridotta, pari al 3% ai fini dell’imposta di registro, ai sensi dell’art. 1, quarto periodo, della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/86; non sono invece previste disposizioni particolari in relazione alla base imponibile. quanto “occorre, in ogni caso, garantire al contribuente il rispetto del termine di 90 giorni previsto per la presentazione della dichiarazione. Pertanto, se l’obbligo dichiarativo è sorto, ad esempio, il 31 agosto, il contribuente potrà presentare la dichiarazione IMU entro il 29 novembre 2012”. Sebbene il chiarimento riguardi il termine di fine settembre, non si ravvisano motivi per cui la stessa precisazione non possa valere anche con riferimento al nuovo termine del 30.11.2012. Così, ad esempio, se in data 20.11.2012 è stato stipulato un contratto di leasing immobiliare, la relativa dichiarazione di variazione IMU dovrebbe poter essere presentata entro il 18.1.2013. Sul punto si attendono tuttavia le opportune precisazioni. 34 Cfr. Cfr. Zeni A. “In arrivo la proroga della dichiarazione IMU al 30 novembre 2012”, Il Quotidiano del Commercialista, www.eutekne.info, 5.10.2012 e Zeni A. “Corretto il tiro sull’IMU della Chiesa”, Il Quotidiano del Commercialista, www.eutekne.info, 11.10.2012. 66 I commercialisti e l’arte cessione di immobili “vincolati” aliquota 3% Fig. 1 - Imposta di registro Come chiarito dalla Corte di Cassazione nella sentenza 15.2.2011 n. 377135, la particolare disciplina prevista dall’art. 11 co. 2 della L. 413/91 per la determinazione del reddito degli edifici riconosciuti di interesse storico o artistico trova applicazione solo nell’ambito della materia per la quale è stata dettata, e cioè per le imposte sui redditi, mentre non può applicarsi nella determinazione dell’imposta di registro da corrispondere in occasione del trasferimento di tali beni36. In altri termini, il metodo di calcolo dell’imponibile mediante la minore delle tariffe d’estimo della zona, utilizzato ai fini delle imposte dirette ai sensi dell’art. 11 della L. 413/91, non si estende all’imposta di registro ed alle altre imposte indirette37. 5.1.1 Condizioni Ai sensi della nota II all’art. 1 della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/86, le condizioni per fruire dell’agevolazione variano a seconda che il vincolo sia già stato imposto o meno sull’immobile. In pratica, occorre distinguere tra le seguenti ipotesi: il vincolo sussiste già in tal caso, l’acquirente deve dichiarare nell’atto di acquisto gli estremi del vincolo stesso, in base alle risultanze dei registri immobiliari (R.M. 19.7.91 n. 260099); il vincolo non è ancora stato imposto l’acquirente deve presentare, contestualmente all’atto da registrare, un’attestazione, rilasciata dalla Amministrazione competente per i beni culturali e ambientali, dalla quale risulti che è in corso la procedura di sottoposizione dei beni al vincolo. Se, entro due anni dalla data di registrazione dell’atto, non viene prodotta idonea documentazione attestante l’avvenuto assoggettamento del bene al vincolo, l’agevolazione viene revocata. La ris. Agenzia delle Entrate 15.2.2008 n. 47 precisa che, per poter usufruire dell’agevolazione, occorre che il vincolo risulti, direttamente o anche indirettamente, dalla pubblicità dei registri immobiliari. Tuttavia, la sussistenza del vincolo può emergere tanto dall’esito favorevole del procedimento di verifica dell’interesse culturale, soggetto ex se a trascrizione, quanto dalle condizioni e dalle prescrizioni contenute nella autorizzazione rilasciata dal Ministero, necessaria ai fini dell’alienazione e soggetta anch’essa alla trascrizione. 35 Nello stesso senso, si veda anche la precedente Cass. 2.3.2009 n. 4931. Infatti, la disciplina dettata dalla L. 413/91 ha natura eccezionale e, d’altro canto, nell’ambito della disciplina dell’imposta di registro il legislatore ha comunque tenuto conto dell’assoluta peculiarità di tali tipologie di immobili, prevedendo un’aliquota agevolata da applicare al loro trasferimento. 37 Cass. 27.8.2004 n. 17152. 36 67 Cap. VII - I profili fiscali degli immobili “vincolati” 5.1.2 Cause di decadenza Le cause di decadenza dal beneficio sono le seguenti: alienazione in tutto o in parte dell’immobile prima dell’adempimento degli obblighi relativi alla sua conservazione e protezione; mutamento di destinazione d’uso senza la preventiva autorizzazione dell’amministrazione per i beni culturali ed ambientali; mancato assolvimento degli obblighi di legge per consentire l’esercizio del diritto di prelazione dello Stato sull’immobile oggetto del trasferimento. In caso di decadenza dal beneficio, risultano dovuti: l’imposta nella misura ordinaria; una sanzione pari al 30% della minor imposta versata per effetto dell’applicazione dell’aliquota ridotta; gli interessi di mora ex art. 55 co. 4 del DPR 131/86 (C.T.C. 6.10.94 n. 3259, in base alla quale gli interessi moratori devono essere computati a decorrere dalla data della registrazione del rogito di trasferimento ). 5.2 Imposte ipotecaria e catastale L’Agenzia delle Entrate, nella circ. 14.6.2002 n. 52, ha precisato che ai trasferimenti di immobili culturali vincolati non si applica l’imposta ipotecaria in misura fissa, bensì nella misura proporzionale ordinaria del 2%38. cessione di immobili “vincolati” ipotecaria 2% catastale 1% Fig. 2 - Imposte ipotecaria e catastale Dal tenore letterale della nota all’art. 1 della Tariffa allegata al DLgs. 347/90 e dell’art. 10 co. 2 del DLgs. 347/90, tuttavia, si dovrebbe pervenire alla soluzione opposta (applicazione dell’imposta in misura fissa). Infatti, tali norme dispongono che l’imposta in misura fissa si applichi anche alle volture eseguite in dipendenza degli atti di cui all’art. 1 co. 1 quarto e quinto periodo della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/86. Il quarto e quinto periodo dell’art. 1 co. 1 della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/86 fanno riferimento: al trasferimento avente ad oggetto immobili di interesse storico, artistico e archeologico soggetti alla L. 1089/39, sempre che l’acquirente non venga meno agli obblighi di conservazione e protezione; al trasferimento avente ad oggetto immobili per i quali sussistono le condizioni per godere dell’agevolazione “prima casa”. La lettera della norma non sembrerebbe lasciar spazio a dubbi in relazione al38 68 Fornero L., Mauro A., Negro M., Zeni A. “IRAP e imposta indirette”, Guide e Soluzioni, IPSOA, Milano, 2011, p. 1018 ss. I commercialisti e l’arte l’applicazione delle imposte ipo-catastali in misura fissa nel caso di trasferimenti di immobili vincolati. In tal senso si è espressa anche la giurisprudenza di merito39. Tuttavia, l’Amministrazione finanziaria (circ. 52/2002) ritiene di poter fornire un’interpretazione della disciplina su indicata in contrasto col tenore letterale della norma, rilevando come il riferimento agli immobili culturali si trovasse, precedentemente, al terzo periodo dell’art. 1 co. 1 della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/86 e sia stato spostato al “quarto periodo” in seguito all’inserimento di un nuovo periodo (dopo il primo) ad opera della L. 488/99. Pertanto, non sarebbe stato nell’intenzione del legislatore disporre l’applicazione in misura fissa delle imposte ipotecaria e catastale al trasferimento di immobili culturali, posto che “nessuna disposizione è intervenuta esplicitamente a modificare il trattamento tributario applicabile agli atti traslativi a titolo oneroso di immobili di interesse storico, artistico ed archeologico soggetti alla L. n. 1089 del 1939”. Con questa motivazione, l’Agenzia delle Entrate afferma, dunque, che le imposte ipotecaria e catastale si applicano nella misura proporzionale del 2% e dell’1% ai trasferimenti di immobili culturali40. La Corte di Cassazione, nella sentenza 2.10.2009 n. 21144, ha avallato l’orientamento accolto dall’Agenzia delle Entrate nella circ. 52/2002, affermando che il trasferimento di immobili vincolati sconta le imposte ipotecaria e catastale in misura proporzionale e non fissa41. 6 Imposta di successione L’art. 13 del DLgs. 346/90 dispone una vera a propria esenzione da imposta di successione per i beni culturali vincolati prima della data di apertura della successione. Di seguito si riepilogano brevemente le condizioni per fruire dell’agevolazione, rinviando al successivo cap. X per approfondimenti in materia. Condizioni per l’esclusione Gli immobili vincolati sono esclusi dal calcolo dell’asse ereditario in presenza delle seguenti condizioni: non è sufficiente che i beni siano dotati delle caratteristiche necessarie per attribuire loro la qualifica di beni culturali ai sensi della L. 1089/39 (oggi DLgs. 42/2004), ma è necessario che essi siano effettivamente stati sottoposti a vincolo prima dell’apertura della successione; 39 Si vedano C.T. Prov. Venezia 16.3.2002 e C.T. Reg. Venezia 28.4.2005 n. 9. Sul tema, si veda Zanetti E. “Trasferimenti di immobili storici agevolati anche per le ipo-catastali”, Il Quotidiano del Commercialista, www.eutekne.info, 10.3.2012. 41 Secondo la Corte, il rinvio “statico” al quarto e quinto periodo dell’art. 1 della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/86 (operato dalla nota all’art. 1 della Tariffa allegata al DLgs. 347/90 e dall’art. 10 co. 2 del DLgs. 347/90), non deve ritenersi influenzato dalle modifiche normative intervenute, nel tempo, su quest’ultima norma, sicché l’imposta fissa deve ritenersi applicabile solo in relazione ai trasferimenti originariamente (prima dell’intervento dell’art. 7 della L. 488/99) individuati dal quarto e quinto periodo dell’art. 1 della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/86. 40 69 Cap. VII - I profili fiscali degli immobili “vincolati” è necessario che l’erede presenti al Ministero per i Beni culturali ed ambientali l’inventario dei beni in oggetto, con una descrizione idonea alla loro puntuale individuazione, di modo che l’Amministrazione possa emettere l’attestazione relativa all’esistenza delle caratteristiche dei beni che ne consentono l’esenzione42; è necessario che l’erede abbia effettivamente assolto gli obblighi di conservazione dei beni culturali scaturenti dall’esistenza del vincolo. 7 Classamento degli immobili di interesse culturale Giova, infine, sottolineare che l’Agenzia del Territorio, con la circ. 9.10.2012 n. 5, si è occupata del corretto classamento degli immobili dichiarati di interesse culturale ai sensi del DLgs. 42/2004. 7.1 Attribuzione della categoria catastale In particolare, viene precisato che il riconoscimento dell’interesse culturale ed il conseguente vincolo non influiscono sull’operazione di accertamento catastale dell’immobile stesso e, quindi, non è determinante, né condizionante, ai fini dell’attribuzione della relativa rendita catastale. Questa deve scaturire dalle caratteristiche, costruttive e tipologiche, proprie dell’unità immobiliare, a prescindere dall’intervenuto riconoscimento o meno dell’interesse culturale. Pertanto, un immobile “vincolato” non deve essere necessariamente classato nella categoria catastale “A/9 - Castelli, palazzi di eminenti pregi artistici o storici”; in tale categoria dovranno essere inquadrati soltanto gli immobili che presentano le particolari caratteristiche costruttive e tipologiche, previste per tale classamento, indipendentemente dalla sussistenza del vincolo di interesse culturale43. In altri termini: se un immobile viene dichiarato di interesse culturale e sottoposto al regime vincolistico, a prescindere dal vincolo, subisce un inquadramento nella categoria catastale corrispondente alle sue caratteristiche (ad esempio una villa, vincolata o meno, va classata in A/8 e un trullo deve essere censito in A/11 “Abitazioni tipiche dei luoghi”); solo gli immobili con le speciali caratteristiche costruttive e tipologiche della categoria A/9 (castelli e palazzi, appunto) possono essere inquadrati in questa categoria. 7.2 Annotazione negli atti catastali L’Agenzia conclude la propria analisi precisando che il vincolo, a richiesta degli interessati, può essere annotato in Catasto, indicando gli estremi della trascrizione nei registri immobiliari, del relativo provvedimento, purché 42 43 70 C.M. 30.3.2000 n. 61/E. Spina S. “Il vincolo di interesse culturale non influisce sull’accatastamento dell’immobile”, Il Quotidiano del Commercialista, www.eutekne.info, 10.10.2012. I commercialisti e l’arte l’immobile sia univocamente individuato con i relativi dati di identificazione catastale. Per tali immobili verrà pertanto iscritta negli atti catastali la seguente annotazione: “Immobile riconosciuto di interesse culturale, ai sensi del Dlgs n. 42 del 2004 - Nota di trascrizione del xx/xx/xxxx, Reg. gen. n xxxxxx”. Tale adempimento si renderà necessario, inoltre, ogni qualvolta l’identificativo catastale venga variato in seguito alla presentazione di una dichiarazione di variazione per fusione o divisione ovvero di ampliamento. 71 Cap. VII - I profili fiscali degli immobili “vincolati” 72 I commercialisti e l’arte CAPITOLO VIII IL MONITORAGGIO FISCALE (MODULO RW) SALVATORE SANNA 1 Premessa Il possesso di opere d’arte all’estero può originare l’obbligo di presentazione del modulo RW del modello UNICO. Il modulo RW è un quadro non reddituale1 della dichiarazione dei redditi delle persone fisiche (UNICO PF), delle società semplici ed enti equiparati (UNICO SP) e degli enti non commerciali (UNICO ENC). In linea generale, il possesso di un’opera d’arte all’estero deve essere monitorato: attraverso la compilazione della sezione II del modulo RW, in cui si indica la consistenza degli investimenti all’estero superiori a 10.000,00 euro; con la compilazione della sezione III del modulo RW, in relazione ai trasferimenti da, verso e sull’estero superiori ai 10.000,00 euro e relativi agli investimenti detenuti all’estero. Modalità e termini di presentazione Il modulo RW costituisce parte integrante del modello UNICO. Di conseguenza, tale modulo dovrà essere presentato secondo le modalità ed i termini previsti per la dichiarazione dei redditi. Qualora una persona fisica non sia, però, obbligata alla presentazione del modello UNICO 2012 PF, in quanto: esonerata dall’obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi, oppure utilizzi per la dichiarazione dei propri redditi il modello 730/2012, il modulo RW deve essere presentato entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione dei redditi e con le stesse modalità, unitamente al frontespizio del modello UNICO 2012 PF, debitamente compilato2. Importi in valuta estera Per gli importi in valuta estera il contribuente deve indicare il controvalore in euro utilizzando, per il 2011 (UNICO 2012), il cambio contenuto nel provv. Direttore Agenzia delle Entrate 30.1.2012. 1 2 In altri termini, il quadro RW è un quadro irrilevante ai fini del calcolo del reddito imponibile. Tale modulo svolge, infatti, una funzione informativa. I dati in esso contenuti consentono all’Amministrazione finanziaria di svolgere controlli sui movimenti e sulle giacenze di capitali esteri, così da evitare possibili evasioni di imposta. Cfr. circ. Agenzia delle Entrate 13.9.2010 n. 45 (§ 4). 73 Cap. VIII - Il monitoraggio fiscale (modulo RW) 2 Soggetti obbligati alla presentazione del modulo RW Devono compilare il modulo RW – se residenti in Italia e a condizione che effettuino le operazioni elencate negli artt. 2 e 4 co. 1 e 2 del DL 167/90 – i seguenti soggetti: le persone fisiche; gli enti non commerciali, tra cui anche i trust; le società semplici e gli enti alle stesse equiparati (ex art. 5 del TUIR). Imprenditori individuali e lavoratori autonomi Come precisano le istruzioni al modulo RW, l’obbligo di dichiarazione annuale sussiste anche nel caso in cui siano posti in essere degli acquisti di opere d’arte situate all’estero dagli interessati: in qualità di esercenti attività commerciali o di lavoro autonomo, anche in regime di contabilità ordinaria e soggetti a tutti gli obblighi di tenuta e conservazione delle scritture contabili previsti dalle norme fiscali3. 2.3 Soggetti esonerati Sono esonerati dall’obbligo di presentazione del modulo RW (ex artt. 2 e 4 del DL 167/90) i seguenti soggetti: le società in nome collettivo e in accomandita semplice; le società alle stesse equiparate ex art. 5 co. 3 lett. a) e b) del TUIR; le società di capitali e gli enti commerciali. Dipendenti pubblici all’estero e lavoratori frontalieri Gli obblighi dichiarativi riguardanti le sezioni II e III del modulo RW non si applicano4: alle persone fisiche che prestano lavoro all’estero per lo Stato italiano, per una sua suddivisione politica o amministrativa o per un suo ente locale e le persone fisiche che lavorano all’estero presso organizzazioni internazionali cui aderisce l’Italia la cui residenza fiscale in Italia sia determinata, in deroga agli ordinari criteri previsti dal TUIR, in base ad accordi internazionali ratificati. Tale esonero si applica limitatamente al periodo di tempo in cui l’attività lavorativa è svolta all’estero5; 3 4 5 74 Cfr. circ. Agenzia delle Entrate 13.9.2010 n. 45 (§ 1). Cfr. art. 38 co. 13 del DL 31.5.2010 n. 78 (conv. L. 122/2010). Rientrano tra i prestatori di lavoro all’estero esonerati, ad esempio, i dipendenti di ruolo pubblici che risiedono all’estero per motivi di lavoro, per i quali sia prevista la notifica alle Autorità locali ai sensi delle convenzioni di Vienna sulle relazioni diplomatiche e sulle relazioni consolari, rispettivamente del 1961 e del 1963, ratificate con L. 9.8.67 n. 804, e che, in virtù dell’art. 1 co. 9 lett. b) della L. 470/88, mantengono ai fini fiscali la residenza in Italia non essendo iscritti all’AIRE. In tale ambito, rientrano i dipendenti che prestano in via continuativa attività lavorative presso la Commissione I commercialisti e l’arte ai soggetti residenti in Italia che prestano la propria attività lavorativa in via continuativa all’estero in zone di frontiera ed in altri Paesi limitrofi con riferimento agli investimenti e alle attività estere di natura finanziaria detenute nel Paese in cui svolgono la propria attività lavorativa. La condizione di “frontaliere” deve sussistere alla data del 31 dicembre del periodo d’imposta di riferimento, data in cui il lavoratore deve ancora prestare la propria attività lavorativa in una zona di frontiera o in un Paese limitrofo. Inoltre, ad avviso dell’Agenzia, l’attività lavorativa può considerarsi prestata all’estero, in via continuativa qualora sia svolta per un numero di giorni maggiori di 183 nell’arco dell’anno. Ai fini del calcolo dei giorni, il periodo da considerare non deve necessariamente risultare ininterrotto, essendo sufficiente che il soggetto presti la propria attività all’estero per più di 183 giorni nel periodo d’imposta6. 3 Modulo RW e opere d’arte Il modulo RW dei modelli UNICO 2012 si compone di tre sezioni nelle quali sono indicati i seguenti dati: sezione I i trasferimenti da e verso l’estero di denaro, certificati in serie o di massa o titoli attraverso non residenti senza il tramite di intermediari residenti (art. 2 del DL 167/90)7; sezione II gli investimenti all’estero o attività estere di natura finanziaria attraverso cui possono essere conseguiti redditi di fonte estera imponibili in Italia (art. 4 co. 1 del DL 167/90); sezione III i trasferimenti da, verso e sull’estero che nel corso dell’anno hanno interessato gli investimenti all’estero e le attività estere di natura finanziaria (art. 4 co. 2 del DL 167/90)8. 6 7 8 europea ed altri organismi comunitari e internazionali e la cui residenza in Italia è fissata in base ad accordi internazionali, ad esempio, ONU, NATO, Unione europea, OCSE (cfr. circ. Agenzia delle Entrate 13.9.2010 n. 45). Secondo quanto chiarito dalla circ. Agenzia delle Entrate 13.9.2010 n. 45 (§ 1.1), per effetto dell’art. 14, primo paragrafo, del Protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee, tale esonero si applica anche al coniuge, sempreché non eserciti una propria attività lavorativa, nonché ai figli ed ai minori a carico dei dipendenti pubblici. Cfr. ris. Agenzia delle Entrate 10.12.2010 n. 128. Si veda anche Liburdi D. “Le indicazioni dell’Agenzia delle Entrate sugli esoneri in materia di monitoraggio fiscale”, Il fisco, 47, 2010, 2, p. 7702. I trasferimenti da e verso l’estero degli strumenti finanziari suindicati sono subordinati all’obbligo dichiarativo in parola in quanto essendo effettuati per il tramite di soggetti non residenti che non sono tenuti agli obblighi di “evidenza” previsti dall’art. 1 del DL 167/90, tali operazioni rimarrebbero altrimenti sconosciute all’Amministrazione finanziaria. Per un maggior approfondimento, si rinvia a Escalar G. “Monitoraggio fiscale”, Enciclopedia giuridica, ad vocem. L’obbligo di evidenziare gli stock e i flussi delle attività in questione prescinde, tuttavia, dalla modalità in cui tali operazioni sono state effettuate, e quindi devono essere rilevate anche nel caso in cui siano state compiute tramite intermediari residenti o mediante trasporto al seguito. Sul punto, si veda anche Mignarri E. “UNICO 2007 - Redditi finanziari di fonte estera: il quadro aggiornato delle 75 Cap. VIII - Il monitoraggio fiscale (modulo RW) Il possesso di un’opera d’arte all’estero può riguardare la compilazione delle sezioni II e III del modulo RW. 3.1 Sezione II: opere d’arte come consistenze di investimenti all’estero Nella sezione II del modulo RW devono essere evidenziate le consistenze esistenti al termine del periodo d’imposta (cfr. art. 4 co. 1 del DL 167/90): degli investimenti all’estero suscettibili di produrre redditi di fonte estera imponibili in Italia; delle attività estere di natura finanziaria anch’esse suscettibili di produrre redditi di fonte estera imponibili in Italia. Assenza di movimentazioni L’obbligo di indicazione nella sezione II sussiste anche se, nel corso dell’anno, le predette attività non hanno subito movimentazioni. 3.1.1 Capacità anche meramente potenziale di produrre reddito I contribuenti sono comunque tenuti ad indicare nel modulo RW non soltanto le attività di natura finanziaria, ma anche gli investimenti di altra natura quali, ad esempio: gli immobili tenuti a disposizione; le imbarcazioni; gli oggetti preziosi e le opere d’arte; indipendentemente dalla effettiva produzione di redditi imponibili nel periodo d’imposta9. 3.1.2 Limite quantitativo Ai sensi dell’art. 4 co. 5 del DL 167/90, gli investimenti all’estero e le attività estere di natura finanziaria diventano oggetto di indicazione nel modulo RW “se l’ammontare complessivo degli investimenti ed attività al termine del periodo di imposta (…)” supera l’importo di 10.000,00 euro. 9 76 norme e degli adempimenti per i contribuenti e gli intermediari”, Il fisco, 14, 2007, p. 1998. Cfr. circ. Agenzia delle Entrate 13.9.2010 n. 45 (§ 2.2). I commercialisti e l’arte Il limite di 10.000,00 euro, dunque, è l’elemento dirimente ai fini della compilazione della sezione II, nel senso che la stessa deve essere compilata laddove si detengano più attività che, complessivamente, superano il limite in questione anche se singolarmente assunte sono al di sotto dello stesso10. Comunione di beni Se l’opera d’arte è detenuta in comunione o è cointestata, l’obbligo di compilazione del modulo RW è a carico di ciascun soggetto intestatario con riferimento al valore relativo alla propria quota di possesso11. Pare, quindi, che anche la soglia di 10.000,00 euro (oltre la quale sussiste l’obbligo di dichiarazione) sia da applicare alla singola quota12. 3.1.3 Investimenti all’estero Dalle circ. Agenzia delle Entrate 10.10.2009 n. 43 e 1.10.2001 n. 85 (§ 2) si desume che per “investimenti all’estero”, si intendono non solo gli immobili, le imbarcazioni o altri beni mobili iscritti nei pubblici registri, ma anche: i preziosi e le opere d’arte che si trovano (anche in custodia) fuori dal territorio dello Stato13; 14 gli oggetti di antiquariato . 3.1.4 Valore da indicare nel modulo Secondo quanto chiarito dalla circ. Agenzia delle Entrate 13.9.2010 n. 45 (§ 4), occorre riportare nella sezione II il costo storico15 dell’opera d’arte come risultante dalla relativa documentazione probatoria, maggiorato degli eventuali oneri accessori, ad esclusione degli interessi passivi. Qualora il costo di acquisto non sia documentabile si deve riportare il valore normale del bene eventualmente risultante da un’apposita perizia di stima. Ciò significa che la perizia di stima non è obbligatoria per determinare il valore normale dell’opera; pertanto, quest’ultima sarà necessaria soltanto laddove: non vi sia documentazione probatoria per giustificare il costo storico del bene; 10 11 12 13 14 15 Cfr. Liburdi D. “Trasferimenti di denaro in luce”, Italia Oggi, 2.9.2010, p. 22. Cfr. circ. 13.9.2010 n. 45 (§ 1). In questo senso anche AA.VV. “Per i beni scudati esonero temporaneo”, Il Sole - 24 Ore, L’esperto risponde, 17.5.2010, p. 3. Cfr. Cinieri S. “UNICO 2011: guida alla compilazione del modulo RW”, Pratica fiscale e professionale, 15, 2011, p. 30 e Rasi F. “Le opere d’arte e lo scudo ter”, Trusts e attività fiduciarie, 4, 2010. Cfr. circ. Agenzia delle Entrate 13.9.2010 n. 45 (§ 2.2). Si vedano anche le circ. Agenzia delle Entrate 10.10.2009 n. 43, 23.11.2009 n. 49 (§ 5.1), 30.1.2002 n. 9 (§ 1.11) e le ris. Agenzia delle Entrate 30.4.2002 n. 134, 27.2.2002 n. 57 e 3.7.2009 n. 172. Così già Liburdi “Il costo storico nel quadro RW”, Italia Oggi, 26.8.2010, p. 22. 77 Cap. VIII - Il monitoraggio fiscale (modulo RW) non vi siano dei documenti attraverso i quali sia possibile individuare il valore normale del medesimo16. Finanziamenti contratti per l’acquisto dell’opera d’arte - Irrilevanza Ad avviso dell’Agenzia delle Entrate, il costo storico va indicato per intero indipendentemente dall’eventuale finanziamento richiesto per l’acquisto del bene17. Acquisto mediante conferimento, donazione, successione e permuta Qualora l’acquisto estero non sia stato effettuato mediante pagamento di un corrispettivo in denaro (per esempio, in caso di conferimento, acquisto per donazione o successione, permuta) ai fini dell’individuazione del costo si deve fare riferimento alle specifiche disposizioni contenute nel TUIR che individuano il costo fiscalmente riconosciuto in tali occasioni. 3.2 Sezione III: Trasferimenti relativi ad investimenti all’estero e ad attività estere di natura finanziaria Nella sezione III del modulo RW devono essere indicati i trasferimenti da, verso e sull’estero che, “nel corso dell’anno, hanno interessato gli investimenti all’estero e le attività estere di natura finanziaria”, anche effettuati mediante trasporto al seguito dell’opera. Secondo quanto chiarito dalla circ. Agenzia delle Entrate 19.6.2002 n. 54 (§ 14), la segnalazione nella sezione III “deve avere ad oggetto i soli trasferimenti che interessano le tipologie di attività finanziarie e gli investimenti potenzialmente oggetto di indicazione nella sezione II”. Pertanto, la compilazione delle sezioni II e III avviene quasi sempre contestualmente18. Assenza di investimenti all’estero a seguito di disinvestimenti L’obbligo dichiarativo in esame sussiste anche se al termine del periodo i soggetti interessati non detengono investimenti all’estero, in quanto a tale data è intervenuto rispettivamente il disinvestimento e qualunque sia la modalità con cui sono stati effettuati i trasferimenti. Nel periodo d’imposta in cui un’opera suscettibile di produrre reddito in Italia venisse venduta, viene compilata la sola sezione III relativa ai trasferimenti e non più la sezione II, in quanto le consistenze degli investimenti esteri sono valutate al termine del periodo d’imposta. 16 La necessità di individuare il valore normale del bene sembra far intendere che un’eventuale perizia di stima debba essere redatta sulla base del valore del medesimo al termine dell’esercizio a cui il modulo RW si riferisce. 17 Cfr. circ. Agenzia delle Entrate 13.9.2010 n. 45. 18 Si vedano anche Miele L., Russo V. “I dati delle sezioni II e III sono sempre collegati”, Il Sole 24 Ore, Norme e Tributi, 11.7.2011, p. 2. 78 I commercialisti e l’arte Esempio Se il contribuente alla fine di un anno detiene un quadro all’estero del valore di 20.000,00 euro e durante l’anno seguente fa rientrare in Italia l’opera, di tale trasferimento deve essere data comunque segnalazione nell’apposita sezione III, anche se non vi sono adempimenti per la sezione II. Tabella codici investimenti all’estero e attività estere di natura finanziaria Il legame tra sezione II e sezione III si riscontra anche dal fatto che il codice operazione relativo al trasferimento coincide con quello dell’investimento estero a cui si riferisce. La tabella individua la tipologia delle attività finanziarie e patrimoniali che devono essere riportate nelle sezioni II e III del modulo RW per indicare l’oggetto dell’investimento o dell’attività estera, nonché la finalità del trasferimento. In particolare, gli investimenti e le attività sono stati raggruppati in alcune macrocategorie, mentre per le ipotesi diverse da quelle espressamente individuate, occorre fare riferimento ai codici residuali19. Per le opere d’arte, si utilizza il codice 17 “opera d’arte o gioielli”. 3.2.1 Limite quantitativo In base all’art. 4 co. 5 del DL 167/90, devono essere indicati nella sezione III del quadro RW i movimenti connessi alle opere d’arte detenute all’estero di ammontare complessivo superiore a 10.000,00 euro. Cumulo tra investimenti e disinvestimenti Nell’ammontare complessivo dei trasferimenti da, verso e sull’estero, compiuti nel corso dell’anno, devono essere computati anche i disinvestimenti. La circ. Agenzia delle Entrate 13.9.2010 n. 45 precisa che il flusso deve essere considerato in valore assoluto. 19 Cfr. circ. Agenzia delle Entrate 13.9.2010 n. 45 (§ 4). 79 Cap. VIII - Il monitoraggio fiscale (modulo RW) 3.2.2 Frutti e spese correnti degli investimenti esteri Nessun adempimento è invece dovuto nell’ipotesi di incremento degli investimenti esteri per effetto della corresponsione dei relativi frutti degli investimenti (quali, ad esempio, i proventi derivanti dalla concessione in affitto di un’opera). Tali importi saranno compresi nel saldo di fine anno del conto corrente estero da riportare nella sezione II del modulo RW. Lo stesso principio vale anche per i pagamenti delle spese correnti e di altri oneri20. Pertanto, non devono essere indicate nella sezione III del modulo RW i pagamenti relativi alle spese per la custodia dell’opera d’arte situata all’estero. 3.2.3 Pagamenti effettuati in Italia per l’acquisto di beni all’estero Secondo l’Agenzia delle Entrate, non devono essere indicati i pagamenti effettuati in Italia per l’acquisto di beni all’estero, mancando in tal caso una movimentazione di denaro verso l’estero. Tuttavia, l’acquirente dovrà indicare nel modulo RW la consistenza dell’investimento effettuato21. Esempio Se un soggetto acquista una scultura in un altro Paese, ma effettua un bonifico al venditore su un conto corrente italiano, si dovrà limitare ad indicare il possesso del bene nella sezione II del modulo RW, mentre non dovrà segnalare alcun trasferimento nella sezione III (essendo questa deputata ad accogliere i trasferimenti dall’Italia e quelli estero su estero)22. 4 Adesione allo scudo fiscale-ter ed esonero dalla compilazione del modulo RW Lo scudo fiscale era rivolto alle persone fisiche, alle società semplici ed agli enti non commerciali residenti nel territorio dello Stato, i quali, anteriormente al 31.12.2008, avevano violato le norme in materia di monitoraggio fiscale23. 20 Cfr. circ. Agenzia delle Entrate 13.9.2010 n. 45 (§ 3) e ris. Agenzia delle Entrate 30.12.2010 n. 141. Cfr. circ. Agenzia delle Entrate 13.9.2010 n. 45 (§ 3). 22 Si vedano Pellegrino S., Valcarenghi G. “Arrivano i chiarimenti dell’Agenzia sul modulo RW”, Il Quotidiano del Commercialista, www.eutekne.info, 14.9.2010 e Mignarri E. “Monitoraggio e tassazione delle polizze assicurative estere a contenuto finanziario”, Il fisco, 18, 2011, 1, p. 2826. 23 La disciplina dello scudo fiscale-ter è contenuta nell’art. 13-bis del DL 1.7.2009 n. 78 (introdotto in 21 80 I commercialisti e l’arte L’adesione alla sanatoria in argomento comporta l’esonero dalla compilazione del modulo RW secondo le modalità che saranno descritte nel prosieguo. L’esonero dalla compilazione del modulo RW riguarda tutti i beni (di natura finanziaria e di natura patrimoniale) oggetto di operazioni di emersione24. Pertanto, riguarda anche le opere d’arte situate all’estero. Ai fini dell’applicazione della disposizione sopramenzionata, occorre distinguere tra i soggetti che hanno aderito allo scudo fiscale-ter entro il 2009 e coloro che hanno aderito alla sanatoria nel 2010, beneficiando della proroga al 30.4.2010 prevista dall’art. 1 del DL 194/2009. 4.1 Adesione allo scudo fiscale nel 2009 Ad avviso della circ. Agenzia delle Entrate 10.10.2009 n. 43 (§ 10), per gli aderenti allo scudo fiscale-ter nel 2009: è previsto l’esonero dalla compilazione del modulo RW per il periodo d’imposta in corso alla data di presentazione della dichiarazione riservata (UNICO 2010); a partire dal 2010 (e, dunque, dal modello UNICO 2011), gli obblighi di monitoraggio fiscale relativi alla compilazione del modulo RW dovrebbero riguardare esclusivamente: i contribuenti che hanno proceduto, ove possibile, alla regolarizzazione; i casi in cui, una volta effettuato il rimpatrio delle attività aderendo alla sanatoria, si sia deciso di riportare all’estero le medesime attività. 4.2 Adesione allo scudo fiscale nel 2010 Secondo quanto chiarito dalla circ. Agenzia delle Entrate 29.1.2010 n. 3, per i contribuenti che hanno presentato la dichiarazione riservata nel corso del 2010: l’esonero dalla compilazione del modulo RW opera sia per il periodo di imposta 2010 (UNICO 2011) che per il 2009 (UNICO 2010); a partire dal 2011 (e, dunque, dal modello UNICO 2012), gli obblighi di monitoraggio fiscale relativi alla compilazione del modulo RW dovrebbero riguardare esclusivamente: i contribuenti che hanno proceduto, ove possibile, alla regolarizzazione; i casi in cui, una volta effettuato il rimpatrio delle attività aderendo alla sanatoria, si sia deciso di riportare all’estero le medesime attività. 4.3 Rimpatrio giuridico L’Agenzia delle Entrate ha precisato che il rimpatrio giuridico, al pari di quello sede di conversione dall’art. 1 co. 1 della L. 3.8.2009 n. 102) e in origine operava dal 15.9.2009 al 15.12.2009. Successivamente, detta sanatoria è stata prorogata dal 30.12.2009 fino al 30.4.2010 dall’art. 1 del DL 30.12.2009 n. 194 (conv. L. 26.2.2010 n. 25). 24 Cfr. circ. Agenzia delle Entrate 13.9.2010 n. 45 (§ 2.3). 81 Cap. VIII - Il monitoraggio fiscale (modulo RW) materiale, esonera definitivamente il contribuente dall’indicazione delle attività rimpatriate nel modulo RW della dichiarazione dei redditi25. Con riferimento al rimpatrio giuridico delle opere d’arte, dovrebbe valere quanto chiarito in merito agli immobili esteri. Pertanto, mediante un mandato di amministrazione e gestione affidato ad una società fiduciaria residente, l’esonero sarà consentito a chi, nel frattempo, non avrà revocato il mandato. 5 Sanzioni amministrative Con riferimento alle sezioni II e III del modulo RW, le sanzioni amministrative si applicano nella misura che va dal 10 al 50% dell’ammontare degli importi non dichiarati26. Il tenore letterale della norma, quindi, pare escludere eventuali sanzioni laddove le consistenze e i trasferimenti indicati nel modulo RW siano sovrastimati. 5.1 Natura tributaria delle sanzioni riguardanti il modulo RW L’Agenzia delle Entrate, con la circ. 9/2002 (§.1.13) ha precisato che “le violazioni riguardanti il modulo RW hanno natura tributaria”. Nello stesso senso, peraltro, era già orientata la dottrina prevalente27. Si tratta, quindi, di sanzioni subordinate alle disposizioni contenute nel DLgs. 472/97 (tra le quali, come si vedrà nel prosieguo, quelle relative al ravvedimento) e soggette alla giurisdizione delle Commissioni tributarie. 5.2 Attività detenute in paradisi fiscali: termini doppi per presunzioni e sanzioni Contestualmente alla proroga al 30.4.2010 del termine ultimo per beneficiare dello scudo fiscale, il DL 194/2009 ha introdotto il raddoppio dei termini: per l’applicazione della presunzione di cui all’art. 12 del DL 78/2009; per l’irrogazione delle sanzioni relative alle violazioni degli obblighi di monitoraggio fiscale di cui all’art. 4 del DL 167/90 per le attività detenute nei paradisi fiscali. 5.2.1 Presunzione di utilizzo di fondi non tassati per le attività detenute in paradisi fiscali Ai sensi dell’art. 12 co. 2 del DL 78/2009 convertito, gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato in 25 Cfr. circ. Agenzia delle Entrate 23.11.2009 n. 49 (§ 2.6). Cfr. art. 13-bis co. 7 del DL 78/2009 che ha modificato l’art. 5 co. 4 e 5 del DL 167/90. Prima di tale disposizione, le violazioni relative alle sezioni II e III del modulo RW erano soggette ad una sanzione dal 5 al 25%. 27 Cfr. Iorio A. “Nuova chance al ravvedimento per le sanzioni sul quadro RW”, Il Sole - 24 Ore, 4.10.2001, p. 25 che sul punto precisa che le modifiche al quadro sanzionatorio delle violazioni riguardanti il quadro RW incidono soltanto sulla loro misura e non anche sulla loro natura. 26 82 I commercialisti e l’arte violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale di cui ai co. 1, 2 e 3 dell’art. 4 del DL 167/90 si presumono costituite, salva la prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione28. Si tratta di una presunzione legale, con inversione dell’onere della prova in capo al contribuente, il quale dovrà dimostrare che le attività detenute in un paradiso fiscale, non oggetto di monitoraggio fiscale, non sono frutto di evasione. Il riferimento al solo art. 4 del DL 167/90 significa che la presunzione potrà essere applicata quando vi sia stata la violazione delle norme in tema di comunicazioni previste nelle sezioni II e III del modulo RW escludendo, quindi, le violazioni relative alla sezione I29. Adesione allo scudo fiscale-ter Secondo quanto chiarito dalla circ. Agenzia delle Entrate 10.10.2009 n. 43, l’adesione allo scudo fiscale-ter consente di evitare l’applicazione della presunzione in argomento. Sanzioni In caso di accertamento di tale situazione, sono raddoppiate le sanzioni previste dall’art. 1 del DLgs. 472/9730. La presunzione non qualifica i “redditi sottratti a tassazione” come “redditi prodotti all’estero”; ne consegue che il raddoppio delle sanzioni non si cumula con l’aumento di un terzo previsto dall’art. 1 co. 3 del DLgs. 472/9731. 28 In attesa della pubblicazione in G.U. delle liste di cui all’art. 168-bis del TUIR, si considerano a fiscalità privilegiata gli Stati e territori indicati: nel DM 4.5.99 (c.d. “black list per le persone fisiche”); nel DM 21.11.2001 (c.d. “black list per le CFC”), senza tenere conto per quest’ultimo delle limitazioni soggettive ivi previste. A seguito dell’introduzione dell’inciso citato all’ultimo punto, la presunzione sembra applicarsi anche con riferimento alle attività detenute in Lussemburgo e Svizzera, a prescindere dal fatto che l’investimento sia stato effettuato in società diverse dalle holding lussemburghesi del 1929 e dalle società holding ausiliarie e di domicilio svizzere. Si segnala, da ultimo, che il DM 27.7.2010 (pubblicato in G.U. 4.8.2010 n. 180) ha eliminato dalle predette liste Cipro, Corea del Sud e Malta. 29 Si veda anche Benigni C. “Le nuove sanzioni per le violazioni degli obblighi di monitoraggio”, Pratica fiscale e professionale, 41, 2009, p. 23. 30 In particolare: nei casi di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, si applica la sanzione amministrativa dal 240 al 480% delle imposte dovute; in caso di indicazione di un reddito imponibile inferiore a quello accertato o di un’imposta inferiore a quella dovuta o di un credito superiore a quello spettante, si applica la sanzione dal 200 al 400% della maggiore imposta o della differenza del credito. 31 L’evasione delle imposte sui redditi in relazione ai frutti dei capitali detenuti all’estero è punita con la sanzione amministrativa dal 100% al 200% dell’imposta evasa aumentata di un terzo (art. 1 co. 3 del DLgs. 471/97). Tuttavia, secondo quanto chiarito dalla circ. Agenzia delle Entrate 12.3.2010 n. 11 83 Cap. VIII - Il monitoraggio fiscale (modulo RW) 5.2.2 Raddoppio dei termini per l’irrogazione delle sanzioni relative ad attività detenute in paradisi fiscali Con l’introduzione del co. 2-ter all’interno dell’art. 12 del DL 78/2009, sono stati altresì raddoppiati i termini per l’irrogazione delle sanzioni di cui all’art. 20 del DLgs 472/9732 per le violazioni in materia di monitoraggio fiscale di cui al DL 167/90 relative ad attività detenute in paradisi fiscali. Si osserva che la disposizione in argomento esplica i propri effetti esclusivamente sulle specifiche violazioni indicate dall’art. 4 co. 1, 2 e 3 del DL 167/90, ossia quelle relative alla compilazione delle sezioni II e III del modulo RW. 5.3 Sanzioni accessorie: la confisca In sede di conversione del DL 350/2001, il legislatore ha disposto che nelle ipotesi previste dall’art. 5 co. 2 e 4 del DL 167/90 si applica anche la sanzione accessoria della “confisca dei beni di corrispondente valore”33. In pratica, si tratta dei: trasferimenti da e verso l’estero per cause diverse dagli investimenti e dalle attività finanziarie (sezione I del modulo RW) e investimenti all’estero o attività estere di natura finanziaria attraverso cui possano essere conseguiti redditi di fonte estera imponibili in Italia (sezione II del modulo RW). Pare corretto ritenere che la confisca non trovi applicazione nel caso di violazione dell’art. 4 co. 2 del DL 167/90, ovvero nelle ipotesi di violazione relative alla comunicazione dei trasferimenti da, verso e sull’estero collegati ad investimenti esteri ed ad attività estere di natura finanziaria (sezione III del quadro RW)34. 6.4 Continuazione Sempre con riferimento al regime sanzionatorio in commento, si ritiene salvo il beneficio della continuazione di cui all’art. 12 co. 2 e 5 del DLgs. 472/97, secondo cui: (§ 3.2) le sanzioni relative alle imposte accertate con utilizzo della presunzione in argomento sono invece pari a quelle di cui all’art. 1 co. 2 del DLgs. 471/97, raddoppiate e quindi stabilite fra il 200% e il 400% delle maggiori imposte accertate. Ciò in quanto la presunzione introdotta dall’art. 12 del DL 78/2009 implica che le attività estere siano costituite con redditi sottratti a tassazione in Italia, ma non anche che tali attività derivino da redditi prodotti all’estero (così Benigni C. “Le nuove sanzioni per le violazioni degli obblighi di monitoraggio”, Pratica fiscale e professionale, 41, 2009, p. 23). 32 Secondo tale disposizione “L’atto di contestazione di cui all’articolo 16 ovvero l’atto di irrogazione devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è avvenuta la violazione o nel diverso termine previsto per l’accertamento dei singoli tributi. Entro gli stessi termini devono essere resi esecutivi i ruoli nei quali sono iscritte le sanzioni irrogate ai sensi dell’articolo 17, comma 3”. 33 Si ricorda che tale sanzione ha trovato applicazione a partire dal 24.11.2001. 34 Cfr. circ. ABI, serie tributaria, 8.11.2001 n. 27 (§ 6). 84 I commercialisti e l’arte alla stessa sanzione (sanzione che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave, aumentata da un quarto al doppio ex art. 12 co. 1 del DLgs. 472/97) soggiace chi “anche in tempi diversi, commette più violazioni che, nella loro progressione, pregiudicano o tendono a pregiudicare la determinazione dell’imponibile ovvero la liquidazione anche periodica del tributo”; quando violazioni della stessa indole vengono commesse in periodi di imposta diversi, si applica la sanzione base aumentata dalla metà al triplo. L’art. 12 co. 6 del DLgs. 472/97 precisa, tuttavia, che “la continuazione è interrotta dalla contestazione delle violazioni”35. 6.5 Acquiescenza Si segnala che qualora il contribuente riceva un avviso di accertamento o un provvedimento di irrogazione di sanzioni ha la possibilità di “prestare acquiescenza” (ovvero non presentare ricorso in Commissione tributaria) e di versare le somme dovute con le sanzioni sopra indicate ridotte (art. 15 del DLgs. 218/97)36: ad un quarto, per gli atti definibili emessi fino al 31.1.2011; ad un terzo, per gli atti definibili emessi dall’Agenzia delle Entrate a decorrere dall’1.2.2011. In questi casi, di norma, non viene applicata la sanzione della “confisca” in quanto considerata sanzione “accessoria” alla principale. 6.6 Intrasmissibilità agli eredi Trattandosi di sanzioni di natura tributaria, si applica l’art. 8 del DLgs. 472/97 secondo cui l’obbligazione al pagamento non è trasmissibile agli eredi37. 7 Ravvedimento Le circ. Agenzia delle Entrate 12.3.2010 n. 11 e 30.1.2002 n. 9 (§ 1.14) hanno chiarito che la natura tributaria degli illeciti riguardanti il quadro RW consente di applicare alle predette violazioni l’istituto del “ravvedimento operoso di cui all’articolo 13 del DLgs. 472/97”, con cui si provvede a rimuovere un comportamento del contribuente sanzionabile da parte dell’Amministrazione finanziaria. La dottrina38 ritiene che la regolarizzazione dell’omessa compilazione del quadro RW attraverso l’istituto del ravvedimento operoso elimini “la sanzione della confisca dei beni, posto che l’istituto consente di sanare la violazione commessa. In sostanza, per effetto del ravvedimento, che agisce «ora per allora», è come se la violazione non fosse stata commessa”. 35 Cfr. Deotto D., Piazza M. “Per RW margini di correzione”, Il Sole - 24 Ore, 27.3.2010, p. 26. Come modificato dall’art. 1 co. 18 - 21 della L. 13.12.2010 n. 220. 37 Cfr. Tomassini A., Benigni C. “Le novità sugli obblighi di monitoraggio fiscale”, Corriere Tributario, 41, 2009, p. 3326. 38 Cfr. Deotto D. “Sanzioni pesanti per l’omessa compilazione”, Il Sole - 24 Ore, 10.3.2008, p. 13. 36 85 Cap. VIII - Il monitoraggio fiscale (modulo RW) 86 I commercialisti e l’arte CAPITOLO IX IL “REDDITOMETRO” ALFIO CISSELLO 1 Premessa Il reddito delle persone fisiche può essere determinato in via sintetica, tramite il c.d. “redditometro” o mediante l’accertamento fondato sulla “spesa per incrementi patrimoniali”. Nell’uno e nell’altro caso, il possesso di beni di valore storico o artistico ha rilievo, siccome tali beni, oltre a costituire un “indice di spesa” tanto più attendibile quanto è costoso il bene, rientrano nei “fatti indice” previsti dal DM 10.9.92, decreto in base al quale è possibile quantificare “in via redditometrica” l’imponibile delle persone fisiche. Va però evidenziato che il decreto non contiene particolari disposizioni sul carattere artistico ad esempio degli immobili, per cui, ai fini della quantificazione “redditometrica” dell’imponibile, essi valgono come quelli “ordinari”. Occorre da subito premettere che l’accertamento sintetico è stato modificato dal DL 78/2010, e che, allo stato attuale, non è ancora stato approvato il relativo regolamento di attuazione. Per cui, in merito agli accertamenti che verranno notificati sul 2009 (anno a partire dal quale è applicabile il nuovo sistema), non è ancora possibile effettuare osservazioni sulla quantificazione del reddito. Il “nuovo” art. 38 del DPR 600/73 prevede che: l’ufficio può sempre determinare in via sintetica il reddito del contribuente sulla base delle spese di qualsiasi genere effettuate nel periodo d’imposta, salva la prova, fornita dal contribuente, che le stesse sono state sostenute grazie a proventi non imponibili; la determinazione sintetica del reddito può essere eseguita in virtù di specifici “fatti indice”, individuati con apposito decreto ministeriale, differenziati in funzione del nucleo familiare e dell’ambito territoriale di appartenenza; l’utilizzo della rettifica sintetica postula che il reddito complessivo accertabile si discosti di almeno un quinto da quello dichiarato; prima dell’emanazione dell’accertamento, occorre la previa instaurazione del contraddittorio con il contribuente; dal reddito determinato sinteticamente sono deducibili gli oneri di cui all’art. 10 del TUIR, e spettano le detrazioni d’imposta per le spese previste dalla legge. Comparando la nuova disciplina con quella pregressa, emerge quindi che: 87 Cap. IX - Il “redditometro” viene meno la possibilità, per gli uffici, di procedere alla determinazione sintetica del reddito a causa della mancata risposta del contribuente agli inviti dell’ufficio; è superata la c.d. “presunzione di formazione del reddito per quote costanti”; vi sono diversi requisiti base per la legittimità dell’accertamento sintetico. Decorrenza della nuova disciplina L’art. 22 del DL 78/2010 stabilisce che il “nuovo” accertamento sintetico si applica “con effetto per gli accertamenti relativi ai redditi per i quali il termine di dichiarazione non è ancora scaduto alla data di entrata in vigore del presente decreto”, quindi al 31.5.2010. Di conseguenza: sino al periodo d’imposta 2008, trova ancora applicazione l’art. 38 del DPR 600/73 ante DL 78/20101; dall’esercizio 2009 in poi, è applicato il “nuovo” accertamento sintetico. “Nuovo” accertamento sintetico spese di ogni genere indici di capacità contributiva (“redditometro”) sino al 2008 “vecchio” accertamento sintetico Decorrenza a partire dal 2009 “nuovo” accertamento sintetico Fig. 1 - Accertamento sintetico 2 Tipologie di controlli L’art. 83 co. 8 del DL 112/2008 ha previsto un potenziamento dell’utilizzo dell’accertamento sintetico per il triennio 2009-2011, e ciò è destinato a protrarsi anche nel 2012, viste le linee guida per i controlli di cui alla circ. Agenzia delle Entrate 31.5.2012 n. 18. Il potenziamento dell’accertamento sintetico ha avuto come conseguenza una significativa implementazione dei controlli della Guardia di Finanza, strumentali al rinvenimento di dati idonei alla ricostruzione della capacità contributiva dei contribuenti (utilizzando un termine giornalistico, al fine di scovare i “finti poveri”). Così, già dall’inizio del 2009, i reparti operativi della Guardia di Finanza hanno effettuato controlli mirati sul possesso di yacht e aerei, scoprendo, in base all’audizione del generale D’Arrigo alla Camera, 7.513 evasori totali, e basi imponibili non dichiarate per 13,7 miliardi di euro. 1 88 Salvo la sussistenza di cause di proroga, gli avvisi di accertamento relativi all’anno 2008 devono essere notificati entro il 31.12.2013, 31.12.2014 per l’omessa dichiarazione (art. 43 del DPR 600/73). I commercialisti e l’arte Nello specifico, sono stati (e saranno) sottoposti a monitoraggio i c.d. “Cic” (indici di capacità contributiva), che, secondo la circ. Guardia di Finanza 171772/2009, potrebbero sostituire le verifiche su strada in merito ai documenti di trasporto. Le menzionate attività vengono eseguite mediante elicotteri, per “immortalare” piscine e ville di lusso. Le pattuglie stradali verificano il possesso di auto di grossa cilindrata, mentre le motovedette individuano la rotta delle imbarcazioni. Ulteriori specificazioni provengono dalla circ. Agenzia delle Entrate 31.5.2012 n. 18, ove viene evidenziato che sono in programma, per il 2012, circa 36.000 controlli2. Banche dati La banca dati che viene costantemente aggiornata è la CETE (controllo economico del territorio), ove confluiscono le risultanze dei controlli eseguiti, in primo luogo, dalla Guardia di Finanza. I dati di tutte le banche a disposizione dell’Amministrazione finanziaria sono comunque riassunti in un’unica applicazione informatica, denominata EAS, ove sono presenti le informazioni su ciascun contribuente. Oltre a ciò, il patrimonio conoscitivo degli uffici finanziari si arricchirà per effetto del neointrodotto obbligo di comunicazione delle operazioni rilevanti ai fini IVA di importo superiore a 3.000,00 euro. liste selettive Controlli analisi banche dati verifiche su strada Fig. 2 - Criteri di controllo Scostamento del quinto tra dichiarato ed accertato3 A partire dal periodo d’imposta 2009, la legittimità dell’accertamento sintetico, senza distinzioni di sorta, è subordinata al fatto che il reddito determinato dall’ufficio si discosti di almeno un quinto da quello dichiarato dal contribuente, anche per un solo periodo d’imposta4. 3 2 3 4 Interessante appare l’affermazione secondo cui occorre selezionare, a livello locale, le posizioni a maggior rischio, intendendosi per tali le persone fisiche aventi un patrimonio superiore a 5 milioni di euro. Sul sito Internet dell’Agenzia delle Entrate è disponibile il software “Redditest”, grazie al quale i contribuenti possono verificare la congruità tra tenore di vita e dichiarazione dei redditi. È possibile inserire un nome di fantasia e verificare detta congruità, in quanto si tratta di uno strumento di compliance che non riguarda la fase di accertamento. Nel sistema ante DL 78/2010, invece, tra dichiarato ed accertato doveva sussistere uno scostamento di un quarto, e, nel caso del “redditometro”, esso doveva essere biennale. 89 Cap. IX - Il “redditometro” Va rilevato che, a differenza della disciplina attuale, il requisito dello scostamento deve essere valutato con riferimento al reddito lordo dichiarato dal contribuente, e non più al reddito netto. Il calcolo della franchigia deve avvenire con riferimento al reddito dichiarato, e non con riferimento al reddito accertato5: la posizione dell’Agenzia delle Entrate è quindi opposta a quella sostenuta a suo tempo dal SECIT6. Studi di settore Per i soggetti che dichiarano compensi o ricavi pari o superiori a quelli risultanti dall’applicazione degli studi di settore, anche per effetto dell’adeguamento, lo scostamento è di un terzo e non di un quinto7. “vecchio” accertamento sintetico “nuovo” accertamento sintetico incremento patrimoniale scostamento di 1/4 rispetto al dichiarato “redditometro” scostamento di 1/4 rispetto al dichiarato per due anni indici di spesa scostamento di 1/5 dal dichiarato per un solo periodo d’imposta “redditometro” Fig. 3 - Scostamento dal reddito dichiarato 4 Determinazione sintetica del reddito La metodologia di accertamento sintetico comprende sia l’accertamento basato sul c.d. “redditometro” sia quella fondata sull’incremento della spesa patrimoniale. Tuttavia, mentre la seconda fattispecie accertativa non necessita di norme attuative, per la “quantificazione redditometrica” dell’imponibile occorre attendere l’emanazione dei decreti ministeriali di attuazione. 4.1 “Redditometro” L’accertamento fondato sul c.d. “redditometro” sarà basato “sul contenuto induttivo di elementi indicativi di capacità contributiva individuato mediante l’analisi di campioni significativi di contribuenti, differenziati anche in funzione del nucleo familiare e dell’area territoriale di appartenenza, con decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale con periodicità biennale”8. 5 6 7 8 90 Circ. Agenzia delle Entrate 19.6.2012 n. 25, § 8.3. Relazione SECIT 31.10.93. Art. 10 co. 9 del DL 201/2011. Tuttavia, il co. 13 specifica che “le disposizioni di cui ai precedenti commi 9 e 10 si applicano con riferimento alle dichiarazioni relative all’annualità 2011 ed a quelle successive”. Art. 38 del DPR 600/73. I commercialisti e l’arte Al fine di conoscere, dal punto di vista pratico, i criteri in base ai quali l’ufficio potrà determinare il reddito dei contribuenti, non resta che attendere l’approvazione dei decreti ministeriali di attuazione, che, come tra l’altro avveniva nel previgente sistema, saranno aggiornati ogni due anni. 4.1.1 Indici redditometrici previgenti (DM 10.9.92) I “fatti indice” delineati dal DM 10.9.92 (aggiornato, per gli anni 2008-2009, con il provv. direttoriale dell’11.2.2009) consistono nel possesso dei seguenti beni: aerei ed elicotteri da turismo, alianti e motoalianti, ultraleggeri e deltaplani a motore; navi e imbarcazioni da diporto; autoveicoli, campers, autocaravans e motocicli con cilindrata superiore a 250 c.c.; roulottes; residenze principali e secondarie; collaboratori familiari (a tempo pieno conviventi, a tempo parziale o non conviventi); cavalli da corsa o da equitazione (mantenuti in proprio o a pensione); assicurazioni di ogni tipo. Una volta che l’ufficio abbia dimostrato la proprietà o la disponibilità di fatto dei beni elencati, scatta la “quantificazione redditometrica” dell’imponibile, nel rispetto delle norme indicate dal DM 10.9.92. Determinazione del reddito La procedura per la determinazione del reddito complessivo netto attribuibile al contribuente prevede le seguenti fasi: si prendono in considerazione gli importi indicati in tabella relativi a ciascun bene o servizio disponibile. Tali importi sono proporzionalmente ridotti se: il bene o servizio è nella disponibilità anche di altri soggetti (diversi dal coniuge, dai figli o da altri familiari a carico); il contribuente sopporta solo in parte le spese relative al bene o servizio; il bene o servizio è utilizzato nell’esercizio di impresa o di arti o professioni; la disponibilità del bene o servizio non si è protratta per l’intero anno; si moltiplica ciascun importo per il rispettivo coefficiente indicato nella tabella. Vengono così ottenuti i valori di reddito presunti in relazione a ciascun bene o servizio9; 9 Occorre tenere conto di eventuali riduzioni, quali, ad esempio, la riduzione del 10% per anno, fino a un massimo del 40%, prevista per gli autoveicoli e gli altri mezzi di trasporto, a decorrere dal terzo anno successivo a quello di prima immatricolazione. 91 Cap. IX - Il “redditometro” si sommano i singoli valori ottenuti, procedendo ai seguenti abbattimenti progressivi10: il valore più elevato deve essere preso in considerazione per intero; il secondo valore deve essere ridotto del 40%; il terzo valore va ridotto del 50%; il quarto valore deve essere ridotto del 60%; 11 i valori successivi devono essere ridotti dell’80% ; si aggiunge al valore così ottenuto l’eventuale quota (pari ad un quinto) relativa agli incrementi patrimoniali. La somma dei valori attribuibili ai singoli beni o servizi determina il reddito complessivo netto del contribuente come espressione della presunta capacità contributiva determinata sinteticamente. Possesso di auto storiche La quantificazione redditometrica riferita al possesso di autovetture può concernere anche le auto d’epoca, e, a confutazione di ciò, non ha valore il diverso parere reso a suo tempo dal SECIT12. 4.1.2 “Nuovi” indici redditometrici Il metodo di quantificazione del reddito delineato dal DM 10.9.92 appare, per molti versi, obsoleto, e talvolta conduce a risultati irrazionali, ragion per cui l’art. 22 del DL 78/2010 ha chiarito che la riforma è strumentale al “fine di adeguare l’accertamento sintetico al contesto socio-economico, mutato nel corso dell’ultimo decennio”. Come evidenziato, il decreto attuativo dovrà considerare specifici “campioni di contribuenti”, differenziati in merito: al nucleo familiare; all’ambito territoriale di appartenenza. Allo stato attuale, non resta che ribadire quanto sostenuto nei commenti apparsi sulla stampa specializzata, ove è stato affermato che “se un certo ammontare di spesa sarà considerato fisiologico per una coppia di Milano con meno di 35 anni e senza figli che dichiara complessivamente un certo reddito, non sarà reputato 10 Art. 3 co. 4 del DM 10.9.92. L’ammontare del valore ridotto non può comunque essere inferiore all’ammontare del corrispondente importo base indicato nella tabella. 12 Cass. 22.1.2007 n. 1294. Secondo il SECIT, le auto storiche non sarebbero idonee a soddisfare le esigenze della circolazione e quindi non farebbero sorgere spese quotidiane, relative alla loro utilizzazione. Inoltre, nella tabella allegata al DM 10.9.92, il riferimento alle automobili andrebbe riferito solo a quelle in circolazione effettiva. 11 92 I commercialisti e l’arte tale per una coppia di Catania della stessa età, che guadagna gli stessi soldi, ma che ha due figli”13. Quindi, la famiglia, come anticipato dall’Agenzia delle Entrate con la circ. 9.8.2007 n. 49, entra in gioco come “misuratore” statistico della capacità di spesa dei contribuenti, con la conseguenza che, ad esempio, un famiglia numerosa con figli dovrà essere valutata diversamente rispetto ai nuclei con un solo genitore. Ancora, un single dovrà essere valutato in maniera peculiare, e non potrà passare inosservato il fenomeno della famiglia di fatto14, così come quello ove risultano conviventi anche i suoceri15. 4.2 Accertamento basato sulla spesa patrimoniale Il reddito del contribuente, come prevede l’art. 38 del DPR 600/73, potrà essere “sempre” determinato “sulla base di spese di qualsiasi genere sostenute nel corso del periodo d’imposta”. Nel sistema antecedente al DL 78/2010, i beni acquisiti al patrimonio rilevavano sotto un duplice profilo: gestionale, relativo alle spese correlate al bene, dall’anno di acquisto sino a quello di dismissione; patrimoniale, siccome l’art. 38 co. 5 del DPR 600/73 prevedeva che la spesa si presumeva sostenuta, salvo la prova contraria, con redditi conseguiti nell’anno di acquisto e nei quattro precedenti16. Nel “nuovo” sistema, invece, vi sarà alternatività tra le due forme accertative, e la scelta dello strumento da utilizzare verrà effettuata non necessariamente “a monte”, ma sulla base delle risultanze istruttorie17. 5 Prova contraria La “quantificazione redditometrica” dell’imponibile costituisce una presunzione legale relativa: una volta che l’ufficio abbia dimostrato il possesso del bene, scatta l’inversione dell’onere della prova. Il contribuente può fornire la prova contraria sia nella fase contenziosa che nel contraddittorio tra gli uffici, ora previsto espressamente dalla norma. Il testo dell’art. 38 del DPR 600/73 “novellato” stabilisce, con una formulazione leggermente diversa rispetto al precedente, che la prova contraria può consistere nel fatto che il finanziamento della spesa, o la capacità contributiva desunta dal “redditometro”, derivano da: 13 Bellinazzo M. “Il redditometro misura la dote della famiglia”, Il Sole - 24 Ore, 26.5.2010, p. 4. Mastroberti A. “La Manovra ridisegna il redditometro”, Pratica fiscale e professionale, 19, 2010, p. 22. 15 Circ. AIDC 6.7.2010 n. 14. 16 Circ. Agenzia delle Entrate 9.8.2007 n. 49. 17 Circ. Agenzia delle Entrate 21.6.2011 n. 28 § 6.1. 14 93 Cap. IX - Il “redditometro” redditi diversi da quelli posseduti dal contribuente nel periodo d’imposta; redditi esenti; redditi soggetti a imposizione alla fonte a titolo d’imposta; redditi legalmente esclusi dalla base imponibile. La “nuova” norma pare quindi più ampia rispetto alla previgente, ove, almeno apparentemente, la prova contraria era circoscritta alla dimostrazione circa il possesso di redditi esenti o assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta. La giurisprudenza ha precisato che la prova contraria può essere costituita: dall’ottenimento di un finanziamento ultrannuale, in relazione ad un accertamento basato sul possesso di due autovetture18; da denaro proveniente da atti di donazione, in merito ad un accertamento fondato sulla capacità di effettuare acquisti immobiliari19; dal fatto che, a seguito di sentenza di scioglimento degli effetti civili del matrimonio, l’ex coniuge del contribuente è stato condannato a versare a favore di questi ingenti somme di denaro20. L’Agenzia delle Entrate ha specificato che ha rilievo il “reale reddito finanziario disponibile”21. Ciò può avere effetto in merito al possesso di determinati beni culturali, siccome i titolari di beni immobili di interesse storico e artistico i quali, locando detti beni, li dichiarano in base alla rendita catastale e non in base al canone percepito, possono far valere, quale prova contraria, non il reddito che deriva dalla suddetta rendita ma quello che deriva dal canone. Contestazione circoscritta al coefficiente redditometrico Fermo restando quanto si esporrà, a prima vista non sembrerebbe possibile impugnare il coefficiente di redditività oggettivamente considerato e, di conseguenza, la quantificazione effettuata dall’ufficio. Si veda, tra le tante, Cass. 11.4.2008 n. 9654, relativa alla determinazione reddituale derivante dall’assunzione di una collaboratrice familiare. In altri termini, il carattere legale delle presunzioni osta al fatto che il contribuente dimostri, anche mediante idonea documentazione, che le spese di sostenimento del bene sono inferiori a quelle presunte dal decreto, anche se effettivamente lo sono22. 18 Cass. 8.5.2008 n. 11389. C.T.C. 26.1.93 n. 674. 20 C.T. Prov. Novara 23.2.2009 n. 20. 21 Circ. Agenzia delle Entrate 21.6.2011 n. 28 § 6.3. 22 Cass. 30.10.2007 n. 22936, in armonia con quanto esposto, ha chiarito che il giudice non ha il potere di togliere la capacità presuntiva “contributiva” che il legislatore ha connesso alla disponibilità degli indici di spesa, ma può solo valutare la prova che il contribuente offre in ordine alla provenienza non reddituale delle somme per mantenere il possesso dei beni o servizi. Secondo Cass. 3.10.2007 n. 20708, la circostanza della cessazione dell’attività nell’anno precedente a quello oggetto di verifica 19 94 I commercialisti e l’arte Così, C.T. Prov. Alessandria 22.2.2011 n. 13 ha respinto il ricorso di un contribuente che, quale prova contraria, ha allegato le Tabelle ACI relative al costo del mantenimento dell’autoveicolo, costo inferiore a quello imputato dal decreto23. Le affermazioni effettuate, relative al carattere legale relativo del “redditometro” e alla consequenziale impossibilità di contestazione del coefficiente, sono state riviste da Cass. 17.6.2011 n. 13289. I giudici hanno infatti affermato che il “redditometro”, a differenza della spesa patrimoniale, è un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza si formano nel contraddittorio tra le parti, non essendo stabilite dal legislatore24. Qualora l’assunto venisse confermato dalla successiva giurisprudenza, l’assetto della prova contraria risulterebbe radicalmente modificato: il contribuente potrebbe, contrariamente a ciò che si è appena sostenuto, dimostrare che le spese di mantenimento del bene sono inferiori a quelle presunte dai coefficienti, e ciò in molti casi non dovrebbe essere difficile nel sistema ante DL 78/201025. Allo stato attuale, la pronuncia ha trovato seguito in giurisprudenza26. In merito alla spesa patrimoniale, invece, pare confermata la natura di presunzione legale relativa, sicchè, salvo prova contraria, l’importo dell’acquisto viene imputato quale maggior reddito nell’anno del sostenimento, non essendo stata riproposta, nel DL 78/2010, la presunzione per quinti. “vecchio” accertamento sintetico redditi esenti o soggetti a imposizione alla fonte “nuovo” accertamento sintetico redditi diversi da quelli posseduti redditi esenti redditi soggetti a imposizione alla fonte redditi legalmente esclusi dalla base imponibile Fig. 4 - Prova contraria 23 24 25 26 non è idonea a superare la portata presuntiva degli indici (nel caso di specie l’Amministrazione finanziaria aveva fondato l’accertamento sulla base del possesso di due autovetture acquistate in anni precedenti). Altra giurisprudenza ha adottato però la conclusione opposta, in riferimento ad autovetture possedute in “zona franca”, ove i costi ad esempio del carburante sono minori (C.T. Prov. Sondrio 25.3.2011 n. 24) e alla stessa produzione delle Tabelle ACI (C.T. Prov. Padova 11.2.2010 n. 31/6/10). Quest’ultima pronuncia, nello specifico, ritiene che “il giudice possa intervenire sulla quantificazione in quanto detta quantificazione ha valore di presunzione semplice che quindi ben può essere esaminata e se del caso modificata dal giudice in accoglimento della documentata richiesta di parte”. Vengono a tale fine richiamate varie sentenze delle Sezioni Unite in tema di studi di settore e parametri contabili, ove la Cassazione ha messo in evidenza la centralità del contraddittorio tra le parti. Si rammenta che per un vecchia auto di cilindrata 2.000 i coefficienti imputano un reddito presunto di circa 30.000,00 euro l’anno. C.T. Reg. Torino 24.11.2011 n. 76/14/11 e C.T. Prov. Torino 1.7.2011 n. 136/2/11. 95 Cap. IX - Il “redditometro” 6 Tabella riepilogativa “Nuovo” redditometro “Vecchio” redditometro Condizioni di applicabilità dell’accertamento Il reddito dichiarato dal contribuente deve discostarsi, anche per un solo periodo d’imposta, di un quinto rispetto a quello accertato. Il reddito netto dichiarato dal contribuente deve discostarsi da quello accertato per un quarto. Nel caso del “redditometro”, lo scostamento deve protrarsi per due anni. Incremento della spesa patrimoniale La rettifica può basarsi su ogni spesa sostenuta dal contribuente nel periodo d’imposta. La spesa per incrementi patrimoniali si presume sostenuta, per quote costanti, nell’anno in cui è stata effettuata e nei quattro precedenti. Oneri deducibili Dal reddito determinato sinteticamente sono deducibili gli oneri di cui all’art. 10 del TUIR. Detrazioni d’imposta Competono gli oneri per le spese detraibili sostenuti dal contribuente. Gli indici sono determinati con decreto ministeriale (l’adeguamento biennale è previsto dallo stesso decreto). Indici redditometrici Gli indici verranno determinati con decreto ministeriale (da aggiornare ogni due anni), ove occorrerà tenere conto di “analisi di campioni significativi di contribuenti”, differenziati anche in funzione del nucleo familiare e dell’area territoriale di appartenenza. Prova contraria Il contribuente può dimostrare che la spesa è stata sostenuta con redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d’imposta, o con redditi esenti o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile. Il contribuente, anche prima dell’emanazione dell’accertamento, producendo idonea documentazione, può dimostrare che il maggior imponibile deriva in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta. Contraddittorio Prima di emanare l’accertamento, l’ufficio ha l’obbligo di convocare il contribuente ai fini del procedimento di adesione di cui al DLgs. 218/97. Mancata risposta agli inviti dell’ufficio 96 Era prevista l’indeducibilità degli oneri di cui all’art. 10 del TUIR. L’accertamento sintetico è ammesso anche ove il contribuente non abbia dato seguito agli inviti a comparire degli uffici o alla compilazione dei questionari. I commercialisti e l’arte CAPITOLO X L’APPLICAZIONE DELLE IMPOSTE DI SUCCESSIONE E DONAZIONE ANITA MAURO 1 Premessa L’art. 2 co. 47 del DL 3.10.2006 n. 262, nella versione integrata dalla legge di conversione n. 286 del 24.11.2006, è intervenuto in materia di tassazione dei trasferimenti realizzati attraverso successione mortis causa e donazione: ripristinando l’imposta sulle successioni e donazioni di cui al DLgs. 31.10.90 n. 3461; rimodulando le aliquote dell’imposta e le franchigie di esenzione. Alle “nuove” imposte di successione e donazione reintrodotte dal DL 262/2006 si applica, per espressa previsione normativa2, la disciplina dettata dal DLgs. 346/90 (ovvero, il c.d. “Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni”)3. Decorrenze Si rileva che le norme (re)introdotte dal DL 262/2006 (con le modifiche apportate in sede di conversione dalla L. 286/2006) si applicano alle: donazioni fatte sotto forma di atti pubblici formati, scritture private autenticate e scritture private non autenticate presentate per la registrazione a partire dal 29.11.2006 (data di entrata in vigore della L. 286/2006); 4 successioni apertesi a partire dal 3.10.2006 . 1.1 Modalità di applicazione dell’imposta L’imposta sulle successioni e donazioni si applica “sui trasferimenti di beni e 1 2 3 4 L’imposta sulle successioni e donazioni, disciplinata dal DLgs. 31.10.90 n. 346, è stata soppressa dall’art. 13 co. 1 della L. 18.10.2001 n. 383, con effetto dalle successioni aperte e donazioni effettuate a partire dal 25.10.2001. Cfr. l’art. 2 co. 50 del DL 262/2006. Il DL 262/2006, peraltro, nel rinviare alla disciplina del DLgs. 346/90, prevede alcuni correttivi: in primo luogo, il DLgs. 346/90 si applica alle “nuove” imposte di successione e donazione solo per quanto non disposto dal DL 262/2006, inoltre, le norme del DLgs. 346/90 si applicano solo in quanto compatibili con le disposizioni dettate dal DL 262/2006. Da ultimo, il rinvio fa riferimento alla disciplina del DLgs. 346/90 come vigente alla data del 24.10.2001 sicché non trovano applicazione le modifiche legislative intervenute sul DLgs. 346/90 a partire dal 25.10.2001. Alle successioni aperte dal 25.10.2001 al 2.10.2006, invece, trovava applicazione quanto disposto dalla L. 383/2001, ovvero la “soppressione” dell’imposta sulle successioni e donazioni. 97 Cap. X - L’applicazione delle imposte di successione e donazione diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione”5. Pertanto, sono soggetti ad imposta sulle successioni tutti i beni facenti parte dell’asse ereditario, ad eccezione di quelli per i quali sussistono specifiche cause di esenzione. D’altro canto, sono soggetti ad imposta sulle donazioni tutti i beni oggetto di donazione, di atti a titolo gratuito e di atti di costituzione di vincoli di destinazione su beni, ad esclusione di quelli per cui operano specifiche ipotesi di esclusione. Pertanto, in linea di principio, anche i trasferimenti a titolo gratuito (inter vivos o mortis causa) di opere d’arte possono rientrare nell’ambito oggettivo di applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni, ma per tali beni, in presenza di specifiche condizioni, il DLgs. 346/90 prevede: 6 un’ipotesi di esenzione da imposizione (art. 13 del DLgs. 346/90 ); un’ipotesi di riduzione dell’imposta (art. 25 co. 2 del DLgs. 346/90). In breve, nel caso in cui un’opera d’arte o un bene culturale sia compreso nell’asse ereditario7, su di esso sono dovute le imposte sulle successioni e donazioni in misura integrale solo se: non sussistono le condizioni per l’applicazione dell’esenzione per i beni culturali vincolati di cui all’art. 13 del DLgs. 346/90; in assenza dei presupposti per l’esenzione richiesti dall’art. 13 del DLgs. 346/90, non sussistono neppure le condizioni previste dall’art. 25 co. 2 del DLgs. 346/90 per la riduzione dell’imposta. Successione o donazione aventi ad oggetto beni culturali esenzione da imposta riduzione dell’imposta art. 13 del DLgs. 346/90 art. 25 co. 2 del DLgs. 346/90 in assenza di condizioni per l’esenzione Fig. 1 - Successione e donazione aventi ad oggetto beni culturali 1.2 Aliquote di applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni In assenza delle condizioni di esenzione o dei presupposti per l’applicazione di 5 6 7 98 Art. 2 co. 47 del DL 262/2006 (come conv. dalla L. 286/2006). Richiamato dall’art. 59 co. 1 per quanto riguarda l’imposta di donazione, che prescrive l’applicazione dell’imposta di donazione in misura fissa (168,00 euro). Oggetto di donazione. I commercialisti e l’arte una riduzione di imposta, le imposte sulle successioni e donazioni sono dovute nella misura ordinaria indicata nella tabella sottostante. Beneficiario del trasferimento per successione coniuge parenti in linea retta Altro parente fino al IV° grado Fratello Affine in linea Sorella retta Affine in linea collaterale fino al III° grado Portatore di handicap ai sensi della L. 104/92 Altro soggetto 8% Senza Franchigia Aliquota applicabile 4% 6% 6% 4%, 6%, 8%, a seconda del rapporto di parentela Franchigia milione di euro ciascuno 100 mila euro ciascuno Senza Franchigia 1.500.000 euro ciascuno Come si comprende osservando la tabella, le aliquote dell’imposta sulle successioni e donazioni sono modulate a seconda della linea e del grado di parentela intercorrente tra il de cuius (o il donante) ed il beneficiario del trasferimento (erede, legatario o donatario). Inoltre, sono state previste alcune franchigie, che si applicano ai trasferimenti effettuati a favore di: coniuge e parenti in linea retta; fratelli e sorelle; soggetti portatori di handicap riconosciuto grave ai sensi della L. 5.2.92 n. 104. 2 Trasferimento per successione o donazione di beni culturali Come anticipato, il DLgs. 346/90 prevede un’ipotesi di esenzione dalle imposte di successione e donazione (art. 13 del DLgs. 346/90) ed un’ipotesi di riduzione delle medesime imposte nel caso in cui cadano in successione o vengano trasferiti per donazione beni culturali (art. 25 co. 2 del DLgs. 346/90). L’applicabilità dell’esenzione o della riduzione richiedono la presenza di specifiche condizioni individuate dalle norme sopra indicate. 2.1 Esenzione dalle imposte di successione e donazione Nel caso di trasferimento di beni culturali per successione o per donazione, in presenza di talune specifiche condizioni individuate dall’art. 13 del DLgs. 346/90: i beni culturali sono esclusi dall’attivo ereditario e godono, pertanto di un’esenzione dall’imposta sulle successioni8; per la donazione di beni culturali vincolati, è prevista l’applicazione della sola imposta in misura fissa9. 8 9 Art. 13 del DLgs. 346/90. Art. 59 co. 1 lett. a) del DLgs. 346/90. 97 Cap. X - L’applicazione delle imposte di successione e donazione 2.1.1 Esclusione dall’asse ereditario L’art. 13 del DLgs. 346/90 dispone l’esclusione dell’attivo ereditario per i beni culturali di cui agli artt. 1, 2 e 5 della L. 1.6.39 n. 1089 e all’art. 36 del DPR 30.9.63 n. 1409 (oggi sostituiti dal codice dei beni culturali e del paesaggio, contenuto nel DLgs. 42/2004) e sottoposti a vincolo (oggi “dichiarazione di interesse pubblico” ex art. 13 del DLgs. 42/2004)10 prima della data di apertura della successione. La norma citata, in particolare, dispone che i beni culturali vincolati sono esclusi dall’attivo ereditario a condizione che: siano stati sottoposti a vincolo anteriormente all’apertura della successione; siano stati assolti i conseguenti obblighi di conservazione e protezione. Inventario e attestazione dell’adempimento degli obblighi di conservazione e protezione Inoltre, l’art. 13 del DLgs. 346/90 richiede, affinché possa operare l’esenzione in parola, che l’erede presenti al Ministero per i Beni culturali l’inventario dei beni che ritiene risultino esclusi dall’asse ereditario, con una descrizione idonea alla loro puntuale individuazione, di modo che l’Amministrazione possa emettere l’attestazione11 relativa all’esistenza delle caratteristiche dei beni che ne consentono l’esenzione, da cui risulti che sono stati assolti gli obblighi di conservazione e protezione derivanti da tale vincolo (C.M. 30.3.2000 n. 61/E12). Tale attestazione deve essere allegata alla dichiarazione di successione13. La C.M. 30.3.2000 n. 61 ha precisato che la mancata indicazione dei beni culturali nella dichiarazione di successione comporta la decadenza dal beneficio dell’esclusione dall’attivo ereditario. Ritardo nel rilascio dell’attestazione Ove l’attestazione dell’adempimento degli obblighi di conservazione, non sia stata rilasciata (dall’Amministrazione Pubblica competente) entro il termine stabilito per la presentazione della dichiarazione di successione14, la stessa potrà essere 10 Si vedano i precedenti cap. I e II. “Contro il rifiuto dell’attestazione è ammesso ricorso gerarchico al Ministro, il quale decide, sentito il Consiglio nazionale per i beni culturali ed ambientali [n.d.r.: Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici]; la decisione di accoglimento del ricorso deve essere presentata in copia, entro trenta giorni dalla sua comunicazione, all’ufficio del registro [n.d.r.: ufficio dell’Agenzia delle Entrate] che provvede al rimborso dell’eventuale maggiore imposta pagata” (art. 13 co. 3 del DLgs. 346/90). Inoltre, contro il rifiuto è possibile anche ricorrere al giudice amministrativo, secondo le regole ordinarie del contenzioso (così Gaffuri G. “L’imposta sulle successioni e donazioni”, Cedam, Padova, 2008, p. 203). 12 Disponibile in Banca Dati Eutekne. 13 Ovvero, ove non vi siano altri beni ereditari, anche autonomamente, senza la dichiarazione di successione, ma entro il termine per la presentazione di essa. 14 Che, a norma dell’art. 31 co. 1 del DLgs. 346/90 è pari a 12 mesi dalla data di apertura della successione, che coincide con la data della morte del defunto. 11 100 I commercialisti e l’arte prodotta dal contribuente successivamente a detto termine ma entro tre anni dalla data di apertura della successione15. La giurisprudenza di legittimità16 ha chiarito che il termine di tre anni (dall’apertura della successione) entro il quale il contribuente può presentare l’attestazione del Ministero non ha natura decadenziale, attesa la mancata espressa previsione normativa in tal senso. Inoltre – aggiunge la Corte – l’art. 30 co. 6 del DLgs. 346/90, pur richiedendo espressamente che alla dichiarazione di successione sia allegata la richiesta della domanda di rilascio dell’attestazione, non sanziona in alcun modo l’assenza della richiesta, sicché, anche in assenza di essa, l’esenzione compete ex lege se il vincolo culturale effettivamente sussiste. Inoltre, nella sentenza 15.12.2010 n. 2536617, la Corte di Cassazione ha precisato che l’eventuale mancanza dell’attestazione può essere sanata, una volta in possesso dell’attestato, anche oltre il termine fissato per la presentazione della denuncia integrativa, non essendo prevista alcuna comminatoria di decadenza e tenuto conto che la emendabilità e la ritrattabilità della dichiarazione sono sottratte al termine fissato per la presentazione della denuncia medesima. Decadenza A norma dell’art. 13 co. 4 del DLgs. 346/90, l’alienazione “in tutto o in parte” dei beni culturali esenti prima del decorso di 5 anni dall’apertura della successione determina la decadenza dall’esenzione, con conseguente ricaduta dei beni culturali nell’attivo ereditario. In proposito, la Corte di Cassazione, nella sentenza 31.3.2011 n. 736218, ha chiarito che l’alienazione di uno solo dei beni culturali caduti in successione, prima del decorso di 5 anni dall’apertura della successione, determina l’inclusione nell’attivo ereditario solo del bene alienato e non di tutti i beni culturali vincolati presenti nell’asse ereditario che abbiano goduto dell’esenzione prevista dall’art. 13 co. 1 del DLgs. 346/90. L’espressione “in tutto o in parte” – chiarisce, infatti, la Corte – non deve essere interpretata (come proposto dall’Agenzia delle Entrate) nel senso che l’alienazione infraquinquennale di anche uno solo dei beni culturali esenti determini l’inclusione di tutti i beni culturali nell’asse ereditario. L’espressione citata si riferisce all’ipotesi di alienazione di una quota indivisa di un bene o di una parte separata di un bene materialmente divisibile, o di una cosa facente originariamente parte di una cosa composta o di un bene appartenente ad una universalità di mobili. Pertanto, nel caso in cui l’erede alieni, prima dei 5 anni, uno dei beni culturali ricevuti per successione, solo questo deve essere ricompreso nell’attivo ereditario e non tutti i beni culturali caduti in successione. 15 Secondo il combinato disposto degli artt. 30 co. 6 e 23 co. 4 del DLgs. 346/90. Cfr. Cass. 4.11.2008 n. 26449, in Banca Dati Eutekne. 17 Disponibile in Banca Dati Eutekne. 18 Disponibile in Banca Dati Eutekne. 16 97 Cap. X - L’applicazione delle imposte di successione e donazione A norma dell’art. 13 co. 4 del DLgs. 346/90, comportano la decadenza dall’esenzione, oltre che l’alienazione infraquinquennale dei beni culturali, anche: la tentata esportazione di essi senza autorizzazione; 19 il mutamento non autorizzato della destinazione d’uso degli immobili culturali; il mancato assolvimento degli obblighi prescritti per consentire l’esercizio del diritto di prelazione da parte dello Stato20. 2.1.2 Applicazione dell’imposta di donazione in misura fissa L’art. 59 co. 1 lett. a) del DLgs. 346/90 dispone che l’imposta sulle donazioni si applica nella misura fissa prevista per l’imposta di registro (168,00 euro21) alle donazioni di beni culturali vincolati di cui al DLgs. 42/200422, a condizione che sia presentata all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate l’attestazione, redatta dal competente ufficio periferico del Ministero per i Beni e le Attività culturali, che attesti, per i singoli beni donati, l’esistenza del vincolo e l’assolvimento degli obblighi di conservazione e protezione23. Pertanto, anche per l’applicazione dell’agevolazione alle donazioni, è necessario che il vincolo culturale preesista alla data della donazione e che venga presentata all’ufficio che effettua la registrazione l’attestazione che dimostri l’adempimento degli obblighi di protezione e conservazione24. Nel caso in cui la donazione abbia ad oggetto anche altri beni, diversi dai beni culturali vincolati per cui sussistono le condizioni agevolative, di essi non si tiene conto nella determinazione dell’imposta di donazione25. Decadenza Comportano la decadenza dall’agevolazione26 (che consente di applicare l’imposta di donazione in misura fissa): 19 20 21 22 23 24 25 26 Tale causa di decadenza è limitata ai beni immobili. Il diritto di prelazione è sancito dagli artt. 60 - 62 del DLgs. 22.1.2004 n. 42. A norma dell’art. 11 della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/86. L’art. 59 co. 1 lett. a) del DLgs. 346/90, per l’individuazione dei beni culturali vincolati, rinvia all’art. 12 lett. g) del DLgs. 346/90, che, a sua volta, rinvia all’art. 13 del medesimo decreto, che fa riferimento agli artt. 1, 2 e 5 della L. 1.6.39 n. 1089 e all’art. 36 del DPR 30.9.63 n. 1409. Tali ultime norme, però, sono state abrogate e l’intera materia è oggi disciplinata dal DLgs. 22.1.2004 n. 42 (codice dei beni culturali e del paesaggio). Anche in tal caso, ove l’Amministrazione rifiuti l’attestazione, è ammesso il ricorso gerarchico al Ministro competente, nonché il normale ricorso al giudice amministrativo, secondo le regole ordinarie del contenzioso (si veda la precedente nota 10). Si veda il precedente § 2.1.1. Cfr. l’art. 59 co. 3 del DLgs. 346/90. A norma dell’art. 13 co. 4 del DLgs. 346/90, richiamato, in relazione alle donazioni, dall’art. 59 co. 1 lett. a) del medesimo decreto. 102 I commercialisti e l’arte l’alienazione in tutto o in parte dei beni culturali donati prima che sia decorso un quinquennio dalla data della donazione; la tentata esportazione di essi senza autorizzazione; il mutamento non autorizzato della destinazione d’uso dei beni immobili27 culturali; il mancato assolvimento degli obblighi prescritti per consentire l’esercizio del diritto di prelazione da parte dello Stato28. alienazione in tutto o in parte dei beni culturali donati o caduti in successione prima di 5 anni dall’apertura della successione o donazione Si realizza la decadenza dalle agevolazioni per i beni culturali in caso di tentata esportazione non autorizzata dei beni culturali mutamento non autorizzato della destinazione d’uso dei beni culturali mancato assolvimento degli obblighi per l’esercizio del diritto di prelazione da parte dello Stato Fig. 2 - Cause di decadenza dalle agevolazioni 2.2 Riduzione dell’imposta sulle successioni o donazioni Nel caso in cui, al momento dell’apertura della successione o dell’atto di donazione, i beni trasferiti non siano ancora assoggettati al vincolo culturale di cui al DLgs. 42/2004, ma i beni si trovino nelle condizioni richieste, è possibile applicare una riduzione dell’imposta sulle successioni e donazioni. 2.2.1 Riduzione dell’imposta sulle successioni Se nell’attivo ereditario sono compresi beni immobili culturali di cui al DLgs. 22.1.2004 n. 42, non sottoposti al vincolo culturale anteriormente all’apertura della successione, l’imposta dovuta dall’erede o legatario al quale i beni sono devoluti è ridotta dell’importo proporzionalmente corrispondente al 50% del loro valore (art. 25 co. 2 del DLgs. 346/90). L’erede o legatario deve presentare l’inventario dei beni per i quali ritiene spettante la riduzione, con la descrizione particolareggiata degli stessi e con ogni notizia idonea alla loro identificazione, al competente organo periferico del Ministero per i Beni culturali e ambientali, il quale attesta per ogni singolo bene l’esistenza delle caratteristiche di cui al codice dei beni culturali e del paesaggio (DLgs. 42/2004). L’attestazione deve essere allegata alla dichiarazione di successione. L’accertamento positivo delle caratteristiche richieste dal codice dei beni culturali e del paesaggio29 comporta la sottoposizione dell’immobile al vincolo ivi previsto. 27 Tale causa di decadenza è limitata ai beni immobili. Il diritto di prelazione è sancito dagli artt. 60 - 62 del DLgs. 22.1.2004 n. 42. 29 DLgs. 42/2004. 28 97 Cap. X - L’applicazione delle imposte di successione e donazione Trovano applicazione anche in tal caso le disposizioni di cui ai co. 3, 4 e 5 dell’art. 13 del DLgs. 346/90, relativamente al ricorso avverso il rifiuto dell’attestazione da parte dell’Amministrazione Pubblica30 ed alla decadenza dall’agevolazione. Pertanto, si decade dal diritto alla riduzione dell’imposta nel caso di: alienazione infraquinquennale dei beni culturali (in tutto o in parte); tentata esportazione non autorizzata; 31 mutamento non autorizzato della destinazione d’uso degli immobili culturali; mancato rispetto degli obblighi prescritti per garantire la prelazione dello Stato nell’alienazione degli immobili culturali. SUCCESSIONE contenente beni culturali riduzione dell’imposta esclusione dei beni culturali dall’attivo ereditario art. 25 co. 2 del DLgs. 346/90 esenzione art. 13 co. 2 del DLgs. 346/90 vincolo non ancora riconosciuto attestazione dell’amministrazione competente vincolo anteriore ad apertura successione attestazione dell’amministrazione competente Fig. 3 - Esenzioni e riduzioni d’imposta per le successioni di beni culturali 2.2.2 Riduzione dell’imposta di donazione A norma dell’art. 56 co. 5 del DLgs. 346/90, anche nel caso di donazioni aventi ad oggetto beni culturali non ancora assoggettati a vincolo al momento della donazione si applicano le riduzioni previste per le successioni dall’art. 25 co. 2 del DLgs. 346/90, alle condizioni ivi previste. Si rinvia, pertanto, al precedente § 2.2.132. 30 Si veda la precedente nota 10. Tale causa di decadenza è limitata ai beni immobili. 32 Nonché alla fig. 2. 31 104 I commercialisti e l’arte DONAZIONE di beni culturali imposta di donazione fissa (168,00 euro) art. 59 co. 1 lett. a) del DLgs. 346/90 vincolo anteriore a donazione attestazione dell’amministrazione competente riduzione dell’imposta art. 56 co. 5 del DLgs. 346/90 vincolo non ancora riconosciuto attestazione dell’amministrazione competente Fig. 4 - Esenzioni e riduzioni d’imposta per le donazioni di beni culturali 3 Imposte ipotecaria e catastale Secondo un orientamento della giurisprudenza di legittimità che pare, ormai, consolidato33, nel caso di trasferimento per successione o donazione di immobili culturali vincolati, le imposte ipotecaria e catastale trovano applicazione in misura ordinaria (2% + 1%) e non in misura fissa. Infatti, secondo la giurisprudenza, in assenza di un espresso richiamo, l’esenzione per i beni culturali dall’imposta sulle successioni e donazioni non si può comunicare anche alle imposte ipotecaria e catastale, posto che tali imposte hanno presupposti e fondamento differenti. Pertanto, in ipotesi di trasferimento per successione di beni culturali, sebbene gli artt. 2 e 10 del DLgs. 347/90 rinviino alle norme in tema di imposte sulle successioni e donazioni ai fini della determinazione della base imponibile delle imposte ipotecaria e catastale, è necessario assoggettare comunque a tassazione (limitatamente alle imposte ipo-catastali) il trasferimento gratuito dei beni, facendo riferimento, in ipotesi di esenzione dalle imposte parametro (o di tassazione in misura fissa), al valore virtuale che i beni vengono ad assumere nell’ambito delle imposte di successione o donazione, indipendentemente dall’esenzione o dalla loro applicazione in misura fissa. Infatti, l’art. 2 co. 2 del DLgs. 347/9034 espressamente prevede che “se l’atto o la successione è esente dall’imposta di registro o dall’imposta sulle successioni e donazioni o vi è soggetto in misura fissa, la base imponibile è determinata secondo le disposizioni relative a tali imposte”, così esplicitando che l’esenzione dall’imposta sulle successioni e donazioni non comporta anche l’esenzione da quelle 33 Si veda Cass. 16.4.2007 n. 8977, Cass. 10.3.2010 n. 5765 e, da ultimo, Cass. 16.12.2011 n. 27192, disponibili in Banca Dati Eutekne. In senso opposto si veda, nella giurisprudenza di merito, C.T. Prov. Belluno 17.4.2000 n. 13/2/2000, disponibile in Banca Dati Eutekne. 34 Richiamato dall’art. 10 co. 1 del medesimo decreto per l’imposta catastale. 97 Cap. X - L’applicazione delle imposte di successione e donazione sulla trascrizione (imposta ipotecaria) o sulla voltura (imposta catastale) degli atti di trasferimento, che si determina in base alle regole stabilite per la determinazione dell’imponibile delle imposte di successione o donazione a prescindere dall’inapplicabilità di esse35. 35 Così Cass. 16.12.2011 n. 27192, in Banca Dati Eutekne. 106 I commercialisti e l’arte CAPITOLO XI LE AGEVOLAZIONI TRIBUTARIE PAMELA ALBERTI 1 Premessa A fronte dei numerosi obblighi di conservazione dei beni culturali, il legislatore tributario ha previsto particolari norme agevolative in relazione a tali beni. Tali agevolazioni sono diversificate a seconda della natura del tributo o del beneficiario. Fermo restando quanto già affermato con riferimento alle sponsorizzazioni, agli immobili vincolati e alle imposte di successione e donazione1, di seguito si riportano, senza pretesa di esaustività, le agevolazioni fiscali di maggior rilievo riconosciute nell’ambito del settore artistico-culturale. 2 Detrazioni IRPEF Il legislatore tributario ha previsto alcune ipotesi di detrazione ai fini IRPEF con riferimento alle seguenti fattispecie: oneri relativi a beni vincolati; erogazioni liberali nei confronti di enti del settore artistico e culturale. 2.1 Detrazione degli oneri relativi a beni vincolati L’art. 15 co. 1 lett. g) del TUIR disciplina la detrazione IRPEF del 19% in relazione agli oneri per i beni soggetti a regime vincolistico, nella misura effettivamente rimasta a carico2. 2.1.1 Ambito oggettivo di applicazione Si tratta delle spese sostenute dai contribuenti obbligati alla manutenzione, protezione o restauro dei beni (mobili e immobili) soggetti a regime vincolistico ai sensi del: DLgs. 22.1.2004 n. 42 (codice dei beni culturali e del paesaggio); 3 DPR 30.9.63 n. 1409 (disciplina degli archivi di Stato) . 1 2 3 Si vedano, rispettivamente, i precedenti cap. VI, VII, X. Ai fini del reddito d’impresa, analoga previsione è contenuta nell’art. 100 co. 2 lett. e) del TUIR. Sul punto, si veda il successivo § 3.2. Il DLgs. 42/2004, entrato in vigore l’1.5.2004, ha abrogato il precedente DLgs. 29.10.99 n. 490 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali), il quale aveva a sua volta abrogato la L. 1.6.39 n. 1089, ancora formalmente richiamata dall’art. 15 co. 1 lett. g) del TUIR. 107 Cap. XI - Le agevolazioni tributarie La ris. Agenzia delle Entrate 2.4.2009 n. 93 ha chiarito che sono detraibili le spese sostenute per ordinare e inventariare gli archivi privati dichiarati di interesse storico-culturale, ai sensi dell’art. 30 co. 4 del DLgs. 22.1.2004 n. 42: in quanto assolvano alla funzione di mantenere integra l’efficienza funzionale e l’identità del bene e delle sue parti, nonché la funzione di protezione e fruizione delle fonti documentarie, che non sarebbe possibile in una condizione di disordine e abbandono; a condizione che siano correlate ad interventi di carattere straordinario da realizzare immediatamente dopo l’apposizione del vincolo o, per quanto concerne l’aggiornamento dell’inventario già realizzato, all’insorgere di altre cause straordinarie verificate dalle Autorità pubbliche competenti. La detrazione non spetta in caso di: mutamento di destinazione dei beni senza la preventiva autorizzazione dell’Amministrazione per i beni culturali e ambientali; mancato assolvimento degli obblighi di legge per consentire l’esercizio del diritto di prelazione dello Stato sui beni mobili e immobili vincolati; tentata esportazione non autorizzata dei beni mobili vincolati. L’Amministrazione per i beni culturali ed ambientali dà immediata comunicazione al competente ufficio finanziario delle violazioni che comportano la perdita del diritto alla detrazione. Dalla data di ricevimento di tale comunicazione inizia a decorrere il termine per la rettifica della dichiarazione dei redditi. Si tratta, in sostanza, di una deroga alla disciplina dei termini sancita dall’art. 43 del DPR 600/73. 2.1.2 Ambito soggettivo di applicazione In relazione all’individuazione dei contribuenti obbligati alla manutenzione, protezione o restauro dei beni soggetti a regime vincolistico, la ris. Agenzia delle Entrate 9.1.2009 n. 10 ha chiarito che: ai sensi dell’art. 30 co. 3 del citato DLgs. 42/2004, gli obblighi di conservazione dei beni culturali ricadono sui soggetti che ne siano proprietari, possessori o detentori; la detrazione in esame spetta quindi a quei soggetti che vantano un titolo giuridico che attribuisca loro la proprietà, il possesso o la detenzione del bene oggetto dell’intervento conservativo; la detenzione del bene si può conseguire per effetto della stipulazione di un contratto di comodato, a condizione che la concessione in uso del bene avvenga non solo per il periodo di tempo corrispondente all’esecuzione dei lavori di recupero, ma sia di durata tale da permettere il perseguimento di un fine proprio del comodatario meritevole di tutela (es. successiva messa a disposizione del pubblico del monumento restaurato). Non possono comunque essere considerate ai fini della detrazione le eventuali somme che il comodante corrisponde al comodatario a titolo di rimborso spese, ai 108 I commercialisti e l’arte sensi dell’art. 1808 c.c. Tale disposizione, infatti, prevede che il comodatario ha diritto di essere rimborsato delle spese straordinarie sostenute per la conservazione della cosa, se queste erano necessarie e urgenti. 2.1.3 Certificazione delle spese La necessità delle suddette spese, quando non siano obbligatorie per legge, deve risultare da apposita certificazione rilasciata dalla competente Soprintendenza del Ministero per i Beni e le Attività culturali, previo accertamento della loro congruità effettuato d’intesa con il competente ufficio del territorio dell’Amministrazione finanziaria. Qualora l’apposita certificazione non venga rilasciata entro la data di presentazione della dichiarazione dei redditi, la detrazione spetta nell’anno d’imposta in cui è stato completato il rilascio della stessa4. Introduzione dell’autocertificazione L’art. 40 co. 9 del DL 6.12.2011 n. 201, convertito nella L. 22.12.2011 n. 214, ha però stabilito che la documentazione e le certificazioni attualmente richieste ai fini della fruizione della detrazione in esame sono sostituite da un’apposita dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà: presentata dal richiedente al Ministero per i Beni e le Attività culturali; relativa alle spese effettivamente sostenute per lo svolgimento degli interventi e delle attività cui i benefici si riferiscono. Il Ministero per i Beni e le Attività culturali esegue controlli a campione sulle dichiarazioni sostitutive presentate. 2.1.4 Cumulo delle detrazioni Ai sensi dell’art. 1 co. 1 della L. 27.12.97 n. 449, la detrazione in esame è cumulabile con quella del 41-36% per le spese di recupero edilizio, ma in misura ridotta del 50% (cfr. C.M. 24.2.98 n. 57/E, § 5)5. Pertanto: le spese di recupero edilizio detraibili ai sensi della suddetta L. 449/97, fino all’importo massimo di 48.000,00 euro previsto, possono essere detratte anche ai sensi dell’art. 15 co. 1 lett. g) del TUIR, ricorrendone i presupposti, per il 50% del loro ammontare (cioè fino ad un massimo di 24.000,00 euro); le spese di recupero edilizio non detraibili ai sensi della suddetta L. 449/97, in quanto superiori all’importo massimo di 48.000,00 euro previsto, possono, per la parte eccedente, essere detratte integralmente ai sensi dell’art. 15 co. 1 lett. g) del TUIR, ricorrendone i presupposti. 4 5 Cfr. C.M. 25.5.79 n. 27 e C.M. 15.5.97 n. 137/E, § 2.4.1 Sulla tematica si vedano anche Zeni A. “Dati catastali in dichiarazione per il 36%”, Il Quotidiano del Commercialista, www.eutekne.info, 10.2.2012 e Corradin C. “Ultime novità legislative in materia di detrazione IRPEF del 36%”, Schede di Aggiornamento, 11, 2011, p. 1609 ss. 109 Cap. XI - Le agevolazioni tributarie Con riferimento alla detrazione IRPEF spettante per gli interventi volti al recupero edilizio, si ricorda che l’inserimento del nuovo art. 16-bis del TUIR ad opera del DL 201/2011 (art. 4 del DL 201/2011, conv. L. 214/2011), ha determinato il “passaggio a regime” dell’agevolazione. L’art. 11 co. 1 del DL 83/2012 (conv. L. 7.8.2012 n. 134) ha stabilito che6: per le spese documentate relative agli interventi di cui all’art. 16-bis co. 1 del TUIR, sostenute dal 26.6.2012 al 30.6. 2013, la detrazione IRPEF del 36% spettante in relazione alle spese sostenute per determinati interventi di recupero edilizio è elevata al 50%; l’ammontare massimo delle spese rilevanti è incrementato da 48.000 euro a 96.000 euro. I chiarimenti forniti in relazione al cumulo tra la “vecchia” disciplina di cui alla L. 449/97 e la detrazione degli oneri relativi a beni vincolati dovrebbero valere anche con riferimento alla “nuova” disciplina contenuta nell’art. 16-bis) del TUIR. Sul punto, sarebbe auspicabile un chiarimento ufficiale. 2.2 Erogazioni liberali a favore di enti che operano nel settore culturale e artistico L’art. 15 co. 1 lett. h) del TUIR disciplina la detrazione IRPEF del 19% in relazione alle erogazioni liberali in denaro a favore di enti che operano nel settore culturale e artistico. La successiva lett. h-bis) estende la disciplina in esame al costo specifico o, in mancanza, al valore normale dei beni ceduti gratuitamente, in base ad un’apposita convenzione. 2.2.1 Soggetti beneficiari Ai fini della detrazione, le erogazioni liberali in denaro o le cessioni gratuite di beni devono essere effettuate a favore: dello Stato; delle Regioni; degli enti locali territoriali (Province, Comuni, ecc.); di enti o istituzioni pubbliche; di comitati organizzatori appositamente istituiti con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali; di fondazioni e associazioni legalmente riconosciute senza scopo di lucro. Le ris. Agenzia delle Entrate 5.4.2005 n. 42 e 14.6.2007 n. 133 hanno chiarito che la detrazione in esame è applicabile anche alle erogazioni liberali effettuate in favore di parrocchie: in quanto enti riconosciuti che non perseguono fine di lucro; 6 Cfr. Zeni A. “Per gli interventi di recupero edilizio, bonus subito al 50%”, Il Quotidiano del Commercialista, www.eutekne.info, 30.6.2012. 110 I commercialisti e l’arte 2.2.2 finalizzate al restauro, alla manutenzione e alla protezione di beni soggetti a vincolo ai sensi del DLgs. 22.1.2004 n. 42 (chiese, campanili, dipinti, arredi sacri, ecc.). Attività agevolate Ai fini della detrazione, i suddetti soggetti devono: svolgere o promuovere attività di studio, di ricerca e di documentazione di rilevante valore culturale e artistico; oppure organizzare e realizzare attività culturali, effettuate in base ad apposita convenzione, per l’acquisto, la manutenzione, la protezione o il restauro dei beni vincolati ai sensi del: DLgs. 22.1.2004 n. 42 (codice dei beni culturali e del paesaggio); DPR 30.9.63 n. 1409 (disciplina degli archivi di Stato); oppure organizzare, in Italia e all’estero, mostre ed esposizioni di rilevante interesse scientifico-culturale delle cose anzidette, compresi gli studi e le ricerche eventualmente a tal fine necessari, nonché ogni altra manifestazione di rilevante interesse scientifico-culturale anche ai fini didattico-promozionali, ivi compresi gli studi, le ricerche, la documentazione, la catalogazione e le pubblicazioni relative ai beni culturali. Controlli del Ministero per i Beni e le Attività culturali Il Ministero per i Beni e le Attività culturali: deve autorizzare le iniziative culturali, previo parere del competente comitato di settore del Consiglio nazionale per i beni culturali e ambientali; deve approvare la previsione di spesa ed il conto consuntivo delle suddette iniziative; stabilisce i tempi necessari affinché le erogazioni liberali o le cessioni gratuite di beni, fatte a favore delle associazioni legalmente riconosciute, delle istituzioni e delle fondazioni, siano utilizzate per gli scopi indicati nella presente disposizione; detti termini possono, per causa non imputabile al donatario, essere prorogati una sola volta; controlla l’impiego delle suddette erogazioni e cessioni; comunica all’Amministrazione finanziaria, entro il 31 marzo di ciascun anno: l’elenco nominativo dei soggetti erogatori; l’ammontare delle erogazioni effettuate entro il 31 dicembre dell’anno precedente. Le erogazioni liberali non integralmente utilizzate nei termini assegnati: affluiscono all’entrata del bilancio dello Stato, ovvero delle Regioni e degli enti locali territoriali, nel caso di attività o manifestazioni in cui essi siano direttamente coinvolti; sono destinate ad un fondo da utilizzare per le attività culturali previste per l’anno successivo. 111 Cap. XI - Le agevolazioni tributarie Le ris. Agenzia delle Entrate 5.4.2005 n. 42 e 14.6.2007 n. 133 hanno chiarito che: l’“apposita convenzione” deve essere stipulata solo tra il soggetto erogante e il soggetto beneficiario, e non anche con il Ministero per i Beni e le Attività culturali (ovvero con le Soprintendenze competenti per territorio); la convenzione deve essere stipulata in forma scritta se il soggetto erogatore o il beneficiario è un’amministrazione pubblica, un ente o un’istituzione pubblica e deve essere corredata da un progetto nel quale siano specificati i costi complessivi, le fonti di finanziamento nelle quali rientrano anche le liberalità, l’avvenuto versamento delle somme erogate ed i tempi di attuazione dell’iniziativa; se, invece, si tratta di persone giuridiche private senza scopo di lucro e persone fisiche, deve essere stipulato un accordo scritto comprovante la volontà di voler realizzare l’iniziativa culturale e di voler contribuire al sostegno finanziario della medesima beneficiando degli sgravi fiscali connessi, corredato dalla documentazione sopra citata; la competente Soprintendenza di settore deve comunque autorizzare l’iniziativa e approvare, almeno, il preventivo di spesa. Introduzione dell’autocertificazione L’art. 40 co. 9 del DL 6.12.2011 n. 201, convertito nella L. 22.12.2011 n. 214, ha stabilito che la documentazione e le certificazioni attualmente richieste ai fini della fruizione della detrazione in esame sono sostituite da un’apposita dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà: presentata dal richiedente al Ministero per i Beni e le Attività culturali; relativa alle spese effettivamente sostenute per lo svolgimento degli interventi e delle attività cui i benefici si riferiscono. Il Ministero per i Beni e le Attività culturali esegue controlli a campione sulle dichiarazioni sostitutive presentate. 2.2.3 Modalità di effettuazione delle erogazioni La ris. Agenzia delle Entrate 14.6.2007 n. 133 ha chiarito che la detrazione è consentita a condizione che il versamento delle erogazioni liberali in esame sia eseguito: tramite banca (es. bonifico); oppure tramite ufficio postale (es. versamento su conto corrente intestato al beneficiario); oppure mediante gli altri sistemi di pagamento previsti dall’art. 23 del DLgs. 241/97, cioè mediante carte di debito, di credito e prepagate, assegni bancari e circolari. Per le erogazioni liberali effettuate tramite carta di credito è sufficiente la tenuta e l’esibizione, in caso di eventuale richiesta dell’Amministrazione finanziaria, dell’estratto conto della società che gestisce la carta di credito. Negli altri casi (es. assegni, bancomat), il soggetto beneficiario deve rilasciare al soggetto erogante apposita ricevuta. 112 I commercialisti e l’arte Esclusione delle erogazioni in contanti Non sono, invece, detraibili le erogazioni liberali effettuate in contanti, in quanto non offrono sufficienti garanzie. 2.2.4 Possibilità di deduzione dal reddito complessivo In alternativa alla detrazione d’imposta del 19% ai sensi delle lett. h) e h-bis) dell’art. 15 co. 1 del TUIR, le erogazioni liberali in esame possono essere dedotte dal reddito complessivo IRPEF, ai sensi dell’art. 14 co. 1 - 6 del DL 14.3.2005 n. 35 convertito nella L. 14.5.2005 n. 80, nel rispetto dei limiti e delle condizioni ivi previste7. 3 Deducibilità di oneri relativi a beni culturali dal reddito d’impresa Con riferimento alla determinazione del reddito d’impresa, è prevista la deducibilità: delle erogazioni liberali per programmi nel settore artistico-culturale; delle spese sostenute per la manutenzione e il restauro dei beni vincolati; delle erogazioni liberali per gli enti del settore artistico-culturale. 3.1 Erogazioni liberali per la promozione e la realizzazione di programmi nei settori dei beni culturali e dello spettacolo L’art. 100 co. 2 lett. m) del TUIR prevede la piena deducibilità delle erogazioni liberali in denaro destinate ad enti per lo svolgimento dei loro compiti istituzionali e per la realizzazione di programmi nei settori dei beni culturali e dello spettacolo. La deducibilità è integrale e compete solo se è effettuata a favore dei soggetti elencati nell’art. 1 co. 1 del DM 3.10.2002 (si veda la tabella che segue). NORMA SOGGETTI BENEFICIARI DELLE EROGAZIONI LIBERALI Art. 1 co. 1 del DM 3.10.2002 Stato, Regioni, enti locali territoriali ed enti o istituzioni pubbliche, relativamente alle attività nei settori dei beni culturali e dello spettacolo Persone giuridiche, costituite o partecipate dallo Stato o dalle Regioni o dagli enti locali Fondazioni e associazioni legalmente riconosciute costituite mediante leggi nazionali o regionali Soggetti, aventi personalità giuridica pubblica o privata che abbiano ricevuto, almeno in uno dei cinque anni antecedenti l’anno di imposta in cui avviene l’erogazione in loro favore ausili finanziari a valere sul FUS - Fondo unico spettacolo, o ai sensi della L. 17.10.96 n. 534 e che non siano incorsi in cause di decadenza o di revoca dei predetti benefici Soggetti che non rientrano nei casi precedenti ma che abbiano ricevuto, almeno in uno degli ultimi cinque anni antecedenti l’anno di imposta in cui avviene l’erogazione in loro favore ausili finanziari (direttamente previsti da disposizioni di legge nazionale o regionale) Associazioni, fondazioni e consorzi che risultino costituiti tra enti locali o tra i soggetti precedentemente elencati 7 Si veda il successivo § 4. 113 Cap. XI - Le agevolazioni tributarie NORMA SOGGETTI BENEFICIARI DELLE EROGAZIONI LIBERALI Persone giuridiche private titolari o gestori di musei, gallerie, pinacoteche, aree archeologiche, ecc., funzionalmente organizzati e aperte al pubblico per almeno cinque giorni a settimana con orario continuato o predeterminato Soggetti in possesso dei requisiti per ottenere ausili finanziari a valere sul Fondo unico dello spettacolo di cui alla L. 30.4.85 n. 163, anche se non hanno percepito i contributi stessi e anche se nel primo anno di attività Soggetti in possesso dei requisiti per ricevere ausili finanziari ai sensi della L. 17.10.96 n. 534 (contributi statali alle istituzioni culturali), anche se non hanno percepito i contributi stessi e anche se nel primo anno di attività Persone giuridiche private che esercitano attività dirette a formare e diffondere espressioni della cultura e dell’arte così come definite dall’art. 148 ss. del DLgs. 31.3.98 n. 112 L’art. 1 co. 1 del DM 3.10.2002 prevede che i soggetti sopracitati possono essere destinatari di erogazioni liberali in denaro, a condizione che, contestualmente: non perseguano fini di lucro; il proprio atto costitutivo o statuto preveda il perseguimento di finalità nei settori dei beni culturali e dello spettacolo; vi sia effettivo svolgimento di corrispondente attività. 3.1.1 Adempimenti a carico del soggetto erogante A seguito dell’introduzione del DM 19.11.2010, che ha modificato l’art. 4 del DM 3.10.2002, i soggetti che hanno effettuato le erogazioni integralmente deducibili sono tenuti a presentare entro il termine del 31 gennaio dell’anno successivo a quello di riferimento un’unica comunicazione (in luogo delle due precedenti) all’Agenzia delle Entrate, avendo cura di specificare: l’ammontare delle erogazioni effettuate nel periodo d’imposta; le proprie complete generalità, comprensive dei dati fiscali; i soggetti beneficiari. L’Agenzia delle Entrate invierà poi i dati al Ministero per i Beni e le Attività culturali8. 3.1.2 Adempimenti a carico del soggetto beneficiario I soggetti che beneficiano delle erogazioni liberali sono tenuti a comunicare al Ministero per i Beni e le Attività culturali – Direzione Generale per l’organizzazione, gli affari generali, l’innovazione, il bilancio ed il personale – entro il termine del 31 gennaio dell’anno successivo a quello di riferimento, l’ammontare delle erogazioni liberali ricevute, avendo cura di specificare le generalità complete del soggetto erogatore e le “finalità” o “attività” per le quali le stesse sono state elargite, ovvero la riferibilità delle predette erogazioni ai loro compiti istituzionali. 8 Secondo il comunicato stampa pubblicato sul sito di quest’ultimo che annuncia il decreto, tale adempimento doveva essere effettuato per via telematica all’Agenzia delle Entrate tramite un software di compilazione disponibile sul sito www.agenziaentrate.it 114 I commercialisti e l’arte Il Ministero per i Beni e le Attività culturali, mediante l’acquisizione dei dati dei soggetti beneficiari e di quelli dei soggetti erogatori ricevuti dall’Agenzia delle Entrate, vigila sull’impiego delle erogazioni e comunica entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello di riferimento, al sistema informativo dell’Agenzia delle Entrate, l’elenco dei soggetti erogatori aventi titolo a beneficiare dell’agevolazione fiscale e l’ammontare delle relative erogazioni. 3.1.3 Modalità di pagamento Secondo la circ. Agenzia delle Entrate 31.12.2001 n. 107 (§ 2), è opportuno che le erogazioni liberali siano effettuate mediante sistemi di pagamento che consentano lo svolgimento di adeguati controlli quali, ad esempio, conti correnti bancari, postali, vaglia postali, assegni non trasferibili intestati all’ente destinatario dei versamenti9. 3.1.4 Erogazioni liberali a parrocchie L’Agenzia delle Entrate, con la ris. 5.4.2005 n. 42, ha chiarito che la detrazione per oneri di cui all’art. 15 co. 1 lett. h) del TUIR (in relazione alle erogazioni liberali in denaro a favore di enti che operano nel settore culturale e artistico) compete anche per le erogazioni liberali in favore di parrocchie, finalizzate al restauro e alla manutenzione di beni soggetti a vincolo ai sensi del DLgs. 42/2004 (chiese, campanili, dipinti, arredi sacri, ecc.). Con la precedente ris. 20.10.2003 n. 198, l’Agenzia delle Entrate aveva invece escluso la deducibilità delle erogazioni liberali corrisposte per sostenere le opere di restauro e di conservazione delle parrocchie, in quanto queste ultime non sono annoverabili tra i soggetti beneficiari di cui all’art. 100 co. 2 lett. m) del TUIR. Non rientra, infatti, tra i compiti istituzionali della parrocchia lo svolgimento di attività e la realizzazione di programmi nel settore dei beni culturali. Stante l’analoga formulazione tra l’art. 15 co. 1 lett. h) del TUIR e l’art. 100 co. 2 lett. m) dello stesso TUIR, andrebbe confermato che l’orientamento della ris. 42/2005 supera quello della ris. 198/2003 e che, quindi, sono deducibili dal reddito d’impresa anche le erogazioni liberali effettuate a favore di parrocchie. 3.2 Spese di manutenzione e restauro dei beni vincolati Come già anticipato nel capitolo relativo agli immobili vincolati10, l’art. 100 co. 2 lett. e) del TUIR consente di dedurre dal reddito d’impresa, in base al principio di cassa (quindi nell’esercizio di sostenimento), le spese sostenute per la manutenzione, la protezione ed il restauro delle cose vincolate ex DLgs. 490/99 (già art. 1 della L. 1089/39), sostituito dal DLgs. 42/2004. La norma prevede che la deducibilità dal reddito sia limitata all’importo delle spese effettivamente rimaste a carico dell’impresa, intendendo quindi che se l’im- 9 Tale orientamento è stato confermato successivamente dalla ris. Agenzia delle Entrate 14.6.2007 n. 133 e 20.12.2007 n. 387. 10 Per approfondimenti sulla disciplina fiscale degli immobili vincolati, si veda il precedente cap. VII. 115 Cap. XI - Le agevolazioni tributarie presa medesima ha ricevuto specifici contributi per i lavori di cui trattasi, resta deducibile solo la differenza11. 3.2.1 Certificazione delle spese La necessità delle spese, quando non siano obbligatorie per legge, deve risultare da apposita certificazione rilasciata dalla competente soprintendenza del Ministero per i Beni e le Attività culturali, previo accertamento della loro congruità effettuato d’intesa con il competente ufficio dell’Agenzia del territorio. Introduzione dell’autocertificazione L’art. 40 co. 9 del DL 6.12.2011 n. 201, convertito nella L. 22.12.2011 n. 214, ha però stabilito che la documentazione e le certificazioni attualmente richieste ai fini della fruizione dell’agevolazione in esame sono sostituite da un’apposita dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà: presentata dal richiedente al Ministero per i Beni e le Attività culturali; relativa alle spese effettivamente sostenute per lo svolgimento degli interventi e delle attività cui i benefici si riferiscono. Il Ministero per i Beni e le Attività culturali esegue controlli a campione sulle dichiarazioni sostitutive presentate. 3.2.2 Immobili vincolati Secondo la ris. Agenzia delle Entrate 1.7.2003 n. 14712, qualora si tratti di beni immobili vincolati strumentali all’esercizio d’impresa, le spese di ristrutturazione degli immobili vincolati vanno dedotte come componente ordinaria del reddito d’impresa, in forma di quote di ammortamento, e quindi in base al principio di competenza. La disposizione agevolativa di cui all’art. 100 del TUIR infatti riguarda i soli immobili vincolati patrimoniali, vale a dire gli immobili vincolati che, ai sensi dell’art. 90 del TUIR: concorrono a formare il reddito d’impresa in base ai criteri definiti per i redditi fondiari; non danno titolo alla deduzione delle spese ad essi inerenti, considerate come già “scontate” in sede di definizione delle rendite catastali. Con riferimento a tale tipologia di immobili aziendali, penalizzati altrimenti dall’istituzionale indeducibilità delle spese, la disposizione esplica i propri effetti agevolativi, subordinandoli alla sussistenza di un vincolo per interesse storico-artistico. 3.2.3 Mutamento di destinazione dei beni La deduzione in esame non spetta in caso di mutamento di destinazione dei beni senza la preventiva autorizzazione dell’Amministrazione per i beni e le attività culturali, di mancato assolvimento degli obblighi di legge per consentire l’eser11 Abritta L., Cacciapaglia L., Carbone V., Gheido M.R. “Codice TUIR commentato”, IPSOA, Milano, 2011, p. 1550. 12 Disponibile in Banca Dati Eutekne. 116 I commercialisti e l’arte cizio del diritto di prelazione dello Stato sui beni immobili e mobili vincolati e di tentata esportazione non autorizzata di questi ultimi. L’Amministrazione per i beni e le attività culturali dà immediata comunicazione al competente ufficio dell’Agenzia delle Entrate delle violazioni che comportano la indeducibilità e dalla data di ricevimento della comunicazione inizia a decorrere il termine per la rettifica della dichiarazione dei redditi. 3.3 Erogazioni liberali a favore di enti nel settore artistico-culturale Ai sensi dell’art. 100 co. 2 lett. f) del TUIR, sono deducibili le erogazioni liberali in denaro a favore dello Stato, enti o istituzioni pubbliche, fondazioni e associazioni legalmente riconosciute che, senza scopo di lucro, svolgono o promuovono attività di studio, ricerca e documentazione di rilevante valore culturale e artistico, effettuate per l’acquisto, la manutenzione, la protezione o il restauro delle cose vincolate ai sensi del DLgs. 490/99 (sostituito dal DLgs. 42/2004) e del DPR 1409/63. L’ambito applicativo di tale disposizione ricalca quanto previsto con riferimento della detraibilità ai fini IRPEF prevista dall’art. 15 co. 1 lett. h) del TUIR13. 3.3.1 Soggetti beneficiari Le erogazioni liberali in denaro, per fruire dell’agevolazione, devono essere effettuate a favore: dello Stato; delle Regioni; degli enti locali territoriali (Province, Comuni, ecc.); di enti o istituzioni pubbliche; di comitati organizzatori appositamente istituiti con decreto del Ministro per i Beni e le Attività culturali; di fondazioni e associazioni legalmente riconosciute senza scopo di lucro. 3.3.2 Autocertificazione L’art. 40 co. 9 del DL 6.12.2011 n. 201, convertito nella L. 22.12.2011 n. 214, ha stabilito che le documentazioni e certificazioni attualmente richieste per il conseguimento delle agevolazioni fiscali in materia di beni e attività culturali sono sostituite da un’apposita dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà. La dichiarazione deve essere presentata dal richiedente al Ministero per i Beni e Attività culturali, il quale esegue controlli a campione sulle dichiarazioni sostitutive presentate. 4 Deducibilità dal reddito complessivo IRPEF/IRES delle erogazioni in denaro e in natura L’art. 14 co. 1 - 6 del DL 14.3.2005 n. 35, convertito nella L. 14.5.2005 n. 80, ha previsto la deducibilità ai fini IRPEF/IRES delle erogazioni liberali (in denaro e 13 Per approfondimenti, si rinvia al precedente § 2.2. 117 Cap. XI - Le agevolazioni tributarie in natura) effettuate a favore di determinati soggetti, tra i quali fondazioni e associazioni riconosciute aventi per oggetto statutario la tutela, la promozione e la valorizzazione dei beni di interesse artistici, storico e paesaggistico. Organizzazioni di mostre ed esposizioni Le liberalità in denaro o in natura erogate per l’organizzazione di mostre ed esposizioni culturali sono deducibili dal reddito complessivo ai sensi dell’art. 14 co. 1 del DL 14.3.2005 n. 35 (conv. L. 14.5.2005 n. 80). Infatti, la ris. Agenzia delle Entrate 17.6.2008 n. 249 considera tali liberalità analoghe a quelle erogate a favore “di fondazioni e associazioni riconosciute aventi per oggetto statutario la tutela, la promozione e la valorizzazione dei beni di interesse artistico, storico e paesaggistico”. L’Amministrazione finanziaria specifica che per “valorizzazione” può anche intendersi “l’organizzazione di mostre e di esposizioni che abbiano per oggetto beni culturali per i quali sia stata verificata, nei modi previsti dal codice dei beni culturali, la sussistenza dell’interesse artistico e storico”. 4.1 Ambito di applicazione La deducibilità in esame si applica alle erogazioni liberali effettuate da: persone fisiche; soggetti IRES. Stante il riferimento, in ambito IRPEF, alle sole persone fisiche, devono quindi ritenersi escluse dall’ambito applicativo della disposizione in esame le società di persone e i soggetti equiparati14. 4.2 Limiti di deducibilità Le erogazioni liberali in esame sono deducibili entro il limite massimo: del 10% del reddito dichiarato; comunque, di 70.000,00 euro annui. Al riguardo, la circ. Agenzia delle Entrate 19.8.2005 n. 39 (§ 4) ha confermato che, poiché la norma ritiene necessaria la sussistenza di entrambe le suddette condizioni, l’erogazione è deducibile fino al raggiungimento del minore dei due limiti indicati. Pertanto: l’importo massimo di 70.000,00 euro vale solo nel caso in cui tale cifra corrisponda o sia inferiore al 10% del reddito complessivo del soggetto erogante (quindi per redditi uguali o superiori a 700.000,00 euro); nel caso in cui il reddito complessivo dell’erogante sia inferiore a 700.000,00 euro, il limite che si deve prendere in considerazione è comunque il 10% del reddito medesimo. 14 Tale conclusione risulta avvalorata dalla circ. Agenzia delle Entrate 19.8.2005 n. 39 (§ 2), laddove indica che i soggetti beneficiari delle deduzioni possono essere: persone fisiche soggette all’IRPEF; enti soggetti all’IRES. 118 I commercialisti e l’arte Divieto di cumulo L’art. 14 co. 6 del DL 35/2005 stabilisce che la deducibilità delle erogazioni effettuate ai sensi della disciplina in esame non è comunque cumulabile con altre agevolazioni fiscali previste a titolo di deduzione o di detrazione. Al riguardo, la circ. Agenzia delle Entrate 39/2005 (§ 7) ha precisato che la non cumulabilità prescinde dall’importo delle liberalità erogate. Pertanto, ad esempio, ove il contribuente eroghi (anche a più beneficiari) liberalità per un valore superiore al limite massimo consentito di 70.000,00 euro, non potrà avvalersi, in relazione alla parte eccedente tale limite, del beneficio della deduzione o detrazione, neppure ai sensi di altre disposizioni di legge. 4.3 Modalità di effettuazione delle erogazioni liberali in denaro La circ. Agenzia delle Entrate 39/2005 (§ 4) ha esteso in via analogica, alle erogazioni liberali in denaro eseguite ai sensi dell’art. 14 del DL 35/2005 convertito nella L. 80/2005, le modalità di versamento previste dall’art. 15 co. 1 lett. i-bis) del TUIR. In altri termini, la detrazione è consentita a condizione che il versamento delle erogazioni liberali in esame sia eseguito: tramite banca (es. bonifico); oppure tramite ufficio postale (es. versamento su conto corrente intestato al beneficiario); oppure mediante gli altri sistemi di pagamento previsti dall’art. 23 del DLgs. 9.7.97 n. 241, cioè mediante carte di debito, di credito e prepagate, assegni bancari e circolari; oppure secondo altre modalità idonee a consentire all’Amministrazione finanziaria lo svolgimento di efficaci controlli, che possono essere stabilite con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze. Non sono quindi detraibili, in quanto non offrono sufficienti garanzie, le erogazioni liberali effettuate: in contanti; 15 mediante assegni bancari trasferibili . Certificazione del versamento effettuato Il contribuente deve conservare, come documento giustificativo dell’erogazione, la ricevuta del bonifico bancario o l’attestazione del versamento sul conto corrente postale16. Per le erogazioni liberali effettuate tramite carta di credito è sufficiente la conservazione dell’estratto conto della società che gestisce la carta di credito. 15 Si vedano la C.M. 8.3.2000 n. 43/E (§ 6), la C.M. 16.11.2000 n. 207/E (§ 1.5.8) e la circ. Agenzia delle Entrate 22.4.2003 n. 21 (§ 10). 16 I predetti documenti devono contenere i dati identificativi del soggetto erogante e del soggetto beneficiario della liberalità, nonché la causale di versamento. 119 Cap. XI - Le agevolazioni tributarie Negli altri casi (es. assegni, bancomat), il soggetto beneficiario deve rilasciare al soggetto erogante apposita ricevuta17. I suddetti documenti devono essere esibiti o trasmessi all’Amministrazione finanziaria, in caso di eventuale richiesta nell’ambito dei previsti controlli. 4.4 Erogazioni liberali in natura Come accennato, possono costituire oggetto di erogazione liberale anche beni in natura. Al riguardo, l’art. 14 co. 1 del DL 35/2005 ha apportato le seguenti novità: ha regolamentato in via generale le agevolazioni connesse a tale tipo di erogazioni, superando le specifiche disposizioni contenute nell’art. 100 co. 2 lett. i) del TUIR e nell’art. 13 co. 2 e 3 del DLgs. 460/97; ha esteso i benefici fiscali connessi alle erogazioni liberali in natura anche ai soggetti non titolari di reddito d’impresa. Al riguardo, la circ. Agenzia delle Entrate 39/2005 (§ 4) ha chiarito che: ai fini della rilevazione dei limiti di deducibilità, si deve prendere in considerazione il valore normale del bene, inteso, in via generale e ai sensi dell’art. 9 co. 3 del TUIR, come il prezzo o il corrispettivo mediamente praticato per i beni della stessa specie o similari in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni vengono erogati e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi. In sostanza, per l’identificazione del valore normale del bene si dovrà fare riferimento al valore desumibile in modo oggettivo da listini, tariffari, mercuriali o simili; in relazione alla particolare natura di determinati beni (es. opere d’arte, gioielli, ecc.), ove non sia possibile desumerne il valore sulla base di altri criteri oggettivi, gli eroganti potranno ricorrere alla stima di un perito; in ogni caso, il donante dovrà acquisire, a comprova della effettività della donazione e della congruità del valore attribuito al bene oggetto della donazione in natura, in aggiunta alla documentazione attestante il valore normale come sopra determinato (listini, tariffari o mercuriali, perizia, ecc.), anche una ricevuta da parte del donatario che contenga la descrizione analitica e dettagliata dei beni donati, con l’indicazione dei relativi valori. 4.5 Obblighi contabili in capo al soggetto beneficiario delle erogazioni liberali Ai sensi dell’art. 14 co. 2 del DL 35/2005, la deducibilità delle erogazioni liberali presuppone, da parte del soggetto beneficiario: la tenuta di scritture contabili atte a rappresentare con completezza e analiticità le operazioni poste in essere nel periodo di gestione; 17 In caso di versamento con assegno (bancario o circolare), la quietanza rilasciata al soggetto erogante deve contenere gli estremi identificativi del titolo di credito. 120 I commercialisti e l’arte la redazione, entro quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio, di un apposito documento che rappresenti adeguatamente la situazione patrimoniale, economica e finanziaria. Su tali aspetti la circ. Agenzia delle Entrate 39/2005 (§ 5) ha chiarito che: il mancato rispetto di tali obblighi da parte del soggetto beneficiario delle erogazioni fa perdere al soggetto che ha effettuato le erogazioni stesse il beneficio della deduzione fiscale; gli obblighi in esame riguardano tutti i soggetti beneficiari delle erogazioni liberali, prescindendo dalla loro natura giuridica e dalle loro dimensioni reddituali; restano fermi gli ulteriori obblighi contabili previsti da altre disposizioni fiscali a carico delle ONLUS; gli obblighi in esame non trovano applicazione in relazione ad altre disposizioni intese ad agevolare le erogazioni liberali (ad esempio quelle di cui all’art. 15 del TUIR). Completezza e analiticità delle scritture contabili Al riguardo, la circ. Agenzia delle Entrate 39/2005 (§ 5) ha chiarito che: la completezza delle scritture contabili implica che ogni fatto gestionale dell’ente debba essere individuato con precisione, tramite l’indicazione delle necessarie informazioni (quali numero d’ordine, data, natura dell’operazione, valore, modalità di versamento, soggetti coinvolti); l’analiticità delle scritture contabili impone, inoltre, di eseguire le registrazioni singolarmente, senza effettuare alcun raggruppamento; la completezza e l’analiticità delle scritture contabili sono in ogni caso garantite dalla corretta tenuta della contabilità ordinaria ai sensi degli artt. 14 e ss. del DPR 600/73. Documento rappresentativo della situazione patrimoniale, economica e finanziaria Al riguardo, la circ. Agenzia delle Entrate 39/2005 (§ 5) ha chiarito che: tale documento può assumere forma simile a quella di un vero e proprio bilancio, composto: dallo Stato patrimoniale, che fornisce una rappresentazione statica del patrimonio dell’ente, distinguendo l’attività istituzionale, accessoria, di raccolta fondi e la gestione del patrimonio finanziario; dal rendiconto gestionale, che ha invece contenuti e connotati tipici diversi da quelli del Conto economico e che fornisce evidenza di risultati finanziari e informazioni economiche indicando tipologia e qualità delle risorse, sia in entrata che in uscita; è comunque auspicabile predisporre anche una relazione sulla gestione che, in mancanza della Nota integrativa prevista per i bilanci delle società, potrebbe adempiere ad una funzione esplicativa delle voci di bilancio e fornire ai terzi che hanno a vario titolo rapporti con l’ente (tra i quali utilizzatori 121 Cap. XI - Le agevolazioni tributarie dei servizi, sovventori, organi di controllo) informazioni utili relativamente ai risultati, in termini non monetari, e ai riflessi sociali generati dall’attività istituzionale. 4.6 Rapporti tra le diverse disposizioni La circ. Agenzia delle Entrate 39/2005 (§ 7) ha chiarito che, qualora il titolare di reddito d’impresa effettui liberalità a favore di soggetti indicati sia nel co. 1 dell’art. 14 del DL 35/2005, sia nell’art. 100 co. 2 del TUIR: lo stesso ha la facoltà di applicare, in alternativa, l’una o l’altra disposizione nel rispetto delle relative condizioni; la scelta effettuata deve rimanere ferma per tutto il periodo d’imposta. Ovviamente, nel rispetto delle previste condizioni, la scelta di avvalersi di una disposizione agevolativa invece di un’altra dipenderà da valutazioni di convenienza. 4.7 Regime sanzionatorio I co. 4 e 5 dell’art. 14 del DL 35/2005 prevedono il regime sanzionatorio applicabile alla disciplina delle erogazioni liberali contenuta nello stesso articolo. Sanzioni in capo al soggetto erogatore In capo al soggetto erogatore, il co. 4 del suddetto art. 14 prevede che la sanzione di cui all’art. 1 co. 2 del DLgs. 18.12.97 n. 471 sia maggiorata del 200%, in caso di indicazione nella dichiarazione dei redditi di indebite deduzioni dall’imponibile, operate in violazione dei presupposti di deducibilità indicati nel precedente co. 1 dello stesso art. 14. Pertanto, come chiarito dalla circ. Agenzia delle Entrate 39/2005 (§ 6): le violazioni sanzionabili attengono al mancato rispetto dei: presupposti soggettivi, consistenti nell’appartenenza dei soggetti beneficiari alle categorie espressamente indicate e all’osservanza, da parte degli stessi, delle norme che disciplinano i requisiti qualificanti della categoria di appartenenza; presupposti oggettivi, relativi ai limiti quantitativi alla deducibilità dal reddito delle liberalità erogate; il soggetto erogatore non è invece sanzionabile per le irregolarità commesse dall’ente beneficiario in merito alla tenuta delle scritture contabili ed alla redazione del documento annuale, in quanto tali obblighi sono previsti dal successivo co. 2 dell’art. 1418. 5 Immobili con destinazione ad uso culturale L’art. 5-bis del DPR 29.9.73 n. 601 disciplina le agevolazioni tributarie sugli 18 Le violazioni in esame da parte del soggetto beneficiario fanno perdere il diritto alla deduzione fiscale in capo al soggetto erogatore. 122 I commercialisti e l’arte immobili privati destinati ad uso culturale di tipo “pubblico”19. In particolare, viene stabilita la non concorrenza alla formazione del reddito, ai fini IRPEF e IRES, dei redditi catastali: degli immobili totalmente adibiti a sedi, aperte al pubblico, di musei, biblioteche, archivi, cineteche ed emeroteche (statali, di privati, di enti pubblici, di istituzioni e fondazioni), quando al possessore non derivi alcun reddito dalla utilizzazione dell’immobile; dei terreni, parchi e giardini che siano aperti al pubblico e la cui conservazione sia riconosciuta, dal Ministero per i Beni e le Attività culturali, di pubblico interesse, quando al possessore non ne derivi alcun reddito dalla utilizzazione dell’immobile. L’agevolazione sopraindicata è concessa all’avente diritto che ne faccia denuncia all’Agenzia delle Entrate entro tre mesi dal verificarsi di una delle due ipotesi sopra indicate e decade se: i beni immobili sono fatti oggetto di un mutamento di destinazione senza la preventiva autorizzazione dell’Amministrazione per i beni culturali; non sono stati assolti gli obblighi di legge per consentire l’esercizio del diritto di prelazione dello Stato sui beni stessi. 6 IVA Ai fini IVA, è previsto un regime speciale per la vendita dei beni d’arte, d’antiquariato e da collezione “usati” acquistati nel rispetto di particolari condizioni: si tratta del c.d. “regime del margine”. È inoltre prevista l’applicazione dell’aliquota IVA agevolata del 10% in caso di importazione dei suddetti beni. 6.1 Regime del margine Il DL 23.2.95 n. 41 (conv. L. 22.3.95 n. 85) ha recepito la direttiva 14.2.94 n. 94/5/CE (c.d. VII direttiva CEE). Di conseguenza, dall’1.4.95 è entrato in vigore il regime speciale IVA per il commercio di beni mobili usati, di oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione, acquistati presso privati in Italia o in altro Stato membro20. Rientrano nella disciplina IVA del margine anche le cessioni di beni effettuate dagli esercenti agenzie di vendite all’asta, ancorché in esecuzione di rapporti di commissione o di rappresentanza di soggetti non operanti nell’esercizio d’impresa (o di arte e professione)21. 19 Sul punto, si veda anche Pascali L. “Le agevolazioni fiscali in materia di beni culturali”, Il fisco, 23, 2002, 1, p. 3638 ss. 20 Per approfondimenti sul regime del margine, si rinvia a Peirolo M, Odetto G. “IVA”, Guide e Soluzioni, IPSOA, Milano, 2012, p. 1525 ss. 21 Ciò a seguito dell’abrogazione dell’art. 74 co. 12 del DPR 633/72, a partire dall’1.1.2001. 123 Cap. XI - Le agevolazioni tributarie 6.1.1 Requisiti soggettivi Sono interessati al regime speciale del margine i soggetti che esercitano il commercio di beni mobili usati, oggetti d’arte, d’antiquariato e da collezione: indicati nella tabella allegata al DL 41/95; per i quali non sia stata operata la rivalsa dell’IVA all’atto dell’acquisto. Nello specifico, tale regime si applica: ai rivenditori al dettaglio, all’ingrosso, in forma ambulante che, per professione abituale, commerciano i beni sopra indicati, nonché alle imprese ed ai professionisti che ne effettuano occasionalmente la cessione; alle agenzie di vendite all’asta, per le cessioni effettuate anche in esecuzione di rapporti di commissione o di rappresentanza di soggetti non operanti nell’esercizio d’impresa (o di arte e professione). Si ricorda altresì che i soggetti che si avvalgono di regimi speciali IVA, quale il regime del margine, sono esclusi dalla fruizione del regime dei contribuenti minimi (art. 1 co. 99 della L. 244/2007). 6.1.2 Requisiti oggettivi La disciplina del margine riguarda le operazioni di compravendita aventi per oggetto (art. 36 co. 1 del DL 41/95): i beni mobili usati suscettibili di reimpiego nello stato originario o previa riparazione; oggetti d’arte, d’antiquariato e da collezione, indicati nella tabella allegata al DL 41/95. Acquisto da “privati” I beni sopra indicati devono essere stati acquistati da “privati” in Italia o in altro Stato membro. Sono considerati “privati” anche: i soggetti passivi che non hanno potuto detrarre l’IVA all’atto dell’acquisto o dell’importazione (ex artt. 19, 19-bis1 e 19-bis2 del DPR 633/72); i soggetti che beneficiano, nel proprio Stato membro di appartenenza, del regime di franchigia previsto per le piccole imprese; i soggetti che hanno assoggettato la cessione al regime del margine. Applicazione ai contratti di leasing - Novità del DL 16/2012 Il co. 6-bis dell’art. 2 del DL 16/2012, aggiunto in sede di conversione nella L. 44/2012, integrando l’art. 36 del DL 41/95, estende il regime del margine alle cessioni dei contratti di locazione finanziaria acquisiti presso privati o presso soggetti passivi che non hanno potuto detrarre l’IVA relativa ai predetti contratti22. 22 Mentre il regime del margine si applica alle cessioni di beni mobili materiali, ai fini IVA, la cessione di contratti costituisce una prestazione di servizi ai sensi dell’art. 3 co. 2 n. 5 del DPR 633/72. Per effetto della nuova disposizione, anche quest‘ultima operazione sarà assoggettata a IVA sulla quota-parte del corrispettivo che eccede il prezzo pagato, a suo tempo, al cedente. 124 I commercialisti e l’arte 6.1.3 Determinazione del margine Il regime del margine prevede tre modalità di determinazione dell’imposta. In particolare, l’IVA relativa alla rivendita si applica sul “margine”, calcolato: sulla differenza positiva tra il prezzo di vendita e il prezzo di acquisto, aumentato delle spese di riparazione e accessorie (regime ordinario o analitico); forfettariamente sul prezzo di vendita (regime forfetario o percentuale); sulla differenza globale tra l’ammontare complessivo degli acquisti e delle cessioni effettuate nel periodo mensile o trimestrale di riferimento (regime globale). Determinazione del “margine” regime ordinario (o analitico) regime forfetario (o percentuale) regime globale prezzo di vendita – prezzo di acquisto aumentato delle spese di riparazione e accessorie base imponibile calcolata forfetariamente sul prezzo di vendita vendite complessive – acquisti complessivi aumentati di spese accessorie Fig. 1 - Regime del margine: determinazione della base imponibile 6.1.4 Agenzie di vendita all’asta Il regime del margine applicabile alle agenzie di vendite all’asta, disciplinato dall’art. 74 co. 12 del DPR 633/72, è stato modificato, con effetti a decorrere dall’1.1.2001, dall’art. 45 co. 2 della L. 21.11.2000 n. 342. Ambito applicativo Il regime speciale ha per oggetto le cessioni di beni mobili usati, nonché di oggetti d’arte, d’antiquariato e da collezione, indicati nella tabella allegata al DL 41/95: effettuate dagli organizzatori della vendita all’asta; in nome proprio e per conto di “privati”; in base ad un contratto di commissione per la vendita all’asta dei beni. Ai fini dell’applicazione del regime in oggetto, i beni devono essere acquistati dall’esercente l’agenzia di vendita all’asta: sulla base di contratti di commissione; nel territorio dello Stato italiano o in quello di altro Stato membro. Si considerano effettuate per conto di “privati” anche le vendite realizzate sulla base di contratti di commissione stipulati con soggetti passivi IVA che: Per un primo commento, si veda Cerato S. “Margine IVA anche per la cessione del contratto di leasing”, Il Quotidiano del Commercialista, www.eutekne.info, 1.5.2012. 125 Cap. XI - Le agevolazioni tributarie non hanno potuto detrarre, neppure parzialmente, l’imposta relativa all’acquisto o all’importazione dei beni (ex artt. 19 ss. del DPR 633/72); beneficiano, nello Stato di appartenenza, se membro dell’UE, del regime di franchigia previsto per le piccole imprese; hanno assoggettato la cessione al regime del margine (di cui all’art. 36 del DL 41/95). Determinazione del margine L’IVA relativa alla rivendita ha, come base imponibile, la differenza tra (art. 40bis co. 1 del DL 41/95): il prezzo dovuto dal cessionario del bene e l’importo che l’esercente l’agenzia di vendita all’asta corrisponde al committente successivamente alla vendita del bene. Momento di effettuazione Ai sensi dell’art. 40-bis co. 4 del DL 41/95, le cessioni agli esercenti agenzie di vendite all’asta si considerano effettuate all’atto della rivendita dei beni stessi da parte del commissionario, in applicazione della regola generale stabilita, per i passaggi di beni dal committente al commissionario, dall’art. 6 co. 2 lett. b) del DPR 633/72 (circ. Assonime 19.11.2000 n. 67, § 7). Sulla fattura emessa da quest’ultimo, nel momento così individuato, non deve essere indicata l’imposta separatamente dal corrispettivo praticato (C.M. 16.11.2000 n. 207/E). 6.2 IVA sull’importazione di oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione Con la circ. 17.5.2010 n. 24, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che per l’applicazione dell’aliquota IVA ridotta del 10% sulle importazioni di oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione, non è richiesta la certificazione ministeriale attestante la natura dei beni importati, ove non prevista dall’art. 72 del DLgs. 42/2004. Controlli degli uffici doganali Affinché sia applicabile la suddetta aliquota agevolata, il controllo richiesto agli uffici doganali dipende dalla natura del bene importato. In particolare: per i beni per i quali non è richiesto il rilascio di apposita certificazione da parte del Ministero dei Beni culturali, occorre verificare la classificazione doganale dei beni importati, sulla base del codice di nomenclatura combinata; per i beni per i quali è richiesto il rilascio della certificazione ministeriale, occorre verificare la riconducibilità dei beni alle categorie previste dalla Tabella allegata al DL 41/95. Rettifica di posizioni precedenti È stata, pertanto, parzialmente rettificata la posizione espressa dall’Amministrazione finanziaria (C.M. 155/E/95), nella parte in cui subordinava sempre l’applicazione dell’aliquota ridotta al previo attestato, rilasciato dal Ministero dei Beni 126 I commercialisti e l’arte culturali, da cui risultasse il carattere di oggetto d’arte o d’antiquariato dei beni importati. Le nuove istruzioni tengono conto delle difficoltà operative segnalate dall’Agenzia delle Dogane. Quest’ultima, in particolare, ha fatto presente che, in molti casi, gli uffici del Ministero per i Beni e le Attività culturali non rilasciano la predetta attestazione, in quanto non obbligati in base al citato art. 72 del DLgs. 42/2004. Il controllo imposto agli uffici di esportazione è, infatti, limitato ai beni, provenienti da altri Paesi membri della Comunità o da Paesi non appartenenti alla Comunità, aventi interesse culturale. Non sempre, quindi, per le importazioni di oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione per le quali si applica, agli effetti dell’IVA, l’aliquota ridotta del 10% è previsto il controllo obbligatorio da parte degli uffici di esportazione del Ministero per i Beni e le Attività culturali23. 23 Peirolo M. “IVA ridotta sulle importazioni di oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione”, Il Quotidiano del Commercialista, www.eutekne.info, 18.5.2010. 127 Cap. XI - Le agevolazioni tributarie 128 Titolo libro ALLEGATI 1 Titolo capitolo 2 I commercialisti e l’arte FAC SIMILE RICHIESTA A CONSUNTIVO DI CONTRIBUTI MINISTERIALI IN CONTO CAPITALE (artt. 35 - 36 del DLgs. 42/2004) in bollo da € 14,62 per privati Alla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Piemonte Piazza San Giovanni, 2 10122 Torino Oggetto: denominazione dell’immobile .............................. sito in ............................. Comune di ................................ Richiesta a consuntivo di contributi in conto capitale artt. 35 - 36 del DLgs. 42/2004 Il/La sottoscritto/a ............................................... nato/a ................................. il ................................ residente in ................................. via ........................................ codice fiscale ........................................... in qualità di (proprietario, possessore o detentore - vedi nota 1) DICHIARA 1) che il bene culturale in oggetto descritto e indicato negli elaborati allegati è sottoposto a tutela ai sensi del DLgs. 42/2004 e s.m.i. con provvedimento ................ 2) che, in occasione di eventuale alienazione, sono stati assolti gli obblighi di legge per l’esercizio del diritto di prelazione da parte dello Stato o degli Enti abilitati (nota Soprintendenza prot. n. del ................); 3) che l’intervento di restauro oggetto della presente richiesta è stato autorizzato ai sensi dell’art. 21 del DLgs. 42/2004 dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Torino, Asti, Cuneo, Biella e Vercelli o dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Novara, Alessandria e Verbano Cusio-Ossola con nota prot. n. ................ del ................ 4) che la richiesta di contributi corrisponde alla spesa effettivamente sostenuta (come desumibile dalle seguenti fatture sottoelencate: n. del ................ n. del ................ ecc.) 5) che in relazione alla richiesta di contributo oggetto della presente: a) non sono stati percepiti altri contributi pubblici o privati b) sono stati percepiti contributi in data ................ da ................ importo ................ 131 Allegati - Fac simile richiesta a consuntivo di contributi ministeriali ... (se trattasi di ente religioso la dichiarazione di assenza o presenza di eventuali altri contributi va confermata dalla Curia competente per territorio) CHIEDE ai sensi dell’art. 36 DLgs. 42/2004 la concessione di un contributo in conto capitale, per l’intervento di restauro e risanamento conservativo dell’immobile in oggetto. A tal fine allega alla presente la documentazione di cui alla nota 2) data firma N.B. NEL CASO DI BENE DI PROPRIETÀ DI ENTE RELIGIOSO O ENTE PUBBLICO, NON ANCORA DICHIARATO DI INTERESSE AI SENSI DELL’ART. 13 DEL D.LGS. 42/2004, DOVRA’ESSERE PRONTAMENTE ATTIVATA LA PROCEDURA DI VERIFICA DELL’INTERESSE. N.B. SI INVITA A PORRE PARTICOLARE CURA E ATTENZIONE ALLA COMPILAZIONE DEI PUNTI 1 - 2 - 3 - 4 - 5 nota 1) a) persone fisiche private (proprietari, condomini): nome, cognome, luogo e data di nascita, indirizzo, C.A.P., codice fiscale, ripartizione del cespite in quote millesimali (nel caso di multiproprietà) b) persone giuridiche private (società): denominazione, indirizzo, C.A.P., codice fiscale, dichiarazione che la medesima società risulta iscritta alla Camera di Commercio e non ha in corso procedure fallimentari c) enti religiosi e altre persone giuridiche senza fine di lucro (ONLUS): denominazione dell’ente, indirizzo C.A.P., codice fiscale d) enti pubblici: denominazione, indirizzo C.A.P., codice fiscale nota 2) a), b) persona fisica/giuridica privata (privati proprietari, proprietà condominiale, società) L’istanza va presentata su carta da bollo da euro 14,62 con le generalità del richiedente e con allegati in duplice copia: computo metrico consuntivo di spesa redatto secondo lo schema allegato, asseverato in Tribunale, (originale + 1 copia) con la dettagliata descrizione degli interventi realizzati, dei prezzi unitari e totali (desunti da prezziario della Regione Piemonte aggiornato all’anno della esecuzione dei lavori) completo dei fattori che determinano le quantità e con l’indicazione delle zone d’intervento. Qualora l’intervento non sia riconducibile ad un codice di prezziario dovrà essere presentata analisi dettagliata corredata di fattura (NON SARANNO ACCOLTI COMPUTI METRICI CHE SI DISCOSTANO DAL MODELLO ALLEGATO) 132 I commercialisti e l’arte autocertificazione del direttore lavori a corredo del consuntivo di spesa che attesti la corrispondenza delle opere eseguite alle scritture contabili e alle autorizzazioni rilasciate dalle Soprintendenze (allegato A). Se l’importo dei lavori supera Euro 154.937,07 l’impresa esecutrice dovrà presentare dichiarazione di cui all’allegato D) del DPR 25.1.2000 n. 34 o, in sostituzione dell’allegato D), il curriculum relazione tecnica dei lavori eseguiti a firma di architetto con allegata relazione specialistica a firma di tecnico specializzato (restauratore/ingegnere) ove sussistano interventi di restauro specialistico (affreschi, apparati decorativi pittorici, scultorei) o di rilevanza strutturale, esaustiva documentazione fotografica a colori, di prima e dopo i lavori, che documenti in modo completo l’intervento corredata da planimetria con indicazione dei punti di ripresa fotocopia del nulla-osta ai lavori rilasciato ai sensi dell’art. 21 DLgs. 42/2004 stralcio del foglio di mappa catastale con indicazione dell’immobile oggetto dell’intervento atto di convenzione o atto pubblico amministrativo ai sensi dell’art. 38 del DLgs. 42/2004 (scrittura privata autenticata dal notaio in alternativa atto pubblico amministrativo con l’autentica della firma presso Ufficiale Rogante della Direzione Regionale con il solo onere delle spese di registrazione ed eventuali bolli) numero di conto corrente postale con attestazione che il medesimo risulta attivo ovvero conto corrente bancario codifica IBAN + BIC nel caso di proprietà condominiale va allegato inoltre: copia autentica del verbale dell’assemblea relativo alla nomina dell’Amministratore, copia autentica del verbale dell’assemblea in cui sono stati decisi i lavori ed è stato dato mandato all’Amministratore di inoltrare richiesta di contributo, dichiarazione sostitutiva di atto notorio a firma dell’Amministratore concernente il nominativo dei condomini. nel caso di persone giuridiche private (società) va allegato inoltre: atto costitutivo e statuto certificato di iscrizione alla Camera di Commercio certificato di vigenza della Società e della carica sociale del legale rappresentante certificato di stato fallimentare certificazione antimafia (importi superiori a Euro 154.937,07 ) sotto tale cifra autocertificazione. c) ente religioso, persone giuridiche senza fine di lucro (ONLUS) L’istanza va presentata su carta intestata dell’ente con le generalità del richiedente e con allegati in duplice copia: computo metrico consuntivo di spesa redatto secondo lo schema allegato, asseverato in Tribunale, (originale + 1 copia) con la dettagliata descrizione 133 Allegati - Fac simile richiesta a consuntivo di contributi ministeriali ... degli interventi realizzati, dei prezzi unitari e totali (desunti da prezziario della Regione Piemonte aggiornato all’anno della esecuzione dei lavori) completo dei fattori che determinano le quantità e con l’indicazione delle zone d’intervento. Qualora l’intervento non sia riconducibile ad un codice di prezziario dovrà essere presentata analisi dettagliata corredata di fattura (NON SARANNO ACCOLTI COMPUTI METRICI CHE SI DISCOSTANO DAL MODELLO ALLEGATO) autocertificazione del direttore lavori a corredo del consuntivo di spesa che attesti la corrispondenza delle opere eseguite alle scritture contabili e alle autorizzazioni rilasciate dalle Soprintendenze (allegato A). Se l’importo dei lavori supera Euro 154.937,07 l’impresa esecutrice dovrà presentare dichiarazione di cui all’allegato D) del DPR 34 del 25.1.2000 o, in sostituzione dell’allegato D), il curriculum relazione tecnica dei lavori eseguiti a firma di architetto con allegata relazione specialistica a firma di tecnico specializzato (restauratore/ingegnere) ove sussistano interventi di restauro specialistico (affreschi, apparati decorativi pittorici, scultorei) o di rilevanza strutturale, esaustiva documentazione fotografica a colori, di prima e dopo i lavori, che documenti in modo completo l’intervento corredata da planimetria con indicazione dei punti di ripresa fotocopia del nulla-osta ai lavori rilasciato ai sensi dell’art. 21 DLgs. 42/2004 stralcio del foglio di mappa catastale con indicazione dell’immobile oggetto dell’intervento atto di convenzione o atto pubblico amministrativo ai sensi dell’art. 38 del DLgs. 42/2004 (scrittura privata autenticata dal notaio in alternativa atto pubblico amministrativo con l’autentica della firma presso Ufficiale Rogante della Direzione Regionale con il solo onere delle spese di registrazione ed eventuali bolli) dichiarazione rilasciata dalla Curia da cui risulti la proprietà del luogo sacro numero di conto corrente postale con attestazione che il medesimo risulta attivo ovvero conto corrente bancario codifica IBAN + BIC d) ente pubblico L’istanza va presentata su carta intestata dell’ente con le generalità del rappresentante e con allegati in duplice copia: computo metrico consuntivo di spesa redatto secondo lo schema allegato, asseverato in Tribunale, (originale + 1 copia) con la dettagliata descrizione degli interventi realizzati, dei prezzi unitari e totali (desunti da prezziario della Regione Piemonte aggiornato all’anno della esecuzione dei lavori) completo dei fattori che determinano le quantità e con l’indicazione delle zone d’intervento. Qualora l’intervento non sia riconducibile ad un codice di prezziario dovrà essere presentata analisi dettagliata corredata di 134 I commercialisti e l’arte fattura (NON SARANNO ACCOLTI COMPUTI METRICI CHE SI DISCOSTANO DAL MODELLO ALLEGATO) autocertificazione del direttore lavori a corredo del consuntivo di spesa che attesti la corrispondenza delle opere eseguite alle scritture contabili e alle autorizzazioni rilasciate dalle Soprintendenze (allegato A). Se l’importo dei lavori supera Euro 154.937,07 l’impresa esecutrice dovrà presentare dichiarazione di cui all’allegato D) del DPR 25.1.2000 n. 34 o, in sostituzione dell’allegato D), il curriculum relazione tecnica dei lavori eseguiti a firma di architetto con allegata relazione specialistica a firma di tecnico specializzato (restauratore/ingegnere) ove sussistano interventi di restauro specialistico (affreschi, apparati decorativi pittorici, scultorei) o di rilevanza strutturale, esaustiva documentazione fotografica a colori, di prima e dopo i lavori, che documenti in modo completo l’intervento corredata da planimetria con indicazione dei punti di ripresa fotocopia del nulla-osta ai lavori rilasciato ai sensi dell’art. 21 DLgs. 42/2004 stralcio del foglio di mappa catastale con indicazione dell’immobile oggetto dell’intervento dichiarazione di pubblico godimento. numero di contabilità speciale presso la Banca d’Italia (si rammenta che i contributi ministeriali in questione possono esclusivamente essere versati su tale conto) N.B. i lavori ritenuti ammissibili sono soltanto quelli concernenti la conservazione, la protezione e il restauro dei beni architettonici (per l’elenco delle lavorazioni ammissibili si veda l’elenco in allegato); non sono concessi contributi per interventi destinati al riuso ed all’adeguamento igienico e funzionale degli immobili. Si specifica che la Soprintendenza ha facoltà di includere/ammettere in percentuale/escludere ulteriori lavorazioni, anche non presenti nell’elenco in allegato, ma ritenute in casi specifici strettamente necessarie/non strettamente necessarie alla conservazione del bene culturale oggetto di restauro. Il computo metrico dovrà essere asseverato dalla Direzione dei Lavori. 135 Allegati - Fac simile richiesta a consuntivo di contributi ministeriali ... SCHEMA DI COMPUTO METRICO DA ASSEVERARE 136 INDICAZIONE DEI LAVORI E DELLE PROVVISTE IMPORTO N. delle parti simili Lunghezza Larghezza Altezza Unità di Misura Peso/U.M. Regionale Codice del Prezziario Numero d’ordine FATTORI: MISURE LINEARI PRODOTTI PREZZO unitario I commercialisti e l’arte ALLEGATO A) FAC SIMILE DELLA DICHIARAZIONE SOSTITUTIVA DI NOTORIETÀ (da allegare alla richiesta di contributo a consuntivo di cui all’art. 36 del DLgs. 42/2004) Il/la sottoscritto/a ................................ nato/a a ................................ Il ................................ residente in ................................ iscritto all’albo degli Architetti/Ingegneri della Provincia di ................................ in qualità di direttore dei lavori di restauro e/o consolidamento eseguiti nell’immobile sito in ................................ via ................................ di proprietà di ................................, consapevole delle conseguenze relative al rilascio di dichiarazioni mendaci ai sensi dell’art. 76 del DPR 445/2000 AUTOCERTIFICA 1) che i lavori di cui sopra sono stati eseguiti in conformità al progetto approvato dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Torino, Asti, Cuneo, Biella e Vercelli o dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Novara, Alessandria e Verbano Cusio-Ossola con nota prot. n. ............................. del ................................ 2) che i prezzi sono conformi al prezziario regionale vigente. 3) che le misure, le corrispondenti quantità e le zone d’intervento riportate nel computo metrico consuntivo sono rispondenti alla verità. data firma 137 Allegati - Fac simile richiesta a consuntivo di contributi ministeriali ... 138 I commercialisti e l’arte FAC SIMILE RICHIESTA A PREVENTIVO DI CONTRIBUTI MINISTERIALI IN CONTO INTERESSI (artt. 35 - 36 del DLgs. 42/2004) in bollo da € 14,62 per privati Alla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Piemonte Piazza San Giovanni, 2 10122 Torino Oggetto: denominazione dell’immobile .............................. sito in ............................. Comune di ................................ Richiesta a preventivo di contributi in conto interessi art. 37 del DLgs. 42/2004 Il/La sottoscritto/a .............................................. nato/a .................................. il ................................ residente in .................................. via ....................................... codice fiscale .......................................... in qualità di (proprietario, possessore o detentore - vedi nota 1) DICHIARA 1) che il bene culturale in oggetto descritto e indicato negli elaborati allegati è sottoposto a tutela ai sensi del DLgs. 42/2004 e ss.mm. con provvedimento ................................ 2) che, in occasione di eventuale alienazione, sono stati assolti gli obblighi di legge per l’esercizio del diritto di prelazione da parte dello Stato o degli Enti abilitati (nota Soprintendenza prot. n. del ................................); 3) che l’intervento di restauro oggetto della presente richiesta è stato autorizzato, ai sensi dell’art. 21 del DLgs. 42/2004, dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Torino, Asti, Cuneo, Biella e Vercelli o dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Novara, Alessandria e Verbano Cusio-Ossola con nota prot. n. ................................ del ................................ CHIEDE ai sensi dell’art. 37 del DLgs. 42/2004 la concessione di un contributo in conto interessi per l’intervento di restauro e risanamento conservativo dell’immobile in oggetto da realizzarsi. A tal fine allega alla presente la seguente documentazione: computo metrico preventivo di spesa redatto secondo lo schema allegato, asseverato in Tribunale, (originale + 1 copia) con la dettagliata descrizione 6 139 Allegati - Fac simile richiesta a consuntivo di contributi ministeriali ... degli interventi realizzati, dei prezzi unitari e totali (desunti da prezziario della Regione Piemonte aggiornato all’anno della esecuzione dei lavori) completo dei fattori che determinano le quantità e con l’indicazione delle zone d’intervento. Qualora l’intervento non sia riconducibile ad un codice di prezziario dovrà essere presentata analisi dettagliata corredata di preventivo (NON SARANNO ACCOLTI COMPUTI METRICI CHE SI DISCOSTANO DAL MODELLO ALLEGATO) autocertificazione del direttore lavori a corredo del preventivo di spesa che attesti la corrispondenza delle opere da eseguirsi alle scritture contabili e alle autorizzazioni rilasciate dalle Soprintendenze (allegato A). Se l’importo dei lavori supera Euro 154.937,07 l’impresa esecutrice dovrà presentare dichiarazione di cui all’allegato D) del DPR 25.1.2000 n 34 o, in sostituzione dell’allegato D), il curriculum relazione tecnica dei lavori da eseguirsi a firma di architetto con allegata relazione specialistica a firma di tecnico specializzato (restauratore/ingegnere) ove sussistano interventi di restauro specialistico (affreschi, apparati decorativi pittorici, scultorei) o di rilevanza strutturale, esaustiva documentazione fotografica a colori di prima dei lavori che documenti in modo completo l’intervento corredata da planimetria con indicazione dei punti di ripresa fotocopia del nulla-osta ai lavori rilasciato ai sensi dell’art. 21 DLgs. 42/2004 stralcio del foglio di mappa catastale delibera di finanziamento dell’Istituto di Credito (o adesione di massima della cassa Depositi e Prestiti se richiedente è un ente pubblico) bozza di convenzione per l’apertura ai sensi dell’art. 38 DLgs. 42/2004 o dichiarazione di pubblico godimento numero di conto corrente postale con attestazione che il medesimo risulta attivo ovvero conto corrente bancario codifica IBAN. + BIC. Per gli enti pubblici indicare il numero di contabilità speciale presso la Banca d’Italia data firma N.B. NEL CASO DI BENE DI PROPRIETÀ DI ENTE RELIGIOSO O ENTE PUBBLICO, NON ANCORA DICHIARATO DI INTERESSE AI SENSI DELL’ART. 13 DEL DLGS. 42/2004, DOVRÀ ESSERE PRONTAMENTE ATTIVATA LA PROCEDURA DI VERIFICA DELL’INTERESSE. N.B. SI INVITA A PORRE PARTICOLARE CURA E ATTENZIONE ALLA COMPILAZIONE DEI PUNTI 1 - 2 - 3 nota 1) a) persone fisiche private (proprietari, condomini): nome, cognome, luogo e data di nascita, indirizzo, C.A.P., codice fiscale, ripartizione del cespite in quote millesimali (nel caso di multiproprietà) b) persone giuridiche private (società): denominazione, indirizzo, C.A.P., 140 I commercialisti e l’arte codice fiscale, dichiarazione che la medesima società risulta iscritta alla Camera di Commercio e non ha in corso procedure fallimentari c) enti religiosi e altre persone giuridiche senza fine di lucro (ONLUS): denominazione dell’ente, indirizzo C.A.P., codice fiscale d) enti pubblici: denominazione, indirizzo C.A.P., codice fiscale note relative all’art. 37 del DLgs. 42/2004 Si tenga infine presente che: non sanno accolte richieste di contributo in conto interessi presentate a lavori ultimati (Circolare del Ministero per i Beni e le Attività culturali 22.2.2002 n. 27) i soggetti di cui all’art. 10 co. 1 del DLgs. 42/2004 (enti locali, istituti pubblici, enti ecclesiastici, fondazioni ed associazioni ONLUS ecc.) sono tenuti, ai sensi dell’art. 56 del medesimo decreto legislativo, a richiedere alla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Piemonte la preventiva autorizzazione ministeriale alla costituzione di ipoteca nel contratto di mutuo dovrà essere indicato che lo stesso viene concesso per interventi di restauro di cui all’art. 37 del DLgs. 42/2004 per i mutui a tasso variabile, il contributo è sviluppato calcolando il piano di ammortamento al tasso costante della prima rata e che ogni eventuale variazione di tasso, in aumento o diminuzione dovrà essere comunicata prima della successiva scadenza, al fine di permettere l’adeguamento del tasso con apposto provvedimento la durata del mutuo non potrà superare l’anno 2028 poiché l’art. 5 della L. 352/97 – Disposizioni sui beni culturali – autorizzava, per i contributi in conto interessi, un limite di impegno trentennale di spesa a partire al 1998 il beneficiario del contributo è tenuto a comunicare ogni modifica del contratto di mutuo all’Amministrazione, che verificherà la permanenza dei requisiti per l’erogazione degli importi non ancora scaduti qualora il contratto di mutuo venga risolto, il contributo dello Stato sarà revocato sui mutui di importo superiore ad € ……. N.B. i lavori ritenuti ammissibili sono soltanto quelli concernenti la conservazione, la protezione e il restauro dei beni architettonici (per l’elenco delle lavorazioni ammissibili si veda l’elenco in allegato); non sono concessi contributi per interventi destinati al riuso ed all’adeguamento igienico e funzionale degli immobili. Si specifica che la Soprintendenza ha facoltà di includere/ammettere in percentuale/escludere ulteriori lavorazioni, anche non presenti nell’elenco in allegato, ma ritenute in casi specifici strettamente necessarie/non strettamente necessarie alla conservazione del bene culturale oggetto di restauro. Il computo metrico dovrà essere asseverato dalla Direzione dei Lavori. 6 141 Allegati - Fac simile richiesta a consuntivo di contributi ministeriali ... SCHEMA DI COMPUTO METRICO DA ASSEVERARE 142 INDICAZIONE DEI LAVORI E DELLE PROVVISTE IMPORTO N. delle parti simili Lunghezza Larghezza Altezza Unità di Misura Peso/U.M. Regionale Codice del Prezziario Numero d’ordine FATTORI: MISURE LINEARI PRODOTTI PREZZO unitario I commercialisti e l’arte ALLEGATO A) FAC SIMILE DELLA DICHIARAZIONE SOSTITUTIVA DI NOTORIETÀ (da allegare alla richiesta di contributo a consuntivo di cui all’art. 37 del DLgs. 42/2004) Il/la sottoscritto/a ................................ nato/a a ................................ Il ................................ residente in ................................ iscritto all’albo degli ................................ della Provincia di ................................ in qualità di direttore dei lavori di restauro e/o consolidamento eseguiti nell’immobile sito in ................................ via ................................ di proprietà di ................................ consapevole delle conseguenze relative al rilascio di dichiarazioni mendaci ai sensi dell’art. 76 del DPR 445/2000 AUTOCERTIFICA 1) che i lavori di cui sopra sono stati autorizzati dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici del Piemonte con nota prot. n. .......................... del ............................. 2) che i prezzi sono conformi al prezziario regionale vigente. 3) che le misure, le corrispondenti quantità e le zone d’intervento riportate nel computo metrico a preventivo sono rispondenti alla verità. data firma 6 143 Allegati - Fac simile richiesta a consuntivo di contributi ministeriali ... 144