la risoluzione del rapporto di lavoro con la lavoratrice madre
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la risoluzione del rapporto di lavoro con la lavoratrice madre
I COMMENTI LA RISOLUZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO CON LA LAVORATRICE MADRE Modalità e tutele I commenti di Marilena Ferramosca Il licenziamento della lavoratrice madre Sotto il profilo giuridico, la comunicazione di licenziamento costituisce una dichiarazione unilaterale recettizia con cui il datore di lavoro manifesta la volontà di risolvere il rapporto di lavoro, i cui effetti decorrono dal momento in cui il lavoratore ne viene a conoscenza(1). Ai sensi dell’art. 54, D.Lgs. n. 151 del 26 marzo 2001 (“Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità”) è espressamente previsto che “le lavoratrici non possono essere licenziate(2) dall’inizio del periodo di gravidanza fino al termine dei periodi di interdizione dal lavoro previsti dal Capo III, nonché fino al compimento di un anno di età del bambino”. Tale divieto, che: • prescinde dalla conoscenza che il datore di lavoro abbia della condizione della dipendente, • si estende anche al lavoratore padre in congedo di paternità, per tutta la durata del congedo medesimo e fino al compimento dell’anno di età del bambino non trova applicazione in caso di: • colpa grave della lavoratrice, costituente giusta causa di risoluzione del rapporto; • cessazione dell’attività dell’azienda cui sia addetta(3); • ultimazione della prestazione oggetto del contratto di assunzione(4); • scadenza del termine nei contratti a tempo determinato; • esito negativo del patto di prova (fatto salvo il divieto di discriminazione). Il licenziamento intimato in violazione di quanto sopra è nullo, e l’inosservanza delle disposizioni dell’art. 54 sopra citato è punita con la sanzione amministrativa da € 1.032,91 a € 2.582,28. Circa gli effetti di tale nullità, la Suprema Corte con la recente sentenza n. 18537/04 si è espressa nei seguenti termini: “il licenziamento intimato alla lavoratrice dall’inizio del periodo di gestazione fino al compimento di un anno di età del bambino è, ai sensi del 2° comma dell’art. 2 L. n. 1204/71, nullo ed improduttivo di effetti; il rapporto deve intendersi giuridicamente pendente ed il datore di lavoro inadempiente va condannato a riammettere la lavoratrice in servizio ed a pagarle tutti i danni derivanti dall’inadempimento in ragione del mancato guadagno”. (1) La dichiarazione di licenziamento si considera conosciuta dal destinatario, a norma dell’art. 1335 c.c., nel momento in cui essa perviene all’indirizzo del destinatario. (2) È orientamento consolidato della giurisprudenza che la lavoratrice gestante che al momento dell’assunzione non informi del suo stato l’azienda non può essere legittimamente licenziata per mancanza di giusta causa di risoluzione del rapporto lavorativo (si veda da ultimo Cass. 1 febbraio 2006, n. 2244). (3) Durante il periodo di vigenza del divieto di licenziamento la lavoratrice non può essere sospesa né collocata in mobilità a seguito di licenziamento collettivo (L. n. 223/1991), salvo il caso in cui la sospensione o il collocamento in mobilità avvengano a seguito di cessazione dell’attività dell’azienda o del reparto cui essa è addetta, e che quest’ultimo abbia autonomia funzionale. (4) Secondo la giurisprudenza tale ipotesi trova applicazione solo con riferimento al contratto di lavoro a tempo determinato e non anche a tempo indeterminato. (Cass civ. n. 12569/03). 36 11/2008 I COMMENTI Sotto il profilo giuridico anche le dimissioni costituiscono un negozio unilaterale recettizio, idoneo a determinare la risoluzione del rapporto di lavoro nel momento in cui pervengono a conoscenza del datore di lavoro e indipendentemente dalla volontà del medesimo. In caso di dimissioni presentate dalla lavoratrice madre, l’art. 55 del citato D.Lgs. prevede che: • la stessa avrà diritto alle indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso di licenziamento. In particolare è sempre dovuta l’indennità sostituiva del preavviso nella misura prevista per il licenziamento senza possibilità di richiedere alla lavoratrice madre, in alternativa al pagamento della predetta indennità, di prestare la propria attività lavorativa durante il periodo di preavviso; • la richiesta di dimissioni presentata dalla lavoratrice dovrà essere convalidata dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro, competente per territorio. A detta convalida, è condizionata la risoluzione del rapporto di lavoro, che sebbene valida, in pendenza di tale condizione e fino al verificarsi della stessa, risulta improduttiva di effetti. L’accordo di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro Accanto alle forme unilaterali di recesso dal rapporto di lavoro (licenziamento o dimissioni), si riconoscono quali modalità convenzionali di cessazione del rapporto anche le ipotesi di risoluzione consensuale e di estinzione per mutuo consenso tra le parti (5) (art. 1372 c.c.). Una recente nota del Ministero del lavoro del 1° agosto 2008, in risposta a un quesito della Direzione Regionale del lavoro della Lombardia sulla necessità di convalidare presso la Direzione Provinciale del Lavoro anche le risoluzioni consensuali intercorse con lavoratrice madre o il lavoratore durante il periodo protetto (dall’inizio del periodo di gravidanza al compimento dell’anno di età del bambino), ha precisato che “la convalida da parte della DPL si rende necessaria anche nel caso di dimissioni consensuali, atteso che la ratio della legge è − si ribadisce − quella di garantire la lavoratrice o il lavoratore ogni qualvolta ci si trovi in presenza di una risoluzione anticipata del rapporto di lavoro”. Con tale nota il Ministero del lavoro, nell’assimilare sul piano degli effetti giuridici la risoluzione del rapporto di lavoro subordinato con la lavoratrice madre o il lavoratore in congedo di paternità alle dimissioni, intende estendere anche ai predetti accordi le garanzie della convalida, consistenti nella verifica da parte di un Funzionario della Direzione Provinciale del Lavoro (6) della reale intenzione della lavoratrice/lavoratore di risolvere il rapporto di lavoro, e quindi l’assenza di eventuali pressioni o sollecitazioni esterne. Alla luce di quanto sopra, ne deriva che la predetta convalida: • è una condizione di efficacia dell’accordo di risoluzione consensuale e incentivata del rapporto di lavoro, nell’ipotesi in cui tale accordo costituisca l’unico atto mediante il quale la lavoratrice madre o il lavoratore in congedo di paternità manifestino il proprio interesse a recedere dal rapporto di lavoro, intercorrente con il proprio datore di lavoro; • non costituisce una condizione sospensiva di efficacia dell’accordo di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, nell’ipotesi in cui la lavoratrice/o abbia preventivamente presentato le dimissioni e successivamente, o contestualmente, alle stesse, sottoscriva con il proprio datore di lavoro il predetto accordo di incentivazione all’esodo. In tal caso, ai fini dell’efficacia della risoluzione del rapporto di lavoro, occorrerà procedere alla preventiva convalida delle dimissioni presso la competente Direzione Provinciale del Lavoro, mentre l’eventuale ulteriore ratifica in sede sindacale o dinanzi alla Commissione di Conciliazione della DPL dell’accordo di risoluzione avrà rilevanza ai soli fini della immediata non impugnabilità dell’accordo medesimo. I commenti Le dimissioni della lavoratrice madre Atto di transazione generale novativa Diversamente dalla risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, “la transazione è il contratto con il (5) Circa gli effetti della risoluzione, la Suprema Corte ha precisato che “il negozio risolutorio ha, per sua natura efficacia ex nunc, nel senso che da esso derivi la caducazione delle obbligazioni scaturenti dal contratto originario relative alla prosecuzione del rapporto, onde non può configurarsi responsabilità in relazione al mancato adempimento delle ulteriori prestazioni previste; nessun effetto liberatorio, invece, esplica la risoluzione consensuale in ordine ad eventuali aspetti di responsabilità per un corretto adempimento relativo a prestazioni già eseguite, (…)” . (Cass. civ. n. 7270/97). (6) Il Ministero del lavoro con lettera circolare del 4 giugno 2007 ha precisato che in sede di convalida la verifica da parte della Direzione Provinciale del Lavoro non può consistere in un esame del documento, ma la reale intenzione di risolvere il rapporto di lavoro dovrà emergere da un colloquio con la lavoratrice/lavoratore. 11/2008 37 I COMMENTI I commenti quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine ad una lite già incominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro. Con le reciproche concessioni si possono creare, modificare o estinguere anche rapporti diversi da quello che ha formato oggetto della pretesa e della contestazione tra le parti” (art. 1965 c.c.). Relativamente alla lavoratrice madre o al lavoratore in congedo di paternità − stante il citato divieto di licenziamento che non consente al datore di lavoro di risolvere il rapporto di lavoro durante il periodo protetto, pena la nullità dello stesso − occorre evidenziare che la sottoscrizione con tali dipendenti di un eventuale atto di transazione generale novativa: 1. è configurabile solo qualora tale accordo abbia ad oggetto la composizione di una lite rientrante nelle ipotesi di recesso tassativamente indicate al punto 1), identificate dal Legislatore come eccezioni al divieto di licenziamento; 2. non è condizionata ai fini dell’efficacia dell’accordo medesimo, alla convalida presso la Direzione Provinciale del Lavoro, nonostante le parti giungano a una risoluzione del rapporto di lavoro, in quanto: • diversamente dalle risoluzioni consensuali in cui la cessazione del rapporto di lavoro è concordata tra le parti di comune accordo, e quindi l’intervento del Funzionario Pubblico è necessario per la verifica della reale volontà 38 della lavoratrice/o di risolvere il rapporto di lavoro, • relativamente agli atti di transazione generale novativa, tale cessazione non avviene per volontà della lavoratrice/lavoratore, ma trova fondamento nella decisione del datore di lavoro di risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro, a motivo della sussistenza di una delle • causali ammesse dal Legislatore (es.: collocamento in mobilità della lavoratrice/lavoratore a seguito di cessazione dell’attività aziendale). Di conseguenza in assenza di accordo della lavoratrice/lavoratore, eventualmente manifestato attraverso la volontà di impugnare il licenziamento perché ritenuto illegittimo, con la sottoscrizione dell’atto di transazione generale novativa le parti pongono fine alla controversia tra le stesse insorta, a fronte del riconoscimento alla lavoratrice/o di un importo a titolo transattivo e della rinuncia della stessa ad impugnare il licenziamento medesimo. Premesso quanto sopra, si può concludere che: • il recesso intimato alla lavoratrice/lavoratore durante il periodo protetto (per una causale ammessa dal Legislatore come eccezione al divieto di licenziamento) è efficace nel momento in cui la stessa ne viene a conoscenza, • l’eventuale accordo di transazione generale novativa sottoscritto tra le parti acquista efficacia all’atto della sottoscrizione. 11/2008