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14-15-16 intervista :18-19-21. PP INTERVISTA
P R I M O P I A N O
30-08-2012
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I N T E R V I S T A
Medaglie
di talento
Jesi fabbrica di stelle
Elisa Di Francisca nasce a Jesi il 13 dicembre 1982.
Gareggia per le Fiamme Oro, la Polizia di Stato,
ma la sua società di allenamento resta il Club
scherma di Jesi che vanta un primato di fatto
ineguagliabile: a cominciare da Stefano Cerioni,
medaglia d’oro a Los Angeles 1984, per tutte
le Olimpiadi successive un fiorettista jesino
è andato sul podio. Più volte Giovanna Trillini
e Valentina Vezzali, che hanno inanellato medaglie
d’oro e d’argento e temporalmente preceduto
la nuova stella jesina, Elisa appunto.
Fin dalle prime stoccate Di Francisca si fa notare:
nel 1995, poco più che dodicenne, vince il primo
titolo italiano, categoria Ragazze.
L’anno dopo è argento ai campionati italiani Allievi.
Il grande salto nel fioretto che conta
è del 2004 ma la strada è sbarrata dai talenti
di Trillini e Vezzali che sbaragliano tutte.
Elisa non si arrende e dopo alterne vicende trova
la sua maturazione nel 2010 (oro Mondiale
individuale) e 2011 (argento Mondiale individuale).
In carriera, prima dei due ori olimpici
ha totalizzato 4 medaglie d’oro mondiali
(tre a squadre) e 4 titoli europei (tre a squadre).
1 metro e 77, fisico asciutto, Elisa è diplomata
al Liceo Socio Psico Pedagogico. Adora il mare
e la Sicilia, la terra dei parenti paterni.
© photo Aldo Castoldi - total look Puma
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Frutto di applicazione,
voglia di arrivare, capacità
di gestire lo stress in gare
lunghe e impegnative
contro avversarie tutte
agguerritissime,
a partire dalle italiane.
Elisa Di Francisca, due
volte olimpionica a Londra
nel fioretto, individuale
e a squadre, ha la fortuna
di non avere mai avuto
lesioni o incidenti:
“In farmacia non vado
per i medicinali, ma
per consigli di altro genere”
DI SERGIO MEDA
A
portarla nel club di Jesi gestito
dal maestro Triccoli ci ha pensato, nel 1988, papà Giacomo, insegnante di Scienze oggi in pensione. Pur non avendola mai praticata, era
un appassionato di scherma e quando
Elisa, sette anni, gli disse che la danza, la
passione di mamma Ombretta (allora
commessa), le piaceva ma aveva bisogno
di qualcosa di più competitivo, il signor Di
Francisca non ebbe dubbi. Fioretto, le
disse, vedrai, ti piacerà. In seguito avviò
alla scherma anche la secondogenita,
Martina (non tira più dopo aver messo al
mondo Zoe, oggi tre anni, nipote amatissima di Elisa) e pure Michele, il piccolino,
oggi ventunenne di belle speranze sulle
orme della sorella famosa. Della danza
Elisa Di Francisca conserva un bellissimo
ricordo («per la coordinazione, la grazia e
la femminilità che nella scherma e nella
vita comunque contano»), come pure del
pianoforte, studiato in gioventù e che vorrebbe riprendere per suonare ninne nanne ai figli, quando verranno. Ora è single,
c’è tempo, ma i bambini sono al centro
della sua attenzione: in ottobre andrà in
Africa come volontaria, non ha ancora
deciso la onlus con cui partire, ma di si-
curo darà una mano ai piccoli «anche
se non sono un medico». Si fermerà per
un mese, perché gli impegni sportivi riprendono e a novembre si ricomincia
con gli allenamenti.
Eppure la storia che ha condotto Elisa Di
Francisca alle due medaglie olimpiche di
Londra (oro nel fioretto individuale e in
quello a squadre, con Vezzali, Errigo e Salvadori) poteva anche interrompersi per un
amore, geloso e manesco, che la convinse a lasciar perdere il fioretto per un anno.
Era appena maggiorenne, a Jesi non la
presero bene. Estromesso il figuro, il cammino è poi ripreso con alterne vicende,
come ogni storia che si rispetti: quattro
anni fa, in vista di Pechino, Elisa Di Francisca, già brava ma non ancora bravissima, tirò maluccio prima delle Olimpiadi e
non la convocarono. Il direttore tecnico
azzurro di allora, Andrea Scalzo le propose il viaggio in Cina come “sparring partner”, vale a dire chi si allena con le titolari.
Lei rispose che non faceva la riserva della
riserva e rimase a casa.
Bel caratterino. Il tempo l’ha cambiata, alla
soglia dei trent’anni?
Direi di no. Ho lavorato per migliorare,
con Stefano Cerioni (l’attuale direttore
tecnico del fioretto azzurro, cui il maestro
Triccoli affidò la giovane Di Francisca,
ndr), sono venuti risultati importanti, il
Mondiale vinto nel 2010, e ho meritato di
andare a Londra dove le circostanze hanno favorito le due medaglie d’oro. Meritate, intendiamoci, le mie e quelle della
squadra, perché siamo riemerse da alcune situazioni difficili. Con grinta, com’è
giusto che sia. Non è semplice riempire
per intero il podio individuale e poi vincere anche il titolo a squadre. Tutte contro di
noi fanno ogni volta l’incontro della vita.
La scherma passa per una disciplina in
cui ci si allena poco. Molti ne parlano come di una disciplina di scarso impegno,
in cui conta il solo talento.
Ma neanche per sogno, la scherma è uno
sport mentale oltre che duro. Bisogna essere molto allenate. Il talento, le nozioni,
le tattiche si affinano grazie al maestro
che ti indirizza, ma il resto è lavoro duro.
La scherma è per pochi, è bene che si
sappia. Il problema è la concentrazione,
la tenuta nervosa. Lo stress è una costan-
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te di ogni gara che si inizia la mattina e si
conclude, se procedi nel tabellone, nel
tardo pomeriggio o verso sera, come all’Olimpiade. Per l’intera giornata devi essere al meglio, nessun’avversaria è facile,
a maggior ragione se appartieni alla scuola più celebrata del mondo, la nostra.
Ci vuole proporre una similitudine? La
scherma è…
… come una partita di scacchi, importante è calcolare in anticipo le mosse dell’avversario, di cui sai tutto a priori, ma nulla è
scontato. Per noi italiane c’è il problema in
più dei frequenti scontri diretti, negli assalti di finale, quelli che contano per il titolo. E
questo complica parecchio la faccenda.
Bestie nere ne esistono?
Beh, puoi patire un’avversaria più di altre
ma spesso sei tu la bestia nera di qualcuna, è un problema non mio.
E le fiorettiste mancine, danno qualche imbarazzo?
No, questa è una leggenda da sfatare.
Conta sempre e solo il bersaglio libero, lo
spazio valido per mettere la stoccata. Invece che a destra è a sinistra e viceversa. I
mancini potevano essere un problema
quando erano pochi, oggi ce ne sono un
sacco, ti abitui subito a tirare contro di loro.
Quanto c’è di fisico nella scherma?
Intesa come potenza, direi quasi nulla. Di
fisico c’è la tenuta, la resistenza. Se non sei
preparata ti fanno fuori rapidamente. Conta soprattutto la concentrazione, puoi andare sotto di due tre stoccate ma non devi
perdere mai la testa. La Vezzali l’ha dimostrato a Londra: nella finale per il bronzo ha
messo tre stoccate in dodici secondi, anche perché l’avversaria era convinta di
aver già vinto. Lei in questo è fenomenale.
A proposito di Vezzali, come la mettiamo
con le vostre storiche baruffe?
Non esageriamo, abbiamo caratteri diversissimi e per questo ci sono stati contrasti. Ora siamo entrambe in Polizia, frequentiamo lo stesso club da anni, in Nazionale abbiamo imparato a convivere. Si
cambia col tempo. Valentina e la scherma sono tutt’uno, io amo prendermi momenti di libertà. Questione anche di età,
siamo di due generazioni differenti.
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Colazione da 3 blocchi:
toast con 2 fette di pane integrale e 20-30 g
di affettato magro + 200 ml latte
e 5 perle di omega 3 complex
Spuntino da 1 blocco (tra allenamento
con maestro e personal trainer):
EnerZona snack da 1 blocco
Dopo allenamento con personal
e prima di pranzo:
6 g di Gymline Muscle BCAA
Pranzo da 4 blocchi:
pesce o carne magra o affettati sgrassati
+ verdura grigliata di stagione (circa 300 g)
+ 150 g di macedonia o frutta di stagione
Spuntino da 1 blocco h. 15,30 circa:
EnerZona Snack da 1 blocco
o 20 g di Grana + 1 frutto
Cena da 5 blocchi:
Frittata di albumi o pesce o carne magra
o affettati sgrassati (se non consumati
a pranzo) + verdure crude condite
con olio e.v.o. + frutta di stagione
Spuntino pre sonno:
200 ml latte (eventualmente
con 2 frollini EnerZona)
Centonove Paesi si sono sfidati nella
scherma nell’Olimpiade londinese, ma
vincono sempre gli stessi, cioè voi e pochi altri. Come si spiega?
La vecchia Europa è ancora alla ribalta, le
grandi scuole rimangono tali. L’Italia è ancora il meglio perché a differenza di altri
Paesi, tipo la Germania, dove presso il
centro federale di Tauberg convergono
tutti i migliori, da noi ci sono diversi club.
Altrove producono gli schermidori con lo
stampino, per intenderci.
Lei in nazionale ha preso il posto di Margherita Granbassi.
Veramente mi sembra che la Granbassi
sia diventata una brava giornalista televisiva, non so se tornerà in pedana.
Tomassini, il maestro che segue Valentina Vezzali, andrà a lavorare in Francia, a
Grenoble. Stefano Cerioni potrebbe andare ad allenare altrove, in base a offerte economiche vantaggiosissime.
No, questo non succederà, Stefano Cerioni non lascia Jesi, questo lo posso garantire. È chiaro che tutti vorrebbero avere i maestri italiani, sono i più vincenti, ma
è giusto tenerli da noi, riconoscendo loro
anche gratificazioni economiche, che a
volte sono mancate.
A proposito, buon bottino quello olimpico: ogni oro vale 140 mila euro. Sa già
cosa farne?
Ci sto pensando, ma ho già visto una casetta a Montignano, vicino a Jesi, con il
verde da un lato e dall’altro il mare, giusto
per avere due scenari contrapposti.
Torniamo alla scherma, per raccontarla a
chi poco ne sa. La sua giornata tipo?
Sveglia poco prima delle 8, alle 9 sono a
lezione con il maestro, con Cerioni, per
circa un’ora, poi c’è la preparazione atletica che si fa in palestra o al campo e la
mattinata si chiude. Nel pomeriggio, verso le 17.30, si va a tirare con gli altri del
club, anche con i più piccoli perché per
loro l’emulazione è fondamentale.
Ma non sono in soggezione, non rimangono straniti?
Beh, c’è stato chi non voleva tirare con
me, si vergognava, diceva di non essere
capace. Ora magari mi chiede un altro
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La giornata
in Zona di Elisa
© photo Aldo Castoldi - total look Puma
assalto, ci ha preso gusto. La verità è che
occorre confrontarsi sempre con chi è
più bravo, altrimenti non si migliora. I
campioni producono altri campioni. Questo a Jesi lo si insegna da piccoli e poi lo si
applica a tutti i livelli.
Altri sport praticati o che le sarebbe piaciuto praticare?
A me lo sport piace tutto, oltre alla danza,
che per me è uno sport a tutti gli effetti,
amo molto camminare, correre a piedi e
in bici. Poi ci sono gli sport che seguo volentieri, tipo il pugilato, che è affine alla
scherma per via di affondi e schivate. Ma
loro si fanno male, noi no.
Veniamo all’alimentazione. Qualcosa di
particolare?
Da qualche mese pratico la Zona, che
trovo particolarmente adatta a una come me che non impazzisce per i carboidrati e i dolci. Posso dire che ero già in
Zona senza sapere che esistesse. In pedana, oltretutto, mi si chiude lo stomaco
e mi capitava di andare in gara solo con
un caffé e una fetta biscottata con un
velo di marmellata. Per il resto durante
la gara bevevo caffè, cioccolata, qualcosa di dolce per trovare le energie.
Ora cos’è cambiato?
Uso la gelatina, le barrette Enervit. Non mi
sento appesantita, danno l’apporto corretto, la lucidità per un assalto viene anche
da quel che mangi e bevi. Prima non lo
sapevo, non me ne curavo. La Zona a tavola è varia, in particolare privilegia il pesce che io adoro. Lo mangerei sempre.
Incidenti, mai nessuno?
Grazie a Dio, salute di ferro, sin qui. Mai
avuto alcun problema.
Nemmeno alle articolazioni? Le sollecitazioni a caviglie e ginocchia sono notevolissime nel suo sport, così come i
cambi repentini di direzione. Gli arretramenti rapidi non danno problemi?
Ringrazio i miei, che mi hanno regalato
una gran salute.
Quindi lei in farmacia ci va poco?
Ci vado per altri motivi, non per le medicine di cui non faccio uso. Vado in farmacia
a comprare cosmetici, per esempio.
E come considera i farmacisti?
Gente molto preparata, capace, alla quale ti puoi rivolgere per qualsiasi consiglio.
A Jesi, almeno, capita così.