settembre musica
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Rai Radiotelevisione Italiana Sede Regionale per il Piemonte Città di Torino Assessorato per la Cultura sabato 30 agosto 1986, ore 21 San Filippo Orchestra Sinfonica e Coro della Rai di Torino Emil Tchakarov, direttore Tiziana Tramonti, soprano Benedetta Pecchioli, mezzosoprano Aldo Bertolo, tenore Simone Alaimo, basso Mino Bordignon, maestro del coro SETTEMBRE MUSICA La formazione dell'Orchestra Sinfonica della Rai di Torino risale agli inizi dell'attività radiofonica in Italia, precisamente al 1931, e venne ottenuta con la fusione di due orchestre già esistenti integrate da nuovi elementi. Alla sua guida, nella carica di direttore stabile si sono succeduti nell'ordine: Arrigo Pedrollo, Attilio Parelli, Ugo Tansini, Alberto Erede, A r m a n d o La Rosa Parodi, Mario Rossi, Fulvio Vernizzi e Piero Bellugi. Il Coro della Rai di Torino, affiancatosi all'Orchestra Sinfonica, ha esordito nella stagione 1932-33 con la "Messa da R e q u i e m " di Verdi, diretta da Antonio Guarnieri. H a spesso partecipato a esecuzioni di grande impegno e ha ottenuto lusinghieri riconoscimenti come il Viotti d ' O r o nel 1973. Si esibisce tanto congiuntamente all'Orchestra che in formazione a cappella, sia ne! repertorio antico che in quello moderno. Dal 1976 al 1980 la direzione artistica dei complessi è stata a f f i d a t a a R o m a n Vlad; dall'ottobre 1982 a Giorgio Pestelli, cui è succeduto da quest'anno Mario Messinis. Emil Tchakarov è nato in Bulgaria nel 1948 e ha compiuto i suoi studi alla scuola di musica e al conservatorio di Sofia. Dal 1966 gli è stata a f f i d a t a la direzione dell'Orchestra da Camera della Televisione Bulgara. Nel 1971, dopo numerosi altri premi, ha vinto il Concorso Internazionale per direttori d'orchestra della Fondazione von Karajan di Berlino, e nel 1972 è diventato allievo e assistente del'grande direttore. Nel 1974 è stato nominato direttore stabile dell'Orchestra Filarmonica Nazionale di Plovdiv in Bulgaria. Ha diretto i Berliner Philharmoniker, la Filarmonica di Leningrado, l'Orchestra della Suisse Romande, la Filarmonica d'Israele e altri importanti complessi europei ed americani; è stato invitato al Festival di Salisburgo, al Covent Garden e al Metropolitan. Franz Liszt (1811 - 1886) Missa solemnis (Graner Festmesse) per soli, coro e orchestra Kyrie Gloria Credo Sanctus Benedictus Agnus Dei Franz Liszt Missa solemnis (Graner Festmesse) Una vasta parte della produzione lisztiana è permeata di uno spirito religioso (vastamente inteso), i cui presupposti ideologici risalgono agli anni del soggiorno parigino del compositore: in quel periodo, tra il 1830 e il 1838, Liszt conobbe Hugues-Félicité-Robert de Lamennais, sostenitore di un cattolicesimo liberale che proponeva libertà religiosa e separazione della Chiesa dallo Stato, mirando ad un rinnovamento della società attraverso la fede cristiana, indipendentemente dalla Chiesa ufficiale, troppo legata al potere politico, ma confidando nell'aiuto di Dio. Nel 1834, dopo la lettura di Paroles d'un croyant di Lamennais, Liszt si recò per qualche tempo nella residenza di campagna del filosofo (meta di tanti suoi sostenitori fra i quali Lamartine, Hugo, Vigny, Sainte-Beuve) e sotto l'influenza diretta di questi scrisse un breve saggio dal titolo "Sulla musica religiosa dell'avvenire". Il termine "religiosa" è qui da intendersi in una vasta accezione, indicando non tanto la musica da chiesa in senso stretto, quanto piuttosto una "musica umanitaria" che scaturisce dallo spirito stesso dei popoli, religioso per sua intrinseca natura. "Quando le cerimonie dei culto - scrive Liszt - esprìmevano e soddisfacevano insieme la fede, i bisogni e le propensioni dei popoli, quando gli uomini e le donne cercavano e trovavano in chiesa un altare per inginocchiarsi, un pulpito per nutrire il loro spirito e uno spettacolo che ricreava ed esaltava santamente i loro sensi, la musica religiosa poteva rinchiudersi nella cinta misteriosa e accontentarsi di servire d'accompagnamento alle magnificenze della liturgia cattolica. Oggi, quando l'altare trema e vacilla, oggi, quando il pulpito e te cerimonie religiose sono diventati motivo di dubbio e dì ironia, bisogna necessariamente che l'arte esca dai tempio, che s'estenda e compia al di fuori le sue vaste evoluzioni. Come un tempo e ancor più la musica deve occuparsi del popolo e di Dio, andare dall'uno all'altro, migliorare, moralizzare, consolare l'uomo, benedire e glorificare Dio. Ora, per far ciò è imminente la creazione di una musica nuova, essenzialmente religiosa, forte e attiva; questa musica, che in mancanza d'altro nome chiameremo "umanitaria", riassumerà in proporzioni colossali il Teatro e la Chiesa. Essa sarà contemporaneamente drammatica e sacra, solenne e semplice, sentimentale e grave, ardente e sfrenata, tempestosa e calma, serena e tenera". "> Precursori di questa nuova musica non sono per Liszt gli esempi della produzione liturgica del passato, bensi gli inni nazionali e i canti rivoluzionari (l'esempio citato, emblema- tico, è quello della Marsigliese), in quanto voci di quel popolo che, secondo le teorie di Lamennais, si sarebbe riscattato in virtù della sua stessa fede cristiana. In questo modo Liszt si collocava al di fuori del Cecilianesimo, il movimento di riforma della musica sacra che mirava ad una purificazione del repertorio liturgico attraverso la rivalutazione della polifonia cinquecentesca (in particolar modo di Palestrina) e del canto gregoriano: questo si configurava, nella sua generalità, come un movimento di restaurazione e agli occhi dei "ceciliani" Liszt risultava, a ragione, un "modernista". D'altra parte, mentre i "ceciliani" esaltavano Palestrina come espressione più elevata del sacro musicale, Liszt lo accostava a Lasso, a Bach e a Beethoven, i n d i p e n d e n t e m e n t e dall'appartenenza al cattolicesimo o al protestantesimo. Dopo il saggio Sulla musica religiosa dell'avvenire del 1834 Liszt non scriverà più nulla di organico sull'argomento ma vi ritornerà innumerevoli volte nel corso di lettere, altri scritti e conversazioni. Sempre più, nel corso degli anni, egli farà sua l'idea romantica di un'identità originaria tra musica e rito religioso, che percorre tutto l'Ottocento, soprattutto tedesco, da Herder a Wagner, e sancisce ia superiorità della musica sacra su tutte le altre arti. La musica stessa, scrive in una lettera del 1865, "è essenzialmente religiosa e, come l'anima umana, naturalmente cristiana. E poiché s'unisce alla parola, quale più legittimo impiego delle sue energie che cantare l'uomo e Dio e di servire così da punto d'incontro fra i due mondi, il finito e l'infinito? Una tale prerogativa le appartiene, poiché essa partecipa dell'uno e dell'altro. " Gli anni tra il 1855 e il 1868 (in concomitanza con il maturare della decisione di prendere gli ordini minori), vedono la nascita dei lavori lisztiani di maggior impegno in campo religioso, liturgico e no. Sono i due grandi oratori Christus e La leggenda di Santa Elisabetta, la Missa solemnis, la Missa choralis, la Messa per l'incoronazione ungherese, il Requiem, oltre ad una folta produzione di brani di minori dimensioni. La Missa solemnis venne scritta nel 1855 per la consacrazione della basilica di Gran nel territorio di Esztergom (attualmente in Ungheria, al confine con la Cecoslovacchia). Era stata commissionata a Liszt dal cardinale primate d'Ungheria e Liszt l'aveva composta in poche settimane con entusiasmo e devozione: "Vi ho pregato più che lavorato" scrisse a Wagner al termine della stesura. Purtroppo il cardinale inizialmente la respinse, sostenendo che la cerimonia della consacrazione di per sé sarebbe durata quattro ore e le dimensioni della messa lisztiana gli parevano inopportune. Liszt propose allora di ridurre la partitura ma per molto tempo non ottenne risposta: il cardinale, in realtà, era spaventato non tanto dalle dimensioni del lavoro quanto da quei caratteri che ai puristi parevano "modernisti" e che avrebbero potuto esporlo alle critiche delie autorità ecclesiastiche. Solo dopo alterne vicende e grazie all'intervento di personaggi influenti amici del compositore, la messa potè essere eseguita nella basilica di Gran, sotto la direzione dello stesso Liszt, durante la cerimonia del 31 agosto 1856, accolta entusiasticamente da buona parte dei presenti ma aspramente criticata da altri. Si tratta di un'opera grandiosa, talvolta eccessiva, la cui costruzione trova i suoi modelli più nel poema sinfonico che nella tradizione liturgica. Invano si cercherebbero in questa partitura quelle distribuzioni vocali, quelle alternanze di polifonia e omofonia sancite da una tradizione che invece lo stesso Bruckner, o Dvorak, tendono a recuperare. È l'orchestra che, similmente a tante pagine wagneriane, sostiene la parte musicalmente più significativa; la strumentazione gioca un ruolo predominante. Nelle parti vocali la scelta cade quasi sempre sulla declamazione, sui grandi blocchi corali, su possenti unisoni: la staticità vocale contrasta con il continuo, mutevole e complesso movimento dell'orchestra. Le sei sezioni liturgiche sono trattate in modo libero e sarebbe difficile all'interno di ciascuna di esse individuare delle scelte formali aprioristiche. L'unitarietà della composizione è assicurata dai collegamenti tra i motivi principali: in particolare il tema del Christe acquista la funzione di un leitmotiv che ritorna in tutte le sezioni. Nell'Agnus Dei vengono riproposti i motivi principali dell'intera opera: spicca su tutti il ritorno del tema strumentale con cui si apriva il Kyrie, sul quale si svolge ora l'Amen conclusivo. Rosy Moffa (1 ) Le traduzioni delle citazioni di Liszt, qui come più avanti, sono di Rossana Da/monte. leggere di musica Dopo un periodo di lungo silenzio, te monografie inglesi e francesi su Liszt, uscite negli anni '70, hanno forse stimolato l'editoria italiana a colmare to stato lacunoso detta propria bibliografia sull'autore. Ci riferiamo non solo atta pubblicazione, nel 1979, delle "Divagazioni di un musicista romantico" (1), ma soprattutto al volume di Rossana Datmonte (2), primo studio monografico tisztiano detta letteratura musicale del nostro paese. L'autrice, studiosa e specialista di tutte le forme di poesia per musica, ci propone una guida esauriente alla vita e alle opere del compositore (scelte entro una produzione sconfinata ed inquadrata entro problematiche critiche diverse), corredata di testi di Lieder, opere corali, melologhi, oratori e persino dei "programmi" delle opere sinfoniche. I volumi dell'Einstein (3) e di Di Benedetto (4) costituiscono due validi punti di riferimento per un inquadramento storico-artistico più ampio della personalità del compositore; l'epistolario Liszt - Wagner (5) permette di addentrarci entro un caso spinoso della biografia lisztiana, mentre la recente traduzione in inglese de! lavoro di Legàny (6) offre una documentazione più approfondita degli anni a Budapest tra il 1869 e il 1873. Laura Cosso (1) F. LISZT, Divagazioni di un musicista romantico, Roma, Salerno editrice 1979 (2) R. DALMONTE, Franz Liszt. La vita, l'opera, i testi musicati, Milano, Feltrinelli 1983 (3) A. EINSTEIN, La musica nel periodo romantico, Firenze, Sansoni 1978 (4) R. DI BENEDETTO, L'Ottocento I, Torino, EDT 1982 (5) R. WAGNER, F. LISZT, Epistolario (2 volumi), Firenze, Passigli 1983 (6) D. LEGÀNY, Ferencz Liszt and His Country 1869-73, Budapest, Corvina Kiadó 1983 La maggior parte dei testi indicati può essere consultata presso la Civica Biblioteca Musicale "Andrea Della Corte" - Villa Tesoriera - corso Francia, 192 Stampa: Tip. Artale s.n.c.