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Università degli studi di Genova Fac oltà d i Giur isprud e nza Corso di Laurea in Scienze Giuridiche Tesi di Laurea in Diritto Commerciale Comunitario Concorrenza fra ordinamenti societari alla luce della libertà di stabilimento: - Private limited companies - Società a responsabilità limitata Relatore:Chiar.mo Prof. Guido Sideri Candidato:Filippo Chiodini Anno Accademico 2004-2005 1 In memoria del Prof. Marco Cassottana 2 Indice: Introduzione 1 Il diritto di stabilimento delle persone giuridiche 1.1 Il diritto di stabilimento. In generale 1.2 Il diritto di stabilimento primario. Il caso Daily Mail. 1.3 Il diritto di stabilimento secondario. Il caso Centros 1.4 Verso il superamento di tale distinzione. Il caso Ueberseering. 1.5 Ulteriori sviluppi. Il caso Inspire Art 1.6 Il mutuo riconoscimento delle società e il criterio di collegamento 1.7 (segue) Il criterio della sede legale e quello della sede effettiva 1.8 Il criterio di collegamento in Italia 2 La private limited company 2.1 Le private companies in generale. Residualità e caratteri distintivi rispetto alle public companies 2.2 La costituzione della private company. Promozione, formazione e registrazione 2.3 L’atto costitutivo e lo statuto 2.4 Assemblea e decisioni dei soci 2.5 Amministrazione e controlli 3 2.6 Il capitale sociale 2.7 (segue) Le operazioni della società sul capitale 2.8 I conferimenti e le quote di capitale 2.9 Gli oneri pubblicitari e di bilancio 3 La società a responsabilità limitata 3.1 La s.r.l. in generale. I caratteri distintivi 3.2 La fattispecie costitutiva. Il procedimento 3.3 (segue) L’atto costitutivo. La società unipersonale 3.4 I conferimenti 3.5 (segue) Il finanziamento dei soci. L’emissione di titoli di debito 3.6 Le quote di partecipazione sociale 3.7 Il recesso e l’esclusione del socio 3.8 L’amministrazione e la rappresentanza della società 3.9 Il controllo sulla gestione e le azioni di responsabilità 3.10 I libri sociali obbligatori. Il bilancio e la ripartizione degli utili 3.11 Le decisioni dei soci e l’assemblea 3.12 Le modificazioni dell’atto costitutivo 3.13 (segue) L’aumento e la riduzione del capitale sociale 4 Conclusioni sulla concorrenza fra ordinamenti societari 4.1 Ipotesi di concorrenza fra società a responsabilità limitata e private company in Italia. Profili internazionalprivatistici. 4.2 (segue) Profili sostanziali. I due modelli a confronto 4.3 Fra armonizzazione e concorrenza dei modelli societari: entusiasmo e diffidenza 4 Introduzione Questa tesi vuole essere il tentativo di delineare il quadro di un fenomeno creato dalle più recenti pronunce della Corte di Giustizia Europea in tema di libertà di stabilimento delle persone giuridiche: la concorrenza fra ordinamenti societari. In quest’ottica si procede, inoltre, ad un confronto fra due modelli di società appartenenti ad ordinamenti diversi, al fine di studiarne le concrete ipotesi di concorrenza. Si è scelto di accostare la private limited company, di diritto inglese, alla società a responsabilità limitata italiana. I due tipi di società, infatti, appartengono a modelli societari che, seppur presentano, come si vedrà in seguito, alcune rilevanti caratteristiche comuni, non sono ancora del tutto armonizzati a livello europeo, con la conseguenza che si possono scorgere rilevanti aspetti che, contribuendo a differenziare le relative discipline, rendono interessante un’ipotesi di concorrenza. Nel primo capitolo si illustra l’evoluzione che il concetto di libertà di stabilimento delle persone giuridiche ha subito in questi ultimi anni, dando conto del percorso segnato dalle pronunce della Corte di Giustizia Europea. 5 Segue, nel secondo e nel terzo capitolo, l’analisi degli istituti, rispettivamente di private limited company e s.r.l., al fine di meglio poter comprendere il confronto, in ottica concorrenziale, che si propone nel quarto capitolo, ove si coglierà l’occasione per svolgere qualche breve considerazione conclusiva sulla concorrenza. 6 1. Il diritto di stabilimento delle persone giuridiche Sommario: 1.1 Il diritto di stabilimento. In generale - 1.2 Il diritto di stabilimento primario. Il caso Daily Mail - 1.3 Il diritto di stabilimento secondario. Il caso Centros - 1.4 Verso il superamento di tale distinzione. Il caso Ueberseering - 1.5 Ulteriori sviluppi. Il caso Inspire Art - 1.6 Il mutuo riconoscimento delle società e il criterio di collegamento - 1.7 (segue) Il criterio della sede legale e quello della sede effettiva - 1.8 Il criterio di collegamento in Italia 1.1 Il diritto di stabilimento. In generale Il diritto di stabilimento, di fondamentale importanza nel processo di integrazione europea e nella creazione di un mercato unico comunitario, è disciplinato essenzialmente dagli articoli da 43 a 48 del Trattato1. È stato rilevato2 come il Trattato non si preoccupi di dare una definizione diretta del concetto di diritto di stabilimento. Essa può 1 Si noti come la numerazione degli articoli del Trattato sia cambiata, dal primo gennaio 1999, con l’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam. Gli articoli riguardanti il diritto di stabilimento erano, prima di tale modifica, quelli dal numero 52 al 58. 2 Vedi, fra gli altri, LOMBARDO, Libertà di stabilimento e mobilità delle società in Europa, in NGCC, 2005, II, 353. 7 tuttavia essere desunta dallo stesso articolo 43 che, al primo comma, stabilisce il divieto per gli stati membri di restringere, sul proprio territorio, la libertà di stabilimento dei cittadini di un altro stato membro, con particolare riferimento all’apertura di agenzie, succursali o filiali. Segue, nel secondo comma, una qualificazione di tale libertà che comporta l’ “accesso ad attività non salariate e al loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese e in particolare di società ai sensi dell’articolo 48”3. Si può pertanto affermare che il diritto di stabilimento riguardi qualsiasi attività economica4, purché sia svolta in regime di non subordinazione, aspetto che distingue la libertà di stabilimento dalla libera circolazione dei lavoratori, e abbia, a differenza della libera prestazione di servizi, carattere non episodico e occasionale5. L’articolo in questione, nel garantire il diritto di stabilimento, si riferisce espressamente ai cittadini degli stati membri e risulta pertanto applicabile alle persone fisiche. Ad estenderne l’efficacia alle persone 3 Così all’articolo 43, secondo comma, del Trattato. 4 Cfr. amplius TESAURO, Diritto comunitario, terza edizione, 2003, Padova, CEDAM, 495, che precisa come lo stabilimento, inteso in senso economico non salariato, ne restringa necessariamente la nozione tradizionale, escludendo la rilevanza, ai fini della libertà comunitaria, della permanenza del cittadino di uno stato comunitario in un altro stato membro, che non sia qualificata dal necessario esercizio di attività economica. 5 CASSOTTANA, NUZZO, Lezioni di diritto commerciale comunitario, 2002, Torino, Giappichelli Editore, 13. 8 giuridiche provvede l’articolo 48, che equipara “le società costituite conformemente alla legislazione di uno Stato membro e aventi la sede sociale, l’amministrazione centrale o il centro di attività principale all’interno della Comunità, [...] alle persone fisiche aventi la cittadinanza degli stati membri”6. Segue, al secondo comma, una definizione estensiva di società7, funzionale all’equiparazione con le persone fisiche. Ai fini della norma si considerano tali “le società di diritto civile e commerciale, ivi comprese le società cooperative, e le altre persone giuridiche contemplate dal diritto pubblico o privato, ad eccezione delle società che non si prefiggono scopo di lucro”8. Ne deriva quindi che l’ambito soggettivo di applicazione della libertà di stabilimento, in forza del combinato disposto degli articoli 43 e 48 del Trattato, comprende persone fisiche, che devono avere il requisito della cittadinanza di uno Stato membro e le persone giuridiche, per le quali è richiesto uno dei criteri di collegamento con uno stato comunitario previsti dal primo comma dell’articolo 48. 6 Così all’articolo 48, primo comma, del Trattato. 7 È stato rilevato da TESAURO, (nt. 4), 496, in nota, che la nozione di società fornita dal Trattato, nella lettura della Corte di Giustizia, coincida sostanzialmente con la stessa nozione di impresa, per la cui definizione si vedano: TESAURO, (nt. 4), 603 e ss; CASSOTTANA, NUZZO, (nt. 5), 181 e ss. 8 Così al secondo comma dell’articolo 48 del Trattato. 9 Per quanto riguarda il riconoscimento della cittadinanza, vale il principio secondo il quale la sua attribuzione legittima da parte di uno Stato membro non può essere disconosciuta da un altro Stato membro o vanificata con l’imposizione di ulteriori requisiti9, e ne consegue automaticamente la “Cittadinanza dell’unione”, istituita dall’articolo 17 del Trattato. Con riferimento alle persone giuridiche la questione del criterio di collegamento, tuttora aperta, presenta alcuni aspetti di cui occorre dare conto. Senza anticipare la trattazione del problema che si affronterà, seppur brevemente, in seguito, basti qui rilevare come esistano, tradizionalmente, due tipi di criterio di collegamento delle società all’ordinamento statale di appartenenza: il criterio della sede legale o incorporation theory, tipicamente anglosassone, che collega la società all’ordinamento dove è incorporata la sede statutaria, a prescindere da dove si trovino amministrazione centrale e centro di attività principale; e criterio della sede effettiva o reale o Sitztheorie, di area germanica, che subordina la nazionalità all’esistenza nello Stato membro della sede amministrativa o dell’oggetto dell’attività societaria principale,10. 9 TESAURO, (nt. 4), 496. 10 Di cui, peraltro, si è dubitata la conformità al combinato disposto degli articoli 43 e 48, in quanto suscettibile di negare il riconoscimento stesso ad una società che, costituita in uno Stato che adotta 10 A prescindere dai problemi applicativi dovuti al conflitto fra diversi criteri di collegamento, è fatto salvo il principio secondo il quale dal divieto di restrizioni alla libertà di stabilimento, sancito dal primo comma dell’articolo 43, discenda, in virtù della precisazione di cui al secondo comma, un obbligo di trattamento non discriminatorio dei cittadini e delle società di altri Stati membri che esercitino il diritto di stabilimento. Questo principio del trattamento nazionale (Innlaendergleichbehandlung), che vieta ogni discriminazione fondata sulla nazionalità (Discriminierungsverbot), riprende quanto previsto già all’articolo 12 del Trattato, che si configurava inizialmente come un mero obbligo di standstill, in base al quale era vietato agli Stati membri di introdurre nuove restrizioni alla libertà di stabilimento effettivamente raggiunta al momento dell’entrata in vigore del Trattato11. Dall’obbligo di standstill si passa successivamente al divieto di discriminazione indiretta12 fino all’affermazione, con la più la teoria dell’incorporazione, trasferisca la propria sede amministrativa o l’attività principale in uno Stato che preveda il criterio della sede reale. Una simile conclusione finirebbe per negare di fatto la libertà di stabilimento. In questo senso, amplius: MUCCIARELLI, Libertà di stabilimento e concorrenza fra ordinamenti societari, in Giur. Comm. 2000, II, 566; LOMBARDO, (nt. 2), 358. Dello stesso avviso, più succintamente CASSOTTANA, NUZZO, (nt. 5), 18. Per un approccio comparatistico all’argomento: WYMEERSCH, Il trasferimento di sede della società nel diritto societario europeo, in Riv. Soc., 2003, 723 e ss. 11 TESAURO, (nt. 4), 504. 12 Per un maggior approfondimento si veda TESAURO, (nt. 4), 508 e ss. 11 recente giurisprudenza della Corte di Giustizia13, di un vero e proprio divieto di restrizioni alla libertà di stabilimento (Beschraenkungsverbot), sia nei confronti dei cittadini degli altri Stati, sia dei propri cittadini14. Con riferimento all’ambito oggettivo di applicazione del diritto di stabilimento, fermo restando il carattere economico, non salariato e non episodico dell’attività esercitata, si usa distinguere, in base al dettato dell’articolo 43 del Trattato, il trasferimento completo o principale dell’attività da uno Stato membro ad un altro, denominato diritto di stabilimento primario, dall’apertura di agenzie, succursali o filiali , per l’esercizio di attività in un altro Stato comunitario, definita diritto di stabilimento secondario. Anche su questa distinzione si tornerà nel corso dei paragrafi seguenti. Per concludere sul diritto di stabilimento in generale, un ultimo cenno alle limitazioni ammesse dal Trattato all’esercizio di tale diritto. La prima rilevante eccezione al beneficio della libertà di stabilimento è 13 Si vedano, in ordine cronologico e secondo un evidente iter argomentativo, le sentenze Commissione c. Francia, C- 270/83; Segers, C-79/85; Daily Mail, C-81/87; Centros, C-212/97; Ueberseering, C-208/00; Inspire Art, C-167/01, in http://europa.eu.int. 14 Si vedano, fra gli altri: EIDENMUELLER, REHM, Niederlassungsfreiheit versus Schutz des inlaendischen Rechtsverkehrs: Konturen des Europaeischen Gesellschafftsrechts, in ZGR, 2004, 162; LOMBARDO, (nt. 2), 357; MECHELLI, Libertà di stabilimento per le società comunitarie e diritto societario dell’Unione Europea, in Riv. Soc., 2003, 110; nello stesso senso MUNARI – 12 prevista dal Trattato all’articolo 45 con riguardo alle attività che nello Stato ospite “partecipino, sia pure occasionalmente, all’esercizio dei pubblici poteri”15. Norma che tuttavia ha avuto un’applicazione molto prudente da parte della Corte che ha sempre interpretato il requisito della partecipazione all’esercizio di pubblici poteri in senso restrittivo16. Un’ altra ipotesi nella quale è ammessa in via eccezionale l’applicazione, da parte di Stati membri, di norme che fissino un regime particolare per gli stranieri, è contenuta nell’articolo 46 che stabilisce che esse debbano essere giustificate da “motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica”17. Proprio per il carattere di eccezionalità che contraddistingue l’ammissibilità di queste disposizioni, l’elenco delle cause che la giustificano è da considerarsi tassativo. TERRILE, The Centros case and the rise of an EC Market for Corporate Law, in CEDIF, www.cedif.org, WP, 4-2001, 4. 15 Così all’articolo 45, primo comma, del Trattato. 16 Per un approfondimento e per riferimenti specifici alla giurisprudenza della Corte di Giustizia: TESAURO, (nt. 4), 498. 17 Articolo 46, primo comma, del Trattato. 13 1.2 Il diritto di stabilimento primario. Il caso “Daily Mail” Come si è visto nel precedente paragrafo, la libertà di stabilimento, come disciplinata dall’articolo 43, riguarda l’ “accesso alle attività non salariate e al loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione d’imprese e in particolare di società”18 e “l’apertura di agenzie, succursali o filiali, da parte dei cittadini di uno Stato membro”19. Si tratta, pertanto di due ipotesi distinte, riguardando la prima l’esercizio di un’attività economicamente rilevante in uno Stato membro diverso da quello di origine, e la seconda l’apertura, in un altro Paese comunitario, di un centro secondario di attività. Nel primo caso si avrà quello che si definisce diritto di stabilimento primario, che integra le ipotesi di creazione o trasferimento in uno Stato membro diverso del centro di attività professionale ed economica o, in forza dell’articolo 48, della sede di una società. Se con riferimento alle persone fisiche il diritto in questione è pacificamente riconosciuto e si può dire assurto ormai a principio fondamentale del sistema comunitario e in particolare del mercato 18 Articolo 43, primo comma, del Trattato. 19 Articolo 43, secondo comma, del Trattato. 14 comune20, occorre rilevare come le persone giuridiche, sebbene formalmente equiparate, dall’articolo 48, alle persone fisiche, subiscano ancora oggi, sostanzialmente deteriore21. rispetto a queste, un trattamento Ciò avviene, in particolare, perché il diritto di stabilimento degli enti corporativi subisce tuttora forti condizionamenti dalla legge nazionale applicabile all’ente. Il legislatore comunitario da un lato non si cura di regolare gli aspetti internazionalprivatistici dei possibili criteri di collegamento, dall’altro non sembra, ad oggi, essere giunto a significativi risultati nel processo di armonizzazione del diritto materiale, di cui all’articolo 44. Il diritto di stabilimento primario, tuttavia, presupporrebbe la libertà di una società, ai sensi dell’articolo 48, di trasferire la propria attività in uno Stato membro diverso da quello di origine mantenendo invariate personalità giuridica e lex societatis. In proposito lo stesso Trattato, all’articolo 293, prescrive che fra gli Stati membri intervengano negoziati e intese volte colmare, “per quanto occorra”22, le apparenti lacune normative lasciate dal combinato disposto degli articoli 43 e 20 In questo senso si veda per tutti: TESAURO, (nt.4), 500. 21 CASSOTTANA, NUZZO, (nt. 5), 14. 22 Così all’aricolo 293 (già 220) del Trattato. 15 48. L’assenza di tali intese e accordi23 fu proprio l’argomento che, nella sentenza Daily Mail24, tradizionalmente considerata leading case in materia di libertà di stabilimento primario, portò la Corte sostanzialmente a negarla. In quel caso la questione pregiudiziale posta all’attenzione della Corte, ai sensi dell’articolo 234 del Trattato25, riguardava la compatibilità con gli articoli 43 e 48 del Trattato di una norma inglese che, facendo dipendere la residenza fiscale delle società commerciali dalla localizzazione all’interno del Regno Unito della direzione o amministrazione centrale dell’ente, ne subordinava il trasferimento ad un’autorizzazione del Tesoro, in quel caso non concessa. La Corte nell’occasione negava che il Trattato conferisse alle società costituite in accordo con la legislazione di uno Stato comunitario il diritto di trasferire la propria sede principale in altro Stato membro, mantenendo la qualità di società dello Stato secondo la cui legislazione erano state costituite. Ciò argomentando che, “diversamente dalle persone fisiche, le società sono enti creati da un 23 L’unica convenzione sul reciproco riconoscimento delle società e persone giuridiche fu firmata a Bruxelles il 29.02.1968 e non entrò in vigore perchè non fu ratificata dai Paesi Bassi. Per un approfondimento a riguardo, si veda: BALLARINO, Sulla mobilità delle società nella Comunità Europea. Da Daily Mail a Ueberseering: norme imperative, norme di conflitto e libertà comunitarie, in Riv. Soc., 2003, 670 e ss. 24 Sentenza della Corte del 27.09.88, C-81/87, in Raccolta 1988, 5483. 16 ordinamento giuridico e, allo stato attuale del diritto comunitario, da un ordinamento giuridico nazionale”26. Infatti, le norme relative al criterio di connessione con detto ordinamento e l’eventuale trasferimento (e quindi la modifica di tale connessione) non rientrano in quelle comunitarie sulla libertà di stabilimento, ma sono lasciate alle normative interne degli Stati membri o eventualmente ad iniziative legislative o pattizie, di cui all’articolo 293, per altro mai entrate i vigore27. La decisione fu criticata da una parte di dottrina soprattutto perché, dopo l’affermazione dell’efficacia diretta degli art. 43 e 48 TCE28, la Corte pare confondere, o almeno separare in maniera poco decisa, gli aspetti di diritto materiale, e in particolare fiscale, da quelli di diritto internazionale privato. Da quest’ultimo punto di vista, la controversia non presentava problemi inerenti al riconoscimento reciproco o ai criteri di collegamento della società, adottando entrambi gli ordinamenti in questione, quello inglese come quello olandese, il criterio della sede legale. Pertanto, anziché perdersi in obiter dicta, invocando la mancanza dei negoziati e degli accordi interstatali di cui 25 Già articolo 177, nella vecchia numerazione, di cui nella sentenza. 26 Punto 19 della sentenza. 27 Punto 21 della sentenza. 28 Punto 12 della sentenza. 17 all’articolo 293, riguardanti la risoluzione di un conflitto fra norme di collegamento, che nel caso non aveva alcuna conseguenza29, proprio in forza dell’efficacia diretta dell’articolo 43 la Corte avrebbe potuto garantire il trasferimento effettivo della sede sul piano internazionalprivatistico, quale manifestazione della libertà di stabilimento primaria30. 1.3 Il diritto di stabilimento secondario. Il caso Centros Come si è anticipato la libertà di stabilimento può anche consistere nell’apertura, in uno Stato membro diverso da quello di provenienza, di “agenzie, succursali o filiali”, come recita testualmente il secondo periodo del primo comma dell’articolo 43. Tale esercizio di attività economica si distingue, pertanto, per essere accessorio rispetto ad un centro di attività principale che resta situato nello Stato d’origine; il corrispondente diritto di stabilimento viene per questo motivo 29 In questo senso BALLARINO, (nt. 23), 674. 30 LOMBARDO, (nt. 2), 360. In argomento anche WYMEERSCH, (nt. 10), 743, che fa notare come, da un lato la proibizione di emigrare non pare poter essere giustificata da motivi fiscali, potendo i debiti fiscali essere recuperati anche negli altri ordinamenti dell’Unione Europea; dall’altro, in virtù dalle teoria dell’incorporazione seguita dal Regno Unito, non si trattava di un 18 chiamato “secondario”31. È stato notato, come la lista dell’articolo 43 non debba ritenersi completa, riferendosi essa a titolo esemplificativo alle “agenzie” e alle “succursali”, come ad ogni altra struttura preposta all’esercizio organizzato e non occasionale di attività economica32 senza personalità giuridica, quali semplici uffici dotati di potere di rappresentanza33. Le “filiali”, per contro, sono da considerarsi le società figlie costituite secondo la legge del Paese ospite e, pertanto, munite di personalità giuridica34. In merito al diritto di stabilimento secondario, la Corte di Giustizia si è sempre pronunciata nel senso di condannare le pratiche discriminatorie poste in essere dagli Stati membri che avessero lo scopo di ostacolare il pieno esercizio di tale diritto. In tal senso furono sanzionati casi di discriminazione diretta, basata immediatamente caso di trasferimento di sede con cambiamento di regime giuridico applicabile e non coinvolgeva in quanto tale la liberà di stabilimento. 31 È appena il caso di rilevare come il requisito dell’accessorietà del centro di attività trasferito ad una sede principale operante nello Stato di origine, che connotava la libertà di stabilimento secondaria, sia stato largamente superato dalla giurisprudenza della Corte, che non intravede un ostacolo all’esercizio di tale libertà nel fatto che l’attività principale venga svolta esclusivamente presso la sede secondaria. Cfr. sentenze Segers, C-79/85; Centros, C-212/97; Inspire Art, C167/01, (nt. 13), per un approfondimento, fra gli altri:LOMBARDO, (nt. 2), 354; TESAURO, (nt. 4), 501. 32 CASSOTTANA, NUZZO, (nt. 5), 15. 33 Secondo LOMBARDO, (nt. 2), 354, in nota, i concetti di succursale o filiale sarebbero piuttosto da intendersi con riferimento agli imprenditori individuali. 34 TESAURO, (nt. 4), 502. 19 sulla nazionalità35, e casi di discriminazione indiretta che, pur non vertendo direttamente su requisiti legati alla nazionalità, impedivano o rendevano eccessivamente oneroso per le persone giuridiche straniere lo stabilimento di succursali o filiali. Diverse e molteplici sono state le occasioni in cui la Corte ha avuto modo di pronunciarsi per sanzionare casi ritenuti indirettamente discriminatori36. Tuttavia, per unanime riconoscimento, quello che in particolare segna una svolta nel campo della libertà di stabilimento è stato il caso Centros37, del quale si espongono ora gli aspetti salienti. La società di diritto inglese Centros Ltd, costituita in Regno Unito da due coniugi danesi, chiedeva la registrazione di una propria succursale in Danimarca. L’ufficio danese competente rifiutava la registrazione sostenendo che Centros, non esercitando alcun tipo di attività in 35 Si veda la sentenza Commissione c. Francia, C-270/83, in Raccolta, 285 e ss., in cui la Corte dichiarò la Francia inadempiente agli obblighi derivanti dal Trattato, per essersi rifiutata di estendere alle succursali ed agenzie di società straniere i benefici fiscali che il governo riconosceva alle società costituite in Francia. Per una pronuncia più recente, nello stesso senso, si veda Commissione c. Regno di Spagna, C114/97, in Raccolta, 1998, I-6717, dove è stata dichiarata incompatibile con il Trattato una legge spagnola che consentiva la concessione delle autorizzazioni necessarie per l’esercizio dell’attività di impresa solo a società finanziarie costituite in Spagna e con uno staff di nazionalità spagnola. 36 Si veda, fra altri, il caso Segers, C-79/85, in Raccolta, 1984, 2375 e ss., in cui le autorità olandesi rifiutavano l’accesso al regime di assicurazione-malattia al cittadino olandese, amministratore di una società limited inglese costituita al solo scopo di essere titolare di tutte le quote della società figlia costituita nei Paesi Bassi, argomentando che questo dovesse essere garantito solo agli amministratori di società olandesi. 37 Sentenza C-212/ 97, in Raccolta, 1999, I-01459. 20 Regno Unito, intendesse in realtà costituire in Danimarca non una sede succursale bensì una sede principale, eludendo in tal modo le norme nazionali più severe di quelle inglesi in tema di liberazione di un capitale sociale minimo38. La Corte Suprema danese ha investito la Corte di Giustizia della questione pregiudiziale circa la compatibilità di tale rifiuto con il combinato disposto degli articoli 43 e 48 e con l’articolo 46 del Trattato. La sentenza afferma, in primo luogo, che una società costituita secondo il diritto di uno Stato membro nel quale ha la sua sede formale che desideri creare una succursale in un altro Stato membro rientra nell’ambito di applicazione delle norme del trattato, a nulla rilevando che la società sia stata costituita nel primo stato al solo scopo di svolgere la propria intera attività nel secondo39. Viene quindi rigettata la tesi del governo danese secondo cui la fattispecie in esame avrebbe configurato una situazione puramente interna alla Danimarca. La Corte inoltre stabilisce che il rifiuto di uno Stato membro di registrare la succursale di una società legittimamente costituita in altro Stato membro, dove questa risulta registrata, contrasta con il dettato degli articoli 43 e 48 a prescindere dal fatto che questa non svolga alcuna attività nello Stato di costituzione e che 38 Punto 7 della sentenza. 39 Punto 17 della sentenza. 21 la creazione della succursale sia finalizzata allo svolgimento dell’attività esclusivamente nello Stato ospitante, al mero scopo di svolgere detta attività secondo norme societarie meno restrittive. La Corte precisa che la scelta di cittadini di uno Stato membro di creare una società in un altro Stato membro le cui norme di diritto societario risultino meno severe, e di creare succursali in altri paesi non costituisce di per sé un abuso del diritto di stabilimento, anche nel caso in cui nessuna attività sia esercitata nello Stato di costituzione40. I giudici escludono poi che gli argomenti evocati dall’ufficio danese (essenzialmente esigenze di tutela dei creditori41) giustifichino ai sensi dell’art.46 TCE (che menziona motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza, sanità pubblica come giustificativi di restrizioni alla libertà di stabilimento), il diniego di registrazione. Secondo la stessa Corte inoltre, e in linea con una sua consolidata giurisprudenza, le misure limitative della libertà di stabilimento che gli Stati possono adottare dovrebbero in ogni caso soddisfare quattro condizioni: 1) devono applicarsi in modo non discriminatorio; 2) essere giustificate da motivi imperativi di interesse pubblico; 3) essere idonee a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e, 4) non andare oltre quanto 40 Punto 27 della sentenza. 41 Si vedano in merito i punti 32 e 33 della sentenza. 22 necessario per il raggiungimento di questo42. Nel caso di specie la misura del diniego della registrazione veniva considerata non rispondente a questi requisiti, innanzitutto perché il fatto che la Centros Ltd. esercitasse effettivamente in Gran Bretagna o meno era del tutto irrilevante per la tutela offerta ai creditori della società dal capitale minimo43. Qui la Corte sembra decretare l’inammissibilità dell’obbligo di capitale minimo dal punto di vista comunitario, aggiungendo che, in virtù dell’adozione in entrambi i Paesi della teoria dell’incorporazione, i creditori dovevano ritenersi sufficientemente tutelati dalla pubblicità prescritta dalla Quarta44 e dall’Undicesima Direttiva45. È stato notato a riguardo come con questa pronuncia, per la prima volta e contrariamente a quanto avvenuto in Daily Mail, si stabilisca che in caso di conflitto con una legge nazionale che preveda determinate condizioni (in questo caso il capitale minimo e il carattere secondario dello stabilimento) debba comunque prevalere il diritto comunitario di stabilimento a scapito della supposta imperatività della norma nazionale46. 42 Punto 34 della sentenza. 43 Punto 35 della sentenza. 44 Direttiva del Consiglio del 25 luglio 1978, 78/660/CEE. 45 Direttiva del Consiglio del 21 dicembre 1989, 89/666/CEE. 23 1.4 Verso il superamento di tale distinzione. Il caso Ueberseering Il caso Centros viene pacificamente ricondotto alla libertà di stabilimento secondario. Non si può negare, in effetti, che i coniugi Bryde avessero aperto in Danimarca una succursale della società Centros Ltd., legittimamente costituita nel Regno Unito. Abbiamo visto inoltre che, ai fini della qualificazione del diritto di stabilimento, poco importa che l’attività economica venga esercitata esclusivamente presso la succursale. Come anticipato47, già nella sentenza Segers la Corte fa venire meno il presupposto ulteriore, rispetto allo stabilimento primario, richiesto per il diritto di stabilimento secondario, che consiste nell’esistenza del concreto svolgimento di un’attività economica “primaria ed operativa” in altro Stato membro48. Così (ri)definito dalla Corte tuttavia, il concetto di diritto di stabilimento secondario pare avvicinarsi di molto a quello di stabilimento primario, almeno da un punto di vista sostanziale. Se formalmente la distinzione risulta ben chiara (lo stabilimento è secondario in quanto esercitato a mezzo di “agenzie, succursali o 46 In questo senso BALLARINO, (nt. 23), 678-679. 47 Si veda, supra, (nt. 31). 48 Così al punto 16 della sentenza Segers, (nt. 13). 24 filiali”49), nella sostanza l’attività esercitata risulta essere quella primaria, il cui oggetto principale è situato nello Stato di stabilimento. Nel caso Centros questo problema non si è posto; adottando sia il Regno Unito sia la Danimarca la teoria della sede legale o dell’incorporazione, non si è messa in discussione la valida costituzione di Centros Ltd. ai sensi della legge dello Stato ospite, né la natura secondaria del suo stabilimento in Danimarca50. La questione fu sollevata tuttavia quando il diritto di stabilimento fu esercitato da una società (costituita in un Paese che segue la teoria dell’incorporazione) in uno Stato che usa il criterio di collegamento della Sitztheorie o sede effettiva. Ciò avvenne nel caso Ueberseering51, di cui si riportano qui i fatti principali. La società di diritto olandese Ueberseering BV., avendo acquistato un’area situata in Germania, stipulava un contratto d’opera con la società tedesca Nordic Construction Company Baumanagement GmbH (in seguito NCC), per la ristrutturazione di un’autorimessa e di un motel costruiti su tale area. Rilevando la 49 Così all’articolo 43, primo comma, secondo periodo, del Trattato. 50 Anche se, per i motivi sopra addotti, non manca una parte di dottrina, non a caso di area tedesca, che ha intravisto in Centros un caso di diritto di stabilimento primario erroneamente qualificato e trattato dalla Corte come stabilimento secondario. Cfr.: LOMBARDO, (nt. 2), 362. 25 presenza di vizi nell’esecuzione dei lavori e non ottenendone la riparazione, conveniva l’altra parte innanzi al giudice tedesco per ottenere la condanna al pagamento delle spese di riparazione. Sia in primo grado che in appello il ricorso veniva respinto in quanto si riteneva che la Ueberseering non avesse la capacità giuridica e processuale in Germania. Questo perchè l’acquisizione della totalità delle quote della Ueberseering da parte di due cittadini tedeschi ne aveva causato il trasferimento della sede effettiva dai Paesi Bassi alla Germania. Solo una ricostituzione ai sensi del diritto tedesco avrebbe consentito il riconoscimento della capacità giuridica, e quindi processuale, in Germania. La Ueberseering proponeva pertanto ricorso al giudice di ultima istanza che sottoponeva alla Corte di Giustizia due questioni pregiudiziali52. La Corte, in linea con la precedente sentenza Centros, ritenne che la Germania, richiedendo la ricostituzione della società come presupposto per il 51 Sentenza Ueberseering BV c. Nordic Constuction Company Baumanagement GmbH, C-208/00, in Raccolta, 2002, I-09919; anche in Giur. It., 2003, 4, 703 e ss., con nota di COSCIA, La teoria della sede effettiva o Sitztheorie e la libertà di stabilimento societario. 52 Ai sensi dell’articolo 234 del Trattato il Bundesgerichtshof chiede alla Corte di Giustizia di accertare: 1) se gli articoli 43 e 48 TCE ostino a che sia in contrasto con il diritto di stabilimento il fatto che “la capacità giuridica e la capacità processuale di una società, validamente costituita secondo il diritto di uno stato membro, vengano valutate in base ai diversi criteri del diritto dello stato dove la detta società ha trasferito la propria sede amministrativa effettiva”; 2) “se la libertà di stabilimento implichi che capacità giuridica e processuale debbano essere valutate sulla base del 26 riconoscimento della capacità giuridica e processuale, configurasse una restrizione della libertà di stabilimento incompatibile con gli artt. 43 e 48 del Trattato. Il fatto che la sede effettiva sia stata trasferita e che non sia stata stipulata una convenzione tra gli Stati, prevista dall’articolo 293, non è considerato rilevante, avendo il suddetto articolo solo natura sussidiaria53. Appare altrettanto irrilevante che sia stato scelto di costituire una società in uno Stato con norme societarie più favorevoli, pur essendo tale società destinata ad operare prevalentemente od esclusivamente in altri Stati. Inoltre la Corte, pur astrattamente riconoscendone la possibilità, nega l’esistenza in concreto di giustificazioni ex art. 46 TCE e respinge gli argomenti portati dalla Germania (esigenza di garantire la certezza del diritto, tutela dei creditori) come costituenti ragioni imperative di ordine pubblico capaci di giustificare una restrizione della libertà di stabilimento. La Corte sembra interpretare la fattispecie in questione come un caso di trasferimento di sede effettiva o principale, da ricondurre diritto dello Stato dove la detta società è stata costituita”. (Il virgolettato si riferisce al punto 21 della sentenza.) 53 La natura sussidiaria dell’articolo 293 TCE viene desunta dall’inciso “per quanto occorra”, presente nello stesso articolo. In questo senso: LOMBARDO, La libertà comunitaria di stabilimento della società dopo il “caso Ueberseering”: tra armonizzazione e concorrenza fra ordinamenti, in CEDIF, www.cedif.org, WP, 1-2003, 5. 27 pertanto allo stabilimento primario54. Rispetto a quanto affermato in Daily Mail, espande la portata della libertà di stabilimento e supera la distinzione fra libertà di stabilimento primario, che nella precedente pronuncia sembrava non essere ancora riconoscibile “allo stato del diritto comunitario”55, e libertà di stabilimento secondario in forza dell’effetto diretto agli articoli 43 e 48 del Trattato. 1.5 Ulteriori sviluppi. Il caso Inspire Art56 Nella sua ultima pronuncia in tema di libertà di stabilimento la Corte consolida l’orientamento liberale affermato nelle sentenze precedenti. Il caso riguarda la società inglese Inspire Art, regolarmente costituita nel 2000 da una persona residente nei Paesi Bassi, al fine di esercitare ivi la propria attività economica esclusiva a mezzo di una succursale ad Amsterdam. In questo modo il socio unico intende eludere la normativa olandese, più severa di quella del Regno Unito in materia 54 Per un approfondimento in questo senso: LOMBARDO, (nt. 2), 364. 55 Punto 24 della sentenza Daily Mail. 56 Sentenza della Corte del 30 settembre 2003, Kamer van Koophandel en Fabrieken voor Amsterdam c.Inspire Art Ltd., C-167/01, in Raccolta, 2003, I-10155. 28 societaria. La controversia sorge fra la società e la Camera di Commercio e dell’Industria di Amsterdam, che pone condizioni per la registrazione della succursale di società “formalmente straniera”, volte alla tutela di creditori e terzi. Analogamente a Centros, la fattispecie riguarda l’iscrizione nel registro delle imprese della succursale di una società regolarmente costituita un altro Stato membro. La differenza sta nel fatto che, in questo caso, la registrazione non viene negata dal Paese ospite, ma solo subordinata all’adempimento ulteriore di taluni oneri, pubblicitari e di capitale minimo, prescritti dall’ordinamento interno57. La domanda pregiudiziale riguarda la compatibilità di tali condizioni per la registrazione con la libertà di stabilimento di cui agli articoli da 43 a 48 del Trattato, nonché la sanzioni in caso di inadempimento, consistenti da un lato nel diniego di iscrizione nel registro di commercio, dall’altro, qualora la violazione intervenga a registrazione avvenuta, nella responsabilità illimitata dell’amministratore. 57 La wet op de formeel buitenlandes vernootschappen – WFBF – (legge sulle società formalmente straniere) del 17 dicembre 1997, prevede che le società formalmente straniere debbano menzionare tale qualità su tutti i documenti, nonché nel registro delle imprese, con in aggiunta l’indicazione della data di prima iscrizione nel registro di commercio straniero e delle informazioni relative al socio unico. È richiesto inoltre il deposito obbligatorio di una dichiarazione contabile che attesta che la società soddisfa le condizioni relative al capitale minimo sottoscritto e versato e ai fondi propri. Così al punto 65 della sentenza. 29 Per quanto riguarda gli oneri pubblicitari previsti dalla WFBF, la Corte rileva che l’armonizzazione della pubblicità delle succursali, come realizzata dall’Undicesima Direttiva, sia da considerare esaustiva in virtù della tassatività dell’elenco di cui all’articolo 258. Tali vincoli ulteriori sono pertanto da considerarsi incompatibili con la libertà di stabilimento. La stessa Undicesima direttiva avverte, all’articolo 12, che in caso di mancato rispetto delle misure di pubblicità saranno gli Stati membri a prescrivere adeguate sanzioni. In merito alla compatibilità delle sanzioni previste dall’ordinamento olandese la Corte afferma che l’articolo 10 del Trattato impone agli Stati di adottare tutte le misure atte ad assicurare la portata e l’efficacia del diritto comunitario. In tal senso, solo se espressamente richiamate, le sanzioni previste in caso di sua violazione dal diritto interno devono avere “carattere effettivo, proporzionale e dissuasivo”59. Spetta tuttavia al giudice nazionale di stabilire se la sanzione di cui all’articolo 4 n. 4 della WFBV, soddisfi tali requisiti, ed in particolare se essa tratti sfavorevolmente le società 58 L’articolo 2 dell’Undicesima Direttiva del Consiglio 89/666/CEE, afferma al n.1 una serie di adempimenti pubblicitari obbligatori; al n.2 seguono obblighi complementari che possono essere imposti dagli Stati membri. (Si vedano in merito i punti 17 e 18 della sentenza). Della previsione espressa degli oneri che gli Stati hanno facoltà di disporre è stato desunto il carattere tassativo dell’elencazione di cui all’articolo 2. Cft. il punto 70 della sentenza. 59 Punto 62 della sentenza. 30 straniere rispetto a quelle di diritto olandese; se, in definitiva, violi o meno l’obbligo di pari trattamento (Innlaendergleichbehandlung) imposto dal Trattato60. Sostanzialmente superata, come si è detto, la distinzione fra stabilimento primario e secondario, è stato ipotizzato, alla luce delle più recenti pronunce della Corte, un altro tipo di differenziazione, che ha il pregio di ricondurre ad unità e coerenza il filo logico che porta da Daily Mail a Inspire Art. Pare di doversi distinguere, in tal senso, fra emigrazione, ossia diritto di stabilimento in uscita (moving-out o Wegzugsfall) e immigrazione61, ovvero diritto di stabilimento in entrata ( moving-in o Zuzugsfall). Se la libertà di stabilimento in uscita (moving-out) può essere limitata o subordinata a determinate condizioni (Wegzugsbeschraenkungen) dallo Stato in cui la società è validamente costituita (Wegzugsstaat) in ossequio a quanto stabilito dalla Corte in Daily Mail62 e Ueberseering63 - secondo cui le società esistono solo in quanto le legislazioni nazionali ne disciplinino costituzione e funzionamento , lo Stato (Zuzugstaat) in cui la libertà di stabilimento venisse 60 Punto 63 della sentenza. 61 Per l’uso e la definizione, in questo contesto, dei termini “emigrazione” e “immigrazione” si veda per tutti, WYMEERSCH, (nt. 10), 732 e ss. 62 Si veda in merito il punto 19 di tale sentenza, (nt. 24). 31 esercitata (questa volta in entrata o moving-in) non potrebbe frapporre nessun tipo di vincolo, se non quelli stabiliti o ammessi dal diritto comunitario. In questo senso appare ragionevole interpretare le pronunce Centros, Ueberseering64 e Inspire Art.65 1.6 Il mutuo riconoscimento delle società e il criterio di collegamento Strettamente connesso con la libertà di stabilimento è il problema del cosiddetto “reciproco o mutuo riconoscimento delle società”, ovvero il riconoscimento da parte dello Stato ospitante, a tutti gli effetti e senza limitazioni, delle società validamente costituite in un altro Stato membro66. Con riferimento al diritto di stabilimento primario occorre rilevare come la questione del riconoscimento delle società rivesta un ruolo di fondamentale importanza. Nel caso Daily Mail, fu proprio sulla scorta 63 Se ne vedano, in particolare, i punti 67 e 81, (nt. 51). 64 Così, in particolare nel secondo periodo del punto 70, nel punto 71 e nel punto 72 della sentenza, (nt. 51). 65 Per maggiori approfondimenti sull’argomento si veda: EIDENMUELLER, REHM, (nt. 14), 175 e ss; o più succintamente: RIEGGER, Centros – Ueberseering – Inspire Art: Folgen fuer die Praxis, in ZGR, 2004, 528. 32 dell’argomento della mancata attuazione dell’articolo 293 (secondo la numerazione di allora 220) nella parte in cui prevedeva che fra gli Stati membri venissero avviati, per quanto necessario, negoziati intesi a garantire “il reciproco riconoscimento delle società a mente dell’articolo 48, comma secondo, il mantenimento della personalità giuridica in caso di trasferimento della sede da un paese a un altro e la possibilità di fusione di società soggette a legislazioni nazionali diverse”67, che si negò sostanzialmente il diritto di stabilimento alla Daily Mail and General Trust PLC68. Nella successiva pronuncia Ueberseering, anch’essa caratterizzata dalla questione sul (mancato) riconoscimento di una società regolarmente costituita in uno Stato membro dello Stato in cui essa esercitava il proprio diritto di stabilimento, la Corte superava il problema dell’assenza dei negoziati previsti dall’articolo 293 nel senso di attribuire diretta efficacia come norme di conflitto agli articoli 43 e 48.69 66 Così, per tutti, CASSOTTANA, NUZZO, (nt. 5), 17. 67 Così recita il terzo trattino dell’articolo 293 del Trattato. 68 Si veda in merito il punto primo della massima della sentenza, nonché il punto 21 del dispositivo. 69 In questo senso, fra gli altri,BALLARINO, (nt. 23), 681; nonchè LOMBARDO, (nt. 53), 8. Si veda, in oltre, il punto 60 della sentenza Ueberseering, (nt. 51). 33 Se, come già notato, a livello giurisprudenziale, nell’applicazione pratica la Corte di Giustizia, con la suddetta interpretazione del combinato disposto degli articoli 43 e 48, ha superato la distinzione fra diritto di stabilimento primario e diritto di stabilimento secondario70, anche riguardo all’altra distinzione di cui sopra, ossia fra moving-in e moving-out, è innanzitutto il riconoscimento reciproco il presupposto delle più recenti pronunce. Le società infatti devono essere riconosciute per come sono costituite nello Stato di provenienza (Wegzugsstaat), in ossequio al principio del Paese d’origine (Herkunftslandprinzip), che conferma questo come il criterio di collegamento, consacrando il mutuo riconoscimento delle società comunitarie. Inscindibile dal concetto di riconoscimento, di cui è presupposto, è la questione, di diritto internazionale privato, del criterio di collegamento della società con l’ordinamento statale. Come si è già rilevato le principali teorie in merito sono due: quella della sede legale (Gruendungstheorie o incorporation theory) e quella della sede 70 È appena il caso di rilevare come una differenza fra i due tipi di stabilimento, primario e secondario, permanga a livello normativo, discendendo quello primario solo dagli articoli 43 e 48, mentre quello secondario è stato armonizzato dall’Undicesima direttiva sulla pubblicità delle succursali di società transfrontaliere. Cfr.: LOMBARDO, (nt. 2), 368. 34 effettiva (Sitztheorie o real seat theory)71. Abbiamo già visto anche come il Trattato, nell’interpretazione che ne dà la Corte, scelga di non prendere posizione esplicitamente per l’una o per l’altra proponendone un’applicazione funzionale ai fini della libertà di stabilimento e alla realizzazione del mercato comune72. Nel paragrafo che segue si cercherà di dare conto delle singole teorie di collegamento, con i problemi applicativi che ognuna di esse comporta. 1.7 (segue) Il criterio della sede legale e quello della sede effettiva. Il criterio della sede legale è quello che collega la società, ai fini del diritto ad essa applicabile, all’ordinamento statale nel cui territorio è incorporata la sede sociale. In questo senso la teoria dell’incorporazione permette, in un regime di libertà di stabilimento 71 Per una letteratura in argomento:WYMEERSCH, (nt. 10), 723 e ss.; MUCCIARELLI, (nt. 10), 562 e ss.; MUNARI, TERRILE, (nt. 13), e ss.; COSCIA, (nt. 51), 703 e ss.; BALLARINO, (nt. 23), 682 e 691 e ss.; LOMBARDO, (nt. 53), 6 e ss.; più succintamente: lo stesso LOMBARDO, (nt. 2), 357- 358; CASSOTTANA, NUZZO, (nt. 5), 18. 72 Così: LOMBARDO, (nt. 2), 356. 35 quale è quello stabilito dall’articolo 43 del Trattato73, di scegliere liberamente il sistema giuridico ritenuto più adatto alla costituzione di una società, che potrà rimanere assoggettata alle sue regole per tutta la sua esistenza a prescindere dal fatto che eserciti in quello Stato la propria attività74. Viceversa, con riferimento all’immigrazione di società incorporate in ordinamenti diversi, in virtù della Gruendungstheorie, gli Stati ospitanti (Zuzugsstaaten) dovranno accettare nel proprio contesto sociale un ordinamento straniero, senza imporre adeguamenti al proprio diritto interno che non siano giustificati da motivi di interesse generale75. È stato sostenuto che la tecnica dell’incorporazione si presti alla creazione di mere mail- box companies o società fermoposta, con il dirottamento di operazioni verso società più o meno fittizie, situate in ordinamenti meno restrittivi, al fine di esercitare l’attività in Stati membri diversi da quelli di costituzione. 73 È appena il caso di rilevare come la possibilità di costituire una società in uno Stato membro diverso dal proprio sia garantita ai cittadini comunitari in modo assoluto ed incondizionato, riguardando il diritto di stabilimento delle persone fisiche, ormai pacificamente riconosciuto. 74 Ciò avviene tipicamente nel diritto inglese, dove tuttavia una società che trasferisce la propria sede effettiva, o siège réel, può essere preventivamente costretta a saldare il proprio debito con le autorità tributarie, come avvenne nel caso Daily mail. Cfr.: WYMEERSCH, (nt. 10), 730. 75 Sempre con riferimento all’ ordinamento del Regno Unito, segnala WYMEERSCH, (nt. 10), 730, in nota, come l’ Insolvency Act 1986, preveda che un tribunale inglese possa dichiarare la liquidazione di società insolventi che si trovano sul territorio del Regno, anche se non hanno ivi incorporata la sede legale. 36 Si verrebbe così a creare il fenomeno delle così dette pseudo- foreign companies o Scheinauslandgesellschaften costituite negli Stati membri solo con riguardo di una race for laxity o race to the bottom76. La libertà di trasferimento delle società costituite in Stati che adottano la teoria dell’incorporazione77 pare fortemente limitata quando entra in gioco la seconda teoria internazionalprivatistica di collegamento: la teoria della sede effettiva (Sitztheorie, real seat theory o teorie du siége rèel)78. La prospettata soluzione al problema del collegamento della società con l’ordinamento statale è, in questo tipo di teoria, diametralmente opposta a quella cui si giungerebbe applicando la prima. Nel caso di “società formalmente straniere”79 l’intera disciplina è rimessa all’ordinamento del foro, che potrebbe spingersi fino a non riconoscere la personalità giuridica di un ente non costituito 76 In questo senso fra gli altri BALLARINO, (nt. 23), 680. Per un approccio meno pessimista sugli effetti della concorrenza: MUNARI, TERRILE, (nt. 13), 18 e ss. 77 Per altro meno immediata ed assoluta di quanto si potrebbe ritenere, in virtù delle limitazioni a tale indiscriminato esercizio elaborate dagli Stati che applicano il criterio della sede legale con riferimento alle pseudo –foreign companies. MUCCIARELLI, (nt. 10), 563, in merito segnala, a titolo esemplificativo, come la giurisprudenza danese, pur adottando la incorporation theory, sia costante nel rigettare richieste di iscrizione nel registro delle imprese di società estere con sede effettiva in Danimarca. 78 Questa teoria è adottata, in Europa, da Germania, Francia, Belgio, Austria e Lussemburgo. Così: MUCCIARELLI, (nt. 10), 563, in nota. 79 Per citare la definizione che ne da la legge WFBF (nt. 57), oggetto del contenzioso Inspire Art (nt. 56), formeel buitenlandes vernootschappen. 37 secondo le sue norme, ma in conformità di quelle del diverso Stato di incorporazione80. Per una migliore comprensione delle conseguenze dell’applicazione pratica di questa teoria occorre distinguere l’emigrazione (Wegzug) dall’immigrazione (Zuzug). Nel primo caso, il trasferimento della sede reale della società comporta un cambiamento della lex societatis (Statutenwechsel)81, con effetti che variano a seconda dell’ordinamento di provenienza (Wegzugsstaat). In quest’ottica, particolarmente rigido è l’ordinamento tedesco, dove l’emigrazione comporta lo scioglimento della società82. La Corte sembra tuttavia ammettere restrizioni alla libertà di stabilimento delle società, se sono imposte dal Paese di origine83. Per quanto riguarda invece l’immigrazione delle società in Paesi che adottano la teoria della sede reale, si noti come questa, impedendo l’intrusione di modelli societari disciplinati da diritto straniero nel 80 In questo modo, è stato osservato da WYMEERSCH, (nt. 10), 731, si fa prevalere la realtà sulla forma, in particolare evitando il fenomeno delle mail-box companies. 81 Per un chiarimento della definizione di Statutenwechsel in questo contesto, si veda, per la letteratura italiana, BALLARINO, (nt. 23), 697, che osserva come sia incompatibile con la libertà di stabilimento che uno Stato imponga il cambiamento di statuto a una società, sostituendosi di fatto all’assemblea generale, che è il solo organo competente a decidere una simile operazione. 82 Per una succinta panoramica delle imposizioni previste da alcuni Stati europei in caso di emigrazione societaria, cfr.: WYMEERSCH, (nt. 10), 732 e ss. 38 proprio ordinamento, avesse una funzione sostanzialmente difensiva della lex fori84. La conseguenza di tale orientamento consisteva tuttavia nella negazione sostanziale della libertà di stabilimento, nonché di ogni forma di concorrenza, tanto che la Corte, in Uberseering, pur non prendendo posizione sulla teoria della sede effettiva in quanto tale, dichiarò quest’ultima sua applicazione incompatibile con il Trattato. In virtù degli articoli 43 e 48, deriverebbe infatti per gli Stati il preciso obbligo di riconoscere le società validamente costituite secondo le norme di un altro ordinamento comunitario e di permetterne la libertà di stabilimento alle condizioni da esse previste. Per questi motivi la teoria della sede sembra essere, secondo la lettura che ne offre la Corte, se non negata - risultando ancora applicabile in caso di emigrazione e comunque nei rapporti con Stati terzi - almeno ridimensionata in una parte considerevole della sua tradizionale applicazione85. Si prospetta pertanto una nuova teoria di collegamento sviluppata dalla stessa Corte nelle sua pronunce, che si presenta come funzionale alla libertà di stabilimento. Si tratta di quella che viene 83 Si veda in tal senso Ueberseering, (nt. 51). 84 Non a caso, fa notare MUCCIARELLI, (nt. 10), 564, in nota, la Sitztheorie fu definita, da alcuna dottrina tedesca, vera e propria Schutztheorie (in italiano: teoria della protezione). 85 In questo senso LOMBARDO, (nt. 53), 6; WYMEERSCH, (nt. 10), 764. 39 definita da alcuni autori la “teoria della costituzione comunitaria” (europarechtliche Gruendungstheorie)86 in virtù della quale, quando una società si sia validamente costituita in uno Stato membro - quale che sia il criterio di collegamento da esso seguito e ammesso che esso permetta il trasferimento (Wegzug) - essa debba essere riconosciuta in tutti gli altri Stati87. In tal senso vi è un sostanziale superamento dell’annosa questione del contrasto fra teoria dell’incorporazione e teoria della sede reale, che perde gran parte della sua rilevanza pratica, con una soluzione che permette di integrare i tre criteri di collegamento previsti dall’articolo 4888. 1.8 Il criterio di collegamento in Italia 86 Si veda LIEBLE, Niederlassungsfreiheit und Sitzverlegungsrichtlinie, in ZGR, 532 e ss.; nonché, più succintamente: WYMEERSCH, (nt. 10) 87 Così: LIEBLE, (nt. 86), 533; si spinge oltre: WYMEERSCH, (nt. 10), 748, che sostiene che una società dovrebbe essere ammessa e riconosciuta negli ordinamenti comunitari anche qualora secondo lo Stato di origine non fosse più qualificabile come “società domestica”, per avere trasferito la propria sede reale. In questa lettura perde di importanza la distinzione fra i casi di emigrazione (Wegzugsfaelle), che possono essere limitati dagli Stati di provenienza, e i casi di immigrazione (Zuzugsfaelle), che sarebbero sempre ammissibili. Secondo l’autore, infatti, gli uni sono così intimamente connessi con gli altri da non giustificarne un trattamento così differente. 88 WYMEERSCH, (nt. 10), 749. 40 In Italia il collegamento delle società con i relativi ordinamenti giuridici, ai fini della legge applicabile, è disciplinato espressamente dall’articolo 25 della legge n. 218/95, unica disposizione del Capo III, dedicato alle “Persone giuridiche”. L’art 25 stabilisce nel comma 1° che “le società, le associazioni, le fondazioni ed ogni altro ente, pubblico o privato, anche se privo di natura associativa, sono disciplinati dalla legge dello Stato nel cui territorio è stato perfezionato il procedimento di costituzione”. Nell’elaborare questa disposizione il legislatore, pare privilegiare la teoria dell’incorporazione, che vede applicabile la disciplina dell’ordinamento dello Stato di costituzione89. È stato tuttavia affermato come ad un’analisi più attenta della norma, che vada oltre il mero tenore letterale, si colga come in essa non figuri una tradizionale norma bilaterale di conflitto che utilizzi il luogo di costituzione, inteso in senso spaziale, quale criterio di collegamento. Essa pare piuttosto constare di due distinte norme, di natura unilaterale, finalizzate entrambe alla sottoposizione integrale dell’ente alla legge dell’ordinamento di costituzione, ma da applicare in due fasi diverse. La 89 prima sarebbe dunque volta ad accertare l’avvenuto Così MUCCIARELLI, (nt. 10), 570; Si veda anche LOMBARDO, (nt.53), 14, che definisce quella dell’articolo 25 una teoria dell’incorporazione “modificata”. 41 perfezionamento della fattispecie costitutiva dell’ente ai sensi dell’ordinamento in cui avviene tale costituzione, con conseguente acquisto per le società italiane o riconoscimento per le società estere della personalità giuridica ai fini dell’ordinamento giuridico italiano. La seconda, in funzione dell’avverarsi della precedente condizione, determinerebbe la legge applicabile all’ente, facendola tendenzialmente coincidere con la legge in base alla quale questo fu originariamente costituito90. Il secondo periodo del primo comma dell’articolo 25 introduce una temperazione di tale criterio. Esso stabilisce che “si applica, tuttavia, la legge italiana se la sede dell’amministrazione è situata in Italia, ovvero se in Italia si trova l’oggetto principale di tali enti”. È parso di dover escludere che la disposizione in questione sia da interpretare nel senso che determini una completa nazionalizzazione delle società che abbiano con il territorio italiano uno dei collegamenti previsti91. Tale 90 In questo senso BENEDETTELLI, “Mercato” comunitario delle regole e riforma del diritto societario italiano, in Riv. Soc., 2003, 710. 91 Di quest’avviso BENEDETTELLI, (nt. 90), 710; e LOMBARDO, (nt. 53), che sostengono che, alla luce di Centros e Ueberseering, la norma non vada applicata se la società, costituita in uno Stato membro, eserciti la sua libertà di stabilimento a mezzo di una succursale iscritta in Italia o trasferisca la propria sede effettiva a titolo primario, ossia senza l’iscrizione di alcuna succursale. La norma non troverebbe altresì applicazione nemmeno con riferimento ad una mail-box company, che non eserciti sul territorio di costituzione alcuna attività economica. Ma in senso contrario MUCCIARELLI, (nt. 10), 571, che propende per una nazionalizzazione “a tutti gli effetti” delle società che abbiano la sede effettiva o l’oggetto dell’attività principale nel 42 interpretazione del dettato sarebbe contrastante con il diritto comunitario e va pertanto intesa nel senso che possa rendere applicabili le norme italiane solo se necessarie all’amministrazione dell’ente o allo svolgimento delle sue attività sul suolo italiano e comunque, in caso di una società costituita in uno Stato membro, solo se giustificate da “esigenze imperative” e conformi ai quattro requisiti di non discriminazione, necessità, adeguatezza e proporzionalità92. Dal punto di vista oggettivo, l’articolo 25 stabilisce al suo secondo comma che “sono disciplinati dalla legge regolatrice dell’ente: a) la natura giuridica; b) la denominazione o ragione sociale; c) la costituzione, la trasformazione e l’estinzione; d) la capacità; e) la formazione, i poteri e le modalità di funzionamento degli organi; f) la rappresentanza dell’ente; g) le modalità di acquisto e di perdita delle qualità di associato o socio nonché i diritti e gli obblighi inerenti a tali qualità; h) la responsabilità per le obbligazioni dell’ente; territorio dello Stato, considerandole pseudo foreign corporations. In questo modo l’autore ritiene applicabile in quei casi la teoria della sede reale. Si noti tuttavia che l’autore espresse quest’avviso prima della sentenza Ueberseering. 92 Si veda in merito la sentenza Centros, (nt. 37), al punto 34. 43 i) le conseguenze delle violazioni della legge o dell’ atto costitutivo”. Si tratta di un’ elencazione a prima vista idonea a coprire la maggior parte delle materie che vengono considerate attinenti allo statuto dell’ente, ma che in realtà ha funzione meramente esemplificativa93, dal momento che potranno essere regolati dalla lex societatis elementi non compresi in essa. In merito è stato tuttavia affermato come la recente riforma societaria, attuata con il decreto legislativo n. 6/2003, avrebbe potuto fare maggiore chiarezza, magari ampliando l’elencazione delle materie di cui al secondo comma dell’articolo, oppure prendendo esplicita posizione rispetto al collocamento di alcuni nuovi istituti quali la responsabilità per “direzione e coordinamento” societari, di cui all’articolo 2497 c.c. o i “patrimoni destinati ad uno specifico affare” di cui agli articoli 2447-bis e ss., nonché di alcuni istituti già noti alla prassi e alla legislazione speciale, ma che con la riforma ricevono per la prima volta disciplina codicistica, quali i patti parasociali degli articoli 2441-bis e ss94. L’ultima considerazione pare opportuna con riferimento al terzo comma dell’articolo 25, per il quale i trasferimenti della sede statutaria in un altro Stato e le fusioni transnazionali di enti hanno 93 Si veda, con i relativi riferimenti, LOMBARDO, (nt. 53), 14, in nota. 94 In questo senso BENEDETELLI, (nt. 90), 711. 44 efficacia nell’ordinamento italiano a patto che siano effettuate conformemente alla legge degli Stati coinvolti. Alla luce della più recente giurisprudenza comunitaria in tema di libertà di stabilimento, anche questa norma subisce una notevole riduzione del suo ambito di applicazione. Non pare più possibile che lo Stato italiano subordini l’esercizio delle operazioni sopra menzionate ad ulteriori requisiti rispetto a quelli fissati dalla legge dello Stato di incorporazione dell’ente o di localizzazione della nuova sede, nonché dalle norme comunitarie uniformi che eventualmente disciplinassero questi fenomeni95. 95 Così BENEDETTELLI, (nt. 90), 711. 45 2. La private limited company Sommario: 2.1 Le private companies in generale. Residualità e caratteri distintivi rispetto alle public companies - 2.2 La costituzione della private company. Promozione, formazione e registrazione - 2.3 L’atto costitutivo e lo statuto - 2.4 Assemblea e decisioni dei soci - 2.5 Amministrazione e controlli - 2.6 Il capitale sociale - 2.7 (segue) Le operazioni della società sul capitale - 2.8 I conferimenti e le quote di capitale - 2.9 Gli oneri pubblicitari e di bilancio 2.1 Le private companies in generale. Residualità e caratteri distintivi rispetto alle public companies. 46 In questo capitolo si cercherà di tracciare un quadro, il più sintetico possibile, di quella che è la disciplina della private limited company di diritto inglese. È stato proprio questo tipo di società ad essere di frequente coinvolto in alcune delle sentenze della Corte di Giustizia Europea in tema di libertà di stabilimento, esaminate nel precedente capitolo96. Un cenno, seppur breve, alla disciplina di tale modello potrà contribuire a fare luce sulle ragioni che ne hanno determinato il successo, favorendone l’esportazione. La private company si presenta come modello legislativo studiato per le società a ristretta base azionaria, che non intendono rivolgersi al mercato regolamentato97. In quest’ottica emerge la prima differenza rispetto alle public companies, tradizionalmente più adatte all’esercizio di attività di impresa di maggiori dimensioni, che offrono la possibilità di ricorrere al mercato azionario per la collocazione dei titoli fra il pubblico98. Prescindendo da ulteriori e diverse distinzioni99, 96 Si vedano in particolare Centros, (nt. 37) e Inspire Art, (nt. 56). 97 Così: BRUNO, Profili del diritto societario inglese alla luce della riforma, in Riv. Soc., 2004, 934. 98 In merito: PETTET, Company law, Londra, Longman ed., 2001, 17, che rileva come non per questo si debba ritenere che tutte le public companies siano quotate in borsa, al contrario, la maggioranza non lo è. Da uno studio statistico risulta, infatti, che al 31 marzo 1999, delle 11.600 public companies registrate nel Regno Unito, solo 2.500 erano quotate nel Main Market o nel Alternative Investment Market, i due mercati azionari del London Stock Exchange. 47 occorre soffermarsi su quella che per noi rileva: la differenziazione tra private e public companies. Dalla stessa definizione di private company offerta dal Companies Act del 1980 risulta evidente il rapporto fra i due modelli: la section 1 stabilisce infatti che “‘private company, unless the context otherwise requires, means a company that is not a public company”100. Emerge con chiarezza la residualità che caratterizza la disciplina della private company rispetto a quella della public company. Occorre tuttavia precisare come, ferma restando la definizione in negativo che ne offre, il Companies Act preveda in realtà tre tipi di private company: 1) la private company limited by shares, con responsabilità limitata al capitale azionario sottoscritto; 2) la private company limited by guarantee with share capital, i cui soci rispondono nei limiti del capitale sottoscritto e della garanzia prestata101; 3) la private company 99 PETTET, (nt. 98), 18 e 19, distingue fra small closely-held companies e dispersed-ownership companies, riferendosi, con le prime, alle società a ristretta base azionaria, dove vi sia una coincidenza sostanziale o comunque un rapporto diretto e immediato fra soci e gestori; la seconda categoria indica quelle società il cui capitale è distribuito fra un così largo numero di investitori, o fra il pubblico, da rendere difficile e comunque mediato il rapporto fra investitori e gestione effettiva della società, tanto da potersi considerare, in molti casi, i primi spettatori della seconda. È questo il caso delle grandi società quotate. 100 La definizione di cui alla section 1 del Companies Act 1980 viene ripresa dalla stessa section 1 del Company Act 1985. 101 Si configura, pertanto, in forza dell’Insolvency Act 1986, section 74, punto 3, una dual liability del socio. Si veda BOWEN, Fox and Bowen on The Law of Private Companies, seconda ed. Londra, Sweet & Maxwell, 1995, 295, in nota, che osserva, tuttavia, che questo tipo di private 48 limited by garantee, senza capitale azionario, ove la responsabilità dei soci è limitata alla prestazione di una garanzia102. Il primo modello è quello di gran lunga più diffuso, in special modo per quanto riguarda l’esercizio di attività di impresa103, sarà pertanto della sua disciplina che si tratterà nella seguente breve analisi. Già citata la residualità della materia delle private companies, se lo stesso Companies Act stabilisce che, qualora non diversamente specificato o evincibile dal contesto, una private company è una società che non è una public company, occorre ora soffermarsi sui caratteri distintivi della prima rispetto alla seconda. La disciplina consiste per lo più in rimandi e deroghe a quella delle public companies104. L’attuazione delle Direttive del Consiglio Europeo in company limited by guarantee, è ammesso soltanto se costituito prima del 22 dicembre 1980, il Companies Act 1985, section 1, punto 4, prevede, infatti, che le private companies limited by garantee , costituite a partire dalla suddetta data, non possano avere capitale sociale. 102 Disciplinate dal Companies Act 1985, alla section 2 punto 4. 103 Il modello di private company by guarantee non si presta all’esercizio di attività imprenditoriale per la sua inettitudine alla raccolta di capitale. La sua applicazione, di scarso rilievo, riguarda in maniera pressoché esclusiva l’associazionismo non a scopo di lucro e mutualistico. In questo senso: PETTET, (nt. 98), 19. 104 Con riguardo a questa caratteristica della disciplina delle private companies è stata mossa la critica che essa sia di troppo difficile comprensione e applicazione per fruitori, quali possono essere piccoli imprenditori, che non possono permettersi una consulenza legale per la sua interpretazione. In virtù della diffusione del modello di private company, che costituisce la stragrande maggioranza delle società di capitali iscritte nel Regno Unito (il numero delle public companies registrate non raggiungerebbe l’ 1% di quello delle private companies), si auspica una disciplina autonoma, più adatta alle esigenze delle piccole imprese, di più agevole comprensione e meno onerosa applicazione. In questo senso si pronuncia lo Steering Group of the Company Law 49 materia societaria hanno contribuito ad accentuare le differenze fra i due modelli, essendo applicabili talune solo alle public companies, talaltre a tutte le società di capitali105. In particolare la Seconda Direttiva fu quella che impose una maggiore distinzione fra i due modelli societari, con riferimento specifico all’informazione dei terzi che entrino in contatto con la società. Essi devono essere messi informati prima facie della natura dell’ente, con tutte le conseguenze che essa comporta in particolare in tema di capitale sociale. In attuazione di tale direttiva il Company Act 1980 prescrisse per la prima volta che il suffisso “Limited” o “ltd” fosse applicabile alle sole private companies, mentre alla ragione sociale delle public companies si dovessero aggiungere le parole “public limited company” o, più semplicemente “plc”. Gli elementi di distinzione fra i due modelli hanno anche e soprattutto carattere sostanziale. Così si può dire che la maggiore differenza stia nel fatto che la private company, contrariamente alla public company, Review, una Commissione pilota formalmente indipendente dal Governo nominata dal Department of Trade and Industry del Regno Unito, con lo scopo di formulare proposte di riforma del diritto societario inglese. Per maggiori approfondimenti, si veda: BRUNO, (nt. 97), 935 e ss. Si noti, in oltre, come le stesse esigenze di maggior autonomia, flessibilità e aderenza ai bisogni della piccola impresa siano state sentite e formulate con riferimento alla disciplina della società a responsabilità limitata italiana, nel Progetto Mirone in occasione della riforma delle società di capitali, nonché dalla stessa legge delega. Si veda amplius capitolo 4, infra. 50 abbia l’espresso divieto, sanzionato penalmente106, di offrire al pubblico azioni o obbligazioni. Nella private company inoltre, non è previsto un capitale minimo di costituzione e non si applicano pertanto le norme della plc volte alla tutela e conservazione del capitale sociale, né quelle che sottopongono a particolari condizioni o verifiche i conferimenti in natura107 o l’acquisto di azioni proprie108. Vincoli meno rigorosi sono infine previsti per il rilascio di prestiti e garanzie finalizzati all’acquisto di proprie azioni109. Ulteriori deroghe al regime previsto per le public companies riguardano la possibilità di avere un amministratore unico110 e di essere unipersonali111, i termini per la presentazione del bilancio112 i doveri degli amministratori113. La private company è inoltre esentata dalla disciplina delle partecipazioni rilevanti di cui alla Parte VI del 105 Per una succinta panoramica delle conseguenze che ognuna delle Direttive societarie del Consiglio Europeo ebbe sul sistema societario inglese si veda PETTET, (nt. 98), 13. 106 Companies Act 1985, section 81. 107 Companies Act 1985, sections 99 e ss. 108 Companies Act 1985, sections 171 e ss. 109 Companies Act 1985, sections 155 e ss. 110 Companies Act 1985, section 282, punto 1. 111 In attuazione di quanto disposto dalla Dodicesima Direttiva del Consiglio Europeo in materia societaria, n. 89/667/CEE. 112 Che può essere pubblicato entro dieci mesi dalla data di chiusura del bilancio, si veda: Companies Act 1985, section 42, punto 1, lettera a). 113 Che sono meno vincolati nei loro rapporti finanziari con la società e negli obblighi informativi nel bilancio, si vedano le sections 330 e ss. del Companies Act 1985. 51 Companies Act 1985 e può prevedere l’esclusione del diritto di opzione nell’atto costitutivo. Un regime particolare, detto regime elettivo, può essere adottato all’unanimità dai soci tramite una elective resolution. Esso consente un ulteriore allontanamento dalla disciplina prevista per le public companies, con un significativo snellimento di una serie di procedure decisionali che porta ad un ridimensionamento della funzione dell’assemblea. Disposizioni speciali sono dettate infine per le società di piccola o media dimensione. I requisiti per l’appartenenza alla prima piuttosto che alla seconda categoria riguardano: 1) il volume d’affari annuo, che non può superare, rispettivamente, i 2,8 o gli 11,2 milioni di sterline; 2) il totale dello stato patrimoniale annuo, che non può eccedere la metà dei valori sopra indicati; 3) il numero medio dei dipendenti impiegati per anno, che deve essere inferiore a 50 o, rispettivamente, a 250. Una società che rientri in una delle due categorie e sia una private company, può redigere il bilancio in forma abbreviata, non è tenuta a 52 pubblicarlo sul registro delle imprese né a farlo certificare dai revisori114. 2.2 La costituzione della private company. Promozione, formazione, registrazione La costituzione della private company è una fattispecie a formazione progressiva che consta di più fasi. La prima è la così detta promozione. La legislazione inglese non da una definizione di promozione, ma dalla section 67, punto 3 del Companies Act 1985 si può delineare la figura del “promoter”: egli è colui che prende parte alla preparazione del prospetto non solo in forza dell’esercizio di un’attività professionale. Ciò serve a porre un limite all’applicazione della responsabilità illimitata dei promotori, tradizionalmente interpretata dalla giurisprudenza in senso estensivo, lasciandone fuori, in particolare, figure come quelle dei sollicitors che avessero solo 114 Se, tuttavia, sceglie di pubblicare il bilancio, deve farlo altresì certificare dai revisori. Si vedano, in merito, le sections 246 e ss. del Companies Act 1985. 53 collaborato alla preparazione di documenti o contratti per la società costituenda115. I promotori hanno verso la società obblighi di disclosure (informazione) con speciale riferimento al loro compenso per l’attività di promozione; tali obblighi rappresentano l’essenza del rapporto fiduciario fra società e promoters116. In caso di abuso o di violazione di questi, i rimedi potranno variare dalla risoluzione del contratto con il promotore117, all’azione per ottenere la restituzione di quanto ricavato dal promotore, alla responsabilità di costui per i danni subiti dalla società. Durante l’attività di promozione si hanno i pre-incorporation contracts, contratti conclusi in nome di una società la cui costituzione non è ancora ultimata e che è pertanto priva di personalità giuridica. I pre-incorporation contracts vincolano quindi chi li ha materialmente 115 116 Si veda, amplius, con riferimenti a casi di giurisprudenza: BOWEN, (nt. 101), 30 e ss. Così afferma il Giudice Sargant nel caso Omnium Electric Palaces v. Baines, sentenza 332/1914, cit. in BOWEN, (nt. 101), 32. 117 Questo rimedio non è tuttavia esperibile, in virtù di equitable principles, se le posizioni originarie delle parti non possono essere ristabilite, ad esempio per il trasferimento del diritto ad un terzo. Così: BOWEN, (nt. 101), 33. 54 conclusi, che è responsabile illimitatamente per le obbligazioni che ne discendano118. Al momento della formazione il promotore può affidarsi ad un legale (sollicitor) per la redazione dell’atto costitutivo e dello statuto, ma può anche, come accade più frequentemente, richiedere l’assistenza legale, finanziaria e commerciale ad apposite agenzie, dette “shelf” companies, che si sostituiranno al promotore nell’adempimento delle condizioni necessarie alla registrazione e in seguito trasferiranno la società, regolarmente costituita e registrata, a nuovi soci. La documentazione richiesta per ottenere la registrazione presso il Registrar of Companies al Companies House in Cardiff comprende: 1) l’atto costitutivo (memorandum of association); 2) lo statuto (articles of association), il cui deposito tuttavia non è obbligatorio per le private companies; 3) una dichiarazione firmata dai soci contenente le generalità degli amministratori o dell’amministratore unico, nonché del segretario della società, con il loro assenso sottoscritto ad esercitare la carica; 118 Si veda la section 36C del Companies Act 1895, al punto 1, inserita dalla section 130 del Companies Act 1989, in attuazione dell’articolo 7 della Prima Direttiva del Consiglio Europeo in materia societaria, n. 68/151/CEE. 55 4) una dichiarazione di conformità alle condizioni prescritte per la registrazione sottoscritta dal sollicitor, da un amministratore o dal segretario. Avvenuto il deposito ed accertato l’adempimento delle condizioni prescritte dalla legge, il Registrar provvede alla registrazione e rilascia un certificato di acquisto della personalità giuridica (certificate of incorporation). 2.3 L’atto costitutivo e lo statuto L’atto costitutivo (memorandum of association) è il documento che provvede a fornire a chi entra in contatto con la società le informazioni essenziali sulla sua natura e funzionamento. Per l’evidente funzione di interesse generale cui esso assolve, il suo contenuto è stabilito dalla legge e verificato ai fini della registrazione. Ai sensi del Companies Act 1985, section 2 esso deve contenere essenzialmente: 1) la ragione sociale, composta del nome della società seguito dalla parola Limited o ltd119; 2) il luogo dell’iscrizione nel registro, la nazionalità e l’indirizzo della sede sociale; 3) l’oggetto 119 In attuazione del disposto della Seconda Direttiva, v. supra, 2.1. 56 sociale120; 4) il regime di responsabilità, in particolare se la società sia limited o unlimited; 5) il capitale sociale. È inoltre stabilito che, per quanto riguarda la forma, gli atti costitutivi debbano essere, per quanto possibile, conformi ai modelli previsti dai regolamenti emanati dal Secretary of State121. L’atto costitutivo deve, infine, recare il numero di azioni in possesso di ciascun socio e deve essere da questi sottoscritto in presenza di un testimone che attesti l’autenticità della firma. Se l’atto costitutivo ha una funzione prevalentemente proiettata verso l’esterno, è lo statuto (articles of association) a regolamentare il funzionamento interno della società. A tal fine esso contiene le norme che riguardano, in particolare, la ripartizione dei poteri e degli obblighi degli amministratori, la disciplina delle quote e del loro trasferimento, il capitale sociale e le sue variazioni, i processi 120 Si noti come l’oggetto sociale espresso nell’atto costitutivo fosse molto rilevante per l’applicazione della ultra vires theory, in forza della quale gli atti compiuti dala società al di fuori dell’oggetto sociale erano nulli e non potevano essere convalidati nemmeno con una ratifica adottata all’unanimità dai soci. In merito si veda, amplius: BOWEN, (nt. 101), 53 e ss. In attuazione della Prima Direttiva del Consiglio della Comunità Europea, n. 68/151/CEE, il Companies Act 1985 sancisce che la validità di un atto compiuto da una società non può essere messa in discussione per la mancanza di capacità che discenda da ciò è scritto nell’atto costitutivo. (Sec. 35, p. 1) 121 Si allude ai Companies Regulations del 1985, che prevedono: Table B per la private company limited by shares; Table C per la private company limited by guarantee; Table D per la private company limited by guarantee con capitale sociale. Il Table A riguarda, invece, le public companies. 57 decisionali dei soci e la convocazione dell’assemblea. Anche con riferimento allo statuto sono previsti modelli diversi, a seconda dei vari tipi di private company, da cui prendere esempio nelle redazione122. 2.4 Assemblea e decisioni dei soci La disciplina dell’assemblea (general meeting) è contenuta nelle sections da 366 a 383 del Companies Act 1985. In gran parte essa è corrispondente per private e public companies; esistono tuttavia alcune differenze volte soprattutto a rendere più agevole e meno formale ed oneroso il processo decisionale dei soci delle prime. Così nelle private companies è consentito l’esercizio della delega per la partecipazione, l’intervento e il voto in assemblea123. Non è sempre necessario il procedimento di convocazione assembleare per esprimere la volontà della private company, in particolare se viene 122 I modelli previsti ricalcano sostanzialmente quelli per i memoranda of associatkion, si veda in merito, supra, (nt. 121). 123 Nelle public companies, non è concesso al delegato di intervenire in assemblea in luogo del delegante, è stato osservato per non causare ritardi nell’approvazione di delibere, ove il numero dei soci fosse particolarmente elevato. Si veda BOWEN, (nt. 101), 78. 58 espresso il consenso unanime di tutti i soci124. Se il 95%125 dei soci lo permette, una delibera assembleare può essere fissata per la discussione con meno di ventuno giorni di anticipo, termine dilatorio stabilito per consentire una adeguata informazione degli intervenienti. In forza della “De-regulation of private companies”126 voluta dal Company Act 1989, è previsto un altro metodo decisionale che comporta una significativa semplificazione formale del procedimento. È ammessa la possibilità di adottare risoluzioni scritte in luogo delle delibere assembleari, con la semplice apposizione su documenti scritti, che abbiano tutti il medesimo contenuto, della sottoscrizione dei soci127. Restano salvi i quorum deliberativi previsti per le maggioranze speciali e la possibilità, per i soci, di richiedere la convocazione dell’assemblea128. Sono tuttavia previste eccezioni, casi cioè, in cui non è concesso di adottare la decisione in forma scritta, ma è necessaria una delibera assembleare129. 124 È questo, sostanzialmente, l’istituto dell’assemblea totalitaria, applicabile anche in Italia alla s.r.l., v. infra, cap. 3.11. 125 Si vedrà, infra, che il quorum può essere anche più basso. 126 Così recita la stessa rubrica del Companies Act 1989 che raggruppa le norme di cui si tratta ora. 127 Si veda la section 381A del Companies Act 1985 così come novellata dal Companies Act 1989. 128 La soluzione ricorda molto quella adottata con la riforma delle società di capitali, dal d.lgs. 6/2003, all’articolo 2479 del codice civile, in tema di decisioni dei soci assunte per iscritto. Si veda infra, cap. 3.11. 129 Con una delibera scritta non si può, ad esempio, disporre la revoca di amministratori e revisori, prima della scadenza del mandato. In questo senso BRUNO, (nt. 97), 936. 59 Un’ultima rilevante differenza rispetto alle public companies sta nell’“elective regime”, previsto per le sole private companies. Con una delibera assembleare detta “elective resolution” i soci, all’unanimità, possono decidere di: 1) non presentare all’approvazione dell’assemblea le relazioni sulla gestione e dei revisori; la documentazione sarà inviata ad ogni socio ed obbligazionista, salvo che non venga espressamente richiesta, in deroga al regime elettivo, la presentazione all’assemblea130; 2) non convocare l’assemblea annuale, salvo il diritto del socio di chiederne la convocazione; 3) non nominare i revisori annualmente, ma disporne il rinnovamento automatico della carica; la cessazione, tuttavia, potrà essere decisa con l’approvazione della relativa delibera131; 4) prevedere un quorum del 90%132 per la regolarizzazione dell’assemblea convocata in termini più brevi di quelli ordinari133; 5) delegare agli amministratori il potere di collocare le azioni ed obbligazioni anche aldilà dei limiti temporali previsti dalla legge ordinaria134. È stato tuttavia notato come nella prassi il regime elettivo risulti pressoché inapplicato. Il fatto che si debba ricorrere all’approvazione 130 Si veda Companies Act 1985, Section 253. 131 132 Normalmente il quorum è del 95%, v. supra. 133 Companies Act 1985, section 369, punto 4. 60 unanime di deroghe alla disciplina ordinaria contribuisce a creare uno stato di diffidenza, per la paura che il regime eccezionale previsto dal Companies Act 1989 offra minore tutela135. 2.5 Amministrazione e controlli L’amministrazione della private company può essere affidata ad un consiglio direttivo (board of directors) o anche, a differenza che nelle public companies, ad un amministratore unico. Qualora sia previsto un consiglio spetta generalmente allo statuto o agli amministratori stessi prevedere il numero dei suoi componenti, nonché il quorum per l’assunzione delle delibere. Si ritiene inoltre che, in mancanza di previsione statutaria, il preavviso per le sedute consiliari debba essere ragionevole, per concedere ai singoli amministratori di assumere le relative informazioni. Non è tuttavia sempre necessaria la convocazione formale del consiglio, essendo sufficiente, in molti casi una semplice risoluzione scritta degli amministratori136, analogamente 134 Companies Act 1985, section 80 A. 135 In questo senso BRUNO, (nt. 97), 938. 136 Table A, regulation n. 93. 61 a quanto disposto in merito alle decisioni dei soci137. La giurisprudenza è propensa inoltre a considerare valida una decisione, anche quando, senza ulteriori requisiti di forma, venga adottata con l’evidente consenso di tutti gli amministratori138. All’amministrazione spetta la rappresentanza generale della società. Si ritiene pertanto che eventuali limitazioni di questa non siano opponibili ai terzi in buona fede139. All’amministrazione è affidata anche la gestione della società, potere che condivide con l’assemblea ed esercita nel rispetto degli obblighi di buona fede e dei doveri di cura e diligenza (care and skill). Il rapporto fra società e organo amministrativo infatti è di tipo essenzialmente fiduciario, ciò impone agli amministratori il dovere di agire nell’interesse della società (fiduciary duty), bilanciandolo con quello dei soci, dei creditori e degli stessi dipendenti140. 137 V. supra, cap. 2.4. 138 Si veda in merito la sentenza: Runciman v. Walter Runciman plc. citata in BOWEN, (nt. 101), 99. 139 Così stabilisce il Companies Act 1985, section 35A, p. 1, inserito dal C.A. 1989. Si colga l’evidente analogia a quanto previsto per la società a responsabilità italiana dall’articolo 2475-bis. In merito, amplius, infra, cap. 4.8. 140 Così Lord Oliver, nella sentenza Brady v. Brady, che afferma l’obbligo degli amministratori di fare un “balance of interests”, sottolineando che sia inappropriato dare considerazione all’interesse della società come ente separato dalle persone che vi sono associate. Cit. in BOWEN, (nt. 101), 118. 62 La configurazione del rapporto fra amministratori e assemblea è affidato all’autonomia statutaria ma, generalmente, per quanto riguarda la suddivisione dei poteri gestori, è l’amministrazione ad avere il ruolo predominante. Esistono tuttavia materie che sono specificamente riservate alla risoluzione formale dell’assemblea. Nella gran parte di questi casi il Companies Act 1985 richiede la maggioranza qualificata. Sono questi i casi in cui si voti il cambiamento dell’atti costitutivo o dello statuto, si deliberi la liquidazione volontaria della società o la modificazione del capitale sociale. In altri casi spetta all’assemblea una sorta di potere di controllo sull’operato degli amministratori, ad esempio con l’approvazione di accordi di servizio fra società e amministratori, della durata superiore a cinque anni. Lo stesso per quanto riguarda transazioni su diritti reali intercorse fra un amministratore e la società141. La private company non prevede al suo interno uno specifico organo di 141 controllo. Il modello di direzione monista, adottato Osserva, tuttavia, BOWEN, (nt. 101), 99-100, che nella maggior parte delle private companies, la distinzione fra i poteri dell’organo amministrativo e dell’assemblea avrà rilievo più formale che sostanziale, visto che nella pratica gli amministratori detengono spesso la maggioranza del capitale sociale e in generale dei voti in assemblea. Prosegue l’autore sostenendo che sia importante comunque che gli amministratori apprezzino la differenza di esprimere un voto come gestori, piuttosto che come soci, avendo oneri diversi nei rispettivi ruoli. 63 dall’ordinamento societario inglese, si basa sull’attività di management propria dell’amministrazione, comprensiva di gestione e (auto)controllo142. È previsto tuttavia un controllo esterno sui conti, affidato ad uno o più revisori, persone fisiche o società, che siano membri di un organismo di categoria riconosciuto e dotato di qualificazione professionale certificata143. È inoltre richiesto il requisito dell’indipendenza dalla società e dall’organo amministrativo. Per questo motivo è l’assemblea ordinaria che provvede alla nomina e alla determinazione del compenso dei revisori. Essi sono tenuti, principalmente, a informare i soci sulla regolare tenuta della contabilità, con particolare riferimento alla veridicità e correttezza della rappresentazione dello stato economico della società. Per adempiere a questa funzione i revisori hanno diritto di accesso ai documenti e a tutte le informazioni sulla gestione e detengono altresì rilevanti poteri di ispezione. La revisione dei conti non è tuttavia necessaria per le società che non svolgano alcuna attività economica (dormant companies). 142 Nelle public companies questo ruolo del consiglio amministrativo è più evidente, essendo in esso ricompresi necessariamente amministratori esecutivi e amministratori non esecutivi, con lo specifico compito di controllare l’operato dei primi. In argomento si veda, amplius: BRUNO, (nt. 97), 908 e ss. ove l’autrice muove una critica alla scarsa effettività del controllo operato dagli amministratori non esecutivi, che sarebbero, pertanto, figura di mera facciata. 143 Si veda la section 384 del Companies Act 1985 e la section 25 del Companies Act 1989. 64 In seguito ad un dibattito avvenuto negli anni ottanta144 circa la necessità di sottoporre al controllo contabile tutte le società che esercitassero attività imprenditoriale di qualunque volume, si giunse alla conclusione di esimere le private companies di piccola dimensione dall’onere di dotarsi di revisori per il controllo dei conti. Con la legge n. 1935 del 1994 si novellò la section 245 del Companies Act 1985, la quale ora dispone che: 1) le private companies con un volume di affari annuo inferiore a 90.000 sterline e un totale dello stato economico annuo che non superi gli 1,4 milioni di sterline sono escluse dall’obbligo di revisione contabile; 2) le private companies che abbiano avuto nell’anno un volume d’affari non eccedente le 350.000 sterline, con uno stato economico totale annuo di 1,4 milioni di sterline possono usufruire di una forma di revisione semplificata e meno onerosa145. Essa consiste nella relazione di un “reporting accountant”, che attesti la regolarità formale dei libri contabili, con particolare riferimento agli oneri di pubblicità (disclosure), alla conformità ai moduli previsti dal Companies Act 1985 per il tipo 144 Su cui si veda, amplius, BOWEN, (nt. 101), 286. 145 I requisiti dimensionali di cui ai punti 1) e 2) sono tratti da BOWEN, (nt. 101), 291, che aggiunge, in nota, che essi siano opportunamente aggiustati, qualora il periodo a cui i conti si riferiscono sia diverso dall’anno. V. section 249A, punto 6 del Companies Act 1985. 65 societario e, sulla base degli stessi libri contabili, che la società ha diritto ad accedere alla forma di controllo contabile semplificata. Resta tuttavia salvo il diritto dei soci che esprimano il dieci per cento del capitale sociale di richiedere la revisione ordinaria dei conti della società. 2.6 Il capitale sociale. Una delle più grandi differenze fra public e private companies riguarda proprio la disciplina del capitale sociale. Come si è già avuto modo di anticipare, a segnare una netta distinzione fra i due modelli fu la Seconda Direttiva del Consiglio della Comunità Europea, quella che nel dettare regole in merito ai requisiti di capitale minimo e alla sua conservazione è tuttavia applicabile alle sole public companies. Con la conseguenza che solo queste dovettero uniformarsi alla legislazione degli altri partners europei nella regolamentazione del capitale sociale e che le private companies restarono caratterizzate da una legislazione particolarmente permissiva al riguardo. 66 Si può affermare quindi che le private companies non subiscano nessun vincolo, né di capitale minimo, né tanto meno di liberazione del capitale sottoscritto. È tuttavia vietato a queste società, salvo rari casi subordinati a particolari cautele146, di collocare tra il pubblico titoli o obbligazioni. L’emissione dei titoli è competenza dell’assemblea, che può autorizzare gli amministratori con delega, se questa non è già contemplata dallo statuto. L’autorizzazione deve recare un termine massimo, che non può avere una durata superiore ai cinque anni, entro il quale gli amministratori devono esercitare tale potere. Essa deve determinare, inoltre, l’ammontare preciso dei titoli che possono essere emessi. Ciò non di meno è prevista la possibilità, tramite una elective resolution147, di estendere l’efficacia della delega oltre il termine previsto. La delega può comunque essere revocata o variata, nonché rinnovata per ulteriori cinque anni. Competente per questo tipo di operazioni è l’assemblea ordinaria. 146 Le eccezioni riguardano, sostanzialmente, la possibilità di ottenere un’apposita autorizzazione motivata dal Secretary of State per l’emissione di titoli fra il pubblico. In merito si veda , amplius, BOWEN, (nt.101), 143 e ss. 147 Si veda supra, paragrafo 2.4. 67 Anche nella private company è previsto un diritto di opzione dei soci sui titoli di nuova emissione, che siano pagati con un conferimento in denaro. Tuttavia questo diritto può essere escluso dall’atto costitutivo o dallo statuto nonché da una risoluzione assembleare speciale, con riferimento a singole emissioni, a fronte di una proposta motivata degli amministratori. 2.7 (segue) Le operazioni della società sul capitale La private company non può, per regola generale148, acquistare proprie quote o azioni, per quanto esista una serie di eccezioni per le quali tale facoltà è concessa: quando l’acquisto di quote di capitale interamente liberate avvenga a titolo gratuito, per donazione di un socio o a causa di morte; quando si proceda, successivamente all’acquisizione, alla riduzione corrispondente del capitale sociale; quando l’acquisto sia forfettario per l’esercizio del recesso di un socio, o avvenga per ordine del giudice149 o, infine, quando sia effettuato da una persona nominata dalla società fiduciariamente nell’interesse di questa, ma senza la sua 148 Così in Section 143, punto 1, del Companies Act 1985. 149 Nei casi stabiliti dalle sezioni 4, 54 e da 459 a 461 del Companies Act 1985. 68 assistenza finanziaria. In questi casi la società può detenere proprie quote, che non possono tuttavia restare in suo possesso per un periodo di tempo superiore a tre anni, pena la cancellazione delle quote e la riduzione corrispondente del capitale. Un discorso a parte riguarda le ipotesi in cui la società emetta azioni riscattabili, acquisti le proprie azioni a titolo oneroso o conceda garanzia sulle proprie azioni per l’acquisto di un terzo150. Il rischio in questi casi è che si abbia una riduzione sostanziale del capitale sociale, senza i relativi oneri formali. Per evitare un potenziale danno ai creditori questo tipo di operazioni è contornato da una serie di procedure e cautele. Per quanto riguarda le azioni riscattabili, la section 159A del Companies Act 1985151 detta la seguente disciplina: la data a partire da cui ed entro la quale si può procedere al riscatto deve essere specificata nello statuto o, se questo lo prevede, determinata degli amministratori 150 prima dell’emissione delle relative azioni. Si noti come queste operazioni fossero tradizionalmente non consentite, tuttavia, in seguito ad un rapporto del 1979 sul finanziamento delle piccole imprese, nel 1980 il governo adottò un documento consultivo intitolato “The purchase by Company of its Own Shares” ove si suggerivano i vantaggi che operazioni di questo genere potevano realizzare per le società. Si arrivò, pertanto, con il Companies Act 1981, alla codificazione della facoltà delle società di emettere azioni riscattabili e procedere all’acquisto delle proprie quote. In argomento si veda, amplius: BOWEN, (nt. 101), 156 e ss. 151 Inserita dal Companies Act 1989, section 133. 69 L’ammontare del prezzo di riscatto deve essere fissato nello statuto o definito in base a criteri da questo esplicitamente enunciati, di modo che la determinazione non possa in nessun caso essere meramente discrezionale. Quale norma di chiusura, si stabilisce infine che le condizioni di riscatto, come ogni altra circostanza rilevante, debbano essere espressamente menzionate nello statuto. Con riferimento all’acquisto a titolo oneroso delle azioni proprie, la section 162 del Companies Act 1985 dispone che la società possa provvedervi qualora il suo statuto la autorizzi a farlo. La procedura che si dovrà seguire è quella prevista per gli acquisti “off-market”, quelli cioè che avvengono al di fuori di mercati mobiliari regolamentati. Essa è stabilita dalla section 164, in forza della quale l’acquisto deve essere autorizzato da una special resolution dell’assemblea cui spetta, con lo stesso quorum deliberativo, di disporne la variazione, la revoca o il rinnovo. Per la validità della delibera è necessario che una copia del contratto o, in caso di contratto concluso verbalmente, un memorandum che ne illustri i punti salienti, siano affissi almeno 15 giorni prima della data della deliberazione e siano resi disponibili in assemblea. Se, come è sua facoltà, la società opta per il procedimento di decisione per iscritto152, in luogo di quello 152 Di cui supra, paragrafo 4. 70 assembleare, si ritiene che lo stesso contratto o il memorandum debbano essere recapitati ai soci al momento dell’approvazione richiesta o prima. In nessun caso vengono computati i voti dei soci titolari delle quote in via di acquisizione da parte della società. L’acquisto di azioni proprie è sottoposto ad oneri pubblicitari anche dopo la sua approvazione. La section 169 del Companies Act 1985 dispone che entro 28 giorni dalla consegna alla società delle azioni acquistate sia trasmessa al Registrar una comunicazione contenente il numero e il valore nominale di ogni classe di azioni acquistate, nonché la data della loro acquisizione. Inoltre, una copia del contratto o del memorandum deve essere depositata presso la sede legale della società e ivi conservata per un periodo tempo di dieci anni, durante il quale dovrà essere a disposizione dei soci, che potranno estrarne copia gratuitamente. Quanto alle modalità di esercizio dell’acquisto di azioni proprie, occorre aggiungere come, a differenza delle public companies153, le 153 Nelle public companies, gli acquisti di azioni proprie sono consentiti solo nella misura degli utili distribuibili o dei proventi di una recente emissione di azioni. È chiaro, pertanto, l’intento di preservare la plc una riduzione non formalizzata di capitale sociale.Così BOWEN, (nt.101), 159. Si noti l’analogia con quanto disposto per le s.p.a. italiane, ove gli acquisti di azioni proprie sono consentiti a patto che la relativa spesa non ecceda le riserve di capitale disponibili e regolarmente iscritte a bilancio. Si veda l’articolo 2357 del codice civile. 71 private companies possano adoperare per il pagamento delle quote acquistate o riscattate lo stesso capitale sociale154, purché il pagamento sia considerato “permissible”. Il compito di attestare tale qualità spetta agli amministratori, che si pronunciano sostanzialmente sulla solvibilità della società alla luce dell’operazione tramite una dichiarazione che deve essere supportata da un rapporto dei revisori. Amministratori e revisori rispondono anche penalmente della veridicità e ragionevolezza di quanto attestano155. La procedura di pagamento “out of capital”,che intacchi cioè lo stesso capitale sociale, deve essere approvata dall’assemblea a maggioranza qualificata e vi si possono opporre tutti i soci che non abbiano votato a favore, nonché i creditori. L’opposizione si promuove innanzi alla corte, che può disporre il diritto di recesso del socio dissenziente e la concessione di garanzie adeguate al creditore potenzialmente leso; altrimenti convaliderà o annullerà la delibera. Un’altra operazione considerata rischiosa per l’effettiva consistenza del capitale sociale è la concessione, per l’acquisto di proprie azioni, di assistenza finanziaria della società ad un terzo. La regola generale 154 Così dispone la section 171 del Companies Act 1985. 155 Gli amministratori saranno obbligati in solido con l’originario titolare delle azioni che furono acquistate dalla società, per l’ammontare del relativo prezzo, qualora nell’anno successivo 72 ne fa espresso divieto156, fornendone una definizione estensiva. Secondo la section 152 del Companies Act 1985 sono infatti riconducibili all’ipotesi di financial assistance, e come tali vietate, le donazioni, i prestiti, la prestazione di garanzie e fideiussioni, la remissione di debito, nonché ogni altra operazione volta a diminuire la responsabilità di chi acquista le azioni. Esistono tuttavia casi di assistenza finanziaria considerati perfettamente legittimi, applicabili alle private come alle public companies. Essi sono elencati nella section 153 del Companies Act 1985 e riguardano essenzialmente: la distribuzione dei dividendi; l’emissione di azioni premio (bonus shares); la riduzione di capitale sociale omologata dal giudice; qualunque altra operazione finanziaria eseguita in conformità ad un ordine del giudice, quali transazioni, cessioni di credito, liquidazione volontaria. Altre ipotesi specifiche di esenzione dal divieto generale sono previste dalla stessa section 153 con riferimento all’emissione di azioni per i dipendenti della società, che può concedere assistenza al fine di incentivarne la partecipazione. Solo alle private companies è concessa, infine, la possibilità di procedere ad operazioni di assistenza finanziaria non ricomprese nelle all’acquisto di proprie azioni la società fallisca. Così: Insolvency Act 1986, section 76. In merito si veda, più approfonditamente, BOWEN, (nt. 101), 335. 156 Si veda la section 151 del Companies Act 1985. 73 categorie esenti dal divieto. In questi casi la società avrà l’onere di seguire una procedura che garantisca soci e creditori da eventuali pregiudizi. Questa è contenuta nelle sections da 155 a 158 e corrisponde sostanzialmente a quella prevista per l’acquisto di azioni proprie157, alla cui disciplina si rinvia. 2.8 I conferimenti e le quote sociali La disciplina tracciata dal Companies Act in tema di conferimenti riguarda unicamente le public companies158. Alle private companies è pertanto consentito di non sottostare ai rigidi vincoli ivi previsti. In particolare si ritiene che esse possano emettere azioni a fronte di conferimenti che, come già accennato, non è necessario siano liberati, nemmeno in parte, al momento della sottoscrizione. La società può inoltre accettare conferimenti in natura, senza che il loro valore debba essere certificato dalla relazione di un esperto. Per quanto riguarda i conferimenti di prestazioni di lavoro, se prima facie essi non 157 Di cui supra. 158 Sulla disciplina dei conferimenti e della loro valutazione nelle public companies ha inciso significativamente la Seconda Direttiva societaria del Consiglio Europeo, intesa a coordinare le 74 sembrano essere impediti da nessuna norma, occorre rilevare come la giurisprudenza sia piuttosto restia ad ammetterne la validità159. Parrebbe invece applicabile anche alle private companies la disposizione di cui alla section 100 del Companies Act, che proibisce alle società di emettere azioni ad un prezzo inferiore al loro valore nominale. Il divieto può tuttavia essere facilmente eluso, se si considera che ai conferimenti non in denaro può essere attribuito il valore che la società ritiene più opportuno, senza controlli che ne accertino quello effettivo. Ciò determina che nella pratica vi sia una sostanziale libertà nella definizione della quota in base all’entità del conferimento. In tale valutazione gli amministratori sono tenuti solo a comportarsi con onestà e correttezza. Si ritiene inoltre che le corti non debbano intromettersi in una determinazione che, per quanto riguarda le private companies, pare affidata all’autonomia privata. In quest’ottica tuttavia, il problema può sorgere quando a decidere la valutazione da attribuirsi ad un conferimento, oppure il prezzo per il garanzie che sono richieste per la costituzione di società per azioni, nonché la salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale delle stesse. 159 Si veda in merito la pronuncia del giudice Parker nel caso Gardner v. Iredale ove si afferma che il conferimento di prestazioni di lavoro muterebbe la responsabilità del socio per la liberazione dell’ammontare del capitale sottoscritto in un’azione della società per inadempimento contrattuale, incompatibile o comunque diversa con quella propria del rapporto sociale. Prosegue tuttavia il giudice sostenendo che nel caso di specie la società potesse semplicemente convertire le azioni 75 trasferimento di una quota, non sia l’autonomia contrattuale delle parti, ma si debba procedere ad una stima obbligatoria. Questo può accadere per ordine della corte, per un’ipotesi di trasferimento coattivo prevista dallo statuto o, ancora, in caso di bancarotta o di morte di un socio. In questi casi, in mancanza di un accordo fra le parti, si dovranno applicare criteri di valutazione alternativi all’autonomia contrattuale. In assenza di previsioni normative la soluzione di tale problema è stata affrontata caso per caso dalla giurisprudenza delle corti. Esulando dai fini di questo lavoro la trattazione specifica delle singole sentenze160, basti qui rilevare come siano stati tracciati due alternativi criteri di valutazione delle quote sottoposte a trasferimento coattivo: 1) una stima basata sul valore “pro rata” delle azioni suddivise per classi e per prezzo unitario; 2) una valutazione “pro rata” della quota, che però tenga conto dell’influenza che essa può avere ai fini della gestione societaria, con un incremento del valore delle quote di controllo e una conseguente riduzione di quelle di minoranza. sottoscritte in cambio dell’obbligazione di prestare il proprio lavoro in azioni da liberare con un conferimento in denaro. La sentenza è commentata succintamente in BOWEN, (nt.101), 147. 160 Per approfondimenti in merito e per una panoramica delle pronunce giurisprudenziali si veda BOWEN, (nt. 101), 229 e ss. 76 In ogni caso si dovrà procedere in prima battuta alla stima del valore dell’intera compagine azionaria. A seconda della situazione della società si potrà optare per un criterio di valutazione secondo il principio della continuazione dell’impresa (going-concern), che tenga conto della sua posizione sul mercato, delle possibilità e dei progetti futuri, piuttosto che per una perizia del patrimonio sociale nello stato in cui si trova e per come si presenta, senza considerazione della prosecuzione dell’attività imprenditoriale. L’ultimo aspetto di cui occorre dare conto, anche se brevemente, è quello della distribuzione degli utili. Si noti come, prima del Companies Act 1980, la disciplina fosse sostanzialmente affidata alla giurisprudenza. Con l’introduzione di norme legislative, contenute ora nel Companies Act 1985, la materia viene regolata in maniera univoca e per gran parte comune a public e private companies. In favore di queste ultime non manca tuttavia una rilevante deroga al regime, coerente con la maggiore permissività in tema di capitale sociale. Applicabile ad entrambi i modelli societari è la regola secondo la quale si possa procedere alla distribuzione161 dei soli profitti realmente 161 La section 263 al punto due fornisce una definizione del concetto di “distribution” come inclusivo della ripartizione fra i soci di denaro o qualsiasi altro tipo di bonus, provenienti da emissione, riscatto o acquisto di quote o da riduzione di capitale o da ripartizione dell’attivo in caso di scioglimento della società. Cfr.: BOWEN, (nt. 101), 152, in nota. 77 conseguiti, che non siano già stati precedentemente distribuiti o utilizzati per una ricapitalizzazione, al netto delle perdite per le quali non si sia corrispondentemente ridotto il capitale. L’agevolazione, per le private companies, sta nel fatto che, a differenza delle public companies, le prime non debbano sottrarre dai profitti il capitale stanziato per le perdite non realizzate162. Secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale gli amministratori che procedano indebitamente ad una distribuzione intaccando il capitale sociale, sono responsabili in solido per le somme illegittimamente distribuite. L’azione non può essere ratificata dall’assemblea, perché si tratterebbe di un atto ultra vires. Gli amministratori si possono anche rivalere sui soci, per le somme da essi a torto percepite, solo se questi siano a conoscenza dell’illegittimità della distribuzione. 162 Sono queste la così dette “undistributable reserves” o riserve indisponibili, conosciute anche dall’ordinamento italiano nella disciplina della s.p.a., si veda l’articolo 2430 del codice civile. 78 2.9 Gli oneri pubblicitari e di bilancio Tutte le limited companies, siano esse public o private, sono tenute a pubblicare annualmente le proprie scritture contabili. È questo un onere a cui le società devono sottostare come conseguenza della responsabilità limitata di cui beneficiano. Si ritiene infatti che la pubblicità delle condizioni economiche della società costituisca un importante mezzo di informazione e di tutela dei terzi che possano entrarvi in contatto o in affari. I requisiti delle scritture contabili da pubblicare sono pertanto disciplinati con grande cura. Il Companies Act 1985 contiene dei veri e propri modelli163 da seguire nella redazioni di tali documenti, di cui precisano contenuto e forma. Si noti inoltre come la disciplina prevista si applichi indistintamente alle public come alle private companies. Con riferimento a queste ultime sono tuttavia previsti requisiti meno cogenti, qualora le private companies possano essere definite di piccola o media dimensione164. 163 Si veda in merito il Companies Act 1985, Schedule 4. 164 La disciplina è contenuta dalla section 247, punto 3, introdotta nel Companies Act 1985 dalle Companies Act 1985 ( Accounts of Small and Medium-Sized Enterprises and Publication of Accounts in ECUs) Regulations 1992, n. 2452. Per i requisiti dimensionali necessari al fine di rientrare in una o nell’altra categoria si veda supra, par. 1. 79 La legge prescrive che debbano essere redatti annualmente il conto economico dei profitti e delle perdite e il bilancio. Questi devono essere sottoscritti da un amministratore. Ciononostante, dell’eventuale difformità di essi da quanto stabilito dal Companies Act rispondono i solido tutti quanti gli amministratori, nonché la società, nel caso in cui i documenti annuali vengano depositati presso il registro delle imprese per la pubblicazione senza essere firmati. Disposizioni rilevanti sono previste anche per la redazione delle scritture day-to-day. La società è infatti tenuta a registrare tutti i pagamenti e gli acquisti effettuati, a specificarli e a motivarli. Lo stesso vale per i proventi e le vendite. Tali documenti devono essere conservati per un periodo di tempo non inferiore a tre anni. Oltre a quanto stabilito per le scritture contabili della società, la legge prescrive che in accompagnamento ad esse vengano redatte una relazione degli amministratori e, ove prevista una revisione contabile, un rapporto del revisore. La relazione degli amministratori deve dare conto della gestione della società, nonché delle vicende societarie dell’anno a cui si riferisce, con particolare riferimento all’ammontare degli utili distribuibili proposti e dell’eventuale passaggio di utili a riserva165. Essa attesta anche la conformità dei documenti contabili ai 165 Si veda la section 234, del Companies Act 1985. 80 modelli previsti dalle legge e chiarisce in un’apposita nota il motivo di eventuali deroghe che si siano rese necessarie per fornire un quadro veritiero e corretto166 della situazione economica. Il rapporto dei revisori è l’ultimo dei documenti richiesti dalla legge167 a supporto delle scritture contabili della società. Esso fornisce un’opinione in merito alla corrispondenza della relazione degli amministratori ai documenti della società. Tutti i documenti contabili e le relazioni di amministratori e, ove previsti, revisori devono essere spediti a tutti i soci almeno 21 giorni prima della data fissata per l’assemblea generale convocata per l’approvazione. Le facilitazioni previste per le società definita di piccola o media dimensione, secondo i criteri già visti168, consistono essenzialmente nella possibilità di redigere un bilancio in forma abbreviata, con l’omissione di alcune voci analitiche, a tutela della società stessa nei confronti della concorrenza, cui si evita così di ottenere informazioni troppo specifiche. 166 Si noti come questa risulti un’applicazione di quanto prescrive la Quarta Direttiva Societaria del Consiglio della Comunità Europea. 167 Il rapporto dei revisori è previsto dalla section 249 A del Companies Act 1985. 168 Si veda, supra, par. 1. 81 3. La società a responsabilità limitata Sommario: 3.1 La s.r.l. in generale. I caratteri distintivi - 3.2 La fattispecie costitutiva. Il procedimento - 3.3 (segue) L’atto costitutivo. La società unipersonali - 3.4 I conferimenti - 3.5 (segue) Il finanziamento dei soci. L’emissione di titoli di debito - 3.6 Le quote di partecipazione sociale - 3.7 Il recesso e l’esclusione del socio - 3.8 L’amministrazione e la rappresentanza della società 3.9 Il controllo sulla gestione e le azioni di responsabilità - 3.10 I libri sociali obbligatori. Il bilancio e la ripartizione degli utili - 3.11 Le decisioni dei soci e l’assemblea - 3.12 Le modificazioni dell’atto costitutivo - 3.13 (segue) L’aumento e la riduzione del capitale sociale 3.1 La s.r.l. in generale. I caratteri distintivi Conclusa l’analisi degli aspetti salienti della disciplina della private company si procederà, in questo capitolo, alla trattazione del modello societario previsto dal nostro ordinamento che ad essa è più vicino: quello della società a responsabilità limitata. 82 Occorre osservare preliminarmente come la disciplina della s.r.l. sia stata innovata significativamente dalla riforma delle società di capitali attuata con il decreto legislativo n. 6/2003. Nella breve trattazione che segue si cercherà pertanto di dare conto delle novità da essa introdotte anche con riferimento alla disciplina previgente. Nel codice civile del 1942 il legislatore annovera questo tipo di società fra quelle di capitali, contrapponendole idealmente alle società per azioni. Tuttavia, prima della riforma, invece di operare una netta distinzione dando conto delle diverse esigenze dei due modelli, si limitava a stabilire una disciplina per le società per azioni da applicare, ove rinviata, ad integrazione di quella, largamente incompleta , delle società a responsabilità limitata169. Ne risultava una disciplina quanto mai eterogenea, composta da disposizioni specifiche per la s.r.l., affiancate a disposizioni che ripetevano quasi pedissequamente quelle corrispondenti della società per azioni e ad altre ancora che invece rinviavano a singole norme della società per azioni. Mancava infine un rinvio di carattere generale alla disciplina della società per azioni in quanto compatibile, come norma di 169 FERRARINI, Origins of Limited Liability Companies and of Company Law Modernisation in Italy: a Historical Outline, in CEDIF, www.cedif.org, WP,5-2002, 16, che offe inoltre un’interessante prospettiva storica dell’istituto della s.r.l. 83 chiusura170. Questa tecnica legislativa creò ben presto il contrasto fra diverse correnti di pensiero sostenenti, da un lato il divieto di applicazione alla s.r.l. delle norme della società per azioni non espressamente richiamate; dall’altro l’opportunità di applicarle per analogia ad integrazione di quelle che vengono considerate semplici lacune legislative171. Se l’intento del legislatore del ’42 fu quello di creare uno schema più flessibile e a connotazione più marcatamente personalistica, adatto all’esercizio della piccola e media impresa, pare doveroso rilevare come proprio alcune delle caratteristiche che avrebbero dovuto rendere attraente il modello di s.r.l. tracciato dal codice, finirono per ostacolarne la diffusione. La più ampia autonomia, riflesso della concezione personalistica, finiva per attribuire ai soci una maggior libertà nella scelta delle forme di convocazione dell’assemblea e nella prescrizione di vincoli alla circolazione delle quote sociali172. Se da un lato la disciplina, in larga parte ricalcata, della s.p.a. poteva apparire eccessivamente rigida per l’esercizio di imprese di modeste dimensioni o a base familiare, alcuni dei vincoli alla circolazione delle 170 CAMPOBASSO, Diritto Commerciale, vol. 2, Diritto delle Società, quinta edizione, 2002, Torino, UTET, 544. 171 SALAFIA, Società a responsabilità limitata, in Codice commentato delle nuove società, a cura di Bonfante, Corapi, Marziale, Rordorf, Salafia, 2004, Milano, IPSOA, 991. 84 quote sociali e il divieto categorico di raccogliere capitali di rischio fra il pubblico dei risparmiatori, nonché di emettere titoli di credito, si presentava poco adatto all’organizzazione di imprese di dimensioni consistenti173. In effetti è proprio quello della s.r.l. l’istituto su cui incide maggiormente la riforma delle società174, attuata con il d.lgs. 6/2003, che si può dire si sia spinto addirittura oltre i limiti posti dalla legge delega175. Con il risultato del passaggio da una disciplina residuale, rispetto a quella della società per azioni, ad una disciplina con caratteri spiccatamente propri, che fa della s.r.l. un modello autonomo, 172 SALAFIA,(nt. 171), 990. 173 SALAFIA, (nt. 171), 991 e ss., aggiunge che dell’esiguo successo del modello di società a responsabilità limitata, tracciato dal codice civile del 1942, tenne conto, nel suo progetto di riforma, la commissione ministeriale presieduta dall’ on. Mirone. Se fu riconosciuta la validità della scelta del legislatore del ’42 di contrapporre allo schema di società per azioni un modello più flessibile e adatto alla piccola e media impresa, si cercò di accentuarne questo carattere, elaborando, per la s.r.l., una disciplina autonoma e profondamente diversa da quella della società per azioni. Il progetto Mirone fu sostanzialmente adottato dal Governo come disegno di legge delega per la riforma del diritto delle società di capitali, che ne riprese i criteri guida per l’elaborazione della futura disciplina: l’autonomia della regolamentazione rispetto alla disciplina della società per azioni; la libertà dei soci nella scelta della struttura, dell’organizzazione e del funzionamento della s.r.l.; la centralità della persona del socio, rispetto ai conferimenti 174 BUONOCORE, Commento breve al decreto legislativo 17 gennaio 2003 n. 6, recante la “riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione della legge 3 ottobre 2001 n. 366”., in Giur. Comm., 2003 II, suppl. al n. 4/03, 21. 175 SALAFIA, (nt. 2), 991. 85 connotato da marcati aspetti di tipo personalistico, ma pur sempre riconducibile alle società di capitali176. Coerente con tali obiettivi, la nuova disciplina presenta alcuni caratteri salienti: una marcata autonomia statutaria concessa ai soci, ben più ampia di quella contenuta nella disciplina della società per azioni; una “personalizzazione” del modello societario, intesa sia come valorizzazione del ruolo della persona del socio nelle vicende della società, sia come introduzione di regole che fin ad allora furono prerogativa esclusiva delle società di persone; il mantenimento della rigidità della disciplina e dell’imperatività delle norme poste a garanzia dei terzi, che rischierebbero in caso contrario di subire pregiudizio dall’ampia autonomia statutaria e dalla sopramenzionata “personalizzazione” connessa alla responsabilità limitata dei soci. Ne risulta un quadro molto articolato, un modello societario difficilmente riconducibile agli schemi che ci hanno abituato a contrapporre rigidamente società di capitali a società di persone. Se dal punto di vista sistematico la s.r.l. è annoverata fra le società di 176 BUONOCORE, (nt.174), 21, rileva come la sua funzione venga compiutamente descritta nella stessa relazione di accompagnamento al decreto n. 6, dove si legge che “la riforma (…) si muove nella direzione di una integrale revisione di tale modello societario” con l’obiettivo di “offrire agli operatori economici uno strumento caratterizzato da una significativa ed accentuata elasticità (…) che, imperniato fondamentalmente su una considerazione delle persone dei soci e dei loro rapporti 86 capitali e di queste presenta alcuni rilevantissimi aspetti, è innegabile che ne presenti altri tipici di quelle personali177, tanto che non mancano interpreti pronti ad ipotizzare un terzium genus lasciato alla libera determinazione dell’autonomia statutaria178. 3.2 La fattispecie costitutiva. Il procedimento La costituzione della società a responsabilità limitata, disciplinata all’articolo 2463, è un procedimento a fattispecie progressiva. Consta di due fasi: la prima è rappresentata dalla stipulazione dell’atto costitutivo, che può avvenire per contratto o per atto unilaterale; la seconda si completa con l’iscrizione della società nel registro delle imprese. Il compimento della prima fase è caratterizzato dalla responsabilità illimitata e solidale per le obbligazioni societarie assunte verso i terzi, di tutti coloro che hanno agito in nome e per conto della società personali, si volge a soddisfare esigenze particolarmente presenti nell’ambito del settore delle piccole e medie imprese”. 177 Nella Relazione di accompagnamento al decreto n. 6 si legge, infatti, che la s.r.l. «si caratterizza come una società personale la quale perciò, pur godendo del beneficio della responsabilità limitata, può essere sottratta alle rigidità di disciplina richieste per la s.p.a.». 87 costituenda. Stipulato l’atto costitutivo, sono da ritenersi altresì responsabili il socio unico fondatore e tutti i soci che hanno contribuito a decidere o autorizzare il compimento dell’operazione. Per quanto riguarda la seconda fase, l’ultimo comma del suddetto articolo rinvia ad alcune disposizioni dettate in tema di s.p.a., aventi ad oggetto le condizioni per la costituzione (con particolare riferimento al versamento dei conferimenti in danaro e alla stima di quelli in natura e di crediti), il deposito dell’atto costitutivo e l’iscrizione della società nel registro delle imprese, gli effetti di tale iscrizione, la nullità della società e i benefici riservati ai soci fondatori. Il procedimento si caratterizza, pertanto, per essere mutuato da quello stabilito per le società per azioni. Risulta definitivamente abrogato l’onere di omologazione giudiziale dell’atto costitutivo, in conformità di quanto già previsto, seppur in via provvisoria, dall’art. 32 l. 24.11.2000 n. 340 e in attuazione della prescritta semplificazione del procedimento di costituzione179. L’atto costitutivo deve essere stipulato per atto pubblico e spetta al notaio rogante o, in caso di sua inerzia, agli amministratori o a ciascun socio a spese della società depositarlo entro dieci giorni dalla stipulazione, presso l’ufficio del 178 Ma in senso contrario: BUONOCORE, (nt. 174), 21, che propende per l’inserimento della s.r.l. fra le società di capitali. 179 SALAFIA, (nt. 171), 992 88 registro delle imprese, allegando i documenti che attestino la sussistenza delle condizioni richieste per la registrazione, previste dall’articolo 2429, richiamato: 1) che sia sottoscritto per intero il capitale sociale; 2) che siano rispettate le previsioni degli articoli 2342 e 2343 relative ai conferimenti180; 3) che sussistano le autorizzazioni e le altre condizioni richieste dalle leggi speciali per la costituzione della società, in relazione al suo particolare oggetto. L’atto costitutivo perde efficacia, e le somme eventualmente riscosse vanno restituite ai sottoscrittori, se entro novanta giorni dalla sua stipulazione o dal rilascio delle autorizzazioni di cui al n. 3) dell’articolo 2429 l’iscrizione non si sia perfezionata. Questa deve essere richiesta contestualmente al deposito presso l’ufficio del registro che, a norma dell’articolo 2330, 3°comma, “verificata la regolarità formale della documentazione, iscrive la società”. Con l’iscrizione nel registro delle imprese si completa la seconda ed ultima fase del procedimento di costituzione, al termine del quale la 180 BUONOCORE, (nt. 174), 22, in merito rileva come il rinvio agli articoli 2342 e 2343, in materia di conferimenti, paia frutto di un’imprecisione. La disciplina dei conferimenti è, infatti, esaustivamente trattata, e in maniera specifica per la s.r.l., dall’articolo 2464, rispettivamente al 89 società acquista la personalità giuridica e la conseguente responsabilità limitata. 3.3 (segue) L’atto costitutivo. La società unipersonale Il contenuto dell’atto costitutivo della nuova s.r.l., previsto all’articolo 2463, non è sostanzialmente diverso da quello previsto dal vecchio art. 2475, né lo è la forma, che deve sempre rivestire l’atto pubblico. Rileva, in primo luogo, la previsione secondo cui la società può essere costituita per contratto o per atto unilaterale. Scompare, tuttavia, in tale ultima ipotesi, l’espresso riferimento alla responsabilità illimitata del socio fondatore per le operazioni compiute in nome della società prima della sua iscrizione nel registro delle imprese, che tuttavia è sancita dall’articolo 2331, richiamato dall’ultimo comma dell’articolo 2463. Analogamente a quanto disposto in tema di società per azioni, l’atto costitutivo deve contenere i dati necessari ad individuare i soci che siano persone giuridiche. È altresì disposta l’indicazione del comune commi 3° e 4°. Sono, pertanto, questi ultimi a doversi applicare in luogo di quelli a cui erroneamente si rinvia. 90 dove è posta la sede sociale. A questo proposito è stato notato come, con riferimento alla costituzione di una società unipersonale, con la riforma, sia caduta la prescrizione del vecchio articolo 2497, che escludeva il beneficio della responsabilità limitata per l’unico socio, quando egli sia a sua volta una società di capitali o qualora sia, contemporaneamente, unico socio di altra società di capitali181. L’atto costitutivo infine non deve più indicare le norme per la ripartizione degli utili, bensì la quota di partecipazione di ciascun socio. Non è più richiesta l’indicazione della durata della società, potendo la stessa essere costituita a tempo indeterminato. 3.4 I conferimenti Quella dei conferimenti è sicuramente una delle materie su cui la riforma ha inciso in misura maggiore. I nuovi articoli 2464, 2465 e 2466 riscrivono completamente la vecchia disciplina contenuta negli articoli 2474 e 2476. 181 SALAFIA, (nt. 171), 993, fa notare come la legge delega non contenesse alcun mandato per la revisione della disciplina della costituzione della società con atto unilaterale. La riforma della materia, pertanto, seppur compatibile con la Dodicesima Direttiva societaria del Consiglio della 91 I “principi e criteri direttivi” della riforma sono enunciati dalla stessa legge delega, all’articolo 3, comma 2 che prevede che la nuova disciplina dei conferimenti sia tale da “consentire l’acquisizione di ogni elemento utile per il proficuo svolgimento dell’impresa sociale” e da “consentire ai soci di regolare l’incidenza delle rispettive partecipazioni sociali sulla base di scelte contrattuali”. E’ inoltre affermata la necessità di “semplificare le procedure di valutazione dei conferimenti in natura nel rispetto del principio di certezza del valore a tutela dei terzi”. Con riferimento al capitale è infine prescritto che si proceda a “prevedere norme inderogabili in materia di formazione e conservazione del capitale sociale, nonché in materia di liquidazione, che siano idonee a tutelare i creditori sociali consentendo, nel contempo, una semplificazione delle procedure”182. Questi obiettivi vengono così connessi con quello stesso che fu già del Progetto Mirone, ed è illustrato al Cap. 11 della Relazione di accompagnamento al d.lgs. n. 6 del 17.01.2003, che afferma l’opportunità di sottrarre la società a responsabilità limitata alle “rigidità di disciplina richieste per la società per azioni”. Ma c’è chi, Comunità Europea, che prevede la costituzione, negli stati membri, di società di capitali unipersonali, sarebbe in contrasto con la legge delega. 182 DE DONNO, art. 2464, in Codice commentato delle nuove società, op. cit. (nt. 171), 1011. 92 proprio a questo riguardo, segnala un’eccessiva prudenza del legislatore delegato nel realizzare l’auspicato distacco dalla disciplina della società per azioni, con particolare riferimento alle “norme inderogabili in materia di formazione e conservazione del capitale sociale” di cui all’art. 3, comma 2, lett. i), l. 366/2001183. Un’opposta dottrina critica la maggior libertà concessa con la nuova disciplina dei conferimenti, in quanto incompatibile con l’applicazione della Seconda Direttiva societaria del Consiglio della Comunità Europea che, agli articoli 8 e 9, prevede il divieto di conferimento nella s.p.a. di prestazioni d’opera o di servizi e l’obbligo di versamento di un minimo del 25% del conferimento, al momento della costituzione184. L’applicabilità di questa direttiva era stata prevista con il decreto di attuazione nell’ordinamento italiano d.P.R. n. 30 del 1986, anche per la società a responsabilità limitata, che ne viene ora esclusa. A prescindere dal fatto che se ne condivida o meno il merito, non si può non riconoscere che il comma 2 dell’articolo in esame, stabilendo che possono essere conferiti tutti gli elementi dell’attivo suscettibili di valutazione economica, reca una disposizione di fondamentale importanza, in quanto viene superato il divieto di conferimento di 183 MIOLA, Capitale sociale e conferimenti nella “nuova” società a responsabilità limitata, in Riv. Soc., 2004, 659. 184 SALAFIA, (nt. 171), 992 93 prestazioni d’opera e di servizi. Come precisato nella Relazione di accompagnamento alla riforma, questa soluzione sembra corrispondere ad una prospettiva volta ad accentuare la connotazione personalistica della s.r.l., nella quale il contributo del socio molto spesso si caratterizza per le sue qualità personali e professionali, piuttosto che per il valore oggettivo di beni apportati. Tuttavia, al fine di tutelare i creditori sociali, l’art. 2464 dispone che l’adempimento della prestazione sia garantito, per l’intero valore ad essa assegnato, da una polizza assicurativa o fideiussione bancaria ovvero, se l’atto costitutivo lo consente, da una cauzione di uguale valore costituita dal socio. Alla sottoscrizione dell’atto costitutivo deve ancora essere versata, presso una banca, una parte dei conferimenti di capitale che passa dai tre decimi originariamente previsti, al 25%, più l’intero ammontare dell’eventuale sovrapprezzo. L’art. 2464 nuovo testo ha, tuttavia, recepito al proprio interno la possibilità che il versamento del 25% dei conferimenti in danaro (o del loro intero ammontare in caso di costituzione unilaterale), sia sostituito dalla stipula, per un importo almeno corrispondente, di una polizza assicurativa o di una fideiussione bancaria. Tale possibilità era stata prevista già dalla l. 18- 94 10-2001, n. 383, recante «Primi interventi per il rilancio dell’economia». Per quanto riguarda la semplificazione delle procedure di valutazione, il nuovo art. 2465 snellisce il procedimento di stima dei conferimenti in natura e dei crediti e non richiede più la nomina del perito da parte del Presidente del Tribunale, ritenendo sufficiente garanzia che il perito medesimo sia prescelto tra soggetti iscritti nell’albo dei revisori contabili (o nell’albo tenuto dalla Consob per le società di revisione). In caso di mancata esecuzione dei conferimenti è prevista, dall’articolo 2466, la possibilità di diffida del socio moroso, non solo in caso di mancato pagamento delle quote, come recitava la stessa rubrica dell’articolo 2477, preriforma, ma, coerentemente con la nuova disciplina, anche qualora, “per qualsiasi motivo siano scadute o divengano inefficaci185” la polizza o l’assicurazione186 . La diffida del socio moroso ad adempiere entro trenta giorni non è più una facoltà degli amministratori, ma è divenuto un obbligo. Decorso inutilmente il termine indicato, gli amministratori possono intraprendere l’azione per l’esecuzione dei conferimenti e, qualora la ritengano infruttuosa, possono procedere alla vendita della quota del socio moroso agli altri 185 Articolo 2466, ultimo comma. 186 DE DONNO, art. 2466, (nt. 182), 1018. 95 soci, in proporzione della loro partecipazione. In mancanza di offerte da parte di questi ultimi e se l’atto costitutivo lo consente, la quota è venduta all’incanto. 3.5 (segue) Il finanziamento dei soci. L’emissione di titoli di debito. Connessa con la disciplina dei conferimenti è quella dei “Finanziamenti dei soci”, trattata all’articolo 2467. Con la norma in esame il legislatore ha affrontato il problema dei finanziamenti effettuati dai soci a favore della società, che costituiscono, da un punto di vista sostanziale, parte del capitale sociale. Nell’intento di evitare possibili abusi, e a tutela dei terzi creditori, il legislatore ha sancito la postergazione dei relativi crediti rispetto a quelli degli altri creditori e la restituzione del rimborso dei finanziamenti che sia stato effettuato nell’anno precedente alla dichiarazione di fallimento della società. Per distinguere i «finanziamenti dei soci a favore della società» da quei rapporti finanziari tra soci e società che possono essere parificati a quelli con un qualsiasi terzo, il legislatore ha adottato, al secondo comma dell’articolo 2467, un criterio legato alla valutazione della situazione della società, da confrontare con i comportamenti che nel mercato sarebbe ragionevole aspettarsi. La ratio è di colpire solo i 96 comportamenti che creano una situazione di eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto, dove sarebbe, quindi, più ragionevole un conferimento. Si individua pertanto uno standard di comportamento socialmente tipico alla luce degli usi commerciali del settore di attività della società interessata187. Parimenti legata ai conferimenti e al capitale sociale è la possibilità, introdotta per la prima volta con la riforma, dell’emissione di titoli di debito. La disciplina è prevista all’articolo 2483 e nasce con l’intento di contemperare da un lato l’esigenza delle società a responsabilità limitata di accedere a una forma di finanziamento eteronomo188, adatto a raccogliere capitale per imprese di dimensioni medio – grandi e, dall’altro, alla di tutela e salvaguardia degli interessi dei risparmiatori. Il legislatore ha quindi consentito la sottoscrizione di tali titoli esclusivamente ad investitori particolarmente qualificati e come tali in grado di valutare effettivamente il rischio, ed ha altresì previsto, per il caso di un successivo trasferimento dei titoli, una garanzia analoga a quella prevista in materia di cessione del credito. 187 DE DONNO, art. 2467, (nt. 18), 1023 188 BUONOCORE, (nt. 9), 31 97 3.6 Le quote di partecipazione sociale. La riforma delle società innova profondamente la materia delle quote sociali, tanto che si è sostenuto che l’unico punto comune alla vecchia e alla nuova disciplina, oggi contenuta negli articoli da 2468 a 2472, sia il divieto di rappresentare le quote con azioni, a cui si aggiunge quello di farne oggetto di sollecitazione all’investimento189. La ratio della norma risulta di ovvio intendimento qualora si consideri il carattere di società chiusa della s.r.l.190 e la sua connotazione fortemente personalistica, evidentemente incompatibili con tecniche di raccolta di adesioni alla società, così anonime e standardizzate191. Un’importante innovazione è costituita dalla possibilità di determinare la partecipazione sociale in maniera non proporzionale al conferimento e di attribuire a singoli soci particolari diritti 189 BUONOCORE, (nt. 9), 24 190 PERRINO, La” rilevanza del socio” nella s.r.l.: recesso, diritti particolari, esclusione, in Giur. Comm., 2003, I , 814. 191 ROSAPEPE, Appunti su alcuni aspetti della nuova disciplina della partecipazione sociale nella s.r.l., in Giur. Comm., 2004, I, 479. 98 amministrativi o patrimoniali192. È fuori di dubbio che una così ampia autonomia nella configurazione delle partecipazioni sociali e dei diritti da esse derivanti, fermo il divieto di patto leonino di cui all’articolo 2265, contribuiscano ad avvicinare il modello di società a responsabilità limitata a quello delle società di persone. Fortemente riformata è stata anche la disciplina del trasferimento della quota. L’articolo 2469 stabilisce che, qualora la trasferibilità delle quote sia vietata o limitata - come già in passato previsto - vuoi da particolari condizioni oggettive e soggettive vuoi dal mero gradimento della società, sia concesso al titolare della quota il diritto di recedere. Questo può essere limitato dall’atto costitutivo che non può tuttavia impedirlo per un periodo di tempo superiore a due anni. Per quanto attiene alla pubblicità del trasferimento della partecipazione, il legislatore della riforma, oltre a ribadire quanto già dettato per il trasferimento inter vivos, ha provveduto a disciplinare l’ipotesi di trasferimento mortis causa, disponendo che il deposito del relativo atto presso il registro delle imprese e l’iscrizione dello stesso nel libro dei soci siano effettuati a richiesta dell’erede o del legatario 192 È stato rilevato, a questo riguardo, come la lettera della norma, nella previsione della congiunzione disgiuntiva “o”, sembri escludere la possibilità di prevedere l’attribuzione in capo allo stesso socio di particolari diritti, sia di natura patrimoniale, sia di natura amministrativa. In questo senso: ROSAPEPE, (nt. 191), 481. 99 verso presentazione della documentazione richiesta per l’annotazione nel libro dei soci. Gli interventi maggiormente significativi riguardano però la tutela degli acquirenti delle partecipazioni sociali: nel caso di conflitto tra acquirenti, la prevalenza di colui che per primo ottiene l’iscrizione del trasferimento nel registro delle imprese non consegue semplicemente alla sua priorità temporale, ma richiede inoltre il requisito soggettivo della buona fede193. Gli adempimenti pubblicitari in caso di trasferimento di quote vanno integrati con quelli prescritti per la società unipersonale qualora riguardino una della ipotesi previste dai commi da 4 a 7 dell’articolo in esame. Le quote sono espropriabili e vi si può costituire pegno, usufrutto e ipoteca. In linea con la personalizzazione dello schema societario è inoltre prevista, all’articolo 2472, per i tre anni successivi al trasferimento inter vivos della quota, la responsabilità solidale 193 La norma ricorda quella sul trasferimento dei beni immobili di cui all’articolo 1155 e ha suscitato critiche per la sua sostenuta incoerenza, essendo parsa ben più adatta la disciplina dell’articolo 1156 su trasferimenti dei beni mobili registrati. Vedi amplius, ROSAPEPE, (nt. 191), 491. 100 dell’alienante per i versamenti ancora dovuti dall’acquirente alla società, decorso inutilmente il termine di mora194. 3.7 Il recesso e l’esclusione del socio. L’istituto del recesso risulta radicalmente riformato, in attuazione dei principi dettati in merito dalla legge delega, volti a rafforzare la posizione del socio in presenza di mutamenti significativi della società. Sono due gli aspetti centrali della tutela: da un lato si ampliano i casi in cui la facoltà del socio di recedere dalla società è garantita ex lege, salva la possibilità dell’autonomia statutaria di prevederne ulteriori; dall’altro si disciplinano le modalità di rimborso del conferimento, con attenzione ai mutamenti della situazione patrimoniale della società avvenuti nel tempo195. 194 BUONOCORE, (nt. 174), 25. 195 ROSAPEPE, (nt. 191), 493. 101 L’articolo 2473 stabilisce al primo comma che spetti innanzitutto all’atto costitutivo determinare quando il socio possa recedere dalla società e le relative modalità. A questa prima ipotesi di recesso convenzionale si contrappone la previsione di fattispecie tassative e inderogabili di recesso legale. Sono queste contenute per lo più nello stesso articolo 2473, con riferimento al diritto del socio che non abbia consentito al cambiamento dell’oggetto o del tipo di società, alla sua fusione o scissione, alla revoca dello stato di liquidazione, al trasferimento della sede all’estero, all’eliminazione di una o più cause di recesso previste dall’atto costitutivo e al compimento di operazioni che comportino una sostanziale modificazione dell’oggetto della società determinato nell’atto costitutivo o a una rilevante modificazione dei diritti attribuiti ai soci a norma dell’articolo 2468, quarto comma. Nella società costituita a tempo indeterminato spetta altresì al socio il diritto di recedere con un preavviso non inferiore a centottanta giorni. L’atto costitutivo può richiedere un termine più lungo, ma che non ecceda, in ogni caso, la durata di un anno. Altre ipotesi di recesso sono agli articoli 2469, cui si è già accennato in merito ai limiti alla trasferibilità delle quote196, e 2481-bis, con 196 Vedi supra, cap. 2.6. 102 riferimento al socio che non consenta all’aumento di capitale sociale mediante nuovi conferimenti. Sono inoltre ammesse da autorevole dottrina197 e costante giurisprudenza, ulteriori circostanze che legittimerebbero un recesso per giusta causa, diverse da quelle previste ex lege e da quelle convenzionali. Si allude a tutti quei casi in cui il rapporto fiduciario con la società sia incrinato a tale punto da non consentire una proficua prosecuzione del rapporto sociale. Per quanto riguarda i profili patrimoniali legati al recesso, il legislatore ha voluto assicurare che la misura della liquidazione della partecipazione venga determinata nel modo più vicino possibile al suo valore di mercato, introducendo a tal fine un procedimento con cui si superano gli eventuali contrasti sul valore della quota da liquidare, con l’affidamento della sua quantificazione a un esperto designato dal tribunale. Il rimborso della quota deve avvenire, in ogni caso, entro centottanta giorni dalla comunicazione del recesso alla società. La disciplina dell’esclusione del socio è contenuta nell’articolo 2473bis. La norma in esame, di portata decisamente innovativa, si pone comunque in perfetta coerenza con la concezione personalistica della s.r.l. introdotta dalla riforma. Salva una sola ipotesi legale di 197 ROSAPEPE, (nt. 191), 494; nello stesso senso: PERRINO, (nt. 190), 823. 103 esclusione, quella del socio moroso quando siano falliti i tentativi di vendita della sua quota198, la determinazione dei casi di esclusione è rimessa all’atto costitutivo, con rinvio, per quanto riguarda la liquidazione della quota del socio escluso, all’articolo precedente, “esclusa la possibilità del rimborso della partecipazione mediante riduzione del capitale sociale”199. 3.8 L’amministrazione e la rappresentanza della società. La disciplina dell’amministrazione e della rappresentanza della società, contenuta nella Sezione III, è trattata prevalentemente all’ articolo 2475, che non ha mancato di suscitare critiche e contrasti in dottrina per la sua asserita artificiosità200. La norma in esame riserva ampio spazio all’autonomia contrattuale, con la possibilità di optare per un modello di gestione proprio delle società di capitali o piuttosto che per soluzioni di stampo tipicamente personalistico201; essa, infatti, 198 BUONOCORE, (nt. 174), 32. 199 Art. 2473, comma 2, ultimo periodo. 200 BUONOCORE, (nt. 174), 21 e 28; MOZZARELLI, Riflessioni sul regime legale di nomina degli amministratori della s.r.l. alla luce della riforma del diritto societario, in Riv. Soc., 2004, 724 e ss. 201 Si è sollevato, a riguardo, il problema se l’applicazione analogica delle norme atte a colmare le numerose lacune contenute nella disciplina specifica della s.r.l. debba avvenire sulla base di quelle della s.p.a. o piuttosto di quelle del Titolo IV del Libro V, in materia di società di capitali. Per un 104 riconosce libertà di scelta sia per quanto concerne l’individuazione delle persone cui l’amministrazione è affidata, sia con riferimento al metodo secondo il quale queste dovranno agire. Sono permesse forme di amministrazione sia disgiuntiva sia congiuntiva, cui si applicano le regole previste in tema di società di persone. In caso di amministrazione di tipo collegiale, è previsto che la decisione possa essere adottata sulla base del consenso espresso per iscritto dagli amministratori e, dunque, senza la necessità di una riunione. Sono infine introdotte, all’ultimo comma, materie riservate espressamente alla decisione dell’organo di amministrazione, dovendosi quindi ritenere che per quelle incombenze ( la redazione del progetto di bilancio e dei progetti di fusione o scissione, nonché le decisioni di aumento del capitale) sia esclusa l’amministrazione disgiuntiva202. Con l’introduzione dell’articolo 2475-bis, la rappresentanza generale della società è attribuita a tutti gli amministratori, il che costituisce una significativa modifica alla previgente disciplina. Ai sensi del vecchio art. 2328 infatti, era l’atto costitutivo che indicava quali degli amministratori avessero la rappresentanza della società. Resta ferma la possibilità (già prevista all’art. 2384 vecchio testo, cui rinviava l’art. approfondimento: CAPO, Il governo dell’impresa e la nuova era della società a responsabilità limitata, in Giur. Comm., 2003, I, 502. 202 FIGONE, art. 2475, in Codice commentato delle nuove società, op. cit. (nt. 171), 1057. 105 2487 al secondo comma) che l’atto costitutivo o l’atto di nomina prevedano limitazioni ai poteri degli amministratori. Queste ultime, anche se pubblicate, non sono tuttavia opponibili ai terzi, salvo che si provi che questi abbiano intenzionalmente agito in danno alla società. Ne discende che in tutti i casi in cui non venga provato il dolo del terzo, l’atto resta vincolante per la società anche se compiuto ultra vires203. Alla stregua degli stessi principi sono disciplinati i casi di atti compiuti in conflitto di interessi di cui all’articolo 2475-ter. L’ipotesi del primo comma è quella dell’amministratore, in conflitto di interessi, che concluda un contratto con un terzo in nome e per conto della società. Indipendentemente dall’esistenza di un effettivo danno, la società può agire per l’annullamento del contratto. Tale facoltà trova tuttavia un limite nell’esigenza di tutelare l’affidamento del terzo di buona fede. Condizione per l’esercizio dell’azione di annullamento è, di conseguenza, che il conflitto di interessi fosse riconoscibile al terzo o fosse da questo effettivamente conosciuto. 203 . L’oggetto sociale non costituisce più limite al potere di rappresentanza, in ossequio di quanto previsto dall’articolo 9 della Prima direttiva societaria del Consiglio della Comunità Europea del 9 marzo 1968, applicabile a tutte le società di capitali. Vedi amplius CASSOTTANA, NUZZO,( nt. 5), 29. Si noti, in oltre, l’analogia con la disciplina inglese delle private companies, v. supra. 106 L’ipotesi di cui al secondo comma è invece quella della deliberazione assunta dal consiglio di amministrazione alla quale abbia partecipato, con voto determinante, l’amministratore in conflitto di interessi con la società. In tale caso l’impugnativa incontra dei limiti più decisi, quali l’effettivo danno patrimoniale per la società ed il termine decadenziale di novanta giorni204. La legittimazione ad impugnare spetta a ciascun amministratore e, ove previsti, al collegio sindacale o al revisore. Restano salvi, in ogni caso, i diritti acquisiti dai terzi in buona fede. 3.9 Il controllo sulla gestione e le azioni di responsabilità. L’istituto del controllo sulla gestione della società e sulle azioni di responsabilità è stato profondamente innovato dalla riforma. Nella nuova regolamentazione della materia è evidente, ancor più che in altri campi, l’intento del legislatore di creare un modello dove sia prima di tutto l’autonomia statutaria a connotare il carattere della 204 Si discute, tuttavia, se il dies a quo debba essere, in applicazione analogica della disciplina della s.p.a., il giorno dell’assunzione della deliberazione del consiglio di amministrazione o se piuttosto il termine debba decorrere dal momento della sua trascrizione nel libro dei soci. FIGONE, art. 2475-ter, (nt. 202), 1061. La seconda soluzione sembra più adatta alla possibilità degli amministratori di assumere decisioni scritte, senza bisogno do una apposita delibera consigliare. 107 società, con la scelta di soluzioni tipicamente appartenenti alle società di persone, piuttosto che a quelle di capitali205. Particolarmente significativa è la disciplina della responsabilità degli amministratori e della tutela riconosciuta ai soci dall’articolo 2476, imperniata sul principio secondo il quale ad ogni socio è riconosciuto il diritto di ottenere notizie dagli amministratori in merito allo svolgimento degli affari sociali, e di procedere ad una diretta ispezione dei libri sociali e dei documenti concernenti l’amministrazione della società. Coerente conseguenza di tale soluzione è il potere di ciascun socio di promuovere l’azione sociale di responsabilità e di chiedere la provvisoria revoca giudiziale dell’amministratore nell’ipotesi di gravi irregolarità. Diventa, dunque, sostanzialmente superflua la previsione di forme di intervento del giudice quali quelle previste dal vecchio art. 2409, nell’ottica di una “privatizzazione” del controllo sulla gestione206. Ai commi successivi sono altresì previsti: il potere di rinuncia o transazione dell’azione di responsabilità, affidate alla decisione di maggioranze particolarmente qualificate; il diritto del socio o di un terzo di chiedere il risarcimento dei danni direttamente subiti per effetto di comportamenti illeciti degli 205 RUGGIERO, La revoca dell’amministratore nella nuova s.r.l., in Le Società, 2004, 9, 1085. 206 ARATO, Il controllo individuale dei soci e il controllo legale dei conti nella s.r.l., in Le Società on line, www.ipsoa.it/lesocietà, 14. 108 amministratori; la responsabilità, solidale con quella degli amministratori, dei soci che intenzionalmente hanno contribuito al compimento di atti dannosi per la società, i soci o i terzi. Con questa previsione il legislatore tenta di evitare che, laddove l’effettivo potere di amministrazione non corrisponda all’assunzione della relativa veste formale (possibilità tanto più realistica considerata la natura marcatamente personalistica della s.r.l. che si presta all’ingerenza dei soci nelle scelte gestionali), tale mancata assunzione diventi un facile strumento per eludere la responsabilità che deve incombere su chi effettivamente gestisce la società207. Per quanto riguarda il controllo legale dei conti, disciplinato all’articolo 2477, è necessario rilevare in primis che la nomina di un collegio sindacale o di un revisore può essere prevista dall’atto costitutivo, che ne determina le competenze ed i poteri. La nomina di tali organi, sulla scia di quanto già previsto dall’art. 2488, è disposta inderogabilmente quando il capitale sociale non è inferiore a quello minimo previsto per le società per azioni (centoventimila euro) oppure “se per due esercizi consecutivi siano stati superati due dei limiti indicati dal primo comma dell’articolo 2435-bis. L’obbligo cessa se, 207 DI AMATO, Le azioni di responsabilità nella nuova disciplina della società a responsabilità limitata, in Giur. Comm., 2003, I, 305. 109 per due esercizi consecutivi, due dei predetti limiti non vengono superati”208. L’ultimo comma dell’articolo in esame dispone che nei casi in cui è obbligatoria la nomina del collegio sindacale, si applichi inderogabilmente la disciplina del collegio dei sindaci nella s.p.a. E’ infine stabilito che, se l’atto costitutivo non dispone altrimenti, allo stesso spetti anche il controllo contabile. È stato in merito rilevato come quest’ultima disposizione vada interpretata in combinato con quella dell’articolo 2478-bis e del rinviato articolo 2429, che sembrano prescrivere inderogabilmente l’obbligo del collegio sindacale, ove previsto, di pronunciarsi sulla bontà della gestione sociale, nella relazione annuale al bilancio. La possibilità di scelta accordata all’autonomia statutaria si ridurrebbe pertanto alla possibilità di non affidare al collegio sindacale il controllo dei conti, che può essere svolto da un revisore contabile, essendo il regolare svolgimento dell’attività di controllo un interesse da ritenersi non meramente interno alla società, quindi liberamente disponibile da parte dei soci, ma anche e soprattutto un mezzo di tutela dei terzi, 208 Così all’art. 2477, terzo comma. I limiti di cui all’articolo 2435-bis stabiliscono che: 1) il totale dell’attivo dello stato patrimoniale non superi i 3.125.000 euro; 2) i ricavi delle vendite e delle prestazioni siano inferiori alla somma di 6.250.000 euro; 3) i dipendenti occupati in media durante l’esercizio non eccedano le 50 unità. 110 qualora possa concorrere ad avvalorare il loro affidamento alla stabilità patrimoniale della società. Sono pertanto da considerare vincolanti i rinvii alla disciplina della società per azioni, in materia di collegio sindacale, anche se solo limitatamente alle norme attinenti alla sua costituzione, revoca e funzionamento209, nonché alla responsabilità in virtù dell’ultimo comma dell’articolo 2476 con implicito rinvio all’articolo 2407210. 2.10. I libri sociali obbligatori. Il bilancio e la ripartizione degli utili. L’articolo 2478 sui “Libri sociali obbligatori” riproduce con alcune modifiche le disposizioni di cui agli articoli 2490 e 2490bis della disciplina previgente. Le s.r.l. sono obbligate a tenere, oltre al libro giornale, al libro degli inventari e alle altre scritture contabili richieste dalla natura e dalle dimensioni della società, il libro dei soci, il libro delle decisioni dei 209 CAVALLI, Il controllo legale dei conti nelle società a responsabilità limitata, in Giur. Comm., 2003, I, 711; ma anche: SALAFIA, Il controllo contabile nelle s.r.l. alle luce della riforma, in Le Società on line, www.ipsoa.it/lesocietà, 6. 210 MAINETTI, art. 2476, in Codice commentato delle nuove società, op.cit. (nt. 171), 1066, e art. 2477, ibidem, 1079; ma in senso contrario e per l’inapplicabilità dell’articolo 2407, almeno per quanto riguarda l’azione di responsabilità dei creditori sociali: DI AMATO, (nt. 207), 301. 111 soci, il libro delle decisioni degli amministratori ed il libro delle decisioni del collegio sindacale o del revisore211. All’ultimo comma, è inoltre sancita l’opponibilità ai creditori sociali dei contratti della società con il socio unico e delle operazioni a favore di quest’ultimo, solo nella misura in cui tali contratti ed operazioni siano iscritti nel libro delle decisioni degli amministratori o risultino da un atto scritto avente data certa anteriore al pignoramento. Per quanto riguarda la redazione del bilancio e la ripartizione degli utili, l’articolo 2478-bis rinvia alle norme in materia contenute nella disciplina della società per azioni, stabilendo fra l’altro che la relazione al progetto di bilancio che, a norma dell’articolo 2475 ultimo comma, spetta inderogabilmente all’organo amministrativo, debba essere necessariamente sottoposta all’approvazione dei soci entro centoventi giorni dalla chiusura dell’esercizio. Nella redazione del progetto di bilancio ci si deve attenere ai princìpi della chiarezza e della rappresentazione corretta e veritiera, in attuazione di quanto prescritto, anche per le s.p.a., dalla Quarta direttiva societaria del Consiglio della Comunità Europea212. 211 Questi ultimi sostituiscono quelli delle adunanze e delle deliberazioni, rispettivamente del consiglio d’amministrazione e del collegio sindacale. 212 CASSOTTANA, NUZZO, (nt. 5), 63 e ss. 112 Si possono distribuire solo gli utili effettivamente conseguiti, ma non sono ripetibili le somme acquisite in buona fede dai soci, in base ad un bilancio regolarmente approvato, da cui risultino utili netti corrispondenti. 2.11. Le decisioni dei soci e l’assemblea. La materia “Delle decisioni dei soci” è contenuta ora in un’apposita sezione, la quarta, che comprende gli articoli 2479, 2479-bis e 2479ter. Particolarmente significative sono le novità introdotte dalla riforma in merito al ruolo assegnato ai soci della s.r.l. ed alle loro decisioni nell’ambito dell’attività sociale. In coerenza con la struttura personalistica di tale tipo societario, il principio fondamentale è che spetta all’atto costitutivo distribuire le competenze tra soci ed amministratori213. È previsto tuttavia che alcune materie, data la loro particolare rilevanza, non possano essere statutariamente sottratte alla competenza dei soci. Di converso, su espressa richiesta degli amministratori o di un numero qualificato di soci, qualsiasi materia può essere sottoposta alla valutazione dei soci stessi, salvo quelle di 213 PATTI, I diritti dei soci e l’assemblea, in Le Società on line, www.ipsoa.it/lesocietà, 1. 113 competenza esclusiva dell’organo amministrativo214, di cui all’ ultimo comma dell’articolo 2475. Le materie espressamente riservate alle decisioni dei soci sono: 1) l’approvazione del bilancio e la distribuzione degli utili, a cui si è già accennato; 2) la nomina, se prevista nell’atto costitutivo, degli amministratori; 3) la nomina nei casi previsti dall’articolo 2477 dei sindaci e del presidente del collegio sindacale o del revisore; 4) le modificazioni dell’atto costitutivo; 5) la decisione di compiere operazioni che comportino una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale determinato nell’atto costitutivo o una rilevante modificazione dei diritti dei soci, salva la possibilità di recesso per i soci dissenzienti. Anche con riferimento alle ipotesi di competenza inderogabile dei soci, è rimessa all’autonomia contrattuale la scelta fra le diverse tecniche con le quali la deliberazione deve essere assunta; il metodo assembleare non rappresenta, infatti, salvo che per alcune decisioni o in caso di specifica richiesta da parte degli amministratori o di un numero di soci che rappresenti un terzo del capitale sociale, l’unica modalità consentita. L’unico limite in proposito, inderogabile per evidenti ragioni di certezza, è rappresentato dall’esigenza che siffatte 214 PATTI, (nt. 212), 18. 114 decisioni risultino da atto scritto215. Il voto di ogni socio vale in proporzione alla sua partecipazione e, salvo disposizione diversa dell’atto costitutivo, le decisioni vengono prese con la pronuncia favorevole di una maggioranza che rappresenti almeno la metà del capitale sociale. Per le ipotesi in cui lo statuto oppure la legge, con disposizione derogabile o inderogabile, stabiliscano che il metodo da seguire per l’adozione di determinate decisioni sia quello assembleare, che assume pertanto carattere residuale216, l’art. 2479-bis provvede ad una sostanziale semplificazione delle modalità per la regolare costituzione dell’assemblea e la valida adozione delle relative deliberazioni; scompare infatti la distinzione fra assemblea ordinaria e assemblea straordinaria contenuta nel vecchio articolo 2486. È così rimessa all’atto costitutivo la determinazione dei modi di convocazione, con la necessaria precisazione che essi devono comunque essere in grado di assicurare la tempestiva informazione in merito agli argomenti da trattare. Sono da considerarsi di competenza inderogabile dell’assemblea le materie di cui ai numeri 4) e 5) del secondo comma dell’articolo 2479 215 DE DONNO, art. 2479, (nt. 182), 1089. 216 PATTI, (nt. 212), 19. 115 e in particolare sono da approvare “con il voto favorevole dei soci che rappresentano almeno la metà del capitale sociale”217. Così come nella s.p.a., anche nella s.r.l. è prevista la cosiddetta assemblea totalitaria. Qualora, cioè, senza la preventiva convocazione, partecipi all’assemblea la totalità del capitale sociale, tutti gli amministratori ed i sindaci siano presenti o almeno informati della riunione e nessuno si opponga alla trattazione dell’argomento, la relativa deliberazione si intende validamente adottata. Le decisioni possono essere impugnate dai soci che non vi hanno consentito, nonché da ciascun amministratore e, ove previsto, da ciascun sindaco, entro novanta giorni della trascrizione di queste nel libro delle decisioni dei soci. Il tribunale, su espressa richiesta, può tuttavia ammettere impugnazioni esperite entro, ma non oltre, i centottantagiorni. In attuazione dell’ “adattamento delle invalidità [...] alle specifiche caratteristiche” delle decisioni dei soci, previsto al paragrafo undici della Relazione di accompagnamento, il termine decorre dalla trascrizione nel libro dei soci. Ciò in quanto, non essendo sempre necessaria una riunione, spesso non è individuabile il momento in cui 217 Art. 2479-bis, terzo comma. Le ipotesi di cui ai numeri 4) e 5) riguardano, rispettivamente, la modifica dell’atto costitutivo e dell’oggetto sociale o di rilevanti diritti dei soci. 116 una determinata deliberazione viene assunta; occorre pertanto fare riferimento ad un momento diverso. Se è sparito ogni riferimento formale alla distinzione fra nullità e annullabilità delle decisioni, è introdotto, in caso di decisioni viziate da illiceità e impossibilità o assunte in assenza assoluta di informazione, un termine di impugnabilità di tre anni e l’estensione della legittimazione a chiunque vi abbia interesse. Sono infine impugnabili senza limiti di tempo e dalla stessa generalità di soggetti le decisioni che “modificano l’oggetto sociale prevedendo attività impossibili o illecite”218. È stato pertanto notato come la disciplina di questi più gravi casi si avvicini sostanzialmente a quella della nullità, prevista dal vecchio articolo 2379 precedentemente rinviato219. 2.12. Le modificazioni dell’atto costitutivo. Il legislatore della riforma ha riscritto l’intera Sezione V, “Delle modificazioni dell’atto costitutivo”, nell’ottica di garantire una 218 Art. 2479-bis, terzo comma. 219 CIAN, Invalidità e inesistenza delle deliberazioni e delle decisioni dei soci nel nuovo diritto societario, in Riv. Soc., 2004, 763. 117 maggiore organicità delle norme in materia e di superare i molti rinvii alla disciplina delle s.p.a. Le modifiche dell’atto costitutivo sono comunque deliberate dall’assemblea dei soci secondo le regole dettate all’art. 2479bis. Per quanto riguarda gli adempimenti successivi alla decisione di modificazione, l’articolo 2480 rinvia all’articolo 2436, in forza del quale il verbale dell’assemblea deve essere redatto dal notaio che, entro trenta giorni, verificato l’adempimento delle condizioni stabilite dalla legge, ne richiede l’iscrizione nel registro delle imprese contestualmente al deposito e allega le eventuali autorizzazioni richieste. L’ufficio del registro delle imprese, verificata la regolarità formale della documentazione, iscrive la delibera nel registro. Se il notaio ritiene non adempiute le condizioni stabilite dalla legge, ne dà tempestiva comunicazione agli amministratori comunque entro il termine di trenta giorni. Questi ultimi, nei trenta giorni successivi, possono convocare l’assemblea per gli opportuni provvedimenti oppure ricorrere al Tribunale; in mancanza, la deliberazione è definitivamente inefficace. Il Tribunale, verificato l’adempimento delle condizioni richieste dalla legge e sentito il pubblico ministero, ordina l’iscrizione della 118 deliberazione di modifica dell’atto costitutivo nel registro delle imprese con decreto soggetto a reclamo. 3.13 (segue)L’aumento e la riduzione del capitale sociale. Fra le modificazioni dell’atto costitutivo quelle più dettagliatamente regolate sono le operazioni sul capitale sociale, cui sono dedicati ben sette degli otto articoli che costituiscono la Sezione V. Scompaiono quasi totalmente i numerosi rinvii alle norme della s.p.a. che caratterizzavano la disciplina precedente salva l’applicazione, nella misura in cui sia compatibile, dell’articolo 2446, ultimo comma, richiamato dall’articolo 2482-bis, ultimo comma. Così, all’articolo 2481, analogamente a quanto disposto per la s.p.a., il legislatore della riforma ha previsto che anche nella s.r.l. l’atto costitutivo possa delegare l’aumento del capitale agli amministratori, determinandone i limiti e le modalità di esercizio. Tuttavia, a differenza che nella s.p.a., non è previsto il limite temporale dei cinque anni. Tale previsione costituisce una novità per le s.r.l. in quanto, nella disciplina previgente, la possibilità di conferire una delega agli amministratori per l’aumento del capitale era ammessa 119 solo per le società per azioni. È fatto salvo il divieto di aumento del capitale sociale se i conferimenti dovuti non siano stati integralmente eseguiti. Particolarmente rilevante è da considerarsi l’ipotesi di aumento di capitale a pagamento o “mediante nuovi conferimenti”, per citare la stessa rubrica dell’articolo 2481-bis, in cui la tutela dei soci è attuata mediante un elevato grado di procedimentalizzazione220. Spetta ai soci il diritto di sottoscrivere l’aumento di capitale in proporzione alle quote possedute. Qualora l’atto costitutivo lo preveda, si può procedere all’aumento offrendo la sottoscrizione a terzi, ma i soci che si sono opposti alla decisione hanno diritto di recedere ai sensi dell’articolo 2473. La delibera di aumento del capitale deve prevedere l’eventuale sovrapprezzo e il termine entro il quale i soci possono esercitare il diritto di sottoscrizione delle nuove quote, che non può essere in ogni caso inferiore a trenta giorni. La decisione può inoltre disporre che vengano offerte ad altri soci o a terzi le quote non sottoscritte; e qualora l’aumento di capitale non sia integralmente sottoscritto nel termine previsto, si può aumentare il capitale sociale dell’importo 220 GIANNELLI, Le operazioni sul capitale nella società a responsabilità limitata, in Giur. Comm., 2003, I, 783. 120 effettivamente sottoscritto soltanto quando ciò sia espressamente previsto nella decisione. Per gli altri aspetti, in particolare in merito alla valutazione dei conferimenti e alla loro liberazione, anche in caso di società unipersonale, la disciplina ricalca quella degli articoli 2464 e seguenti. Quando, invece, l’aumento di capitale sia gratuito, cioè attuato mediante “passaggio di riserve a capitale” o altri fondi in bilancio, purché disponibili, come previsto dall’articolo 2481-ter, è espressamente stabilito che le quote dei soci restino invariate. L’altro tipo di modificazione dell’atto costitutivo specificamente disciplinato è la riduzione del capitale sociale. Per l’importanza che riveste quest’ultimo in un modello societario - quello della s.r.l. - che presenta comunque, dal punto di vista patrimoniale e della responsabilità limitata il carattere delle società di capitali, e altresì per prevenire possibili abusi della società nei confronti di alcuni soci e dei terzi (di cui la conservazione del capitale rappresenta a tutt’oggi la più forte tutela), la disciplina della riduzione è connotata da un forte grado di imperatività, con minore riguardo, rispetto ad altri campi, dell’autonomia statutaria221. 221 GIANNELLI, (nt. 219), 783. 121 La disciplina risulta quindi così articolata: la riduzione del capitale sociale può avvenire mediante rimborso ai soci delle quote pagate ovvero mediante liberazione degli stessi dall’obbligo di effettuare i versamenti dovuti e non ancora compiuti, ma non può comunque portare il capitale al di sotto del limite minimo di diecimila euro, come fissato al n. 4 del nuovo art. 2463. Essa può essere attuata solo decorsi tre mesi dall’iscrizione della relativa decisione nel registro delle imprese, sempre che i creditori sociali non abbiano proposto opposizione. L’esecuzione della riduzione del capitale può essere eseguita nonostante l’opposizione qualora il Tribunale ritenga infondato il pericolo di pregiudizio per i creditori o la società presti un’idonea garanzia. Questo per quanto riguarda la riduzione così detta volontaria222. La riduzione può tuttavia essere disposta inderogabilmente dalla legge ed è quindi obbligatoria quando il capitale sociale è diminuito di oltre un terzo in conseguenza di perdite. Occorre in tale situazione distinguere: se il capitale ridotto non scende al disotto del minimo legale, a norma dell’articolo 2482-bis, gli amministratori convocano l’assemblea, cui sottopongono una relazione sulla situazione patrimoniale , con le osservazioni dell’organo di controllo, se previsto. 222 BUONOCORE, (nt. 174), 30. 122 Qualora entro l’esercizio successivo la perdita non risulti diminuita di almeno un terzo, l’assemblea delibera la riduzione corrispondente del capitale sociale. In mancanza, gli amministratori o i sindaci riferiscono al tribunale, che provvede alla riduzione con decreto reclamabile in Corte d’Appello. Se la perdita provoca una discesa del capitale della società al di sotto della soglia di diecimila euro, ai sensi dell’articolo 2482-ter, gli amministratori convocano senza indugio l’assemblea, che delibera la relativa riduzione del capitale sociale e il contestuale aumento, che lo riporti sopra al limite legale. In caso contrario si provvede allo scioglimento o all’eventuale trasformazione della società. Nell’intento di tutelare i soci da possibili abusi, è fatto salvo, con l’introduzione dell’articolo 2482-quater, in ogni caso di riduzione, il divieto di modificazione delle quote di partecipazione e dei diritti spettanti ai singoli soci. 123 4 Conclusioni sulla concorrenza fra ordinamenti societari Sommario: 4.1 Ipotesi di concorrenza fra s.r.l. e private limited company in Italia. Profili internazionalprivatistici - 4.2 (segue) Profili sostanziali. I due modelli a confronto - 4.3 Fra armonizzazione e concorrenza di modelli societari europei: entusiasmo e diffidenza 124 4.1 Ipotesi di concorrenza fra s.r.l. e private limited company in Italia Come si è visto nei precedenti capitoli, la società a responsabilità limitata italiana e la private limited company inglese presentano alcune rilevanti caratteristiche comuni. Sono entrambe società di capitali, con personalità giuridica, che rispondono delle obbligazioni sociali limitatamente al proprio capitale. Sono, inoltre, modelli studiati per esercizio in forma associata e con il beneficio della responsabilità limitata di attività economica di piccola o media dimensione. Quest’aspetto differenzia s.r.l. e private companies dalle rispettive “sorelle maggiori”, società per azioni e public companies, rispetto alle quali presentano una disciplina più agile e flessibile, più attenta alla figura del socio e all’autonomia statutaria. Se si può quindi affermare che i due modelli abbiano la stessa vocazione e lo stesso target, pare lecito chiedersi se, in un regime di libero mercato europeo e alla luce del diritto di stabilimento, essi possano farsi concorrenza a vicenda e, in particolare, se possa proporsi in Italia un caso simile a quelli che si presentarono alla Corte di Giustizia Europea223, con la costituzione di una private company in 223 Si vedano in merito le pronunce Daily Mail, Centros e Ispire Art, di cui supra in capitolo 1. 125 Inghilterra allo scopo esclusivo di esercitare l’attività di impresa in Italia. Questa possibilità non sembra difficile da immaginare. Il Regno Unito adotta infatti, come criterio di collegamento, la teoria dell’incorporazione, che non osta al trasferimento in un altro Stato dell’oggetto principale dell’attività. Ciò potrebbe sicuramente avvenire con l’apertura in Italia di una succursale della private company regolarmente costituita e con sede legale nel Regno Unito. Sarebbe questa un ipotesi di diritto di stabilimento secondario la cui esistenza, per il consolidato indirizzo giurisprudenziale della Corte di Giustizia, non pare in alcun modo contestabile. In Italia l’apertura della succursale di una società estera è regolata dal Capo XI del codice civile. La riforma ha sostituito interamente il capo avente ad oggetto le società costituite od operanti all’estero, rubricandolo nuovamente «Delle società costituite all’estero» ed eliminando le disposizioni degli articoli 2505 e 2509, che disciplinavano rispettivamente le società costituite all’estero con sede nel territorio dello Stato e le società costituite nel territorio dello Stato con attività all’estero. 126 La norma di cui all’art. 2507 è del tutto nuova rispetto alla disciplina previgente e ribadisce un principio generale del nostro ordinamento: l’interpretazione e l’applicazione delle disposizioni in tema di società costituite all’estero dovranno avvenire nel rispetto dei principi dell’ordinamento delle Comunità Europee. È tuttavia il seguente articolo 2508 che crea qualche problema di compatibilità con il diritto comunitario. Esso infatti prescrive per le succursali di società costituite all’estero una serie di oneri pubblicitari, diversi ed ulteriori rispetto a quelli disposti per le succursali di società italiane. La mancata osservanza di tali formalità, stabilisce l’articolo 2509-bis, determina la responsabilità solidale ed illimitata di tutti coloro che hanno agito in nome della società. Questa misura sanzionatoria pare tuttavia, se rapportata alla sanzione solo amministrativa prevista in caso di omissione di oneri pubblicitari della sede secondaria di una società italiana224, eccessivamente severa e comunque lesiva del principio di non discriminazione per come è stato interpretato nelle più recenti pronunce della Corte, cioè nel senso di 224 Così afferma LOMBARDO, (nt. 2), 366. Si veda in merito anche l’articolo 2299 del codice civile. 127 Innlaendergleichbehandlung e Beschraenkungsverbot225. L’unica interpretazione del dettato dell’articolo 2508 che sia compatibile con i “principi dell’ordinamento delle Comunità Europee”226 pare essere quella secondo cui esso con l’espressione “società costituite all’estero” non si riferisca a quelle europee, ma alle società costituite al di fuori dell’Unione Europea, con ciò equiparando, ai fini dell’articolo in questione, le società comunitarie a quelle italiane227. Accogliendo questa tesi, si può ritenere che chi voglia registrare la succursale di una private company in Italia debba adempiere alle condizioni di cui all’articolo 2299, previste per le società italiane, che consistono sostanzialmente nell’iscrizione nel registro delle imprese del luogo ove si stabilisce la sede secondaria di un estratto dell’atto costitutivo che indichi l’ufficio del registro dove è incorporata le sede legale e la relativa data di iscrizione. Tittavia il diritto di stabilimento secondario, non pare essere l’unico mezzo tramite il quale esercitare con una private company inglese 225 Con i due termini in lingua tedesca ci si riferisce, rispettivamente, al principio di pari trattamento nazionale e al principio di non limitazione del diritto di stabilimento. Si veda amplius supra, cap. 1.1, nonché la stessa sentenza Inspire Art, di cui al cap. 1.5. 226 227 Così all’articolo 2507 del codice civile. In questo senso LOMBARDO, (nt. 2), 367, che aggiunge che l’Undicesima Direttiva del Consiglio delle Comunità Europee, all’articolo 5, ammetta la possibilità, in caso di più succursali da registrare sul territorio nazionale, che se ne individui una principale a ui riferire i principali adempimenti pubblicitari. 128 attività di impresa in Italia. Alla luce della sentenza Ueberseering e come già visto228, pare di doversi intravedere nell’orientamento della Corte di Giustizia un sostanziale superamento della distinzione fra diritto di stabilimento primario e secondario. Ciò in forza di una maggiore rilevanza della distinzione fra emigrazione (Wegzug) ed immigrazione (Zuzug) societaria, ove l’ordinamento di origine potrebbe opporre limitazioni e condizioni al trasferimento di una società incorporate secondo le proprie norme. Solo in casi del tutto eccezionali tali limitazioni possono essere poste dallo Stato di destinazione (Zuzugstaat)229. Al riguardo si noti come la legislazione del Regno Unito, che adotta la teoria dell’incorporazione, non sia restrittiva nel concedere alle società costituite sul proprio territorio la libertà di stabilirsi altrove. L’unica limitazione al trasferimento della sede reale o amministrativa riguarda la concessione di un’autorizzazione del Ministero del Tesoro Britannico, a condizione che la società saldi le proprie obbligazioni con il fisco. 228 Si veda supra, cap. 1.4. 229 Più approfonditamente si veda supra, cap. 1.5. 129 A questo riguardo l’Italia, alla luce del suddetto principio del paese d’origine (o kollisionsrechtliches Herkunftslandprinzip230), non pare nella posizione di poter stabilire particolari ed ulteriori condizioni volte a limitare il diritto di stabilimento delle private companies, per come viene loro riconosciuto dallo stesso Wegzugsstaat. Si noti, peraltro, che nel primo comma dell’articolo 25 della legge 218 del 1995, è contenuto il criterio di collegamento della sede legale, con ciò ammettendo l’esercizio dell’attività di impresa in Italia a mezzo di una private company anche senza la necessaria iscrizione di una succursale. Quanto alla disposizione contenuta nel secondo comma dell’articolo, che porrebbe un temperamento all’applicabilità della teoria dell’incorporazione, occorre sottolineare come, in conseguenza delle più recenti sentenze della Corte di Giustizia e alla teoria della “costituzione comunitaria” da esse tracciata, l’unica lettura compatibile con il diritto comunitario presuppone che esso non si applichi alle società regolarmente costituite in uno Stato membro, se non in casi eccezionali231. 230 Per l’uso di tale termine, che significa “principio del paese di origine in caso di conflitto fra norme” si vedano LOMBARDO, (nt. 2), 362, nonché MECHELLI, (nt. 14), 121. 231 L’argomento è trattato in termini più generali e approfonditi supra, capitolo 1.8. 130 4.2 (segue) Profili sostanziali. I due modelli a confronto Una volta accertato che costituire una società nel Regno Unito allo scopo di esercitare l’attività in Italia sia effettivamente possibile, seppur alle condizioni di cui al paragrafo precedente, può essere di qualche interesse chiedersi se e in che misura questa scelta sia anche conveniente. A tal fine si procederà ora ad un breve ed allusivo confronto di alcuni degli aspetti che maggiormente contribuiscono a differenziare le private companies dalle s.r.l., rendendo possibile una concorrenza fra i due modelli societari. Una prima considerazione al riguardo si riferisce a quello che è l’adempimento iniziale a cui deve fare fronte un operatore economico che intenda esercitare un’attività di impresa in forma associata: il procedimento costitutivo della società. Non si può non rilevare come la costituzione della private company sia caratterizzata da una maggiore semplicità rispetto a quella della s.r.l. Nella private company è sufficiente che dopo la promozione un avvocato (sollicitor) collabori alla redazione dell’atto costitutivo e dello statuto e depositi una dichiarazione che ne attesti la conformità ai modelli prestabiliti dalla legge presso il registro delle imprese che, verificato l’adempimento 131 delle condizioni prescritte, procede all’iscrizione della società. E’ tuttavia prevista una modalità alternativa, studiata appositamente per rendere meno oneroso il procedimento costitutivo di società di modeste dimensioni. In questo caso i promoters si affidano alla consulenza economico-legale di apposite “shelf-companies” che sostituiscono il sollicitor nell’assistenza alla redazione dei documenti. A tale scopo la legge consente che la dichiarazione di conformità di atto costitutivo e statuto ai moduli indicati dal Companies Act sia effettuata da un amministratore o dal segretario della società232, permettendo alla società costituenda un risparmio sulle spese dell’avvocato. In Italia il procedimento di costituzione è indubbiamente più oneroso. Basti il fatto che la stipula dell’atto costitutivo, ai fini della registrazione della società, debba rivestire la forma di atto pubblico innanzi al notaio, che verifica l’adempimento dei requisiti formali e sostanziali per il deposito degli atti nell’ufficio del registro. Si noti per altro come con la riforma, in attuazione del principio di semplificazione del procedimento di costituzione enunciato dalla stessa legge delega, sia stato definitivamente abolito l’onere di omologazione giudiziale dell’atto costitutivo, in corrispondenza a 232 In merito si veda amplius supra, capitolo 3.2. 132 quanto già previsto in via provvisoria dall’articolo 32 della legge n. 340 del 24. 11. 2000. Le differenze più rilevanti fra private companies e s.r.l. riguardano, tuttavia, la disciplina del capitale sociale. Alla rigida e dettagliata regolamentazione che tradizionalmente caratterizza la società a responsabilità limitata in questo settore, in virtù della sua appartenenza al modello di società di capitali, si contrappone la quasi totale assenza di normativa della private company. Tale evidente distacco si basa sulla diversa rappresentazione che i due ordinamenti hanno dei concetti di responsabilità limitata e tutela dei terzi. Se in Italia essi sono strettamente legati alla consistenza e al mantenimento del capitale sociale, in Inghilterra si ritiene che, almeno per quanto riguarda la piccola e media impresa possano esistere altri mezzi di tutela dei terzi, diversi dalla previsione di un capitale minimo, che siano tuttavia conciliabili con la responsabilità limitata233. Si tratta, per lo più, di oneri pubblicitari e di gestione e controllo connessi con significativi poteri del giudice, che può spingersi fino a dichiarare lo scioglimento coattivo della società in caso di malfunzionamento234. 233 Dello stesso avviso pare essere la Corte di Giustizia Europea. Si vedano in merito le sentenze Centros, supra, capitolo 1.3 e Inspire Art, capitolo 1.5. 234 In questo senso MUCCIARELLI, (nt. 10), 576. 133 Così, più specificamente, se il capitale minimo della s.r.l. è di diecimila euro, che devono essere interamente sottoscritti al momento della costituzione e liberati per almeno il venticinque per cento del loro ammontare, nella private company non è previsto alcun capitale minimo, né la liberazione di quello eventualmente sottoscritto. Occorre tuttavia rilevare come con la riforma del 2003 si sia prevista la possibilità di stipulare un’apposita polizza di assicurazione o di fideiussione bancaria a garanzia del capitale, che ne sostituisca la relativa liberazione235. Ciò dovrebbe segnare un alleggerimento degli oneri di costituzione, in linea con la già menzionata “personalizzazione” della s.r.l., che renda tale modello più adatto alle esigenze della piccola impresa. Anche in materia di conferimenti la disciplina della private company si presenta più semplice e permissiva: si afferma che ai conferimenti in natura debba essere attribuito il loro valore reale, ma non è previsto nessun tipo di controllo o certificazione che lo verifichi ed attesti. Con ciò risultando ben possibile, come già notato, una sostanziale separazione fra valore del conferimento e quantificazione della corrispondente quota di partecipazione. 235 Si veda l’articolo 2464, quarto comma. 134 Nella s.r.l. è invece richiesta la relazione giurata di un esperto o di una società di revisione iscritti nell’apposito registro. Anche a questo riguardo la riforma ha segnato una semplificazione del procedimento di valutazione. Nella disciplina previgente, infatti, era richiesta la relazione giurata di un esperto nominato dal tribunale. Un ulteriore passo avanti è stato compiuto, con il decreto legislativo n. 6/2003, con la previsione della possibilità di attribuire quote di partecipazione svincolate dall’ammontare dei conferimenti, ai fini della partecipazione agli utili o alla gestione sociale. Sempre con riguardo al capitale sociale occorre rilevare un’altra grande differenza fra i due modelli. Esso, nelle private companies, può essere rappresentato da azioni ed obbligazioni, mentre alle s.r.l. di ciò è fatto espresso divieto. L’unica eccezione, anch’essa introdotta con la riforma, si riferisce alla possibilità di emettere titoli di debito a istituti specificamente autorizzati e con una serie di cautele. È tuttavia espressamente precluso, anche per le private companies, l’accesso al mercato finanziario. Nella sostanza, pertanto, la distinzione fra quote sociali ed azioni non pare di grande rilevanza, essendo in principio entrambe liberamente trasferibili, salva la possibilità statutaria di limitarne o sottoporne ad approvazione la circolazione. 135 Di maggior interesse è invece la disciplina delle operazioni sul proprio capitale, in particolare per quanto riguarda l’acquisto o il riscatto di proprie azioni e la concessione di assistenza finanziaria finalizzata al loro acquisto. Esse consentono di gestire in maniera più semplice ed incisiva la collocazione e la vendita delle quote, nonché una più agile e provvisoria riduzione del capitale sociale, quando la società avesse bisogno di liquidità. Se alla private company tali operazioni sono consentite anche se contornate delle cautele già esaminate236, alla s.r.l. esse sono espressamente vietate. Un ultimo aspetto a cui pare utile accennare è quello relativo alla revisione dei conti. Se la private company ha una disciplina molto permissiva in materia di capitale sociale, altrettanto non si può dire del controllo sui conti. La tutela dei terzi, che nel nostro ordinamento è incentrata sulla effettività e conservazione del capitale sociale, nel modello societario inglese è basata sul legittimo affidamento nella correttezza e veridicità dei documenti contabili pubblicati dalla società. A tal fine è prevista una verifica annuale dei conti a mezzo di un revisore esterno ed indipendente. Ne sono escluse solo le private companies che non esercitino alcuna attività economica o che abbiano un volume d’affari annuo inferiore alle 90.000 sterline e uno stato 236 Supra, capitolo 2.7 136 economico annuo che non superi gli 1,4 milioni. Rispetto a tale disciplina pare meno stringente quella prevista per le s.r.l., che prescrive la presenza obbligatoria del collegio sindacale, cioè di un organo di controllo interno alla società, solo quando esse abbiano un capitale nominale superiore 120.000 euro o, per due esercizi consecutivi, non abbiano superato due dei seguenti limiti: 1) totale dell’attivo dello stato patrimoniale superiore a 3.125.000 euro; 2) ricavi delle vendite e delle prestazioni non inferiori a 6.250.000 euro; 3) dipendenti medeiamente occupati durante l’esercizio eccedenti le 50 unità. Tali limiti dimensionali paiono comunque più ampi di quelli dettati per la private company e anche nel caso di un superamento di due di essi per due esercizi consecutivi la procedura di controllo, essendo interna alla società, dovrebbe risultare meno onerosa di quella prevista dall’ordinamento inglese. Tirando le somme sembra di poter sostenere che, in particolare per società di modeste dimensioni o a base familiare, il modello di private company sia più allettante. La permissività in tema di capitale e conferimenti, legata ad un procedimento costitutivo complessivamente meno, nonché all’esenzione dall’obbligo di revisione contabile, prevista per le società che rientrano nel prescritto limite dimensionale, costituisce indubbiamente un forte incentivo per chi volesse iniziare 137 un’attività di impresa usufruendo del beneficio della responsabilità limitata, pur senza disporre di cospicue risorse da investire. Un discorso parzialmente diverso si può fare con riferimento a chi intenda esercitare un attività che presupponga un’organizzazione aziendale di una qualche consistenza, o comunque con mezzi più rilevanti. A questo proposito si deve riconoscere che la disciplina della s.r.l. nostrana, grazie alle rilevanti novità introdotte, sembra mostrare una sufficiente flessibilità e agilità. La riforma, in tal senso ha senz’altro contribuito, alleggerendone la disciplina, a rendere il modello di società a responsabilità limitata più concorrenziale. 4.3 Fra armonizzazione e concorrenza di modelli societari europei: entusiasmo e diffidenza Alla luce della libertà di stabilimento e sulla scorta dell’ipotesi concreta di concorrenza di cui ai precedenti paragrafi, possiamo ora soffermarci su alcune considerazioni più generali in tema di concorrenza fra modelli societari europei. Occorre innanzitutto 138 rilevare come, a partire dal caso Centros, la dottrina si sia misurata con l’argomento in esame, giungendo a posizioni molto diverse fra loro. Le prime reazioni furono diffidenti, si intravedeva nella pronuncia della Corte di Giustizia la concessione di uno sfrenato potere di scelta, ai fini della costituzione di una società, della disciplina legislativa meno rigorosa, con una cosiddetta race to the bottom o race for laxity237. Lo spunto per tale argomentazione veniva tratto dal caso Delaware, negli Stati Uniti, ove la mobilità delle società aveva causato una concorrenza al ribasso, fra gli Stati federali, delle norme che regolavano costituzione e funzionamento societari238. L’opinione diametralmente opposta considera come race to the top il fenomeno avvenuto nel Delaware. Basandosi su una concezione economica del diritto, essa ritiene che con la liberalizzazione del mercato vi sia una naturale ricerca, da parte degli operatori dell’ordinamento che consenta la collocazione più efficiente e agevole 237 Si confronti in questo senso MUCCIARELLI, (nt. 10), 579, che vede un potenziale pregiudizio nella competizione fra ordinamenti societari, in quanto affidata al paese di origine, che sarebbe impossibilitato e avrebbe altresì poco interesse alla tutela, fuori dai propri confini, dei terzi e dei creditori attuali o potenziali della società, pur incorporata secondo la sua stessa legge. 238 Per un’approfondita trattazione del caso , con riferimenti alla situazione europea, si veda il recente contributo di DRURY, The “Delaware Sindrome”: European Fears and Reactions, in J.B.L., 2005, n. di Novembre, 709 e ss. 139 delle risorse239. La concorrenza fra modelli societari viene pertanto auspicata non soltanto per ciò che riguarda le piccole imprese, di cui alle sentenze della Corte, ma a fortiori, come avviene negli Stati Uniti, anche per le grandi società a diffusa base azionaria. Queste consentirebbero flussi giuridici di maggiori dimensioni, da cui gli ordinamenti trarrebbero ancor più giovamento in termini di efficienza economica. A tal fine un’armonizzazione del diritto societario sostanziale, ai sensi dell’articolo 44, comma secondo del Trattato, parrebbe indesiderabile, in quanto lesiva della libera concorrenza fra ordinamenti societari240. Una maggiore armonizzazione viene tuttavia auspicata dalla terza corrente di pensiero, che si potrebbe definire intermedia. I suoi sostenitori ritengono che la concorrenza possa, tutto sommato, sortire effetti positivi sul libero mercato, ma che questi non riguardino tutti i settori della disciplina. Occorre infatti distinguere in base agli interessi coinvolti, che sono ben diversi, ad esempio, per operatori giuridici e imprenditori, per gli stessi Stati e per gli altri soggetti che siano per 239 In questo senso si veda amplius, LOMBARDO, (nt. 53), 17; nonché, più succintamente DRURY, (nt. 238), 741. 240 Anche a questo riguardo si veda LOMBARDO, (nt. 53), 18. 140 qualche motivo in rapporto con la società241. Alcuni di questi interessi, ed in particolare quelli di cui alla categoria di soggetti per ultima menzionata, non potrebbero essere validamente tutelati dal libero mercato e necessiterebbero pertanto di una disciplina uniforme che ponesse un livello minimo comune a tutti i Paesi (level playing field)242. Tale soluzione pare la più equilibrata. Non schierandosi su posizioni eccessivamente rigide ed anacronistiche, volte a stigmatizzare o addirittura a negare un fenomeno già in atto e che non sembra realistico né conveniente arrestare, essa propone un punto di vista di compromesso fra le esigenze economiche di libero mercato e quelle di tutela dei soggetti meritevoli di protezione. Si delinea pertanto una linea non distante dalla “terza via”, che mira innanzitutto al raggiungimento del benessere sociale della collettività con i mezzi propri del capitalismo243. 241 Questi soggetti, fra cui figurano fra gli altri i dipendenti, fornitori, consulenti nonché la collettività intera, sono definiti da BRUNO, (nt. 97), 930, “stakeholders”. Usa lo stesso termine BENEDETTELLI, (nt. 90), 722. 242 In questo senso MUNARI, TERRILE, (nt. 14), 2, in nota; nonché BENEDETTELLI, (nt. 90), 722. 243 Si veda in merito BRUNO, (nt. 97), 930. 141 Bibliografia: • LOMBARDO, Libertà di stabilimento e mobilità delle società in Europa, in NGCC, 2005, II, 353 e ss. • TESAURO, Diritto comunitario, terza edizione, 2003, Padova, CEDAM • CASSOTTANA, NUZZO, Lezioni di diritto commerciale comunitario, 2002, Torino, Giappichelli Editore 142 • MUCCIARELLI, Libertà di stabilimento e concorrenza fra ordinamenti societari, in Giur. Comm. 2000, II, 559 e ss. • WYMEERSCH, Il trasferimento di sede della società nel diritto societario europeo, in Riv. Soc., 2003, 723 e ss. • EIDENMUELLER, REHM, Niederlassungsfreiheit versus Schutz des inlaendischen Rechtsverkehrs: Konturen des Europaeischen Gesellschafftsrechts, in ZGR, 2004, 159 e ss. • MECHELLI, Libertà di stabilimento per le società comunitarie e diritto societario dell’Unione Europea, in Riv. 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