lo zen e l`immaginario

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lo zen e l`immaginario
LO ZEN E L’IMMAGINARIO
Romeo Lucioni
Per Lacan, il “funzionamento della mente” rispecchia modalità complesse che
riguardano l’Io cioè quella funzione psichica che permette all’essere di mettersi in
rapporto con il mondo circostante.
Questo rapporto non va inteso come qualcosa di statico ed immutabile in quanto
è “linguaggio” e rispecchia la possibilità di tradurre il percepito in qualcosa del
mondo che rivive nell’Io e qualcosa dell’Io che “… partecipa alla vita del mondo”.
Per Lacan, questo funzionamento riguarda la triade: il reale, l’immaginario, il
simbolico.
Il reale fa riferimento alla “riverberazione dell’Io” nel suo rapporto con il “modo
contingente”. In questo senso, il reale significa anche “piacere”, vale a dire “quel
senso di essere -in” per cui l’Io è nel mondo, è parte del mondo ed il “piacere” è
riferibile a questa “appartenenza” che significa “essere uguale” o “non essere
diverso”. Questo “sentire” si collega al “sentirsi vivere” che è il “… senso dinamico
dell’essere”, sentirsi di non essere una pietra, ma di poter stabilire un contatto …
una relazione … il piacere della relazione.
L’immaginario ha un riferimento preciso con il funzionamento psichico per il
quale l’essere riesce a differenziarsi dal mondo e dal “reale” potendosi “…
proiettare oltre” e, quindi, potersi vivere come non solo essere-in, ma anche
“essere-con”, con se stesso e con il mondo per cui “… il rapporto diventa
dinamico, cambiante anche se l’Io si percepisce come “… immodificabile pur nel
cambiamento di sé nello spazio e nel tempo, oltre che nelle diverse dinamiche
relazionali”.
L’immaginario permette all’Io di creare diverse espressioni di auto-identificazione
(quell’esperienza che riferiamo come “… teoria della maschera”) che l’Io coagula
ed integra in quell’evoluzione che porta l’Io stesso a diventare un Sé (“Io-ideale” di
Lacan).
I vari momenti di auto-identificazione si saldano, si uniscono per diventare quel
“senso di Sé o dell’essere” che chiamiamo “soggettivazione”.
Il simbolico fa riferimento a quella capacità psico-mentale che ha un
addentellato preciso e profondo con la razionalità, con quelle dinamiche
funzionali analitico-deduttive
e di problem-solving per le quali il soggetto
partecipa ad una “elaborazione di significati” che lo portano a percepire il mondo
in forma univoca con le percezioni dell’Altro e di tutti gli Altri. In qualche modo, il
simbolico-razionale ha qualcosa di “verità condivisa” che porta il soggetto a
comprendersi, mentre comprende il “… comprendersi dell’altro”.
Le tre funzioni psico-mentali descritte da Lacan possono essere fatte riferimento
alla “concezione triadica della mente” e (nel riferimento strutturale) del cervello
stesso. Questa si rapporta alla concettualizzazione della “intelligenza”,
riconosciuta come espressione di una parte emotiva, una affettiva ed una
cognitiva.
Questa considerazione ci porta a vedere come le funzioni della mente (e
dell’intelligenza) non prevedono una funzionalità a se stante per ogni elemento,
ma un “funzionamento globale”, nel quale lo studio neuroscientifico porta a
puntualizzare differenze che sono legate alle diverse parti della struttura ( il
cervello) ed anche a differenti momenti temporali per il raggiungimento di quella
che chiamiamo “maturità funzionale” che, a sua volta, fa riferimento ad un
“funzionamento integrato”.
La concezione triadica della mente può strutturarsi anche come suddivisione in:
- una parte percettivo-emotiva che risponde a caratteristiche automatiche,
istintive e poco controllabili in quanto determinate maggiormente dal
funzionamento neuro-biologico;
- una parte simbolico-razionale che riguarda gli aspetti conoscitivi ed analiticodeduttivi;
- una parte immaginaria che risponde ad attività che vengono legate alle
capacità intuitive, creative ed inconsce, che, nel loro insieme, hanno un
maggior riferimento con le funzioni affettivo-realzionali.
Queste considerazioni hanno oggi portato la visione delle neuroscienze a rivedere
la “concezione triadica della mente” proprio perché si è dato un rilievo ed una
importanza maggiori agli aspetti intuitivi e creativi della mente che fanno
riferimento anche alle parti più oscure del complesso che chiamiamo la mente.
Se consideriamo il fatto che la maggior parte delle funzioni psichiche (più del
60%) si sviluppano nell’inconscio, possiamo pensare all’immaginario-creativo
come un “ asse o ponte di passaggio” che permette un armonioso interagire tra
conscio ed inconscio.
Non parliamo però di mondi separati, ma di una integrazione che Eugen Herrigel
(“Lo zen e il tiro con l’arco”) chiama “saggezza trascendentale”. L’intuizione “…
afferra immediatamente la totalità e l’individualità delle cose” senza bisogno di
procedere per analisi e deduzioni: l’informazione non passa attraverso il
simbolico, ma è un’esperienza percettiva diretta.
Lo Zen ci porta a considerare come l’intuizione pone al di là dei confini percettivi
dell’Io, scoprendo una sintesi tra affermazione e negazione, afferrando come
l’essere sia divenire ed il divenire sia l’essere stesso.
L’intuizione precede il pensiero, integrando una “inconsapevolezza originaria” che
precede la “consequenzialità della ragione”, permettendo di operare una “sintesi”
che è “… creazione di possibilità … di attitudini … di progetti … di orizzonti
possibili.
In questo ambito, si intende come l’intuizione diventi una “arte incompresa” che
sorge dall’inconscio caricandosi di una capacità che è quella “coscienza onirica”
che permette di superare le limitazioni della “coscienza vigile”, per proiettare la
mente nel divenire che permette di superare le difficoltà coscienti di comprendere
appieno la realtà contingente.
Questo processo tanto “umano” permette di superare gli stessi limiti
dell’adeguamento (agli stimoli, ai vissuti, alla realtà) e seguire un progetto di
crescita e di evoluzione.
La ragione oltre la ragione non sarebbe non sarebbe possibile senza le funzioni
creative dell’immaginario che integrano la “coscienza onirica” che è la …
coscienza per il domani.
Lo Zen parla di “necessità di sviluppare l’arte di dimenticare se stessi” per
inserirsi nell’accadimento, abbandonare le intenzioni che sono gli obiettivi, “…
entrare nella maestria che è … trasmissione diretta dello spirito”.
Osho, commentando Eraclito, prospetta l’organizzazione psico-affettiva della
mente come “spostamenti” che possono svilupparsi su due piani uno orizzontale
ed uno verticale.
Gli spostamenti in orizzontale riguardano il “piano della consequenzialità”
rappresentata dal razionalismo aristotelico, mentre quelli in verticale rispondono
ad uno “stato di vera coscienza”.
Questa visione funzionale ed economica, può essere riferita allo schema della
relazione triadica nel quale il “processo del linguaggio che circola” porta alla
attivazione di un “movimento verticale” che diventa l’integrazione psico-affettiva,
alla crescita del soggetto nell’ordine timologico, verso la trascendenza.
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integrazione - crescita
trascendenza
(relazione triadica)
la famiglia
l’Altro
la società
valori applicati
(relazione diadica)
regole familiari
soggetto
regole sociali
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In questo schema la relazione supera il pensiero individuale, aprendo ad uno
spazio che si attiva nella auto-coscienza che è anche “religione” (che toglie da uno
“stato sognante, illusorio ed utopico”) come “verità” oltre che come “mistero”
(Eraclito), che è anche intesa nella conoscenza e nella comprensione reciproca.
In questo torniamo ad Eraclito per il quale il “logos” genera quel “legame tra
soggetti” che è “superamento delle contraddizioni in un continuo ed inarrestabile
divenire”.
Tutto questo però non è mosso dal “logos” (come vuole la visione gnosticointellettualistica del Vangelo di Giovanni), ma da una “forza primordiale che è in
ogni soggetto: il fuoco”.
La energheia del fuoco, la sua dynamis , è data da un “amore assoluto” una
“passione creatrice universale”, un “pathos pervasivo” che “… tutto riscalda, non
solo la materia, ma anche l’antimateria e l’immateriale, portando al
“trascendentale” che è il vero significato del divenire, della creatività,
dell’immaginario e dell’inconscio.
Leggendo Eraclito, tutto questo rappresenta “il fuoco come fenomeno” che è
dunque manifestazione energetica del “fuoco come sostanza”