Sole e Luna Nic Erano anni che quel giardino

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Sole e Luna Nic Erano anni che quel giardino
Sole e Luna
Nic
Erano anni che quel giardino sembrava un deserto. Aveva provato a farci un prato, a coltivarlo, a far
crescere fiori, alberi da frutto, frutta e verdura. Ma niente, tutto sembrava inutile e tutto moriva in quel
giardino. Aveva anche comprato, esagerato come sempre, un piccolo trattore, che ormai sostava arrugginito
sotto il pergolato.
Una mattina di maggio stava preparandosi per andare al lavoro. Aveva messo il caffè sul fuoco, e, visto il bel
sole che fin dal primo mattino aveva iniziato a scaldare l’aria, nell’attesa, fece una breve passeggiata in quel
prato che ormai era solo terra.
Annusava l’aria e vedeva i bei prati all’inglese dei vicini e gli uccellini che si divertivano a giocare e a
cinguettare. Non si sentiva triste per aver fallito, ma voleva solo sentire l’odore del caffè per fare colazione
e scappare al lavoro.
Stava per rientrare in casa, quando gli parve di vedere qualcosa: un piccolissimo bocciolo di rosa era nato, lì
accanto a una petruzza piccola, e lei vi si era adagiata.
Non credeva ai suoi occhi, si guardò intorno, credendo ad uno scherzo dei vicini. Ma non c’era nessuno,
c’erano solo lui e la rosellina. Si avvicinò e la guardò. Era bellissima, incredibile era proprio una rosa del
deserto: una rosa di Atacama, capitata lì, chissà come, dal deserto più arido del pianeta.
Non stava nella pelle per la gioia e la sera tornò a casa prima dal lavoro. Si cambiò e si mise i panni che un
tempo utilizzava per lavorare in giardino. Voleva costruire attorno alla sua rosellina un paradiso all’altezza
della sua bellezza.
Per giorni lei fu felice di quelle attenzioni così nuove e lo aspettava la sera per inebriarlo del suo profumo e i
suoi petali crescevano in forme meravigliose, provocanti, sensuali.
Ma si erano dimenticati che lei era abituata a stare nel deserto e che tutte quelle attenzioni, quelle cure,
l’avrebbero portata alla morte.
Infatti, dopo qualche mese lui si accorse che ogni giorno che tornava trovava un petalo in meno, e si
dannava l’anima per capire perché più l’amava e più moriva. Una sera fu così forte l’angoscia che si
addormentò piangendo tenendosi forte contro il cuscino. Sognò tutta la notte la sua rosa e sognava di
essere un fiore e di poterle vivere accanto per sempre nutrendola con le sue radici.
Quando si svegliò, la mattina presto, non era più nel suo letto. Era realmente diventato una margherita ed
era di fianco alla sua rosellina, che aveva perso un altro petalo ancora, e sembrava allo stremo delle forze.
Aveva bisogno di sole e lui lo volle così intensamente che accadde un nuovo miracolo, e lei si trasformò in
un raggio di sole.
Lui era felice di vederla finalmente viva, di nuovo.
Lei si sentiva in colpa e da la su oltre che occuparsi di tutti gli esseri viventi e la terra, continuava a prendersi
cura di lui. Scaldava i fiumi e i ghiacciai per far evaporare le nubi e far piovere, quando lui aveva sete, e
asciugava la terra e lo accarezzava con il suo calore e attorno a lui crebbero fiori meravigliosi. Ma niente
aveva i colori, il profumo, la gioia di vita della sua rosa e la sua assenza divenne insopportabile e si adombrò
e, una notte, divenne luna.
Lei sorse la mattina e non lo trovò più, fu così che si spense e piovve tutto il giorno.
E poi? Poi continuò la sua vita.