Culture - Marcos y Marcos
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Culture - Marcos y Marcos
Codice cliente: 13184118 13 Corriere Fiorentino Sabato 26 Novembre 2016 FI Culture Le Capannucce in città compiono 15 anni e si rinnovano Padre Bernardo è il nuovo presidente del Comitato «Usate la fantasia. Il presepe è un’esperienza in cui il genio umano si è sempre avventurato». L’esortazione arriva dal nuovo presidente del Comitato di Capannucce in Città, padre Bernardo Gianni, abate di San Miniato al Monte, ed è rivolta ai bambini, alle parrocchie e alle famiglie. Raccoglie il testimone di Paolo Blasi che per 10 anni ha guidato la manifestazione con Mario Razzanelli. Il Cardinale Betori nella lettera ai bambini ha sottolineato l’importanza del presepe «prova che Dio non lascia l’uomo». Sono già tante le iscrizioni per l’edizione numero 15. Le premiazioni il 5 gennaio nella chiesa di San Gaetano. (A.P.) La storia L’artista arrivò dalla Polonia nel 1983 e fu subito sintonia. Qui è cresciuto e la città è cresciuta con lui Una passione intensa, a volte tumultuosa. Che sarà alimentata dalla nascita del museo dedicato al maestro Mitoraj, l’amor di Pietrasanta In pillole Mitoraj ha donato a Pietrasanta città diverse opere: la scultura «Il Centauro» (1994), gli affreschi per la sala consiliare del Municipio (2000) e un altorilievo bronzeo (2013) che sviluppa il tema dell’Annunciazione, per la lunetta centrale della chiesa di Sant’Agostino È morto a Parigi il 6 ottobre del 2014 e i funerali si sono tenuti a Pietrasanta, alla presenza di centinaia di persone di Enrico Nistri A Pietrasanta si affacciò per la prima volta nel 1979, ma vi si stabilì solo nel 1983, aprendovi uno studio laboratorio e trovandovi casa, quando la bella cittadina della Versilia non era una località prediletta da artisti e «modaioli», o almeno non lo era come oggi. Reduce dalla nativa Polonia, la campagna lucchese gli piacque di primo acchito, lui abituato ai cieli grigi sotto il soffitto basso del cielo che aveva conosciuto nell’adolescenza. Classe 1944, Igor Mitoraj aveva studiato alla Scuola d’arte di Cracovia pittura e teatro sotto la guida del grande Tadeusz Kantor; poi era passato attraverso il filtro di varie esposizioni collettive prima di ottenere nel 1967 la prima. L’anno dopo il salto vitale in una Parigi percorsa dai miti dell’immaginazione al potere, che però non l’influenzò più di tanto. A segnare una svolta nel suo sapere artistico fu piuttosto il contatto con le arti figurative latino-americane. Solo dopo un soggiorno in Messico elaborò quel lessico e quella originalissima sintassi che avrebbero costituito la cifra della sua produzione artistica. Ma la prima consacrazione ufficiale gli giunse a Parigi, da una mostra inaugurata nel 1974 alla galleria La Hune, vera e propria istituzione collocata nel cuore di Saint-Germain-des-Prés, fra il Café de Flore e Les Deux Magots. L’esposizione comprendeva anche numerosi dipinti insieme alle sculture, ma l’unanime apprezzamento per queste ultime lo convinse a scegliere il percorso che gli riusciva più congeniale. In un primo tempo, Mitoraj si cimentò con terracotta e bronzo. Fu un soggiorno in Italia, a Carrara, ai piedi di quelle Apuane in cui Michelangelo aveva sbozzato i suoi Igor Mitoraj nel suo studio nel 1997 (foto: Massimo Sestini) Dall’alto: una scultura esposta nella mostra del 2015 un anno dopo la scomparsa e un angelo nella sua abitazione capolavori, a fargli prediligere per le sue sculture il marmo. Era il 1979: quattro anni dopo decise di aprire uno studio a Pietrasanta, cittadina in cui esisteva ed esiste tuttora un fitto tessuto artigianale indispensabile per tradurre i progetti artistici in opere compiute. Mitoraj crebbe a Pietrasanta — nel 2011 fu nominato cittadino onorario — ma la città crebbe con lui e con molti altri artisti che vi elessero dimora. Quella che fino a pochi anni prima, nonostante le sue intrinseche bellezze, era spesso snobbata come una modesta cittadina di provincia, in cui magari cercare (bei tempi!) un ristorante a poco prezzo rispetto ai locali alla moda del Forte, divenne, col suo centro storico pedonalizzato, con il chiostro degli Agostiniani restituito all’antica dignità, con i fasti estivi del Uno studio, la casa, la cittadinanza onoraria e il lavoro con gli artigiani Ma non amava la trasformazione della Piccola Atene in una cenatown per turisti festival della Versiliana e del Caffè di Romano Battaglia, con le sculture di Botero troneggianti nelle piazze una capitale della cultura in una Versilia a volte distratta dei valori estetici. Fu un amore intenso, e, come tutti i grandi amori, a volte tumultuoso. Mitoraj non amava la trasformazione di Pietrasanta in una «cenatown» per turisti, con tanto di movida notturna e d’imperversare della nouvelle cuisine. Per questo, d’estate, fuggiva la Versilia per raggiungere Parigi o l’amata Provenza. Ma poi subentravano sempre le riconciliazioni e ritornava nella sua residenza abituale, dove intratteneva stretti rapporti con gli artigiani locali e si teneva lontano dalle polemiche politiche perché «di politica io non m’interesso», come dichiarò quando un comitato contestò la collocazione di una sua opera nella facciata della chiesa di Sant’Agostino. Certo, non limitava il suo impegno artistico fra le mura, in parte sopravvissute, della cittadina che aveva eletto a dimora. Mostre e sculture in quegli anni lo facevano conoscere in tutta Italia, e non solo: da Massa Marittima ad Agrigento, da Tivoli a Osio Sotto, da Firenze a Roma. Il suo stile, al tempo stesso radicato nella tradizione classica e aperto a suggestioni postmoderne, impronta ormai l’arredo urbano di molte località italiane. Ma il suo cuore è rimasto all’ombra delle Apuane. Mitoraj è morto nel 2014 a Parigi, nell’ospedale SaintLouis. Ma non ha mai dimenticato la sua Pietrasanta, e Pietrasanta non lo ha dimenticato. Ha voluto che le sue ceneri tornassero in Versilia e le sue esequie sono state celebrate nel Duomo cittadino, mentre la camera ardente veniva allestita nella Sala del consiglio Comunale, la stessa che aveva affrescato nel 1998 con due opere, l’Alba e il Tramonto. Ora la consacrazione ufficiale, con una notizia che mette, una volta tanto, d’accordo Pietrasanta e Roma, giunta di centrodestra e governo centrale: la Conferenza unificata Stato-Regioni e il Consiglio superiore dei Beni culturali hanno espresso parere favorevole agli interventi del Ministero per la realizzazione del Museo Mitoraj a Pietrasanta, mettendo a disposizione due milioni per la realizzazione di una galleria in un edifico comunale. L’immobile è ancora in fase di individuazione, e la città nobile versiliese non manca di strutture idonee, ma un fatto è certo: questo di Pietrasanta sarà l’unico museo al mondo dedicato allo scultore polacco, un primato che molte città di tutto il mondo le invidieranno. © RIPRODUZIONE RISERVATA Libertà, follia, ironia: «La mia fuga con Henry» Giuliano Pesce oggi riceve il Premio Fiesole under 40: «Con i social la letteratura sta cambiando» Una fuga a bordo di una vecchia Panda: libertà e pazzia. Libertà perché il giovane Tagliaferro, giornalista, lasciato dalla moglie per un filosofo francese, è inseguito da un ingordo padrone di casa e dalle pressioni di una vita che si sta irrimediabilmente complicando. Pazzia, perché il suo compagno di viaggio è Henry, paziente di un centro di salute mentale che lo convince a partire con lui alla ricerca del misterioso Registro-01, il «più importante documento della storia dell’umanità». Libertà, pazzia più una scrittura veloce e ironica: tutto questo è Io e Henry di Giuliano Pe- sce (Marcos y Marcos), che oggi (ore 17, sala del Basolato) riceverà il XXV Premio Fiesole narrativa under 40 (gli altri riconoscimenti speciali a Stefano Massini per il libro Qualcosa sui Lehman e Paolo Becattini, fondatore del Premio). «Può sembrare strano — racconta lo scrittore, 26 anni, nato a Monza e cresciuto a Desio — ma il romanzo nasce dalla prima frase. C’era questo aforisma che mi ronzava in testa e l’ho scritto: “Se hai un sogno vale la pena di vivere inseguendolo; se non ce l’hai, non vale la pena di vivere”. Poi senza pensarci ho aggiunto: “Il vecchio Henry lo diceva sempre”. Così a ca- scata ho scritto il resto della storia, soprattutto perché dovevo rispondere alla domanda: ma chi diavolo è il vecchio Henry?». Duecentoquaranta pagine di avventura, ma anche di critica a una società sempre più restia ad accogliere voci fuori dal coro: «Credo che la follia, in senso più filosofico che scientifico sia più che altro un punto di vista. E che nel mondo di oggi, considerata la smisurata quantità di punti di vista a cui abbiamo accesso, sia un concetto sempre più labile. Ogni tanto penso che tutti gli uomini siano folli, ognuno a modo proprio, che non siamo altro che Giuliano Pesce scimmie impazzite». Io e Henry è ricco di riferimenti al cinema, alla musica, perfino ai cartoni animati («ogni volta che leggo o ascolto qualcosa rimango influenzato dalle sensazioni che mi dà»). Ma come cambia il modo di raccontare le storie per uno scrittore nativo digitale? «I social network e più in generale gli smartphone e la connessione veloce — spiega Pesce — stanno cambiando il nostro modo di percepire la realtà, e influenzano anche il nostro modo di leggere e di scrivere. Oggi c’è un accesso alle informazioni che fino a pochi anni fa era inimmaginabile, e questo sicuramente pesa sul modo di fare letteratura. Non si tratta più di sorprendere il lettore: si scrive per un pubblico che, almeno potenzialmente, ha accesso alle stesse informazioni di cui dispone lo scrittore. Ecco allora che bisogna lavorare di più sul punto di vista da cui osservare queste informazioni, sui diversi significati che possono derivare da uno stesso dato. Certo, grazie ai romanzi continueremo a vivere migliaia di vite diverse, ma la letteratura contemporanea dovrà adattarsi ai nuovi linguaggi per riuscire a portare avanti la sua funzione». Forse anche per questo sempre più autori si cimentano con le sceneggiature per il cinema e la tv. Come vorrebbe fare lo stesso Pesce: «Sto lavorando a un nuovo romanzo. Nel frattempo — confessa — ho un paio di idee per una serie televisiva che credo possano essere interessanti. Spero di trovare qualche regista e produttore con cui poter collaborare». Antonio Montanaro © RIPRODUZIONE RISERVATA