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L’impatto dell’Unione europea e degli organismi internazionali: normativa e giurisprudenza di Marina Caporale* 259 Il presente contributo offre una panoramica di casi e di materiali tesi a documentare l’influenza del sistema comunitario e internazionale sulla PA italiana, offrendo una analisi, più che di un dato di carattere puramente normativo, di una serie di strumenti, di iniziative, che sembrano connotare un vero e proprio metodo di lavoro da cui ormai non si può prescindere in virtù della costante contaminazione tra ordinamenti diversi1. 1. Principi “costituzionali” europei di buona amministrazione Le cooperazione tra pubbliche amministrazioni in ambito comunitario si è evidentemente rafforzata nel corso del tempo, come ovvia conseguenza del ravvicinamento delle legislazioni nei settori di competenza delle Comunità europee. Tuttavia, quello che qui si intende documentare è, più che un dato di carattere puramente normativo – in altri capitoli di questo Rapporto attentamente ricostruito – una serie di strumenti, di iniziative, che sembrano connotare un vero e proprio metodo di lavoro da cui ormai non si può prescindere in virtù della costante contaminazione tra ordinamenti diversi. Tale metodo infatti è reso evidente anche da una serie di iniziative che prescindono dalla puntuale previsione di norme primarie, come ad esempio l’adozione (Uppsala, 2001) da parte dei Direttori Generali responsabili per la Pubblica Amministrazione di un Programma a Medio Termine per la Cooperazione tra le Pubbliche Amministrazioni, che propone un passaggio dalle forme di scambio, esperienze e best practice fra le Pubbliche Amministrazioni degli Stati Membri allo sviluppo di attività e di strumenti comuni in determinate aree. Con le parole di Mario Monti potremmo quindi dire: “La cooperazione fra amministrazioni pubbliche è indispensabile a perseguire gli obiettivi dell’Unione, poiché molto dipende dal buon funzionamento di un sistema integrato fra amministrazioni. Diverse disposizioni inserite nel trattato di * 1 Dottore di ricerca in Diritto europeo e comparato dell’impresa e del mercato, Università G. D’Annunzio di Chieti - Pescara; Avvocato. In particolare questo contributo è da leggersi in rapporto al capitolo a cura del prof. Mario Pilade Chiti contenuto nel Volume I.1 di questa ricerca, Giannini-Formez, II fase, “Innovazione amministrativa e crescita”. L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA 260 Amsterdam prevedono che la cooperazione amministrativa venga organizzata in modo informale a tre livelli: a quello politico (Ministri), a quello manageriale (Direttori Generali) e a quello tecnico, con gruppi di lavoro. Le priorità che sono state identificate sono: la modernizzazione del servizio pubblico attraverso lo scambio delle pratiche migliori e del confronto (benchmarking); lo sviluppo dell’informatizzazione; la promozione della mobilità transfrontaliera dei funzionari; la formazione dei funzionari nazionali sulle materie comunitarie; il dialogo sociale a livello comunitario e infine il miglioramento della qualità della normativa. Sono stati così avviati tutta una serie di programmi e progetti congiunti”2. Permane la validità della distinzione tra incidenza diretta e indiretta del diritto comunitario nel determinare riforme isituzionali negli stati membri: la prima riconducibile all’adeguamento imposto da norme comunitario (direttive; regolamenti), la seconda posta in essere dagli stessi stati membri per la migliore attuazione delle politiche comunitarie. Attraverso nuovi strumenti di cooperazione amministrativa viene invece superata la distinzione tra esecuzione diretta, in cui l’attività posta in essere è imputata direttamente alle istituzioni e agli organismi comunitari, e esecuzione indiretta, affidata alle amministrazioni statali o a loro articolazioni; questa distinzione si è rivelata infatti nel tempo insufficiente a ricomprendere tutte le varietà di organismi e di atti che si sono affermati nel sistema comunitario. La dottrina ha quindi individuato diversi livelli di cooperazione, che hanno determinato vere e proprie figure giuridiche composte sia per l’organizzazione che per l’attività e che pure non assorbono tutte le forme di cooperazione amministrativa prodotte di fatto dall’ordinamento comunitario: • la coamministrazione, in cui la titolarità di una unica funzione è attribuita a soggetti giuridicamente distinti che operano in raccordo necessario, in quanto, per le rispettive competenze, non potrebbero agire diversamente per il perseguimento dello scopo unitario, espressione dell’interesse comune Comunità-Stati membri (esempio tipico è la disciplina dei Fondi Strutturali Europei); • la integrazione decentrata, che rappresenta una evoluzione dei modelli di coamministrazione in quanto ruota attorno a un organismo comunitario, l’agenzia, con propria personalità giuridica e con funzioni regolative, istituita per la realizzazione di obiettivi economici e sociali, per i quali c’è contitolarità di competenze tra amministrazione comunitaria e amministrazione degli stati membri; • il concerto regolamentare europeo o concerto europeo dei regolatori, che prevede la realizzazione di un sistema di rete di cui al momento non esiste una realizzazione compiuta (anche nei settori in cui si sono fatti più passi in questa direzione come, ad esempio, le telecomunicazioni). I caratteri comuni agli istituti menzionati sono: la natura comunitaria della disciplina; la distribuzione delle competenze necessarie tra diversi uffici di diverso livello o misti (nazionale, substatale, comunitario). 2 Mario Monti, La Governance europea, Convegno dell’Associazione Giovani Classi Dirigenti delle Pubbliche Amministrazioni Roma, 6 maggio 2002. L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA Analizzando le fonti di natura “costituzionale” che contengono gli elementi base su cui si è sviluppato il quadro accennato, che individua a quale tipo di amministrazione siano volte queste iniziative e, in qualche modo, le modalità attraverso cui gestire queste iniziative, possiamo indicare le seguenti: • Trattato che istituisce l’Unione europea (versioni consolidate del Trattato sull’Unione europea e del Trattato che istituisce la Comunità europea, Gazzetta ufficiale n. c 321e del 29 dicembre 2006) e Trattato che istituisce la Comunità europea (versioni consolidate del Trattato sull’Unione europea e del Trattato che istituisce la Comunità europea, art. 66, Gazzetta ufficiale n. c 321e del 29 dicembre 2006,) • Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (Gazzetta ufficiale n. C 364 del 18 dicembre 2000) • Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa (Gazzetta ufficiale n. C 310 del 16 dicembre 2004. Il Trattato che istituisce l’Unione europea (Maastricht, 7 febbraio 1992) prevede la cooperazione tra Stati membri nei settori specifici dei cd. tre pilastri: le tre Comunità europee; politica estera e di sicurezza comune; cooperazione negli affari interni e giudiziari. Per quanto riguarda gli ultimi due pilastri, la cooperazione si basa essenzialmente su una collaborazione tra stati ed esula dalle procedure decisionali della Comunità. In questo ambito la natura della cooperazione tra amministrazioni di stati diversi è volta alla necessaria uniformazione dei rispettivi diritti. Il Trattato Ue prevede poi la cd. Cooperazione rafforzata (art. 43 del Trattato, ripreso anche dall’Art. 11, ex art. 5 A del Trattato che istituisce la Comunità europea). Inizialmente nasce con lo scopo di favorire una più stretta cooperazione tra i paesi dell’Unione che intendono andare oltre l’integrazione prevista nei trattati, anche se uno strumento che si può utilizzare come ultima istanza, nei casi in cui il Consiglio constati che gli obiettivi fissati in base a questo tipo di cooperazione non sono raggiungibile utilizzando le disposizioni del Trattato. La cooperazione rafforzata deve rispettare diversi requisiti, e in particolare: • non può avere come oggetto settori che siano di competenza esclusiva della Comunità; • deve tendere a favorire il conseguimento degli obiettivi dell’Unione; • deve rispettare i principi previsti dai trattati; • deve coinvolgere la maggior parte degli Stati membri, con un minimo di otto stati. Il Trattato che istituisce un Costituzione per l’Europa a sua volta contiene delle norme di semplificazione di questo istituto, sia per quanto riguarda le procedure iniziali di autorizzazione, che quelle relative alla partecipazione degli stati membri, fissando la nuova soglia minima di adesione a un terzo degli stati membri. Il Trattato che istituisce la Comunità europea, così come il Trattato sull’Unione europea, non contiene particolari e specifici riferimenti a forme di cooperazione amministrativa, alla buona amministrazione, se non con riferimento alla tutela contro la cattiva amministrazione degli organi e delle istituzioni comunitarie. Esiste l’ampio richiamo di cui all’art. 3 e dell’art. 10. Il Trattato richiama poi la cooperazione tra le amministrazioni degli Stati membri in determinati settori, tra cui ad esempio l’art.66. 261 L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA 262 Maggiore rilevanza hanno gli articoli che regolano i meccanismi di difesa rispetto a casi di “cattiva amministrazione”, che analizzeremo meglio di seguito, riferendo della figura e delle attività del Mediatore europeo (art.193). La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea o Carta di Nizza (Nizza, 2001) nasce con l’obiettivo di raccogliere, in un unico testo, tutti i diritti degli individui, ponendo in atto il principio dell’indivisibilità dei diritti fondamentali. Rinunciando alla distinzione, sino ad allora operata nei testi europei e internazionali, fra diritti civili e politici, da una parte, e i diritti economici e sociali, dall’altra, la Carta di Nizza riporta l’insieme dei diritti imperniati su taluni principi fondamentali: la dignità umana, le libertà fondamentali, la parità fra gli individui, la solidarietà, la cittadinanza e la giustizia, distinti in altrettanti capitoli. Nel capo dedicato alla cittadinanza troviamo gli artt. 41, 42 e 43 che sanciscono il diritto a una buona amministrazione, conferendo così per la prima volta una autonoma rilevanza a questo principio e distinguendolo dal più ampio e consolidato principio di legalità. Come è noto il Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa riprende integralmente la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, riportando gli artt. 41, 42, 43 negli Artt. II-101, 102 e 103. Inoltre, all’art.III-285 e 389 riporta un riferimento specifico alla cooperazione amministrativa. I documenti e gli strumenti di matrice comunitaria che incoraggiano alla cooperazione tra amministrazioni nazionali di paesi diversi e con le istituzioni comunitarie, sono volti a migliorare la qualità della legislazione e alla creazione di standard comuni (v. Giulio Napolitano, in questo stesso Rapporto). Forse è banale ricordarlo ma parliamo di forme di cooperazione amministrativa volte a una pubblica amministrazione che va definendosi con una sua autonomia in ambito comunitario, e che, tra i diversi Stati membri, va cercando modelli condivisi e una comune qualità. Per quanto qui interessa, le iniziative e le fonti che possiamo richiamare sono: 1. Il Metodo Aperto di Coordinamento (Consiglio Europeo di Lisbona, 23 e 24 marzo 2000)3; 2. Il Libro bianco sulla Governance (Bruxelles, 5.8.2001, COM(2001) 428); 3. Il Codice di buona condotta amministrativa (Mediatore Europeo, Gennaio 2005). Il Metodo di Coordinamento Aperto (MCA) è stato creato quale strumento della strategia di Lisbona (marzo 2000) nel quadro del coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri (Trattato di Maastricht) e della politica dell’occupazione e del processo di Lussemburgo (conclusosi con il Trattao di Amsterdam). Il MCA prevede un nuovo quadro di cooperazione tra gli Stati membri, che vengono assistiti per favorire e accelerare la convergenza delle rispettive politiche nazionali per la realizzazione di determinati obiettivi comuni. Il MCA si attua attraverso la determinazione di indicatori di qualità, di parametri di confronto 3 Consiglio Europeo di Lisbona, Conclusioni Della Presidenza, 23 e 24 Marzo 2000. Il Consiglio europeo ha tenuto una sessione straordinaria il 23 e 24 marzo 2000 a Lisbona per concordare un nuovo obiettivo strategico per l’Unione al fine di sostenere l’occupazione, le riforme economiche e la coesione sociale nel contesto di un’economia basata sulla conoscenza. L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA delle best practices, attraverso la valutazione degli stati membri da parte di altri stati membri (“peer pressare”), in cui la Commissione europea svolge un ruolo di mera sorveglianza. Esso funziona in settori “comuni”, che, proprio come la pubblica amministrazione (così come anche l’occupazione, la protezione sociale, l’inclusione sociale, l’istruzione, la gioventù e la formazione), si collocano al di fuori della distinzione tra politiche di competenza esclusiva o concorrente. Le fasi principali del MCA che possiamo individuare sono: • identificazione e definizione congiunta di obiettivi da raggiungere (indicati con atto del Consiglio); • strumenti di misurazione definiti congiuntamente (statistiche, indicatori, linee guida); • benchmarking, cioè l’analisi comparativa dei risultati degli Stati membri nei settori individuati e lo scambio di pratiche ottimali (sorveglianza effettuata dalla Commissione). A seconda dei diversi settori in cui viene applicato il MCA comporta misure di soft law che sono più o meno vincolanti per gli Stati membri, ma da esso non derivano mai direttive o norme di pari rango. Di fatto l’implementazione del MCA sta evidenziando più di una difficoltà e forse alcune delle ragioni del suo fallimento risiedono proprio nel fatto che alla fine del percorso di lavoro comune gli Stati non sono vincolati ad adottare formalmente gli strumenti individuati. Il Libro Bianco sulla governance ha rappresentato un momento di svolta nella riflessione comune sulla governance comunitaria, anche grazie al metodo prescelto per giungere al documento finale (COM(2001) 428): una consultazione pubblica ancora sperimentale in quegli anni che ha visto l’adesione massiccia e la presentazione di un numero notevole di contributi al dibattito. Si legge nel Libro Bianco che “Il concetto di “governance” designa le norme, i processi e i comportamenti che influiscono sul modo in cui le competenze sono esercitate a livello europeo, soprattutto con riferimento ai principi di apertura, partecipazione, responsabilità, efficacia e coerenza”. Vengono così individuati cinque principi che devono ispirare le riforme in ambito comunitario ma anche nei singoli stati membri. Altro aspetto rilevante è l’idea che l’Unione europea debba contribuire al dibattito sulla Governance mondiale, operando anche per il miglioramento delle istituzioni internazionali. La successiva Comunicazione della Commissione europea “Governance Europea, legiferare meglio” (COM(2002) valorizzava questa esperienza e il portato del libro bianco, soprattutto ribadendo la necessarietà di un migliore governo comune, tra istituzioni europee e Stati membri. Prima ancora della complessa iniziativa della Convenzione per una Costituzione europea, con i risultati che sappiamo, si affermava che era possibile raggiungere questi obiettivi a “trattato costante”, con una maggiore attenzione alle disposizioni di esecuzione della Commissione, in aumento vertiginoso, con conseguente appesantimento delle procedure e quindi anche la questione della piena partecipazione degli organi amministrativi nazionali o locali, all’applicazione delle norme europee. La funzione del Mediatore europeo è stata istituita dal Trattato di Maastricht allo scopo di accogliere le denunce relative ai casi di cattiva amministrazione nel- 263 L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA 264 l’operato delle istituzioni e degli organi della Comunità europea. Il suo ruolo è meglio definito dalla Decisione del Parlamento europeo concernente lo statuto e le condizioni generali per l’esercizio delle funzioni del Mediatore (Approvata il 9 marzo 1994 - GU L 113 del 4.5.1994 - e modificata dalla decisione del Parlamento europeo del 14 marzo 2002 - GU L 92 del 9.4.2002). La figura del mediatore si rifà ovviamente ai precedenti nordici dello ombudsman, poi estesisi anche a molti altri paesi. Il mediatore rappresenta una autorità amministrativa sui generis dato che le sue funzioni giustiziali devono essere svolte in modo del tutto indipendente ed imparziale. Nello svolgimento delle sue attività il Mediatore ha contribuito all’adozione di importanti provvedimenti (quali ad esempio il regolamento 1049/2001/CE sull’accesso del pubblico ai documenti delle istituzioni, o lo stesso inserimento, nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Nizza, 2001 – del diritto ad una buona amministrazione). Tra i documenti stilati dallo stesso mediatore, che non hanno forza di legge ma che costituiscono dei riferimenti il cui rispetto è auspicato dalle istituzioni comunitarie, troviamo il Codice europeo di buona condotta amministrativa, redatto con lo scopo di costituire lo strumento essenziale per lo svolgimento delle sue funzioni. Il Mediatore usa infatti il Codice per valutare la sussistenza o meno di una ipotesi di “cattiva amministrazione”. Al tempo stesso il Codice funge da guida per i funzionari, incoraggiando l’utilizzo di standard più elevati nella condotta amministrativa. Il codice sembra ribaltare in una prospettiva attiva i compiti del Mediatore, che, come si legge nello Statuto (Decisione n. 94/262/CECA, CE, Euratom) ha principalmente la funzione di contribuire a individuare i casi di cattiva condotta amministrativa. Per arrivare a definire e ad affermare il diritto a una buona amministrazione il Mediatore ha contribuito a definire cosa sia la cattiva amministrazione anche attraverso le relazioni annuali (del 1995 e 1997, in particolare): si è in presenza di cattiva amministrazione quando una istituzione o un organo comunitario non opera in conformità ai trattati o agli atti comunitari vincolanti nella materia considerata, o se non osserva norme e principi stabiliti dalla Corte di Giustizia o dal Tribunale di primo grado. La cattiva amministrazione tuttavia non può essere definita in modo compiuto equesto distingue il ruolo del Mediatore da quello degli organi giurisdizionali. 2. Iniziative di partecipazione e di cooperazione e scambio Con questi strumenti sono varie le iniziative poste in essere per facilitare la cooperazione amministrativa tra Stati membri, e tra Stati membri e istituzioni comunitarie. C’è l’esperienza delle agenzie e delle reti amministrative, più o meno istituzionalizzate, che già adesso hanno grande impatto sui sistemi nazionali; esistono poi le iniziative per la partecipazione/scambio di funzionari italiani che prestano la loro attività presso le istituzioni comunitarie o a servizio delle stesse (Comitatologia, Gruppi di esperti, Esperti nazionali distaccati, Agenti Temporanei e Agenti a Contratto, Progetti Patent - Public Administration Training European Network for the Harmonisation of Training Approach, Twinning…). Sullo sfondo rimangono gli organismi che promuovono lo studio e la analisi L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA delle rispettive amministrazioni (come l’European Public Administration Network), che compiono una azione importante di incontro e di scambio. Nel quadro degli organismi comunitari da tempo vanno affermandosi le agenzie comunitarie. Si tratta di enti dotati di una propria autonoma personalità giuridica, che non rientrano nella amministrazione comunitaria propriamente detta, istituite per specifici compiti in determinati settori, che svolgono la loro azione in stretto raccordo con analoghi enti nazionali. Hanno per lo più il compito di raccogliere e elaborare informazioni, mettendo poi a disposizione i risultati delle loro indagini alle istituzioni comunitarie ma anche agli stati membri. Esistono anche agenzie con funzioni di controllo e indirizzo in determinati ambiti tecnici, e di regolamentazione e di gestione (nell’ambito del cd primo pilastro; esistono poi agenzie con compiti più specifici nel secondo e terzo pilastro, con riferimento, quindi, alla politica estera e alla sicurezza comune e alla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale). Come dicevamo esse svolgono le loro funzioni integrando le proprie attività con quelle di analoghi organismi nazionali (l’esempio principale è quello della Agenzia europea per l’Ambiente, che ha determinato e lavora con l’Agenzia Nazionale dell’Ambiente, in raccordo, nel caso italiano, con le agenzie regionali). Agenzie Comunitarie Agenzie per la politica estera e di sicurezza comune A g e n z i e p e r l a c o o p e r a z i one di polizia e giudiziaria in materia penale Agenzia europea dei diritti fon- Agenzia europea per la difesa Accademia europea di polizia damentali (FRA) (in preparazione) (EDA) (CEPOL) Organismo europeo per il conAgenzia europea dell’ambiente Centro satellitare dell’Unione solidamento della cooperazione (EEA) europea (EUSC) giudiziaria (Eurojust) Agenzia europea delle sostanze Istituto dell’Unione europea per Ufficio europeo di polizia chimiche (ECHA) (in preparaziogli studi sulla sicurezza (ISS) (Europol) ne) Agenzia europea per i medicinali (EMEA) Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne (FRONTEX) Agenzia europea per la ricostruzione (EAR) Agenzia europea per la sicurezza aerea (EASA) Agenzia europea per la sicurezza delle reti e dell’informazione (ENISA) Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (OSHA) Agenzia europea per la sicurezza marittima (EMSA) Agenzia (ERA) ferroviaria europea segue 265 L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA Agenzie Comunitarie Agenzie per la politica estera e di sicurezza comune A g e n z i e p e r l a c o o p e r a z i one di polizia e giudiziaria in materia penale Autorità di vigilanza europea GNSS (in preparazione) Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) 266 Centro di traduzione degli organismi dell’Unione europea (Cdt) Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale (Cedefop) Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro (EUROFOUND) Fondazione europea per la formazione professionale (ETF) Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (EMCDDA) Diverse dalle agenzie comunitarie sono le agenzie esecutive (reg. 58/2003, del 19/12/2002), istituite con decisione della Commissione, di cui sono organi indiretti, cui la Commissione delega l’attuazione di un determinato programma comunitario o di parte di esso (come l’Agenzia esecutiva per la sanità pubblica, l’Agenzia esecutiva per l’energia intelligente, l’Agenzia esecutiva per l’istruzione, gli audiovisivi e la cultura). Dai due modelli citati si distinguono altri tipi di organismi, forse più vicini, per natura e funzioni, alle autorità indipendenti, sul modello della Banca Centrale Europea. Si tratta di una tipologia di enti ancora in via di definizione (ne sono esempio l’Autorità per la sicurezza alimentare europea, EFSA, così come il Garante europeo della protezione dei dati, EDPS). Questo tipo di enti lavora in regime di integrazione funzionale e strutturale rispetto ai sistemi ufficiali di controllo istituiti presso i diversi stati membri, responsabili degli obblighi disposti dalla normativa comunitaria. Il raccordo con gli enti nazionali trova il suo momento istituzional nel “foro consultivo”, istituito presso la stessa Autorità. In sostanza si tratta di un meccanismo di rete, tra Autorità e stati membri e tra gli stessi stati membri. Il termine “comitologia” (o “procedura dei comitati”) si riferisce alle procedure in base alle quali la Commissione esercita le competenze di esecuzione conferite dal legislatore (Parlamento europeo e Consiglio) assistita da comitati composti da rappresentanti degli Stati membri, strutture esterne, di natura collegiale, con funzioni di supporto alle attività della Commissione nell’esercizio delle sue competenze di esecuzione. Queste procedure sono descritte nelle decisioni cd. “comitologia” (87/373 e 99/468), ma nel tempo molti comitati sono stati istituiti e disciplinati non in perfetta coerenza con le decisioni, in modo estempo- L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA raneo, e anche le loro funzioni si sono estese, passando da una funzione di natura istruttoria a forme di consultazione, regolamentazione e anche gestione. In base alle decisioni citate, i servizi della Commissione sottopongono i progetti di misure di esecuzione ai comitati, i quali esprimono il loro parere prima che la Commissione li adotti. Il Consiglio, con la decisione 2006/512/CE del 17 luglio 2006 ha peraltro modificato la decisione 99/468 del Consiglio del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione. L’articolo 5 bis della decisione modificata introduce una nuova procedura di regolamentazione con controllo da parte del legislatore (Consiglio e Parlamento europeo) per permettere al legislatore di opporsi all’adozione di un progetto di una norma secondaria, di esecuzione di un atto legislativo adottato con procedura di codecisione, nei casi in cui ritenga che il progetto in questione ecceda le competenze esecutive previste dall’atto di base oppure non sia compatibile con lo scopo od il contenuto di detto atto e anche nei casi in cui non rispetti il principio di sussidiarietà o di proporzionalità. L’origine dei Comitati – che risale all’inizio degli anni sessanta, con la organizzazione del mercato dei prodotti agricoli – trova il suo fondamento nella opportunità di creare strumenti di ausilio alla Commissione senza, allo stesso tempo, ampliarne ulteriormente i servizi diretti. Questi comitati esistono e sono attivi in quasi tutti i settori più importanti delle politiche comunitarie. I comitati sono composti da un rappresentante dei servizi della Commissione che li presiede, e dai rappresentanti dei governi di ogni Stato membro. Il loro compito è esprimere un parere sui progetti di misure di esecuzione sottoposti dai servizi della Commissione. Dal punto di vista organizzativo, come anticipato, non fanno parte della amministrazione comunitaria, e nel tempo il loro ruolo si è trasformato passando da strumento di condizionamento della Commissione a momento di scambio di buone pratiche, di conoscenza dei principi generali tipici dei vari ordinamenti nazionali. Il lavoro dei comitati si svolge secondo tre diverse procedure: consultiva, di gestione e di regolamentazione. La scelta delle modalità procedurali spetta al legislatore che decide in base alla natura delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione. Ogni comitato adotta il proprio regolamento interno (sulla base di un modello, detto Regolamento di procedura tipo adottato dalla Commissione il 31 gennaio 2001). La straordinaria diffusione dei comitati e la loro tuttora limitata disciplina fa sì che si parli di “governo dei comitati”, ma è comunque anche ad essi che si deve la progressiva integrazione tra l’amministrazione comunitaria e le amministrazioni nazionali. La predisposizione e l’implementazione delle politiche comunitarie ha richiesto in modo crescente il contributo di esperti esterni, che apportassero le proprie competenze in ambiti sempre più specifici e tecnici a supporto delle strutture europee. A questo tipo di supporto si aggiungono forme di consultazione aperta quali seminari, workshop, conferenze, partecipazione attraverso internet etc. Nella sua forma più istituzionalizzata il Gruppo di esperti può essere definito come una struttura costituita da esperti nazionali e/o del settore privato istituiti dalla Commissione europea. Il loro scopo principale è appunto di supportare la 267 L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA 268 Commissione e i suoi servizi nella predisposizione di proposte di legge e di iniziative politiche, nell’abito del diritto di iniziativa della Commissione, così come nei suoi compiti di monitoraggio, coordinamento e cooperazione con gli Stati membri. Questi gruppi possono essere temporanei o permanenti; i membri non sono pagati, salvo un rimborso spese. I Gruppi di esperti sono istituiti in due modalità differenti: • con decisione della Commissione o con altro atto che definisce il gruppo (Gruppi formalmente istituiti); • da un Servizio della Commissione, previo accordo con il Segretariato Generale (Gruppi informalmente istituiti). Attualmente i Gruppi di esperti iscritti nell’apposito registro della Commissione sono 1.255. Questi tipi di gruppi si distinguono da altri due differenti tipi di organismi quali: i Comitati, istituiti su iniziativa del legislatore (il Consiglio da solo o unitamente al Parlamento europeo) per supportare la Commissione in determinate aree; organismi di cooperazione istituiti sulla base di accordi internazionali. Più in particolare, per le attività di formazione e scambio dei dipendenti pubblici, al di là della partecipazione agli organismi appena menzionati, segnaliamo: Con Decisione del 26 luglio 1988 e successive modificazioni, da ultimo la Decisione C(2006) 2033 del 1 giugno 2006, la Commissione europea ha istituito il regime dell’Esperto Nazionale Distaccato (END), successivamente esteso anche alle altre istituzioni dell’Unione europea (Parlamento e Consiglio), allo scopo di consentire a funzionari delle amministrazioni degli Stati membri, che abbiamo esperienze e conoscenze professionali in materia di politiche europee, di realizzare un’esperienza lavorativa presso le istituzioni comunitarie. Gli Esperti nazionali distaccati (END) svolgono così un duplice ruolo: offrono alle istituzioni comunitarie l’esperienza professionale di alto livello nei settori di loro competenza, specie in quei settori in cui tali competenze non sono facilmente disponibili; inoltre mettono a disposizione dell’amministrazione nazionale di provenienza la conoscenza delle politiche comunitarie acquisita durante il periodo di distacco. Gli END provengono dalle amministrazioni pubbliche degli Stati membri dell’UE, cosicché la maggior parte di essi è costituita da funzionari pubblici nazionali, regionali e locali. Ciononostante, si possono accettare anche esperti provenienti dal settore privato o da organizzazioni senza scopo di lucro o anche da organizzazioni internazionali qualora la Commissione richieda espressamente questo tipo di competenze. Può diventare END un funzionario che per tutta la durata del distacco sia in servizio retribuito presso un’amministrazione pubblica internazionale, nazionale, regionale o locale, oppure, come dicevamo, a titolo eccezionale, funzionari provenienti dal settore privato e dal volontariato (qualora sussista un interesse da parte dello Stato membro), dallo Spazio Economico Europeo, dai Paesi candidati, da organizzazioni internazionali o da Paesi terzi. Un END è chiamato ad assistere i funzionari della Commissione svolgendo i compiti che gli vengono da questa assegnati. Durante il periodo di distacco, l’END riceve istruzioni da un funzionario dell’UE, con una descrizione dettagliata dei suoi incarichi, che deve svolgere nel rispetto di norme tese ad evitare il rischio di eventuali conflitti d’interesse. L’END esercita le sue funzioni a tempo pieno esclusivamente nell’interesse della Commissione ed è responsabile verso la gerarchia del Servizio cui è assegnato. La L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA Commissione resta l’unica responsabile per l’approvazione dei compiti svolti dall’END, nonché per la firma degli atti che ne derivano. L’END non può rappresentare la Commissione in proprio, assumere impegni finanziari o di altro tipo o condurre negoziati per conto della Commissione. Le candidature sono selezionate su bandi comunitari per il tramite del Ministero degli Affari Esteri d’intesa con l’Ente che effettua il distacco e con la Commissione Europea. Conseguentemente le domande dei candidati devono essere trasmesse esclusivamente al Ministero degli Affari Esteri. La valorizzazione della presenza del personale italiano attraverso l’esperienza degli END presso le istituzioni comunitarie è stata peraltro indicata dall’attuale Ministro per le Politiche Comunitarie, on.le Emma Bonino quale elemento qualificante per migliorare le sinergie tra le Amministrazioni nazionali e locali e le istituzioni europee (Audizione sulle linee programmatiche dell’on. Ministro per le Politiche Europee, Camera dei Deputati, Commissione XIV, 11 luglio 2006) e, da ultimo, nella relazione annuale sulla partecipazione dell’Italia all’Unione Europea. Il Dipartimento delle Politiche Comunitarie ha peraltro al riguardo competenze specifiche: nel Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 15 giugno 2006 “Delega di funzioni del Presidente del Consiglio dei Ministri, in materia di politiche europee, al Ministro senza portafoglio on. dott.ssa Emma Bonino” (GU n. 149 del 29.6.2006), viene riconosciuta al Ministro la competenza relativa alla proposta delle candidature di cittadini italiani presso le istituzioni, gli enti e le agenzie comunitarie. L’Ufficio per la cittadinanza europea, attivo presso il Dipartimento, ha, tra le altre, la funzione di promuove iniziative formative in materia comunitaria del personale pubblico delle amministrazioni centrali, delle Regioni e Province autonome e degli enti territoriali. A queste competenze del Dipartimento si sovrappongono, in parte integrandole, quelle previste per il Ministero Affari Esteri sia per quanto riguarda la selezione degli END che, come abbiamo segnalato, è affidata appunto alla sua competenza, sia attraverso la Direzione Generale per l’integrazione europea, Ufficio VI, Affari giuridici ed istituzionali, che è competente per il personale italiano nella Ue, per lo statuto del personale comunitario e collabora con l’Istituto Diplomatico e le amministrazioni competenti nella formazione dei funzionari pubblici per le materie comunitarie. Il numero di END italiani a Bruxelles si è attestato nel corso del 2006 a quasi cento funzionari (74 distaccati alla Commissione europea, 20 al Consiglio). In particolare di seguito si propone un prospetto del numero di END distaccati alla Commissione europea a fine 2006 specificando la tipologia dell’ente di provenienza: 31 Amministrazioni centrali ed enti pubblici nazionali; 10 Autorità garanti/enti indipendenti; 4 Enti privati; 16 Università ed enti di ricerca; 13 Enti territoriali e locali/ forme associative di livello regionale e subregionale. Accanto agli END c’è la figura dell’agente temporaneo, che, come l’END è una funzionario il cui impiego presso le istituzioni comunitarie non ha carattere permanente, ma questa tipologia di contratto è riservata a chi già svolga un’attività professionale e disponga di specifiche competenze in determinati settori. I contratti durano da due a cinque anni a seconda che siano imputati al capitolo di bilancio “di funzionamento” della Commissione o al capitolo di bilancio “ricerca”. Gli Agenti Temporanei sono chiamati a svolgere funzioni tecniche, prevalentemente nel campo scientifico e in quello della ricerca. La selezione è effettuata tramite i cd avvisi di vacanza, che consistono nella apertura di termini per presentare curriculum per specifiche richieste. 269 L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA 270 Progetto Patent, Public Administration Training European Network for the Harmonisation of Training Approach (Formez e SSPA) Il progetto PATENT (Public Administration Training European Network for the harmonization of Training approach) scaturisce da un invito alla presentazione di progetti (Call for proposals) promosso dall’Agenzia Europea che coordina il Programma Leonardo da Vinci (Community Vocational Training Action Programme 2000-2006). Questo programma ha l’obiettivo di promuovere la cooperazione tra i Paesi membri per le iniziative formative. PATENT è stato presentato dal Formez nell’ambito dell’invito 2003-2004 in associazione con altri partner prestigiosi sia italiani (Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Funzione Pubblica, Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione, Associazione Giovani classi Dirigenti delle Pubbliche Amministrazioni) che europei (Università di Parigi 1 Sorbona, London School of Economics, Collegio d’Europa, Civil Service Office polacco e britannico) e valutato in maniera positiva dall’Agenzia Leonardo che ne ha decretato l’assegnazione al Formez che opera in qualità di capofila del raggruppamento. Obiettivo primario di PATENT è quello di contribuire al miglioramento della competitività della Pubblica Amministrazione operando direttamente sulla qualità e sulla preparazione professionale delle risorse umane di livello medio alto (quadri e dirigenti) che ne compongono la prima linea decisionale ed operativa. A tal fine PATENT intende mettere in campo attività e prodotti adatti a supportare i giovani dirigenti della PA europea nel loro percorso di crescita di competenze e abilità professionali, offrendo loro al tempo stesso l’opportunità di accedere, su basi paritarie ed aperte, a offerte di formazione di alta qualità e ad un ampio ventaglio di esperienze di apprendimento e di lavoro disseminate in tutta Europa. Per raggiungere questo obiettivo ambizioso, dal mese di novembre 2003 il Formez e i partner di progetto hanno lavorato per realizzare 5 linee di attività. Il progetto ha concluso le sue attività operative il 1° giugno 2006. Tra le iniziative di formazione attivate in alcune Scuole di amministrazione pubblica italiane, segnaliamo (Testo tratto dalla Relazione annuale 2006 – del 31.01.2007 – del Ministro per le Politiche comunitarie Emma Bonino): Il Dipartimento della funzione pubblica rappresenta l’Italia, assieme agli altri partner europei, nell’EIPA (European Institute for Public Administration), uno dei principali istituti europei di ricerca e dei più importanti centri di formazione sui diversi temi riguardanti la pubblica amministrazione europea. Complessivamente nel corso del 2006 l’EIPA ha ospitato nelle proprie strutture (quella centrale di Maastricht, oltre le sei antenne nazionali) oltre 600 allievi italiani, tra funzionari, quadri e dirigenti delle amministrazioni nazionali. I corsi maggiormente seguiti sono stati quelli relativi alla innovazione nella amministrazione pubblica, alla interoperabilità condivisa a livello regionale e locale, ai programmi INTERREG, alle strategie di Lisbona e di Goteborg, al diritto europeo e alle procedure decisionali comunitarie, a EUROMED, alla sussidiarietà verticale, a problematiche sanitarie, alle autorithies, alle prospettive finanziarie. La Scuola Superiore di Pubblica Amministrazione, oltre le attività formative specialistiche in materia europea fruibili all’interno dei diversi moduli formativi ivi condotti, durante il 2006 ha concluso la seconda edizione del Progetto Bellevue L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA Scholarship Programme, promosso e finanziato dalla Fondazione Rober Bosch della Repubblica Federale di Germania. Il Programma, che gode dell’Alto Patronato dei Capi di Stato, prevede per i partecipanti uno stage di 15 mesi presso le Amministrazioni estere, con l’obiettivo di consentire a giovani funzionari e dirigenti di acquisire una conoscenza approfondita delle strutture governative e amministrative dei vari paesi e di costituire una rete internazionale del management pubblico. I paesi partner partecipanti sono oltre alla Germania, Polonia, Slovenia, Spagna, Portogallo e Ungheria. Nel corso del 2006 si è proceduto alla programmazione della nuova edizione, che partirà nella primavera 2007 e sarà aperto a funzionari e dirigenti della amministrazione pubblica italiana: nel corso dell’ultima edizione infatti il nostro Paese non ha promosso nessuna partecipazione a questa iniziativa. Si constata infatti che spesso si riscontrano difficoltà e resistenze nel reperimento di funzionari o dirigenti che, per circa un anno, possano essere esonerati dal lavoro quotidiano delle strutture amministrative: è una difficoltà comprensibile, e vanno individuate soluzioni per il suo superamento nel quadro di un mutamento culturale su cui investire e che enfatizzi, più che in passato, la vocazione europea del paese. Anche la Scuola Superiore dell’Amministrazione dell’Interno ha svolto nel corso del 2006 diverse attività, di formazione o di coordinamento, imperniata su tematiche europee. Dal punto di vista del coordinamento, vi è da segnalare la partecipazione della Scuola alle Giornate europee dei rappresentanti dello Stato sui territori, a cui partecipano, oltre alla S.S.A.I., anche le Scuole di Pubblica Amministrazione di Spagna e Portogallo ed il Centro di Studi e Ricerche Europeo di Strasburgo. L’iniziativa ha assunto importanza sempre maggiore negli anni, anche a seguito dell’inserimento nel programma di argomenti riguardanti l’attività e le prospettive dell’Unione europea, che hanno determinato il graduale aumento del numero degli Stati interessati a partecipare. L’iniziativa è volta a favorire il confronto culturale e professionale tra alti funzionari pubblici europei che operano sul territorio in rappresentanza dello Stato e ad approfondire la conoscenza delle similitudini e delle diversità tra i vari sistemi amministrativi dei Paesi dell’Unione europea e di quelli associati attraverso lo scambio di testimonianze su temi di interesse comune. Il progetto “Identificazione e riconoscimento delle competenze del funzionario europeo”, nel quadro del Programma comunitario Leonardo Da Vinci, è stato avviato nell’aprile 2006: la SSAI è capofila del progetto, avendolo ideato utilizzando anche le esperienze acquisite e la metodologia adottata per la preparazione dei funzionari prefettizi italiani e sottoposto agli organismi europei per un finanziamento con fondi comunitari del suddetto programma. L’iniziativa è scaturita dalla convinzione che il processo di integrazione europea passa attraverso la reciproca conoscenza e il consolidarsi di una cultura ed un linguaggio comuni che permetta ai partners di lavorare insieme per la tutela e lo sviluppo degli interessi generali che sono alla base di un’Europa unita. Al progetto, realizzato in coopartenariato con Francia, Portogallo, Repubblica Ceca e Bulgaria, per l’Italia partecipa, oltre la S.S.A.I. che è capofila, il Dipartimento della funzione pubblica. Scopo del progetto è definire una metodologia per l’individuazione ed il riconoscimento delle competenze standard che i funzionari europei devono possedere per poter utilmente stimolare e supportare il processo di integrazione dei rispettivi Paesi in un contesto territoriale comune: l’Europa. Dal punto di vista delle iniziative didattiche promosse o svolte nel corso del 2006 da parte della SSAI si segnala il Master in Cittadinanza europea, con circa trenta partecipanti provenienti dalle pubbliche amministrazioni, oltre ai moduli di materie europee all’interno dei percorsi formativi per l’accesso alla carriera prefettizia e che nel corso del 2006 ha riguardato 118 neo-consiglieri di prefettura. Vi è da segnalare infatti che 271 L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA 272 ormai in tutte le iniziative formative, anche quelle non specialistiche o su ambiti differenziati (es., trasporti, giustizia, telecomunicazioni, …), i moduli su materie comunitarie acquistano un peso sempre più rilevante parallelamente alle trasformazioni e agli influssi giurisprudenziali o giuseconomici. La Scuola Superiore dell’Amministrazione Locale ha promosso l’inserimento di diversi moduli su materie europee, o il loro potenziamento, all’interno dei corsi per l’accesso alla carriera dei segretari comunali e provinciali, dei corsi di specializzazione e di quelli di aggiornamento. Oltre alle iniziative che prevedono la partecipazione di funzionari italiani presso le istituzioni europee, esistono naturalmente una serie di iniziative specifiche di collaborazione volta allo scambio di buone prassi e alla cooperazione tra le amministrazioni degli stati membri. L’Italia è impegnata - attraverso il Ministero degli Affari Esteri (Punto nazionale di contatto) e il Dipartimento per le Politiche Comunitarie - in attività di assistenza tecnica ai Paesi dell’Europa centro-orientale (PECO) da poco aderenti o in via di adesione, e comunque a vocazione comunitaria, prima nell’ambito dei programmi PHARE e CARDS. Questi programmi hanno come strumento principale per lo sviluppo delle attività il gemellaggio amministrativo (twinning). Con il gemellaggio amministrativo, la Commissione europea intende aiutare i Paesi candidati ad acquisire la capacità autonoma di recepire, applicare e far rispettare l’acquis comunitario, in conformità all’Agenda 2000, prima della loro adesione all’Unione Europea. I progetti di gemellaggio prevedono il distaccamento a lungo termine di esperti degli Stati membri presso le amministrazioni dei Paesi candidati. Questi esperti sono chiamati consiglieri per la pre-adesione o esperti twinning residenti. Per realizzare i propri obiettivi, un progetto di gemellaggio deve avvalersi anche dell’aiuto di un certo numero di specialisti incaricati di attività formativa con missioni di breve periodo. Una volta completati i progetti di gemellaggio, i Paesi candidati dovrebbero essere in grado di osservare i principali impegni comunitari relativi all’acquis. In alcuni casi, un solo progetto di gemellaggio si può rilevare insufficiente per la realizzazione di tale obiettivo. Sono quindi spesso necessari più progetti allo scopo di raggiungere la piena osservanza degli impegni. Lo strumento dei gemellaggi amministrativi è tuttora attivo nei riguardi dei nuovi membri dell’Ue, anche se non più nel quadro del programma PHARE, bensì a titolo di “Transition facility”. A seguito dei risultati ampiamente positivi registrati nell’applicazione dei gemellaggi amministrativi si è ritenuto opportuno estenderli anche a Stati diversi da quelli candidati all’adesione, che hanno comunque l’esigenza di uniformare o quanto meno avvicinare la legislazione in determinati settori; in particolare sono stati estesi, sempre comunque nell’ambito di specifici programmi comunitari, agli Stati destinatari della c.d. Politica Europea di Vicinato. I gemellaggi amministrativi sono così ormai parte integrante anche dei programmi: CARDS (dal 2002), MEDA (dal 2004) e TACIS (dal 2002); nel 2007 i Programmi PHARE, CARDS, TACIS e MEDA verranno sostituiti dai Programmi IPA (European Neighbourhood and Partnership Instrument, strumento di pre-ade- L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA sione per i prossimi paesi candidati e potenziali candidati), ed ENPI (European Neighbourhood and Partnership Instrument, strumento di prossimità e partenariato per i paesi terzi che partecipano alla politica europea di vicinato). dalla decisione presa dall’Ue nel 2004 di sostituire l’attuale insieme di strumenti finanziari destinati all’assistenza esterna, con un quadro unitario più semplice ed efficace, in cui la cooperazione transfrontaliera (CBC), costituisce una caratteristica innovativa dello strumento, prevedendo la collocazione dei fondi in un unico budget comune, con una successiva distribuzione del budget basata sulle reali necessità di progetto tra paesi partner e paesi Ue. In tempi recenti il Regolamento 1082/2006 del 5 luglio 2006 ha istituito il Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale (GECT), un nuovo strumento di cooperazione a livello comunitario che consente di creare sul territorio della Comunità gruppi cooperativi dotati di personalità giuridica. L’obiettivo di questo nuovo strumento è quello di agevolare la cooperazione transfrontaliera, transnazionale e/o interregionale tra le autorità regionali e locali. Un GECT esegue i compiti assegnatigli dai suoi membri in conformità del regolamento 1082/2006; in particolare, ai sensi dell’art. 7 del regolamento i compiti del GECT si limitano all’attuazione di programmi o progetti di cooperazione territoriale cofinanziati dalla Comunità, a titolo del Fondo europeo di sviluppo regionale, del Fondo sociale europeo e/o del Fondo di coesione potendo realizzare ulteriori azioni specifiche di cooperazione territoriale. Le competenze del GECT sono definite in una convenzione di cooperazione obbligatoria, che ne precisa funzioni, durata e condizioni del suo scioglimento. La convenzione è limitata esclusivamente al settore della cooperazione determinato dai suoi membri e ne individua le rispettive responsabilità. Il diritto applicabile alla sua interpretazione e applicazione è quello di uno dei suoi membri: il GECT gode infatti in ciascuno Stato membro della più ampia capacità giuridica riconosciuta alle persone giuridiche dalla legislazione nazionale. In seguito, il GECT adotta i propri statuti sulla base della convenzione. Essi contengono disposizioni che riguardano in particolare: • elenco dei membri; • obiettivo e le funzioni del GECT nonché relazioni con i membri; • denominazione e la sede; • organi, loro competenze e relativo funzionamento (il GECT è rappresentato da un direttore e può dotarsi di un’assemblea costituita dai rappresentanti dei suoi membri); • procedure decisionali; • scelta della o delle lingue di lavoro; • modalità di funzionamento; • modalità del contributo finanziario dei membri e norme applicabili in materia di contabilità e di bilancio; • designazione di un organismo indipendente di controllo finanziario e di audit esterno. Tra gli strumenti realizzati dalla Ue troviamo l’Interoperable Delivery of European eGoverment Service to Public Administration Business and Citizens (IDABC programma precedentemente denominato IDA, Interchange of Data 273 L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA 274 between Administration, avviato nel 1995 e già modificato nel 1999). Questo programma è gestito dalla Direzione Generale per l’Informatica (DIGIT) della Commissione europea, allo scopo di incoraggiare e sostenere l’implementazione di servizi teconologici ai cittadini e alle imprese, di migliorare l’efficienza e la collaborazione tra PA dei diversi paesi, per migliorare la competitività del sistema Europa. L’IDABC stila raccomandazioni, sviluppa soluzioni e fornisce servizi alle amministrazioni europee. Tra gli obiettivi principali del programma c’è senz’altro l’armonizzazione delle pratiche amministrative, grazie all’uso della tecnologia dell’informazione, per gestire in modo efficiente l’enorme flusso di dati amministrativiattraverso l’Europa. Diventa quindi fondamentale rafforzare le amministrazioni degli Stati membri, che gestiscono dati essenziali per l’attuazione delle politiche comunitarie e il ruolo di IDABC è di supportare, facilitare e coordinare lo sviluppo di reti tra le amministrazioni europee, istituendo reti telematiche, in considerazione del fatto che lo sviluppo di reti non coordinato porta facilmente alla creazione di soluzioni troppo specifiche, spesso con problemi di incompatibilità e interoperabilità. Per l’attuazione del programma IDA la Commissione è assistita dal TAC (Comitato per la Telematica tra Amministrazioni), composto da rappresentanti degli Stati membri, che approva il programma di lavoro annuale, ma che svolge soprattutto la funzione di costituire un forum di coordinamento, consentendo la condivisione delle best pratice nel settore dello scambio dei dati amministrativi. Il programma opera attraverso Progetti di Comune Interesse (PCI) e Misure Orizzontali (HM). Alcuni esempi die progetti sviluppati grazie ad IDA e IDABC sono: la gestione del mercato unico dell’agricoltura e lotta alla frode, compreso il controllo degli spostamenti degli animali vivi, la condivisione dei dati sui raccolti e sull’alimentazione degli animali; la costituzione di una banca dati che colleghi le dogane europee e le amministrazioni ittiche per lo scambio di informazioni sui registri navali, sui dati riguardanti le catture e sulle licenze. Il Network SOLVIT (Effective problem solving in the Internal Market) è una rete di risoluzione on-line dei problemi, nella quale gli Stati Membri collaborano per risolvere senza procedure legali e giudiziarie i casi di non applicazione delle leggi che regolano il Mercato Interno da parte della autorità pubbliche. La Commissione ha un ruolo di coordinamento, mentre i centri nazionali sono gestiti dai rispettivi stati membri. Il centro SOLVIT aiuta a gestire il reclamo sia proveniente da un cittadino che da una impresa con l’impegno di fornire soluzioni reali ai problemi entro 10 settimane. Il ricorso a SOLVIT è gratuito. La rete SOLVIT, presentata dalla Commissione nel novembre del 2001 ed operativa dal 22 luglio 2002 prevede: • il collegamento dei Centri di coordinamento nazionali (che si trovano in tutti gli stati membri e anche in Norvegia, Liechtenstein e Islanda) attraverso una comune banca dati on line, che garantisca trasparenza e maggiore sistematicità nella gestione dei casi; • l’accessibilità tramite Internet: cittadini e imprese possono contattare telefonicamente o comunicare via e-mail con il Centro di coordinamento nazionale per la trattazione del caso. L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA • i collegamenti con banche dati della Commissione già esistenti, come la banca dati per la cooperazione tra amministrazioni, nella quale sono reperibili nomi e recapiti di oltre 4000 funzionari nazionali di tutti gli Stati membri con indicazione del settore specifico di attività. In Italia il Centro Solvit è istituito presso il Dipartimento delle Politiche Comunitarie, e possono diventare membri della rete SOLVIT – dopo un percorso di accreditamento – le organizzazioni senza fini di lucro che agiscono per conto di cittadini o d’imprese e i membri del Parlamento. L’accesso alla rete SOLVIT consente agli associati di presentare, direttamente on-line, i casi per conto di clienti (dopo la convalida del Centro SOLVIT italiano) e di seguirne on-line gli sviluppi, informando tempestivamente l’interessato sulla soluzione proposta. Sarà sempre il Centro SOLVIT ad occuparsi del caso, contattando il Centro SOLVIT di destinazione. La Rete Giudiziaria Europea in materia civile e commerciale è stata istituita allo scopo di migliorare l’accesso alla giustizia dei cittadini e delle imprese in Europa. Nel settembre 2000, la Commissione ha presentato una proposta di decisione relativa all’istituzione di una rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale che è stata adottata dal Consiglio dei ministri nel maggio 2001. La rete è formata dai rappresentanti delle autorità giudiziarie e amministrative degli Stati membri che si riuniscono più volte all’anno per scambiare informazioni ed esperienze e per rafforzare la cooperazione tra gli Stati membri nel settore del diritto civile e commerciale. Il principale obiettivo della rete è di facilitare la vita dei cittadini che devono far fronte a qualsiasi tipo di controversia di natura “transfrontaliera”, cioè che coinvolge più di uno Stato membro. Tra le strutture di tipo non istituzionale, vale la pena fare un breve cenno all’European Public Administration Network (EPAN), organismo informale che riunisce ministri e dirigenti generali della funzione pubblica degli Stati Membri dell’Unione Europea. Scopo di questo ente è favorire la reciproca conoscenza tra le diverse pubbliche amministrazioni nazionali, lo scambio delle “buone pratiche”, lo sviluppo di sistemi di autovalutazione e di valutazione comparativa. L’obiettivo più ambizioso dell’EPAN è la definizione di “parametri amministrativi” di qualità sulla scorta dei parametri indicati a Maastricht in materia di finanza pubblica. L’EPAN è organizzato i quattro gruppi di lavoro tematici: • Gruppo per l’innovazione nei servizi pubblici; • Gruppo per l’eGovernment; • Gruppo per la gestione delle risorse umane; • Gruppo per la qualità della normazione. 3. Coordinamento, quadro normativo nazionale ed europeizzazione delle PPAA Il sistema nazionale di governo per le politiche comunitarie in Italia è dato dalle competenze a lungo non definite in modo certo tra Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero Affari Esteri e, dal momento della sua istituzione, Dipartimento per il coordinamento delle Politiche Comunitarie. Le norme che hanno determinato in modo più incisivo l’attuale assetto sono la L. 183/1987 275 L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA 276 (Coordinamento delle politiche riguardanti l’appartenenza dell’Italia alle comunità europee ed adeguamento dell’ordinamento interno agli atti normativi comunitari) e la L. 86/1989 (cd. legge La Pergola), che hanno rispettivamente istituito il Dipartimento delle Politiche comunitarie e determinato i relativi poteri, cui si è poi aggiunta la previsione della L. 59/1997, che prevede la “razionalizzazione e redistribuzione dell competenze tra i ministeri, tenuto conto delle esigenze derivanti dall’appartenenza dello Stato all’Unione europea” (art. 12, c. 1). Il quadro delle competenze che emerge da queste norme, e da quelle succedutesi nel tempo relative alla riforma della Presidenza del Consiglio dei Ministri, sono: • Consiglio dei Ministri: definizione delle linee generali per la partecipazione italiana al processo di integrazione europea; • Presidenza del Consiglio dei Ministri: promozione e coordinamento di tutte le PA italiane per la definizione della posizione italiana rispetto alle politiche comunitarie, d’intesa con il Ministero Affari Esteri; si avvale del Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie (regolato dal D.M. 19/9/2000) per l’attuazione degli impegni comunitari. Ricordiamo inoltre che presso il Ministero Affari Esteri è attiva la Direzione Generale per l’Integrazione Europea del Ministero affari Esteri, che cura le attività di integrazione europea in relazione alle istanze ed ai processi negoziali riguardanti i trattati dell’Unione europea, della Comunità europea, della CECA e dell’EURATOM. Di seguito si propongono i provvedimenti che nei tempi più recenti sono intervenuti a specificare le competenze del Dipartimento per il coordinamento delle Politiche comunitarie e a organizzarne le funzioni. Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 15 giugno 2006 Delega di funzioni del Presidente del Consiglio dei Ministri, in materia di politiche europee, al Ministro senza portafoglio on. dott.ssa Emma Bonino (GU n. 149 del 29-6-2006) IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI Visto il decreto del Presidente della Repubblica in data 17 maggio 2006, con il quale l’on. Emma Bonino è stata nominata Ministro senza portafoglio; Visto il proprio decreto in data 18 maggio 2006, con il quale al predetto Ministro è stato conferito l’incarico per le politiche europee; Vista la legge 23 agosto 1988, n. 400; Visto il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303; Ritenuto opportuno delegare funzioni specifiche al Ministro per le Politiche Europee; Sentito il Consiglio dei Ministri; Decreta: Art. 1 A decorrere dal 18 maggio 2006, il Ministro per le Politiche Europee, on. Emma Bonino, salve le competenze attribuite dalla legge al Ministro degli Affari Esteri, è delegato ad esercitare le funzioni e le attribuzioni di competenza del Presidente del Consiglio dei Ministri dirette ad assicurare la partecipazione dell’Italia all’Unione Europea ed in particolare quelle relative: a. alle attività inerenti all’attuazione delle politiche comunitarie di carattere generale o per specifici settori, assicurandone coerenza e tempestività, nonché alle attività inerenti alla partecipazione dello Stato italiano alla formazione di L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA atti e normative comunitari; b. all’attuazione della legge 16 aprile 1987, n. 183, e della legge 4 febbraio 2005, n. 11, in particolare per quanto concerne la predisposizione, sulla base delle indicazioni delle amministrazioni interessate, degli indirizzi del Parlamento e del parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, del disegno di legge comunitaria, seguendone anche il relativo iter parlamentare, nonché all’attuazione di questa ultima legge; c. all’armonizzazione fra legislazione nazionale e normative comunitarie, individuando nella citata legge comunitaria annuale gli strumenti idonei a recepire nell’ordinamento interno gli atti comunitari che implicano i provvedimenti di attuazione ed assicurando l’adempimento degli obblighi comunitari; d. alle riunioni del Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea Competitività, rappresentando l’Italia con riferimento agli argomenti posti all’ordine del giorno relativi al mercato interno, nonché alle altre riunioni del Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea, con esclusione del Consiglio Affari Generali e Relazioni Esterne, relative a singole questioni per le quali occorra garantire la presenza del Governo il cui oggetto non rientri nelle competenze di altri dicasteri, in collaborazione, ove occorra, con altri ministri interessati agli argomenti in discussione; e. all’adeguamento coerente e tempestivo delle amministrazioni pubbliche agli atti comunitari, nonché alla conformità e alla tempestività delle azioni volte a prevenire l’insorgere di contenzioso e ad adempiere le pronunce degli Organi giurisdizionali comunitari; f. alla decisione sull’opportunità di presentare ricorsi alla Corte di giustizia per la tutela di situazioni di rilevante interesse nazionale e alla decisione di intervenire in procedimenti in corso nei quali siano in discussione questioni di rilievo nazionale; g. alla presidenza del comitato consultivo di cui all’art. 4, comma 1, della legge 16 aprile 1987, n. 183; h. alla formazione di operatori pubblici e privati, al dialogo interculturale con riferimento ai temi ed ai problemi europei e ad altre iniziative di sostegno alle politiche europee, sia a livello Nazionale che, d’intesa con il Ministero degli Affari Esteri, dei Paesi candidati e terzi a vocazione europea, promuovendo anche strumenti di formazione a distanza e gemellaggi, nonché l’azione del comitato di cui all’art. 58 della legge 22 febbraio 1994, n. 146; i. alla diffusione, con i mezzi più opportuni, delle notizie relative ai provvedimenti di adeguamento dell’ordinamento interno all’ordinamento comunitario che conferiscono diritti ai cittadini dell’Unione Europea, o ne agevolano l’esercizio, in materia di libera circolazione delle persone e dei servizi; l. al coordinamento, nella fase di predisposizione della normativa comunitaria, delle amministrazioni dello Stato competenti per settore, delle regioni, degli operatori privati e delle parti sociali interessate, ai fini della definizione della posizione italiana da sostenere, di intesa con il Ministro degli Affari Esteri, in sede di Unione Europea; m.alla convocazione e presidenza del Comitato Interministeriale per gli Affari Comunitari Europei (CIACE) di cui all’art. 2 della legge 4 febbraio 2005, n. 11; n. alla convocazione, sentito il Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie Locali, ed alla copresidenza della sessione comunitaria della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, di cui all’art. 17 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, e all’art. 5 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, al fine di raccordare le linee della poli- 277 L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA 278 tica nazionale relative all’elaborazione degli atti comunitari con le esigenze rappresentate dalle autonomie territoriali; o. alla convocazione, sentito il Ministro dell’Interno, ed alla copresidenza della sessione speciale della Conferenza Stato-città ed autonomie locali dedicata alla trattazione degli aspetti delle politiche comunitarie di interesse degli enti locali di cui all’art. 18 della legge 4 febbraio 2005, n. 11; p. al coordinamento delle azioni che l’Italia è chiamata ad adottare in attuazione della Strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione, curando la preparazione, la redazione e l’attuazione del Programma nazionale di riforma e di ogni altro adempimento previsto nell’ambito della stessa Strategia di Lisbona; q. alla presentazione, previo parere della Commissione per il coordinamento delle politiche economiche nazionali con le politiche comunitarie, dei progetti da finanziare con il fondo di cui all’art. 357 della legge 23 dicembre 2005, n. 266; r. al coordinamento in ambito nazionale dell’attività conseguente ai lavori delle agenzie europee di regolamentazione; s. alla promozione, in collaborazione con le istituzioni comunitarie, le amministrazioni pubbliche competenti per settore, le regioni e gli altri enti territoriali, le parti sociali interessate e le organizzazioni non governative interessate, della diffusione dell’informazione sulle attività della Unione Europea e delle iniziative volte a rafforzare la coscienza della cittadinanza dell’Unione; t. alla proposta delle candidature di cittadini italiani presso le istituzioni, gli enti e le agenzie comunitarie; u. alla rappresentanza della Repubblica italiana nell’ambito del Centro Nazionale di Informazione e Documentazione Europea - C.I.D.E.; v. alle attività inerenti alla partecipazione del Parlamento al processo di formazione della normativa comunitaria e dell’Unione Europea, di cui alla legge 4 febbraio 2005, n. 11; z. alle attività inerenti alla predisposizione della relazione annuale al Parlamento di cui all’art. 15 della legge 4 febbraio 2005, n. 11. Art. 2 Il Ministro è altresì delegato a: a. designare rappresentanti della Presidenza del Consiglio dei Ministri in organi, commissioni, comitati, gruppi di lavoro ed altri organismi di studio, tecnicoamministrativi e consultivi, operanti, nelle materie oggetto del presente decreto, presso altre amministrazioni ed istituzioni; b. costituire commissioni di studio e consulenza e gruppi di lavoro nelle materie oggetto del presente decreto; c. provvedere, nelle predette materie, ad intese e concerti di competenza della Presidenza del Consiglio dei Ministri necessari per le iniziative, anche normative, di altre amministrazioni; d. promuovere e predisporre tutti gli strumenti di consulenza, formativi e applicativi che aiutino le amministrazioni dello Stato, le regioni, le province, gli altri enti locali, gli operatori privati e le organizzazioni non governative al fine di utilizzare gli strumenti e le risorse dei fondi strutturali dell’Unione Europea nella misura più celere e corretta. Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, previa registrazione da parte della Corte dei Conti. Roma, 15 giugno 2006. Il Presidente: Prodi Registrato alla Corte dei Conti il 24 giugno 2006. Ministeri istituzionali Presidenza del Consiglio dei Ministri, registro n. 9, foglio n. 7 L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA Il quadro normativo nazionale in cui si inquadrano le iniziative volte al recepimento e all’adeguamento della normativa europea, a una pubblica amministrazione fondata su principi e criteri condivisi, e a una cooperazione amministrativa costruttiva è piuttosto articolato. Ai provvedimenti sopra richiamati si è aggiunta una serie di altre norme che contribuiscono a disegnare questo contesto, con particolare riferimento alla partecipazione alla fase ascendente e discendente e al ruolo delle autonomie territoriali: • Legge 4 febbraio 2005, n. 11 “Norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo dell’Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari” (cd legge Buttiglione); • Decreto 9 Ottobre 2006, concernente l’organizzazione Interna del Dipartimento per il Coordinamento delle Politiche Comunitarie della Presidenza del Consiglio dei Ministri in (G.U. n. 298 Del 23 Dicembre 2006); • Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 9 gennaio 2006, Regolamento per il funzionamento del Comitato interministeriale per gli affari comunitari europei (CIACE), istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ai sensi dall’articolo 2 della legge 4 febbraio 2005, n. 11 (GU n. 28 del 3 Febbraio 2006) • Decreto 9 gennaio 2006 Regolamento per il funzionamento del Comitato tecnico permanente istituito presso il Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie dall’articolo 2, comma 4, della legge 4 febbraio 2005, n. 11 (GU n. 28 del 3 Febbraio 2006) • Ministero degli Affari Esteri, Direzione Generale per l’Integrazione Europea (natura e funzioni). Con la L. 11/2005, conosciuta anche come legge Buttiglione, viene abrogata la legge 9 marzo 1989 n. 86, nota come legge La Pergola. La legge 11/2005 interviene nella disciplina della partecipazione nazionale alla funzione normativa comunitaria, modificando tanto i procedimenti di partecipazione che gli strumenti di attuazione della normativa comunitaria. Vale la pena accennare che la L. 11/2005 nasce con il proposito di porre un rimedio al perdurante ritardo dell’Italia nella graduatoria dei paesi comunitari per l’attuazione delle direttive. Dopo un primo periodo in cui la legge La Pergola aveva dato buona prova di sé, il problema si era infatti riproposto con forza. Un altro obiettivo della legge è l’adeguamento della normativa vigente alla riforma del Titolo V della Costituzione, e al conseguente nuovo e più pregnante ruolo delle regioni e degli enti locali. I principi cui si ispira la legge sono esposti nell’art. 1: sussidiarietà, di proporzionalità, di efficienza, di trasparenza e di partecipazione democratica. Sono principi che sembrano rifarsi a quelli richiamati in diversi atti e documenti comunitari, e sembrano volere aprire l’orizzonte della legge a una dimensione partecipativa, a un coinvolgimento nel percorso di formazione delle politiche comunitarie, forse un tentativo di smentire il lamentato deficit democratico nella assunzione delle decisioni comunitarie. Rispetto alla legge La Pergola, viene mantenuto e reso più puntuale l’obbligo della trasmissione degli atti o dei progetti di atti dal Governo alle Camere e alla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, contestualmente alla loro ricezione, con l’indicazione della data pre- 279 L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA 280 sunta della discussione o adozione in sede comunitaria. Gli atti su cui viene sollecitato il dibattito è stato ampliato anche ai documenti di consultazione (cd. libri bianchi e libri verdi della Commissione delle Comunità europee), e viene riferito, per le Regioni, alle materie di loro competenza esclusiva o concorrente. La legge comunitaria ha peraltro aggiunto due articoli alla legge 4 febbraio 2005 n. 11 (articoli 15-bis e 15-ter), stabilendo specifici obblighi di informazione del Governo alle Camere e alla Corte dei Conti, consistenti nell’invio, ogni sei mesi, di informazioni sul contenzioso comunitario e, ogni tre mesi (solo alle Camere), di una relazione sui flussi finanziari con l’Unione Europea. La legge n. 11 specifica ulteriormente le modalità di partecipazione alla formazione degli atti comunitari, definendo un articolato procedimento per la formazione dell’orientamento italiano nella cd. fase ascendente, aspetto che rappresenta forse l’innovazione più significativa della legge. Prova della maggiore attenzione dedicata a questa fase è che l’articolo 1bis della legge n. 86/’89 viene sostituito da cinque articoli (da 3 a 7) dedicati appunto alla fase ascendente; mentre l’art. 2 istituisce il Comitato interministeriale per gli affari comunitari europei (CIACE) con compiti di coordinamento finalizzati alla fase ascendente e di propulsione della fase discendente, con la espressa previsione della partecipazione, su espressa richiesta, del Presidente della Conferenza dei Presidenti delle Regioni o un Presidente di Regione o di Provincia autonoma alle riunioni di tale organismo, quando si trattino questioni di interesse per le Regioni e per le Province autonome. La L. 11/2005 considera la partecipazione nella fase ascendente solo con riferimento alla partecipazione indiretta, e cioè prevedendo il coinvolgimento regionale nel processo di formazione della volontà statale in materia comunitaria. Ricordiamo infatti che, relativamente alla partecipazione diretta delle Regioni in sede comunitaria (art. 117, comma 5, Cost) si è data attuazione con la precedente legge n. 131/2003 (art. 5) che non contempla la possibilità per le Regioni, anche nelle materie di loro competenza esclusiva, di partecipare direttamente a livello comunitario (Corte Cost., sent. n. 238 e 239/2004). Sono inoltre previste forme di consultazione e di informazione della Conferenza dei Presidenti delle Regioni o della Conferenza Stato–Regioni, coerentemente con gli indirizzi della normativa previdente. Altre novità riguardano la previsione di un coinvolgimento nella fase ascendente anche degli enti locali (art. 6) e delle parti sociali (attraverso le rappresentanze che siedono nello CNEL) e delle categorie produttive (art. 7), con il limte, rispettivamente, che i progetti e gli atti riguardino “questioni di particolare rilevanza negli ambiti di competenza degli enti locali” e “materie di particolare interesse econoimico e sociale”. Per quanto riguarda la cd fase discendente, coerentemente all’art. 117 Cost. riformato, la legge 11/2005 prevede a carico dello Stato, delle Regioni e delle Province autonome, ciascuno secondo le proprie competenze legislativa, il compito di dare “tempestiva” attuazione alle direttive comunitarie (art. 8). In attuazione della riforma del Titolo V la legge introduce quindi un meccanismo diretto di attuazione delle direttive comunitarie, da parte Regioni e Province autonome. Questo canale di recepimento delle direttive si aggiunge a quelli, già introdotti dalla legge La Pergola, di attuazione tramite delega legislativa al governo, in via regolamentare o tramite legge comunitaria. L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA Come già nella precedente legge La Pergola, anche per la legge n. 11/20054, la legge comunitaria viene confermata quale strumento normativo annuale di attuazione della legislazione comunitaria, che regola tempi e modalità di recepimento delle direttive nell’ordinamento interno. Secondo la nuova normativa il disegno di legge comunitaria viene presentato alle Camere entro il 31 gennaio di ogni anno dal Ministro per le Politiche Comunitarie, in collaborazione con le Amministrazioni interessate e sulla base degli indirizzi espressi dal Parlamento e delle osservazioni delle Regioni. Un cenno a parte merita la riserva di esame, secondo la quale il Governo, da parte del Parlamento o delle autorità regionali, può sospendere i lavori del Consiglio dei ministri dell’Unione in attesa che, entro venti giorni dalla apposizione della riserva, Parlamento e Regioni deliberino. Alla luce del contenuto della legge 11/2005, è utile richiamare anche il Decreto5 con cui il Ministro per le politiche comunitarie organizza il proprio Dipartimento. A seguito della entrata in vigore della legge 11/20056, nel gennaio 2006 viene adottato il regolamento che disciplina il funzionamento del CIACE, Comitato interministeriale per gli affari comunitari, e il regolamento che disciplina il funzionamento del Comitato tecnico permanente, strutture entrambe prevista dalla stessa legge 11. L’origine di entrambe le strutture risiede nella volontà di coinvolgere rispettivamente i massimi rappresentanti politici e i vertici delle amministrazioni. Il CIACE rappresenta una novità di particolare rilievo elaborata sulla scorta di esempi di diritto comparato con altri Stati membri. Istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il CIACE rappresenta una sorta di “Gabinetto degli affari europei”. Attraverso questo strumento snello e di facile convocazione, si realizza l’approfondimento delle tematiche riguardanti la partecipazione del nostro Paese all’Unione Europea, coordinando tra loro i Ministri interessati alle materie poste, di volta in volta, all’ordine del giorno, con l’obiettivo di definire una linea ampiamente condivisa. La norma prevede anche la possibilità per le regioni, le province autonome e gli enti locali di partecipare al CIACE quando all’ordine del giorno vi siano questioni di loro interesse. Al momento risultano tre riunioni del CIACE (marzo, luglio e ottobre 2006). Il CIACE, per la preparazione delle proprie riunioni, si avvale di un Comitato Tecnico permanente istituito presso il Dipartimento per le Politiche Comunitarie, composto da direttori generali o alti funzionari con qualificata specializzazione, individuato dall’organo di vertice di ciascuna amministrazione del Governo, comprese anche le Agenzie e le Autorità indipendenti, designa il proprio, con la partecipazione di rappresentanti delle Regioni nelle forme stabilite dalla legge 11/2005. Il Comitato Tecnico 4 5 6 Legge 4 febbraio 2005, n. 11 ”Norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo dell’Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari” Gazzetta Ufficiale n. 37 del 15 febbraio 2005. Decreto 9 ottobre 2006, pubblicato nella gazzetta ufficiale n. 298 del 23 dicembre 2006 concernente l’organizzazione interna del dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie della presidenza del consiglio dei ministri. Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 9 gennaio 2006, Regolamento per il funzionamento del Comitato interministeriale per gli affari comunitari europei (CIACE), istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ai sensi dall’articolo 2 della legge 4 febbraio 2005, n. 11.(vedi art.1-6). 281 L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA 282 quindi, così come il Comitato Interministeriale, ha una composizione variabile: se giuridicamente ne fanno parte tutte le Amministrazioni centrali, la partecipazione alle singole riunioni è prevista per le amministrazioni che siano direttamente interessate agli ordini del giorno. Il Comitato Tecnico svolge un funzione di coordinamento7 volta a: • ridurre la discrasia tra fase ascendente e fase discendente, allo scopo di attuare in modo più compiuto il recepimento della normativa comunitaria • acquisire in modo sistematico le valutazioni delle amministrazioni coinvolte sui temi in discussione; • elaborare la posizione che abbia il maggiore consenso sulla posizione nazionale da tenere; • elaborare una strategia negoziale complessiva che tenga conto degli specifici ambiti settoriali. Il Comitato tecnico si è riunito tredici volte nel corso del 2006. 4. Regioni, questioni comunitarie ed affari internazionali In ambito comunitario le Regioni e gli enti locali sono rappresentati nel Comitato delle Regioni. Istituito nel 1994 con il Trattato di Maastricht, per la prima volta riconosce istituzionalmente le istanze provenienti dagli enti territoriali, regioni ed enti locali, in piena coerenza con il principio di sussidiarietà, che in quegli stessi anni andava affermandosi con crescente incisività. I membri del Comitato sono nominati dal Consiglio, all’unanimità, secondo la usuale ripartizione tra gli Stati. Il Comitato è attualmente composto da 344 membri; il Presidente è eletto dal Comitato tra i suoi membri, per un mandato biennale. Le competenze del Comitato sono consultive e di proposta nei confronti del Consiglio o della Commissione, e si articolano principalmente in pareri obbligatori, nei casi previsti dal Trattato, e in pareri facoltativi che possono essere richiesti dal Consiglio o dalla Commissione in tutti i casi in cui dette istituzioni lo ritengano opportuno. I casi di consultazione obbligatoria, inizialmente incentrati sulle tematiche autonomistiche, sono stati poi estesi (in particolare dal Trattato di Amsterdam) a più generali questioni come la politica sociale, l’ambiente, la formazione professionale. Il Comitato delle regioni ha la possibilità di presentare di propria iniziativa un parere su temi di rilevanza regionale e degli enti locali. Nell’ambito delle attività del Comitato delle Regioni è stata di recente isttuita una piattaforma di monitoraggio del processo di Lisbona. Questa piattaforma, che oggi conta circa 65 membri, rappresenta uno strumento operativo che consente agli enti locali e regionali di mettere in risalto le proprie attività nell’attuazione della strategia e di promuovere gli scambi di esperienze, favorendo una prospettiva non più puramente nazionale. 7 Decreto 9 gennaio 2006 - Regolamento per il funzionamento del Comitato tecnico permanente istituito presso il Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie dall’articolo 2, comma 4, della legge 4 febbraio 2005, n. 11. (vedi art. 1-6). L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA Di recente il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri8 ha fissato i criteri per la nuova ripartizione tra le collettività regionali e locali del numero dei componenti italiani del Comitato. Il mutato quadro costituzionale ha portato le Regioni e gli enti territoriali a vedersi finalmente riconosciuto un ruolo più rilevante e meglio definito nei rapporti con la Comunità Europea e, più in generale, nei rapporti internazionali. Rileva in particolare la partecipazione alla fase cd. ascendente e discendente, cui abbiamo già fatto più di un cenno introducendo la L. 11/2005. In estrema sintesi ricordiamo che le recenti riforme hanno posto leggi nazionali e regionali su un piano di parità per quanto riguarda il rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario (Cost. art. 117, comma 1) e definito il ruolo delle Regioni nella attuazione ed esecuzione degli atti dell’Unione Europea (Cost. art. 117, comma 5). Gli interventi legislativi intervenuti a specificare le nuova competenze regionali, a livello nazionale e a livello regionale, sono: • L. 131/2003 “Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3” (G.U. n. 132 del 10 Giugno 2003), in particolare con riferimento al’art. 5; • la stessa L. 11/2005 e i successivi regolamenti: D.P.C.M. 9 gennaio 2006, “Regolamento per il funzionamento del Comitato interministeriale per gli affari comunitari europei (CIACE), istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell’articolo 2 della legge 4 febbraio 2005, n. 11” e il Decreto del Ministro per le Politiche Comunitarie 9 gennaio 2006, “Regolamento per il funzionamento del Comitato tecnico permanente istituito presso il Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie dall’articolo 2, comma 4, della legge 4 febbraio 2005, n. 11”, entrambi in G.U. n. 28 del 3 febbraio 2006. Pur non potendo riferire in questa sede della complessità del dibattito sul cd potere estero delle regioni occorre ricordare che, accanto allo Stato, un significativo ruolo su questo fronte è svolto dalle Regioni, alle quali, a partire dal D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, il legislatore statale stesso ha attribuito un primo, ristretto, ambito di competenza in materia internazionale, prevalendo allora la tendenza a lasciare le competenze in materia di rapporti internazionali allo Stato. Il percorso del riconoscimento alle regioni di tale competenza è passato anche attraverso la giurisprudenza costituzionale. Ad iniziare dalla sentenza n. 179 del 1987, la Corte Costituzionale ha introdotto la distinzione tra le attività inerenti i rapporti internazionali in senso stretto, di competenza statale, e le attività promozionali per lo sviluppo economico, sociale, culturale, poi distinte anche in attività di mero rilievo internazionale, per le quali era ammessa una competenza regionale, distinzione ripresa dal D.P.R. 31 marzo 1994 (Atto di indirizzo e coordinamento in materia di attività all’estero delle regioni e delle province autonome). 8 Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 19 dicembre 2006 (Gazzetta Ufficiale N. 302 del 30 Dicembre 2006), “Nuova ripartizione tra le collettività regionali e locali del numero dei componenti italiani del Comitato delle regioni, di cui all’articolo 263 del Trattato C.E. Annullamento e sostituzione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 gennaio 2006.”(vedi art.1-6). 283 L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA 284 Anche prima della riforma del Titolo V della Costituzione, era quindi riconosciuto alle regioni la competenza ad intervenire in materia di rapporti internazionali, sia pure con forme di controllo da parte dello Stato (previa intesa, previo assenso…). Le disposizioni del nuovo art. 117 non forniscono in realtà una definizione esatta di “potere estero”, individuando due livelli distinti: la politica estera, di competenza esclusiva dello Stato; i rapporti internazionali, di competenza concorrente. Confermando il principio per il quale l’esclusività della competenza in capo allo Stato si giustifica in presenza di una (superiore) esigenza di unitarietà dei rapporti esteri dello Stato. L’art. 6 della L. 5 giugno 2003 n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla L. Cost. 18 ottobre 2001, n. 3), di attuazione delle disposizioni dell’articolo 117, quinto e nono comma, dispone in ordine all’esercizio del potere estero delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano9. In sintesi, le Regioni e le Province autonome, nelle materie di propria competenza legislativa: • provvedono direttamente all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali ratificati, dandone preventiva comunicazione al Ministero ed alla Presidenza del Consiglio dei ministri (comma 1); • possono concludere, con enti territoriali interni ad altro Stato, intese dirette a favorire il loro sviluppo economico, sociale e culturale, nonché a realizzare attività di mero rilievo internazionale, dandone comunicazione prima della firma alla Presidenza del Consiglio dei ministri ed al Ministero degli affari esteri (comma 2); • possono concludere con altri Stati accordi esecutivi ed applicativi di accordi internazionali regolarmente entrati in vigore, o accordi di natura tecnicoamministrativa, o accordi di natura programmatica finalizzati a favorire il loro sviluppo economico, sociale e culturale, nel rispetto della Costituzione, dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario, dagli obblighi internazionali e dalle linee e dagli indirizzi di politica estera italiana, nonché, nelle materie di cui all’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, dei princìpi fondamentali dettati dalle leggi dello Stato (comma 3). Per quanto riguarda il ruolo delle Regioni nella attuazione del diritto comunitario, oltre alla già citata legge 11/2005, un nuovo strumento è stato comunque disposto dalla Legge Finanziaria 2007, che, oltre a ribadire la possibilità dell’esercizio da parte dello Stato dei poteri sostitutivi necessari nei confronti delle autonomie territoriali che si rendano responsabili della violazione degli obblighi derivanti dalla normativa comunitaria o che non diano tempestiva esecuzione alle sentenze della Corte di Giustizia delle Comunità europee, ha anche introdotto l’istituto della rivalsa dello Stato nei confronti dei medesimi soggetti per gli eventuali oneri finanziari derivanti da sentenze di condanna rese dalla Corte ai sensi dell’articolo 228, comma 2, del Trattato (art. 1, commi 1213-1222). La Finanziaria 2007 prevede che le regioni adottino ogni misura necessaria a porre tempestivamente rimedio alle violazioni, loro imputabili, di obblighi comunitari, per preve9 Rif. Corte Costituzionale sent. 238/2004 - sent. n. 239/2004. L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA nire l’instaurazione delle procedure d’infrazione (artt. 226 e ss. Trattato) o per porre termine alle stesse. È stato perciò esplicitato l’obbligo di adeguamento tempestivo ai principi del diritto comunitario da parte delle Regioni e delle Province autonome, con la contestuale previsione dell’esercizio, da parte dello Stato, dei poteri sostitutivi necessari in caso di inadempimento. Inoltre è stato sancito il diritto dello Stato di rivalersi, nei confronti dei soggetti responsabili delle violazioni degli obblighi comunitari, degli oneri finanziari sofferti in conseguenza di sentenze di condanna rese non solo dalla Corte di Giustizia delle Comunità europee, ma anche in relazione agli oneri finanziari sostenuti per dare esecuzione alle sentenze di condanna rese dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. A seguito della riforma costituzionale del Titolo V, abbiamo effettuato una ricognizione degli statuti regionali riformati (situazione aggiornata al gennaio 2007) per verificare che tipo di spazio sia stato riconosciuto, nei nuovi statuti, al nuovo ruolo delle regioni per quanto attiene ai rapporti internazionali e ai rapporti con la comunità europea. In particolare abbiamo concentrato la nostra attenzione sulla partecipazione alla fase ascendente e discendente. Abruzzo (B.U.R.A. 10 gennaio 2007, Suppl. n. 1) Statuto Regione Abruzzo Art. 3 Pace e cooperazione internazionale 1. La Regione riconosce nella pace un diritto fondamentale delle persone e promuove la cultura della solidarietà e del dialogo tra popoli e religioni. 2. Nei limiti delle proprie competenze, la Regione sostiene la cooperazione con Stati ed enti territoriali stranieri; promuove e stipula accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato. 3. La ratifica di accordi e di intese è autorizzata con legge. Art. 4 L’Europa 1. L’Abruzzo è una Regione dell’Europa e concorre, con lo Stato e le altre Regioni, alla definizione delle politiche e alla realizzazione degli obiettivi dell’Unione europea. 2. La partecipazione al processo di integrazione europea avviene nel rispetto della Costituzione e dello Statuto ed è svolta in conformità ai principi di sussidiarietà, autonomia e identità regionale. 3. La Regione contribuisce alla formazione, esecuzione e attuazione degli atti della Unione europea, sentito il Consiglio delle Autonomie locali nelle materie attinenti all’organizzazione territoriale locale, alle competenze e alle attribuzioni degli Enti Locali o che comportino entrate e spese per gli Enti stessi. 4. La Regione partecipa, anche funzionalmente, agli organi comunitari che ne prevedono la rappresentanza nel rispetto dell’Ordinamento dell’Unione europea e degli atti dello Stato. Calabria (L.R. 19 ottobre 2004, n. 25) Statuto Regione Calabria, Articolo 3 (Rapporti interregionali, con l’Unione Europea e con altri Stati) 1. La Regione coordina la propria azione con quella delle altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni e la cura di interessi ultraregionali, adottando le opportune intese e costituendo, ove occorra, apposite strutture organizzative. Le intese interregionali sono ratificate con legge regionale. 2. La Regione, nel rispetto delle norme di procedura stabilite con legge dello Stato, concorre alla determinazione delle politiche dell’Unione Europea, partecipa alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvede all’attuazione ed esecuzione degli accordi internazionali e comunitari. 3. La Regione realizza, altresì, forme di collegamento con gli organi dell’Unione 285 L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA 286 Europea per l’esercizio delle proprie funzioni relative all’applicazione delle normative comunitarie e per l’adeguamento dei propri atti alle fonti comunitarie. 4. Nelle materie di sua competenza la Regione conclude accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato, con particolare riferimento alle Nazioni prospicienti il Mediterraneo. 5. La legge regionale ratifica gli accordi con Stati e le intese con enti territoriali interni ad altro Stato. Articolo 43 (Potestà regolamentare) 1. Nel rispetto degli ambiti costituzionali di competenza della potestà regolamentare degli enti locali, la Regione esercita la potestà regolamentare nelle materie di propria competenza legislativa e, in caso di delega da parte dello Stato della potestà regolamentare nelle materie di legislazione esclusiva statale; esercita altresì la potestà regolamentare per l’attuazione e l’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione Europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite con legge dello Stato. 2. Il Consiglio regionale esercita la potestà regolamentare nella forma di regolamenti di attuazione e di integrazione in materia di legislazione esclusiva delegata dallo Stato. 3. La Giunta regionale esercita la potestà regolamentare regionale attraverso regolamenti esecutivi, regolamenti di attuazione e di integrazione, regolamenti delegati, nonché regolamenti di organizzazione dell’Amministrazione regionale secondo le disposizioni generali di principio dettate dalla legge regionale. 4. L’attuazione e l’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione Europea avviene con legge o con regolamento regionale a seconda delle rispettive competenze e nel rispetto delle norme di procedura stabilite con legge dello Stato. 5. Nelle materie di competenza esclusiva della Regione che non siano riservate alla legge dallo Statuto e dalla Costituzione, la Giunta, sulla base della legge regionale di autorizzazione, che determina le norme generali regolatrici della materia e dispone l’abrogazione delle norme vigenti con effetto dall’entrata in vigore delle norme regolamentari, adotta i regolamenti delegati di cui al comma 3. 6. I regolamenti regionali sono emanati dal Presidente della Giunta e sono pubblicati nel Bollettino Ufficiale della Regione nei modi e nei tempi previsti per la pubblicazione della legge regionale. Emilia Romagna (L.R. 31 marzo 2005, n. 13) Statuto Regione Emilia-Romagna, art. 11 Ordinamento europeo e internazionale 1. La Regione conforma la propria azione ai principi ed agli obblighi derivanti dall’ordinamento internazionale e comunitario, partecipa al processo di costruzione ed integrazione europea ed opera per estendere i rapporti di reciproca collaborazione con le altre Regioni europee. art. 12, c. 1, lettera d) Partecipazione della Regione alla formazione e all’attuazione del diritto comunitario 1. La Regione, nell’ambito e nelle materie di propria competenza: a) partecipa alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato. La legge regionale determina le modalità di informazione, preventiva e successiva, e le forme di espressione di indirizzo dell’Assemblea legislativa sulla partecipazione della Regione alla formazione di decisioni comunitarie; b) provvede direttamente all’attuazione e all’esecuzione degli atti dell’Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato. Si provvede con legge o, sulla base della legge, con norme regolamentari approvate dalla Giunta regionale, ovvero, ove per l’attuazione non è richiesta una pre- L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA ventiva regolazione della materia, con atti dell’Assemblea o della Giunta regionale secondo le rispettive competenze e secondo la disciplina prevista dallo Statuto per leggi e regolamenti; c) partecipa ai programmi e progetti promossi dall’Unione europea, promuove la conoscenza dell’attività comunitaria presso gli Enti locali ed i soggetti della società civile e favorisce la partecipazione degli stessi ai programmi e progetti promossi dall’Unione; d) determina con legge il periodico recepimento delle direttive e degli altri atti normativi comunitari che richiedono un intervento legislativo; e) determina con legge le modalità del concorso dell’Assemblea per quanto riguarda la propria partecipazione alla formazione delle decisioni comunitarie e le proposte d’impugnativa avverso gli atti normativi comunitari ritenuti illegittimi, rispettando in ogni caso il potere di rappresentanza del Presidente della Regione. In particolare, la legge determina le modalità necessarie per rispettare il diritto dell’Assemblea ad ottenere un’adeguata e tempestiva informazione preventiva e successiva. Art. 49 Competenze legislative e regolamentari 1. La disciplina delle materie di competenza della Regione è stabilita con legge. La potestà legislativa è riservata all’Assemblea e non è delegabile. L’Assemblea è responsabile del procedimento legislativo dalla presentazione dell’iniziativa. 2. La Giunta regionale, salva la competenza dell’Assemblea prevista dall’articolo 28, comma 4, lettera n), approva i regolamenti nei casi previsti dalla legge regionale; disciplina, inoltre, l’esecuzione dei Regolamenti comunitari nei limiti stabiliti dalla legge regionale. 3. I regolamenti regionali in materie di competenza degli Enti locali si applicano sino alla data di entrata in vigore dei regolamenti degli Enti locali. 4. La legge individua i presupposti in presenza dei quali la Giunta può adottare in via d´urgenza atti amministrativi in materie di competenza dell´Assemblea, salvo ratifica da parte di questa. Lazio (L. statutaria 11 novembre 2004, n. 1) Statuto Regione Lazio Art. 3 (Unità nazionale, integrazione europea, rappresentanza degli interessi dei cittadini e delle comunità) 1. La Regione promuove l’unità nazionale nonché, ispirandosi ai principi contenuti nel Manifesto di Ventotene per una Europa libera e unita, l’integrazione europea come valori fondamentali della propria identità. 2. Rappresenta gli interessi dei cittadini e delle comunità locali nelle sedi nazionali, dell’Unione europea ed internazionali e ne promuove la tutela. Si impegna a rafforzare in tali sedi la propria autonomia e quella degli enti locali, assumendo adeguate iniziative. Art. 10 (Rapporti internazionali e con l’Unione europea) 1. La Regione conclude accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei limiti stabiliti dalla Costituzione, ispirandosi ai principi di solidarietà e collaborazione reciproca. 2. Attua ed esegue, nelle materie di propria competenza, gli accordi internazionali conclusi dallo Stato, secondo le procedure stabilite dalla legge statale. 3. Partecipa con propri rappresentanti agli organismi internazionali e dell’Unione europea di cui fanno parte Stati federati e Regioni autonome, in particolare al Comitato delle Regioni, nonché ad associazioni tra gli enti stessi per la tutela di interessi comuni. 4. Concorre con lo Stato e le altre Regioni alla formazione della normativa comunitaria e dà immediata attuazione agli atti dell’Unione europea, anche realizzando, a tal fine, forme di collegamento con i relativi organi. 287 L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA 288 5. Cura, per quanto di propria competenza, i rapporti con la Città del Vaticano. Art. 11 Adeguamento all’ordinamento comunitario 1. La Regione adegua il proprio ordinamento a quello comunitario. 2. Assicura l’attuazione della normativa comunitaria nelle materie di propria competenza, di norma attraverso apposita legge regionale comunitaria, nel rispetto della Costituzione e delle procedure stabilite dalla legge dello Stato. 3. La legge regionale comunitaria, d’iniziativa della Giunta regionale, è approvata annualmente dal Consiglio nell’ambito di una sessione dei lavori a ciò espressamente riservata. 4. Con la legge regionale comunitaria si provvede a dare diretta attuazione alla normativa comunitaria ovvero si dispone che vi provveda la Giunta con regolamento. La legge regionale comunitaria dispone comunque in via diretta qualora l’adempimento agli obblighi comunitari comporti nuove spese o minori entrate o l’istituzione di nuovi organi amministrativi. Liguria (L. statutaria 3 maggio 2005, n. 1) Articolo 4 (Rapporti con l’Unione europea) 1. La Regione partecipa alla costruzione e al rafforzamento dell’Unione Europea quale istituzione necessaria per la valorizzazione e lo sviluppo dei suoi territori al fine di raggiungere obiettivi comuni. 2. La Regione, nelle materie di propria competenza, partecipa alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvede all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità d’esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza. 3. La Regione realizza forme di collegamento con gli organi dell’Unione europea. Articolo 37 (Funzioni del Presidente della Giunta regionale) 1. Il Presidente della Giunta regionale: a) rappresenta la Regione; b) cura i rapporti con gli organi dello Stato e con gli altri enti territoriali che costituiscono la Repubblica; c) cura i rapporti con gli organi dell’Unione Europea, con altri Stati e con enti territoriali interni ad altri Stati; Marche (L. statutaria 8 marzo 2005, n. 1) Art. 2 (Europa, autonomie e formazioni sociali) 1. La Regione opera nel quadro dei principi fondamentali e delle norme dell’Unione europea perseguendo la valorizzazione delle politiche comunitarie e la collaborazione con le altre Regioni d’Europa, garantendo altresì la propria partecipazione alla vita dell’Unione e al processo di integrazione della stessa, nel rispetto delle diverse culture. 2. … Art. 31 (Procedimento legislativo) 1. Le proposte di legge sono sottoposte all’esame in sede referente della commissione consiliare competente per materia. 2. La proposta di legge, dopo l’esame della commissione, è approvata dal Consiglio articolo per articolo, e con votazione finale sull’intero testo. 3. Il regolamento interno del Consiglio stabilisce le procedure per l’esame delle proposte dichiarate urgenti e per quelle soggette a notifica alla Commissione dell’Unione europea. Art. 35 (Procedimento regolamentare) 1. La Regione esercita la potestà regolamentare nelle materie di legislazione esclusiva e concorrente nonché nelle materie delegate dallo Stato e per dare attuazione agli atti dell’Unione europea. … L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA Piemonte (L. statutaria 4 marzo 2005, n. 1) Statuto Regione Piemonte art. 42, comma 1 La Regione, con legge comunitaria regionale, adegua la propria normativa all’ordinamento comunitario” e, al comma 2, che “i lavori del Consiglio regionale per l’approvazione della legge comunitaria regionale sono organizzati in un apposita sessione da tenersi entro il 31 maggio di ogni anno”. Puglia (L.R. 12 maggio 2004, n. 7) Art. 9 1. La Regione opera nel quadro dei principi e delle norme dell’Unione europea perseguendo la valorizzazione delle politiche comunitarie regionali, cooperando con le Regioni d’Europa e sostenendo opportuni e più ampi processi d’integrazione, nel rispetto delle diverse culture. 2. La Regione partecipa, attraverso i propri organi rappresentativi, alla formazione di decisioni degli organismi comunitari e, nelle materie di sua competenza, nei casi e con le forme disciplinati dallo Stato, può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato. 3. La Regione promuove intese con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni e nell’interesse delle rispettive comunità. Toscana (BURT 11 febbraio 2005, n. 12) Statuto Regione Toscana Art. 70 Rapporti con l’Unione europea 1. Gli organi di governo e il consiglio partecipano, nei modi previsti dalla legge, alle decisioni dirette alla formazione e attuazione degli atti comunitari nelle materie di competenza regionale. 2. Il presidente della giunta e il presidente del consiglio si informano reciprocamente sulle attività svolte in sede comunitaria nell’ambito delle rispettive attribuzioni. Umbria (L.R. 16 aprile 2005, n. 21) Articolo 25 Integrazione europea e rapporti con l’estero 1. La Regione, nelle materie di propria competenza, concorre alla formazione degli atti comunitari nel rispetto delle procedure fissate dalle norme comunitarie e dalle leggi. 2. La Regione partecipa ai programmi ed ai progetti dell’Unione Europea, promuovendo la conoscenza dell’attività comunitaria presso gli enti locali ed i soggetti della società civile. Favorisce la partecipazione degli Enti locali ai programmi e progetti promossi dall’Unione. La Regione procede con legge al periodico recepimento delle direttive e degli altri atti normativi comunitari che richiedono un intervento legislativo. 3. La Regione, anche in collaborazione con le altre regioni, stabilisce forme di collegamento con organi dell’Unione Europea per l’esercizio delle proprie funzioni ed in particolare di quelle connesse alla applicazione delle normative comunitarie. 4. La Regione, nelle materie di sua competenza, conclude accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati dalla legge. 5. La Regione provvede alla attuazione ed esecuzione degli accordi internazionali nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalla legge dello Stato. 289 L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA 290 Alcune leggi regionali hanno da subito recepito i nuovi spazi offerti alle regioni dalla riforma costituzionale per la loro azione in ambito comunitario e internazionale. Alcune, sull’esempio nazionale, hanno istituito delle leggi comunitarie regionali, per assicurare annualmente il recepimento della normativa comunitaria per quanto di loro competenza. Di seguito si segnalano le leggi regionali entrate in vigore successivamente alla riforma costituzionale: Calabria; Emilia-Romagna; Friuli Venezia Giulia, Marche, Valle d’Aosta. REGIONE CALABRIA LEGGE REGIONALE 5 gennaio 2007, n. 3 Disposizioni sulla partecipazione della Regione Calabria al processo normativo e comunitario e sulle procedure relative all’attuazione delle politiche comunitarie. IL CONSIGLIO REGIONALE HA APPROVATO IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE PROMULGA la seguente legge: CAPO I Partecipazione della Regione al processo normativo comunitario Art. 1 (Finalità) 1. La presente legge disciplina la partecipazione della Regione alla formazione degli atti comunitari e le modalità di adempimento degli obblighi di competenza della Regione derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea, sulla base dei princìpi di sussidiarietà, di proporzionalità, di efficienza, di trasparenza e di partecipazione democratica. Art. 2 (Partecipazione della Regione alla formazione del diritto comunitario) 1. La Giunta e il Consiglio regionale definiscono d’intesa la posizione della Regione sulle proposte di atto comunitario di cui all’art. 3, comma 1 e 2, della legge 4 febbraio 2005 n. 11, recante: «Norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo dell’Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari». 2. La posizione, della Regione è trasmessa al Presidente del Consiglio dei Ministri, secondo le modalità disciplinate dall’art. 5, comma 3, della legge 4 febbraio 2005, n. 11. Art. 3 (Adeguamento dell’ordinamento regionale agli obblighi comunitari ed attuazione delle politiche europee) 1. La Regione dà tempestiva attuazione alle direttive comunitarie adottate nelle materie di propria competenza. 2. Al fine di garantire il periodico adeguamento dell’ordinamento regionale agli obblighi derivanti dall’emanazione di atti normativi comunitari o alle sentenze della Corte di giustizia, entro il primo giugno di ogni anno la Giunta regionale presenta al Consiglio regionale il progetto di legge comunitaria regionale, dal titolo «legge comunitaria regionale» con l’indicazione dell’anno di riferimento. 3. Nell’ambito della relazione al disegno di legge di cui al comma 2, la Giunta regionale riferisce sullo stato di conformità della legislazione regionale alle disposizioni comunitarie e sullo stato delle eventuali procedure di infrazione a carico dello Stato per inadempienze imputabili alla Regione. Art. 4 (Contenuti della legge comunitaria regionale) 1. La legge comunitaria regionale: a) recepisce gli atti normativi emanati dall’Unione europea nelle materie di competenza regionale, con particolare riguardo L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA alle direttive comunitarie, e dispone quanto ritenuto necessario per il completamento dell’attuazione dei regolamenti comunitari; b) detta le disposizioni per l’attuazione delle sentenze della Corte di giustizia e delle decisioni della Commissione europea che comportano obbligo di adeguamento per la Regione; c) contiene, le disposizioni modificative o abrogative della legislazione vigente necessarie all’attuazione o applicazione degli atti comunitari di cui alle lettere a) e b); d) individua gli atti normativi comunitari alla cui attuazione o applicazione la Giunta regionale è autorizzata a provvedere in via amministrativa, dettando i relativi princìpi e criteri direttivi. 2. L’adeguamento dell’ordinamento regionale a quello comunitario deve in ogni modo avvenire tramite legge comunitaria regionale nel caso in cui esso comporta: a) nuove spese o minori entrate; b) l’istituzione di nuovi organi amministrativi. 3. Alla legge comunitaria regionale sono allegati: a) l’elenco delle direttive che non necessitano di provvedimento di attuazione perché direttamente applicabili, per il loro contenuto sufficientemente specifico ovvero in quanto l’ordinamento regionale è già conforme ad esse, ovvero perché lo Stato abbia già adottato provvedimenti attuativi delle stesse e la Regione non intende discostarsene; b) una relazione sullo stato di conformità dell’ordinamento regionale all’ordinamento comunitario. Art. 5 (Rispetto della normativa comunitaria) 1. La Giunta regionale effettua una verifica costante della normativa comunitaria adottata in relazione a materie di propria competenza, al fine di garantire lo stato di conformità dell’ordinamento regionale con gli atti normativi e di indirizzo emanati dagli organi dell’Unione europea e delle Comunità europee, secondo quanto previsto all’art. 8, comma 3, della legge 4 febbraio 2005, n. 11. 2. Nell’ambito della relazione di accompagnamento alla legge comunitaria regionale di cui al precedente articolo, la Giunta riferisce al Consiglio sulle risultanze di tale verifica. Art. 6 (Sessione comunitaria del Consiglio regionale) 1. Entro il 30 settembre di ogni anno il Consiglio regionale convoca la sessione comunitaria dedicando ad essa una o più sedute, al fine di verificare lo stato di attuazione dei programmi attivati a livello regionale e definire gli indirizzi regionali in materia di politiche comunitarie. 2. In occasione della sessione comunitaria, la Giunta presenta al Consiglio regionale una relazione concernente la partecipazione della Regione alla attuazione delle politiche comunitarie nella quale sono esposte: a) le posizioni sostenute dalla Regione nell’ambito della Conferenza Stato-Regioni di cui all’art. 17 della legge 4 febbraio 2005, n. 11 e del Comitato delle Regioni di cui agli articoli 263, 264 e 265 del trattato istitutivo della Comunità europea; b) le disposizioni procedurali, metodologiche, attuative, modificative e abrogative necessarie all’attuazione di programmi regionali cofinanziati dall’Unione europea adottate dalla Giunta regionale nell’anno di riferimento; c) lo stato di attuazione dei programmi e delle iniziative comunitarie e degli altri programmi regionali cofinanziati con risorse sempre comunitarie, con l’aggiornamento dei dati finanziari almeno al 30 giugno dell’anno di riferimento a quello in cui viene presentata la relazione. 291 L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA 292 Art. 7 (Sessione comunitaria della Giunta regionale) 1. Il Presidente della Giunta regionale convoca, almeno ogni sei mesi, una sessione comunitaria della Giunta stessa allo scopo di verificare lo stato di avanzamento degli interventi regionali di interesse comunitario, i risultati conseguiti, le linee di azione prioritarie volte ad assicurare una corretta e tempestiva attuazione dei programmi e degli interventi cofinanziati dall’Unione europea. 2. Gli orientamenti adottati dalla Giunta regionale sono trasmessi al Consiglio regionale che esercita, al riguardo, la propria funzione di indirizzo e controllo. Art. 8 (Partecipazione degli enti locali alla formazione degli atti comunitari) 1. In attuazione delle finalità della presente legge, il Consiglio regionale e la Giunta regionale, nell’ambito del procedimento di formazione della legge comunitaria annuale e dei lavori previsti nelle rispettive sessioni comunitarie, assicurano adeguate forme di partecipazione e di consultazione degli enti locali al processo normativo comunitario. Art. 9 (Ricorso dinanzi alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee) 1. Nelle materie di competenza legislativa della Regione, il Presidente della Giunta regionale, previa deliberazione conforme della stessa, può richiedere al Governo, ai sensi del secondo comma dell’art. 5 della legge 5 giugno 2003, n. 131, di promuovere ricorso dinanzi alla Corte di Giustizia delle Comunità europee avverso gli atti normativi comunitari ritenuti illegittimi. Art. 10 (Misure urgenti) 1. A fronte di atti normativi comunitari o sentenze degli organi giurisdizionali delle Comunità europee, comunicate dal Governo alla Regione, che comportano obblighi regionali di adempimento all’ordinamento comunitario ed abbiano scadenza anteriore alla data di presunta entrata in vigore della legge comunitaria regionale relativa all’anno in corso, la Giunta regionale presenta al Consiglio regionale la relativa proposta di legge indicando nella relazione la data entro la quale il provvedimento deve essere approvato. 2. Nei casi di particolare urgenza il Presidente della Giunta e/o il Consiglio regionale attivano gli strumenti previsti dal Regolamento interno in materia di proposte prioritarie e di procedura redigente per l’esame del provvedimento da parte della Commissione consiliare competente. CAPO II Programmazione comunitaria Art. 11 (Competenze del Consiglio regionale) 1. Il Consiglio regionale delibera gli atti di indirizzo, di programmazione, di piano, di programma operativo regionale concernenti l’attuazione delle politiche comunitarie, ai sensi dell’art. 42 dello Statuto. 2. Al fine di porre in essere una rapida procedura di approvazione da parte del Consiglio, la Giunta regionale assicura a quest’ultimo una adeguata informazione in ordine alla elaborazione delle proposte relative agli atti di cui al comma 1. 3. La deliberazione con la quale il Consiglio regionale approva le proposte di atto di cui al comma 1 contiene gli indirizzi per la Giunta regionale da seguire nel corso dell’attività di negoziato con lo Stato e con la Commissione europea, nonché l’autorizzazione a concordare gli adeguamenti necessari per la concessione del cofinanziamento. 4. La Giunta regionale riferisce al Consiglio regionale sull’andamento delle procedure di negoziato con lo Stato e con la Commissione europea. 5. Al termine del negoziato, gli atti di cui al comma 1 sono ritrasmessi al Consiglio regionale per l’approvazione definitiva. L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA 6. Le proposte di programma regionale relative a forme di finanziamento diretto dell’Unione europea, attivate mediante bandi di gara o inviti a presentare proposte sono approvate dalla Giunta regionale, sentito il parere della competente Commissione consiliare. Art. 12 (Modifiche agli atti di programmazione comunitaria) 1. Le proposte di modifica sostanziale agli atti di programmazione di cui all’art. 11, comma 1, sono approvate dal Consiglio regionale. 2. Per modifiche sostanziali si intendono: a) le modifiche al piano finanziario che comportano una destinazione delle risorse per priorità strategiche interne al programma diversa da quella originaria; b) le modifiche di programmazione che comportano la previsione di nuove operazioni o la soppressione di operazioni esistenti; c) le proposte di modifica diverse da quelle elencate al comma 2 sono trasmesse alla competente Commissione consiliare, la quale esprime il proprio parere entro 15 giorni dalla acquisizione dell’atto; decorso tale termine, il parere si ritiene reso in senso favorevole. Art. 13 (Ruolo del Consiglio regionale in merito alla programmazione, alla gestione e al monitoraggio degli Accordi di Programma Quadro) 1. Laddove la programmazione delle risorse nazionali e regionali per l’attuazione dell’Intesa Istituzionale di Programma richieda la definizione di Accordi di Programma Quadro cofinanziati con risorse comunitarie, il Consiglio regionale delibera gli atti di indirizzo, di programmazione, di piano concernenti l’attuazione degli Accordi di Programma Quadro. 2. Al fine di porre in essere una rapida procedura di approvazione da parte del Consiglio, la Giunta regionale assicura a quest’ultimo una adeguata informazione in ordine alla elaborazione delle proposte relative agli atti di cui al comma 1. 3. La deliberazione con la quale il Consiglio regionale approva le proposte di atto di cui al comma 1 contiene gli indirizzi per la Giunta regionale da seguire nel corso dell’attività di negoziato con lo Stato, nonché l’autorizzazione a concordare gli adeguamenti necessari per la concessione del cofinanziamento. 4. La Giunta regionale riferisce al Consiglio regionale sull’andamento delle procedure di negoziato con lo Stato in merito alle modalità attuative delle Intese con cadenza semestrale in modo da favorire l’espletamento delle attività di monitoraggio sull’attuazione degli Accordi di Programma Quadro. 5. Al termine del negoziato e prima di ogni modifica agli Accordi presentata al negoziato con lo Stato, gli atti di cui al comma 1 sono ritrasmessi al Consiglio regionale per l’approvazione definitiva. Art. 14 (Modifiche agli Accordi di Programma Quadro) 1. Le proposte di modifica sostanziale agli atti di programmazione di cui all’art. 13, comma 1, sono approvate dal Consiglio regionale. 2. Per modifiche sostanziali si intendono: a) le modifiche al piano finanziario che comportano una destinazione delle risorse per priorità strategiche interne al programma diversa da quella originaria; b) le modifiche di programmazione che comportano la previsione di nuove operazioni o la soppressione di operazioni esistenti; c) le proposte di modifica diverse da quelle elencate al comma 2 sono trasmesse alla competente Commissione consiliare, la quale esprime il proprio parere entro 15 giorni dalla acquisizione dell’atto; decorso tale termine, il parere si ritiene reso in senso favorevole. 293 L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA 294 CAPO III Disposizioni finali Art. 15 (Modifiche al Regolamento interno del Consiglio) 1. Il Consiglio adegua il proprio Regolamento interno alle prescrizioni contenute nella presente legge entro il termine di 60 giorni dalla pubblicazione, definendo, in particolare, i tempi, le modalità di esame e di votazione della legge comunitaria regionale e degli atti di programmazione di cui alla presente legge. Art. 16 (Disposizioni di rinvio) 1. Per quanto non espressamente previsto dalla presente legge si applicano le disposizioni di cui alla legge 4 febbraio 2005, n. 11. La presente legge è pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione.E` fatto obbligo, a chiunque spetti, di osservarla e farla osservare come legge della Regione Calabria. Catanzaro, lì 5 gennaio 2007 Il Presidente Loiero Regione Emilia-Romagna LEGGE REGIONALE 24 marzo 2004, n. 6 RIFORMA DEL SISTEMA AMMINISTRATIVO REGIONALE E LOCALE. UNIONE EUROPEA E RELAZIONI INTERNAZIONALI. INNOVAZIONE E SEMPLIFICAZIONE. RAPPORTI CON L’UNIVERSITÀ (BOLLETTINO UFFICIALE n. 41 del 25 marzo 2004). … TITOLO I FINALITÀ E OBIETTIVI. UNIONE EUROPEA E RAPPORTI INTERNAZIONALI Art. 1 Finalità e obiettivi 1. La presente legge adegua l’ordinamento della Regione Emilia-Romagna alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), perseguendo il grado più elevato di valorizzazione delle autonomie e, al tempo stesso, di raccordo e armonia del sistema. 2. In particolare, persegue i seguenti obiettivi: a) adeguare l’ordinamento della Regione alle esigenze di adempimento delle funzioni che la Costituzione le riconosce in ambito europeo e internazionale; b) valorizzare l’autonomia degli Enti locali, con particolare riferimento a quella normativa chiarendone i rapporti con le fonti regionali; c) adeguare la disciplina della Conferenza Regione-Autonomie locali alla prospettiva della costituzione del Consiglio previsto dall’articolo 123, comma quarto della Costituzione; d) rafforzare gli strumenti di integrazione e concertazione tra diverse istituzioni e diverse politiche, al fine di offrire ai cittadini prestazioni e interventi organicamente coordinati; e) attuare i principi costituzionali di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, valorizzando particolarmente le forme associative tra Comuni, tenendo conto delle specificità delle realtà montane, nonché considerando le peculiarità dell’Area metropolitana bolognese e del Circondario di Imola; f) favorire la cooperazione in ambito interregionale; g) superare i controlli preventivi di legittimità ed introdurre forme di comunicazione, supporto e monitoraggio condiviso tra Regione ed Enti locali; h) favorire la semplificazione e l’accelerazione delle procedure, l’innovazione e la trasparenza dell’attività normativa e amministrativa, anche mediante l’utilizzazione di strumenti informatici; i) stabilire nuovi criteri di organizzazione regionale con particolare riferimento al L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA sistema delle agenzie e alle nomine; l) prevedere uno stabile sistema di raccordo con le Università e stabilire criteri per la valutazione dei titoli universitari ai fini delle assunzioni nelle amministrazioni regionale e locali. Art. 2 Partecipazione della Regione alla formazione del diritto comunitario 1. Il presidente della Giunta regionale assicura e promuove, nel quadro degli indirizzi stabiliti dal Consiglio regionale, la più ampia partecipazione della Regione Emilia-Romagna alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi e di indirizzo comunitari. 2. Il presidente della Giunta regionale riferisce al Consiglio regionale delle iniziative e dei compiti svolti ai sensi del comma 1. 3. La partecipazione degli Enti locali alle iniziative ed ai compiti svolti ai sensi del comma 1 è disciplinata dalla Giunta regionale previa intesa con la Conferenza Regione-Autonomie locali ai sensi dell’articolo 31 della legge regionale 21 aprile 1999, n. 3 (Riforma del sistema regionale e locale). Art. 3 Adeguamento dell’ordinamento regionale agli obblighi comunitari ed attuazione delle politiche europee 1. Per il periodico adeguamento dell’ordinamento regionale agli obblighi derivanti dall’emanazione di atti normativi comunitari o alle sentenze della Corte di giustizia, entro il primo luglio di ogni anno la Giunta regionale presenta al Consiglio regionale il progetto di legge comunitaria regionale che deve essere approvata entro il 31 dicembre e deve indicare nel titolo l’intestazione “Legge comunitaria regionale” con l’indicazione dell’anno di riferimento. Il testo della legge comunitaria regionale è trasmesso per conoscenza al Governo ed è accompagnato da una relazione sullo stato di attuazione del diritto comunitario nell’ordinamento regionale. 2. La legge comunitaria regionale: a) recepisce gli atti normativi emanati dall’Unione europea nelle materie di competenza regionale e attua, in particolare, le direttive comunitarie, disponendo inoltre quanto necessario per il completamento dell’attuazione dei regolamenti comunitari; b) detta disposizioni per l’attuazione delle sentenze della Corte di giustizia e degli altri provvedimenti, anche di rango amministrativo, della Commissione europea che comportano obbligo di adeguamento per la Regione; c) reca le disposizioni modificative o abrogative della legislazione vigente necessarie all’attuazione o applicazione degli atti comunitari di cui alle lettere a) e b); d) individua gli atti normativi comunitari alla cui attuazione o applicazione la Giunta è autorizzata a provvedere in via amministrativa, dettando i criteri ed i principi direttivi all’uopo necessari; e) reca le disposizioni procedurali, metodologiche, attuative, modificative e abrogative necessarie all’attuazione di programmi regionali cofinanziati dall’Unione europea. 3. La Regione Emilia-Romagna nell’ambito delle proprie competenze e nel perseguimento delle finalità statutarie partecipa ai programmi e progetti promossi dall’Unione europea. La Regione promuove altresì la conoscenza delle attività dell’Unione europea presso gli Enti locali e i soggetti della società civile del territorio regionale e favorisce la partecipazione degli stessi ai programmi e progetti promossi dall’Unione europea. La Giunta regionale determina, con proprio atto, le modalità per l’eventuale cofinanziamento e l’acquisizione di servizi organizzativi e di supporto per le iniziative di cui al presente comma. Art. 4 Attività di rilievo internazionale della Regione 1. Nel rispetto della competenza statale in materia di politica estera e dei principi fon- 295 L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA 296 damentali stabiliti con legge dello Stato o da essa dedotti la presente legge detta norme sulle modalità di esercizio dei rapporti internazionali della Regione. 2. La Giunta regionale esercita le proprie attività di rilievo internazionale, in particolare attraverso: a) iniziative di cooperazione allo sviluppo, solidarietà internazionale e aiuto umanitario; b) attività promozionali dirette nel campo del marketing territoriale, del commercio e della collaborazione industriale, del turismo, del settore agroalimentare, della cultura e dello sport; c) predisposizione di missioni, studi, eventi promozionali; d) attività promozionali indirette, quali il supporto a soggetti pubblici e privati presenti sul territorio dell’Emilia-Romagna, ma non dipendenti dall’amministrazione regionale, per l’attuazione di iniziative similari a quelle indicate alle lettere a), b) e c); e) iniziative di scambio di esperienze e assistenza istituzionale con le amministrazioni di Regioni ed altri enti esteri; f) supporto ad iniziative di scambio e collaborazione in campo universitario, scolastico e delle politiche giovanili; g) supporto, promozione ed incentivazione allo sviluppo dei gemellaggi tra i Comuni e le Province dell’Emilia-Romagna, quelli europei e del mondo e alle iniziative degli stessi per la diffusione di una cultura di pace; h) iniziative a supporto del reclutamento e della formazione di personale destinato ad immigrare per motivi di lavoro in Emilia-Romagna; i) politiche a favore dei concittadini emigrati all’estero; l) creazione di strutture all’estero di supporto alle attività internazionali della Regione. Art. 5 Indirizzi di cooperazione internazionale e disciplina dell’attività internazionale della Regione 1. Il Consiglio regionale, su proposta della Giunta, approva un documento pluriennale di indirizzi in materia di cooperazione internazionale e attività internazionale della Regione Emilia-Romagna per la programmazione regionale, contenente principi e modalità per il coordinamento fra le attività di rilievo internazionale della Regione e priorità, anche territoriali, nell’attuazione delle stesse. 2. La Giunta regionale, nell’ambito delle priorità stabilite dal documento pluriennale di indirizzi di cui al comma 1, approva: a) le modalità e le procedure per l’istituzione di sedi ed uffici di collegamento e supporto organizzativo all’estero; tali uffici devono avere caratteristiche di intersettorialità; b) le modalità organizzative e gli strumenti di supporto per la collaborazione con enti territoriali interni ad altro Stato; c) le modalità organizzative e gli strumenti di supporto per l’invio e l’accoglienza di funzionari nell’ambito di progetti di collaborazione ed assistenza istituzionale; d) gli strumenti e le iniziative per la collaborazione e l’incentivazione nelle attività internazionali con gli Enti locali e le Università presenti in Regione. 3. Fino a specifica disposizione del contratto collettivo nazionale in materia, la Giunta regionale, con l’atto di cui al comma 2, lettera a), stabilisce una indennità mensile speciale a titolo di rimborso forfettario delle spese relative alla permanenza nella sede di servizio all’estero al personale assegnato alle sedi ed uffici previsti da detta disposizione. Tale indennità non può essere superiore alle analoghe indennità previste per il personale all’estero dello Stato italiano. 4. La Giunta regionale determina, con l’atto di cui al comma 2, lettera a), le modalità L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA per l’acquisizione di servizi organizzativi e di supporto per le attività degli uffici ivi previsti, prevedendo le modalità per l’attivazione, ove necessario, di convenzioni anche con enti, società ed associazioni dotate della necessaria capacità ed esperienza, con sede nel Paese di insediamento dell’ufficio. 5. Il comma 2, lettera a) ed i commi 3 e 4 si applicano anche alle strutture di rappresentanza regionale presso le istituzioni europee di cui all’articolo 58, comma 4 della legge 6 febbraio 1996, n. 52 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee - legge comunitaria 1994). Friuli Venezia Giulia Legge regionale 02/04/2004, N. 10 Disposizioni sulla partecipazione della Regione Friuli Venezia Giulia ai processi normativi dell’Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari. Art. 1 (Finalità) 1. La Regione Friuli Venezia Giulia, in conformità ai principi di cui all’articolo 117 della Costituzione e nell’ambito delle proprie competenze, concorre direttamente alla formazione degli atti comunitari e garantisce l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea sulla base dei principi di sussidiarietà, di proporzionalità, di efficienza, di trasparenza e di partecipazione democratica. 2. Nell’ambito dei fini di cui al comma 1, la presente legge definisce le procedure finalizzate alla tempestiva attuazione delle direttive comunitarie nelle materie di competenza legislativa della Regione. Art. 2 (Partecipazione alla formazione degli atti comunitari) 1. La Regione concorre direttamente, nelle materie di propria competenza, alla formazione degli atti comunitari, partecipando nell’ambito delle delegazioni del Governo all’attività del Consiglio e dei gruppi di lavoro e dei Comitati del Consiglio e della Commissione europea secondo modalità stabilite ai sensi dell’articolo 5 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3). Art. 3 (Legge comunitaria regionale) 1. La Regione, nelle materie di propria competenza, dà immediata attuazione alle direttive comunitarie. 2. Entro il 31 marzo di ogni anno, la Giunta regionale, previa verifica dello stato di conformità dell’ordinamento regionale all’ordinamento comunitario, presenta al Consiglio regionale un disegno di legge regionale recante “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi della Regione Friuli Venezia Giulia derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee”; tale titolo è completato dall’indicazione “Legge comunitaria” seguita dall’anno di riferimento. 3. Nell’ambito della relazione al disegno di legge di cui al comma 2, la Giunta regionale: a) riferisce sullo stato di conformità dell’ordinamento regionale al diritto comunitario e sullo stato delle eventuali procedure di infrazione a carico dello Stato in conseguenza di inadempimenti della Regione; b) fornisce l’elenco delle direttive da attuare in via regolamentare o amministrativa. 4. Il regolamento interno del Consiglio regionale definisce i tempi, le modalità di esame e di votazione della legge comunitaria regionale. Art. 4 (Contenuti della legge comunitaria regionale) 1. Il periodico adeguamento dell’ordinamento regionale all’ordinamento comunitario è assicurato dalla legge comunitaria regionale, che reca: 297 L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA 298 a) disposizioni modificative o abrogative di disposizioni legislative regionali in contrasto con gli obblighi indicati all’articolo 1; b) disposizioni necessarie per dare attuazione o assicurare l’applicazione di norme e di atti comunitari, che vincolino la Repubblica italiana ad adottare provvedimenti di attuazione; c) disposizioni che autorizzano la Giunta regionale ad attuare le direttive in via regolamentare, nelle materie non coperte da riserva assoluta di legge; d) disposizioni ricognitive delle direttive da attuare in via amministrativa. 2. Alla legge comunitaria regionale sono allegati: a) l’elenco delle direttive delle quali si dispone l’attuazione per rinvio, in quanto aventi contenuto incondizionato e sufficientemente specifico, e delle direttive che non necessitano di provvedimento di attuazione in quanto l’ordinamento interno risulta già conforme a esse; b) l’elenco delle direttive attuate in via regolamentare; c) l’elenco delle direttive attuate in via amministrativa. Note: 1. Sostituite parole al comma 2 da art. 18, comma 1, L.R. 11/2005 Art. 5 (Attuazione in via regolamentare) 1. La legge comunitaria regionale può autorizzare l’attuazione delle direttive mediante regolamenti di esecuzione e attuazione, nonchè mediante regolamenti di delegificazione, nelle materie non coperte da riserva assoluta di legge. 2. I regolamenti di cui al comma 1 si conformano alle seguenti norme generali nel rispetto dei principi e delle disposizioni contenuti nelle direttive da attuare: a) individuazione della responsabilità e delle funzioni attuative delle amministrazioni nel rispetto del principio di sussidiarietà; b) esercizio dei controlli secondo modalità che assicurino efficacia, efficienza, sicurezza e celerità; c) fissazione di termini e procedure nel rispetto dei principi di semplificazione di cui all’articolo 20, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59 e successive modifiche. 3. Le disposizioni della legge comunitaria regionale che autorizzano l’emanazione di regolamenti di delegificazione determinano le norme generali o i criteri che devono presiedere all’esercizio del potere regolamentare e dispongono l’abrogazione delle disposizioni legislative vigenti, con effetto dall’entrata in vigore dei regolamenti e in essi espressamente indicate. Tali regolamenti sono adottati previo parere vincolante della competente Commissione consiliare, la quale esprime il parere entro sessanta giorni dalla data di ricezione della relativa richiesta. Decorso tale termine si prescinde dal parere. 4. La legge comunitaria regionale detta le disposizioni relative qualora le direttive consentano scelte in ordine alle modalità della loro attuazione o si renda necessario introdurre sanzioni amministrative o individuare le autorità pubbliche cui affidare le funzioni amministrative inerenti all’applicazione della nuova disciplina, o qualora l’attuazione delle direttive comporti l’istituzione di nuovi organi amministrativi o la previsione di nuove spese o di minori entrate. Art. 6 (Adeguamenti tecnici in via amministrativa) 1. Alle norme comunitarie non autonomamente applicabili, che modificano modalità esecutive e caratteristiche di ordine tecnico di direttive già recepite nell’ordinamento regionale, è data attuazione in via amministrativa con decreto del Presidente della Regione previa deliberazione della Giunta regionale. Art. 7 (Relazione al Consiglio regionale) 1. Entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge comunitaria regionale annuale l’Assessore regionale per le relazioni internazionali e per le autonomie locali, pre- L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA via deliberazione della Giunta regionale, presenta alla competente Commissione consiliare una relazione sullo stato di attuazione della legge medesima. Art. 8 (Misure urgenti) 1. A fronte di atti normativi comunitari o sentenze degli organi giurisdizionali delle Comunità europee, comunicate dal Governo alla Regione, che comportano obblighi regionali di adempimento all’ordinamento comunitario ed abbiano scadenza anteriore alla data di presunta entrata in vigore della legge comunitaria regionale relativa all’anno in corso, la Giunta regionale presenta al Consiglio regionale il relativo disegno di legge indicando nella relazione la data entro la quale il provvedimento deve essere approvato. 1 bis. Nel caso in cui in sede amministrativa è riconosciuto l’obbligo di disapplicare norme interne in contrasto con la normativa comunitaria, la Giunta regionale emana indirizzi al fine dell’omogeneità dell’attività amministrativa regionale e presenta tempestivamente al Consiglio regionale un disegno di legge, con il quale sono modificate o abrogate le disposizioni di legge regionale incompatibili con le norme comunitarie, indicando eventualmente nella relazione la data entro la quale il provvedimento deve essere approvato. Note: 1. Aggiunto il comma 1 bis da art. 19, comma 1, L.R. 11/2005 Art. 9 (Indicazione degli atti comunitari attuati) 1. Tutti i provvedimenti adottati dalla Regione per dare attuazione alle direttive comunitarie nelle materie di propria competenza legislativa recano nel titolo il numero identificativo della direttiva attuata. 2. Le sentenze della Corte di giustizia che comportino obbligo di adeguamento per la Regione sono indicate nell’ambito delle disposizioni che modificano la normativa vigente in conformità a esse. Art. 10 (Modifica, deroga, sospensione o abrogazione della legge) 1. Le disposizioni della presente legge possono essere modificate, derogate, sospese o abrogate da successive leggi solo attraverso l’esplicita indicazione delle disposizioni da modificare, derogare, sospendere o abrogare. Art. 11 (Modifiche all’articolo 1 della legge regionale 9/1998) 1. All’articolo 1 della legge regionale 19 maggio 1998, n. 9 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi comunitari in materia di aiuti di Stato) sono apportate le seguenti modifiche: a) ai commi 1 e 7 bis le parole “il Presidente della Regione” sono sostituite dalle seguenti: “l’Assessore regionale per le relazioni internazionali e per le autonomie locali”; b) al comma 4 le parole “al Presidente della Regione” sono sostituite dalle seguenti: “all’Assessore regionale per le relazioni internazionali e per le autonomie locali”. Regione Marche Legge regionale 2 ottobre 2006, n. 14. Disposizioni sulla partecipazione della Regione Marche al processo normativo comunitario e sulle procedure relative all’attuazione delle politiche comunitarie (B.U.R. n. 99 del 12.10.2006). Art. 1 (Finalità) 1. La presente legge disciplina le modalità di partecipazione della Regione alla formazione di atti normativi comunitari nonché le procedure per l’attuazione delle politiche comunitarie nell’ordinamento regionale. Art. 2 (Partecipazione della Regione alla formazione del diritto comunitario) 1. La Giunta e il Consiglio regionale definiscono d’intesa le osservazioni della Regione sulle proposte di atto comunitario di cui all’articolo 3, commi 1 e 2, della legge 4 febbraio 2005, n. 11 (Norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo 299 L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA 300 normativo dell’Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari). 2. La posizione della Regione è trasmessa secondo le modalità disciplinate dall’articolo 5, comma 3, della legge 11/2005. Art. 3 (Adeguamento dell’ordinamento regionale agli obblighi comunitari e attuazione delle politiche europee) 1. La Regione dà tempestiva attuazione alle direttive comunitarie adottate nelle materie di propria competenza. 2. Al fine di garantire il periodico adeguamento dell’ordinamento regionale agli obblighi derivanti dall’emanazione di atti normativi comunitari o alle sentenze della Corte di giustizia, entro il 31 maggio di ogni anno la Giunta regionale presenta al Consiglio regionale la proposta di legge comunitaria regionale dal titolo: “Legge comunitaria regionale” e con l’indicazione dell’anno di riferimento. 3. Nell’ambito della relazione alla proposta di legge di cui al comma 2, la Giunta regionale riferisce sullo stato di conformità della legislazione regionale alle disposizioni comunitarie e sullo stato delle eventuali procedure di infrazione a carico dello Stato per inadempienze imputabili alla Regione. Art. 4 (Contenuti della legge comunitaria regionale) 1. La legge comunitaria regionale: a) recepisce gli atti normativi emanati dall’Unione europea nelle materie di competenza regionale, con particolare riguardo alle direttive comunitarie, e dispone quanto ritenuto necessario per l’attuazione dei regolamenti comunitari; b) detta le disposizioni per l’attuazione delle sentenze della Corte di giustizia e delle decisioni della Commissione europea che comportano obbligo di adeguamento per la Regione; c) contiene le disposizioni modificative o abrogative della legislazione vigente necessarie all’attuazione o all’applicazione degli atti comunitari di cui alle lettere a) e b); d) individua gli atti normativi comunitari alla cui attuazione la Giunta regionale è autorizzata a provvedere in via amministrativa, dettando i relativi principi e criteri direttivi. Art. 5 (Rispetto della normativa comunitaria) 1. Il Consiglio regionale effettua una verifica constante della conformità dell’ordinamento regionale con gli atti normativi e di indirizzo emanati dagli organi dell’Unione europea e delle Comunità europee, secondo quanto previsto all’articolo 8, comma 3, della legge 11/2005. 2. La verifica di cui al comma 1 è effettuata dalla Commissione consiliare competente per gli affari comunitari, che si avvale delle strutture messe a disposizione dal Consiglio stesso. 3. La Commissione consiliare competente per gli affari comunitari informa della verifica effettuata le Commissioni consiliari di volta in volta competenti e la Giunta regionale. Art. 6 (Competenza del Consiglio regionale) 1. Il Consiglio regionale delibera gli atti di indirizzo nonché, su proposta della Giunta, gli atti di programmazione, di piano e di programma operativo regionale concernenti l’attuazione delle politiche comunitarie, ai sensi dell’articolo 21 dello Statuto. 2. Al fine di porre in essere una rapida procedura di approvazione da parte del Consiglio, la Giunta regionale assicura a quest’ultimo un’adeguata informazione a partire dalla fase di elaborazione delle proposte relative agli atti di cui al comma 1. 3. La Giunta regionale riferisce al Consiglio regionale sull’andamento delle procedure L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA di negoziato con lo Stato e con la Commissione europea. 4. Al termine del negoziato, gli atti di cui al comma 1 sono ritrasmessi al Consiglio regionale per l’approvazione definitiva. Art. 7 (Modifiche agli atti di programmazione comunitaria) 1. Le proposte di modifica sostanziale agli atti di programmazione di cui all’articolo 6, comma 1, sono approvate dal Consiglio regionale. 2. Per modifiche sostanziali si intendono le modifiche al piano finanziario che comportano uno spostamento di risorse tra gli assi o tra priorità strategiche diverse da quelle originarie del programma in misura superiore al 3 per cento complessivo, calcolato sul totale del contributo pubblico relativo all’intero periodo di programmazione. 3. Le proposte di modifica diverse da quelle elencate al comma 2, una volta approvate dalla Giunta regionale, sono trasmesse alla competente Commissione consiliare, la quale esprime il proprio parere entro quindici giorni dalla trasmissione dell’atto; decorso tale termine, si prescinde dal parere. 4. Ogni atto di programmazione può indicare i contenuti che, se variati, ne determinano una modifica sostanziale. Art. 8 (Sessione comunitaria del Consiglio regionale) 1. La Giunta regionale, entro il termine indicato al comma 2 dell’articolo 3, presenta al Consiglio regionale il rapporto sullo stato di attuazione delle politiche comunitarie nel quale sono esposti: a) le posizioni sostenute dalla Regione nell’ambito della Conferenza Stato-Regioni di cui all’articolo 17 della legge 11/2005 e del Comitato delle Regioni di cui agli articoli 263, 264 e 265 del trattato istitutivo della Comunità europea; b) lo stato di avanzamento dei programmi di competenza della Regione, con l’indicazione delle procedure adottate per l’attuazione. c) gli orientamenti e le misure che si intendono adottare per l’attuazione delle politiche comunitarie per l’anno in corso; d) le attività di collaborazione internazionale avviate e quelle che si intendono avviare nell’anno in corso. 2. Il Consiglio regionale, a seguito della presentazione della proposta di legge comunitaria regionale e del rapporto di cui al comma 1, è convocato in sessione comunitaria alla quale sono dedicate una o più sedute. Durante la sessione comunitaria il Consiglio, oltre alla discussione ed approvazione degli atti di competenza, adotta gli eventuali indirizzi validi per l’attività della Regione. Art. 9 (Informazione al Consiglio regionale) 1. La Giunta regionale assicura un’informazione costante al Consiglio, per il tramite della Commissione consiliare competente per gli affari europei, sull’attuazione delle politiche comunitarie nonché sullo svolgimento delle attività di rilievo internazionale. 2. L’informazione di cui al comma 1 riguarda, in particolare: a) gli atti relativi alla partecipazione a bandi di gara o inviti a presentare proposte che beneficiano di un cofinanziamento comunitario; b) i bandi elaborati per dare attuazione ai programmi comunitari; c) le iniziative di partenariato internazionale promosse della Giunta regionale. Art. 10 (Modifiche al regolamento interno del Consiglio) 1. Il Consiglio regionale adegua il proprio regolamento interno alle prescrizioni contenute nella presente legge, definendo, in particolare, le modalità di svolgimento della sessione comunitaria e di esame degli atti di programmazione di cui all’articolo 6. 301 L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA 302 2. In attesa delle modifiche di cui al comma 1, il rapporto presentato dalla Giunta regionale, ai sensi del comma 1 dell’articolo 8, è discusso nel corso della seduta del Consiglio regionale convocata per l’esame della proposta di legge comunitaria di cui al comma 2 dell’articolo 3. La presente legge è pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e farla osservare come legge della regione Marche. Regione Valle D’Aosta Legge regionale 16 marzo 2006, n. 8. Disposizioni in materia di attività e relazioni europee e internazionali della Regione autonoma Valle d’Aosta (B.U. 4 aprile 2006, n. 14) CAPO I DISPOSIZIONI GENERALI Art. 1 (Finalità) 1. In relazione al combinato disposto degli articoli 117, commi 3, 5 e 9, della Costituzione e 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione), e nel rispetto degli indirizzi di politica estera dello Stato e delle leggi 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), e 4 febbraio 2005, n. 11 (Norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo dell’Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari), la presente legge: a) detta disposizioni in materia di relazioni internazionali e con l’Unione europea della Regione; b) disciplina le attività di rilievo internazionale ed europeo della Regione; c) disciplina le modalità di partecipazione della Regione ai processi normativi dell’Unione europea e di adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea. Art. 2 (Ambiti di intervento) 1. La Regione, nell’esercizio delle attività di rilievo internazionale nelle materie di sua competenza, provvede a: a) sviluppare attività e iniziative tese a rafforzare ed approfondire la cooperazione e le relazioni di buon vicinato tra le regioni e le popolazioni dell’arco alpino; b) promuovere la cooperazione interregionale, transfrontaliera e transnazionale, predisporre proposte e attuare iniziative per lo sviluppo ed il potenziamento di partenariati istituzionali; c) concludere convenzioni con enti territoriali interni ad altri Stati e accordi con altri Stati, nei limiti e secondo le modalità di cui all’articolo 6 della legge n. 131/2003. 2. La Regione, nell’esercizio delle attività di rilievo europeo nelle materie di sue competenza, provvede a: a) promuovere e favorire iniziative di studio, di ricerca, di scambio di esperienze, di informazione e di divulgazione volte alla promozione dell’unità europea, con particolare attenzione alle iniziative dirette al consolidamento, tra i giovani, dell’identità europea; b) promuovere la conoscenza delle istituzioni, delle politiche e delle attività dell’Unione europea presso i cittadini, gli enti locali e i soggetti della società civile, favorendone la partecipazione ai programmi e ai progetti promossi dall’Unione europea; c) contribuire, nelle sedi in cui essa è rappresentata, a promuovere il rispetto, la tutela e la valorizzazione, in ambito europeo, delle lingue e culture meno diffuse e della loro particolarità, al fine di sostenere e consolidare un’Europa della diversità; d) stabilire relazioni con le organizzazioni europeiste, regionaliste e federaliste; L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA e) partecipare ad organismi e associazioni costituiti tra le Regioni, le Province autonome ed i Comuni nell’ambito delle attività dell’Unione europea e del Consiglio d’Europa; f) favorire il gemellaggio dei Comuni, singolarmente o in forma associata, con i Comuni degli altri Stati membri dell’Unione europea e del Consiglio d’Europa; g) partecipare ai processi normativi dell’Unione europea e dare esecuzione agli obblighi che le derivano dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea; h) dare attuazione alle politiche europee, con particolare attenzione ai loro profili di carattere interregionale, transfrontaliero e transnazionale. Art. 3 (Attività a sostegno della francofonia) 1. La Regione riconosce nella lingua francese una delle radici più profonde della propria autonomia storica, culturale e istituzionale e ritiene propria responsabilità mantenerla viva e disponibile per le future generazioni. 2. La Regione, nell’ambito delle attività e delle relazioni di rilievo internazionale ed europeo di cui all’articolo 2, promuove le cooperazioni, gli scambi, i partenariati ed ogni altra forma di collaborazione intesa a favorire la diffusione internazionale della lingua francese. 3. Per il perseguimento delle finalità di cui ai commi 1 e 2, la Regione, per il tramite del Consiglio regionale, partecipa, in particolare, all’Assemblée parlementaire de la francophonie. Art. 4 (Indirizzi e disciplina dell’attività europea ed internazionale della Regione) 1. Il Consiglio regionale, entro sei mesi dall’inizio della legislatura, su proposta della Giunta regionale, approva un documento pluriennale di indirizzo sulle attività di rilievo internazionale ed europeo della Regione, contenente le linee programmatiche per l’azione regionale, nonché l’indicazione delle materie di interesse regionale e delle relative priorità, anche territoriali, di intervento. 2. La Giunta regionale, nel rispetto degli indirizzi stabiliti dal documento di cui al comma 1, con apposita deliberazione: a) specifica le attività e le singole iniziative da intraprendere; b) attribuisce alle strutture dell’Amministrazione regionale le competenze finalizzate all’espletamento delle attività di cui alla lettera a); c) stabilisce i tempi per l’inizio e la conclusione delle attività di cui alla lettera a), definendo, contestualmente, i relativi indicatori di risultato; d) indica gli strumenti necessari alla realizzazione delle attività di cui alla lettera a), definendo, contestualmente, le modalità di attivazione, organizzazione e finanziamento delle suddette attività. 3. La Giunta regionale disciplina, inoltre, con propria deliberazione, le modalità di svolgimento delle missioni all’estero, di apertura e di organizzazione degli uffici di collegamento e supporto tecnico all’estero e quelle per l’eventuale attivazione di convenzioni con enti, società ed associazioni dotati delle necessarie capacità ed esperienza. 4. Il Presidente della Regione presenta al Consiglio regionale, nell’ambito di un’apposita sessione europea e internazionale le cui modalità di svolgimento sono stabilite dal regolamento interno del Consiglio, una relazione sulle attività svolte in attuazione della presente legge. CAPO II ATTIVITÀ DI RILIEVO INTERNAZIONALE ED EUROPEO DELLA REGIONE Art. 5 (Relazioni internazionali ed europee della Regione) 1. Nell’ambito delle attività di rilievo internazionale ed europeo di cui all’articolo 2 e nel rispetto degli indirizzi stabiliti dal documento di cui all’articolo 4, la Giunta regionale provvede, in particolare, alla realizzazione di iniziative nei seguenti settori: a) cooperazione allo sviluppo, solidarietà internazionale e aiuto umanitario; 303 L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA 304 b) scambio di esperienze e assistenza istituzionale alle amministrazioni di Regioni ed altri enti, associazioni e organizzazioni esteri e internazionali, in particolare nell’ambito delle problematiche comuni alle zone di montagna, delle autonomie regionali speciali e della tutela e promozione delle lingue regionali, minoritarie e meno diffuse; c) supporto ad attività di scambio e collaborazione in materia di istruzione, di università e di politiche giovanili; d) sostegno, promozione ed incentivazione dei gemellaggi tra i Comuni della regione, singolarmente o in forma associata, e quelli europei ed extraeuropei, nonché delle iniziative correlate; e) promozione diretta nel campo del marketing territoriale, del commercio, della cooperazione industriale, dell’agroalimentare, della cultura e dello sport; f) promozione indiretta sotto forma di supporto a soggetti pubblici e privati presenti sul territorio regionale, per l’attuazione di iniziative similari a quelle di cui alla lettera e). Art. 6 (Attuazione delle politiche europee e istituzione di uno sportello di informazione sull’Unione europea) 1. La Regione, nelle materie di sua competenza, partecipa ai programmi e ai progetti promossi dall’Unione europea. La Giunta regionale determina, con propria deliberazione, le modalità per l’eventuale cofinanziamento e l’acquisizione di servizi organizzativi di sostegno delle iniziative di cui al presente comma. I Comuni, le Comunità montane, gli enti e le aziende strumentali della Regione, in qualsiasi forma costituiti, concordano con la struttura regionale competente in materia di affari europei, di seguito denominata struttura competente, l’opportunità e le modalità della propria partecipazione ai programmi e ai progetti promossi dall’Unione europea. 2. Per il perseguimento delle finalità di cui all’articolo 2, comma 2, lettera a), la Giunta regionale istituisce, nell’ambito della struttura competente, uno sportello di informazione al cittadino sulle istituzioni, le politiche e le attività dell’Unione europea e ne determina le modalità di funzionamento. Art. 7 (Istituzione dell’Ufficio di rappresentanza a Bruxelles) 1. Per il perseguimento delle finalità di cui all’articolo 2, comma 2, la Giunta regionale, in attuazione di quanto disposto dall’articolo 58, comma 4, della legge 6 febbraio 1996, n. 52 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee - legge comunitaria 1994), istituisce, presso la sede delle istituzioni dell’Unione europea a Bruxelles, la struttura denominata Ufficio di rappresentanza, quale strumento di collegamento tecnico, amministrativo e operativo tra le strutture regionali e gli uffici, gli organismi e le istituzioni dell’Unione europea. La Giunta regionale stabilisce altresì le modalità di apertura e di organizzazione della suddetta struttura. CAPO III PARTECIPAZIONE DELLA REGIONE AI PROCESSI NORMATIVI DELL’UNIONE EUROPEA E PROCEDURE DI ADEMPIMENTO DEGLI OBBLIGHI COMUNITARI Art. 8 (Partecipazione della Regione alla formazione degli atti comunitari) 1. Nelle materie di sua competenza, la Regione concorre direttamente alla formazione degli atti comunitari, partecipando, nell’ambito delle delegazioni del Governo italiano, alle attività del Consiglio, dei gruppi di lavoro, dei comitati tecnici del Consiglio e della Commissione europea, secondo le modalità stabilite dall’articolo 5 della legge n. 131/2003. 2. La Giunta regionale disciplina, con propria deliberazione, le modalità di partecipazione della Regione alle attività di cui al comma 1 e alle altre attività dirette alla formazione degli atti normativi comunitari di cui all’articolo 5 della legge n. 11/2005. L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA Art. 9 (Legge comunitaria regionale) 1. La Regione, nelle materie di sua competenza, dà tempestiva attuazione agli atti normativi comunitari e alle sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee. 2. Entro il 31 marzo di ogni anno, la Giunta regionale, previa verifica dello stato di conformità dell’ordinamento regionale al diritto comunitario, presenta al Consiglio regionale un disegno di legge recante “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi della Regione autonoma Valle d’Aosta derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee”; il titolo è completato dal numero identificativo delle direttive recepite e dall’indicazione “Legge comunitaria regionale”, seguita dall’anno di riferimento. 3. Nella relazione sul disegno di legge di cui al comma 2, la Giunta regionale: a) riferisce in merito allo stato di conformità dell’ordinamento regionale al diritto comunitario e alle eventuali procedure di infrazione a carico dello Stato in conseguenza di inadempimenti della Regione; b) fornisce l’elenco degli atti normativi comunitari da applicarsi o eseguirsi in via amministrativa. Art. 10 (Contenuti della legge comunitaria regionale) 1. La legge comunitaria regionale: a) detta disposizioni per l’esecuzione o l’applicazione degli atti normativi emanati dall’Unione europea nelle materie di competenza della Regione; b) detta disposizioni per l’esecuzione delle sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee e degli atti della Commissione europea che comportano obbligo di adeguamento per la Regione; c) reca disposizioni modificative o abrogative di norme regionali, per l’esecuzione o l’applicazione degli atti comunitari di cui alle lettere a) e b); d) individua gli atti normativi comunitari alla cui esecuzione o applicazione la Giunta regionale è autorizzata a provvedere in via amministrativa, dettando i criteri e gli indirizzi allo scopo necessari; e) reca disposizioni procedurali, modificative e abrogative per l’attuazione di programmi regionali cofinanziati dall’Unione europea. 2. Alla legge comunitaria regionale sono allegati i due documenti di seguito indicati: a) elenco degli atti normativi comunitari che non necessitano di recepimento, in quanto l’ordinamento regionale risulta già conforme ad essi; b) elenco degli atti normativi comunitari recepiti o applicati in via amministrativa dalla Giunta regionale. 3. Il Presidente della Regione trasmette al Presidente del Consiglio dei ministri, con le modalità di cui all’articolo 16, comma 2, della legge n. 11/2005, il testo della legge comunitaria regionale, unitamente alla relazione, e gli atti di cui al comma 2, lettera b). Art. 11 (Adeguamenti tecnici da apportarsi in via amministrativa) 1. Alle disposizioni comunitarie non direttamente applicabili che modificano modalità esecutive e caratteristiche di ordine tecnico di atti normativi comunitari già recepiti nell’ordinamento regionale, è data attuazione in via amministrativa con decreto del Presidente della Regione, previa deliberazione della Giunta regionale. CAPO IV DISPOSIZIONI FINANZIARIE E FINALI Art. 12 (Disposizioni finanziarie) 1. L’onere derivante dall’applicazione degli articoli 6 e 7 della presente legge è determinato in complessivi euro 230.000 a decorrere dall’anno 2006. 2. L’onere di cui sopra trova copertura nello stato di previsione della spesa del bilancio della Regione per l’anno finanziario 2006 e di quello pluriennale per il triennio 2006/2008, nell’obiettivo programmatico 1.3.1 (Funzionamento dei servizi regionali). 3. Al finanziamento dell’onere di cui al comma 1, si provvede - con riferimento agli 305 L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA anni 2006, 2007 e 2008 dei bilanci per l’anno finanziario e per il triennio 2006/2008 - come segue: a) per annui euro 55.000, mediante riduzione di pari importo dello stanziamento iscritto al capitolo 25058 (Spese per prestazioni di servizi e acquisto di libri, pubblicazioni, testi giuridici connessi all’attivazione di un punto di informazione al cittadino sulle principali politiche e istituzioni dell’Unione Europea) dell’obiettivo programmatico 2.2.2.17. (Programmi comunitari cofinanziati); b) per annui euro 175.000, mediante riduzione di pari importo dello stanziamento iscritto al capitolo 35620 (Spese per la costituzione del fondo di dotazione della Finaosta S.p.A. per gli interventi della gestione speciale) dell’obiettivo programmatico 2.1.4.02. (Partecipazioni azionarie e conferimenti). 4. Per l’applicazione della presente legge, la Giunta regionale è autorizzata ad apportare, con propria deliberazione, su proposta dell’assessore regionale competente in materia di bilancio, le occorrenti variazioni di bilancio. Art. 13 (Abrogazione) 1. Il comma 2 dell’articolo 3 della legge regionale 20 luglio 2004, n. 13, è abrogato. 306 La possibilità per le regioni di aprire propri “uffici di collegamento” presso gli organismi internazionali è stata sancita dalla L. 52/199610, che supera i vincoli normativi fino ad allora esistenti e ricollegabili alle remore del legislatore a riconoscere un ruolo alla regioni in ambito comunitario e internazionale. Si tratta di uffici che svolgono attività di informazione, comunicazione, promozione degli interessi regionali attraverso forme più o meno accentuate di lobbying. Per la maggior parte delle regioni la delega agli affari/rapporti comunitari è presso la presidenza della giunta regionale e gli uffici di collegamento, più o meno direttamente, sono ad essa collegati. Da ultimo la legge finanziaria 2007, per arginare i costi sostenuti per queste “rappresentanze”11, spesso non giustificati dal tenore delle attività previste dalla legge, ha previsto il divieto di acquisire immobili da destinare agli uffici di collegamento. Tabella 2.1 Allocazione delle deleghe in materia di affari/rapporti comunitari e uffici di collegamento regionali a Bruxelles Regione Delega e Organizzazione Ufficio di collegamento (Bruxelles) Abruzzo* Presidente della Giunta Regionale, Direzione Affari Servizio Attività di Collegamento con l’Unione della Presidenza, Politiche Legislative e Europea Comunitarie, Rapporti Esterni Basilicata / / segue 10 11 Legge 6 febbraio 1996, n. 52 Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee (Legge comunitaria 1994) (vedi art.58) Legge n. 296, del 27/12/2006, in G.U. 27/12/2006 (Finanziaria 2007) Disposizioni in materia di spese (Divieto di acquistare o gestire Sedi regionali di rappresentanza all’estero) (vedi dall’art.594 al 599) L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA Regione Delega e Organizzazione Ufficio di collegamento (Bruxelles) Calabria Presidente della Giunta, Dipartimento “Programmazione nazionale e comunitaria (Uffici: Politiche di coesione e programmi comunitari regionali; “Casa Calabria” e Bic Calabria – Regione Programmi speciali U.E. – Politiche Eurome-diterra- Calabria nee. Relazioni Internazionali; Programmazione strategica e sviluppo sostenibile) Campania Rappresentanza della Regione Campania, Servizio dell’Area Generale di Coordinamento Presidente della Giunta, Ufficio del Consigliere Gabinetto del Presidente, Ufficio di collegadiplomatico mento della Regione Campania con le istituzioni della Unione Europea. A Bruxelles EmiliaRomagna Presidente della Giunta per rapporti fra Regione e Stato, Relazioni internazionali e rapporti con i Parlamenti, con gli organismi internazionali e con Servizio di collegamento con l’Ue rappresenta le altre regioni europee ed extraeuropee. Il coordila Regione Emilia-Romagna in ambito comunamento dei programmi per la realizzazione delle nitario attività regionali all’estero e le iniziative a favore degli emigrati. La cooperazione internazionale e lo sviluppo della cultura della pace Friuli Venezia Giulia Assessorato regionale relazioni internazionali, comunitarie e autonomie locali; Direzione relazioni Ufficio di collegamento di Bruxelles internazionali, comunitarie e autonomie locali Lazio * Presidente della Giunta, Segreteria Generale della Presidenza della Giunta; Relazioni Istituzionali, Rapporti con l’UE e Cooperazione Internazionale CasaLiguria, ufficio di collegamento a Bruxelles Liguria Lombardia Area relazioni UE, dipartimento istituzionale, direzione regionale attività della Presidenza “area relazioni con l’unione europea” (reg. Reg. 6 settembre 2002, n. 1, allegato D) Delega presso la Presidenza per lo sviluppo e il Istituzione di un ufficio a Bruxelles presso la consolidamento delle relazioni internazionali; sede dell’Unione europea (legge regionale n. Direzione Generale per le industrie, PMI e coope2 del 17-02-1997 e ss. Modifiche) razione Marche* Presidente della Giunta: Rapporti con le istituzioni Sede della Regione a Bruxelles locali, nazionali, comunitarie ed internazionali Molise Giunta regionale – Direzione Generale 1^ della Ufficio di collegamento a Bruxelles Programmazione Piemonte Presidente della Giunta: Politiche istituzionali, relazioni internazionali, coordinamento delle politiche comunitarie, cooperazione internazionale e politiche per la pace; Gabinetto della Presidenza della Giunta regionale; S1.2 – supporto al coordinamento delle politiche comunitarie per l’accesso ai fondi strutturali – ufficio di Buxelles; S1.4 – affari internazionali e comunitari L’ufficio di Bruxelles è inserito nel settore supporto al coordinamento delle politiche comunitarie della direzione Gabinetto della Presidenza della Giunta. Puglia Gabinetto del Presidente della Giunta Regionale Ufficio Rapporti con le Istituzioni UE segue 307 L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA 308 Regione Delega e Organizzazione Ufficio di collegamento (Bruxelles) Sicilia Presso la Presidenza della Giunta è istituito l’Ufficio Ufficio di collegamento con le istituzioni della per le relazioni Euromediterranee e l’insularità Unione europea Toscana* La Presidenza della Giunta ha la delega per i Rapporti con il Governo, le altre Regioni e Istituzioni Ufficio di collegamento della regione Toscana europee. Relazioni internazionali… Concertazione, a Bruxelles Coordinamento dell’attuazione delle politiche comunitarie…Coordinamento dell’attività legislativa Trentino Alto Adige Vice Presidente sostituto: gestione delle iniziative per la promozione dell’integrazione europea e degli interventi in favore delle popolazioni dei paesi extracomunitari. Provincia Autonoma di Trento La Presidenza della Provincia ha la delega rappor- Legge provinciale 13 novembre 1998, n. 16, ti internazionali e con l’Unione europea, ivi com- Norme organizzative dell’attività della Provincia presa la cooperazione transfrontaliera; autonoma di Trento a Bruxelles / Ufficio a Bruxelles: - trasmissione di informazioni tra gli uffici provinciali e gli uffici dell’Unione europea - supporto agli enti pubblici ed ai cittadini nelProvincia Presidenza della Provincia, Dipartimento generale, l’espletamento di incombenze amministrative Autonoma affari comunitari, ufficio per l’integrazione europea presso gli uffici suddetti di Bolzano - preparazione di incontri con autorità dell’Unione europea - rapporti dell’Amministrazione provinciale con l’Unione europea Umbria* Presidenza della Giunta: Rapporti con il Governo e le Istituzioni Europee, Programmazione generale e coordinamento delle politiche comunitarie, Intese istituzionali di programma e accordi di programma quadro, Relazioni Internazionali, cooperazione allo sviluppo e politiche per la pace, Rapporti con le comunità umbre all’estero, Ufficio di collegamento Valle d’Aosta Presso la Presidenza della Giunta Regionale, Dipartimento politiche strutturali e affari europei Direzione politiche e programmi comunitari e statali Ufficio di Rappresentanza ed Assistenza tecnica della Regione Autonoma Valle d’Aosta a Bruxelles Veneto Presso la Segreteria regionale Affari generali, Direzione Sede di Bruxelles Direzione Sede di Bruxelles *Le cinque regioni contrassegnate con asterisco hanno costituito anche un ufficio comune a Bruxelles per “Le Regioni del Centro Italia in Europa”. La Conferenza Stato-Regioni e la Conferenza Stato-città e autonomie locali i temi di interesse comunitario: Per la trattazione di tutti gli aspetti della politica comunitaria che sono anche di interesse regionale e provinciale, la Conferenza Stato-Regioni si riunisce in una apposita sessione comunitaria (già ai sensi della legge 9 marzo 1989, n. 86, art. 10, e quindi della L. 11/2005, art. 17 e 18). La sessione comunitaria è convocata alme- L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA no due volte all’anno, anche su richiesta dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome. La sessione comunitaria della Conferenza assicura il raccordo delle linee della politica nazionale relativa all’elaborazione degli atti comunitari con le esigenze delle Regioni nelle materie di loro competenza, si esprime sui criteri e le modalità per conformare l’esercizio delle funzioni regionali all’osservanza e all’adempimento degli obblighi comunitari e acquisisce il parere di queste ultime sullo schema di disegno di legge comunitaria. In modo analogo, ma con cadenza almeno annuale, deve essere convocata una sessione comunitaria della Conferenza Stato-città e autonomie locali, per trattare gli aspetti delle politiche comunitarie di interesse degli enti locali. La Conferenza è tenuta ad esprimersi, in particolare, sui criteri e le modalità per conformare l’esercizio delle funzioni amministrative degli enti locali all’osservanza e all’adempimento degli obblighi comunitari. Presso il Ministero degli Affari Esteri è inoltre attiva l’Unità per le Regioni, attraverso il dialogo costante con gli interlocutori regionali e locali, assiste le Regioni e gli Enti locali italiani nella loro attività di rilievo internazionale. L’Unità rappresenta il primo interfaccia tra il sistema delle Autonomie ed il Ministero degli Esteri. Una delle principali funzioni dell’Unità è quella di garantire un flusso di informazioni costante, nelle due direzioni, tra le Regioni, il Ministero degli Esteri e la sua rete estera. Da un lato, le Regioni, in base alla vigente disciplina, informano il Ministero: delle attività di rilievo internazionale che intendono svolgere; delle attività promozionali all’estero; dei progetti di intesa con enti omologhi di altri Stati terzi e dei progetti di accordo con altri Stati. Dall’altro lato, il MAE comunica alle Regioni: opportunità di investimenti e di promozione economico-commerciale all’estero; informazioni utili per la preparazione di missioni istituzionali all’estero; informazioni rilevanti per la realizzazione di progetti di cooperazione decentrata (tra cui, per un esempio tra tanti, programmi per il Medio Oriente) o di assistenza umanitaria. Al fine di rendere sempre più diffuso e strutturato tale scambio di informazioni, l’Unità delle Regioni ha messo a punto un primo nucleo di banca dati che raccoglie tutti i dati in suo possesso relativi alle attività internazionali delle Autonomie locali. L’obiettivo, nel medio periodo, è quello di pervenire ad una banca dati direttamente accessibile a tutti gli Uffici del Ministero interessati ed alla rete estera. 5. Giurisprudenza comunitaria: il caso dei servizi pubblici locali È noto che, in Italia, il processo di trasformazione dell’ordinamento dei servizi pubblici si sviluppa soltanto a partire dagli anni Novanta per effetto dei mutamenti maturati a livello europeo. Dopo un lungo periodo di scarsa attenzione da parte del legislatore comunitario (dovuto alla mancanza di previsioni specifiche nel Trattato istitutivo e nella normativa derivata, con la sola eccezione del settore dei trasporti), la situazione inizia a modificarsi nella seconda metà degli anni Ottanta, quando ci si rende conto che i servizi pubblici non possono essere sottratti alla disciplina del mercato e, in particolare, a quella posta a tutela della concorrenza. In questa fase, però, l’intervento comunitario produce effetti circoscritti, in quanto, mirando soprattutto alla abolizione dei diritti speciali ed esclusivi, di fatto determina una apertura al mer- 309 L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA 310 cato limitata, specie nei settori del trasporto aereo, marittimo e ferroviario, delle telecomunicazioni, dell’elettricità, delle poste e del gas naturale. È solo qualche anno più tardi che il quadro muta radicalmente, con l’affermazione di una strategia unitaria nei confronti dei servizi di interesse economico generale. Prima, con alcune comunicazioni della Commissione europea, poi, con l’introduzione da parte del Trattato di Amsterdam dell’art. 16 del Trattato istitutivo, infine, con l’adozione di una nuova serie di disposizioni normative (tra le quali assumono particolare rilievo quelle in materia di comunicazioni elettroniche), si sancisce formalmente l’obbligo per la Comunità e gli Stati membri di assicurare le missioni di interesse generale proprie di tali servizi. Di conseguenza, il diritto europeo viene a sancire il rispetto dei principi di parità di trattamento, di adeguatezza e di continuità; la disciplina delle modalità di offerta; la garanzia dell’accessibilità dei prezzi; l’assicurazione di determinati livelli qualitativi, consentendo l’imposizione agli operatori di obblighi di servizio pubblico o universale. In definitiva, nel volgere di pochi anni, l’ordinamento comunitario inizia a porre le basi per un sistema comune dei servizi di interesse economico generale: così, all’originaria neutralità dei servizi pubblici si viene a sostituire progressivamente una europeizzazione della loro disciplina, che determina soprattutto tre cambiamenti importanti: innanzitutto, il regime della riserva e del monopolio legale da regola diventa eccezione; in secondo luogo, l’ambito di intervento dell’impresa pubblica si riduce notevolmente; infine, i pubblici poteri assumono un ruolo di garanzia del funzionamento in luogo di quello di direzione politico-economica. Peraltro, l’affermazione del nuovo sistema si realizza in modo differenziato e disomogeneo tra settore e settore per due motivi. Il primo è che la costruzione di un regime europeo dei servizi pubblici deve tenere conto non soltanto delle diversità esistenti negli Stati membri, ma anche dei vincoli posti dall’ordinamento globale, come nel caso della disciplina del commercio internazionale (che trova applicazione anche nei confronti dei servizi tradizionalmente riservati alle amministrazioni pubbliche), di quella delle telecomunicazioni e di quella dei trasporti aerei e marittimi. Il secondo è che in sede nazionale emergono non poche resistenze a difesa di interessi specifici, spesso eredità del passato. Nell’ordinamento italiano, in particolare, si registra una situazione peculiare. In una prima fase, vengono adottate soluzioni avanzate perché si prevedono requisiti e condizionamenti addirittura superiori rispetto a quelli imposti dal legislatore comunitario, come, ad esempio, nel caso dell’istituzione di autorità di regolazione settoriali, con poteri di precettivi, di controllo e di risoluzione di controversie. In una seconda fase, invece, prevale l’interesse alla protezione degli operatori esistenti, approfittando, da una parte, della circostanza che alcuni segmenti di mercato, come, ad esempio, quello dei trasporti terrestri, rimangono in regime di riserva e di concessione e, dall’altra, della opportunità che deriva dalla incompletezza della normativa europea, la quale non giunge a disciplinare tutti i profili del settore, tralasciandone alcuni, come nel caso dei servizi pubblici locali”12. 12 Da Claudio Franchini, Le principali questioni della disciplina dei servizi pubblici locali, Relazione introduttiva al Convegno su “La disciplina dei servizi pubblici locali: novità recenti e ulteriori prospettive di riforma”, organizzato dalla Scuola di specializzazione in studi sull’amministrazione pubblica dell’Università di Bologna e dall’Istituto italiano di scienze amministrative (Bologna, 27 gennaio 2007). L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA Tabella 2.2 Raccolta di sentenze della Corte di Giustizia Ricorrenti N. procedimento Oggetto data 1 RI.SAN. Srl e Comune di Ischia, Italia Lavoro SpA, già GEPI SpA, Ischia Ambiente SpA, «Libertà di stabilimento — Libera prestazione di servizi — Organizzazione del servizio di raccolta dei rifiuti» 9 settembre 1999 (1) C-108/98 2 Teckal Srl e Comune di Viano, Azienda Gas-Acqua Consorziale (AGAC) di Reggio Emilia «Appalti pubblici di servizi e di forniture — Direttive 92/50/CEE e 93/36/CEE — Aggiudicazio-ne, da parte di un ente locale ad un consorzio a cui esso partecipa, di un contratto di fornitura di prodotti e di prestazione di servizi determinati» 18 novembre 1999 (1) C-107/98, 3 Stadt Halle, RPL Recyclingpark Lochau GmbH, e Arbeitsgemeinschaft Thermische Restabfall- und Energiev erwertungsanlage TREA Leuna «Direttiva 92/50/CEE – Appalti pubblici di servizi – Affidamento senza pubblica gara d’appalto – Affidamento dell’appalto ad una società mista pubblico-privata – Tutela giurisdizionale – Direttiva 89/665/CEE» 11 gennaio 2005 (*) C-26/03, 4 Consorzio Aziende di distribuzione del gas» avente ad oggetMetano (CONAME) to una domanda di pronuncia pregiudie Comune di Cingia de’ ziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. Botti, 234 CE, dal Tribunale amministrativo regiocon l’intervento di: nale per la Lombardia, con ordinanza 14 Padania Acque Spa febbraio 2003, pervenuta in cancelleria il 21 luglio 2005 C-231/03, 311 «Artt. 43 CE, 49 CE e 81 CE – Conces-sione relativa alla gestione del servizio pubblico 28 maggio 2003, nella causa tra 5 Parking Brixen GmbH contro Gemeinde Brixen, Stadtwerke Brixen AG Appalti pubblici – Procedure di aggiudicazione di appalti pubblici –Concessione di servizi – Gestione di parcheggi pubblici a pagamento» 13 ottobre 2005 (*) C458/03, 6 Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. K. Wiedner, in qualità di agente, assistito dall’avv. G. Bambara, con domicilio eletto in Lussemburgo, ricorrente, contro Repubblica italiana, rappresentata dal sig. I.M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dal sig. M. Fiorilli, avvocato dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo. «Inadempimento da parte di uno Stato – Direttiva 93/37/CEE – Appalti pubblici di lavori – Concessioni di lavori pubblici – Norme di pubblicità» 27 ottobre 2005 (*) C187/04 e C188/04, segue L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA N. procedimento Ricorrenti Oggetto data 7 Sig. K. Wiedner, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,ricorrente, contro Repubblica d’Austria, rappresentata dal sig. M. Fruhmann, in qualità di agente. Inadempimento di uno Stato – Artt. 8, 11, n. 1, e 15, n. 2, della direttiva 92/50/CEE – Procedura di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi – Contratto riguardante lo smaltimento dei rifiuti – Mancanza di una gara d’appalto» 10 novembre 2005 (*) C-29/04, 8 Associazione Nazionale Autotrasporto Viaggiatori (ANAV) contro Comune di Bari, AMTAB Servizio SpA. Libera prestazione dei servizi – Servizio di trasporto pubblico locale – Affidamento senza procedura di gara – Affidamento da parte di un ente pubblico ad un’impresa di cui esso detiene il capitale» 6 aprile 2006 C410/04, 9 Carbotermo SpA, Consorzio Alisei e Comune di Busto Arsizio, AGESP SpA, in presenza di: Associazione Nazionale Imprese Gestione servizi tecnici integrati (AGESI) «Direttiva 93/36/CEE – Appalti pubblici di forniture – Affidamento senza gara d’appalto – Affidamento dell’appalto ad un’impresa in cui l’amministrazione aggiudicatrice detiene una partecipazione» 11 maggio 2006 (*) C-340/04, Jean Auroux e a., e Commune de Roanne, in presenza di: Société d’équipement du département de la Loire (SEDL), «Appalti pubblici – Direttiva 93/37/CE – Aggiudicazione senza previo bando di gara – Convenzione per la realizzazione di un’operazione di sistemazione urbanistica conclusa tra due amministrazioni aggiudicatrici – Nozioni di “appalti pubblici di lavori” e di “opere” – Modalità di calcolo del valore dell’appalto» 18 gennaio 2007 (*) C-220/05 312 10 Fonte:: http://curia.eu.int/it/index.htm 6. Organizzazioni internazionali e pubbliche amministrazioni italiane Il sistema sempre più complesso in cui si inserisce il sistema amministrativo nazionale, per l’Italia come per gli altri Stati, che tende ad integrare le Pubbliche amministrazioni e la loro attività oltre i confini nazionali, non si esaurisce solo con il sistema comunitario. In modo significativamente crescente, sulla spinta della globalizzazione dei sistemi economici e degli sambi, anche le organizzazioni internazionali esercitano la loro influenza, con conseguenti problemi di sovrapposizione e di compatibilità anche rispetto al sistema comunitario. D’altra parte le stesse organizzazioni internazionali – e in particolare l’Organizzazione delle Nazioni Unite, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo sviluppo, il Consiglio d’Europa – si sono dotate di proprie strutture per affrontare e gestire queste problematiche, fornendo supporto agli stati membri. Proprio in due recenti sentenze del Tribunale di primo grado, viene affrontato il problema del rapporto tra diritto europeo e diritto posto dall’ONU, problema risolto con la prevalenza, per gli stati membri dell’ONU, degli obblighi stabiliti nella Carta delle Nazioni Unite e da risoluzioni del Consiglio di Sicurezza su qualunque altro obbligo, anche quelli stabiliti dalla Convenzione Europea sui diritti dell’uomo o dai Trattati CE. L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA Tabella 2.3 Sentenze del Tribunale di primo grado ricorrenti oggetto data causa Ahmed Ali Yusuf, residente in Spånga (Svezia), Al Barakaat International Foundation, con sede in Spånga, rappresentati dagli avv.ti L. Silbersky e T. Olsson, ricorrenti, contro Consiglio dell’Unione europea, rappresentato dal sig. M. Vitsentzatos, dalle sig.re I. Rådestad ed E. Karlsson e dal sig. M. Bishop, in qualità di agenti, «Politica estera e di sicurezza comune – Misure restrittive nei confronti di persone ed entità associate a Osama bin Laden, alla rete Al-Qaeda e ai talibani – Competenza della Comunità – Congelamento dei capitali – Diritti fondamentali – Ius cogens – Sindacato giurisdizionale – Ricorso di annullamento» 21 settembre 2005 T-306/01 e T-315/01 Yassin Abdullah Kadi, residente a Jedda (Arabia saudita), rappresentato dai sigg. D. Pannick, QC, P. Saini, barrister, G. Martin e A. Tudor, solicitors, con domicilio eletto in Lussemburgo, ricorrente, contro Consiglio dell’Unione europea, rappresentato dai sigg. M. Vitsentzatos e M. Bishop, in qualità di agenti, e Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. A. Van Solinge e C. Brown, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo, convenuti, sostenuti da: Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord «Politica estera e di sicurezza comune – Misure restrittive nei confronti di persone ed entità associate a Osama bin Laden, alla rete Al-Qaeda e ai talibani – Competenza della Comunità – Congelamento dei capitali – Diritti fondamentali – Ius cogens – Sindacato giurisdizionale – Ricorso di annullamento» 21 settembre 2005 T-315/01 Organizzazione delle Nazioni Unite Division for Public Administration and Development Management (DPADM) Presso l’ONU è attivo, in particolare presso il Dipartimento degli Affari Economici e Sociali, la Division for Public Administration and Development Management (DPADM), che riferisce alla Assemblea Generale e al Consiglio Economico e Sociale. Questa Divisione lavora in collaborazione con altri dipartimenti e agenzie dell’ONU, nonché con altre organizzazioni governative e non governative. A sua volta la DPADM gestisce l’UNPAN (United Nations Online Network in Public Administration and Finance), che ha lo scopo di condividere le conoscenze, le esperienze e le best practice in tutto il mondo, in materia di politiche pubbliche e pubblica amministrazione, favorendo la cooperazione tra gli stati membri. Presso la DPADM è attivo un Comitato di Esperti sulla Pubblica Amministrazione (CEPA), costituito da esperti provenienti da vari paesi, con compiti di supporto e di analisi, di cui di seguito si propone una iniziativa di particlae rilievo, approvata dal Consiglio Economico e Sociale dell’ONU nel luglio 2006. United Nations- Committee of Experts on Public Administration Nell’Aprile 2006 il Comitato di Esperti sulla Pubblica Amministrazione, attivo presso l’UNPAN (United Nation Public Administration Network), ha deciso l’attivazione di un gruppo di lavoro sulla terminologia base delle Nazioni Unite per la Governance e la Pubblica Amministrazione, con l’obiettivo di costituire un glossario. 313 L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA 314 Fino ad oggi non esiste un documento analogo in Italia e il gruppo di lavoro è all’opera per la definizione di un vocabolario comune la cui stesura è attesa per la fine dell’anno 2007. L’esigenza è nata dal fatto che ogni Stato membro interpreta gli atti ONU secondo i principi generali e una sorta di “cultura amministrativa” condivisa, che tuttavia può portare a differenti attribuzioni di significato al medesimo termine. Il glossario avrebbe quindi lo scopo di assicurare una azione coerente e favorire una maggiore uniformità nell’applicazione degli atti ONU da parte degli Stati membri. Si riporta di seguito il report del gruppo di lavoro sulla terminologia base del glossario. Compendium of basic United Nations Terminology in Governance and Public Administration Preliminary Report by the Working Group December 2006 1. On the occasion of the fifth session of CEPA, April 2006, the Committee decided to establish a Working Group (WG) on “Basic UN Terminology in Governance and Public Administration”. The name of the WG is provisional, since the CEPA Chairperson will consult the UN Secretariat in order to decide whether it should include the terminology used in all the UN documents related to governance and public administration or only in the DESA documents, which will determine the final name of the Report. The WG is composed, on a voluntary base, by the following CEPA members: Professor Mario P. Chiti; Professor Peter Anyang’ Nyong’o; Dr. Taher H. Kanaan; Dr. Pan Suk Kim; Professor Anthony Makrydemetres; Professor Joao Paulo Peixoto; Dr. Siripurapu Kesava Rao; Professor Prijono Tjiptoherijanto; Professor Werner Jann; Professor Claudia S. Passador; Professor Joao L. Passador. Professor Mario P. Chiti is acting as WG coordinator. The WG mission is to prepare a Compendium (or, preferably, Glossary; the name still needs further discussion) of the basic terminology used in the UN (or DESA, see above) to be presented and approved at the next CEPA session (April 2007), and subsequently submitted to ECOSOC for the final adoption. At this stage three phases have been planned): a) the elaboration of a methodological preliminary report (PR) for the sixth CEPA session; b) on that occasion, a general discussion of the PR and, in case of a positive decision on it, a chronoplanning for further actions; c) conclusion of the Compendium/Glossary within the mandate of this Committee. 2. About the character and scope of the Glossary, the WG is proposing the following position. The Glossary represents a formal UN document, of non binding legal nature, aimed at providing public administrations of the Member States and all interested parties with an official interpretation of the basic terms and notions used in the UN documents on governance and public administration. There is a dual reason for preparing such a Report: the first related to the UN way of functioning; the second connected to the execution of the UN documents by the Member States. As regards the UN way of functioning, at this time no other similar document exists; and the UN acts do not include in their preamble a glossary of the words there used, unlike the normative acts of the European Union or of some national legal orders. Also, in the UN documents many terms are used with different meanings L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA or acceptions, which determines a high degree of legal uncertainty. In the absence of a UN official terminology, each Member State may interpret UN acts according to the general principles and to the “administrative culture” of its own order, which leads to different interpretations of the same international acts.) An official Glossary, adopted by UN, may then have two positive effects: a) ensuring a consistent action of the UN offices; b) favouring a major uniformity of enforcement of the UN acts by the Member States. The working hypothesis approved by CEPA at the 2006 session is, therefore, particularly ambitious. 3. A deeper analysis of the possible form such a Glossary may be given shows that this document on issues of governance and public administration should represent not only a mere consolidation of the terms of most commonly use in the UN documents (relevant outcome, in any case), but it should also aim at disseminating a common administrative culture on administration and public policies. The Glossary could powerfully contribute to the globalization of notions and experiences whose different interpretations from State to State have been sometimes source of institutional tensions. As any other contribution towards globalization, even this initiative can be criticized as a factor of homogenization which would lead to lose the specificities of different national cultures and of their rich historical traditions). Also because this is inevitably connected to the culture of the main working language (English) used for this kind of researches. In any case, the positive effects of the Glossary remain widely prevailing. The uniform application of international documents is a relevant factor for improving the quality of administrative performances, mostly in the “young” States. Additionally, a common approach would favour exchanges of best practices, mutual knowledge of principles and notions on public administration, cross-fertilization amongst national legal orders, effective relations of the States with UN and other international organizations. In one word, the Glossary may represent an important instrument to achieve a common approach on public administration issues, as supported in recent UN documents (Millennium Declaration, etc.). Also in the perspective of a participatory governance – put by CEPA/ECOSOC at the core of its initiatives – the Glossary may be a major tool for developing a shared and mindful governance. 4. A confirmation of the usefulness of such an initiative comes also from the recent experience of regional organizations, as the EU, which have a supranational character because of the strong integration with the member States and common institutions. In the European framework, the recent Treaty establishing a Constitution for Europe (2000) has provided that “effective implementation of Union law by the member States, which is essential for the proper functioning of the Union, shall be regarded as a matter of common interest” (art. III-285). That is one of areas where the Union may take coordinating, complementary or supporting action towards the member States. The public administration issues as “a matter of common interest” imply the sharing of notion, procedural and organizational rules, as well as goals to achieve. A European Glossary could be very useful even in the context of the EU new approach towards the matters of common interest, based on the Open Method of Coordination (OMC), approved by the European Council at the 2000 Lisbon Summit. OMC means a new form of coordination of national policies consisting of Member States, at their own initiative or at the initiative of the Commission, defining collectively, with respect for national an regional diversities, objectives and indicators in a specific area, and allowing those Member States, on their basis of 315 L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA 316 national reports, to improve their knowledge, to develop exchanges of information, views, expertise and practices, and to promote, further to agreed objectives, innovative approaches which could possibly lead to guidelines or recommendations. Therefore, a public administration glossary could help the implementation of these ideas. 5. After the 2005 Cepa session, the Coordinator of the WG has received contributions and suggestions by members of the Committee. The list of the suggested terms is enclosed to the PR as Annex 1. The list derives from the skills of the WG members, and it reflects their particular experience in the social sciences. In the month prior to the next CEPA meeting, the members of the WG will be asked to indicate new terms, in order to be able to present at the CEPA April session a list as comprehensive as possible, as an appropriate base for the subsequent stages. In order to get the widest list and, mostly, a list in line with the UN official acts, the Coordinator is proposing that the UN (DESA) Offices should be addressed for a fruitful collaboration; in particular, they should be asked to prepare – also with an electronic support – a list of the terms most used in the UN official acts. According to this plan, within 2007 CEPA could have an ample list of terms on governance and public administration, composed with the contribution of the WG members (and of CEPA itself, at the occasion of its annual meeting) and of the UN/DESA officers. Such list of terms will be the object of the WG proceedings in the following year, to be discussed at the 2008 CEPA session. 6. For each item a file card will be provided, composed at least by the definition and the appropriate links (containing at least one definition and the appropriate links). A crucial issue for the CEPA decision is the nature of the file card, for which there are three main hypothesis. The first model (“A”) is a shortened definition, with links to other terms and a concise body of acts and materials. “A” – as the “Wikipedia Model” – has the value of simplicity: easy to consult; it does not require a particular professional experience for its understanding and implementation. The concise definition of the terms considered matches with the normative criterion used by important jurisdictions and the EU. The second model (“B”) provides a wider file card, which obviously includes the parts of model “A”, enriched with all the appropriate references for in deep analyses, as for culture (encyclopaedias of social science, leading textbooks and monographs, web sites, etc.), normative acts of the international organizations, some national legislation, jurisprudence (if any). The value of “B” is to give a chance for the institution and the people interested in improving their knowledge. Furthermore, the “additional part” of the file card is not a necessary element of the document; so that it can be left aside if one is not interested in it, either on that specific occasion or as a rule. A limit of “B” is that, due to the articulated presentation of the file card, it may favour a “personalized” interpretation, jeopardising the uniformity of implementation of the terms considered (primary target of the Glossary). According to the third possible solution (“C”), the official Glossary approved by CEPA/ECOSOC is composed only by concise files as in “A”, but, for all the parties interested and the for the general public, DESA put on its web site all the possible cases and materials. This way, only the most conscious national public administrations will make use of this “cultural” part, lacking official nature. Model “C” is supported by the Coordinator. 7. The issue about the Glossary model depends also on the agreement on the terms to be defined. The experts of social sciences may easily turn out with a large list of notions, as it is demonstrated by the WG first proceedings. On the contrary, much more contro- L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA versial is the definition of such terms/notions for three main reasons: a) the difficulty/impossibility to define in a general way terms widely used in the English language, sometimes in a deliberate generic sense; b) the differences in the meaning of the same term in various orders, determined by the specific form of government of each country; c) the different juridical disciplines that the legal orders have provided for similar issues. A good example of the first case may be the term “accountability”, that the social science uses to refer to the responsibility of high civil servants, as different from the “policy responsiveness”, proper of politicians. But in a non specialized sense “accountability” is synonymous of a general form of responsibility, only clearly different from the legal liability. Considering this point, should the Glossary endorse a “technical” notion (which, in reality, is shared only by the majority of the social sciences), or would it be preferable to accept the generalist notion, more perceptible all over the world? An example of the second case is the term “devolution”. Differently than “accountability”, about devolution there is a great consensus. This term refers to the transfer of political and administrative powers from the “centre” (the central State, or simply the State) to local elected bodies, with a representative nature, which will subsequently act in an autonomous way. The problem is that this term assumes a significantly different scope in the legal orders where it finds application, due to the different institutional models. Thus, the British devolution does not correspond to the devolution realized in a “regional State”, as Spain or Italy; nor does it correspond to the devolution which may take place in a federal State, as Canada or Germany. In the light of these diversityies of context which give various meanings to the same term, the problem arises to define “devolution” in various ways, according to the institutional models. In the end, for the third case a good example is that of “independent administrative authorities”. This term has been largely used in the last twenty years with reference to the phenomenon of a new kind of public bodies, with their proper legal personality, charged to meet the problems raised by the transformations of the State (privatization, moving from the public ownership to regulation, etc.). At its core, everywhere this notion is perceived in a similar way, such as at the beginning of XX century the establishing of many public bodies outside the State to meet the challenges of “social administration”. However, we see, on one side, the same difficulty of the previous point (significant differences of the institutional scenario); and, on the other side, national disciplines rather distinct one from the other, and also differences in the legal regime of independent authorities of the same legal order. This assumption is easily confirmed by a comparison between the French and American disciplines, and the respective internal regimes. Facing this complexity, again should the Glossary be limited to a “generalist” definition, superficially good for all countries, but in depth non adequate for any of them? 8. Once chosen the Glossary type, we meet other problems which are minor only apparently: the WG composition; the language/languages to use; the static or open character of the text; the opportunity for reviewing the text by external experts and specialized Institutions (as the International Institute of Administrative Science) prior to official presentation of the Glossary. Whether CEPA will approve these proposals and, consequently, define an ultimate working plan, the WG must be equipped in a more appropriate way. The composition has to include all the necessary expertises (as said: lawyers, economists, social scientists), in respect of the rule of a voluntary participation. But, for clearly understandable reasons (composition of CEPA, skills of its members, its consultative and proposing powers), the WG could coincide with CEPA itself, or be just an operative body of the Committee. Furthermore it is necessary to provide a permanent secre- 317 L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA 318 tariat, useful both for the WG proceedings and the relations with DESA and any other UN Office. As for the linguistic issue, obviously the Glossary will be published in the official UN languages and in the main UN working languages. This implies the translation from English of the preparatory document, with the usual linguistic problem of the UN in this case deepened by the nature of the Glossary: in many cases there are not appropriate synonym (the case is not only of formal nature); most of the references, documents, cases and material are derived from sources of anglo-saxon countries; etc. Finally, the text must be linguistically easy in order to guarantee its best intelligibility, and, subsequently, its uniform implementation. The Glossary will be – in the WG position – an open text, subject to periodical revisions and enlargements, and to the permanent review of its content in the evolving political and institutional scenario. The open and “in progress” character of the Glossary implies that the WG will be replaced in the future by a permanent UN office, dedicated to this theme. Finally, given the novelty of the Glossary – as said, a text without precedents in the international organizations, excluding some early efforts by the Council of Europe – we consider appropriate a review of the WG text with the help of external experts and specialized international institutes (as IISA). In the same spirit, we propose a periodical review on the Glossary “new entries”. As a further development, it is recommendable the creation of a “network” composed by national centres with a role of proposal and debating; a sort of “global forum” on governance and public administration, which gives substance to the idea of participatory governance. 9. To conclude, the WG is presenting a PR richer of problematic issues than of positive solutions for the next work. But, as said, the CEPA decision to prepare a Glossary on governance and public administration is without precedents both in the Member States and in the international organizations, and this justifies a profound discussion at the next CEPA meeting. The peculiar quality of the CEPA member guarantees a sound final decision. Mario P. Chiti Annex A Democracy Customer-oriented/driven government Governance (administrative) Result-oriented/driven government Public Administration Competitive government Competitiveness Global/world competitiveness Competition law property rights New public management intellectual property rights Public management public sector Public administration developing countries Paradigms: administrative (public law) vs. international financial relations entrepreneurial International financial system Managerialism Keynesianism Welfare state Government reform black economy Administrative reform segue L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA Progressive taxation Management reform Fiscal deficit Public sector reform corporate governance Change management public-private sector partnerships Innovation federalism Reinventing government subsidiarity Reengineering decentralisation Restructuring economic exploitation Benchmarking trade discrimination Best practice 319 mercantilism human capital Ethics structural unemployment Public integrity wage subsidy Public virtue welfare state Public values external economies and diseconomies Publicness inflation and deflation Gender budgeting Performance management Outcomes oriented budgeting Performance indicator Performance agreement Governance and public administration Performance measurement Good Governance Performance charter/pledge New Public Administration Performance-related pay Democracy Globalization Human resource management vs. personnel management Governance Strategic human resource management Corporate governance Human resources development Global governance Life-long learning Regional governance Learning organization Local governance Affirmative action New governance Diversity Co-governance Diversity management Responsive governance Multi-culturalism Civil service vs. public service Electronic governance (e-governance) Downsizing Electronic government Balanced score card (BSC) Mobile government Competency Digital divide Competency framework Knowledge divide Competency assessment Knowledge-based society Mentoring Civil service reform vs. public service reform segue L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA Information society Intern-governmental relations (IGR) Virtual state 320 E-government readiness Gender PCRM (public customer relationship Gender equality management) Gender budget Policy marketing Sexual harassment Political marketing Discrimination Public relations Public union Executive agency Impasse Agencification Arbitration Public body Right to work Public enterprise or corporation Conflict resolution State-owned enterprise (SOE) QUANGO or non-departmental public body Public policy (NDPB) Agenda setting and policy formation Public-private partnership (PPP) Policy implementation Policy evaluation Transparency Policy analysis Participation Capture theory Rule of law Log-rolling Citizen participation Empowerment Civil society Entitlement NGOs NPOs Regulation Sustainable development De-regulation Sustainability Regulatory reform Eco-system Local autonomy Decentralization (political, administrative, and financial decentralizations) Centralization Devolution Il Consiglio d’Europa Il Consiglio d’Europa opera promuovendo la cooperazione giuridica, per la armonizzazione delle legislazioni europee nelle varie branche del diritto13. Assiste gli Stati membri ed i candidati all’adesione nella modernizzazione delle istituzioni e a questo scopo si dota: • di un programma intergovernativo di attività, per la predisposizione di strumenti giuridici, sotto forma di convenzioni (con forza obbligatoria per gli 13 Dal sito http://www.coe.int L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA • Stati membri o non membri che le ratificano) o raccomandazioni (linee guida non vincolanti); di un programma di cooperazione per il rafforzamento dello Stato di diritto, che assiste gli Stati membri ed i candidati (in particolare i paesi dell’Europa centrale ed orientale) nelle riforme istituzionali, legislative ed amministrative e nella formazione dei professionisti del diritto. Nell’ambito del Consiglio d’Europa è stato istituito il Gruppo di Lavoro sul Diritto Amministrativo che ha il compito di sviluppare le attività relative alla attuazione del diritto amministrativo e processuale amministrativo. Si tratta di un comitato di Esperti intergovernativo che opera sotto l’autorità del Comitato Europeo per la Cooperazione Legale, che a sua volta riferisce direttamente al Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa. Sono membri del CJ-DA dirigenti e alti funzionari delle amministrazioni degli Stati membri; posso altresì partecipare rappresentanti del Commissario per i Diritti Umani, della Commissione Europea per la Democrazia attraverso la legge (Commissione di Venezia), il Comitato per i diritti umani, e il Congresso per le autorità locali e regionali del Consiglio d’Europa, così come la Commissione Europea e il Segretariato Generale del Consiglio dell’Unione Europea. Possono partecipare ai lavori, in qualità di osservatori, anche rappresentanti di Stati non membri, o di organizzazioni intergovernative e non governative internazionali. Il Consiglio d’Europa ha inoltre istituito la Commissione europea per la Democrazia attraverso il Diritto, nota come Commissione di Venezia, dal nome della città in cui si riunisce. Istituita nel 1990, tra gli allora 18 Stati membri del Consiglio d’Europa, la Commissione divenendo un accordo allargato nel febbraio 2002, con la conseguente possibilità di accogliere come membri anche Paesi non europei un organo consultivo di natura particolare, venne concepita inizialmente come strumento d’ingegneria costituzionale di emergenza, in un contesto di transizione democratica, la Commissione ha visto la propria attività evolvere progressivamente sino a diventare un’istanza di riflessione giuridica indipendente, internazionalmente riconosciuta. La Commissione contribuisce alla diffusione del patrimonio costituzionale europeo, che si basa sui valori giuridici fondamentali del continente, e garantisce agli Stati un “sostegno costituzionale”. La Commissione di Venezia è composta da “esperti indipendenti di fama internazionale per la loro esperienza nelle istituzioni democratiche o per il loro contributo allo sviluppo del diritto e della scienza politica” (art. 2 dello Statuto). Il lavoro della Commissione europea per la Democrazia attraverso il Diritto si articola intorno ai tre principi chiave del patrimonio costituzionale europeo: la democrazia, i diritti umani e il primato del diritto, che sono alla base di tutte le attività del Consiglio d’Europa. Questi principi si concretizzano nei quattro settori chiave dell’attività della Commissione. Le attività “transnazionali” della Commissione di Venezia le consentono in particolare di contribuire al consolidamento del funzionamento delle istituzioni democratiche, migliorare la comprensione dei sistemi e della cultura giuridica dei paesi con cui coopera. La maggior parte dei lavori della Commissione è incentrata sui singoli paesi, ma la Commissione realizza anche, autonomamente o su richiesta di organi quali 321 L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA 322 l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, studi e rapporti su temi di interesse generale negli Stati membri e nei Paesi osservatori. I temi transnazionali sono affrontati anche nell’ambito dei seminari UniDem (Università per la Democrazia) e pubblicati nella collezione “Scienza e Tecnica della democrazia”, rivolti principalmente ai paesi dell’Europa dell’est. Nel 2001, per rispondere alla necessità di assicurare la stabilità dell’Europa sudorientale, affinché l’attuazione di importanti riforme giuridiche rispettasse le norme del Consiglio d’Europa, la Commissione ha creato il Campus UniDem, un programma di formazione giuridica per i funzionari di nove Paesi dell’Europa sud-orientale e, dal 2003, anche Bielorussia ed Ucraina. Presso il Consiglio d’Europa è attivo il Congresso dei poteri locali e regionali del Consiglio d’Europa, che rientra nelle attività di sostegno alle autonomie locali fin dal 1957, a favore della rappresentanza dei poteri locali. Il Congresso dei poteri locali e regionali d’Europa (CPLRE) è stato istituito nel 1994 quale organo consultivo del Consiglio d’Europa per sostituire la Conferenza permanente dei poteri locali e regionali d’Europa e quale portavoce degli interessi delle regioni e dei comuni d’Europa, con funzioni consultive rispetto al Comitato dei Ministri e all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa su tutti gli aspetti legati alla politica locale e regionale. È anche una sede di dialogo e di scambio in cui i rappresentanti dei poteri locali e regionali hanno la possibilità di affrontare problemi comuni, confrontare le rispettive esperienze e esprimere i propri punti di vista presso i governi. Controlla, in particolare, l’applicazione dei principi contenuti nella Carta europea dell’autonomia locale. Il Congresso è composto da due camere: la Camera dei poteri locali e la Camera delle regioni. L’Assemblea plenaria delle due Camere comprende 306 membri titolari e 306 supplenti, ossia i rappresentanti eletti di oltre 200 000 enti locali e regionali degli Stati membri del Consiglio d’Europa. A turno, le Camere eleggono il Presidente del Congresso, il cui mandato dura due anni. Il Congresso si riunisce una volta all’anno a Strasburgo, e accoglie le delegazioni di organizzazioni europee riconosciute, nonché quelle di alcuni Stati non membri che hanno ottenuto lo statuto di invitato speciale, o di osservatore. Il lavoro del CPLRE é imperniato su quattro commissioni statutarie: • la Commissione istituzionale del Congresso, cui spetta il compito di redigere i rapporti sulla situazione della democrazia locale e regionale in Europa; • a Commissione della cultura e dell’educazione, competente in materia di mass media, gioventù, sport e comunicazione; • la Commissione dello sviluppo sostenibile, responsabile delle questioni ambientali, della gestione del territorio e dell’urbanistica; • la Commissione della coesione sociale, per le questioni relative all’occupazione, la cittadinanza, le relazioni intracomunitarie, la sanità e le pari opportunità. Per far fronte ai suoi doveri, il Direttore esecutivo del Congresso, è responsabile della gestione dei budget e di 40 agenti, che comprende il Segretariato del Congresso. La Rete europea degli istituti di formazione per il personale dei poteri locali e regionali (ENTO). L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA La rete ENTO offre un sostegno e una formazione qualificata ai paesi dell’Europa centrale e orientale che mancano di esperienza e di competenze tecniche in materia di gestione degli enti locali. La rete favorisce la cooperazione tra i centri di formazione degli enti locali e regionali, agevolando i contatti tra le istituzioni nazionali di vari paesi Le agenzie della Democrazia Locale (ADL) Le Agenzie della Democrazia Locale (ADL), create nel 1993 nel quadro del processo di pace nell’ex-Jugoslavia realizzano partenariati tra enti dell’area e poteri locali di altre parti d’Europa. Promuovono il rispetto dei diritti umani e della democrazia, lo sviluppo della società civile e predispongono delle misure destinate a favorire l’instaurarsi di rapporti di fiducia tra i vari gruppi della popolazione. Il Congresso partecipa attivamente ai progetti volti a rafforzare la democrazia locale e la cooperazione transfrontaliera nell’Europa del Sud-Est previsti dal programma del Consiglio d’Europa per il Patto di Stabilità e ha creato a questo scopo un Gruppo di lavoro ad hoc composta da eletti locali e regionali dell’Europa del Sud-Est, incaricati di seguire le attività del Patto di Stabilità, e di vigilare al rinforzo della democrazia locale e la cooperazione transfrontaliera nell’Europa del Sud-Est. I progetti che appoggia sono i seguenti: • organizzazione dei Forum delle Città e delle Regioni dell’Europa del Sud-Est (Forum annuali) • sviluppo di una Rete di Associazioni nazionali di poteri locali e regionali nell’Europa del Sud-Est (NALAS Network) • la creazione di una banca dati interattiva sui partenariati con le città e le regioni dell’Europa del Sud-Est • la preparazione di una dichiarazione politica sulla cooperazione trnsfrontaliera tra le autorità locali e regionali dell’Europa del Sud-Est. Il Congresso è intervenuto attivamente nella definizione delle politiche, attraverso una serie di documenti: La Carta europea dell’autonomia locale (1985) proclama che una vera autonomia locale è essenziale per la democrazia. La Carta costituisce un modello per le riforme legislative nelle nuove democrazie. Alcuni Stati ne hanno già recepito i principi nella loro costituzione. La Convenzione-quadro europea sulla cooperazione transfrontaliera delle collettività o autorità territoriali (1980) con i suoi due Protocolli Addizionali riconosce ai poteri locali e regionali il diritto di cooperare al di là delle frontiere nel campo dei servizi pubblici e della tutela ambientale. La Convenzione europea sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale (1992) pone il principio del progressivo riconoscimento ai residenti stranieri dei diritti civili e politici, ivi compreso il diritto di voto. La Carta europea delle lingue regionali o minoritarie (1992) mira a tutelare le lingue regionali e minoritarie in quanto costituiscono un elemento unico del patrimonio culturale europeo e intende favorirne l’uso nel campo giuridico, nelle scuole, nella vita pubblica, culturale, economica e sociale e nei media. La Carta urbana europea (1992) definisce i diritti dei cittadini nelle città europee. Costituisce una guida pratica di gestione urbana in materia di alloggio, architettura urbana, trasporti, politiche energetiche, sport e tempo libero, inquinamen- 323 L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA 324 to e sicurezza nelle vie cittadine. La Carta sulla partecipazione dei giovani alla vita municipale e regionale (1992) fissa i principi volti a condurre i giovani a partecipare al processo decisionale che li riguarda e ai mutamenti sociali che intervengono nella via, nel quartiere, nel comune o nella regione in cui vivono. La Convenzione europea del paesaggio, che è stata adottata a Firenze nell’ottobre 2000, stabilisce l’obbligo per le autorità pubbliche di adottare a livello locale, regionale, nazionale e internazionale delle politiche e dei provvedimenti destinati a tutelare, gestire e pianificare il paesaggio in Europa. Il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa ha attualmente allo studio un progetto di Carta europea dell’autonomia regionale, in quanto complemento alla Carta europea dell’autonomia locale. Progetti in corso Il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa esamina attualmente altri testi: • il progetto di Carta sulle regioni delle montagne, che enuncia dei principi d’azione miranti a conciliare lo sviluppo e la conservazione delle regioni di montagna; • il progetto di Carta europea dell’Autonomia Regionale, Charte européenne de l’Autonomie Régionale, strumento complementare alla Carta europea dell’autonomia locale; • il progetto di Carta dei diritti e delle responsabilità dei cittadini. L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA Bibliografia B. Baldi, Regioni e Federalismo, Bologna, Clueb, 2006; S. Battini, L’impatto della globalizzazione sulla pubblica amministrazione e sul diritto amministrativo: quattro percorsi, in Giornale di diritto amministrativo, n. 3/2006; S. Battini, Organizzazioni internazionali e soggetti privati: verso un diritto amministrativo globale?, in Riv. Trim. Dir. Pubb., 2/2005; M. Caciagli, Regioni d’Europa, Bologna, il Mulino, 2003; S. Cassese, Lo spazio giuridico globale, Roma-Bari, Laterza, 2003; S. Cassese, I caratteri del diritto amministrativo europeo, in Riv. it. dir. pubb com., 1991; S. Cassese, Il diritto amministrativo presenta caratteri originali?, in Riv. trim. dir. pubbl., 2003, 35 segg.; E. Chiti, C. Franchini, L’integrazione amministrativa europea, Bologna, Il Mulino, 2003; E. Chiti, C. Franchini, Le figure organizzative, in Diritto amministrativo europeo, a cura di G. della Cananea, Milano, Giuffrè, 2006, 57 segg.; E. Chiti, C. Franchini, M. Gnes, M. Savino, M. Veronelli, Diritto Amministrativo Europeo. 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Galetta, Trasparenza e governance amministrativa nel diritto europeo, in Riv. It. Dir. Pubbl. Comunitario, 2006, p. 265; AAVV, L. Vandelli, C. Bottari, (a cura di), Diritto Amministrativo Comunitario, Rimini, Maggioli, 1994; 325 L’IMPATTO DELL’UNIONE EUROPEA E DEGLI ORGANISMI INTERNAZIONALI: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA AAVV, Symposium: global governance amd global administrative law in the international legal order, Nico Krisch and Benedict Kingsbury, Special editors, European journal of international law, vol. 17, n. 1, February 2006. 326 I documenti e le informazioni, laddove ci si è limitati a una mera descrizione delle attività degli enti, sono state tratte dai siti internet degli enti relativi. In particolare in alcuni casi la descrizione degli enti e dei loro programmi è stata tratta dai siti stessi ed è presentata come allegato. Tra i siti consultati e da cui si sono attinti i materiali si ricordano: www.europa.eu.int www.politichecomunitarie.it www.affariesteri.it www.coe.int www.un.org www.unpan.org http://curia.eu.int/it/index.htm www.consiglio.regione.toscana.it/leggi-e-banche-dati/oli/default.asp, Osservatorio Legislativo Interregionale (OLI), in particolare, La partecipazione regionale alla formazione ed attuazione del diritto comunitario. Applicazione delle leggi Buttiglione e La Loggia fino ai più recenti atti regionali in materia comunitaria, settembre 2006.