quindici giorni a partire dal giorno dei morti

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quindici giorni a partire dal giorno dei morti
Mauro Gozzi
Racconto d’autunno: quindici giorni a partire dal giorno dei morti
(Un ricordo di Pier Vittorio Tondelli)
Leggo il bel dépliant che l'Amministrazione Comunale di Correggio ha inviato a tutti i
cittadini il giorno dei morti: da qualche giorno giaceva insieme a bollette e materiale
pubblicitario. Non sono in gran forma e per di più sto aspettando dall'Ospedale Universitario
"Sant'Orsola-Malpighi" di Bologna
la conferma per l'ingresso in Cardiochirurgia per un
delicato intervento chirurgico all'aorta, dissecata e dilatata da circa due anni. Ho lavorato sino
al 22 di ottobre al Centro di Salute Mentale di Correggio dove esercito da quasi quattordici
anni: i pazienti sono stati quasi tutti avvisati del problema e della mia assenza, che si protrarrà
per almeno tre mesi. Molti di loro mi hanno commosso, io che passo per essere duro ed a
volte intrattabile, come mio nonno Monico -classe 1894, Cavaliere di VittorioVeneto- in
servizio dal 1914 al 1920, due anni in più per motivi che non ha mai ben spiegato.
Verso mezzogiorno arriva la telefonata della caposala della Cardiochirurgia: mi dice che
anziché lunedi 4 novembre, come si era in un primo tempo ipotizzato, devo entrare in reparto
il giorno prima,di domenica e per di più alle 7,30. Sfuma così l'idea di partecipare
all'inaugurazione del Teatro Comunale "Bonifazio Asioli", dopo ben undici anni di chiusura
per restauri e messa a norma, ritardati dal terremoto del 1996.
Il pieghevole aperto il giorno prima, l'infilo nel mazzo dei documenti di secondaria
importanza: lo trovo però ben scritto ed illustrato, con la novità dello scoprimento del fregio
della grande Sala d'Armi del Palazzo di Nicolò Postumo da Correggio, che sorgeva
esattamente dove venne edificato a metà del settecento l'attuale teatro. Mi sono chiesto come
mai nel restauro precedente, risalente al 1972, il fregio raffigurante coppie di cavalieri che si
affrontano in torneo fosse stato coperto da maestranze poco attratte dall'Arte Ferrarese del
XlV°-XV° secolo, a cui dobbiamo peraltro il nostro bel Palazzo dei Principi, disegnato da
Biagio Rossetti, il più grande architetto della Corte Estense.
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Seminario Tondelli, seconda edizione, Correggio, Palazzo dei Principi, 13-14 dicembre 2002.
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Non so se per la precarietà che avvertivo in quel giorno, anche perchè una ragione
inconscia in questi casi c'è sempre, come sosteneva il più caro dei miei "maestri" di
Psicoterapia gruppale, Armando J.Bauleo - argentino rifugiatosi in Italia all'epoca dei
desaparecidos, persona amabile e ricca di autoironia - che a distanza di oltre quindici anni dal
nostro ultimo incontro non manca mai di mandarmi un saluto per interposta persona;
insomma, da quel 2 di novembre il mio tormento interiore è stato l'anno 1991,
presumibilmente in un gioco di libere associazioni: ho infatti messo a fuoco che Pier Vittorio
Tondelli era morto il 16 di dicembre di quell'anno orribile, in cui veniva inesorabilmente
chiuso sine die il nostro grazioso teatro, così ricco di storia.
Sono trascorsi undici anni, lunghissimi e per molti aspetti dolorosi.Sono convinto che
con Pier Vittorio (di cui ho imparato il vero nome solo quando uscì "Altri libertini" e che sino
ad allora era sempre stato "Vicky", compagno allegro e a tratti geniale nei giochi in casa
D'Agostino, in Viale Vittorio Veneto) sia morto il più significativo degli scrittori italiani degli
anni '80, quello del " parlato ossessivo, i corti circuiti e il sound del mondo dei giovani in sei
racconti a metà strada tra Bologna e l'America", come recita la quarta di copertina del suo
primo "libro vero", edito da Feltrinelli e con noie con la censura ad accrescerne i meriti.
Del suo primo romanzo mi ha sempre intenerito la dedica a Rosanna C., sua compagna di
Liceo da me conosciuta in anni precedenti come sorella maggiore di un compagno delle
elementari. Per un certo periodo avevo anche pensato che fossero fidanzati. Erano proprio una
bella coppia, così alti e slanciati entrambi, senza un filo di grasso, intelligenti e colti, cattolici
ma di sinistra: che bella contraddizione per quei tempi, quando il mondo era diviso tra
Peppone e Don Camillo, fra Fortebraccio e Montanelli. Le miserie della politica di oggi ci
fanno rimpiangere quei meravigliosi anni dal boom economico alla contestazione giovanile,
agli anni di Bob Dylan, Leonard Cohen, Rolling Stones, Fabrizio De Andrè, Claudio Lolli un cantautore che piaceva solo ai liceali - e tanti altri maledetti come David Bowie, Lou Reed
e Iggy Pop. Passavamo i nostri pomeriggi ad ascoltare per radio "Per voi giovani", a registrare
dischi col cavo e a discutere sul fatto che avere una ragazza fosse "troppo borghese".
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Seminario Tondelli, seconda edizione, Correggio, Palazzo dei Principi, 13-14 dicembre 2002.
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In realtà eravamo timidissimi e le ragazze preferivano a noi ragazzi più scafati, magari
con la 500. Mi piace pensare che Pier Vittorio e Rosanna siano stati due diciottenni legati da
una "amicizia amorosa", ovvero una di quelle relazioni permeate di intellettualità e affetto non
dichiarato, che stavano insieme per "lo stare bene insieme".
Di recente è stato pubblicato il carteggio fra l' altro grande reggianoEzio Comparoni, più
noto come Silvio D'Arzo, e la collega insegnante Ada Gorini. Analogamente a Tondelli,
D'Arzo morì giovanissimo di leucemia sette giorni prima di compiere trentadue anni
nell'inverno del 1952. Con il bel catalogo sulla mostra tenutasi a settembre a Palazzo Magnani
a Reggio Emilia,contenente anche scritti critici degli anni 50, si è finalmente reso onore a
questo talentuoso e produttivo scrittore. Tondelli, nel 1990, scrivendo una nota riguardo al
racconto più celebre di D'Arzo "Casa d'altri" (che Montale definì "un racconto perfetto")
sottolineava la presenza di quella solitudine, una certa arguta follia, una malinconia tipiche del
carattere emiliano. E' opinione diffusa che la letteratura italiana del '900 abbia perso troppo
presto questi due grandi innovatori di scrittura e linguaggi, due belle persone timide ed
eleganti.
In questi due primi giorni di ospedale che precedono l'intervento penso molto a chi è
morto anzitempo: domani, 5 novembre, sarà uno di quei momenti che segnano una vita.
Come previsto, alle 7,40 entro in sala operatoria, pochi minuti prima dell'arrivo di un
caro amico prete, cappellano dell'Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Reggio Emilia, dove
faccio consulenze dal 1987. Sento però la sua presenza ed al risveglio dopo l'anestesia mi è di
grande conforto pensare a lui ed a Chi rappresenta. Quando si rischia grosso non è che ci si
possa attaccare tanto ad altre cose. Ricordo una frase di Ungaretti, riferita ad un militare sul
fronte italo-austriaco nella l° Guerra Mondiale: "Non sono mai stato tanto attaccato alla vita".
Nei cinque giorni successivi all'intervento all'aorta non riesco a respirare adeguatamente,
la tosse è fastidiosa e dolorosissima per lo sterno tagliato a metà e ricucito: il Padre Nostro,
anche per un non praticante, è l'unico rimedio, credetemi.
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Quando Pier Vittorio improvvisamente morì, non andai al funerale.Fu uno shock
incredibile.In quel periodo non avevo ancora letto "Camere separate" e non avevo percepito
nulla. L'avevo ben visto, in quella che sarebbe stata l'ultima volta, davanti all'ingresso della
Chiesa di S.Quirino, il Venerdi Santo di quell'anno: mi era sembrato altissimo, magrissimo,
con un sorriso tra il beffardo ed il malinconico stampato sul viso.Rimase diversi minuti a
guardare l'altare maggiore.
Non avevo affatto capito che fosse malato gravemente. Da anni non sentivo che illazioni
sui suoi comportamenti sessuali, sulla presunta perdita della Fede religiosa, sul fatto che
fosse più spesso a casa dei genitori, nel grattacielo di Viale Saltini, di fronte alla chiesetta con
l'effigie della Madonna di Pompei, nella sua cameretta di adolescente sommerso da pile di
libri, alla macchina da scrivere.
Ero andato in chiesa per vedere quando sarebbe cominciata la processione del Venerdi
Santo: era il 29 marzo 1991 (conservo tutte le agende dal 77). Non sapevo che
quell'avvenimento, così sentito dalla cittadinanza correggese, fosse entrato con gran rilievo
nell'ultimo romanzo, del quale ricordavo solamente la copertina, un acquerello di Luigi
Ontani dal titolo "Chimerasorante",
di ispirazione rorschachiana, ed
i
giudizi assai
contrastanti della critica, come era avvenuto in verità per tutti i precedenti romanzi (in
particolare per "Rimini", che a me era piaciuto per l'ispirazione chandleriana).
Dopo il funerale ho provato un grande senso di colpa per non averlo accompagnato nel
cimitero di Canolo, dove sono poi andato in seguito per vedere la bella foto che lo ritrae
solare, come forse non era da anni.
Nei mesi successivi ho letto voracemente tutto quanto lui consigliava ai lettori di "Linus"
e "Rockstar":
"Il trentesimo anno" di Ingeborg Bachmann, "Ritorno all'inferno" di
Christopher Isherwood, tutti i romanzi con Arturo Bandini come protagonista e "La
confraternita del Chianti" (il mio preferito) di John Fante, "Musica per camaleonti" ed il
fantastico "A sangue freddo" di Truman Capote e tutto Marlowe di Raymond Chandler (un
antico amore di Pier Vittorio, del quale avevamo parlato a lungo una sera dell'inizio degli anni
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'80 insieme all'amico comune Bloogie, alla trattoria "Tre spade", locale frequentato da Vicky
dopo la chiusura del mitico "Aroldo", rifugio degli ultimi anni del Liceo.
Mi avevano anche coinvolto le tre raccolte "Under 25", anche se non mi è mai andata giù
la storia del limite fissato (narcisisticamente?) all'età in cui Pier Vittorio aveva pubblicato
"Altri libertini". Il numero monografico di "Panta" mi permise, insieme alla lettura di
"Camere separate", di approfondirne la conoscenza.
Con l'aggiunta di una certa deformazione professionale maturata negli anni, mi piace
tratteggiare un suo profilo psicologico: Vicky aveva un'intelligenza superiore alla media, un
carattere vicino alla ciclotimia (alternanza di periodi di grande eccitamento creativo e pause
riflessive di ripensamento e riscrittura dei testi prodotti), una generosità incredibile (quando
mai un affermato autore ha perso tempo nella ricerca di giovani talenti, potenziali
concorrenti?) e una precoce creatività multiforme.
Ricordo con affetto la bella regia del "Piccolo Principe" di Saint-Exupery, risalente
all'aprile del 1975, con recite al teatrino del "Contarelli": con l'aiuto di Francesco e Miduo
mise in scena la riduzione di questa bellissima favola per adulti con l'interpretazione dei
ragazzi del gruppo parrocchiale di San Quirino (Luca, Gibo, Nicoletta la volpe,etc.) di cui si
occupava in quel periodo insieme a Rosanna. Esiste un bel documento, curato da Nino Nasi
della Libreria del Teatro di Reggio Emilia, che rievoca quel periodo e quel libro: nel periodo
prenatalizio del 1994 il Palazzo dei Principi ospitò una mostra bibliografica che presentava
circa un' ottantina di edizioni in tutte le lingue del capolavoro di Saint-Exupery e recuperava
alcune bellissime foto in bianco e nero dello spettacolo di quasi vent'anni prima.
Non sempre i suoi progetti hanno avuto la stessa grazia e la stessa fortuna: ad esempio
non riuscì mai a realizzare, per impegni col DAMS, una trasposizione teatrale del "Cantico
dei Cantici", promessa ai giovani collaboratori del "Petit Prince", non ce la fece a portare sul
palcoscenico "Dinner party" (di cui ricordo una lettura post-mortem con Donadoni, la
Nicolodi e Maccarinelli) nè fu fortunato come sceneggiatore cinematografico, non riuscendo
mai a realizzare una versione filmica di "Rimini" , sostituita, probabilmente per ragioni di
produzione, da un film mediocre sulle "stragi del sabato sera"
- "Sabato italiano", diretto
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da Luciano Mannuzzi, con Francesca Neri come protagonista - che non gli rende certo
giustizia come Autore di cinema, di cui era un grande appassionato.
Di tutta la sua sterminata produzione letteraria ho amato soprattutto le cose a torto
soprannominate "minori", ad eccezione del racconto "Mimi e istrioni" da "Altri libertini", per
la vena autobiografica e perchè credetti di identificare le ragazze protagoniste dell'episodio (le
"Splash") in alcune amichedi Vicky. Mi ha molto coinvolto emotivamente e provocato invidia
per i fortunati destinatari dei messaggi criptati il bel librettino, a tiratura limitatissima,
"Biglietti agli Amici", con splendida copertina caravaggesca ("Amor omnia Vincit", tela
conservata all'Isola dei Musei di Berlino, città decadente e moderna allo stesso tempo che
amo tantissimo, come Pier Vittorio sicuramente). Ho letto avidamente quasi tutti gli scritti
brevi, gli articoli, in genere pubblicati sul "Resto del Carlino" o su periodici destinati ai
giovani ai quali ero abbonato, raccolti tutti nel "Weekend pstmoderno" e soprattutto ne
"L'abbandono", decisamente il mio libro preferito in assoluto per la presenza di "Scenari
fiorentini", "Fenomenologia dell'abbandono",
"Pier a gennaio", "Un racconto sul vino",
"1988.Concerto" (di Leonard Cohen al Teatro Orfeo di Milano) e di "Viaggio a Grasse", che
considero la cosa più profonda sul piano introspettivo e meglio scritta, il suo "coup de
maitre".
Non avevo mai sentito nominare Frederic Prokosch nè la sua opera più conosciuta,
"Voci", nè ho mai ritenuto opportuno leggerla in seguito. Del racconto-intervista di Vicky mi
ha affascinato l'idea dell'invenzione di un dialogo immaginario con uno scrittore morto da
qualche settimana, desumendo le risposte dello stesso da dettagli riferiti dalla custode della
casa nella quale si era ritirato da anni ("Ma Trouvaille", la Mia Scoperta) dopo essere stato
uno dei più celebri testimoni del '900. Altre informazioni le avrebbe ricavate sbirciando
all'interno della casa dalle due uniche finestre aperte e da un faccia a faccia a mo' di
psicodramma analitico "nella veranda, sotto il pergolato, di fronte alla sedia di vimini sulla
quale Prokosch si era fatto fotografare più volte". Tondelli aggiunge: "Se si fosse creata un po'
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di confidenza, gli avrei chiesto quello che generalmente non si domanda mai alle persone:
"Lei è felice?".
Invero, nel mio mestiere di psichiatra, è questa la domanda che più spesso mi sento di
fare ai miei pazienti in psicoterapia, colti o ignoranti, di destra o di sinistra, ricchi o poveri che
siano. In fondo, il rischio di suicidio è l'eventualità che più frequentemente occorre sgombrare
dal campo per poter lavorare utilmente "vis-à-vis". Nonostante l'apprensione per la sorte delle
persone che si affidano a me, ho sempre pensato che la mia professione sia stata una scelta
giusta poiché è probabilmente l'unica in cui nel corso del lavoro abituale, nei colloqui
psicoterapici, si mette a frutto tutto quel che si è provato, quel che si è visto o letto o
conosciuto tramite incontri precedenti.
In particolare sento di dovere a Pier Vittorio un grande amore viscerale per la lettura e la
scrittura-riscrittura: in fondo un vero Autore non fa che ripetere gli stessi concetti base in
forme via via più essenziali e soddisfacenti il proprio "Ideale dell'Io". Il fatto di aver sofferto
in certi periodi critici di insonnia lo considero una delle più grandi fortune della mia vita
poiché mi ha permesso, di notte, di leggere "per piacere" le cose che di giorno si subiscono
"per dovere".
Alla fine dell'intervista immaginaria con Prokosch, Tondelli si domanda: "Devo essere
un pessimo intervistatore. Chiedo cose di cui intuisco già la risposta. Non mi sforzo. Forse
perchè sono venuto fin qui solamente per rimanere in silenzio...In effetti, ora lo capisco un po'
meglio, non ha molta importanza il fatto che lui sia morto. E che non gli possa parlare, perchè
non volevo parlargli. Volevo solo ascoltare... Stimmen, Stimmen. Hore, mein Herz...(Voci,
voci. Ascolta, mio cuore)".
L'ultimo periodo che conclude il "Viaggio a Grasse", città dei profumi e delle essenze e
tappa di viaggio di nozze nell'aprile dell'anno scorso, è il vero testamento letterario di Vicky:
"Nel silenzio del pomeriggio, passeggiando intorno alla piscina, scendendo lungo il sentiero,
accarezzando il tronco del cotogno, guardando le sedie vuote e il piccolo elefante indiano
sistemato casualmente accanto al tavolo e a un innaffiatoio, posso finalmente sentirmi, per un
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Finalmente, in quinta giornata dall'intervento, vengo ritenuto idoneo per il passaggio
dalla Rianimazione Intensiva e successivamente Semiintensiva al reparto Cardiochirurgico
"normale". Respiro decisamente meglio, sento meno dolore al torace, sono quasi euforico (a
causa dell'ossigeno inspirato in grande quantità?) dopo diversi giorni di franca depressione.
Dicono, i colleghi medici, che va tutto bene e che devo solo pensare al prossimo intervento,
appena sarà risolto completamente il versamento pleurico comparso nella prima settimana di
ricovero, trascorsa allettato e totalmente, o quasi, in dipendenza dagli altri, sentimento
quest'ultimo sgradevole oltre misura.
Ora, alla fine della seconda settimana dal giorno dei morti, ho davanti a me la bella foto
di Pier Vittorio Tondelli, Vicky fino a 25 anni, in compagnia di collaboratori ed interpreti del
"Piccolo Principe" dei suoi vent'anni. Lui è all'estrema sinistra, in piedi, sorridente in modo
diverso dall'ultimo nostro incontro del Venerdi Santo del '91.
E' divertito e ride, probabilmente un po' bevuto, anche nelle due bellissime foto, riportate
dal N° 9 di "Panta", dove è ritratto, in uno dei periodi "con barba", insieme a Giorgio B. ed
altri avventori, all'osteria "Da Aroldo". Sicuramente sta teorizzando "la profondità, l'emozione
del legame che unisce il vino alla letteratura".
Fosse sopravvissuto un paio d'anni in più si sarebbe sicuramente commosso nel vedere
un film di Mike Newell, intitolato: "Quattro matrimoni ed un funerale". Nell'orazione funebre
il compagno del defunto recita magistralmente "Funeral Blues", del poeta inglese Wystan
H.Auden, forse il più amato da Tondelli:
"Fermate tutti gli orologi, isolate il telefono,
fate tacere il cane con un osso succulento,
chiudete i pianoforti e tra un rullio smorzato
portate fuori il feretro, si accostino i dolenti.
Incrocino aeroplani lamentosi lassù
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e scrivano sul cielo il messaggio Lui E' Morto,
allacciate nastri di crespo al collo bianco dei piccioni,
i vigili si mettano guanti di tela nera.
Lui era il mio Nord, il mio Sud, il mio Est ed Ovest,
la mia settimana di lavoro e il mio riposo la domenica,
il mio mezzodì, la mezzanotte, la mia lingua, il mio canto;
Pensavo che l'amore fosse eterno: e avevo torto.
Non servon più le stelle: spegnetele anche tutte;
imballate la luna, smontate pure il sole;
svuotatemi l'oceano e sradicate il bosco;
perché ormai più nulla può giovare.
(da "La verità, vi prego, sull'amore". Traduzione di Gilberto Forti. Adelphi, 1994)
Dopo tredici giorni complessivi di ricovero al "Sant'Orsola" vengo trasferito nella
Cardiologia dell'Ospedale "San Sebastiano" di Correggio per proseguire la riabilitazione
cardio-respiratoria. E' il 16 novembre che conclude due settimane in cui è prevalso l'istinto di
morte, scriverebbe Sigmund Freud.
Credo che Pier Vittorio sia trapassato "bene", confortato da familiari che lo adoravano e
dai tanti amici "veri" che aveva.
In questo momento ritengo di essere più fiducioso nella vita, di poter riprendere il mio
lavoro in tempi abbastanza rapidi: tre- sei mesi al massimo, dipende dal tipo di secondo
intervento a cui dovrò sottopormi.
Riguardo alcune cartoline comprate i primi di settembre di quest'anno all'Abbazia di
Mont Saint-Michel, in quella terra meravigliosa periodicamente sommersa dalle maree, ai
confini fra la Normandia e la Bretagna. Ero insieme a mia moglie Rosanna, che mi assiste 24
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ore su 24 dall'inizio di novembre, nell'ultima vacanza lunga. Sono illustrazioni originali
disegnate da Antoine de Saint-Exupéry, tratte da "Le petit prince" del 1943. Una di esse
raffigura il piccolo principe, seduto a terra, con la sciarpa nel vento, vicino ad un fiore, con in
alto nel cielo una stella. La didascalia, che trovo assai tondelliana, recita:
"Se tu ami un fiore che si trova su una stella,
é dolce, la notte, guardare il cielo".
Correggio, 5.12.2002
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