Viaggio nel cuore di un uomo

Transcript

Viaggio nel cuore di un uomo
VIAGGIO NEL CUORE DI UN UOMO
Racconto di Gianni Delorenzi - ©2004
Capitolo 10
Jannaris si raccomandava a Ermes (6), il dio messaggero degli altri dei, l’aiutante dei ladri e che
sapeva inoltre accompagnare gli uomini nelle loro imprese difficili ma che non rendevano famosi,
perché ora anche a lui toccava di fare da messaggero. I passi del ciucchino che cavalcava erano
incerti, indecisi su dove posarsi. Dall’inclinazione della schiena su cui sedeva capiva che la strada
scendeva a precipizio, verso chissà dove. L’aria era fredda, secca, sferzante e aveva un odore che
per lui, nato marinaio, non sarebbe mai diventato familiare.
Come ogni marinaio che si rispetti era però contento di viaggiare e di allontanarsi per un po’ da
quell’antro puzzolente che lo ospitava da circa sette anni, solo gli dava fastidio spostarsi sulla
schiena di un asino invece che con una qualunque imbarcazione. Su di una barca avrebbe calcolato la forza del vento, issato la vela e tra tutte le stelle quelle dell’Orsa maggiore (7) gli avrebbero
indicato la direzione da prendere. Qui invece era alla mercé di un asino che scendeva nella notte
da un precipizio e non poteva fare altro che aggrapparsi alla sua criniera.
Un’ulteriore folata di vento freddo del deserto lo portò a chiedersi se mancasse molto a che comparissero nel cielo le sette stelle delle Pleiadi (8), segno che l’estate era finita. Finalmente la discesa si concluse e l’asino continuò per una strada che pareva dovesse essere normale. La temperatura cominciava a diventare gradevole e nel cielo Jannaris immaginava un sole che placido avanzava come il suo asino sulla terra. Solo che la povera bestia aveva la schiena più spigolosa del
mondo e lui ci stava sopra cavalcioni: a ogni passo il supplizio per il suo fondoschiena aumentava
e quasi si sentiva svenire.
Ad un certo punto la cavalcatura rallentò e fu inutile spronarla. Jannaris capì che davanti c’era un
altro asino e il suo preferiva non sorpassare. Lasciò fare, anche se così il suo dolore di culo sarebbe durato più a lungo.
Poi i rumori divennero quelli inconfondibili di un qualunque villaggio dell’epoca: gente che urlava il
costo dei prodotti che vendeva, mamme che richiamavano i loro marmocchi, operai che lanciavano
ordini ai garzoni o “battibeccavano” tra loro… Ora, più vicino all’altro, il suo asino proseguiva sicuro
per la sua strada. Ad un certo punto dovettero svoltare di botto passando sotto un portone e per
poco Jannaris non diede una capocciata all’architrave: quell’asino di un asino non si era ricordato
che lui era cieco e aveva pensato solo a se stesso.
Di certo erano finiti dentro un cortile interno di una casa e Jannaris percepì il battito d’ali di alcune
galline che si scansavano; da una qualche parte lì vicino latrò svogliatamente un vecchio cane, ma
si zittì subito.
Poi all’improvviso berciò forte la voce di una vecchia: - Elisabetta, c’è qui tua cugina Maria che ti fa
visita!
Siccome lui, barbuto com’era, non poteva essere confuso con nessuna Maria, immaginò che si
trattasse di una donna che probabilmente era seduta sull’asino che l’aveva preceduto lungo il
cammino e si chiese se per caso non fosse finito nel posto sbagliato. Altre voci femminili si levarono a chiamare questa Elisabetta che di certo doveva essere la padrona di casa, oltre che cugina di
questa Maria. Improvvisamente doveva essere comparsa da qualche parte, perché tutti tacquero.
In un silenzio irreale e gravido di mistero squillò alta una voce:
- Ave o Maria, tu sei la più benedetta tra tutte le donne la cui orma ha calpestato la Terra. Il Signore che l’ha creata ha voluto farsi piccolo come un seme, è entrato nel tuo ventre e si prepara a nascere come un uomo tra gli altri uomini. Attraverso di te si compirà il miracolo del Dio che nasce
uomo per salvare tutti gli uomini. (9)
- Elisabetta, cugina, che vai dicendo? Come puoi dire una cosa simile?
- Cara mia, sono una vecchia quasi decrepita eppure sono restata incinta perché la mia preghiera
e quella di mio marito Zaccaria è giunta all’orecchio del Signore. Dopo un angelo mi si è presentato davanti. Era una luce così luminosa che ho dovuto chinarmi e mettere la faccia a terra, se no
mi accecava. Mi ha detto che dovrò chiamare mio figlio Giovanni e che sarà un profeta. Il suo
compito sarà quello di annunciare il Dio che si fa uomo. Il mio Giovanni gli camminerà davanti per
testimoniare che lui è luce e amore totale per tutti. (10)
- Ma Elisabetta, che c’entro io che sono solo una povera serva?
- Tu sei la serva del Signore e lui è già entrato nel tuo ventre. E dentro al mio, di ventre, il mio Gio-
vanni se n’è accorto e lo sento che si muove e che balla come se l’avesse punto una tarantola.
Quello che ti dico non lo dico io, ma è lui che me lo fa dire.
Nell’aria c’era una vibrazione tale che pareva di essere in mezzo a uno sciame di api impazzite,
poi tutto cessò e si tornò ai soliti rumori. “Ciao Maria, sarai stanca, hai fatto buon viaggio?” - “Mica
male, grazie; e tu Elisabetta come stai con il tuo pancione?”…
Passò un po’ di tempo, poi la vecchia che per prima aveva berciato strillò di nuovo:
- Ih, uh, ah… quell’uomo è venuto dietro Maria con l’asino di Zaccaria.