05. Il destino delle imbarcazioni degli immigrati

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05. Il destino delle imbarcazioni degli immigrati
PROGETTO LAMPEDUSA
Parere del 29 maggio 2014 a cura del Gruppo di studio del Progetto Lampedusa
IL
L DESTINO DELLE IMBARCAZIONI DEGLI IMMIGRATI TRA
NORMATIVA VIGENTE E PROPOSTE DI MODIFICA
Conclusa l’operazione di soccorso in mare e condotti i profughi in un luogo sicuro,
l’emergenza causata dall’approdo di immigrati sulle coste nazionali non può certo dirsi conclusa.
In particolare, uno degli aspetti che il legislatore è stato indotto ad affrontare, in
considerazione dei notevoli flussi di immigrazione clandestina via mare registrati negli ultimi anni,
riguarda il destino dei mezzi utilizzati dagli scaf
scafisti.
La norma di riferimento è l’articolo 12 del Testo Unico Immigrazione1, che prevede il reato di
immigrazione clandestina. Detto articolo sancisce che i mezzi di trasporto impiegati per la
traversata siano posti sotto sequestro (in particolare trattasi di sequestro probatorio), disposto dal
Pubblico Ministero con decreto motivato ed effettuato dalla stessa Autorità Giudiziaria o dagli
ufficiali di Polizia Giudiziaria delegati.
Nei casi di urgenza, gli organi di Polizia Giudiziaria possono procedere all’immediato
all’
sequestro del mezzo, trasmettendo entro 48 ore il relativo verbale al Pubblico Ministero per la
convalida entro le successive 48 ore.
Una volta sequestrata l’imbarcazione, lo scopo preminente della citata normativa è quello di
acquisirla al patrimonio
monio dello Stato attraverso la sua confisca. A tal proposito, il comma 4-ter
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dell’articolo 12 T.U. immigrazione testualmente dispone: ““Nei
Nei casi previsti dai commi 1 e 32 è
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Decreto Legislativo n. 286 del 25 Luglio 1998.
1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, in violazione delle disposizioni del presente testo unico, promuove,
promu
dirige,
organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territo
territorio
rio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente
l’ingresso nel territorio dello Stato, ovvero di altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza
residenz permanente,
è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona.
(…)
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PRESIDIO AVVOCATURA – LAMPEDUSA
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sempre disposta la confisca del mezzo di trasporto utilizzato per commettere il reato, anche nel
caso di applicazione della pena su richiesta delle parti”.
A tal riguardo, deve sottolinearsi che il regime del sequestro e della successiva confisca qui
analizzato e previsto dall’art. 12 T.U. Immigrazione è speciale rispetto al regime ordinario del
sequestro disciplinato dal codice di procedura penale: in pendenza del procedimento (che di seguito
descriveremo), infatti, i beni sequestrati vengono distolti dalla loro naturale definizione processuale
della confisca o della restituzione agli aventi diritto ed è possibile il loro affidamento (ai soggetti e
con i limiti che vedremo) e, in mancanza, la loro distruzione a cura delle competenti autorità
amministrative.
Conseguentemente, come previsto dai commi 8 e 8-bis dell’articolo 12 del T.U.3, i beni mezzi
di trasporto sequestrati diventano inalienabili. Tale vincolo è stato pensato per rispondere
all’esigenza sorta a seguito del massiccio afflusso migratorio proveniente dall’Albania negli anni
’90, in occasione del quale si pose il problema di evitare il dissequestro dei mezzi di trasporto
utilizzati e, quindi, la loro possibile riconsegna agli scafisti.
Prima di analizzare nello specifico il procedimento di sequestro, è da sottolineare che la legge
30 luglio 2002 n. 189, recante “Modifica alla normativa in materia di immigrazione e asilo”, ha
esteso la disciplina normativa anche alle imbarcazioni trovate al di fuori delle acque territoriali fatti
salvi, ovviamente, i limiti previsti dal diritto internazionale4 o da accordi bilaterali o multilaterali, a
3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, in violazione delle disposizioni del presentetesto unico, promuove, dirige,
organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente
l’ingresso nel territorio dello Stato, ovvero di altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente,
è punito con la reclusione da cinque a quindici anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona nel caso in cui:
a) il fatto riguarda l’ingresso o la permanenza illegale nel territorio dello Stato di cinque o più persone;
b) la persona trasportata è stata esposta a pericolo per la sua vita o per la sua incolumità per procurarne l’ingresso o la permanenza
illegale;
c) la persona trasportata è stata sottoposta a trattamento inumano o degradante per procurarne l’ingresso o la permanenza illegale;
d) il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro o utilizzando servizi internazionali di trasporto ovvero documenti
contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti;
e) gli autori del fatto hanno la disponibilità di armi o materie esplodenti.
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8. I beni sequestrati nel corso di operazioni di polizia finalizzate alla prevenzione e repressione dei reati previsti dal presente
articolo, sono affidati dall'autorità giudiziaria procedente in custodia giudiziale, salvo che vi ostino esigenze processuali, agli organi
di polizia che ne facciano richiesta per l'impiego in attività di polizia ovvero ad altri organi dello Stato o ad altri enti pubblici per
finalità di giustizia, di protezione civile o di tutela ambientale. I mezzi di trasporto non possono essere in alcun caso alienati. Si
applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell'articolo 100, commi 2 e 3, del testo unico delle leggi in materia di disciplina
degli stupefacenti e sostanze psicotrope, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309.
8-bis. Nel caso che non siano state presentate istanze di affidamento per mezzi di trasporto sequestrati, si applicano le disposizioni
dell'articolo 301-bis, comma 3, del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, e successive modificazioni.
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A tal proposito, l’art. 110, paragrafo 1, lett. d) della Convenzione di Montego Bay e l’art. 8, paragrafo 7, del Protocollo di Palermo
consentono esclusivamente la possibilità di esercitare il diritto di visita nei confronti delle navi senza bandiera. Analogamente, nel
caso di nave battente bandiera straniera sempre in alto mare nessun tipo di fermo, ispezione o sequestro sembrerebbe ammissibile al
di fuori delle ipotesi specificamente elencate nel citato articolo 110 della Convenzione, a meno che esso sia consentito da uno
specifico accordo.
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prescindere dalla nazionalità delle navi sospette ed anche nei casi di nave priva di bandiera o con
bandiera di convenienza5.
Al fine di favorire il miglior coordinamento dei diversi interessi pubblici, nonché di
individuare e definire il quadro complessivo di intervento e di fornire un concreto indirizzo
all’azione amministrativa, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha emanato in data 13 febbraio
2003 la Circolare recante “Distruzione di imbarcazioni utilizzate per reati di immigrazione
clandestina”.
Il provvedimento richiama e disciplina le modalità operative delle previsioni contenute nei
commi 8 e seguenti dell’art. 12 del T.U. Immigrazione, come modificate dal decreto legge n. 51 del
4 aprile 2002, convertito con modificazioni nella legge n. 106 del 7 giugno 2002, analizzando nello
specifico il procedimento che devono seguire i diversi soggetti coinvolti.
Innanzitutto, è prevista la compilazione, ad opera dell’organo che materialmente ha eseguito il
sequestro, di una relazione indirizzata alla competente Capitaneria di Porto, contenente tutte le
informazioni utili relative al mezzo, anche con riferimento ai rischi ambientali.
Sulla scorta di quanto trasmesso, la Capitaneria di Porto redige apposita scheda tecnica
riportante i dati relativi all’arrivo del mezzo, alle sue principali caratteristiche tecniche, alle
condizioni attuali, ad una valutazione economica sommaria e/o alla possibilità di un suo reimpiego,
alle condizioni di navigabilità e ad eventuali problematiche ambientali.
La scheda deve poi essere inoltrata alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento
per il Coordinamento amministrativo, all’Ufficio Territoriale di Governo (UTG) competente,
all’Agenzia delle Dogane, nonché al Ministero dell’Ambiente.
La Prefettura procede ad una indagine sul territorio al fine di verificare la presenza di soggetti
istituzionali potenzialmente interessati all’affidamento delle imbarcazioni per attività di polizia o
per finalità di giustizia, di protezione civile o di tutela ambientale.
In caso di esito positivo, l’UTG trasmette alla Presidenza del Consiglio dei Ministri –
Dipartimento per il Coordinamento amministrativo l’elenco dei soggetti interessati e, previa
indicazione della stessa Presidenza, procede all’affidamento al richiedente su disposizione
Parte della dottrina ritiene che il traffico di clandestini non ricada nella disciplina dell’art. 110 della Convenzione, poiché non
espressamente previsto e comunque diverso dall’ipotesi contemplata della tratta di schiavi. È stata, quindi, suggerita l’applicazione
analogica dell’art. 600 c.p. in tema di riduzione e mantenimento in schiavitù alla condizione di disagio, inferiorità e soggezione dei
migranti.
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Il riferimento, nel comma 9 quater dell’art. 12 del T.U., alla “bandiera di convenienza”, sembra voler superare la detta limitazione
dei poteri degli organi di polizia nei confronti di una nave straniera, avendo previsto il fermo, l’ispezione e il sequestro di una nave
battente bandiera straniera ritenuta di comodo.
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dell’autorità giudiziaria procedente. Si tratta, comunque, di un affidamento provvisorio, giacché
l’ente affidatario potrà vedersi definitivamente trasferito il mezzo solo quando questo sarà acquisito
al patrimonio dello Stato a seguito di provvedimento definitivo di confisca, come previsto dall’art.
12, comma 8-quinquies, del T.U. Immigrazione.
Al contrario, nel caso in cui l’UTG non rinvenga soggetti interessati, informata la Presidenza,
deve avanzare istanza all’autorità giudiziaria procedente affinché questa disponga la consegna del
mezzo all’Agenzia delle Dogane per la distruzione, sempre che non permangano esigenze
probatorie per mantenere il sequestro.
Particolarità del procedimento consiste nella possibilità per il Presidente del Consiglio dei
Ministri di ricorrere alla procedura di cui all’art. 12, comma 8-ter, del T.U. Immigrazione,
disponendo l’immediata distruzione dei mezzi, previo nulla osta dell’autorità giudiziaria
procedente, al ricorrere di una o più di determinate circostanze attinenti allo stato di immanente
alterazione del bene, al potenziale pregiudizio per l’operatività portuale, ai possibili danni arrecati
all’ecosistema, allo scarso o nullo valore commerciale del bene e alla mancanza di istanze di
affidamento.
L’Agenzia delle Dogane, organo deputato ad occuparsi della distruzione definitiva delle
imbarcazioni, stipula apposita convenzione con ditte del settore, anche “in deroga alle norme sulla
contabilità generale dello Stato” ai sensi dell’art. 301-bis del Testo Unico in materia doganale
(richiamato dall’art. 8-bis del T.U. Immigrazione), qualora il rispetto delle procedure ad evidenza
pubblica rischi di rallentare in modo eccessivo i tempi della procedura di distruzione.
Posto che in relazione alle imbarcazioni sequestrate si profilano problematiche attinenti la
salvaguardia dell’ambiente, le condizioni igienico-sanitarie, la pubblica incolumità e la sicurezza
portuale, la ditta incaricata dovrà occuparsi della messa in sicurezza, della bonifica ambientale,
della rimozione del mezzo e del suo smaltimento. La corretta esecuzione delle dette operazioni è
sottoposta alla verifica finale della competente Capitaneria di Porto che, d’intesa con l’ARPA,
provvede ad analizzare le acque marine e la sabbia, al fine di attestare l’assenza di residui inquinanti
pericolosi nello spazio interessato dalla bonifica.
In assenza di pericolo per l’ecosistema marino, l’Agenzia delle Dogane può altresì valutare,
d’intesa con il Ministero per l’Ambiente e la Capitaneria di Porto, di procedere alla distruzione
dell’imbarcazione attraverso sommersione in idoneo fondale.
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Relativamente all’isola di Lampedusa, la problematica connessa alla presenza delle numerose
imbarcazioni che attendono di essere distrutte è stata oggetto di disposizioni urgenti adottate dalla
Presidenza del Consiglio dei Ministri con ordinanza n. 3934 del 21 aprile 2011.
In particolare, per far fronte alla ormai satura capacità ricettiva del porto (con conseguente
rischio di urti tra le imbarcazioni) e per prevenire danni ambientali connessi alla possibile
fuoriuscita di agenti inquinanti, con la suddetta ordinanza è stata disposta la rimozione delle
imbarcazioni dei migranti dal porto e la loro collocazione in un’area da individuarsi da parte del
Sindaco, anche in deroga alle previsioni degli strumenti urbanistici vigenti.
In via provvisoria, è stato disposto che le imbarcazioni fossero collocate presso un’area
adiacente il Campo Sportivo di Lampedusa, ove sono tuttora.
Da ultimo, quanto al profilo della spesa a carico dello Stato connessa alle operazioni di
distruzione delle dette imbarcazioni, la citata Circolare del 13 febbraio 2003 afferma il principio
generale per cui debba trattarsi di una “operazione (tendenzialmente) a costo zero” per l’erario. Tale
obiettivo dovrebbe essere perseguito attraverso il rispetto di alcuni parametri, tra cui la cessione
contestuale, ai fini della distruzione, di più mezzi riuniti “per lotti”, oltre alla valutazione di istanze
di affidamento da parte di soggetti pubblici.
Ad avviso di chi scrive l’auspicio del contenimento della spesa pubblica è allo stato di limitata
attuazione e successo a causa dello stesso dettato normativo che individua nei soli organi di polizia,
ovvero in altri organi dello Stato, i possibili affidatari dei mezzi di imbarcazione, tanto in via
provvisoria che definitiva.
Oltre a ciò, si aggiunga che tale affidamento è, dall’art. 12 del T.U. Immigrazione, limitato
alle sole finalità di giustizia, protezione civile e tutela ambientale. Risulta, invece, che molteplici
siano state nel corso di questi anni le istanze di affidamento presentate da enti privati per finalità
ulteriori rispetto a quelle sopra menzionate, come ad esempio finalità culturali6.
Un piccolo passo in tale direzione è stato compiuto con ordinanza della Presidenza del
Consiglio dei Ministri n. 3969 del 13 ottobre 2011: al fine di favorire il contenimento della spesa
pubblica connessa allo smaltimento delle imbarcazioni, i Prefetti competenti sono stati infatti
autorizzati a derogare alle previsioni del citato articolo 12 del T.U. e ad affidare le imbarcazioni
dissequestrate ad associazioni e fondazioni che ne avessero fatto richiesta per fini di utilità sociale.
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È questo il caso del “Galata Museo del Mare” di Genova, che nell’ottobre 2011 è riuscito ad ottenere due imbarcazioni per
l’allestimento della mostra permanente “Memoria e Migrazioni”.
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Sarebbe, invece, auspicabile che tale possibilità non si risolvesse in una deroga caso per caso,
ma che si traducesse in una modifica normativa del Testo Unico Immigrazione, al fine di ampliare il
novero dei soggetti destinatari. Questa soluzione favorirebbe altresì un notevole risparmio
economico per lo Stato se si considera che, come previsto dalla Circolare del 13 febbraio 2003 e
dalla suddetta ordinanza di deroga del 2011, il soggetto affidatario, fin dal momento della consegna,
sopporta i costi di manutenzione, funzionamento ed eventuale smaltimento dell’imbarcazione.
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