Lecompilationsdel Festival
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Lecompilationsdel Festival
16 aprile2002 DISCO vitamine recensioniletterarie,cinematograficheemusicali acuradiPaoloBoschi t LIBRI Jadelin M. Gangbo, Rometta e Giulieo (Feltrinelli) In Rometta e Giulieo, la sua opera seconda, Jadelin Mabiala Gangbo, classe 1976, nato a Brazzaville in Congo ma bolognese dadozione, rilegge da unottica volutamente straniante (ed a tratti con parodia) limmortale tragedia di William Shakespeare. Si tratta di un romanzo damore contemporaneo con i tempi di un dramma teatrale e che resta legato allillustre fonte dispirazione grazie ad un originale pastiche linguistico arcaizzante, talvolta dinamico, talvolta aggressivo, molto spesso semplicemente stralunato. Cè una voce narrante che ci racconta la vicenda, e cè lautore stesso, Jadelin, pronto ad entrare nei meandri della storia come protagonista che da una parte ci comunica le sue ansie creative (mentre il romanzo va formandosi sullo schermo del suo portatile), mentre dallaltra comincia ad interagire direttamente con i propri personaggi, con partecipazione sempre più crescente. I due innamorati sono Rometta, una studentessa intenta a preparare una tesina su un film di Peter Greenaway autore de L’ultima tempesta, una delle più ardite riletture shakespeariane sul grande schermo , e Giulieo, un consegna-pizze cinese orfano ed un po imbroglione. Lamore tra i due scocca furtivo una notte dinverno a Bologna, quando Rometta, uscita dalla pizzeria in cui ha brindato da sola ai suoi ventanni, incontra Giulieo, opportunamente appiedato dalla sua vespa arrugginita. «Nei giorni seguenti, il nome dellamore continuava a serpeggiare in quel falso fine inverno, Sire, e mentre gli ingannati inchiodavano i giacconi, Rometta e Giulieo passavano giornate tra mercati e disegni, tra film e letture, poi stesi nei parchi come serpenti al sole. Le poche nuvole sopra le loro teste correvano come amici scrupolosi e lo stress dellesame si era allontanato curvo, in cerca daltro». Dopo lidilliaco incipit di Rometta e Giulieo la storia andrà complicandosi con lingresso nel plot del resto delle dramatis personae, mentre lamore centrale si farà sempre più tormentato, stravagante, irto di ostacoli e ricco dimmaginazione. Roberto Bolaño, Chiamate telefoniche (Sellerio) Nato a Santiago del Cile nel 1953, Roberto Bolaño che vive in Spagna è considerato come uno dei talenti più originali della letteratura latino-americana contemporanea; sicuramente è uno degli scrittori più completi della sua generazione: oltre ad aver pubblicato raccolte di poesie, è anche autore di romanzi e racconti, forse la misura narrativa a lui più congeniale. In Italia di Bolaño i primi titoli usciti sono La letteratura nazista in America, Stella distante e Amuleto, ma il modo migliore per cominciare la sua frequentazione sono proprio i quattordici racconti che costituiscono Chiamate telefoniche, assai caratterizzanti della figura di un narratore che molti critici ritengono un ispirato emulo della lezione di Borges e Carver. La ragione dellaccostamento è dovuta più che altro al sapore letterario che contraddistingue la narrativa dellautore cileno; nei suoi racconti Bolaño riesce infatti ad inserire suggestioni e citazioni letterarie in modo assolutamente naturale, a prescindere dal genere trattato: che la prospettiva del plot principale sia poliziesca, erotica o politica (è frequente ad esempio il riferimento alla dittatura di Pinochet), la letteratura finisce per costituire una caratterizzazione costante dei personaggi. Per esemplificare basta pensare al caso-limite della voce narrante de La neve, un cileno appassionato di letteratura che accetta di diventare il braccio destro di un malavitoso russo, anchegli amante e conoscitore di opere letterarie (hobby decisamente inusuale nellambito della mafia russa). Unaltra caratteristica che associa le quattordici storie raccolte in Chiamate telefoniche, brevi ma sempre dense, è il gusto dellapocrifo, della falsificazione, della mescolanza di generi diversi: lautore cileno si tratti di racconti on the road, storie di frontiera, canovacci thriller o monologhi di attrici hardcore sulla passata grandezza di un parner attinge di volta in volta non solo alla letteratura canonica ma anche alla narrativa popolare, ai tabloids, al cinema. t FILM Monsters Ball Lombra della vita, regia di Marc Forster, con Billy Bob Thornton, Halle Berry, Peter Boyle, Heath Ledger; drammatico; Usa; 2001; C. Il brusio mediatico degli ultimi Academy Awards ha portato fin troppa attenzione su Monster’s Ball L’ombra della vita, interpretato dal sempre bravissimo Billy Bob Thornton e da Halle Berry, prima attrice di colore a vincere lOscar da protagonista. Oltre che per le performances attoriali si tratta comunque di un film da vedere per lordinario dramma di morte, solitudine ed amore messo in scena: Monster’s Ball racconta lincontro imprevedibile di due persone sole e le cui rispettive vite sono state segnate dalle scelte dei loro familiari e dalla cinica logica del destino. Protagonista del film è Hank Grotowski, tacita guardia carceraria di seconda generazione, come il suo anziano padre Buck, ferocemente razzista, e come il figlio Sonny, quasi obbligato a seguire la tradizione di casa ma incapace, umanamente, di resistere al compito estremo del secondino: accompagnare un condannato a morte alla sedia elettrica. Lesecuzione del detenuto Lawrence Musgrove innescherà il latente odio tra Hank e Sonny, causando lo scioccante suicidio del figlio. È drammatico anche lincontro tra la disperazione solitaria della protagonista femminile, Alicia, la vedova di Musgrave, e la solitudine disperata di Hank, colui che ha accompagnato Musgrave alla sedia: Hank, affrancatosi dalle consuetudini di famiglia, diverrà il casuale rifugio emotivo di una donna di colore, che ha appena perso suo figlio, priva di mezzi e con una pendenza di sfratto sulla casa. Un rapporto nato da uno strano miscuglio di convenienza, bisogno di affetto, rifiuto del passato. Monster’s Ball ha ottime cartucce in serbo anche sul fronte registico: a parte la citazione di Thornton in auto dalla stessa prospettiva de L’uomo che non c’era, Forster mostra il suo talento nella sequenza dellesecuzione (con i volti degli spettatori riflessi su un vetro insieme al condannato), nella fulminante scena del suicidio e nel torrido amplesso tra i due protagonisti. Dust, regia di Milcho Manchevski, con Adrian Lester, Joseph Fiennes, David Wenham, Anne Brochet; drammatico/western; Gran Bret./Usa; 2001; C. Lelemento più coerente della strana e surreale opera seconda di Milcho Manchevski, Leone dOro 1994 per Prima della pioggia, è lambientazione principale, ovvero la Macedonia dei primi del Novecento, funestata dal conflitto tra i locali e gli invasori turchi. Dust finisce non a caso per rivelarsi una macedonia (nel senso metaforico di miscuglio di elementi eterogenei) dal punto di vista dei registri utilizzati, sul fronte della struttura narrativa (divisa tra presente e passato) e per il variegato stile di regia. Il plot contemporaneo costituisce la cornice circolare della storia rievocata e trasmessa oralmente da una vecchia macedone cardiopatica, Angela, ad un giovane ladro afroamericano, Hedge, penetratole in casa per un bisogno impellente di denaro. La trama principale di Dust verte sulla storia di due fratelli, Luke ed Elijah, cowboys/mercenari del selvaggio West, entrambi perdutamente innamorati della stessa donna, Lilith, ex prostituta impalmata da Elijah, amata clandestinamente da Luke, poi fuggito in cerca di una frontiera alternativa, quella del selvaggio Est, in Macedonia, un luogo di caos dove i secoli, invece di susseguirsi, sembrano coesistere. Nel bel mezzo della rivoluzione macedone Luke, spietato mercenario di buon cuore, ha trovato lideale scenario dove esercitare la sua professione di bounty killer ed è sulle tracce del capo dei ribelli, il Professore, per incassare la taglia sulla sua testa: Elijah, animato da un folle fervore religioso, è invece in caccia del fratello, per regolare il conto relativo al triste destino della moglie, morta suicida. Il finale di Dust è una ragionevole congettura dellascoltatore, costretto a sorbirsi una ricostruzione a puntate per il miraggio delloro della narratrice, ma progressivamente intrigato dalla vicenda, rimasta interrotta. Una pellicola ricca di fantasia visiva, stravagante, simbolica, ambiziosa, surreale, ma che nel complesso non convince pienamente. t DISCHI Garbage, Beautifulgarbage [Mushroom] I Garbage sono un gruppo nato a tavolino da unidea di Butch Vig, non molto famoso come batterista ma decisamente noto come produttore di talento (Nirvana, Smashing Pumpkins, Sonic Youth, remixatore di U2 e Depeche Mode): nel 1995, chiamati due amici e colleghi, Steve Marker e Duke Erikson, viene scelta come cantante la bella scozzese Shirley Manson, che si rivela compositrice di talento ed ideale front woman della band. Dopo lesordio con Garbage e la conferma di Version 2.0 a fine 2001 i Garbage sono tornati con lennesima variazione sul tema (leggi: rock elettronico) che caratterizza Beautifulgarbage, opera terza del gruppo. Avvertiamo subito che le tredici canzoni del disco costituiscono lesempio più raffinato e sperimentale della scena pop rock contemporanea: arrangiamenti calibrati al millisecondo che si integrano con i testi SANREMO2002 Le compilations del Festival Come ogni anno è andata in scena la celebrazione del Festival della Canzone Italiana, un composito evento mediatico che anche nel 2002 ha focalizzato lattenzione della stragrande maggioranza degli spettatori televisivi finendo, al solito, per far parlare di sé più in negativo (gossip, ospiti) che per il tema stesso del Festival, ovvero le canzoni: non è caso se il picco artistico della manifestazione sono stati i venti minuti di Roberto Benigni (suo anche il picco musicale). Nonostante le consuete lamentele delle case discografiche (profitti inferiori alle spese di promozione sanremesi), le compilations di riepilogazione festivaliera sono stranamente andate bene anche in classifica, compresi album e singoli dei reduci sanremesi. La cosa curiosa è che le lamentele sembrano ingiustificate a fronte della qualità di proposta di una manifestazione in cui le buone canzoni non costituiscono la norma ma leccezione. Le raccolte uscite sono due SuperSanremo 2002 della Columbia (doppia) e Sanremo 2002 della Emi ed effettiva- mente propongono nel loro complesso la maggior parte dei brani proposti al Festival dai venti campioni, dai sedici giovani e dagli ospiti internazionali. Sul versante italiano la raccolta della Columbia ha il merito di presentare nel primo Cd i brani piazzatisi ai tre posti, ovvero rispettivamente Messaggio d’amore dei Matia Bazar, Dimmi come dellesordiente Alexia e Un altro amore di Gino Paoli. Particolarmente interessante la canzone di Alexia, reginetta incontrastata della dance estiva, al primo brano in italiano, molto Zucchero style nellimpianto: intro blues seguita un soul molto ritmato con tanto di interludio latino prima della classica esplosione vocale. Il Cd presenta anche il miglior brano presentato al Festival, ovvero la surreale disco di Salirò, di Daniele Silvestri, premio della critica. Il secondo Cd dellantologia della Columbia presenta una carrellata di giovani (tra cui Se poi mi chiami del piazzato Simone Patrizi) e due brani di ospiti internazionali: Paid my dues di Anastacia e Survivor delle Destinys Child. Discorso diverso per Sanremo 2002 della Emi, che raccoglie i brani di tre campioni (tra cui Lacrime dalla luna di Gianluca Grignani, subito primo in Italia con il suo nuovo album), qualche giovane (tra cui la vincitrice Anna Tatangelo, con la sua Doppiamente fragile) e molti ospiti internazionali: Kylie Minogue, Britney Spears non la versione acustica di Overprotected presentata a Sanremo, purtroppo, che era anche accettabile, ma quella di studio , Paulina Rubio, Michael Bolton, i Cranberries e Gabrielle. Troppo poco devono aver pensato alla Emi... E allora hanno aggiunto anche il mitico duetto Williams-Kidman, Get up! di Beverly Knight, Family affair di Mary J. Blidge, Calling di Geri Halliwell e la splendida Brown skin di India.Arie. Unico dettaglio: a Sanremo non cerano. Ma questa è la perversa logica di mercato che sorregge siffatte operazioni di assemblamento... P.B. AA.VV, SuperSanremo 2002 [Columbia 2002] AA.VV, Sanremo 2002 [Emi 2002] a perfezione, suoni filtrati al computer più volte e complicati allinfinito, fusioni plurime tra stili diversi (rock, pop e hip hop). Il risultato, rispetto a Version 2.0, è più omogeneo, anche se non raggiunge limmediatezza dellesordio: limpressione è che i Garbage continuino a ricercare un proprio sound sempre più contemporaneo ed artificiale, il che non significa che i tredici pezzi della tracklist non siano accattivanti o privi di presa, anzi, risultano perfetti per accompagnare qualsivoglia tipo di spot, come si è già visto. Lapripista è Shut your mouth, una canzone aggressiva, dark e vagamente hard rock, un brano che forma un dittico ideale con la successiva Androgyny. A ruota i Garbage variano registro con le melodie retrò di Can’t cry these tears, per poi rimescolare le carte con il ritmo accattivante ma mosso di Til the day I die. Il fulcro del disco, giusto dopo la dicotomica Silence is golden, propone il brano più rappresentativo del disco nel suo complesso: accattivante, nervoso, aggressivo, in un titolo Cherry lips (Go baby go). Prima della fine Shirley Manson dimostra anche di essere una buona interprete di sentimenti e stati danimo in Drive you home e So like a rose. Bob Dylan, Love and theft [Columbia] Il ritorno di Mr. Robert Allen Zimmerman, in arte semplicemente Bob Dylan, è lennesima sterzata di una carriera che pare infinita. Avevamo lasciato il grande poeta del rock contemporaneo allultima tappa della serie, mistica, personale e bluezsy, ovvero lo splendido Out of time: quattro anni dopo Dylan torna in pista con un album di sapore country blues con occasionali momenti di swing, ovvero questo Love and theft, dichiaratamente retrò a partire dal titolo. Con le dodici canzoni di Love and theft il sommo vate non si è inventato niente e probabilmente non ha operato nessuna svolta; semplicemente ha scelto determinati registri inesplorati in carriera, approfondendo la sua ricerca personale su territori sonori mai frequentati prima. Lapripista è Tweedle dee and tweedle dum, una via di mezzo tra rockabilly e country cui segue a ruota Mississippi, uninsostenibile e malinconica ballata dylaniana, la prima vera gemma dellalbum, incorniciata da un altro succoso rockabilly, Summer days. La successiva canzone, Bye and bye, è un delizioso swing datmosfera che ci porta ad un dipresso a Lonesome day blues, blues ritmatissimo a sua volta incorniciato da un altro swing jazzato, ovvero Floater, un brano sviluppato su tramature chitarristiche alla Django Reinhardt. La seconda metà dellalbum presenta subito il secondo gioiello, la splendida cavalcata country di High water, pezzo dedicato a Charley Patton. Poi si continua con un romantico swing minimalista come Moonlight, subito spezzato dal blues veloce di Honest with me e dal country vagamente introspettivo di Po’ boy. Nel finale arriva anche un classico blues dal sincopato ritornello, Cry a while, brano di livello assoluto (che costituisce un ideale dittico interno con Lonesome day blues) e quindi la conclusiva ballata Sugar baby. Sentimento, malinconia, sprazzi di lirismo, emozioni: Bob Dylan continua a regalare magie musicali senza mai sprecare un colpo. I libri sono cortesemente offerti dalla libreria SEEBER, Via Tornabuoni 70/r, Firenze Tel. 055215697 I dischi sono gentilmente offerti da GHOST, Piazza delle Cure 16/r, Firenze Tel. 055570040 Alicia Keys, Songs in A minor [Bmg/J Records] Newyorchese, classe 1981, Alicia Keys ha studiato pianoforte alla mitica Professional Performance Arts School di Manhattan ma, nonostante avesse formato il primo gruppo ad appena nove anni e firmato il primo contratto discografico a sedici, la sua stella ha cominciato a brillare soltanto dopo lincontro con Clive Davis, ex presidente dellArista e fondatore della J Records. Il suo album di debutto certifica fin dal titolo, Songs in A minor, il suo sconfinato amore per il pianoforte, il suo strumento privilegiato, e la proietta nelle top ten americane grazie al traino del singolo Fallin’, forse il più rappresentativo della tracklist, centrato su un ipnotico refrain pianistico e tutto giocato sulle mille gamme di malinconia che la giovane cantante riesce ad esprimere: rappresentativo anche perché costruito su una miscela di emozioni acustiche che dà unidea precisa della natura eclettica della Keys, cresciuta con un orecchio verso la classica e laltro al soul, allhip hop, al jazz ed al rhythm’n’blues. Prima di diventare nota anche nel vecchio continente, Alicia Keys ha dimostrato di avere grande temperamento anche dal vivo, con una notevole performace agli Mtv Awards 2001 (premiata come miglior esordiente). La consacrazione ufficiale è poi venuta dagli ultimi Grammy Awards, in cui la giovane cantante ha concretizzato cinque grammofoni sulle sei nominations ricevute, profilandosi come protagonista di primo piano della serata insieme agli U2, lennesima conferma, ed a O brother where art thou?, la grande sorpresa: Fallin’ è stata giudicata miglior canzone in assoluto e nel settore R&B, Songs in A minor è stato premiato come miglior album R&B, la Keys come miglior cantante R&B e come nuova artista. Ma se Fallin’ è il gioiello indiscusso del disco desordio, le altre quattordici tracce rassicurano definitivamente sulle capacità di Alicia Keys, che si profila come una figura di primo piano del cosiddetto new soul americano (definito anche retro soul) a dispetto della giovane età. Scendendo nel dettaglio corre lobbligo di segnalare la sinuosa apripista (Piano & I), la riuscita cover di Prince (How come you don’t call me), lintrigante dittico centrale costituito da A woman’s worth e Jane Doe, lintensa The life, il duetto con Jimmy Cozier (Mr. Man), e la dolcissima Caged bird. Lalbum presenta anche una chicca stile anni Settanta in collaborazione col mitico Isaac Hayes, ovvero Rock with U, direttamente dalla soundtrack di Shaft 2000. Il sorprendente debutto di Alicia Keys riveste di nuovo significato la parola rivelazione, che per questa giovane ed attraente cantante del New Jersey non è decisamente unesagerazione e la proietta a pieno titolo sulle orme delle più accreditate nipotine di Aretha Franklyn, ovvero Erykah Badu, Macy Gray e India.Arie. Le sue doti vocali sono indubbie, il talento cristallino: la padronanza del soul e del rhythm’n’blues appare cromosomica, dentro lalbum ci si può perdere e Fallin’ è una vera gemma. Ne sentiremo parlare sicuramente ancora, per fortuna... P.B. pagina precedente pagina successiva