I precursori del melanoma cutaneo

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I precursori del melanoma cutaneo
Dr. Giuseppe Noto
Dermatologo - Palermo
Circa il 75-80% dei melanomi cutanei si formerebbe direttamente su cute sana,
quindi
soltanto
il
20-25
%
dei
melanomi
insorgerebbe
su
una
lesione
dermatologica che possiamo identificare come un precursore clinico.
Rimane da stabilire se questi cosiddetti
precursori siano da considerare come
lesioni precancerose o se
l’insorgenza
surnevica
piuttosto
non
sia
determinata da una percentuale meramente
statistica, poiché i nevi sono aggregati
melanocitari,
essendo
in
tutta
probabilità il rischio di sviluppare un
melanoma geneticamente iscritto, dunque
insito teoricamente nella pelle in toto, amplificato da alcuni
fattori ambientali.
Un problema diverso è rappresentato dalle rare circostanze in
cui un melanoma cutaneo insorge su cute la cui capacità di
riparare il danno fotoindotto risulti alterata geneticamente
come nel caso dello xeroderma pigmentoso con una incidenza
circa 2000 volte superiore (1), oppure in caso di
immunodeficienza genetica o acquisita, come nel caso di
immunoppressione in accettori di trapianto d’organo (2) o in
soggetti affetti da linfoma di Hodgkin (3).
Possiamo annoverare tre grandi gruppi di lesioni pigmentate
cutanee che si possono rappresentare come eventuali precursori
del melanoma:
a) i nevi melanocitici congeniti,
b) i nevi displastici o atipici,
c) i nevi melanocitici acquisiti.
L’obiettivo è quello di cercare di chiarire quale rilevanza clinica
abbiano i cosiddetti precursori del melanoma e soprattutto quale
condotta clinica sia più opportuno tenere nei confronti di ciascun
gruppo.
Nevi melanocitici congeniti
La definizione più classica e ovvia di nevo congenito potrebbe essere
quella di “nevo melanocitico presente alla nascita”, tuttavia alcune
lesioni che presentano le caratteristiche clinico-patologiche del nevo
congenito possono svilupparsi anche durante la prima infanzia. Le
caratteristiche clinico-patologiche che permettono di diagnosticare un
nevo congenito sono costituite dalla presenza di lesioni pigmentate
cutanee brunastre, maculari o in placca, spesso con attivazione
pilare,
convenzionalmente
distinte
in
piccole
(<1,5cm),
medie
(1,5-20cm) e grandi (>20cm), caratterizzate dalla presenza di
melanociti nei due terzi inferiori del derma, con occasionale
estensione al tessuto sottocutaneo, con presenza, isolata o in
filiere, di cellule tra le fibre collagene del derma reticolare, con
tendenza
alla
disposizione
periannessiale,
perineurale
e
perivascolare. Tuttavia alcuni nevi congeniti non presentano queste
caratteristiche istopatologiche; ciò si verifica in particolare per i
nevi congeniti piccoli e in una percentuale non definita di nevi
congeniti di media taglia. Questa discordanza clinico-patologica
potrebbe determinare discrepanze nel caso di studi, tendenti a
stabilire il grado di precancerosi dei nevi congeniti, condotti
esclusivamente su base istopatologica.
Un problema ancora aperto è quello della definizione del rischio di
melanoma associato a un nevo congenito. Nel 1982 (4) da uno studio fu
evinto un rischio di melanoma 21 volte superiore in soggetti con nevo
congenito diagnosticato clinicamente e anamnesticamente mentre il
rischio sarebbe “soltanto” da 3 a 10 volte superiore quando i nevi
siano diagnosticati sulla base dei parametri istologici. Altri (5)
avevano in precedenza dimostrato che l’attendibilità del questionario
compilato dai genitori lascia molto a desiderare e soltanto un terzo
delle lesioni descritte come nevo congenito si mostravano tali sulla
base
dei
parametri
istologici.
Inoltre
fu
descritta
(4)
una
percentuale dell’8,1% di melanomi associati istologicamente a nevi con
caratteristiche istologiche di nevo congenito, una associazione 8
volte superiore a quella riscontrata da altri (6).
In un’altra valutazione (7) su 48 nevi congeniti con diametro
inferiore a 10 cm soltanto due casi mostravano cellule neviche nel
terzo inferiore del derma o nel tessuto sottocutaneo. I melanomi su
nevo congenito che furono studiati erano di origine giunzionale e
tutti si formarono dopo i 18 anni di età. Nessuno di questi melanomi
mostrava le caratteristiche neuromesenchimali frequentemente osservate
nel melanoma associato a nevo congenito gigante. Difatti l’insorgenza
non “epidermica” di un melanoma su nevo congenito piccolo è da
considerarsi eccezionale (8,9) a differenza di quanto accade in caso
di nevi congeniti giganti.
In un altro studio di coorte su 265 casi (10) fu valutato il rischio
di melanoma in soggetti con nevi congeniti: nei 232 casi con nevo
congenitomelanomi, mentre in 2/33 casi con interessamento >5% furono
osservati due melanomi esiziali. In un’altra valutazione clinica (11)
su 230 nevi congeniti di media taglia seguiti fino all’età media di 26
anni, non fu osservato alcun melanoma.
Al contrario, neinevi congeniti giganti il rischio di melanoma è stato
stimato tra il 5% e il 20% (12). In un altro studio (13) furono
seguiti 46 casi di nevo congenito gigante e fu stabilito che il
rischio cumulativo di melanoma era del 5,7%. La neoplasia melanocitica
che insorge su nevo congenito gigante frequentemente presenta una
morfologia eterogenea determinata dalla trasformazione di cellule
neurocristali in sede eterotopica probabilmente per un’alterata
migrazione in fase embriogenetica (14). C’è anche un rischio di
melanoma extracutaneo, in particolare leptomeningeo, nei soggetti con
melanosi neurocutanea. Inoltre è da sottolineare che circa il 60 % dei
melanomi che si sviluppano su nevo congenito gigante si verificano
della prima decade di vita, in particolare nei primi 5 anni (15). Un
altro problema è rappresentato dal fatto che essendo circa due terzi
dei melanomi su nevo congenito gigante di origine “non epidermica”
(16), l’osservazione clinica e dermoscopica che evidenzia un melanoma
“giunzionale” non ci aiuta nella diagnosi precoce come invece avviene
per il melanoma a diffusione superficiale.
Al contrario, nei nevi congeniti piccoli il melanoma può insorgere,
come avviene nei nevi melanocitici acquisiti, a livello giunzionale
con un rischio che sembra essere estremamente basso, dunque la exeresi
profilattica non dovrebbe essere immediatamente indicata. Se si
ritiene opportuno eseguire un intervento, questo si può fare a ridosso
dell’età puberale perché la trasformazione maligna in età prepuberale
è un evento eccezionale. Al contrario nei nevi congeniti giganti,
vista l’alta propensione alla insorgenza di neoplasia neurocristale,
la exeresi (spesso non facile) è consigliata in giovane età. In questi
casi è da rilevare che l’approfondimento dell’intervento chirurgico
fino alla fascia non garantisce completamente la radicalità proprio
perché cellule neurocristali primordiali possono rimanere nei tessuti
profondi (17).
Nei nevi congeniti di media taglia il potenziale precanceroso potrebbe
dipendere dal pattern istopatologico della lesione più che dalla
misura del nevo. Una buona parte di questi nevi “intermedi”, così come
si osserva nel caso dei piccoli nevi congeniti, possono non presentare
melanociti del derma profondo. Quindi, a volte,
una piccola biopsia
incisionale a punzone sui nevi congeniti di media taglia potrebbe
permetterne un migliore inquadramento prognostico.
Nevi displastici o nevi atipici
Il nevo displastico fu notato e descritto nel 1978 in 6 famiglie con
melanoma (18). Questi nevi mostravano variabilità nella forma, nel
colore e nelle dimensioni. Erano localizzati in prevalenza alla
porzione superiore del tronco e alle estremità, si presentavano
numerosi in ciascun individuo e le famiglie con soggetti in cui si
osservavano questi nevi presentavano un alta incidenza di melanoma.
Successivamente questa condizione è stata descritta con varie
denominazioni, cioè sindrome del nevo displastico, sindrome del nevo
atipico familiare e sindrome del melanoma (19-21).
I nevi displastici possono essere osservati in soggetti con o senza
melanoma e possono essere a carattere familiare o presentarsi
sporadicamente. Di norma si presentano con dimensioni superiori a 5 mm
e con aspetto piatto o con una rilevatezza centrale. Il colore si
presenta scuro o comunque irregolarmente pigmentato. Sono abbastanza
comuni, rappresentando circa il 5% dei referti istopatologici cutanei
(22). Clinicamente i nevi displastici differiscono dai nevi acquisiti
per il fatto di apparire intorno all’età puberale o addirittura
durante l’infanzia>, presentando un comportamento dinamico durante la
vita adulta, e anche per il fatto di continuare a svilupparsi lungo il
corso
della
vita,
anche
oltre
la
quarta
decade.I
criteri
istopatologici per la diagnosi di nevo displastico sono meno netti di
quelli clinici. Una consensus conference (20) ha definito come criteri
la presenza di disordine architetturale con asimmetria, fibroplasia
subepidermica (concentrica o lamellare), iperplasia melanocitica
lentigginosa con cellule fusate o epitelioidi aggregate in teche di
forma e dimensioni irregolari con formazione di ponti tra le creste
interpapillari dell’epidermide. Una atipia citologica dei melanociti
può essere presente in grado variabile, così come può essere osservato
un infiltrato linfomonocitico nel derma superficiale. La sindrome fu
definita come “sindrome del nevo atipico e del melanoma familiare” con
presenza di melanoma in uno o più consanguinei di primo o secondo
grado, un grande numero di nevi melanocitici con aspetto clinico
atipico, spesso più di 50, e caratteristiche istopatologiche del nevo
displastico.
Oggi l’evidenza clinica della sindrome del nevo displastico familiare
non viene più messa in dubbio. Il rischio di sviluppare un melanoma
sarebbe 184 volte maggiore in soggetti con nevo displastico familiare
ma senza storia familiare di melanoma, mentre sarebbe 500 volte
maggiore in soggetti sia con nevo displastico familiare sia con storia
familiare di melanoma (21).
I soggetti con nevo displastico sporadico non familiare sono stati
inclusi da alcuni autori tra gli individui che presentano un aumentato
rischio di melanoma, tuttavia in valori molto più bassi rispetto alle
persone con nevo displastico familiare (23). Con l’aumentare del
numero dei nevi displastici nello stesso soggetto aumenterebbe anche
il rischio di melanoma correlato (24,25).
Un notevole problema nosologico sul concetto di nevo displastico non
familiare è rappresentato dalla correlazione clinico-istologica che
spesso non è coerente, vale a dire che è possibile osservare un nevo
clinicamente displastico che poi istologicamente si rivela normale e
viceversa. Quindi la possibilità di prevedere la displasia istologica
su base clinica è abbastanza limitata (26). In uno studio, su 91 nevi
clinicamente displastici soltanto 23 mostravano displasia istologica
(27). In un’altra valutazione utilizzando nella maniera più oggettiva
possibile i criteri istologici per la diagnosi di nevo displastico ne
fu paradossalmente stabilita una incidenza del 53% nei soggetti di
razza bianca (28).
E’ quindi importante distinguere il nevo displastico in forma
familiare, che costituisce un forte fattore di rischio per melanoma,
dal nevo displastico non familiare che può essere osservato in forma
sporadica, in cui il rischio di melanoma dipenderebbe dal numero
totale dei nevi melanocitici, dal fototipo e dai fattori ambientali.
Nevi melanocitici acquisiti
I nevi melanocitici piani comuni sono costituiti da aggregati di
cellule neviche (o melanocitiche) che nella grande maggioranza della
popolazione di razza bianca si manifestano come piccole macule cutanee
di colorito variabile dal marrone chiaro al marrone scuro, di pochi
millimetri di diametro. A parte il nevo melanocitico piano comune, i
nevi melanociti acquisiti con caratteristiche particolari, in soggetti
di razza bianca, possono essere definiti, prendendo lo spunto da una
ben nota e semplice classificazione eponimica, come nevi di Clark, di
Unna, di Miescher, di Spitz e di Reed (29). Istologicamente i nevi
melanocitici si classificano come giunzionali (teche agli apici delle
creste
interpapillari
composte
da
aggregati
melanocitici),
intradermici (cordoni regolari di cellule neviche nel derma con
progressiva maturazione in profondità) compositi (con entrambe le
componenti) e lentigginosi (con iperplasia regolare epidermica).
A parte i piccoli nevi piani pigmentati comuni, i nevi di Clark
costituiscono la grande maggioranza dei nevi melanocitici acquisiti;
appaiono come neoformazioni maculari, maculo-papulari o in piccole
placche brunastre abbastanza simmetriche, con forma rotondeggiante o
ovalare a volte lievemente irregolare, superficie liscia appena o per
nulla palpabile o rilevata al centro della lesione, con diametro
variabile da pochi millimetri fino anche a un centimetro; è possibile
osservare nei nevi di Clark piccole aree regressive di aspetto
regolare e di superficie limitata rispetto all’area totale del nevo.
I nevi di Unna si presentano come lesioni di pochi millimetri,
esofitiche, brunastre con base sessile o peduncolata, di consistenza
morbida e superficie liscia.
I nevi di Miescher appaiono come lesioni papulose di pochi millimetri,
brunastre o del colorito cutaneo, cupoliformi con superficie liscia e
limiti regolari, in genere localizzati al viso.
I nevi di Spitz insorgono in genere durante l’infanzia, sono
frequentemente localizzati al viso, si presentano in forma ipocromica
come lesioni papulose rosse o roseo-brunastre, con superficie liscia e
margini regolari; istologicamente presentano melanociti epitelioidi o
fusati, poco pigmentati, aggregati in teche o nidi oblunghi disposti
verticalmente
con
iperplasia
epidermica
iperplastica
e
tipiche
fissurazioni; possono essere osservati dei piccoli globuli eosinofili
(corpi di Kamino), residui di membrana basale; i melanociti possono
approfondirsi nel derma con maturazione e la flogosi, quando presente,
ha una disposizione abbastanza regolare.
I nevi di Reed, da alcuni considerati come variante pigmentata e con
cellule fusate dei nevi di Spitz, appaiono come lesioni in placca o
papulose intensamente pigmentate, simmetriche, spesso con insorgenza
nel giovane adulto, in particolare agli arti, poco palpabili, con
margini non sempre regolari ed un pattern dermoscopico caratteristico
con pseudopodi a raggiera; è opinione corrente, non sappiamo quanto
giustificata, asportare chirurgicamente i nevi di Reed dopo l’età
puberale.
Il nevo blu appare come una lesione in placca, papulosa o nodulare che
frequentemente si localizza al dorso delle mani e dei piedi, di
colorito bluastro omogeneo, superficie liscia, formata dalla presenza
di melanociti dendritici localizzati nel derma accompagnati da
occasionali melanofagi e da stroma fibrotico. Il cosiddetto nevo blu
maligno è un raro melanoma insorto nel contesto di un nevo blu. Altri
aspetti clinici delle neoformazioni neviche vanno citati, come il nevo
di Sutton o nevo con alone (acromia rotondeggiante perilesionale), il
nevo di Meyerson (con reazione infiammatoria spongiotica) e il nevo di
Barr (con aspetto istologico desmoplastico).
I nevi melanocitici acquisiti compaiono in genere dopo il primo anno
di vita e possono aumentare in numero e dimensioni durante e anche
dopo la crescita somatica, non superando di norma i 5 mm di diametro
(23). Soltanto il 20% dei soggetti adulti non presenterebbero nevi
piani comuni e nevi di Clark maggiori di 2 mm (30). E’ verosimile che
la presenza dei nevi melanocitici acquisiti in ogni popolazione sia
determinata
immunologici
da
fattori
(31)
e
ciò
genetici,
si
ambientali
verifica
e
probabilmente
maggiormente
nelle
aree
fotoesposte o esposte a ustioni solari (32). E’ stato evinto che
soggetti con più di 50 nevi melanocitici presenterebbero un aumentato
rischio relativo per melanoma, quantificato in 12,1 in assenza di
criteri clinici di nevo displastico o atipico, mentre in individui con
nevi clinicamente atipici, cioè con diametro maggiore di 7 mm, margini
irregolari e colorito disomogeneo, il rischio relativo per melanoma
salirebbe a 54 (30). In un’altra valutazione le persone con un numero
di nevi compreso tra 50 e 100 presentavano un rischio relativo per
melanoma di 3,2 rispetto ad un gruppo di controllo composto da
individui con un numero di nevi compreso tra 0 e 4. I soggetti con più
di 100 nevi avevano un rischio di 7,7 (33). In un altro studio il
rischio relativo per melanoma in Europa centrale, in persone con più
di 50 nevi, fu quantificato in 14,9 (34).
Secondo un’altra indagine (35), il rischio relativo per melanoma non
sarebbe dipendente dalla presenza o meno di nevi clinicamente atipici
ma soltanto dal numero totale dei nevi di Clark; i soggetti con più di
120 nevi presentavano un rischio di 19,6 e i pazienti con nevi in aree
fotoprotette costituivano un sottogruppo a maggio rischio. Le età in
cui sembra essere di maggior importanza effettuare lo screening per il
melanoma sono l’età matura e anziana (36).
Si può quindi sostenere con attendibilità che un grande numero di nevi
di Clark costituisce un fattore di rischio per il melanoma cutaneo in
soggetti di razza bianca. Una spiegazione attualmente possibile di ciò
potrebbe essere insita nel fatto che il soggetto con molti nevi,
avendo un maggior numero di cellule neviche, o melanociti, possiede
anche una maggiore probabilità di sviluppare un melanoma. Di contro,
esiste il dato oggettivo costituito dal fatto che la grande
maggioranza dei melanomi (75-80%) insorge su cute sana, dunque
l’espressione di numerosi nevi di Clark potrebbe essere semplicemente
uno degli aspetti del fenotipo del soggetto la cui pelle ha un maggior
rischio relativo per melanoma, rischio geneticamente iscritto e
congiuntamente determinato da fattori ambientali.
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