ora - Stop`ndrangheta.

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Giovedì 1 dicembre 2011
www.ilquotidianodellacalabria.it
Blitz anti ’ndrangheta da Milano alla Calabria. Il pm Boccassini fa arrestare 10 persone
Toghe e politici con i clan
In manette il giudice Vincenzo Giglio e il consigliere regionale Franco Morelli
• Notizie
rivelate
per la carriera
della moglie
La lotta alla crisi
• Escort
e viaggi
per il gip
indagato
• Il boss
Lampada
cavaliere
in Vaticano
• Il notaio
Borelli
“socio”
della cosca
BALDESSARRO, CLAUSI,
GUALTIERI, ILLIANO, INSERRA
e MOLLO
da pagina 4 a pagina 13
Monti: «Agire ora
o danni gravi»
a pagina 14
Tangenti a Milano
Il giudice Vincenzo Giglio
Il consigliere regionale Franco Morelli
Lo sbarco a Lampedusa il 4 agosto dopo riti magici. Arresti a Rogliano
Sacrificati per placare gli dei
Otto in cella per aver gettato in mare alcuni immigrati
IMMIGRATI legati mani e
piedi e gettati in mare per placare le ire degli dei e riuscire
ad arrivare vivi in Italia. Il sacrificio umano compiuto su
un barcone partito dalla Libia a luglio e intercettato e
portato a Lampedusa il 4 agosto. Autori del rito tribale, costato la vita a diversi clandestini, otto immigrati che erano su quel barconee che sono
riusciti ad avere la meglio anche sugli scafisti. Due di loro
sono stati arrestati nel centro Cara di Rogliano.
ANTONIO MORCAVALLO
a pagina 19
Appello al premier
Scopelliti
«Fateci
spendere
i nostri
soldi»
PASQUALINO RETTURA
a pagina 17
Mancini e Scopelliti ieri a Lamezia
In cella il numero 2
della Regione
a pagina 3
L’ultimo saluto
De Seta, l’arte
a difesa dei deboli
B. APICELLA a pagina 59
La Corte d’Assise di Locri dà l’ergastolo a Curciarello. La Procura pronta a fare appello
Sombrero
Il tunnel
“FATE presto!” titolava a
caratteri cubitali 20
giorni fa il Sole24ore; e
ora Tribune in Francia titola “Tic-tac”. Per fare
presto Bersani, Alfano e
Casini hanno rispolverato un tunnel sotterraneo
che li porta da Palazzo
Madama allo studio di
Monti. L'intento è soprattutto di vedersi senza essere visti. Ma fra collaborazione e inciucio la
distanza è impalpabile. E
per loro, quando il governo Monti finirà, il problema sarà come litigare ed
essere presi sul serio, come evitare che la gente
non li distingua più, ma
dica “noi e loro”, e nel “loro” li metta tutti in mucchio.
Delitto Cordì, una condanna e due assoluzioni
LA Corte d’Assise di Locri ha
condannato all’ergastolo Michele Curciarello per l’omicidio del boss Salvatore Cordì.
Assolti Antonio Martino e Antonio Panetta.
PASQUALE VIOLI
a pagina 18
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771128
022007
E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
ANNO 17 - N. 331 - € 1,20
4 Primo piano
Giovedì 1 dicembre 2011
Primo piano 5
Giovedì 1 dicembre 2011
Le accuse della Dda di Milano al magistrato reggino
L’asse Milano-Reggio
Notizie riservate in cambio
della carriera della moglie
L’indagine ha rivelato i rapporti
tra ’ndrangheta e zona grigia
Toghe e politici
amici dei clan
Dieci arresti della polizia su ordine della Dda milanese
E a Reggio Calabria scattano altri sei fermi preventivi
di GIUSEPPE BALDESSARRO
Un sistema
trasversale
per infiltrare
le istituzioni
Una sorta di certificazione che Morelli vorrebbe esibire a Scopelliti
per un posto in giunta. Le cose andranno poi diversamente per questioni di equilibri interni al centrodestra. Ma non finisce qui. Perchè i
tentacoli dei Valle arrivano anche
da altre parti. Arrivano ad esempio nelle stanze del Gip di Palmi,
Giancarlo Giusti. Per lui i Valle
avevano un trattamento particolare. Non gli interessavano le carriere e i soldi, a Giusti piacevano le
donne. I boss gliele facevano trovare in albergo. Soggiorno e mignotte, tutto pagato dalla ‘ndrangheta.
E anche Giusti era a disposizione. I
magistrati milanesi non hanno capito cosa faceva in cambio per loro,
non ancora, ma di certo c’è che a
fronte di spese alberghiere per 27
mila euro, ci doveva essere una
contropartita.
Nel giro affiorano anche altri
personaggi. Avvocati, professionisti e medici venivano utilizzati
per occultare patrimoni, tentare
scalate, acchiappare nuovi business. I Valle avevano la loro parte,
mentre la Dda di Reggio ha scoperto che anche i Gallico di Palmi non
erano restati indietro. Così sempre
ieri hanno “fermato”cinque persone con un provvedimento a firma
del procuratore aggiunto Michele
Prestipino e dei sostituti Roberto
Di Palma e Giovanni Musarò.
Nelle teste degli ‘ndranghetisti
tutto aveva un prezzo, bastava trovare la formula per pagarlo. In
questa maniera si salvavano patrimoni, si eludevano le indagini, si
trovavano nuovi e potenti amici. A
Reggio e a Milano, a Roma e in Vaticano. I boss puntavano in alto ed
avevano gli agganci giusti per arrivarci.
Giulio Lampada cavaliere su segnalazione della diocesi di San Marco-Scalea
Per il boss investitura in Vaticano
di ANDREA GUALTIERI
GIULIO Giuseppe Lampada, l’uomo accusato di associazione mafiosa, corruzione, concorso in rivelazione di segreti d’ufficio, intestazione fittizia di beni, il personaggio
che, secondo l’inchiesta milanese,
«sovrintende ai rapporti con gli appartenenti alle famiglie mafiose di
Reggio Calabria», è anche un cavaliere del pontificio ordine equestre
di San Silvestro. Da ciò che è emerso
nel corso delle indagini ha ricevuto
la nomina in Vaticano dal cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone l’8 novembre del 2009. In seguito, gli è stata consegnata anche
la divisa cucita per lui su misura:
fatta di panno nero a falda lunga
con collo, paramani e tasche in seta
nera, prevede ricchi ricami in oro
anche sui pantaloni e poi copricapo
nero di felpa con il piumaggio di
bianco, spadino e altri accessori.
Lampada ne andava molto orgoglioso, tanto da raccontare dell’investitura all’avvocato Minasi in
La cupola della basilica vaticana di San Pietro
una telefonata intercettata il giorno dopo: «Ora in tutte le diocesi che
mi ritrovo in Italia sono Eccellenza...di pari grado a Eccellenza...mi
devono chiamare Eccellenza». Eccellenza, nelle gerarchie ecclesiastiche, è l’appellativo riservato anche ai vescovi. E proprio da un presule, secondo la trafila prevista in
Vaticano, deve essere arrivata la segnalazione che ha portato Lampada a ricevere l’onorificenza. Secondole indicazionipontificie,l'«Ordi-
ne equestre pontificio di San Silvestro Papa» viene conferito ai laici
particolarmente benemeriti della
Chiesa e delle opere cattoliche. In
genere è il vescovo della diocesi di
appartenenza o di quella di origine
a suggerire il nome di una personalità che si reputa degna e sulla quale il Vaticano si riserva poi di effettuare i propri controlli. Ma l’indicazione del potenziale cavaliere può
arrivare anche da altri settori ecclesiastici e nel caso di Lampada è
stata formulata dalla diocesi di San
Marco Argentano-Scalea, come risulta dal diario della curia romana
pubblicato negli Acta apostolicae
sedis del 3 dicembre 2010.
La sensibilità del presunto boss
al fascino vaticanoappare anche in
un secondo passaggio dell’inchiesta, quella in cui si cita il battesimo
della figlia, celebrato nella basilica
di San Pietro l’8 giugno 2008. E il
gip milanese Giuseppe Gennari
commenta nell’ordinanza che «anche in Vaticano si allungano le mani della famiglia mafiosa».
Ilda Bocassini
con il capo della
squadra mobile
Alessandro
Giuliano
|
IL GIP DI PALMI
|
Reggio-Milano: 16 arresti
Il vizio delle donne
e la strana ambizione
«Dovevo fare il mafioso»
REGGIO CALABRIA - La poli- anni, la kazaca Olga, 34 anni, e
zia giudiziaria ieri mattina gli la slovena Denisa, 27 anni. Giuha rivoltato l’ufficio al Tribuna- sti, per telefono, si lascia andale di Palmi. Ma Giancarlo Giu- re: «... Dovevo fare il mafioso,
sti, indagato nell’operazione non il giudice...»
Giusti e Lampada sono ovviadella Procura di Milano, era già
nei guai prima. L’ufficio di Giu- mente in ottimi rapporti, il masti, che opera principalmente gistrato gli dice che arriva a Minella sezione distaccata di Cin- lano «la settimana che entra o la
quefrondi, è stata perquisita prossima... Dipende dal cugino
dalla Mobile di Reggio Cala- del tuo caro amico medico!... di
bria. Secondo l’accusa, il giudi- Giglio!! no?!», e Giglio sta per
ce sarebbe stato corrotto da Giu- Vincenzo, il collega magistrato, presidente del
lio Giuseppe Lamtribunale per le mipada, che è finito
sure di prevenzioin carcere per asne del tribunale di
sociazione mafioReggio Calabria,
sa ed altri reati.
come conferma lo
Per il giudice di
stesso Lampada.
Palmi il clan orgaParlando del “menizzava viaggi nel
dico”, che si chiama
nord Italia e inconpure lui Vincenzo
tri con alcune
Giglio.
escort. Una ventiEcco uno stralcio
na di fine settimadelle intercettaziona di piacere al
ni:
Nord, in cui gli veLAMPADA (rifenivano messe a di- Il tribunale di Palmi
rendosi al magisposizione prostistrato Vincenzo Gitute con le quali
glio): «...Del nostro
avrebbe intrattePresidente, dobbianuto rapporti in
mo dire!!... Il Presiun hotel della zona
dente delle misure
del quartiere San
di prevenzione di
Siro. L’inchiesta
tutta Reggio Calache
scoperchia
bria! Sai che dobqualche
figura
biamo fare?.....»
della “zona grigia”
GIUSTI: «... che facciamo,
che protegge, favorisce, aiuta o
in qualche modo è amica della che facciamo??».
LAMPADA: «lo convochia‘ndrangheta tra Milano e Reggio Calabria allinea numerosi mo qualche giorno su a Milano
episodi, e ovviamente si avvale e lo invitiamo... come la vedi
di alcune intercettazioni telefo- tu?».
GIUSTI: «... minchia!! guarniche e ambientali.
Eccone una che riguarda pro- da!! dobbiamo parlarne col meprio Giancarlo Giusti, invitato dico!!!...(ride)...».
LAMPADA: «Non dirgli nula Milano, all’hotel Brun. La toga non paga mai. Per lui il conto la che ti ho detto che è un mese
è saldato da un boss del calibro che non ci sentiamo!».
GIUSTI: «... Tu ancora non
di Giulio Lampada, per una spesa totale di 27mila euro. Senza hai capito chi sono io... sono
parlare di quanto costavano le una tomba, peggio di.. ma io doragazze, tutte identificate. vevo fare il mafioso, non il GiuC’era la ceca Jana, quaranten- dice... però l’idea di portarci il
ne, le russe Zhanna 36 anni, Presidente a Milano non è male,
ballerina al Rayto de Oro, a La sai?!... Lo vorrei vedere di fronTour, al Venus, e altri night di te ad una steccona!!».
Milano e del nord, ed Elena, 41
g. bal.
Viaggi ed escort
per corrompere
il magistrato
Milano
Giuseppe Vincenzo Giglio
Raffaele Ferminio
Vincenzo Giglio
Francesco Lampada
Giulio Giuseppe Lampada
Vincenzo Minasi
Luigi Mongelli
Giuseppe Morelli
Leonardo Valle
Maria Valle - domiciliari
Reggio Calabria
Vincenzo Carmelo Gallico
Gesuele Vincenzo Misale
Vincenzo Minasi
Daniele Borelli
Alfonso Rinaldi
Domenico Nasso
Vincenzo Giglio
nell’ambito del procedimento contro il clan
Valle di Milano. Nellecarte dell’inchiesta affioravano sia il nome del cugino suo omonimo,
che del Consigliere regionale del Pdl Franco
Morelli. In quell’occasione aveva preso le distanze dalla vicenda pubblicamente e con fermezza. Alessandra Sarlo, moglie di Giglio è attualmente dirigente generale del settore Controllo strategico della Regione Calabria (istituito a settembre scorso dal governatore Scopelliti), assunta dopo essere stata commissaria
dell’Asp di Vibo Valentia. Sarlo fu nominata
dalla Giunta regionale commissaria a Vibo Valentia nel luglio del 2010 ed è rimasta in carica
fino al gennaio del 2011, quando l’Azienda sanitaria fu sciolta per infiltrazioni mafiose dal
Consiglio dei Ministri. Lo scioglimento fu disposto sulla base dei risultati cui era giunta la
Commissione d’accesso nominata nell’ottobre
del 2010 che accertò, tra l’altro, la «presenza di
esponenti della criminalità organizzata tra il
personaledipendentedi ditteaggiudicatricidi
appalti». La commissione rilevò anche la «condotta di dirigenti che hanno favorito l’aggiudicazione di taluni appalti a ditte riconducibili direttamente o indirettamente ad esponenti di
spicco della criminalità locale». Situazioni che,
secondo la commissione, si sarebbero protratte anche nel periodo in cui l’Azienda sanitaria è
stata gestita da Alessandra Sarlo.
g. bal.
Il consigliere regionale eletto con oltre 13.000 voti A Palmi con i Gallico, a Milano con i Lampada-Valle
Il politico che garantiva Il “regista” economico
le giuste entrature
era l’avvocato Minasi
COSENZA - La notizia
dell’arresto di Franco Morelli è stata un vero e proprio
terremoto per la città di Cosenza. Morelli è infatti politico di lungo corso, molto conosciuto per la sua lunga
militanza che si è tutta dipanata all’interno del centrodestra.
Dopo una breve parentesi
nelle fila della Democrazia
Cristiana, con l’avvento della Seconda Repubblica Morelli decide di aderire prima
ad An e poi al Pdl. In particolare è l’attuale sindaco di Roma, Gianni Alemanno, e la
sua corrente “Destra sociale”il punto di riferimento politico del consigliere regionale calabrese. Un punto di
riferimento che lo porterà a
ricoprire incarichi importanti come quello della presidenza dell’Unire, di diventare capo di gabinetto del Governatore Chiaravalloti e di
ottenere altri incarichi di
grande responsabilità.
Nato a San Benedetto Ullano, in provincia di Cosenza,
sposato con due figli, è stato
eletto nel Consiglio regionale della Calabria, nella circoscrizione di Cosenza, per il
Pdl, con 13.671 preferenze.
Secondo le accuse mosse
dalla Procura della Repubblica di Milano era lui l’entratura dei Lampada-Valle
nel mondo della politica, della sanità e delle istituzioni.
di MICHELE INSERRA
Il consigliere regionale del Pdl, Franco Morelli
Con loro Morelli aveva ben
tre società in comune, sia pure con una partecipazione
azionaria del 10%. Società
che operavano nel settore
delle scommesse sportive.
Il consigliere regionale
del Pdl inoltre forniva ai suoi
amici una serie di notizie riservate su indagini in corso
a Reggio Calabria e a Milano.
Notizie che riusciva ad ottenere grazie ai suoi agganci
con pubblici ufficiali. Era
prudente, Morelli, nei suoi
rapporti con i Lampada-Valle. In una occasione recuperò delle schede telefoniche
intestate ad un fantomatico
cittadino, Said El Arousy,
tramite le quali manteneva i
rapporti. Inoltre i contatti telefonici avvenivano sempre
o da queste schede o da cabine pubbliche, spesso quelle
situate a pochi passi dall’abitazione romana di Morelli.
Infine il consigliere regionale ha premuto molto affinchè la moglie del magistrato
Vincenzo Giglio venisse nominata commissario straordinario della Asp di Vibo Valentia. Una nomina che a Morelli, secondo gli inquirenti,
teneva molto. Questo perchè
Giglio lo aveva informato
sull’inesistenza di indagini
sul suo conto. Informazione
fondamentale per chiedere a
Scopelliti un posto in giunta.
REGGIO CALABRIA – Giuseppe Minasi, 55 anni, era
l’avvocato che curava gli interessi legali, patrimoniali ed
economici dei clan. A Palmi
quelli riconducibili alla famiglia di Giuseppe e Domenica
Gallico, a Milano quelli dei
Lampada-Valle. Era il “consigliori” delle cosche e ad aveva
anche il compito di portare
“imbasciate” fuori dal carcere
e dare consigli su latitanze. E
soprattutto era l’avvocato storico della famiglia Gallico. Il
legale del foro di Palmi e con
studi a Milano, Como, Palmi e
Lugano è finito in manette per
concorso esterno in associazione mafiosa, rivelazione di
segreto d’ufficio, intestazione
fittizia di beni, aggravato dalla finalità di favorire l’associazione mafiosa. L’avvocato già
nel 1994, a seguito dell’operazione “Tirreno”, venne arrestato, perchè era al fianco della cosca Molè di Gioia Tauro.
Minasi ieri è stato raggiunto
da un doppio provvedimento
restrittivo: è stato arrestato in
esecuzione di un’ordinanza
della Dda di Milano e, contestualmente, gli è stato notificato un provvedimento di fermo emesso nei confronti suoi
e di altre cinque persone dalla
Dda di Reggio. Quest’ultimo
provvedimento fa riferimento
al seguito dell’inchiesta «Cosa
mia» di giugno 2010 contro i
Francesco Valle
Domenico Gallico
Gallico. Nell’inchiesta milanese, Minasi è accusato di concorso esterno in associazione
mafiosa, rivelazione di segreti
d’ufficio e intestazione fittizia
di beni, reati aggravati dalla
finalità di favorire l’associazione mafiosa; in quella reggina è indagato per associazione mafiosa e intestazione fittizia di beni. Gli altri tre fermati
Domenico Nasso (28), di Taurianova, Gesuele Misale (53),
di Palmi, e Alfonso Rinaldi
(51), di Palmi - Nasso e Misale
sono accusati di associazione
mafiosa per avere fatto parte
della cosca Gallico operante a
Palmi; Rinaldi per intestazione fittizia di beni; Nasso per
violenza privata. I fermi di-
sposti dalla Dda di Reggio fanno seguito ad un’operazione
che portò alla scoperta delle
infiltrazioni delle cosche nei
lavori di ammodernamento
della Salerno-Reggio Calabria. Nell’occasione fu accertato che le cosche imponevano
alle imprese una tangente del
3% sugli appalti quale corrispettivo per la «sicurezza dei
cantieri». Con l’ulteriore indagine, gli investigatori ritengono di avere individuato
nuovi affiliati al clan e di avere
ricostruito i tentativi di occultare illecitamente alcuni beni
immobili della cosca avvalendosi dell’opera di professionisti del luogo, quale Minasi,
per sottrarli allo Stato.
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REGGIO CALABRIA - E’ una macchina perversa quella scoperta
dalle direzioni distrettuali antimafia di Reggio Calabria e Milano.
Un coacervo di interessi velenosi
che si intrecciano in inchieste che
hanno camminato per mesi di pari
passo, come alla pari hanno lavorato le squadre mobili lombarda e
calabrese. Fascicoli in cui emergono uomini e fatti diversi, ma che
avevano punti di saldatura precisi. La ‘ndrangheta aveva il suo ruolo, la politica i propri interessi, mentre pezzi di
magistratura reggina
approfittavano del proprio ruolo per conquistare benefici d’ogni genere.
Da una parte le ‘ndrine Valle-Lampada, cosche potenti sul piano
economico ed elettorale
dell’hinterland milanese e non solo. Dall’altra
la politica, con Franco Morelli del
Pdl in testa. A far incontrare padrini ed esponenti del centrodestra
Vincenzo Giglio, ufficialmente
medico. In realtà un personaggio
schiacciato sugli interessi della
‘ndrangheta, ma capace di bussare
alla parta delle stanze che contano.
Il medico mette assieme i pezzi, fa
le presentazioni, crea le occasioni,
salda amicizie. I Valle arrivano così da Morelli. Gli fanno vedere e conoscere la gente che conta. E’ un
modo di agire consolidato il loro,
sono amici di Alberto Sarra, sottosegretario della Giunta regionale.
E quando Sarra decide di non candidarsi passano armi e bagagli al
fianco del nuovo riferimento inter-
no alla Pdl. Morelli appunto. Ma
Giglio per Ilda Boccassini e gli altri pm milanesi non ha solo interessi con i Valle. Ha anche gli strumenti per coccolarseli. Ha buone
entrature anche nella magistratura. Suo cugino, e omonimo, Enzo
Giglio, è un giudice di primissimo
piano. A Reggio ricopre il ruolo di
Presidente della seconda sezione
penale della Corte d’assise ed è presidente della sezione Misure di
prevenzione. Un giovane e brillante magistrato che evidentemente
ha anche qualche punto debole.
Per il Gip di Milano,
Giuseppe Gennari, il
suo ventre molle è rappresentato dalla moglie
Alessandra Sarlo. Secondo l’inchiesta il magistrato intreccia rapporti sia con Morelli che
con i Valle. Fornisce informazioni sulle inchieste in corso e in cambio
riceve incarichi per la
moglie. Lo scorso anno,
documenta la Dda di Milano, la signora Sarlo viene nominata commissario straordinario dell’Asp di
Vibo Valentia. Il suo nome è spinto
da Morelli e l’operazione va in porto. E’ quella, secondo gli investigatori la moneta di scambio per ringraziare il marito giudice che
avrebbe fornito al consigliere regionale soffiate sul proprio stato
di salute giudiziario. Gli investigatori lo scoprono quando in una
intercettazione viene fuori che il
neo eletto parlamentare regionale
di centrodestra ha bisogno della
prove che sul suo conto non c’è nulla sul piano penale. Così il giudice
Giglio gli fa avere un fax nel quale
si “attesta” che il politico è pulito.
REGGIO CALABRIA - Il giudice Vincenzo Giglio, presidente della Corte d’Assise di Reggio
Calabria e della sezione Misure di Prevenzione
è sempre stato un magistrato sui generis. Un
personaggio che ha sempre spaccato in due le
opinioni sul suo conto. La Dda di Milano lo accusa di “Corruzione, favoreggiamento, rivelazione di segreto d’ufficio con l’aggravante di
aver agevolato le attività mafiose”. Avrebbe
fornito informazioni riservate in cambio di
una carriera rapida per la moglie all’interno
della Regione Calabria. Ipotesi, chiaramente,
tutte da verificare. Ma che stanno facendo tremare i palazzi che contano a Reggio e non solo.
Non è un’inchiesta semplice. Tanto più che
Giglio è un magistrato particolare. Da una parte giudice temuto e rispettato per la sua competenza e per il rigore in aula. Dall’altro circondato da un mormorio di fondo rispetto al suo modo di gestire incarichi e amicizie. Un presidente di corte d’Assise tosto. Che non risparmiava
condanne di carcere a vita per fatti di criminalità spicciola o anche legati a storie di ’ndrangheta.Storiechefacevanodire diluicheèsempre stato un magistrato equilibrato sia nel giudizio da esprimere nei confronti di boss e picciotti, sia che si trattasse di valutare poveracci
incappati nelle tragedie della vita. Vicende che
facevano il paio però con quanto si diceva, ad
esempio, sul suo modo di gestire i beni sequestrati alle cosche. Negli scorsi anni avevano
fatto discutere alcuni incarichi affidati a dei
professionisti della città per l’amministrazione giudiziaria di aziende e patrimoni. E tuttavia Vincenzo Giglio agiva in maniera assolutamente legittima. Chiacchiere insomma.
Da Presidente delle misure di prevenzione,
nell’ultimo anno ha emesso numerosi provvedimenti di sequestro nei confronti di affiliati
alle cosche della ‘ndrangheta tra cui quelli per
330 milioni di euro al re dei videopoker Gioacchino Campolo e di 190 milioni di euro alla cosca Pesce. Giglio occupava un ruolo di primo
piano nei quadri del Tribunale di Reggio Calabria. Un ruolo che lo portava spesso ad essere
anche personaggio pubblico con numerose
presenze in qualità di relatore a convegni e tavole rotonde. Frequentatore di feste e circoli
importanti della città Enzo Giglio era anche
noto per intervenire spesso nel confronto pubblico. Fino a due anni fa era il referente locale di
Magistratura Democratica di cui faceva ancora parte. Docente di Diritto penale alla Scuola
di specializzazione per le professioni legali
dell’Università statale Mediterranea di Reggio, lo scorso anno era stato tirato in ballo
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Nel fascicolo le piste degli inquirenti
L’asse Milano-Reggio
La talpa, il magistrato
e gli ’ndranghetisti
ecco la rete degli spioni
Vincenzo Giglio lo inviò a Morelli
per informarlo su alcune inchieste
Un fax accusa
la toga reggina
Nelle carte della Dda anche gli incontri e le telefonate
tra il giudice e il presunto boss lombardo Giulio Lampada
te proprio finalizzate ad occuparsi
dei problemi giudiziari dei Lampada. Giulio Lampada e il giudice Giglio si sono incontrati. Più esattamente: circa 1 ora, il 20 febbraio
2010; circa 2 ore, il 25 febbraio
2010; circa 45 minuti il 3 marzo
2010; circa 3 ore, il 9 marzo 2010; e
circa 2 ore, il 16 aprile 2010.
Anche alcuni messaggini sono
chiari, come “Sono dal giud” (sms
da Francesco Lampada a Maria Valle Maria), oppure “Gioia mercoledì
partiamo che domani sera ci dà
l’ambasciata il giud”(sms Lampada
Francesco Valle Maria).
E sull’affidabilità del magistrato i
clan concordano, visto che lo stesso
Francesco Lampada dice: «Io tengo
fede della situazione del cugino del
medico, hai capito?... Perché l’ho visto che è più... se dice una cosa è
“chidda”... l’ho tastato con le mani...
Perciò ... siamo andati stasera e ci ha
detto di avere pazienza qualche
giorno in più.. tutto qua...».
g. bal.
|
ANM E MD
|
Il giudizio pesantissimo del gip Giuseppe Gennari
Le associazioni di categoria
«Si vada avanti con rigore»
REGGIO CALABRIA - E’ un
fronte unico e compatto quello
della magistratura associata che
ieri ha preso posizione rispetto
alla vicenda dell’arrestato di
Vincenzo Giglio. Ed i primi ad
uscire pubblicamente sono proprio quelli di Magistratura democratica (Md), corrente a cui
apparteneva il giudice arrestato
ieri dalla Dda di Milano.
«Al di la dei risvolti penali - si
legge in una nota - la vicenda sollecita ogni magistrato ad una
particolare cautela nella frequentazioni non solo nelle “terre
di mafia”, e gli organi di autogoverno alla massima incisività nei
controlli sulla correttezza dei
comportamenti dei singoli non
solo con riferimento allo stretto
esercizio delle funzioni giurisdizionali». Piergiorgio Morosini,
Segretario Generale di Magistratura Democratica, «senza
entrare nel merito», spiega che
«anche questa vicenda dimostra
come la magistratura italiana,
nei comportamenti concreti, coltivi il principio dell’eguaglianza
di tutti i cittadini di fronte alla
legge». Per Md, quindi, «Occorre
avere fiducia nella serietà e nella
scrupolo professionale dei magistrati chiamati a svolgere il delicato compito di accertare la verità». Morosini ricorda comunque
che «vale, naturalmente, anche
in questo caso come in tutti gli altri, la presunzione di non colpevolezza dell’indagato sino ad
una
pronuncia
definitiva
dell’autorità giudiziaria».
Sulla stessa lunghezza anche
l’Anm. «I fatti che emergono dagli atti d’indagine della Dda della
procura della Repubblica di Mi-
lano nei confronti anche di magistrati in servizio in uffici giudiziari calabresi appaiono oggettivamente gravi e suscitano
sconcerto e indignazione». Per
questo l’associazione dei magistrati
«Al di là di ogni valutazione sul
merito delle accuse non si può
ignorare l’inquietante rete di relazioni tra appartenenti all’ordine giudiziario, pubblici amministratori ed esponenti della criminalità organizzata che emerge
dalle indagini, con evidente compromissione della funzione giudiziaria e dell’immagine della
magistratura».
«Ribadiamo ancora una volta dicono da Anm - che la magistratura è un corpo sano, capace di
trovare al proprio interno gli
strumenti necessari a individuare i comportamenti dei singoli
contrari alla legge. Proprio per
questo ha il dovere, come sempre
ha fatto, di accertare con massimo rigore al proprio interno
comportamenti quali quelli qui
ipotizzati. L’Associazione nazionale magistrati chiederà al collegio dei probiviri di valutare con
la massima urgenza la compatibilità dei fatti contestati con l’appartenenza all’associazione».
Luca Palamara dell’Anm
«Spregiudicato per interessi
dietro una facciata pulita»
REGGIO CALABRIA - «Il giudice Giglio fa la cosa peggiore per
chi, come lui, riveste un ruolo
istituzionale delicatissimo e di
garanzia della legalità: egli strumentalizza il proprio ruolo e la
propria autorevolezza per interessi privati e lo fa con un livello
di spregiudicatezza veramente
inquietante». Sono queste le considerazioni del gip di Milano
Giuseppe Gennari che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare che oggi ha portato in carcere lo stesso Giglio e altre otto persone, mentre una è finita agli arresti domiciliari, nell’ambito
dell’operazione della Dda milanese contro la ‘ndrangheta.
Il giudice ha, inoltre, aggiunto
che «dietro la veste del garante
rigoroso delle istituzioni, Giglio
accetta ogni compromesso, fornisce notizie riservate a dei mafiosi, fornisce notizie parimenti
riservate a un politico, adotta
cautele nel comunicare di un associato a delinquere, richiede favori per la moglie con una protervia che non ammette rifiuto».
Per il giudice Gennari, dagli
atti delle indagini emerge di Giglio un ritratto complessivo
«estremamente negativo. È il ritratto di un personaggio considerato notoriamente “avvicina-
bile” in ambienti criminali di elevato spessore» anche se la sua
unica preoccupazione «è quella
di preservare la sua immagine
pubblica»
E a testimonianza della sua
spregiudicatezza nell’inchiesta
si ricorda che è il 10 aprile 2010
quando Franco Morelli è stato
appena eletto consigliere regionale. Il suo amico Vincenzo Giglio gli spedisce un sms: «Ti confesso un piccolo segreto: mia moglie fa parte della piccola cerchia
di persone a cui piace lavorare
molto. Perciò, quale che sia la destinazione, per favore, che sia un
posto fortemente operativo e non
di mera rappresentanza. Questo
per la sua serenità e per il mio
equilibrio interiore per cui invoco la solidarietà maschile. Grazie». La moglie di Vincenzo Giglio, Alessandra Sarlo, verrà poi
nominata dalla giunta regionale, su proposta del governatore
Giuseppe Scopelliti.
Morelli, dal canto suo, viene
estromesso dalla giunta guidata
da Scopelliti e se ne lamenta con
l’amico giudice sempre via sms:
«Enzo, è stato consumato un vero atto di killeraggio politico.
Ora con serena ma ferma determinazione attendiamo sviluppi». Il magistrato replica: «Ave-
vamo intuito. E questo non riduce di una virgola ma semmai aumenta la considerazione e l’amicizia che abbiamo per te».
Tra i due c’è ormai un rapporto
solidissino, tanto che Morelli riceve documenti coperti dal segreto investigativo a Roma, dove
un suo uomo di fiducia aspetta
davanti a un fax e spiega al suo
“superiore” di aver
letto «un fax della
Dna, che non c’è
niente».
Quel fax è molto
importante
visto
che, secondo quanto scrive il gip
nell’ordinanza,
«grazie alle notizie
da lui fornite, (Morelli, ndr) sarà nominato presidente
della commissione
Bilancio e programmazione economica della Regione Calabria l’8 giugno 2010».
A sua volta Giglio passa all’incasso: «Sollecita Morelli ad attivarsi per la nomina della moglie,
a tal fine ricevendolo presso la
propria abitazione insieme con
Luigi Fedele, scambiando con
costoro una serie di telefonate e
di messaggi».
g. bal.
|
Il consigliere regionale si fermava alle cabine per telefonare e possedeva un sim intestata a una straniera
Avevano più schede telefoniche dei narcotrafficanti
Nomignoli e linguaggi criptici per parlare tra loro
di persone amiche. E l’avvocato diventa “il prete”
REGIO CALABRIA - Nella vicenda
della fuga di notizie sulle inchieste
in corso, oggetto dell’indagine della Direzione distrettuale di Milano,
«particolarmente sconfortante tra tutti - è il comportamento di
Franco Morelli» che sovente telefonava da cabine pubbliche. A scriverlo è il gip di Milano nella sua ordinanza che rileva la stranezza della circostanza.
«Il politico - prosegue il gip - usa
una utenza intestata al fantomatico El Arousy Said; utenza verosimilmente fornita da Giulio Lampada, visto che è lui ad impiegare la
seconda utenza intestata al medesimo soggetto (l’unica possibilità
alternativa è che sia stato Morelli a
procurare anche quella di Lampada). Inoltre, Morelli sovente ricorre a brevi chiamate notturne da cabine telefoniche romane».
Aggiungono i magistrati: «L’uomo delle istituzioni - o che almeno
tale dovrebbe essere - ricorre a delle
tecniche di contrasto di indagine
degne di un terrorista. Neanche
nei procedimenti a carico di trafficanti di droga si vedono tante cautele nell’utilizzo delle comunicazioni a distanza».
Spiega il Gip milanese: «Questa
riflessione non serve solo a colorare il personaggio ma è di nuovo
prova logica della consapevolezza
assoluta in capo a Franco Morelli
della gravità del suo comporta-
mento e della professionalità che lo
stesso ha in quel tipo di comportamenti».
Il gip rileva poi anche che gli arrestati utilizzavano un linguaggio
criptico per non farsi capire. E così
«l’avvocato Vincenzo Minasi, è stato indicato da Giulio Lampada e
Francesco Morelli con i termini di
“uccellino”, “angioletto”, “prete” e
“vincenzino”; la famiglia Condello
viene citata col termine “condorelli”; la famiglia Valle viene indicata
col termine “Valletti”; Armando
Vagliati diventa “Armandix”,
mentre Antonio Oliverio è “Toto”;
il magistrato Vincenzo Giuseppe
Giglio è indicato come “Primario”o
“capo struttura”, per alludere alla
sua posizione di vertice in seno
all’Ufficio giudiziario di Reggio
Calabria». Roba da boss, non da
consiglieri regionali uomini d’affare.
Gli sms
«Ti ricordo
che mia
moglie
lavora tanto»
REGGIO CALABRIA Dopo una lettera di
minacce arrivata al
Procuratore capo di
Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone, il 27
maggio 2010, il magistrato di Reggio Calabria Vincenzo Giuseppe Giglio
parlava al telefono, intercettato,
con Francesco Morelli, il consigliere regionale calabrese del
Pdl, di una «mossa (...) abile» ossia di una iniziativa di solidarietà da preparare, perchè queste
iniziative «fanno fico».
Il particolare emerge dall’ordinanza di custodia cautelare
firmata dal gip di Milano Giuseppe Gennari. Nell’inchiesta si
ricorda che il 27 maggio 2010
veniva commesso «un atto intimidatorio nei confronti del procuratore della Repubblica di
Reggio Calabria Giuseppe Pignatone, mediante l’invio di
una missiva di minacce conte-
IL CASO
cutori di non arrestare Pasquale
Condello, perché ciò avrebbe provocato disordini e rotto equilibri». Per i magistrati Zumbo «ha
“ascolto” presso le agenzie di controlli e che, nonostante ciò, è in
grado di fare un doppio gioco che
si spera fosse ignoto ai suoi referenti istituzionali. Certo è che
l’origine delle notizie è senza dubbio istituzionale. E questo è un capitolo che merita approfondimento».
Giglio, invece, nell’intercettazione raccolta in casa Pelle, «viene esplicitamente indicato come
fonte di notizie riservate relative
all’indagine “Tenacia”, come personaggio avvicinabile per ottenere favori relativamente a procedimenti di prevenzione, come personaggio notoriamente corrotto
(“mangiataro”)». Le intuizioni
dei magistrati lombardi non sono
sufficienti «per contestare fatti
specifici a Giglio», tuttavia una
serie di considerazioni contenute
nelle carte dell’indagine lasciano
presumere che, in questo senso,
ci saranno ulteriori approfondimenti investigativi.
Tra l’altro «la
conoscenza tra
Zumbo e il giudice Giglio è verificata. È stato acquisito agli atti
un decreto a firma di Vincenzo
Giglio, datato 31
luglio ‘96, con il
quale il magistrato,
sequestrando a titolo di
misura di prevenzione alcuni
immobili a Saverio Latella, appartenente alla
cosca Latella-Ficara, ha nominato amministratore dei beni proprio Giovanni
Zumbo e se stesso giudice delegato alla procedura».
Per gli inquirenti è «un incarico fiduciario che presuppone una
relazione di collaborazione continuativa e tale da implicare rapporti diretti».
Altri indizi, dunque, che vanno
a sommarsi a quelli già raccolti
contro il magistrato. E’ un fatto
che i boss ricevano soffiate da un
commercialista con agganci in
Tribunale e nei servizi segreti. E
c’è il contatto tra il giudice e la talpa. Poi ci sono i rapporti tra il giudice e la politica. E infine il commercialista che conosce gli stessi
politici. Insomma, il cerchio sembra essersi chiuso. E’ una suggestione certo, ma di quelle che non
fanno dormire la notte. Una suggestione su cui, è certo, gli investigatori milanesi e reggini continueranno a lavorare.
g. bal.
|
Servitene pure come
meglio credi».
Si trattava insomma di una parata,
ideata dal politico soltanto per ritagliarsi
un po’ di visibilità e,
forse, per accreditarsi come persona perbene e che
agisce nella legalità. D’altra
parte la pratica dello solidarietà
tramite dichiarazione pubblica
o comunicato stampa è ormai inflazionata mentre l’idea di una
mozione, che nessun effetto
avrebbe comunque avuto, appariva come originale e in grado di
consentire un distinguo rispetto alla bolgia delle parole standard, che molto spesso finiscono in pastoni giornalistici,
quando non vengono neppure
considerati. Insomma, Franco
Morelli aveva ideato una sua
strategia e Giglio gli era tornato
utile.
g. bal.
E Morelli espresse solidarietà a Pignatone
Dopo le minacce il politico si fece preparare una mozione da presentare in Consiglio
Una cabina telefonica
nente una cartuccia d’arma da
fuoco». E, prosegue il gip, «allo
scopo di accreditarsi nei confronti dei magistrati della Direzione distrettuale della città dello Stretto Franco Morelli, approfittando del momento e anticipando gli altri esponenti politici
regionali, chiede a Vincenzo Giglio di «preparare una mozione
a sostegno dei magistrati di
Reggio Calabria impegnati nella lotta alla ‘ndranghetà».
In realtà, però, spiega il gip, al
consigliere regionale Morelli
«nulla interessa della solidarietà alla magistratura, interessa
soltanto avere “un po’ di visibilita”».
In una telefonata intercettata
il 29 maggio 2010, il consigliere
regionale calabrese, parlando
con un’altra persona, spiega:
«prepariamo una bella mozione
di solidarietà ai colleghi... Domani faccio... il grande di culo...
come si suol dire la presento in
Consiglio regionale... tanto non
ci pensa nessuno».
In una telefonata tra Giglio e
Morelli, il magistrato calabrese
la definisce «una mossa... voglio
dire, da un lato corretta (...) profondamente istituzionale e
dall’altro abile». E sempre nella
stessa intercettazione Giglio
parla di «iniziative concrete, di
quelle che fanno... come dire, di-
rebbe un mio amico, “fanno fico”».
Il 30 maggio 2010, stando
sempre all’ordinanza, Giglio invia una mail a Morelli «relativa
ad una bozza di mozione da fare
al Consiglio regionale, sulla solidarietà da dare ai magistrati».
L’e-mail, scrive il gip, «rappresenta l’aspetto patologico del
coinvolgimento del Giglio
nell’attività politica del Morelli». Giglio, come ricorda il giudice, scrive nella e-mail: «Caro
Franco, ligio al dovere e sebbene
ancora in preda ai fumi dell’alcol tracannato in grandi quantità nel relax eoliano, ti invio il
contributo che mi hai chiesto.
E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
REGGIO CALABRIA - C’è un fax che
inchioderebbe alle sue responsabilità il giudice Vincenzo Giglio. Un
fax inviato da un esercizio commerciale, ricevuto da un altro esercizio
commerciale. A spedire da una parte il magistrato reggino, a ricevere
il consigliere regionale Franco Morelli. Il primo mandava notizie riservate al secondo. E’ questa la prova principe nella carte del’inchiesta
Infinito della Dda di Milano. Ma Ilda
Boccassini e i suoi sostituti vanno
oltre. Giglio che, in passato se l’era
presa con il “fango della stampa” e
aveva difeso la sua onestà scrivendo
anche una lettera pubblica, viene
smentito dai suoi colleghi dell’antimafia. Esaminiamo due punti cruciali,
«E’ falso - dice Giglio - che io abbia
mai invitato il signor Lampada a
partecipare ad occasioni conviviali
a casa mia». Ma il 13 agosto 2009
Giulio Lampada (che si trova in vacanza a Tropea con la famiglia) conversa con il medico Vincenzo Giglio, il quale si trova a casa del cugino magistrato a Pellaro, con il politico Franco Morelli. Giglio (il medico)
parla con il presunto boss, gli dice
che il magistrato ha insistito per invitare a pranzo Lampada. Poi la conversazione continua direttamente
tra Giulio Lampada e il magistrato.
Giudice Giglio:«Pronto!».
Lampada:«Eccellenza bello!».
Giudice Giglio:«Carissmo, che si
dice, come stai?»
Lampada:«Me ne son venuto per
starmene un pochettino tranquillo
da quel casino di bambini che abbiamo a casa mia! Tu come stai?»
Giudice Giglio:«Benissimo, mi
dispiace se non si sono determinate
le condizioni per vederci oggi!».
Lampada:«Ma pigliatelo il telefono per qualsiasi cosa...».
Lampada, poco dopo, riparlando
con il medico lo invitava a dare il suo
numero personale al giudice: «Enzuccio, daglielo il mio numero per
quanto privato è! Voglio dire, non è
che lo do a tutti, ma daglielo al Giudice! Non ti preoccupare».
Il numero in effetti arriva, perché
declinando un successivo invito a
cena, il giudice parla ancora con
Lampada.
Giglio:«No no no... ci tenevo a farlo io così tra l’altro mi sono fatto dare
il tuo numero di cellulare... A te resta il mio... così possiamo sentirci
anche direttamente...».
Lampada:«Ti ringrazio ancora
della disponibilità..».
Giglio:«Sono io che ringrazio
te..».
Quindi si mettono d’accordo per
un’altra possibile occasione.
Un’altra frase, contenuta nella
lettera che viene contestata al giudice, è questa: «Le mie funzioni professionali non lo hanno mai riguardato né direttamente né direttamente. Non sono mai stato sollecitato, né avrei accettato alcuna sollecitazione, ad occuparmi di una qualsiasi sua questione».
Il magistrato, dicono i suoi colleghi, pare essersi dimenticato che,
qualche mese prima, aveva ricevuto, nella propria abitazione in Reggio Calabria, Giulio Lampada, visi-
Accanto delle toghe da magistrato
sopra il Giudice Carlo Giglio
REGGIO CALABRIA - Nelle carte
dell’indagine “Infinto”, sono confluite anche alcune delle intercettazioni a casa del boss di San Luca
Giuseppe Pelle. In particolare si
tratta dei dialoghi tra il capoclan
e Giovanni Zumbo, una delle figure inquientanti dell’operazione Reale. Commercialista di professione, spione per lavoro era,
oltre che un informatore dei clan
della ‘ndrangheta, anche amministratore giudiziario di beni sequestrati ai clan. Personaggio
strano, anche in relazione ai suoi
rapporti con i servizi segreti. Conosce tante cose Zumbo ed è ammanigliato bene visto che ha lavorato pure con Alberto Sarra
quando il politico del Pdl (oggi
sottosegretario della Giunta Scopelliti) era assessore al Personale.
Zumbo viene intercettato mentre spiffera a Pelle e ai Latella di
Reggio alcuni dettagli sulle indagini più importanti della Dda
reggina e milanese. Con gli
‘ndranghetisti parla di indagini
come “Patriarca”, “Infinito” e
“Tenacia”, finite
poi nel mega fascicolo “Crimine”.
Dalla
carte
dell’inchiesta
che ieri ha portato all’arresto di
dieci
persone
emerge che Zumbo conosce anche
Vincenzo Giglio,
il
magistrato
reggino arrestato ieri assieme al
suo omonimo cugino medico. Ed è
per questo che
gli inquirenti di
Milano siano sal- Giovanni Zumbo
tati sulla sedia
convinte che proprio Giglio possa essere l’informatore della talpa dei Pelle. Un’ipotesi nulla di
più. Ma la pista investigativa che
lega le due “talpe”, si innesta in
un quadro complessivo definito
«di eccezionale gravità e allarme».
Intanto, “Crimine” è stata costellata «da gravissime fughe di
notizie propiziate da soggetti in
rapporto con i servizi segreti». I
boss in contatto con Zumbo «erano in possesso di particolari assolutamente precisi, come il fatto
che vi erano state intercettazioni
nell’agrumento di Oppedisano e
nelle vetture dei Gattuso e che gli
investigatori utilizzavano microspie ambientali in grado di captare conversazioni anche in esterno». Si legge nelle carte: il «principale protagonista della fuga di
notizie è un uomo in rapporto con
i servizi segreti. Zumbo, in una
delle conversazioni, arriva a dire
di avere consigliato i suoi interlo-
8 Primo piano
Giovedì 1 dicembre 2011
Primo Piano 9
Giovedì 1 dicembre 2011
La frase: «Il compare del mio compare è mio compare»
L’asse Milano-Reggio
Dalla Sip alle corse dei cavalli
Una lunga parabola politica
Perquisizioni nelle sue abitazioni a Roma
e Cosenza e in consiglio regionale
Morelli, tre
i capi d’accusa
Contestati il concorso esterno in associazione mafiosa
la corruzione e la violazione del segreto istruttorio
di MASSIMO CLAUSI
pazione azionaria di Morelli in alcune società riconducibili ai reggini.
Il secondo capo d’imputazione
è invece quello della violazione
del segreto istruttorio perchè
avrebbe rilevato, sempre ad uomini vicini ai Valle-Lampara, notizie riservate su indagini in corso sul sodalizio da parte delle autorità giudiziarie di Reggio Calabria e di Milano. Non solo, secondo la Procura lombarda, il politico arrivò persino a suggerire
strategie per eludere le stesse indagini. Notizie che il consigliere
regionale avrebbe ottenuto da
una serie di pubblici ufficiali allo
stato ancora non identificati. Secondo i magistrati milanesi, Morelli unitamente all’avvocato Minasi, avrebbe sollecitato e pressato diversi pubblici ufficiali per ottenere informazioni su indagini
in corso. Dopo aver acquisito le
notizie di suo interesse, Morelli le
avrebbe scambiate con Minasi e
gli amici di Milano.
Il terzo capo di imputazione è
quello di corruzione aggravata
perchè in cambio di notizie riservate ottenute dal magistrato Giuseppe Vincenzo Giglio sarebbe
intervenuto presso la sua parte
politica per favorire la nomina
della moglie del giudice a commissario
straordinario
dell’azienda sanitaria provinciale di Vibo. Nomina che effettivamente la signora, Alessandra
Sarlo, ottenne sia pure per un
breve periodo di tempo. L’aggravante, secondo gli inquirenti, sta
nel fatto che la corruzione ha avuto come oggetto il conferimento
di un impiego pubblico presso
un’azienda sanitaria che costi-
tuisce l’articolazione amministrativa a cui appartiene lo stesso
Morelli. A rendere illecito l’interessamento di Morelli a questa
nomina, sarebbe stata la circostanza che Giglio in cambio
avrebbe fornito informazioni a
Morelli su eventuali indagini a
suo carico. Il consigliere è in ansia di sapere se è indagato per
qualche motivo perchè il Governatore Scopelliti deve formare la
nuova giunta. In una riunione
all’hotel Hasley di Lamezia Terme, però, il leader del Pdl è categorico: nessun posto in giunta a
chi ha guai con la giustizia o risulta indagato. Morelli che ci tiene tanto ad un posto da assessore
si attiva presso Giglio per capire
se il suo nome risultava inscritto
nel registro degli indagati.
Per tutti questi motivi il pm ha
spiccato nei confronti del consigliere regionale un’ordinanza di
custodia cautelare in carcere.
Prima di essere tradotto nell’istituto penitenziario di Opera (Mi),
gli inquirenti hanno effettuato
una serie di perquisizioni. Innanzitutto nelle abitazioni nella disponibilità del consigliere regionale a Cosenza e a Roma. Subito
dopo negli uffici di Morelli presso
il consiglio regionale.
Le forze dell’ordine hanno rovistato a lungo in cerca di prove dei
reati contestati. Ancora non si sa
con precisione quanto materiale
sia stato sequestrato. Gli investigatori pare abbiano portato via
alcuni blocchi di appunti, agendine e una serie di documenti e foto. Naturalmente ai raggi x sono
stati passati i computer nella disponibilità di Morelli e la sua posta elettronica.
Rischia di saltare la riunione della commissione bilancio, prevista per oggi
Sequestrate le carte nel Palazzo
di ANDREANA ILLIANO
REGGIO CALABRIA. Arrivano
con le sirene spente le auto dei carabinieri, in consiglio regionale, a
Reggio. Hanno tra le mani un’ordinanza di perquisizione. Devono
cercare indizi nell’ufficio di Franco Morelli, il consigliere regionale
del Pdl, arrestato ieri nell’ambito
dell’inchiesta “Infinito”, firmata
dal Pm di Milano, Ilda Boccassini.
A Reggio, ieri, appena arrivano
le gazzelle viene avvisato il presidente dell’assise, Francesco Talarico che si precipita a scrivere una
nota in cui difende il consiglio.
Non può far altro. Anche se tutti
sanno che l’arresto di Morelli è il
secondo, in meno di due anni
dall’elezioni regionali, tant’è che
uno scranno rimase vuoto poco
più di un anno fa, quando fu arrestato per aver chiesto voti al clan
Pelle, Santi Zappalà, consigliere
del Pdl, ancora in carcere.
La cronaca di quello che è accaduto ieri appare come un remake.
I carabinieri rovistano per circa
due ore negli armadietti e nei computer di Morelli. Portano via faldoni di carte. I dipendenti si precipitano a dare supporto. L’aria è tesa.
Tra i documenti c’è anche tutto il
lavoro di Morelli da presidente della commissione bilancio. C’è di certo il Dpef, il documento programmatico economico e finanziario
della regione che dovrebbe essere
esaminato nella prossima seduta
di consiglio regionale prevista per
venerdì. Una riunione che si prevede al vetriolo, considerando pure l’implicazione del giudice, Giglio (arrestato), marito di Alessandra Sarlo, nominata commissario
dell’Asp di Vibo ed è anche la sanità al centro del dibattito politico
previsto appunto per domani a Palazzo Campanella. E il Pd è pronto
a buttar fuoco.
Non è tutto, oggi era prevista la
riunione della commissione regionale bilancio, non era ancora al vaglio dell’organismo il documento
finanziario di fine anno, previsto
all’esame dell’aula il 20 e il 21 dicembre prossimo, ma ci sono nel
calendario, già deciso, altri punti e
audizioni. La commissione prevista per oggi rischia di saltare, considerando che Morelli, finito in
carcere, dovrà essere sostituito e
anche in tempi brevi, tenendo conto della mole di lavoro che resta per
i lavori dell’assemblea regionale e
che deve passare in commissione,
come vuole il regolamento.
I commenti? Il governatore Giuseppe Scopelliti in mattinata a Lamezia non si sottrae, ma ammette
a chi gli chiede un commento
sull’arresto del consigliere della
sua maggioranza: «Fateci leggere
le carte. Dateci la possibilità di leggere qualcosa. Ancora non abbiamo notizie». In serata oltre all’rresto di Morelli il Pdl trema leggendo nelle intercettazioni altri due
nomi di politici della maggioranza
(non indagati) si tratta del sottosegretario Alberto Sarra e del capogruppo del Pdl, Luigi Fedele.
Gianni Alemanno
e il consigliere
regionale uscente
Morelli a Cosenza
nel marzo 2010
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AFFARI E POLITICA
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Le quote nelle società
dei Valle-Lampada
e il sostegno elettorale
COSENZA - I guai per Franco
Morelli iniziano all’incirca nel
2008. In questa data il consigliere regionale inizia ad avere
rapporti con il clan Valle-Lampada, ed in particolare ad incontrare periodicamente Giulio e Francesco Lampada in una
serie di incontri che si sono tenuti in Calabria, a Milano e a
Roma.
Rapporti che, secondo gli inquirenti, sono cementati dal binomio affari e politica. I pm milanesi, infatti, contestano a Morelli di aver partecipato al capitale sociale di alcune aziende riconducibili al clan. In particolare Morelli era proprietario del
10% delle quote dell’Andromeda Srl una società che si occupa
di realizzare siti internet con il
nulla osta dei Monopoli di Stato
per scommesse e lotterie. Ancora era proprietario del 10%
dell’Orion Service Srl una società che offre consulenza amministrativa ed infine detiene
anche il 10% della Pegasus Srl,
altra società che si occupa di attività connesse a lotterie e
scommesse. Tutte e tre le società vengono costituite lo stesso
giorno, e cioè, il 19 novembre
del 2009. Morelli detiene le quote sociali di queste tre aziende
fino al primo settembre del
2009. Una vendita per gli inquirenti che non è affatto casuale,
visto che il luglio precedente ci
sono una serie di arresti che
coinvolgono proprio i ValleLampada.
Il ruolo del consigliere regionale in queste società non è di
secondo piano o quantomeno,
secondo le indagini, non si limita al semplice supporto economico. I magistrati ritengono
piuttosto che Morelli, sfruttando le sue notevoli entrature politiche, si sia in qualche modo
attivato per agevolare le necessarie concessioni a livello nazionale che vengono rilasciate
dai Monopoli di Stato alle aziende che si occupano del gioco legale.
Al di là delle questioni stret-
tamente economiche, Morelli
intesse anche rapporti aventi
finalità di natura politica. Dalle
carte dell’inchiesta emerge che
l’attuale indagato aveva un certo interesse alle vicende politiche della Lombardia, partecipando in prima persona ad una
serie di appuntamenti elettorali. L’esponente del Pdl calabrese
prende infatti parte alla campagna elettorale di Leonardo Valle, candidato al consiglio comunale di Cologno Monzese alle
amministrative del 2009 organizzando una serie di incontri e
riunioni e partecipando insieme ad altri, anche ad una cena
elettorale in casa di Giulio Lampada.
Morelli poi si interessa anche
delle fortune elettorali di Armando Vagliati presenziando
alla convention che si tiene
all’hotel Michelangelo di Milano del 13 dicembre del 2009 nel
corso della quale il Vagliati presenta la sua candidatura alle
elezioni regionali della Lombardia. Più in generale Morelli
è il colletto bianco del presunto
clan. E’ lui quello che si occupa
di garantire i rapporti con esponenti della politica, delle istituzioni, delle pubbliche amministrazioni, della sanità.
Ma Morelli va anche oltre. Essendo molto preoccupato di poter essere intercettato, in una
occasione procura due schede
telefoniche sicure, intestate ad
un cittadino extracomunitario
residente nella provincia di Cosenza. Una scheda Morelli la
consegna a Giulio Lampada
proprio per mantenere i rapporti con lui al riparo da orecchie indiscrete.
Infine i magistrati contestano anche un passaggio di denaro avvenuto nel settembre del
2009. Si tratta di 50.000 euro
che vengono consegnati in contanti e brevi manu.
Questo in sintesi l’impianto
accusatorio che viene contestato a Morelli rispetto al suo rapporto con il clan.
m. cl.
A PALAZZO CAMPANELLA
Talarico difende l’assise e si affida ai magistrati
PARLA non si sottrae il presidente del consiglio regionale, Francesco Talarico anche dell’inchiesta giudiziaria milanese che ha portato ieri all’arresto del consigliere regionale Franco Morelli e dice: «Grande fiducia
nel lavoro della magistratura e delle forze dell’ordine che, intensificando sempre di più gli sforzi su tutto il
territorio nazionale, stanno conducendo una lotta difficile contro tutte le mafie e ogni forma di illegalità, fenomeni degenerativi da considerare tra le cause principali del mancato sviluppo e della debolezza civile
della nostra regione». Talarico si auspica: «che il consigliere Morelli possa presto chiarire la sua posizione,
dimostrando la sua estraneità ai fatti che gli vengono contestati». Poi difende l’assise: «In questo momento
– dice ancora Talarico – avvertiamo la forte responsabilità di tutelare e distinguere ruolo e funzioni della
massima assemblea legislativa della regione, continuando, con serenità, e supplemento d’impegno, in un
percorso di rispetto delle regole e di valorizzazione della legalità, punto fermo della nuova legislatura».
Il magistrato chiedeva un incarico per sua moglie Una delle intercettazioni contenute nell’indagine
Le pressioni per la signora Il sindaco Alemanno sbotta
e la solidarietà maschile «Dai pigliati ’sta presidenza»
COSENZA - Oltre 13.000 preferenze sono un bottino invidiabile, tanto da poter aspirareadun postoingiuntaregionale. Soprattutto per un politico di grande esperienza come Franco Morelli che fu anche capo di gabinetto di Chiaravalloti. Ma la sera del 16
aprile per Morelli arriva una
doccia fredda. Si tiene una riunione all’hotel Ashley di Lamezia Terme dove vengono
fissati dal futuro governatore
i criteri per la formazione della giunta. Scopelliti su un
punto è categorico: nessun incarico per chi ha problemi giudiziari.
Morelli a questo punto deve
sapere. Deve togliere un alibi
ai suoi avversari politici interni. Vuole essere stra-sicuro
che nessuno può avere nulla
da obiettare. Allora si rivolge a
Vincenzo Giglio, presidente
della sezione misure di prevenzione del tribunale di Reggio Calabria. Ma perchè Giglio
dovrebbe violare i suoi doveri
d’ufficio e quindi il segreto
istruttorio? Secondo i giudici
perchè anche Giglio ha un’ossessione che è quella di individuare un incarico gestionale
per sua moglie. Lo dimostrebbe non solo l’insistenza con cui
chiede notizie a Morelli, ma soprattuttonei toni.Giglio sidefinisce un marito stressato e si
appella alla solidarietà maschile di fronte alla quale Morelli non può che esprimere,
con l’ironia che lo contraddi-
La sede dell’Asp di Vibo Valentia
stingue, un grande trasporto.
Prima, però, c’è da sistemare la vicenda delle indagini. Il
consigliere regionale chiede
di conoscere se ve ne siano sulla sua persona e per avere una
prova inconfutabile sifa mandare un fax a casa nel quale si
attesta la non iscrizione nel registro degli indagati del consigliere. Giglio dice di non saper usare il fax e incarica la
moglie di spedirlo. La donna
prima avvisa via sms Morelli
che sta per mandare il documento, poi si reca in una cartoleria distante pochi metri dalla sua abitazione per spedirlo.
Nelle carte c’è anche una intercettazione dell’autista di
Morelli che parlando con una
persona che non è stata identificata dice «l’ho letto io in un
fax della Dna che non c’è niente», affermazioni che corrispondono al vero.
A quel punto Giglio va alla
carica per ottenere l’incarico
per la consorte e tempesta di
telefonate e sms il consigliere
regionale. Viene coinvolto anche Luigi Fedele che Giglio incontrerà a casa sua unitamente allo stesso Morelli. Trovare
una soluzione sulle prime appare complicato, ma poi per i
soliti puzzle della politica tutto si sblocca e la signora ottiene l’incarico di commissario
dell’Asp di Vibo Valentia.
m. cl.
COSENZA - Il gip di Milano,
ricostruendo gli stretti rapporti tra Morelli e il magistrato calabrese Giuseppe
Vincenzo Giglio, affronta
anche, in una quindicina di
pagine, la 'cronistoria’ delle
«aspettative di governo» del
consigliere regionale, aspettative che si 'scontrano’ però
con le 'vocì che circolano di
indagini sul suo conto.
Nell’aprile 2010, infatti, Morelli viene eletto nel consiglio calabrese e, scrive il gip,
«i numeri ottenuti in cabina
elettorale giustificavano,
per l’abile Morelli, aspettative di governo (...) alla guida
dell’assessorato regionale
per l’Agricoltura e Forestazione». Ma, prosegue il gip,
«che le cose non vadano come Morelli si aspettava già
viene fuori da una conversazione con Alemanno del 13
aprile» 2010. Alemanno:
«Senti, mi dice La Russa che
... eh ... nella lista mandata a
Scopelliti per gli assessori in
Calabria il tuo nome non ci
sarebbe, ti risulta?». Morelli:
«Eh! Mi risulta sì!». Il gip
spiega che «il grimaldello
per fare fuori Morelli sarà
proprio quello di temuti
guai giudiziari. E il giudice
Giglio – chiarisce il giudice –
è colui che si adopera per disinnescare l’inghippo». Il 18
aprile 2010, «Morelli - ricostruisce il gip - esce da casa
del giudice, e telefona subito
a Francesco Bevilacqua (se-
natore, ndr) che gli riferisce
di aver parlato con Alemanno che, a sua volta, è stato al
telefono per due giorni con
Scopelliti e con La Russa per
risolvere la situazione».
Il 6 maggio 2010, poi, in
una telefonata intercettata,
Alemanno dice a Morelli:
«Senti io ieri sera finalmente
sono riuscito a parlare con
Scopelliti a quattr'occhi». E
più avanti gli spiega ancora:
«Tu potresti subentrare da
assessore se nel frattempo
tutte quelle vicende sono
state chiarite, e nel frattempo faresti il presidente della
commissione bilancio». E
Morelli: «Va bene». L’8 giugno Morelli viene nominato.
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COSENZA - Le forze dell’ordine
hanno bussato alla porta della
sua abitazione intorno alle quattro del mattino, con in mano un
voluminoso decreto di perquisizione. E’ iniziata così per il consigliere regionale del Pdl, Franco
Morelli, attualmente presidente
della II^ commissione “Bilancio,
programmazione e Attività produttive”, una lunga giornata che
difficilmente dimenticherà. Il politico, difeso dall’avvocato Franco Sammarco del foro di Cosenza,
non solo ha dovuto subire le perquisizioni delle sue abitazioni a
Roma e Cosenza, nel suo ufficio
in consiglio regionale, ma anche
la lunga traduzione in cellulare
fino al carcere di Milano.
L’origine dei guai del consigliere regionale starebbero nei
rapporti che Morelli avrebbe intrattenuto con presunti appartenenti a cosche reggine che operavano in Milano a partire dal 2008.
Persone per le quali l’esponente
del Pdl si sarebbe prodigato in vari modi.
Tre sono infatti i capi di accusa
che il pm di Milano, Ilda Bocassini, contesta all’esponente della
maggioranza di centrodestra. Il
primo è concorso esterno in associazione mafiosa per i suoi presunti legami con esponenti del
clan reggino Valle-Lampada. Un
legame che sarebbe dimostrato
da una serie di intercettazioni telefoniche, da vari incontri che il
consigliere regionale avrebbe tenuto con i picciotti a Roma e Milano, soprattutto in occasione di
appuntamenti elettorali in Lombardia, e finanche dalla parteci-
li il suo nome inserito nel listino del candidi ADRIANO MOLLO
dato presidente Chiaravalloti, viene sostiNEGLI ultimi tempi, raccontano negli am- tuito all’ultimo minuto con quello di Gianbienti politici, quando gli si chiedeva un franco Leone di Forza Italia. Il centrodestra
chiarimento, Franco Morelli bisbigliava. Le vince le elezioni e lui diventa capo di gabisue risposte erano quasi inascoltabili. Se netto del neo governatore. Dopo un anno si
qualcuno insisteva, prendeva carta e penna costruisce una postazione invidiabile, il Sete scriveva. Pare fosse terrorizzato dalle in- tore “Obiettivi Strategici”, in sostanza un
tercettazioni, consapevole che un suo di- maxidipartimento con deleghe pesanti di
scorso, messo in un contesto diverso, potes- cui diviene il direttore generale. L'ottimo
se creargli problemi. Era rimasto sconvolto rapporto con il presidente Chiaravalloti (coda quella frase “Il compare del mio compare me confermano le intercettazioni) lo fa diè tuo compare” che pronunciò salutando af- ventare l'alter ego. Di fatto è lui tra il 2001 e
fettuosamente in consiglio regionale il col- il 2005 l'uomo al comando a Viale De Filiplega Domenico Crea, (poi arrestato e con- pis e il regista di molte iniziative istituzionadannato per l'inchiesta Onorata Sanità) che li, alcune finite nel mirino della magistratufece il giro del mondo. Una battuta finita ra. Nel 2002 decide di aderire ad Alleanza
nella puntata di Annozero di Michele Santo- Nazionale e diventa l'uomo di riferimento di
ro del 21 ottobre del 2006 incentrata sulla Gianni Alemanno che da ministro all'Agricoltura, il 10 magCalabria a un anno
gio del 2004, lo predall'omicidio del vimia con la nomina
cepresidente
del
di commissario delconsiglio regionale
l'Unire,
l'Unione
Franco Fortugno.
per l'Incremento
Nei fascicoli deldelle Razze Equine.
l'inchiesta Why Not
La struttura, fonfinirono diverse tedata nel 1932 come
lefonate con altri inente morale del midagati. Fino ad ognistero dell'Agrigi, però, ne era uscicoltura e delle Foreto sempre indenne.
ste, oggi si occupa
In politica Franco
di allevamenti e corMorelli, nato a San
se di cavalli. E’ in
Benedetto Ullano,
questo ruolo che si
paesino alle porte di
avvicina al mondo
Cosenza, 53 anni fa, Il saluto con Crea finito in televisione
delle scommesse e
sposato con due figli, ne ha fatta di strada. Giovanissimo en- decide di investire in alcune società di getra a lavorare nella Sip. Nella società telefo- stione dei servizi dei Monopoli.
Morelli nel 2005 viene rieletto in consinica si occupava della commercializzazione
dei gettoni. Poi le amicizie giuste, come glio regionale, ma il ruolo di consigliere di
quella ai tempi della Dc con Riccardo Misasi opposizione gli sta stretto. Nel frattempo
e relazioni proficue con il mondo ecclesiale scoppia l'inchiesta Why Not e lui viene sfiolo portano, nella prima metà degli anni No- rato.
Nel 2010 ritorna in Consiglio nella lista
vanta, nell'orbita della Banca di Roma. Dopo poco tempo la nomina di direttore gene- del Pdl con 13,671 voti presi in provincia di
rale di Europa occupazione - Impresa e soli- Cosenza. Un dato straordinario al punto da
darietà della Fondazione Cassa Risparmio indicarlo come probabile assessore regiodi Roma. Tra il 1995 e il 2000 la prima tappa nale. Ma il neo presidente Scopelliti punta
della sua carriera: ricopre la carica di presi- su altri, anche perché le voci di un suo coindente del Bic, società pubblica che si occupa- volgimento in inchieste giudiziarie divenva di sviluppo, poi confluita in Sviluppo Ita- tano pressanti. Alla fine lo stesso Alemanno
lia. Relazioni giuste, amicizie romane in- lo convince e non gli resta che ripiegare sulfluenti e il suo primo impegno in politica nel la presidenza della Seconda Commissione.
2000 diventa un caso. Alle elezioni regiona- Ieri l'arresto.
10 Primo piano
Giovedì 1 dicembre 2011
Primo piano 11
Giovedì 1 dicembre 2011
Il medico “impegnato” nelle comunali di Cologno Monzese
L’asse Milano-Reggio
Giglio sostiene la candidatura
del figlio di don Ciccio Valle
Il capogruppo del Pdl smentisce di aver
aiutato la moglie di Giglio all’Asp di Vibo
di MICHELE INSERRA
Ecco chi aveva
i voti del clan
La cosca «avrebbe ostacolato il libero esercizio del voto» sostenendo
Sarra e Fedele, intercettati nell’inchiesta, ma non indagati
di ANDREANA ILLIANO
REGGIO CALABRIA - La ‘ndrangheta aveva dei politici
che “appoggiava”, tra Reggio Calabria, Milano e Reggio
Emilia. Ed era pronta ad ogni elezione, sia comunale che
regionale a far sentire il suo peso. È questo il teorema da
cui parte l’inchiesta giudiziaria “Infinito”. I politici (alcuni
dei quali non indagati, ma che compaiono nelle intercettazioni) negano.
Di certo nella ordinanza di custodia cautelare per dieci
persone, firmata dal gip di Milano Giuseppe Gennari, si fa
riferimento ad alcune elezioni sulle quali il clan ValleLampada avrebbe incanalato i propri voti.
Tutto documentato in 800 pagine di inchiesta, dove c’è
anche un incontro, un summit a Roma tra esponenti del
clan, la Reggio bene e il consigliere regionale arrestato ieri, FrancoMorelli, proprioin quelCafè DeParis, sequestrto e ricondotto in una precedente inchiesta alla cosca calabrese degli Alvaro.
In particolare, Giulio Lampada, Leonardo Valle e Raffaele Ferminio avrebbero «ostacolato il libero esercizio del
voto, in occasione di competizioni
elettorali, facendo confluire preferenze su candidati a loro vicini, tra i
quali Alberto Sarra, per le regionali in Calabria dell’aprile 2005, attualmente sottosegretario alle Riforme e semplificazione amministrativa». Sarra non è stato candidato alle ultime regionali in Calabria, ma è appunto sottosegretario alla presidenza, è del Pdl e segue con particolare
attenzione il gruppo di Gianfranco Miccichè. Non è indagato.
Compare tra le carte del Gip anche «Giuseppe Adolfo
Alati, candidato nelle elezioni al Comune di Reggio Calabria del maggio 2007 (centrodestra, ndr) e della Regione
Calabria del maggio 2010. Non eletto». C’è ancora nelle
carte del Gip: «Antonio Oliverio, candidato alle elezioni per
ilComune diMilanodel maggio2006,assessore dellaProvincia di Milano agli Affari generali, turismo e moda fino
al maggio 2009». E naturalmente il clan aveva appoggiato
Francesco Morelli per le regionali in Calabria del marzo
2010, consigliere regionale Pdl, cosentino. Arrestato. Legato in maniera strettissima anche ad una serie di società
del clan.
Va oltre la ‘ndrangheta, supera Milano e la Calabria e arriva finoa ReggioEmilia (doveè accertatada tempola presenza delle ‘ndrine), tant’è che alle elezioni politiche del
2008 lo stesso clan decide di sostenere Tarcisio Zobbi che è
consigliere della Provincia di Reggio Emilia dal 2004 al
2009. Ma è Milano il colpo grosso, per il Gip, il clan avrebbe
appoggiato «Armando Vagliati, nelle elezioni alla Provincia di Milano del giugno 2009 e alla Regione Lombardia del
marzo 2010». Neanche questi indagato.
Nell’ordinanza firmata dal gip compare, come detto,
Luigi Fedele, che avrebbe avuto il sostegno politico del clan
alle elezioni per la Regione Calabria del maggio 2010, oggi
Fedele è consigliere regionale e capogruppo del Pdl a Palazzo Campanella.
Gli indagati si sarebbero fatti carico «nel corso degli anni di organizzare eventi e riunioni in prossimità delle competizioni elettorali, come una serata presso il Cafè de Paris
a Roma a cui parteciparono Francesco Morelli, Vincenzo
Giglio, Giuseppe Chiaravalloti, vicepresidente dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali e l’onorevole Antonio Buonfiglio, nonchè noti esponenti della borghesia di Reggio Calabria come il professor Quattrone,
primario di neurologia del Policlinico “Madonna della
Consolazione». Gabriele Quattrone, dal canto suo, smentisce categoricamentedi averpreso partea riunionie dinon
essere mai entrato all’interno del Cafè de Paris. Le carte
dell’inchiesta dicono altro.
Per il Gip invece il capogruppo del Pdl nel Consiglio regionale della Calabria, Luigi Fedele, era «la figura fondamentale per la risoluzione di qualsiasi problematica, un
soggetto al quale ci si può rivolgere per ottenere qualunque cosa».
Fedele e Giglio si scambiavano sms. Sono tutti scritti nelle intercettazioni telefoniche: «Fedele avrebbe accontentato le richieste del giudice Giuseppe Giglio, arrestato ieri».
E le richieste del giudice sarebbero passate a Fedele proprio tramite Francesco Morelli, consigliere regionale,
presidente della commissione bilancio a Palazzo Campanella (sede dell’assise regionaale) finito in manette. Fedele
e Morelli si occupano, tra le altre cose, anche della richiesta
che Giglio fa per sua moglie. In un sms, definito «illuminante» dal gip, Giglio scrive a Morelli: «ti confesso un piccolo segreto. Mia moglie fa parte della piccola cerchia di
persone a cui piace lavorare molto. Perciò, quale che sia la
destinazione, per favore, che sia un posto fortemente operativo e non di mera rappresentanza».
Giglio sarà accontentato perchè alla moglie, Alessandra Sarlo, una delle “grandi elettrici”di Fedele, verrà assegnato l’incarico di commissario straordinario presso la
Asl di Vibo.
Ieri il capogruppo del Pdl, Luigi Fedele prima invia una
nota in cui esprime la sua stima per Morelli e si affida alla
magistratura, poi in serata, tirato in ballo dai documenti
dell’inchiesta, si trova a diver difendere se stesso e scrive:
«Purtroppo, in tanti anni di attività politica, non ho avuto
la possibilità di risolvere qualsiasi problematica in seno al
Consiglio regionale della Calabria. Né durante la mia attuale carica di capogruppo del Pdl, né durante la legislatura in cui svolgevo il ruolo di Presidente del Consiglio. In
più, non ho mai avuto nessun tipo di rapporto, e tanto meno di amicizia, con la famiglia Lampada - Valle».
Fedele ammette «di aver ricevuto
sostegno elettorale dalla signora
Sarlo e dalla sua famiglia nelle ultime elezioni regionali. Una cosa nota a tutti, infatti, è che la famiglia
Sarlo risulta essere tra i nuclei familiari più apprezzati e stimati della città di Reggio Calabria».
Insomma Fedele afferma di non sapere di possibili legami tra il giudice Giglio (arrestato) e marito della Sarlo.
E il capogruppo del Pdl aggiunge: «Pertanto, ho ritenuto un fatto che rientrava nella normalità delle cose quello
di farmi sostenere elettoralmente dalla loro famiglia (in
considerazione anche della presenza di un magistrato
quale marito di Alessandra Sarlo). E’vero, anche - afferma
ancora Fedele - che la signora Sarlo aveva auspicato un suo
trasferimento dalla Provincia, ente in cui lavorava, al Consiglio regionale. Ma, per questo, non si è mai creata l’opportunità. E, nei successivi incarichi assegnati alla signora Sarlo, non ho mai avuto nessun tipo di influenza, com’è
tra l’altro facilmente dimostrabile. Di certo, la signora Sarlo ha ottenuto gli incarichi successivi esclusivamente per
la sua professionalità».
La Sarlo è stata commissario dell’azienda sanitaria di
Vibo e oggi è dirigente regionale. Un incarico che oggi
chiaramente pesa come un macigno, considerando che
suo marito è stato arrestato, proprio ieri. La Sarlo non è indagata.
La riunione a Roma con Morelli
e Chiaravalloti al Cafè de Paris
Con Formigoni per i lavori
all’aeroporto di Milazzo
REGGIO CALABRIA -La possibilità dei Lampada di inserirsi all’interno dei lavori legati alla realizzazione di un
nuovo scalo aeroportuale a Milazzo (Messina) e le afferite
conoscenze di «personaggi politici di importanza nazionale», come il governatore della Lombardia Roberto Formigoni e Mario Mauro, vicepresidente del Parlamento
Europeo. È questo in sintesi il contenuto di una conversazione del 2 novembre 2007 tra Giulio Lampada e tale Alberto. Lampada dice al suo interlocutore: «allora, Alberto! non vedi niente su cosa si possa realizzare, che ci possa
tornare utile sul discorso ... davanti alla costruzione di
un Aeroporto?...». Alberto risponde: «sai cos’è... Bisogna
valutare perchè l’aeroporto di Milano eh!!... Bisogna vedere, potrebbe pure affondare quello di Reggio». Dopo i
due passano a parlare di argomenti generici, tra cui le conoscenze nel mondo politico nazionale: - Lampada G.: «A
Formigoni come lo vedi? Alberto!» - Alberto: «Bene! Dicono che sia lui...» - Lampada G.: «il futuro?» - Alberto: «Eh!»
- Lampada G.: «apposto del Berlusca?» - Alberto: «Dicono
cosi!» - Lampada G.: «e lo vedo preparato anche io!» - Alberto: «A me piace!» - Lampada G.: «A me piace anche!
Bravo!... Sono stato a cena io con Formigoni!... eravamo
da ... alla festa del ... (inc.) che fanno insieme ad Armando!
(Vagliati, ex consigliere comunale, ndr)».
Palazzo Campanella, sede del consiglio regionale
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IL RETROSCENA
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I MONOPOLI
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Raccolte firme
per Forza Italia
e Lega Nord
Avevano contatti
attraverso
Valducci (Pdl)
REGGIO CALABRIA - Alla
vigilia delle elezioni amministrative del novembre
2007 il capoclan Giuseppe
Giulio Lampada si adoperava per la raccolta di firme
«verosimilmente destinate a
sostenere la presentazione
delle liste elettorali» e non si
faceva scrupolo di sottoscrivere più liste, nello specifico
quelle dei partiti di Forza Italia e della Lega Nord.
È un’altro dei retroscena
che emerge dall’ordinanza
di custodia cautelare emessa
dal giudice per le indagini
preliminari di Milano. Gli atti c’è una intercettazione di
una telefonata tra Giulio
Lampada e Giovanni Barbaro, anche lui imprenditore
del settore dei videopoker, finalizzata, scrive il gip, a pianificare una raccolta di adesioni «per il fatto - dice Lampada - delle firme di Forza
Italia».
Al che l’interlocutore gli
risponde: «compare i già qua
le ho raccolte tutte .. ne ho
fatte cinquanta .. glielo ho
mandate». Quindi Lampada
chiede all’altro se si può firmare su più liste e e la risposta è: «sì perchè io ho firmato
anche anche per la Lega
nord, si può fare .. certo».
«L’elenco dei politici in
rapporti diretti con i Lampada - scrive il gip di Milano - è
già nutrito e preoccupante.
Ma se si guarda al numero di
politici, anche di alto standing, menzionati da Lampada come soggetti ai quali potere arrivare o dei quali potere ottenere il supporto per le
più svariate iniziative, il
quadro si fa impressionante».
REGGIO CALABRIA - Il clan
Lampada era riuscito a costituire una rete di politici a livello locale e nazionale per
tentare la «scalata» ai Monopoli di Stato con lo scopo di fare un salto di qualità come
imprenditori nel settore dei
giochi di azzardo. Politici ai
quali in cambio erano assicurati voti e sostegno elettorale.
È quanto emerge nella ricostruzione di Giuseppe
Gennari, il gip che ha firmato dieci provvedimenti di arresto nell’ambito del inchiesta della Dda milanese, tra
cui quelli del giudice Vincenzo Giuseppe Giglio, il consigliere della Regione Calabria, Francesco Morelli, e
Francesco e Giulio Lampada.
Da quanto si evince dal
provvedimento del giudice, i
Lampada nel 2009 avevano
intenzionedi ottenerelaconcessione da parte dei MonopolidiStatoper igiochidiazzardo. Per questo Morelli,
tramite l’onorevole Mario
Valducci (Pdl), avrebbe procurato loro una serie di contatti con i dirigenti degli stessi Monopoli. Nell’ordinanza
del gip si fa anche riferimento ad alcuni incontri, anche
appuntamenti elettorali, avvenuti sempre tramite Morelli, con il sindaco di Roma
Gianni Alemanno (che non è
indagato e non era a conoscenza di chi fossero i Lampada): in un occasione Alemanno, ovviamente ignaro
di tutto, avrebbe ringraziato
anche Giulio Lampada citandolo come esempio dell’imprenditoria calabrese.
Il Comune di Cologno Monzese
manifesto politico di Leo Valle appaia
fuori dalle vetrine di un bar in zona Fiera a Milano.
Una presenza insolita visto che la
candidatura è in un Comune che si trova dalla parte opposta della città. La
stravaganza della cosa, però, è giustificata dal fatto che quel bar è riconducibile allo stesso clan Valle che lo usa come copertura per i propri affari. Ed è
proprio seguendo i soci di questo locale
che si arriva fino agli uffici della Provincia di Milano.
Il titolare, infatti, è il fratello di un noto imprenditore calabrese. Quest’ultimo è attualmente indagato per usura e
ritenuto dalla Questura contiguo ai
Condello. Ma è anche amministratore
di decine di società.
Si tratta di semplici srl, spesso inattive, ma con un fortissimo indice di liquidità, cui fanno capo imprese immobiliari, bar, ristoranti e società contabili. Ecco allora i fatti: circa un mese fa
questo imprenditore calabrese si trova
a una manifestazione preelettorale.
Qui incontra Antonio Oliverio, uomo
dell’Udeur e assessore provinciale alla
Moda e al Turismo nella giunta Penati.
Ecco come lo stesso Oliverio raccontò
allora l’incontro con l’imprenditore calabrese. In quel momento è ancora un
assessore del centrosinistra. «Qualcuno mi presentò questo imprenditore
calabrese che ha interessi nelle forniture dei bar di Milano. Lui, in quel momento, si stava dando molto da fare per
cercare appoggi politici, era andato anche da quelli di Di Pietro. Mi disse che
voleva mettere un suo amico a Cologno.
Io gli dissi di sentire Cantalupo».
Raffaele Cantalupo è assessore
uscente della giunta comunale di Cologno e capolista dei Riformisti. Poi, un
particolare che getta qualche ombra su
quella conoscenza avvenuta per caso.
Oliverio, che non risulta indagato e dichiara di non conoscere Valle, si dà da
fare per procurare a quell’imprenditore alcuni biglietti per le sfilate. «Solo
perché ero assessore alla Moda, li voleva per sua moglie». A questo punto
l’imprenditore calabrese, che tra le altre cose è anche il cognato di Leonardo
Valle, contatta Cantalupo. Questa la
versione che fornì l’assessore: «Qualcuno mi raccomandò Valle. Mi disse: è
un bravo ragazzo e vuole impegnarsi».
E lui, che Leonardo Valle un po’lo conosce perché a Cologno ha gestito un bar,
accetta.
Nessuno sospetto, ovviamente, sul
fatto che fino a poche settimane fa il
giovane erede di un casato mafioso così
potente non si fosse mai occupato di politica. Qualche voce, però, era girata.
Lo racconta Michele Carbone, candidato sindaco per Rifondazione comunista: «Sapevo del passato del padre di
Leonardo Valle che era stato al 41 bis.
Ne parlai con Cantalupo e Soldano».
LE REAZIONI. Fli e Idv attaccano il centrodestra. Il Pd interroga Scopelliti sulle elezioni
«Intrecci perversi, ora si proceda»
La Napoli chiede tempi più celeri per l’inchiesta. Stumpo: «A nulla è valso il codice etico»
IDV, Pd e l’Fli rincarano la
dose. L’inchiesta giudiziaria “Infinito” dimostra per
il centrosinistra come la
‘ndrangheta abbia collegamenti con la politica. Nico
Stumpo, dirigente nazionale del Pd tira in ballo il
governatore,
Giuseppe
Scopelliti, gli ricorda come
è stato proprio lui a promuovere un codice etico
per le ultime elezioni regionali che oggi, a leggere le
intercettazioni,
appare
non aver avuto alcun esito.
Il centrodestra non tace. Il
Pdl tiene a sottolineare che
quello che è accaduto non
deve inficiare i lavori del
consiglio regionale. Insomma non possono essere
ricondotti tutti nello stesso
calderone, per il centrodestra. Anche se l’arresto del
consigliere
regionale
Francesco Morelli fa scattare in meno di due anni
dalle elezioni regionali, il
secondo arresto in maggioranza, per Palazzo Campanella (l’ex consigliere regionale Santi Zappalà è ancora in carcere).
Da Roma il senatore di
Idv, Luigi Li Gotti afferma: «L’operazione della
magistratura contro la
’ndrangheta sull’asse Calabria-Lombardia, con il
coinvolgimento del presidente delle misure di prevenzione di Reggio Calabria, - secondo Li Gotti, capogruppo dell’Italia dei Valori in commissione Giustizia a palazzo Madama - dimostra il pesante inquinamento proprio nel settore
di punta del contrasto alla
mafia. Al solito compaiono
i politici e qualche profes-
Angela Napoli, Luigi Li Gitti, Maria Grazia Laganà
sionista. Plaudiamo, con
preoccupazione, all’inchiesta di una magistratura
che dimostra di non avere
riguardi per nessuno».
Angela Napoli (Fli),
componente della commissione parlamentare antimafia, non può fare a meno
di dire che in fondo lo aveva
già detto e dice: «Conosciamo tutti quale sia il clima
torbido che si registra ormai da più tempo nella città
di Reggio Calabria, ma lo
scenario, già aperto con le
inchieste «Meta», «Il Crimine» e «Il Caso Fallara», e oggi reso ancora più palese
con
la
prosecuzione
dell’operazione «Infinito»,
è davvero inquietante. Sarà compito della Magistratura giudicante - prosegue
- verificare le responsabilità di coloro che oggi sono
stati colpiti dagli interventi giudiziari, ma non è più
accettabile che rimangano
ancora coperti da ombre i
ruoli di determinati personaggi. Gli intrecci perversi
che accomunano pezzi della politica, delle Istituzioni,
dell’imprenditoria, dei Servizi deviati e della ‘ndrangheta, vanno recisi con urgenza e nella loro totalità.
La lunghezza dei tempi che
intercorre tra la chiusura
delle indagini e gli interventi giudiziari dovuti, - dice - nonchè la conseguente
garanzia
dell’impunità,
non fanno altro che consentire inquinamento delle
prove e consolidamento di
quel sistema di illegalità
diffusa che imperversa sulla città di Reggio Calabria e
sulla sua provincia».
Per Adriana Musella,
presidente del coordinamento nazionale antimafia
«Riferimenti», «constatando ciò che succede intorno a
noi, non si può negare che
la questione morale sia , oggi come ieri, più attuale che
mai. Gli arresti di un politico e di un magistrato a Reggio Calabria come quelli di
Milano, ci sconcertano - afferma - non poco ma, certa-
mente, non ci meravigliano. Se la ‘ndrangheta è arrivata a certi livelli è perchè
esiste la cosiddetta zona
grigia o borghesia mafiosa
fatta di politici, uomini delle Istituzioni e forze dell’ordine, burocrati, professionisti compiacenti collusi e
conniventi con la criminalità organizzata. Sono questi la vera linfa della mafia
che la alimentano e la ingrassano. È questa gente
incensurata, insospettabile, che si presta come strumento negli affari sporchi».
Un plauso alla magistratura per l’attività svolta
nell’operazione
anti
’ndrangheta anche da Maximiliano Granata, portavoce regionale dell’Adc, il
quale esprime «pieno sostegno e grande fiducia
nell’operato dei magistrati
che svolgono la lotta contro
la ‘ndrangheta e ogni forma di reato che impedisce il
mancato decollo e sviluppo
del nostro tessuto socio
economico. Non basta però
- prosegue - solo l’operato
della magistratura, le forze politiche devono fare anche la loro parte, individuando dirigenti e amministratori di grande moralità che agiscano all’insegna della trasparenza e
correttezza nella gestione
della cosa pubblica».
La deputata Maria Grazia Laganà Fortugno (Pd)
afferma: «E’ uno spaccato
assai inquietante, quello
che emerge dall’operazione condotta dalla procura
distrettuale antimafia di
Milano, sotto il coordinamento di un magistrato attento e coraggioso come Ilda Boccassini. In Calabria e
in Lombardia, terra ormai
colonizzata dalle cosche,
esiste una contiguità tra
pezzi ben definiti del mondo delle istituzioni e consorterie della ‘ndrangheta.
Ma a lasciare sconcertati in
questo caso - prosegue la
parlamentare - è il coinvolgimento di magistrati che,
in ragione degli incarichi
svolti e degli uffici ricoperti, avevano un ruolo fondamentale nell’azione di contrasto alla criminalità organizzata. La Calabria vive
adesso un momento delicatissimo della sua storia. Se
l’impianto accusatorio dovesse trovare pieno riscontro, emergerebbe l’esistenza di un vero e proprio verminaio.
Confidiamo
nell’azione della magistratura come istituzione - conclude la parlamentare democratica - affinchè l’accertamento delle responsabilità sia tanto incontestabile quanto celere».
In Lombardia
Interrogatori
a Milano
si parte subito
con il clan
Una volante della polizia
OGGI la conferenza stampa
a Milano per l’inchiesta “infinito” con Ilda Boccassini e
Giuseppe Pignatone. Inizieranno, inoltre, sempre oggi,
gli interrogatori di garanzia di alcune delle dieci persone arrestate nell’inchiesta della Dda di Milano che
ha coinvolto la famiglia dei
Valle-Lampada.
Il gip di Milano Giuseppe
Gennari si prepara a interrogare Giulio e Francesco
Lampada, Leonardo Valle e
Raffaele Ferminio, accusati
fra gli altri reati di associazione di tipo mafioso. Domani verranno sentiti invece il
consigliere regionale della
Calabria Francesco Morelli,
arrestato con l’accusa di
concorso esterno in associazione mafiosa, e il giudice
del Tribunale di Reggio Calabria Giuseppe Vincenzo
Giglio, che sono stati già
trasferiti in carcere a Milano, dopo che perl oro sono
scattate le manette in Calabria.
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REGGIO CALABRIA - Dalle indagini
della Procura milanese è emerso anche
che il medico Vincenzo Giglio, cugino
del magistrato di Reggio Calabria,
avrebbe appoggiato la campagna elettorale di Leonardo Valle, arrestato ieri
per associazione mafiosa, che si era
candidato per le comunali del 7 giugno
2009 a Cologno Monzese, senza poi essere eletto. Lampada era candidato con
la lista “Sinistra per Cologno Monzese”.
Per i magistrati il clan Valle, cosca alleata con potente holding dei Condello
di Reggio era scesa direttamente in
campo in politica.
L’uomo “investito” a rappresentare
la ‘ndrangheta è Leonardo Valle, classe
’72, di Reggio Calabria. Il suo nome sta
scritto nero su bianco nella lista dei Riformisti, area socialista, in appoggio a
Mario Soldano, sindaco uscente di Cologno e capolista del Partito democratico. Centrosinistra, dunque. La mafia
non fa differenza quando c’è da dare
l’assalto alla nuova speculazione edilizia che nascerà attorno a questo paesone dell’hinterland.
I Valle, dunque. Ecco cosa emerge da
un’informativa del Reparto operativo
dei carabinieri di Milano. «Francesco
Valle, noto come don Ciccio, è il capo del
clan Valle legato alla cosca Imerti-Condello. A suo carico figurano precedenti
o pregiudizi penali per associazione
mafiosa e sequestro di persona».
Ma non è tutto. Leonardo Valle, meglio noto agli amici come Leo, è uno dei
quattro figli di don Ciccio. «Anche lui scrivono gli uomini dell’Arma - ha precedenti o pregiudizi per associazione
mafiosa, estorsione e usura». Un inquietante intreccio confermato da un
fatto singolare. Capita, infatti, che il
12 Primo piano
Giovedì 1 dicembre 2011
Primo piano 13
Giovedì 1 dicembre 2011
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L’asse Milano-Reggio
L’uomo “malato” si faceva accompagnare in carcere per i colloqui
Il notaio Borelli
“socio” del clan
soprattutto la costituzione di una società. E lo stesso
avvocato a spiegare ai vertici della cosca i motivi della
nascita di quella società in terra straniera e i vari passaggi della complessa ma necessaria operazione. Per
gli inquirenti l’obiettivo erano uno solo: eludere la
normativa in materia di misure di prevenzione patrimoniali. Una società americana al portatore che in
caso di indagini non avrebbe portato le forze dell’ordine a scoprire il reale proprietario. Alla società erano stati destinati circa settantamila metri quadrati
di terreni, tutti oggi sottoposti a sequestro dall’autorità giudiziaria. Stessa strategia l’avvocato aveva
utilizzato anche per altre cosche in Lombardia, tra
cui quella dei Valle-Lambada.
E sempre con l’avvocato gli esponenti della cosca si
confrontano. Ed è sempre lui a trovare soluzioni poco
pulite. Quando Gesuele Misale gli comunica che bisogna far scarcerare qualcuno, il pensiero va subito alla moglie, a Teresa Gallico, la donna che per conto del
clan riscuote le tangenti da imprenditori
e commercianti di Palmi. E per riportarla
in libertà c’è solo una strada, come suggerisce l’avvocato: ci vuole una malattia. Insomma, la testa frulla e si inizia a pensare
al medico da avvicinare per diagnosticare
una malattia e far ritornare a casa. E poi è
sempre l’avvocato, secondo le intercettazioni in diversi penitenziari, a riportare
all’esterno “comunicazioni” da parte dei
vertici dell’organizzazione ristretti in cella.
Ma c’è un altra circostanza che per i magistrati è di
una gravità inaudita. A fine 2010 all’interno dello
studio legale di Minasi si pensa ad un piano. Su esplicita richiesta di Teresa e Rocco Gallico l’avvocato si
era detto disponibile ad adottare una serie di condotte illecite per far maturare il termine di prescrizione
del reato, che coincideva con il 5 dicembre 2010. Secondo Minasi, infatti, per ottenere il decorso del termine prescrizionale e, conseguentemente, la prescrizione del reato sarebbe stato sufficiente spostare
materialmente il fascicolo processuale che si trovava
presso la Corte d’Appello di Reggio prima che venisse
trasmesso in Cassazione o, meglio ancora, sottrarre
dallo stesso una relata di notifica. Addirittura Teresa
Gallico era pronta a chiedere a un cancelliere di sua
conoscenza di nascondere il fascicolo per far decorrere i termini.
Far sparire
i fascicoli
da Reggio
per far decorrere
i termini
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IL CASO
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Domenico Nasso pronto a uccidere
Si era detto disponibile ad eliminare uno dei figli di Marcello Fameli
REGGIO CALABRIA - Domenico Nasso, nipote acquisito dei
Gallico, era uno dei pochi fedelissimi ancora in libertà. E lui
era disposto a tutto per conto
dell’organizzazione criminale
della Piana di Gioia Tauro, a cui
non faceva mai mancare il suo
contributo e il suo sostegno. E
in cambio aveva una vita agiata.
Il suo reddito dichiarato era
quasi sempre zero, e in altre circostanze si trattava di cifre che
non corrispondevano per niente al suo tenore di vita. Con gli
arresti di capi e gregari era diventato un punto di riferimento
per tutti gli “amici” e parenti detenuti, recandosi spesso ai colloqui presso vari istituti di pena.
Antonino Gallico
In particolare faceva visita ad
Antonino Gallico, Giuseppe e
Rocco Gallico. Incontri che servivano a Nasso per mettere al
corrente dei detenuti di quanto
avveniva sul territorio reggino.
E viceversa lui riceveva direttive, da eseguire direttamente o
da comunicare ad altri sodali
fuori dal carcere. E poi manteneva una fitta corrispondenza
con Giuseppe Gallico, dal quale
riceveva disposizioni, e con Domenico Gallico. In tutte queste
circostanze, secondo le attività
investigative, si era sempre mostrato disponibile a perpetrare
vari reati nell’interesse del sodalizio palmese. Si dichiarò addirittura pronto ad ammazzare
uno figli di Marcello Fameli,
l’uomo storicamente “amico”
della cosca Condello, ucciso il 2
settembre del 1997 in contrada
Pietrosa di Palmi. Si temeva che
i figli della vittima essendo diventati adulti, potessero in
qualche modo avere propositi di
vendicare per l’uccisione del padre.
m. i.
Per la suocera
andava a fare
la spesa
con l’auto
Lucia Morgante, suocera di Misale
E infatti a chiarire in suo ruolo ad interim a
Domenico Gallico è proprio Nasso che teneva
sottolineare di aver ottenuto il privilegio a partecipare al colloquio proprio in ragione del fatto che Gesuele Misale era “malato” e lui era il
suo accompagnatore. Il tutto tra i sorrisi
dell’allegra comitiva.
La circostanza veniva captata dagli investigatore e pertanto veniva appurato anche che
l'asserita “malattia” di Misale, ormai in fase di
guarigione, aveva costituito un semplice pre-
testo per consentire a Nasso di partecipare ai
colloqui in carcere con i detenuti.
Adesso sia Nasso che Misale sono stati bloccati dagli agenti della squadra mobile di Reggio e da quelli del commissariato di Palmi. Dopo gli arresti per gli investigatori erano diventati personaggi di assoluto affidamento dei
vertici della cosca e a cui veniva impartiti ordini precisi per gestire gli affari della consorteria sul territorio di Palmi.
m. i.
Teresa Gallico
Era in libertà vigilata nella città di Brescia
Da giugno è sparito
Carmelo Gallico
REGGIO CALABRIA - Il 28 marzo
2007 Carmelo Gallico veniva
scarcerato e sottoposto a libertà
vigilata, trovando una sistemazione a Brescia. Dalla città Lombarda l’uomo impartiva ordini ai
suoi fedelissimi in Calabria. Ma
da giugno scorso è scomparso
dalla circolazione. Aveva l’obbligo di firma ma non si è più presentato alla questura di Brescia. Secondo gli investigatori aveva
avuto il sentore che
negli ultimi tempi
era sotto osservazione. E così dopo
un consulto con
l’avvocato Vincenzo Minasi è sparito
nel nulla. O meglio
ha optato per una
latitanza preventiva. E da giugno vani sono stati i tentativi delle forze
dell’ordine di acciuffarlo. Lui tra
l’altro è giù esperto
di fughe. Era inse- Carmelo Gallico
rito nella lista dei
500 ricercati più
pericolosi quando
nell’aprile del 2000
fu arrestato dalla
Polizia a Terni.
Gallico fu arrestato in esecuzione
di due ordinanze di
custodia cautelare
emesse dall’autorità giudiziaria di
Reggio Calabria e
Messina per associazione di
stampo mafioso. Doveva scontare, per una serie di condanne, 20
anni di carcere. Latitante da otto
anni, autorevole membro della
‘ndrangheta, considerato membro della cosca di famiglia, Carmelo Gallico fu fermato per accertamenti chiedendogli i documenti, ma gli agenti si accorsero che
aveva una carta di identità rubata
intestata ad un’altra persona.
Condotto in questura per accertamenti, dal riscontro dattiloscopico fu poi identificato.
A Terni, tuttavia, Gallico era
stato arrestato nel 1982, quando
aveva appena 19 anni, per aver
fornito false generalità.
Nel febbraio scorso Carmelo
Gallico è stato scarcerato dalla
corte di cassazione, prima sezione penale, che annullò l’ordine di
custodia cautelare
per l’omicidio Fameli per insussistenza
di gravi indizi di colpevolezza.
Carmelo Gallico,
mentre si trovava
rinchiuso nel carcere di Brescia, nei primi giorni del mese di
giugno 2010 aveva
tentato il suicidio. Si
salvò grazie al tempestivo intervento
degli agenti di polizia penitenziaria.
Carmelo Gallico è
considerato l’intellettuale della famiglia, artefice a Palmi
negli anni Ottanta
della guerra di mafia
contro i Condello.
Carmelo durante la
sua detenzione nel
carcere di Fossombrone scrisse una serie di saggi, alcuni
dei quali «Frammenti di vita» e «Sogni in
frammenti», ritrovati nel bunker
con tanto di dedica ai nipoti Alfonso e Lucia. Nonostante la sua
appartenenza a una famiglia di
‘ndrangheta, in molte interviste
televisive spiegò che era pronto a
redimersi, ma non lo fece mai.
Una sua pubblicazione è diventata una commedia che negli anni
scorsi andò in scena nel teatro di
Palmi.
Aveva avvertito
il fiato sul collo
delle forze
dell’ordine
Marafioti si difende
Riceveva l’integrazione dalla Ce
L’avvocato
Produzione di olive
«Niente illeciti
con il prestanome
da parte mia» che non versava soldi
REGGIO CALABRIA - «Ho messo
a disposizione degli inquirenti
tutto il carteggio relativo allo
svolgimento della difesa di Domenico Gallico, certo come sono
di non avere mai compiuto atti illeciti nell’adempimento dei miei
doveri di avvocato». Lo afferma,
in una nota, l’avvocato Giovanni
Marafioti, indagato dalla Dda di
Reggio Calabria per favoreggiamento aggravato dalla finalità di
sostegno alla cosca Gallico della
'ndrangheta. «Ho chiesto di essere interrogato – aggiunge
Marafioti –
per chiarire i
fatti
che
nell’interpretazione
dell’accusa
sarebbero indizianti di favoreggiamento perchè
essi riguardano lo svolgimento doveroso
del
rapporto,
spesso difficile in ragione
delle diverse
Una toga di avvocato
culture a confronto, con l’imputato assistito. I
miei difensori, avvocati Armando Veneto e Giuseppe Milicia,
avranno cura di esprimere il mio
rammarico, ma anche la mia serenità, per essere stato raggiunto da un’accusa che reputo chiaramente infondata».
«Consapevole che l’effetto immediato non può che essere, come chiunque avrebbe potuto immaginare all’atto di decidere l'invio dell’avviso di procedimento,
quello di costringermi alla rinunzia alla difesa di Domenico ed
Antonino Gallico – conclude l'avvocato Marafioti – vi provvederò
alla prima udienza utile».
Una panoramica di Palmi
REGGIO CALABRIA - I terreni riconducibili alla cosca dei Gallico e poi trasferiti ad una
società all’estero era fittiziamente intestati a
Giuseppe Surace, alias “Peppino pastasciutta” e alla moglie Grazia Melissari. E lo erano
da anni, secondo quanto raccontato anche
dal testimone di giustizia Gaetano Saffioti.
Punto di partenza per ricostruire i fatti
contestati è in particolare un colloquio intercettato in un carcere della Campania tra
Domenico Gallico e la sorella Teresa, la moglie di Milasi. E proprio in questa circostanza che la donna parla del titolare fittizio dei
beni. E anche del furto dell’integrazione relativa ad un oliveto, o meglio soldi intascati
per la produzione da parte della comunità
europea. Teresa era andata su tutte le furie
per questa questione visto che a loro non era
stato dato un centesimo. La donna veniva
calmata. A farla ragionare era il fratello.
L’uomo temeva rivolgendosi in maniera
brusca si potevano ottenere pochi benefici e
molte grane. Si temeva che il prestanome potessse rivolgersi alle forze dell’ordine visto
che non aveva nella sua disponibilità la somma percepita dall’intregrazione. A questo
punto si decide di parlare con il prestanome
e trovando un accordo: una mini rata mensile da versare mensilmente alla cosca di
Palmi.
Il racconto del pentito Marino
Alla conquista della capitale
REGGIO CALABRIA - Ad accusare il boss
di Palmi Carmelo Gallico, c’è anche anche
un collaboratore di Giustizia, Vincenzo
Marino. Il pentito avrebbe raccontato ai
magistrati titolari dell’inchiesta (il procuratore aggiunto Michele Prestipino ed i sostituti Roberto Di Palma e Giovanni Musarò) di aver conosciuto il capo mafia della
cittadina tirrenica in occasione di un suo
periodo di detenzione proprio nel carcere
di Palmi. Marino non rivelerebbe episodi
specifici riferibili a fatti di sangue, quanto
dello spessore criminale el boss.
Una testa pensante più che un killer, Gallico era temuto e riverito tra le mure del penitenziario. L’uomo gli avrebbe rivelato di
alcuni episodi relativi al proprio ingresso
in società. Affermando di “essere stato battezzato” in un campo di rose bianche. Una
cerimonia, insomma riservata soltanto a
personalità di un riconosciuto spessore
‘ndranghetistico.
Sempre il pentito ha poi raccontato di come Carmelo Gallico fosse temuto dalle stesse guardie carcerarie, le quali evitavano di
avere scontri con lui. Più in generale i calabresi che erano detenuti a Palmi, godevano della protezione di Gallico stesso che
evidentemente trovandosi nel proprio territorio era tenuto a fare una sorta di onori
di casi agli “amici”. Fatti di carcere e di mafia, in altri termini. Sempre Marino avrebbe poi spiegato come il boss appartenesse a
una sorta di gruppo di intoccabili, mafiosi
di primissimo piano. nella stessa descrizione si parla di gallico come di un uomo
che si intratteneva a parlare volentieri con
i detenuti “degni di questo nome”. E che lo
facesse con il piglio del vecchio capomafia
dispensando saggezze a destra e a manca.
Insomma un boss che aveva smesso di uccidere con le armi per iniziare ad uccidere
con la testa. I fatti raccontati dal collaboratore di giustizia risalgono agli anni 20052006. Un periodo ridotto, di poco più un
mese, nel corso del quale tuttavia Marino
aveva potuto vedere con i propri occhi i rapporti tra gli uomini del clan Gallico e quelli
di altre famiglie calabresi. Ma soprattutto
sufficiente a capire come Carmelo Gallico
intrattenesse rapporti alla pari con altri
boss di elevato lignaggio detenuti assieme
a loro.
REGGIO CALABRIA - Intrecci e legami tra
famiglie che dalla Piana di Gioia Tauro
vengono consolidati sotto i palazzi del potere della Capitale.
La 'ndrina dei Gallico ha una storia di fedeltà che parte dal suo paesino d'origine,
Palmi in provincia di Reggio Calabria.
Se le sue attività illecite raggiungono
Roma i componenti lo devono ai collegamenti che si sono creati negli anni con
un'altra cosca del territorio della provincia di Reggio.
È la 'ndrina Alvaro, famiglia originaria
di Sinopoli a pochi chilometri da Palmi. Alvaro, infatti, è tra le cosche meglio organizzate nel Lazio. Sia nella Provincia di Roma che in quella di Latina (i territori nel
sud del Lazio sono invece «lasciati» alla camorra). La presenza territoriale è ben conosciuta dalle forze di polizia. Gli affari tra
le due famiglie nel campo degli stupefacenti in Calabria ha portato a una collaborazione anche su Roma.
Qui, nella Capitale, i Gallico riciclano il
denaro sporco attraverso attività apparentemente lecite come, per esempio, nel
campo della ristorazione e della compravendita di immobili di pregio, spesso prossimi ai palazzi delle Istituzioni. Il sodalizio
con gli Alvaro si è poi, affare dopo affare,
allargato anche ad altre 'ndrine come i Pesce, i Bellocco e i Piromalli considerati dalla Direzione investigativa antimafia romana la più grossa 'ndrina dell'Europa occidentale.
Il Comune denominatore è la presenza
territoriale. Tutti arrivano dalla Piana di
Gioia Tauro in una terra “florida” per far
business da capogiro.
Ma la cosca Gallico è solo un tassello nel
puzzle che compone il panorama criminale della 'ndrangheta sul territorio di Roma. Non a caso nel recente passato sono
state effettuate diverse operazioni antiriciclaggio da parte della Dia e delle altre forze di polizia. A Roma, dunque, la Calabria
che delinque si muove silenziosamente.
Da anni. Intreccia i propri legami coltivati
in «patria» e colonizza i business che più
contribuiscono allo sviluppo del suo impero criminale, attraverso l'attività di riciclaggio. Una fitta rete che soffoca la Capitale.
Quel boss riverito A Roma riciclaggio
in accordo
anche tra le mura
con
gli Alvaro
di un carcere
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REGGIO CALABRIA - Il marito di Teresa Gallico, Gesuele Misale, aveva una pensione di invalidità con accompagnamento. Ma era pienamente attivo nella vita quotidiana. Quando la
suocera lo chiamava sul cellulare era sempre
alla guida di un’autovettura, spesso da solo, in
giro per le strade di Palmi. La suocera lo chiamava per acquistare pane, verdura o magari
per andare a prendere la nipote a scuola perchè magari pioveva. E lui era sempre disponibile. E sempre alla guida della sua autovettura. Oggi è tra le sei persone fermate dalla Dda
di Reggio con un provvedimento firmato dal
procuratore Giuseppe Pignatone, dall’aggiunto Michele Prestipino e dal sostituto procuratore Giovanni Musarò. Ma la circostanza
che balza agli occhi è che Misale utilizza la sua
invalidità per essere accompagnato in carcere da
un altro del gruppo per andare a far visito ad uno dei
vertici della cosca.
Stando agli ultimi accertamenti le condizioni di salute di Gesuele Misale era in
netto miglioramento. L’uomo, insomma si era quasi
completamente ristabilito
tanto che oltre a guidare
l’autovettura, si reca spesso a far visita ai detenuti, bada ai piccoli nipoti
e all’anziana suocera Lucia Giuseppa Morgante, attualmente ristretta agli arresti domiciliari.
Ma Misale si spinge oltre. Infatti approfittando del fatto di essere in “possesso” di una
pensione di invalidità con relativo diritto all'accompagnamento, offre l’opportunità a Domenico Nasso di prendere parte di colloqui
con i detenuti in qualità di “accompagnatore”.
Per i Gallico crearono una società in America a cui
“destinarono” circa 70mila metri quadrati di terreni
di MICHELE INSERRA
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Misale, giallo invalidità
Le strategie dell’avvocato Minasi
e del suo collega di Lugano
REGGIO CALABRIA – Creavano società off-shore
negli Stati Uniti a cui venivano ceduti i beni dei Gallico di Palmi per sottrarli ai sequestri dello Stato. A
“tutelare” i patrimoni della ‘ndrangheta erano due
professionisti: l’avvocato Vincenzo Minasi e il notaio
Daniele Borrelli con studio a Lugano. Entrambi erano soci, entrambi sono stati arrestati dagli uomini
della squadra mobile di Reggio Calabria su disposizione della Dda della città dello Stretto. Sono due delle
sei persone coinvolte nell’indagine reggina. Gli altri
sono Gesuele Minasi, marito di Teresa Gallico, considerata al vertice della cosca della Piana di Gioia Tauro, Carmelo Gallico, Alfonso Rinaldi e Domenico
Nasso, entrambi ritenuti organici alla cosca, e Carmelo Gallico, che residente in Lombardia
impartiva direttiva ai sodali. Da quando
erano finiti in cella i fratelli Giuseppe e
Domenico era lui a reggere le redini del
clan.
E proprio dopo l’ok di Domenico, placet
giunto all’avvocato Minasi attraverso Teresa Gallico, sorella del detenuto, che si
decide di costituire una società per trasferire gli ingenti beni della cosca. Il rappresentante legale della società è proprio il
notaio Daniele Borelli, con studio a Lugano, in Svizzera, e socio dell’avvocato Minasi. La costituzione della società doveva
essere fatta in tempi brevi. Il clan sentiva
il fiato sul collo degli investigatori e avvertiva pertanto la necessità di salvaguardare il patrimonio di
famiglia. A mettere sulla strada giusta la cosca era
stato l’avvocato Minasi, il difensore storico dei Gallico. L’uomo è tra l’altro difensore di Maria Valle, la
giovane figlia del patriarca don Ciccio Valle, della
quale tempo fa aveva ottenuto l’annullamento
dell’arresto in Cassazione. E con l’operazione di ieri
Maria Valle, moglie di Francesco Lampada è finita
nuovamente in manette con l’accusa di corruzione e
si trova adesso ristretta ai domiciliari. Minasi è stato
inchiodato da intercettazioni telefoniche, ambientali
all’interno del suo studio di Palmi e di e-mail. Da qui,
secondo gli investigatori, era lui in prima persona a
gestire i beni e deteneva ingenti somme per conto
dell’organizzazione. Pertanto non si preoccupava solo di fatti rientranti nella sfera legale, come altri difensori dei Gallico. Nel mirino della procura finisce
L’ESCAMOTAGE
BREVI
24 ore
Giovedì 1 dicembre 2011
A REGGIO
OGGI DA REGGIO
PROVINCIA DI CATANZARO
Domani arriva il ministro Clini
Parte il progetto “Gerbera Gialla”
Chiesti 46,5 milioni per il maltempo
DOMANI alle ore 11, a Reggio Calabria, il Ministro
dell’Ambiente Corrado Clini ed il Presidente della Regione Giuseppe Scopelliti terranno una conferenza
stampa. Sarà presentata “CalabriaInnova”, una rete al
servizio di imprenditori e ricercatori.
OGGI nella sala “Nicola Calipari» del Consiglio regionale,
prenderà il via il Progetto «Gerbera Gialla» che si diffonderà successivamente con una serie di manifestazioni su
tutto il territorio nazionale, per concludersi, con le giornate nazionali della «Gerbera gialla» a Maggio 2012.
LA Provincia di Catanzaro chiede al governo la dichiarazione dello stato di calamità naturale di circa 46,5
milioni di euro per l’intero territorio colpito dall’eccezionale ondata di maltempo del 22 e 23 novembre scorsi, costata peraltro la vita ad un uomo.
La Corte di assise di Locri assolve Martino e Panetta dall’accusa di aver ucciso il boss di Locri
Cordì, condannato Curciarello
La Procura è pronta a fare appello. Chiave di volta la perizia del Ris
I Crinò respingono le accuse
Il sindaco di Casignana e il fratello sentiti dal gip Laganà
di GIOVANNI VERDUCI
SIDERNO - Il sindaco di Casignana ha replicato a tutte le accuse che gli sono state
mosse dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria. Ieri pomeriggio, Pietro Crinò e il fratello Antonio (responsabile tecnico della Zetaemme: la società che gestiva il sito per la raccolta dei
rifiuti di Casignana) si sono trovati faccia
a faccia con il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Reggio Calabria
Antonino Laganà: lo stesso che aveva firmato i provvedimenti di arresto per disastro ambientale.
Il primo cittadino e il fratello ingegnere,
assistiti dagli avvocati di fiducia Antonio
Speziale e Giacomo Crinò, hanno offerto al
giudice del tribunale di Reggio Calabria la
loro verità sui fatti contestati dai carabinieri del Nucleo operativo ecologico e dai
magistrati della Procura antimafia.
In particolare, Antonio Giovanni Crinò
ha voluto spiegare ai giudici reggini la
sua versione dei fatti legata all’interpretazione delle immagini registrate dalle tele-
camere piazzate dai carabinieri nei pressi
della discarica di Casignana. L’ingegnere
ha spiegato al gip Laganà che il percolato
che lo stesso avrebbe sversato non finiva
nel vallone Rambrotta ma nelle vasche di
decantazione, appositamente realizzate a
valle del sito di raccolta dei rifiuti per raccogliere il fluido prodotto dalla macerazione della spazzatura.
Il sindaco Pietro Armando Crinò, fra le
altre cose, si è soffermato sulla telefonata
registrata dagli inquirenti durante la
quale chiedeva di essere contattato direttamente dal presidente della Regione Calabria Giuseppe Scopelliti. Per l’amministratore non si sarebbe trattato di un’azione speculativa, ma solo di un tentativo di
parlare con il Governatore nei giorni in
cui una crisi nel sistema di raccolta dei rifiuti stava soffocando il territorio della
Locride.
Al termine di questa settimana il gip dovrebbe rendere pubblica la sua decisione a
carico di Pietro e Antonio Crinò e delle altre persone finito dentro l’inchiesta e che,
in queste ore, saranno sentite dal giudice.
Tribunale di Lamezia Terme
Esec. n. 46/10 Reg.Es.Imm.
G.E. Dr.ssa Adele Foresta
Professionista Delegato alla vendita Notaio Dr. Mario Bilangione
Lotto 1: in Falerna (CZ), loc. Marinella, C.da Cartolano snc, porzione immobiliare facente parte
della palazzina residenziale e precisamente appartamento al p. quarto, cat. A/3, vani 4, composto da due stanze da letto, bagno, cucina-soggiorno e due ampi balconi.
Lotto 2: in Lamezia Terme (CZ), sez. Sambiase, via delle Terme n. 158, porzione immobiliare
facente parte del fabbricato e precisamente magazzino al p. terra, consistenza catastale mq 52.
Lotto 3: in Lamezia Terme (CZ), sez. Sambiase, via delle Terme n. 158, porzione immobiliare
facente parte del fabbricato e precisamente appartamento allo stato rustico, al p. primo, int. 1,
sup. lorda mq 169, composto da tre camere da letto, due servizi, cucina-pranzo, soggiorno e
lavanderia e tre balconi.
Lotto 4: in Lamezia Terme (CZ), sez. Sambiase, via delle Terme n. 158, porzione immobiliare
facente parte del fabbricato e precisamente appartamento allo stato rustico, al p. primo, int. 2,
vani 6, sup. lorda mq 169, composto da tre camere da letto, due servizi, cucina-pranzo, soggiorno e lavanderia e tre balconi.
Lotto 5: in Lamezia Terme (CZ), sez. Sambiase, via delle Terme n. 158, porzione immobiliare
facente parte del fabbricato e precisamente appartamento allo stato rustico, al p. secondo, int. 3,
vani 5, sup. lorda mq 169, composto da tre camere da letto, due servizi, cucina-pranzo, soggiorno e lavanderia e tre balconi.
Lotto 6: in Lamezia Terme (CZ), sez. Sambiase, via delle Terme n. 158, porzione immobiliare
facente parte del fabbricato e precisamente la piena proprietà dell’appartamento allo stato rustico, al p. secondo, int. 4, sup. lorda mq 169, composto da tre camere da letto, due servizi, cucina-pranzo, soggiorno e lavanderia e tre balconi.
Lotto 7: in Lamezia Terme (CZ), sez. Sambiase, via delle Terme n. 158, porzione immobiliare
facente parte del fabbricato e precisamente la piena proprietà dell’appartamento allo stato rustico, al p. terzo-sottotetto, sup. lorda mq 110, composto da cucina-soggiorno, camera da letto, una
sala più il bagno e un ampio terrazzo che corre tutto intorno all’appartamento.
Lotto 8: in Lamezia Terme (CZ), sez. Sambiase, via delle Terme n. 158, porzione immobiliare
facente parte del fabbricato e precisamente la piena proprietà dell’appartamento al p. terzo-sottotetto, int. 6, vani 5, sup. lorda mq 110, composto da cucina-soggiorno, camera da letto, una
sala più il bagno e un ampio terrazzo che corre tutto intorno all’appartamento.
Vendita senza incanto 11.01.2012 ore 10.30 avanti al Notaio delegato, presso i locali
dell’Associazione Notarile nel Palazzo di Giustizia di Lamezia Terme, Piazza della Repubblica,
piano primo seminterrato.
Prezzi base: Lotto 1 Euro 58.410,00; Lotto 2 Euro 23.400,00; Lotto 3 Euro 59.150,00; Lotto 4
Euro 59.150,00; Lotto 5 Euro 59.150,00; Lotto 6 Euro 59.150,00; Lotto 7 Euro 59.150,00; Lotto
8 Euro 93.500,00;
Presentare offerte in busta chiusa presso l’Associazione Notarile sopra indicata, entro le ore 12.00
del giorno 5.01.2012, unitamente al deposito cauzionale.
Eventuale vendita con incanto il 25.01.2012 alle ore 10.30, nello stesso luogo, con aumenti
minini pari a Euro 2.950,50 per il lotto 1, Euro 1.170,00 per il lotto 2, Euro 2.957,50 per ciascuno dei lotti 3, 4, 5, 6 e 7, Euro 4.675,00 per il lotto 8.
Custode Dr. Fabio Massimiliano Canzoniere con studio in Lamezia Terme, via dei Mille (tel.
0968/21885).
Maggiori informazioni presso l’Associazione Notarile Procedure Esecutive di Lamezia Terme (tel.
0968/448695), sul sito internet www.asteannunci.it.
za del Ris dei carabinieri, vodi PASQUALE VIOLI
luta proprio dalla Corte
LOCRI - Assoluzione per d'Assise, ha portato ad un
Antonio Martino di Siderno nulla di fatto per Antonio
e Antonio Panetta di Locri, Martino, sul quale non sono
condanna all'ergastolo per state riscontrate particelle
il sidernese Michele Curcia- di polvere da sparo, ma ha
rello. E' questa la sentenza individuato due particelle
della Corte d'Assise di Locri, su Michele Curciarello, parpresidente Amelia Monte- ticelle che con ogni probabileone con a latere Angelo lità hanno pesato sulla senAmbrosio, per il processo tenza di condanna all'ergasull'omicidio del boss di Lo- stolo. Per i giudici del Tribucri Salvatore Cordì, alias “u nale di Locri quindi il killer
cinesi”, assassinato a Sider- che il 31 maggio del 2005
no il 31 maggio del
2005. Il pubblico
ministero
della
Dda di Reggio Calabria Antonio De
Bernardo
aveva
chiesto l'ergastolo
per tutti e tre gli
imputati.
Sullo sfondo della vicenda, e come
movente del delitto, il magistrato
antimafia ha inquadrato la storica
faida di Locri tra i
Cataldo e i Cordì.
Per l'ufficio di procura fu Antonio
Cataldo, già condannato a 30 anni,
a ordinare l'omicidio di Salvatore
Cordì, e per farlo, Il momento della lettura della sentenza
secondo l'accusa,
si è rivolto a persone di Si- sparò contro Salvatore Corderno. Il processo, durato dì nel pieno centro di Sideroltre due anni, ha visto sfila- no fu Michele Curciarello
re in aula uomini della Poli- per il quale regge anche l'aczia di Stato, che hanno con- cusa di associazione mafiodotto le indagini e carabinie- sa.
Non hanno trovato riri, pentiti e periti del Ris.
A fare da prova regina ci scontro invece le scarse prosarebbe stato lo stub esegui- ve su Antonio Martino, ento su Martino e Cruciarello, trato a fare parte del procesuna prova dello sparo però so dopo che lui stesso, il
che secondo una consulen- giorno del delitto di Cordì, si
era presentato spontaneamente al Commissariato di
Siderno per capire il motivo
che aveva portato gli agenti
di polizia a fermare lo zio Michele Curciarello.
Su di lui oltre all'esito negativo della prova dello stub
anche le scarse risultanze
delle accuse mosse dai collaboratori di giustizia, mai
precisi sul suo coinvolgimento. Anche su Antonio
Panetta la Corte d'Assise ha
espresso un giudizio di assoluzione, dichiarandolo innocente
per non avere
commesso il fatto.
Su Panetta, oltre
ad un precedente
coinvolgimento
nella storica operazione “Primavera”, pesava la vicinanza al clan Cataldo di Locri, lo
stesso che secondo quanto riportato
dall'accusa
avrebbe ordinato
l'omicidio di Salvatore Cordì. Alcuni collaboratori
di giustizia lo indicavano come l'anello di congiunzione tra i mandanti di Locri e i
killer di Siderno,
ma anche sulla sua posizione i giudici non hanno trovato grandi riscontri.
Antonio Martino, difeso
dagli avvocati Salvatore
Staiano, Cosimo Albanese e
Mario Mazza, e Antonio Panetta, difeso dagli avvocati
Giuseppe Mammoliti e Luca
Maio, sono rientrati nelle loro abitazioni già nel primo
pomeriggio di ieri.
Dopo la conferma dell’incontro con il ministro Severino
I giudici di pace oggi al lavoro
di FRANCESCO CATIZONE
COSENZA - Giudici di Pace da
oggi di nuovo al lavoro, dopo
la revoca dello sciopero che li
ha tenuti lontani dalle aule di
giustizia dal 21 novembre e
che sarebbe dovuto durare fino a domani. La decisione è
avvenuta a seguito dell'impegno assunto dal Ministro della Giustizia Paola Severino di
convocare a breve un incontro per trovare una soluzione
alle istanze sollevate dalla intera categoria. I Giudici di Pace, in particolare, chiedono la
copertura fiscale e previdenziale (ad oggi del tutto negata) a beneficio dell'intera categoria e un intervento che assicuri la continuità delle funzioni, in modo da scongiurare la cessazione dal servizio di
circa 700 giudici di pace in
scadenza definitiva del mandato il 31 dicembre prossimo
e dei restanti 1600 che, diversamente, scadranno alla fine
del loro mandato quadriennale. L'astensione dalle
udienze, indetta dall'Associazione Nazionale dei Giudici di Pace e da Unagipa - Unione Nazionale Giudici di Pace -,
si è comunque protratta per
dieci giorni, con una partecipazione di adesione che nel
Distretto di Corte d'Appello di
Catanzaro si è attestato oltre
il 60%. L'astensione ha comportato, a livello nazionale, la
mancata celebrazione di oltre
200.000 processi. “La situazione è divenuta gravissima afferma in una nota Vincenzo
Crasto, presidente nazionale
dell'Associazione Nazionale
dei Giudici di Pace -. Migliaia
di magistrati da oltre 15 anni
hanno lo status di lavoratori
in nero, privi di coperture
previdenziali ed assistenziali
ed il mancato riordino della
magistratura di pace, attesa
da oltre un decennio, ha reso
insostenibile la situazione.
Solo con una riforma (negli
anni sempre promessa, ma
mai arrivata) che preveda la
continuità nell'esercizio delle
funzioni è possibile garantire
la necessaria autonomia ed
indipendenza del giudice e
quindi il rispetto del diritto
dei cittadini ad una giustizia
giusta ed efficiente.».
Negli ultimi anni i Giudici
di Pace hanno rappresentato
un valido strumento per cercare di rendere più efficace ed
efficiente la macchina della
giustizia, nonostante la
preannunciata decisione di
sopprimere un considerevole
numero di uffici periferici. «I
giudici di pace attualmente
in servizio -si legge ancora
nella nota - hanno definito
circa 25 milioni di procedimenti civili, penali ed amministrativi, trattando il 100%
delle espulsioni di clandestini extracomunitari, definite
immediatamente, ed oltre il
50% degli affari civili, definiti in meno di un anno, a fronte
di oltre 5 anni di durata del
processo civile dinanzi ai Tribunali, con costi per l'Erario
ben 15 volte inferiori a quelli
sostenuti per i giudici di carriera». «Tutti i colleghi operanti nel nostro territorio
hanno cercato di non rendere
gravosa pergli utentil'astensione dalle aule», conclude
Paola Lanzillotti dell'Associazione Nazionale dei Giudici di Pace.
La Facoltà di Lettere e
Filosofia dell’Università della
Calabria partecipa accoratamente al lutto che ha colpito il
collega Peppino Roma per la
perdita della cara suocera
TERESA FILIPPI
Arcavacata di Rende, 30 novembre 2011
E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
18 Calabria
25
Giovedì 1 dicembre 2011
REDAZIONE: via Cavour, 30 - 89100 Reggio Calabria - Tel. 0965.818768 - Fax 0965.817687 E-mail: [email protected]
Villa San Giovanni
Melito Porto Salvo
Il sindaco attacca Consiglio comunale
il vertice di Ferrovie
dedicato ai Pisl
a pagina 37
Locri
Omicidio Cordì
un ergastolo
a pagina 38
a pagina 39
In appello Giuseppe Libri condannato a 9 anni, in primogrado erano 12
Testamento, assolto Labate
Assoluzione piena per l’ex consigliere comunale e per il suo segretario
di CLAUDIO CORDOVA
ASSOLUZIONE piena anche in appello per Massimo Labate, l’ex consigliere comunale di Reggio Calabria accusato di concorso esterno in
associazione mafiosa. Labate, già
scagionato dalla sentenza di primo
grado, emessa nel luglio 2010, si è
visto confermare la pronuncia di
non colpevolezza anche dalla Corte
d’Appello di Reggio Calabria. Assolto anche Enzo Pileio, l’amico-segretario di Labate che, nell’ottica degli
investigatori, avrebbe rappresentato il trait d’union tra il politico e le cosche. La Corte
d’Appello (Natina Pratticò
presidente, Angelina Bandiera e Daniele Cappuccio a
latere) ha poi ridotto le condanne per gli altri imputati, tutti presunti affiliati alla cosca Libri di Cannavò:
Giuseppe Libri passa da
una condanna a dodici anni di reclusione a una condanna a nove anni, Francesco Giuseppe Quattrone
passa da una condanna a
dodici anni a una sei anni e sei mesi,
pena dimezzata per Alessandro Collu, da dodici a sei anni di reclusione,
mentre sette anni sono stati inflitti a
Bruno Crucitti, considerato dall’accusa l’imprenditore della cosca, che
in primo grado era stato condannato alla pena di dieci anni di reclusione.
Il processo “Testamento” scaturisce da un’operazione della Squadra
Mobile del luglio 2007: il clan Libri e
le sue presunte infiltrazioni
nell’Amministrazione Comunale al
centro dell’inchiesta dei sostituti
procuratori della Dda Domenico
Galletta e Giuseppe Lombardo. In
quell’estate 2007 venne tratto in arresto anche Massimo Labate, che, a
detta degli inquirenti, avrebbe favorito la cosca Libri per due attività pa-
trocinate dal Comune di Reggio Calabria: una festa di quartiere, nel
rione San Giorgio Extra, e una mostra pittorica presso il Castello Aragonese. Una condotta che Labate, ex
poliziotto, avrebbe messo in atto con
l’ausilio dell’amico Enzo Pileio, anch’egli accusato di concorso esterno
in associazione mafiosa, ma assolto
sia in primo che in secondo grado. Il
processo “Testamento” si è poi scisso in due tronconi, quello ordinario,
e quello degli abbreviati, entrambi
arrivati alla conclusione del grado
d’appello. Labate e Pileio sono gli
unici assolti insieme al genero di Pasquale Libri, Filippo Chirico, che in primo
grado era stato condannato a sei anni e otto mesi.
Chirico è stato giudicato
con rito abbreviato in un
processo in cui sono stati
invece condannati Pasquale Libri, ritenuto il capo della cosca, a nove anni
e otto mesi di reclusione,
sette anni di reclusione sono stati inflitti al genero
del defunto boss Mico Libri, Antonino Caridi, sei anni di reclusione per Antonino Sinicropi, tre
anni e tre mesi di reclusione per Antonio Libri e Filippo Rodà, due anni
per Cristofaro Zimbato, un anno e
quattro mesi per Antonio Riccardo
Artuso.
Nonostante già in primo grado i
legali di Labate, Domenico e Andrea
Alvaro, avessero dimostrato la non
colpevolezza dell’ex politico, in appello il sostituto pg Mollace aveva richiesto una condanna a dieci anni di
reclusione, basandosi, soprattutto,
sulle dichiarazioni del pentito Roberto Moio. Mollace aveva anche
tentato, senza riuscirci, di far entrare nel processo le dichiarazioni di
Orsola Fallara, dirigente del Settore
Finanze del Comune di Reggio Calabria morta suicida circa un anno fa.
Quattrone
passa
da una pena
a 12 anni
a una di sei
La requisitoria del sostituto procuratore
Cent’anni, richiesta
di sentenza assolutoria
per il sindaco di Gioia
Massimo Labate
L’ingresso del tribunale
IL sostituto procuratore
generale Fulvio Rizzo ha
chiesto che venga confermata la sentenza assolutoria nei confronti dell’ex
sindaco di Gioia Tauro,
Giorgio Dal Torrione,
coinvolto nel processo
“Cent’anni di storia” con
l’accusa di concorso
esterno in associazione
mafiosa.
Il sostituto pg Rizzo ha
poi chiesto la conferma
della sentenza di condanna per Antonio e Natale
Alvaro condannati in primo grado a 9 anni ciascuno, Pietro D’Ardes, gestore della società cooperativa “Lavoro” di Roma, condannato a 11 anni di reclusione, l’avvocato Giuseppe Mancini, condannato a 9 anni e 6 mesi.
Chiesta la conferma
della sentenza di primo
grado anche per Giuseppe Arena, condannato a 4
anni e 8 mesi di reclusione, per i due Girolamo Molè, classe 1961 e 1963: il
primo punito in primo
grado con 17 anni di reclusione, il secondo con 5
anni e 6 mesi. Chiesta la
conferma della sentenza
anche per Domenico Molè, condannato dal Tribunale di Palmi a 16 anni di
reclusione.
Uniche modifiche richieste dal sostituto pg
Rizzo la condanna di Gianluigi Caruso, condannato a 5 anni di reclusione in
primo grado, ma per il
quale sono stati richiesti
6 anni e 8 mesi, e Pino Piromalli, per il quale sono
stati richiesti 8 anni di reclusione.
È deceduto Giuseppe
Alvaro che in primo grado era stato condannato a
12 anni di galera.
Prima di pronunciare
la propria requisitoria, il
sostituto pg Rizzo aveva
avallato la decisione della
Corte d’Appello di dichiarare inammissibile il ricorso del pubblico ministero contro la sentenza
di primo grado.
Il processo “Cent’anni
di storia” nasce da un’indagine del sostituto procuratore della Dda, Roberto Di Palma, che andò
a investigare sulle attività delle cosche della Piana
all’interno del porto di
Gioia Tauro.
Un condizionamento
che i clan avrebbero messo in atto attraverso il
coinvolgimento di alcuni
“colletti bianchi”.
cl. co.
I CONTROLLI
Libri da applausi
...per gli scaffali
ANCHE quest’anno la nostra città stupisce per la
ricca e qualificata offerta
culturale. Non c’è serata
che non offra un dibattito
di alto livello, con la presenza di fabbricanti di best sellers e con gli immancabili
professionisti
dell’antimafia di sciasciana memoria. Il popolo reggino si spella le mani ad applaudire il divo
cartaceo di turno e si affatica a tal punto da non trovare poi la forza di recarsi
in libreria per comprarne
il relativo libro, che rimane desolatamente a impolverarsi negli scaffali.
Minaccia la sua amica e aggredisce gli agenti, preso
Arrestato un tunisino, entra in casa di una connazionale, la malmena e si ribella alla polizia
I controlli della polizia
NELL’AMBITO dell’attività di
prevenzione e controllo del territorio disposta dal Questore di
Reggio Calabria, Carmelo Casabona, nella decorsa notte personale
dell’U.P.G.S.P. ha tratto in arresto
B.Y., un trentenne di nazionalità
tunisina, responsabile del reato di
resistenza, violenza e minaccia a
pubblico ufficiale, oltre che di danneggiamento e violazione di domicilio ai danni di una connazionale.
La storia è di ordinaria violenza.
Tutto comincia quando R.G. 40
anni, una donna che chiede l’intervento delle volanti poiché il suo
amico connazionale, il tunisino
B.Y.,era entrato arbitrariamente
nel suo appartamento e le aveva rivolto tutta una serie di minacce,
non ultima quella di distruggere i
documenti d’identità, con la presumibile intenzione di arrecarle
problemi riguardo il suo soggiorno sul territorio nazionale. All’arrivo degli agenti, B.Y., in evidente
stato di ubriachezza, non solo non
dava segno di alcun ravvedimento, ma aveva una reazione inconsulta, diretta conseguenza dei fumi dell’alcol, tanto che gli operatori delle volanti hanno avuto non
poche difficoltà per immobilizzarlo.
L’arrestato, su disposizione del
P.M. Sottosanti, è stato trattenuto
presso le camere di sicurezza della
Questura in attesa del rito direttissimo che sarà celebrato questa
mattina.
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Reggio
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La Corte d’assise di Locri condanna Michele Curciarello. Scagionati e liberi Martino e Panetta
Omicidio Cordì, un ergastolo
La Procura ricorrerà in appello. Le difese: «Le sentenze vanno tutte rispettate»
di PASQUALE VIOLI
LOCRI - Secondo i giudici della Corte d'Assise di Locri sarebbe Michele Curciarello il
killer di Salvatore Cordì, assassinato a Siderno il 31 maggio del 2005. Per questo il presidente Amelia Monteleone,
con a latere Angelo Ambrosio,
ha inflitto all'uomo di Siderno
la condanna all'ergastolo. Assolti invece Antonio Martino e
Antonio Panetta, per i quali
cade anche il reato di associazione mafiosa.
Dopo più di due anni di processo quindi secondo i giudici
del Tribunale di Locri reggerebbe la tesi portata avanti dal
pubblico ministero Antonio
De Bernardo secondo cui i Cataldo, attraverso i Curciarello, ordinarono l'omicidio del
boss Cordì aSiderno. A pesare
sulla condanna di Michele
Curciarello senza dubbio le
particelle di polvere da sparo
che sono statetrovate dopo l'esame stub.
Le stesse particelle non rinvenute, invece, su Antonio
Martino e che cono ogni probabilità lo hanno scagionato
da ogni coinvolgimento. Non
trovati riscontri neppure sulla posizione di Antonio Panetta, ritenuto dall'accusa uomo
vicino alla cosca Cataldo ma
per cui l'impianto probatorio
in dibattimento non ha presentato prove certe.
Per capirne di più si dovrà
comunque aspettare il deposito delle motivazioni previsto
entro 90 giorni. Intanto il magistrato della Dda Antonio De
Bernardo ha già annunciato
che ricorrerà in appello. «Una
sentenza che rende giustizia
alla posizione di Antonio Panetta - ha detto l'avvocato Luca Maio - per cui nessuna prova portava a ritenere plausibile un suo coinvolgimento nella vicenda né tanto meno nell'associazione mafiosa».
Gli fa eco l'avvocato Cosimo
Albanese. «Le sentenze si rispettano - ha detto il legale di
Antonio Martino e Michele
Curciarello - credo che siano il
frutto del lavoro e della sofferenza del pubblico ministero,
del collegio di difesa e della
Corte d'Assise. Sono soddisfatto che quanto dimostrato
in aula ha permesso di chiarire ogni aspetto della situazione di Antonio Martino, assolutamente estraneo alla vicenda, ma altrettanto sono convinto che in appello verrà dimostrata anche l'innocenza di
Michele Curciarello». Mentre
Pino Mammoliti, legale di Antonio Panetta, ha detto: «Sono
soddisfatto per la posizione
del mio assistito, ma mi sento
di dire che a mio avviso è stato
condannato un innocente. Resto amareggiato per la tra-
smissione degli atti per i teste
della difesa, a evidenziare che
solo quelli dell'accusa sono validi».
Già nella serata di ieri intanto sia Antonio Martino che
Antonio Panetta sono rientrati nelle loro abitazioni da persone libere. Nell'emettere la
sentenza la Corte d'Assise di
Locri, oltre a determinare per
Michele Curciarello l'interdizione perpetua dai pubblici uffici, ha disposto il dissequestro ela restituzionea Panetta
e Martino di quanto eventualmente sequestrato e ha inviato gli atti alla Procura della
Repubblica competente per
indagare ulteriormente sulle
dichiarazioni rese in udienza
da Patrizia Viele, Fortunato
Spadaro, Francesco Argirò,
Francesco Sansalone e Emanuele Fimognari.
Michele Curciarello
Antonio Panetta
L’indagine della polizia di Stato era partita dalle utenze telefoniche del gruppo Cataldo
Le accuse dei pentiti senza riscontri certi
LOCRI - E' il progressivo di intercettazione numero 659 la prova su cui
per oltre tre anni si è discusso in aula
dell'omicidio in diretta. Tutto partì da
alcune indagini che spinsero gli uomini della polizia a mettere sotto controllo alcune utenze telefoniche, dopo che nel 2004, a Locri, si erano tornati a verificare alcuni eventi delittuosi che meritavano attenzione, in
riferimento alla contrapposizione
sul territorio delle famiglie Cataldo e
Cordì.
Tra l'aprile ed il maggio del 2004,
alcuni degli esponenti di spicco delle
due famiglie di Locri erano tornati in
libertà dopo le condanne del processo
“Primavera”. Fu in quel periodo che a
Locri ricominciarono una serie di intimidazioni ai danni di alcuni commercianti. Gli investigatori misero
sotto controllo le utenze di persone ritenute dagli inquirenti vicino ai Cataldo, da quelle utenze gli uomini della polizia cercarono di capire gli spostamenti del gruppo. E secondo l'accusa quello che si sente alle 17.29 del
31 maggio nel telefonino di Domenico Zucco sarebbe uno dei due colpi che
uccise Cordì.
La telefonata intercettata partì da
telefonino di Domenico Zucco, una
chiamata che avrebbe certificato la
presenza del gruppo Cataldo sul luogo dell'omicidio ma che è stata smontata in aula dalle perizie della difesa.
Zucco non era a Siderno quel 31 maggio, almeno questo può avere pensato
la Corte d'Assise di Locri che lo ha assolto, e questo potrebbero avere pensato i giudici che ieri hanno scagionato anche Antonio Panetta, ritenen-
dolo non responsabile e non partecipe
dell'asse che portò alla morte Salvatore Cordì. La sua relazione con la figlia
di Giuseppe Zucco non è una prova, e
con ogni probabilità le indicazioni dei
pentiti non forniscono dati certi per
l'individuazione in Panetta di un partecipe dell'organizzazione dell'omicidio, né tanto meno della sua intraneità alla cosca.
E la stessa valutazione potrebbe essere stata fatta dalla Corte d'Assise di
Locri anche per Antonio Martino che
nei verbali dei collaboratori di giustizia non è mai indicato. Su di lui in
realtà, tranne la parentela con Curciarello, non è mai stata riscontrata
alcuna prova certa. Le motivazioni
della sentenza chiariranno comunque le valutazioni della Corte.
p.v.
Nessuno dei tre testimoni ha saputo fornire un identikit preciso del killer
A lettura dispositivo
In aula
fra applausi
e chi grida
Nel pomeriggio del 31 maggio 2005 furono due i colpi mortali esplosi all’ingiustizia
Agguato in centro per il boss
LOCRI - Salvatore Cordì passava forse più tempo a Siderno
che a Locri. E fu proprio a Siderno che il 31 maggio del
2005 in via Cesare Battisti due
persone a bordo di uno scooter
lo avvicinaronoe loammazzarano nelpieno centrodi Siderno. Uno dei primi ad avvicinarsi e seguire gli eventi fu il
titolare di una pizzeria poco
distante dalla chiesa di Porto
Salvo, e a pochi metri da dove
si è consumato l'omicidio.
Quel giorno, alle 17.29, il
commerciante era al telefono
con la sua fidanzata, a parlare
del più e del meno, quando a
un certo punto udì un primo
colpo, non ci fece caso, pensò
fosse caduto qualcosa, ma a
distanza di qualche secondo
un nuovo boato destò la sua attenzione, e anche della fidanzata dall'altra parte della cornetta.
«Pensai ad un incidente aveva raccontato in aula - ma
non potevo vedere fuori, mi
trovavo all'interno della pizzeria e da lì la strada non si vede,
allora uscì e camminai un poco verso la chiesa, cercando di
vedere se fosse successo qualcosa. Solo quando tornai ver-
La Corte d’assise di Locri durante la lettura della sentenza
so il locale vidi un uomo a terra
e realizzai cosa era successo».
Davanti alla Corte d'Assise,
presieduta da Amelia Monteleone con a lataere Angelo
Ambrosio, ci è passata in questi anni di processo anche la titolare del negozio di abbigliamento di fronte al quale venne
ucciso Salvatore Cordì. Lei la
vittima la conosceva, o meglio
conosceva il fratello della vittima, ma sporadicamente anche con Salvatore Cordì scambiava qualche parola. Pure la
donna intorno alle 17.30 del
31 maggio era al telefono, per
parlare di lavoro con una ditta
fornitrice.
I tabulati telefonici danno
l'avvio della chiamata alle
17.29 e una manciata di secondi. «Udì un forte scoppio ha raccontato più volte il teste
in aula - come uno schianto e
pensai a un incidente, poi dopo qualche istante, forse 6 o 10
secondi dopo, un secondo rumore, molto più forte del primo. Quando vidi il corpo di
Cordì a terra pensai ancora si
potesse essere trattato di un
incidente, ma quando vidi il
foro sul suo corpo capì cosa
fosse successo».
Ma il testimone che più di
tutti quel delitto lo ricorda bene è un imprenditore di Sidernoche stavaparlandoproprio
con Salvatore Cordì nel momento in cui i killer hanno agito. L'uomo e la vittima erano
andati a prendere un caffè insieme, poi si erano fermati a
parlare qualche minuto
quando improvvisamente un
colpo e un forte calore attraversarono l'aria circostante.
L'imprenditore si buttò a terra, cercando, senza riuscirci,
riparo vicino ad una macchina, Cordì tentò la fuga ma venne raggiunto dai colpi dell'assassino.
Nessuno dei testimoni vide
in faccia il killer, nessuno è
riuscito a dare un'indicazione
precisa, indicativa, su quello
che è successo realmente il 31
maggio del 2005 in via Cesare
Battisti. Quello che ad oggi
certifica la sentenza è che Antonio Martino non era sul luogo del delitto come non si trovava lì neppure Antonio Panetta, fermato solo 15 minuti
più tardi dai carabinieri davanti all'ospedale di Locri.
p. v.
LOCRI - Altalena di emozioni. Dentro l’aula della Corte
d’assise di Locri, durante la
lettura della sentenza,
c’era chi applaudiva e chi
inveiva gridando all’ingiustizia.
Dietro i vetri blindati dello spazio riservato agli imputati Antonio Martino, da
pochi minuti tornato un
uomo libero, si apriva in un
pianto liberatorio mentre
Antonio Panetta guardava
felice i propri familiari che
dall’altra parte del vetro lo
ricambiavano con baci e
sorrisi.
Michele Curciarello, invece, sembrava una sfinge.
Sino all’ultimo è riuscito a
trattenere le sue emozioni.
Mentre una sua stretta
congiunta si disperava di
rabbia, urlando all’ingiustizia patita dal suo familiare, lui che era stato appena condannato all’ergastolo per l’omicidio del boss
Salvatore Cordì cercava di
placare gli animi accesi al
di là del vetro e provava a
tranquillizzare il giovane
nipote.
gio.ve.
Antonio Martino
Per il pm fu
un fatto legato
alla faida
Pm e difensori in aula
LOCRI - Lo aveva detto
in aula il pm De Bernardo: «E' necessario comprendere e capire la storia e le dinamiche delle
organizzazioni criminali del territorio per
potere avere elementi
ulteriori che siano utili
a questo processo».
Così aveva introdotto
e spiegato la sua richiesta alla corte d'Assise di
Locri, di acquisire agli
atti del processo per l'omicidio di Salvatore
Cordì le sentenze dei
procedimenti denominati “Siderno group” e
“Lettera morta”.
La Corte, che aveva
accolto le richieste del
pubblico ministero, ha
valutato le due sentenze
insieme agli incartamenti
dell'inchiesta
“Shark”. La richiesta
del pubblico ministero
Antonio De Bernardo
rientrava nell'ottica di
ricostruire con attenzione tutti gli avvenimenti che dagli inizi degli anni '90 ad oggi hanno portato l'asse LocriSiderno a tessere nuove
alleanze e a ridisegnare
gli equilibri del potere
all'interno delle consorterie mafiose.
Con tutta probabilità
la pubblica accusa ha
voluto, riportando e servendosi di fatti storici,
cercare di dimostrare
come l'omicidio di Salvatore Cordì sia nato in
un rapporto di alleanza
tra i Cataldo di Locri e i
Curciarello-Costa di Siderno.
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Locride
Giovedì 1 dicembre 2011
43
Ufficio di Corrispondenza: Piazzetta 21 Marzo, 9 - 89024 Polistena Tel/Fax 0966.935320 E-mail: [email protected]
Si aggrava sempre di più la crisi nella società che gestisce il servizio di raccolta dei rifiuti
“Piana Ambiente” senza futuro
Lavoratori senza stipendio e già in stato di agitazione. Oggi nuova protesta
di MICHELE ALBANESE
GIOIA TAURO - Sull'orlo del
baratro. Non c'è altro modo
per definire la situazione
della società di raccolta dei
rifiuti Piana Ambiente.
Un'azienda che arranca,
fatica e che non sembra avere prospettive, nonostante
gli impegni antichi e recenti
dei comuni per in troppe situazioni si sono impegnati a
garantire alla società le rimesse per i servizi svolti. Impegni da marinaio quelle dei
comuni che non navigano
anch'essi in buone acque,
stretti da tagli sempre più
marcati. E la società forse
nata male e gestita alla buona sin dalla sua nascita tra
mille problemi da affrontare
mese dopo mese.
Stamani, per l'ennesima
volta, i lavoratori di Piana
Ambiente già in stato di agitazione per il mancato pagamento degli stipendi, si autoconvocheranno per l'ennesima assemblea sindacale
e per cercare di affrontare i
disagi e i mancati pagamenti che subiscono a causa del
grave stato finanziario in
cui versa l'azienda. Un'assemblea all'autoparco insieme ai sindacalisti e forse anche al management aziendale che è stato invitato a
partecipare ai lavori. Ma
non è detto che ciò si verificherà.
La condizione più disastrosa è quella vissuta dai lavoratori ma anche dai cittadini della piana. «Per due
fondamentali questioni - dicono dalla Cgil che ha promosso l'assemblea dei lavoratori - con la prima è addebitabile ad una storica e scellerata gestione che nonostante gli ultimi sforzi dell'attuale presidenza non è
stata superata. Dall'altra,
per un ormai atavica e mai
risolta inadempienza da
parte dei comuni soci fruitori del servizio che non paga-
Una recente protesta dei lavoratori di Piana Ambiente
no le rimesse».
«Questo rischia di comportare - sottolinea Valerio
Romano della Cgil - la drammatica conseguenza che vedrà i lavoratori già sofferenti da parecchi mesi nella condizione di non poter ricevere
il salario, causando notevoli
disaggi anche alle proprie
famiglie e tutto questo comporterà ulteriori disagi ai
cittadini, che nonostante il
pagamento di cospicue tasse fino ad oggi regolarmente eseguite e pagate, si ritroveranno con le città sommerse dalla spazzatura. Riteniamo che, ormai si sia arrivato realmente al giro di
boa - afferma ancora Romano - la situazione finanziaria
con molti comuni che ancora devono pagare le fatture
alla società mista, rischia di
far sprofondare l'azienda in
una crisi senza fine. Riteniamo veramente insostenibile
tutta questa situazione che
rischia di portare i lavoratori in un vortice di incertezza
senza via di uscita. Ribadiamo ancora oggi, che sia necessario un intervento tempestivo da parte dei sindaci
della piana. Perché proprio
loro che sono i primi cittadini ed i massimi rappresentanti delle nostre comunità,
devono assumersi le responsabilità che fino ad oggi hanno delegato ad altri. Solo con
la presa di posizione vera dei
sindaci del territorio i problemi si potranno superare.
Oggi purtroppo, assistiamo
ad una situazione paradossale, dove i sindaci dimostrano di pensare a tutto
tranne che ad alleviare i problemi dei lavoratori e dei cittadini. ancora una volta non
riescono a trovare l'unità su
questioni fondamentali per
il territorio». Una situazione
da “de profundis” o quasi.
A Gioia Tauro lavori straordinari di bonifica per la messa in sicurezza del fiume
Ripulito tratto del torrente Budello
Rinvenuto di tutto sotto il ponte della Ferrovia: dai frigoriferi ai tronchi di alberi
di ALESSANDRO TRIPODI
GIOIA TAURO - C'era di tutto nel tratto del fiume Budello sottostante il
ponte della ferrovia, dai frigoriferi ai
tronchi di alberi. Ieri mattina l'ammasso di rifiuti e detriti è stato rimosso dagli operai della Cafissi-Alvaro
che da settembre stanno svolgendo i
lavori di messa in sicurezza del torrente.
Un vero e proprio tappo che fungeva da diga e provocava l'innalzamento delle acque quando le piogge si intensificavano e quindi poteva facilmente provocare, ancora una volta, il
dramma dell'esondazione del 2 no-
vembre 2010. Ma adesso, possiamo
dire, il pericolo è scampato.
L'opera di messa in sicurezza sta
procedendo celermente con una tabella di marcia in netto anticipo rispetto a quelli che erano i tempi previsti inizialmente per la fine dei lavori.
Se le condizioni atmosferiche lo consentiranno il primo intervento di
messa in sicurezza del torrente dovrebbe concludersi nel giro di due settimane, infatti l'argine destro è stato
completato e quello sinistro è in fase
di terminazione. L'alveo del fiume è
stato reso maggiormente profondo,
da 2,5 metri a circa 9.
La pulitura del segmento del Bu-
dello che scorre sotto il ponte della ferrovia rientra nell'ambito dei lavori ritenuti di somma urgenza, per i quali è
stata programmata una durata massima di tre giorni.
Il responsabile comunale del V Settore (Assetto del territorio) Francesco
Mangione ha emanato un'ordinanza
di chiusura temporanea al transito di
tutti i veicoli nel tratto stradale di via
Rosarno, rione Tre Palmenti, fino a
domani. Allo stato attuale rimane solo da innalzare l'ultima porzione di
barriera che andrà ad appoggiarsi
sulponte divia DeRosa(la zonaopposta al ponte della ferrovia), e da concludere i ritocchi finali dell'opera.
Il tratto del Budello ripulito
Sopralluogo in contrada Mafalda a Cinquefrondi
«Gli scavi strumenti culturali
per combattere le cosche»
di SIMONA GERACE
CINQUEFRONDI - «Gli scavi
in contrada Mafalda sono uno
strumento culturale utile per
combattere la 'ndrangheta».
Queste le parole dell'assessore
provinciale
alla
Cultura, Edoardo
Lamberti Castronuovo, che, a due
giorni dalla conclusione degli scavi, è giunto a Cinquefrondi, insieme alle ispettrici
della Soprintendenza per i Beni
Archeologici della
Calabria, Simonetta Bonomi e Maria Teresa Iannelli, per verificare lo stato dei
luoghi e programmare gli interventi futuri.
Sono stati tanti e interessanti
i risultati ottenuti nel corso di
questa campagna di scavi promossa dal consigliere provinciale, Giuseppe Longo, e condotta sotto la guida dell'archeologo Francesco Cuteri da
studenti universitari, associa-
zioni e gruppi di volontari.
In contrada Mafalda è stata
scoperta una struttura termale risalente al secondo secolo
dopo Cristo e i resti di una domus romana del V secolo, con
un pavimento in mosaico e tasselli di diversi colori.
«L'ipotesi - ha
spiegato Cuteri - è
che questa villa,
adiacente ad un
ambiente piccolo e
rettangolare prima di natura termale, poi utilizzato come ricovero
per animali, sia
stata una zona di
produzione, come testimonierebbe il pavimento di coccio pesto».
Sempre in contrada Mafalda,
in località “San Demetrio” ci sono state altri ritrovamenti interessanti: un bollo di età romana e tre absidi risalenti uno al
periodo tardo antico, l'altro all'undicesimo secolo e l'altro ancora al dodicesimo o tredicesimo secolo. Questo farebbe pre-
Esperti al lavoro
per collocare
nel tempo
la costruzione
supporre l'esistenza
di una chiesa di epoca
normanna legata al
culto bizantino e dedicata a San Demetrio.
Poi la visita ai ruderi del convento di San
Filippo D'Argirò, abitato dai bizantini o
dai francescani presumibilmente
nel
1200 e in seguito abbandonato nel 1700.
Di esso, oltre ai muri La visita negli scavi in contrada Mafalda
alti, alle finestre alle
tracce di voltine, si possono vi- può anche creare un circuito di
sitare i bagni, le latrine e il fron- pietre, magari controllato da
tale di acquedotto costruito con qualche cooperativa locale».
Sulla necessità di valorizzare
la tecnica antica dei due lastroni che verrà ispezionato da un questi posti hanno anche congruppo speleologico di volon- cordato il consigliere provinciale Prc, Longo, l'ispettore Botari di Cosenza.
«Bisogna stabilire un crono- nomi e il primo cittadino, Margramma degli interventi. - ha co Cascarano, mentre Iannelli
affermato Lamberti Costro- ha ricordato la figura di Panuovo - Credo sia opportuno un squale Creazzo, il quale, per
centro studi con ricostruzioni primo, aveva riconosciuto l'imvirtuali. Prima di tutto però, è portanza di quelle zone a Cinnecessario mettere in sicurez- quefrondi, ed è, anche per queza la zona con recinzioni e tele- sto, stato ritenuto folle dai procamere per preservarla, poi su pri concittadini.
BREVI
A PALMI
Macchina bruciata
PALMI - Ennesima autovettura incendiata durante la notte in una città
della Piana di Gioia Tauro. L'episodio è avvenuto nel centro cittadino di
Palmi, dove è andata in fiamme l'autovettura Volkswagen Taro di proprietà M.F., 54 anni, residente del posto. I carabinieri della locale Compagnia hanno avviato l'attività investigativa volta ad accertare l'origine
dell'incendio. Nessuna ipotesi al momento è esclusa, compresa quella di
origine dolosa. Anche se per accertare le cause dell’incendio si attenderà
l’esito della perizia tecnica. Le indagini quindi puntano anche ad individuare gli eventuali esecutori.
A ROSARNO
Viola gli obblighi, arrestato
ROSARNO - I carabinieri della Tenenza di Rosarno, in esecuzione di
un'ordinanza di custodia cautelare
emessa dal giudice per le indagini
preliminari del Tribunale di Palmi,
hanno tratto in arresto G.D., di 55
anni, residente del posto. L'uomo è finito in manette in quanto si è reso responsabile della reiterata violazione
delle prescrizioni imposte con la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza cui
era sottoposto.
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Piana
Giovedì 1 dicembre 2011
A Sellia Marina commozione per i funerali del regista Vittorio De Seta
A Catanzaro
La Casa
del Cinema
si chiamerà
come lui
di MARIA BAGNATO
Il feretro di De Seta attraversa Sellia; un momento della cerimonia funebre
«Con amore ricordiamo
la sua grande umanità»
di BRUNETTO APICELLA
SELLIA MARINA (CZ) –
Quell'occhio attento rivolto
sempre verso il mondo dei
sofferenti e dei più deboli.
Perché il regista Vittorio De
Seta, scomparso l'altra sera
all'età di 88 anni, aveva una
predilezione verso il mondo
degli emarginati. E nelle
sue opere emergeva quella
particolare dedizione a raccontare, o meglio, a documentare il mondo dei più
umili. Quasi una missione
la sua, e la cui eco, ieri pomeriggio, è risuonata all'interno della Chiesa del Santissimo Rosario di Sellia Marina
dove i familiari, gli amici
più intimi e tutti coloro che
in un modo nell'altro, soprattutto nell'ultimo periodo, hanno avuto a che fare
con il grande regista, si sono riuniti per l'ultimo saluto al maestro.
Un addio silenzioso, quasi sussurrato. Discreto. Accompagnato da una cerimonia semplice a tratti quasi riservata. Al pari di quella riservatezza che lo stesso
regista che, negli anni ottanta aveva scelto località
Feudo di Sellia Marina per
vivere e costruire i propri
progetti, ha voluto difendere sempre con forza.
Erano passate da poco le
15 quando il feretro al cui
interno era custodita la salma del regista ha fatto il suo
ingresso nella Chiesa madre di Sellia Marina. A seguire la bara i familiari più
stretti e coloro che nell'ultimo periodo sono stati più vicini al grande maestro. Dalla figlia Francesca alla nipote Vera, con la quale amava confrontarsi sui più svariati argomenti e soprattutto a cui si raccontava infondendole, nello stesso tempo, quella passione smisurata verso il mondo dell'arte, del cinema e della letteratura. E proprio Vera, ieri,
durante la celebrazione,
vinta dalla lacrime, ha tenuto lo sguardo sempre rivolto verso il feretro del
nonno.
È stato poi don Gesualdo
De Luca, vicario episcopale
territoriale intervenuto in
rappresentanza del Vescovo della diocesi di Catanzaro – Squillace monsignor
Vincenzo Bertolone, che ha
presieduto la cerimonia funebre assieme a don Giovanni Scarpino e ai parroci
di Sellia Marina, don Giuseppe e don Raffaele, a ricordare la figura del maestro De Seta sottolineando
come il regista con il suo lavoro ha dimostrato quella
particolare attenzione «verso l'uomo, verso la dignità
dell'uomo, dei deboli, degli
emarginati, dei ragazzi che
soffrivano, degli immigrati».
Per don Gesualdo, De Seta, è stato un'artista che ha
messo la sua arte «a difesa
dei soggetti deboli. Quando
si lavora e si opera per la salvaguardia delle persone
umane – ha proseguito - c'è
lo Spirito del Signore che illumina». Don Gesualdo ha
invitato poi tutti «a ricordare De Seta con amore per
quello che ha fatto per l'umanità intera». Al termine
della celebrazione è stato il
sindaco di Sellia Marina,
Giuseppe Amelio, a salire
sull'altare e porgere il suo
saluto non solo a nome dell'amministrazione comunale ma di tutta la cittadina
«ad un grande uomo, un
maestro che ha rappresentato per il nostro territorio e
per la nostra Calabria qualcosa di forte».
Gli insegnamenti del
maestro De Seta, invece, sono stati al centro delle parole di Eugenio Attanasio,
presidente della Cineteca
della Calabria, che dall'altare ha poi ricordato: «Abbiamo adesso il compito di divulgare la sua arte. Il maestro Vittorio De Seta ci ha
insegnato a voler documentare con rigore e a sentire
con la sensibilità». Tra gli
amici presenti all'ultimo saluto al maestro De Seta, anche l'attore catanzarese
Maurizio Comito, e Filippo
Curtosi, sindacalista e autore assieme a Giuseppe
Candido de “La Calabria”,
antologia dell'omonima rivista di letteratura popolare e di cui De Seta curò la
prefazione.
Il regista da giovane
I MESSAGGI
Addio a un maestro che restò umile
Non si smorza il cordoglio di intellettuali e società civile calabresi
SELLIA MARINA (CZ) - Continuano i messaggi di cordoglio
per la scomparsa del regista.
«Vittorio de Seta ha rappresentato e continuerà a rappresentare un pezzo di storia del cinema
italiano, che ha saputo inventare veri e propri stili della macchina da presa, interpretando
magistralmente tutto un periodo culturale particolarmente
intenso del paese». Sono le parole dell'assessore allo Spettacolo
di Catanzaro, Nicola Armignacca, all'indomani della
scomparsa del regista. Per Armignacca «De Seta è stato documentarista e regista raffinato
che ha formato giovani di ogni
dove senza dimenticare mai il
suo forte legame con la Cala- Banditi a Orgosolo
bria. Nella Casa del Cinema abbiamo voluto commemorarlo, proiet- neato come De Seta «ha dato voce agli
tando uno dei suoi capolavori più ce- invisibili ed ai dimenticati. La nostra
lebri, “Banditi a Orgosolo” e stiamo amarezza – prosegue l'associazione pensando a soluzioni non episodiche è ancora più grande avendo con De Seper rendere omaggio alla sua ricca ta lavorato insieme alla organizzazione di una rassegna cinematografica
produzione ed alle preziose opere».
L'associazione “Il Pungolo per Ca- “Raffronti” che si è svolta, solo qualtanzaro” in una nota ha poi sottoli- che anno fa a Catanzaro e alla quale è
stato fisicamente presente
dando il suo preziosissimo
contributo».
Anche i giovani di “Ulixes”
hanno espresso il suo cordoglio per la scomparsa dell'artista «la cui carriera è stata profondamente caratterizzata
dall'amore per il meridione.
Con il premio Itaca per la cultura nel 2007, Ulixes volle riconoscere i grandi risultati ottenuti da De Seta durante il
proprio percorso artistico, ma
soprattutto il merito di aver
sempre posto al centro della
propria opera le classi della
popolazione maggiormente
disagiate e il Sud Italia».
«E’ stato un regista, un intellettuale che ha testimoniato con la sua espressione artistica e le sue scelte di vita il proprio impegno a fianco di ogni marginalità
esistenziale», dicono gli «amici» del
Circolo del Cinema Cesare Zavattini.
«Ci resta il suo insegnamento e il suo
esempio che ha sempre accompagnato l’artista con l’umiltà e la sapienza
dei grandi».
CATANZARO - La Casa
del Cinema di Catanzaro
potrebbe presto chiamarsi “De Seta”. E’ l’intento
emerso dalla serata commemorativa svolta proprio presso la Casa del Cinema e promossa dal Presidente della Cineteca
della Calabria, Eugenio
Attanasio, dal direttore e
dal coordinatore della Cineteca della Calabria, rispettivamente, Giovanni
Scarfò e Davide Cosco,
con la proiezione del celebre film di De Seta, “Banditi ad Orgosolo”. Ripercorrere il cinema di De
Seta significa tuffarsi
nella storia del cinema
italiano. Come è stato ricordato nel corso dell’incontro, De Seta ha operato una scelta tematica ed
estetica, avvertendo il valore etico della professione di regista. Il suo fare
cinema è stato fondato
sull'azione quotidiana
della propria soggettività e compartecipe della
vita degli uomini, allo
scopo di mettere in luce
l'autenticità, una volta
che le singole immagini
fossero state il risultato
di un attento studio della
situazione ambientale.
“Banditi ad Orgosolo”,
sceneggiato con la moglie Vera Gherarducci, è
un film stilisticamente
asciutto che arricchisce
di una sensibilità più moderna e consapevole la lezione del neorealismo.
«Vittorio - ha evidenziato Cosco - ha saputo inventare lessici unici e
nuovi dettami estetici per
descrivere quel mondo
dondolante dei buoni,
spesso degli ultimi, di
quanti stentano nelle difficoltà, per cui De Seta ha
saputo immaginare e fare intravedere allo spettatore una luce di speranza. Senza dimenticare ha aggiunto - come abbia
formato intere generazioni di giovani. Con lui
abbiamo avuto l'onore di
collaborare in diverse
esperienze formative ed
indimenticabili e la Casa
del Cinema farà del proprio meglio per onorare
la sua memoria e valorizzare il prezioso patrimonio cinematografico».
«Scompare uno degli
ultimi maestri del grande cinema italiano - ricorda Eugenio Attanasio che con le sue opere ha
fatto capire al mondo
l'importanza della civiltà
contadina, delle culture
cosiddette “subalterne”,
quel mondo che andava
scomparendo con l'avvento della civiltà industriale».
«E' stato - ha precisato
Attanasio - un autore
fondamentale per una
generazione di nuovi registi ai quali ha insegnato non solo a “vedere” ma
anche a “sentire” il cinema, con il suo rigore documentario e la sua grande sensibilità. Ancora oggi ci si commuove alla
scena finale di “Diario di
un maestro”. Tutti noi
perdiamo prima di tutto
un caro amico - ha concluso - e, stiamo pensando ad intitolargli la Casa
del Cinema di Catanzaro».
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Idee e Socieà 59
Giovedì 1 dicembre 2011
25
Giovedì 1 dicembre 2011
REDAZIONE: via Rossini, 2 - 87040 Castrolibero (CS) - Tel. (0984) 852828 - Fax (0984) 853893 - E-mail: [email protected]
Corigliano
Acri
Santa Tecla, arringhe
in vista della sentenza
In diecimila in piazza
in difesa dell’ospedale
a pagina 43
Gli arresti
a pagina 35
Il corteo davanti al Comune
Alcuni dei detenuti ospitati nel carcere “Cosmai” avrebbero usufruito di tre cellulari
Telefoni in cella, in 9 a giudizio
Coinvolto un agente di polizia penitenziaria. L’accusa è corruzione e ricettazione
di TIZIANA ACETO
TRE telefonini affidati ai detenuti del carcere di Cosmai di Cosenza da una guardia carceraria in cambio di denaro. La vicenda dei
cellulari in cella ha portato al rinvio a giudizio di nove persone. Gli imputati devono rispondere dell’accusa di corruzione e ricettazione. Il gup Cristofaro ieri ha rinviato a giudizio: l’agente di polizia penitenziaria Salvatore Gabriele, 44 anni di Lattarico; Erminio
Mendico, 38 di Melito Porto Salvo; Fabio
Bruni, 29 di Cosenza, attualmente detenuto
a Voghera; Vincenzo Ciriello, 51 di Napoli,
ora recluso a Caltanissetta; Luigi Cozza, 33
anni di Vibo Valentia, attualmente recluso a
Cosenza; Antonio Albanese, 51 anni di Rosarno, ora detenuto a Biella; Giovanni Giannone, 42 anni di Cosenza, detenuto ad Enna;
Bruno Dimitri, 23 anni di Belvedere Marittimo; Massimo Imbrogno, 49 anni di Cosenza, ora detenuto a Como.
I fatti contestati sarebbero stati commessi
dal settembre del 2010 all’8 ottobre dello
stesso anno. Salvatore Gabriele è accusato di
avere, “nella sua qualità di assistente capo
della Polizia penitenziaria, in forza alla Casa
circondariale Sergio Cosmai di Cosenza, accettato la promessa di denaro fattagli dai detenuti Mendico, Bruni e Cirello, tutti ristretti nell’anzidetto istituto penitenziario, allo
scopo - si legge nel capo di imputazione - di
compiere un atto contrario ai suoi doveri
d’ufficio, consegnando
loro ... tre telefoni cellulari e altrettante simcard di sua proprietà o in
suo personale uso, onde
consentire ai medesimi
detenuti di effettuare
colloqui non autorizzati”. Fabio Bruni è accusato di aver promesso denaro a Salvatore Gabriele, “affinchè compisse
l’atto contrario ai suoi
doveri d’ufficio” e di
“aver ricevuto da altro
detenuto non identificato un telefono cellulare e una sim-card”. Luigi Cozza, Giovanni
Giannone, Bruno Dimitri, Massimo Imbrogno e Antonio Albanese sono anche loro accusati di aver ricevuto da un detenuto non
identificato un telefono cellulare con relativa sim-card. Vincenzo Ciriello e Erminio
Mendico di aver promesso all’agente Gabriele del denaro affinchè gli procurassero un
cellulare. Il tutto venne a galla l'8 ottobre del
2010, quando cioè Gabriele fu visto dialogare da un suo collega con alcuni detenuti che
si trovavano fuori dalla loro cella. L’agente
fu così convocato nell’ufficio del comandante. Prima di essere sottoposto a perquisizione personale, consegnò spontaneamente al
suo superiore i tre telefonini e le sim-card
che aveva nascosto all’interno di una delle
tasche dell’uniforme di servizio. Da qui il sequestro degli apparecchi e delle sim e la redazione di una informativa, che fu inviata in
Procura, col pm Casciaro che indagò l’agente per corruzione. Gabriele ammise di aver
ricevuto da Mendico, Girello e Bruni promesse di elargizione di denaro se avesse permesso loro di colloquiare con l’esterno.
L’agente disse di aver ceduto perchè versava
in condizioni di gravi difficoltà economiche.
Ieri la decisione del rinvio a giudizio. Il 29
maggio si ritroveranno davanti al tribunale
in seduta collegiale. Gli imputati sono difesi
dagli avvocati: Filippo Cinnante, Cesare Badolato, Luca Acciardi, Nicola Rendace, Rossana Cribari, Antonio Ingrosso e Giovanni
Cadavero.
Il processo
partirà
il prossimo
29
maggio
L’intervento
Murales
Cambio idea
perché sono
pannelli
di MARIO OCCHIUTO
Il carcere di Cosenza
Cronaca
Scuola
Ferito al centro di accoglienza
Oggi l’incontro in Comune
UN ragazzo egiziano è stato aggredito all’interno della struttura di Castiglione
che accoglie i minori stranieri. La prognosi è di sette
giorni. Nella rissa coinvolti
un giovanissimo senegalese e un sedicenne di nazionalità egiziana. Con quest’ultimo che ha avuto la
peggio.
OGGI il sindaco e l’assessore Machì incontreranno i genitori per discutere del piano
di dimensionamento scolastico e di una sua eventuale
modifica. Le mamme della
scuola elementare di via Misasi respingono le accuse di
classismo. Un altro fronte di
lamentele arriva da via Popilia.
a pag. 34
La caserma dei carabinieri
a pag. 27
L’assessore Machì
HO LETTO con interesse e
attenzione la lettera aperta
indirizzata al sottoscritto
da Daniela De Pietro a nome del Gruppo “Cusenza
vecchia noi ci siamo”. Ne
ho apprezzato la spinta al
confronto e l’amore che
dalle sue righe risalta per
la parte antica della nostra
città, per questi luoghi
che, come sindaco-architetto, e naturalmente come
cittadino, mi prefiggo di
rispettare sempre, portando avanti politiche di rilancio che non siano solo passeggere ma che nel corso
degli anni a venire ne preservino l’inestimabile valore con progetti mirati.
Preciso subito di essere
perfettamente d’accordo
con quanto sostenuto da
Daniela De Pietro riguardo al ragionamento urbanistico e concettuale da lei
portato avanti. Sono d’accordo cioè quando afferma
che sulla città vecchia non
devono essere riversate
velleità da città del tempo
libero. Nel mio programma politico-amministrativo, credo sia utile ricordarlo, il centro storico viene
continua a pag. 26
L’UDIENZA PRELIMINARE
Morte tredicenne, sentito il consulente
«DAL 9 marzo in poi Romano Marino presentava i sintomi che avrebbero consentito ai
medici di diagnosticare la Sindrome da attivazione macrofagica» queste le parole della
dottoressa Romina Gallizzi pronunciate davanti al gup Branda nel corso dell’udienza
preliminare a carico di sette medici dell’Annunziata accusati di aver provocato la morte
di un ragazzino di 13 anni. La consulente
della Procura ha ribadito agli avvocati difensori che Romano è morto per quella sindrome e che molto probabilmente poteva essere
salvato se i medici l’avessero diagnosticata
in tempo. La dottoressa Gallizzi, dell’Unità
operativa complessa di Genetica e immunologia pediatrica dell’Università degli Studi
di Messina, ha ancheipotizzato la possibilità
di una certa condotto omissiva anche da parte dei sanitari del reparto di Rianimazione
che però in questa vicenda non sono indagati. Anche loro avrebbero potuto accorgersi di
essere in presenza della sindrome Mas. Lunedi la prosecuzione dell’udienza con gli interventi e le domande poste alla consulente
da parte degli avvocati difensori.
I medici indagati sono Domenico Sperlì,
originariodi Caccuri(Kr),Natale Dodaro,di
Cosenza, Rosanna Camodeca, di Cosenza,
Vittoria Greco, di Maida (Cz), Rosaria De
Marco, nativa di Edmonton (Canada), Marianna Neri, di Reggio Calabria, e Clementina Rossi, di Cosenza. Sono stati chiamati in
causa perchè, “in cooperazione tra loro,
Sperlì in qualità di direttore dell'Unità operativa diPediatria eTerapia intensivapediatrica, tutti gli altri in qualità di sanitari in
servizio presso l’Unità operativa di Pediatria
e che ebbero in cura il piccolo Romano Marino, per imprudenza e imperizia consistita
nel procedere auna superficiale valutazione
del quadro clinico - non adeguato al caso di
specie - cagionavano con errata e tardiva dia-
gnosi la morte di Romano Marino, di anni
tredici”.
Romano, studente della media “Zumbini”,
morì il 16 marzo del 2010 al Bambin Gesù di
Roma, dove era giunto quando oramai non
c’era più nulla da fare. I sintomi della malattia si erano manifestati il 3 marzo, con una
febbre persistente, accompagnata da svenimenti. Da qui, il 7 marzo, il ricovero all’Annunziata, dove, a detta dei genitori, i medici
non sarebbero subito giunti alla causa di
quel male. «Semplicemente un uomo comune che avesse digitato su Google avrebbe potutorilevare -avevascritto l’avvocato Iacovino nell’esposto denuncia consegnato al procuratore capo Granieri - l’elevata concordanza tra i sintomi avvertiti dal giovane paziente
(febbre, splenomegalia, iper ferritinemia e
citopenia) ela malattia conosciutacome Sindrome da attivazione macrofagica».
tiz. a.
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Cosenza
L’avvocato D’Ippolito parla di estraneità dei fratelli dell’ex sindaco Mario e Franco Straface
Santa Tecla, arringhe finali
Si chiude il processo con rito abbreviato. Il 15 dicembre i verdetti
di MATTEO LAURIA
IN “SANTA TECLA” si chiude la sequela degli interventi
conclusivi affidati al nutrito
collegio di difesa e ci si avvia
al verdetto finale, programmato per il prossimo 15 dicembre. Dal rito abbreviato di
“Santa Tecla” le ultime arringhe difensive destinate alle
posizioni dell’imprenditore
Mario Straface (il pm in sede
di requisitoria ha chiesto 14
anni di reclusione), difeso dagli avvocati Ernesto D’Ippolito ed Emanuele Monte, di Antonio Piccoli (chiesti 20 anni),
Arcangelo Conocchia senior,
Pietro Longobucco, Giacomo
Pagnotta, ed altri. A tenere
banco il noto penalista D’Ippolito che ha sottolineato l’assoluta estranità dei fratelli
Mario e Franco Straface riguardo ai fatti contestati. Fari puntati sul complesso turistico “Airone”, un affare dal
quale - si tuona dall’ufficio di
difesa - traeva beneficio l’attuale parte offesa Pino Curto
attraverso il sistema della sovrafatturazione. A tal riguardo l’avvocato Monte ha
integrato con prove documentale come lo stesso Curto
traesse profitto dal sistema
messo in piedi. Ancora D’Ippolito a rincarare la dose contro un uso distorto dei pentiti,
mettendo finanche severamente in discussione l’attività d’indagine posta in essere
dagli investigatori. Ha fatto
riferimento al lido Snoopy,
comprovando documentalmente la regolarità della
struttura. Durante l’arringa
il penalista ha banalizzato le
accuse mosse da Curto ed ha
evidenziato come l’intera
opera (“Airone”) siasortacon
l’avallo del noto gioielliere. A
seguire, è stato ascoltato, per
dichiarazioni spontanee, Mario Straface che ha riportato
in lacrime alcuni appunti del
fratello Franco (deceduto di
recente a causa di un ictus)
dai quali si evince l’assoluta
innocenza. Anzi, emerge come gli Straface fossero vittime di estorsioni e di danneggiamenti. L’imprenditore ha
illustrato riproduzioni fotografiche tutte protese a dimostrare il valore del complesso
turistico, mettendo in luce come in tutto questo
affare ad uscirne
da vittimefossero
proprio i fratelli
Straface. Un accenno all’incendio dell’abitazione di uno dei familiari di Curto avvenuto però- secondo l’imprenditore- quando i rapporti con la parte offesa erano ottimi. Quindi, nessuna ipotesi di collegamento
poteva adombrerarsi tra l’atto in sé e i contrasti tra le parti. Ribadito inoltre un altro
aspetto, ossia, che tutti i soggetti ritenuti in odor di mafia
e contigui all’affare “Airone”
erano lì perché voluti da Curto. Ha preso la parola poi Davide Straface, figlio di Franco, che ha spiegato il meccanismo della fatturazione e di
come fosse il Curto a contrattareper lecommittenze.L’avvocato Ettore Zagarese (Piccoli, Conocchia,
Longobucco, Pagnotta) ha rimarcato la inutilizzabilità e la inattendibilità delle dichiarazioni rese
dai collaboratori
di giustizia, sottolineando vizi
anche nell’impiego delle intercettazioni telefoniche e
ambientali. Contestata infine, l’esistenza di una struttura verticistica associativa.
Sono intervenuti infine gli
avvocati Fulvio Campolo e
Carlo Esbarbo, ed altri legali
rappresentanti le posizioni di
imputati del milanese.
Analizzato il rogo
alla casa di un
parente di Curto
Un momento del blitz dell’operazione Santa Tecla
L’associazione chiede un incontro ai commissari per gli istituti di Fabrizio Grande
“Nuove risorse” in difesa delle scuole
di LUCA LATELLA
CORIGLIANO – Preoccupa e non poco il
piano di dimensionamento scolastico
del Ministero della Pubblica Istruzione.
In questo contesto si inquadra la richiesta di un incontro del movimento politico e culturale “Nuove Risorse” ai commissari prefettizi. Nodo cruciale, le
scuole di Fabrizio Grande, per le quali
pare sia previsto un accorpamento
all’Istituto Comprensivo di Cantinella, e
al tempo stesso accorpamento anche dei
Circoli didattici. “Sembra che la scuola
elementare primaria e la scuola dell’infanzia, che conta oltre duecento iscritti –
affermano da Nuove Risorse –ed appartenenti al II Circolo, possano essere accorpate all’Istituto Comprensivo di Cantinella”. Il movimento chiede un incontro agli amministratori prefettizi, pre-
sentando tutta una serie di premesse.
Tra queste, asseriscono, la circolare ministeriale del 7 ottobre scorso, attraverso la quale la Provincia “ha deciso di avviare leoperazioni didimensionamento
soloperla scuoladell’infanzia, la scuola
primaria e la scuola secondaria di primo
grado, che obbligatoriamente vanno
aggregati agli istituti comprensivi”.
Ma v’è di più, perché un “eventuale accorpamento conle scuoledi Cantinella–
sostengono ancora – creerebbe gravi e
pesanti disagi per gli alunni, per il personale docente e non docente e per i genitori stessi sia a livello logistico che di
raggiungimento degli uffici. Di certo
non è sicuramente di nessuno aiuto a livello occupazionale seguire “rigidamente” la linea di stabilità che anzi, in
questo caso specifico, si presenta come
fattore poco rassicurante per gli opera-
toridel settorediruoloo precari”.“Nuove Risorse” rammenta anche che al momento esistono “gravi problematiche
che stanno colpendo la già martoriata
comunità scolastica di Fabrizio” come
“la mancata accensione a tutt’oggi dei
riscaldamenti, sia per la mancanza di
gas –evidenziano –che per il cattivo funzionamento di alcuni caloriferi”. Il movimento segnala anche servizi sanitari
inutilizzabili, serrande delle aule e della
mensa rotte, mancanza di scuolabus,
dei vigili urbani o del “nonno vigile” negli orari di entrata e uscita dalla scuola.
Tra i problemi anche la mancata rimozione dei cassonetti della spazzatura,
carenze nei servizi di pulizia del verde
esterno e del decoro urbano nella piazza
antistante con la richiesta di mettere in
funzione una pensilina per la fermata
dell’autobus.
Il ragazzo era ritenuto avulso dal contesto criminale. Incongruenze in aula
Perciaccante sul delitto Acquesta
Il pentito incalzato dal pubblico ministero Luberto sull’omicidio del giovane
IN “TIMPONE Rosso” si chiude
l’esame al super pentito Pasquale
Perciaccante, alias “Cataruozzo”,
45 anni, collaboratore di giustizia, gregario del clan dei nomadi
di Cassano. Ieri mattina in Corte
D’Assise a Cosenza la parola al
pubblico ministero Vincenzo Luberto che ha incalzato il pentito su
alcuni fatti di sangue, in particolare sull’omicidio di Antonio Acquesta (il cui luogo di seppellimento è stato indicato dallo stesso
pentito), un giovane
ritenuto avulso dal
contesto criminale,
ragion per cui si rendeva difficile ricostruire il movente del
delitto. Dopo la rilevazione di alcune incongruenze, la corte si
riunisce in camera di
consiglio e rinvia
l’udienza al prossimo
7 dicembre, giorno in
cui sarà sentita la testimone di
giustizia Elvira Benedetto, sorella
di Sergio Benedetto. In tutto la
provincia di Cosenza vi era l’intenzione di metter su una organizzazione criminale facente capo a
Francesco Abbruzzese alias “Dentuzzo”, Celestino Abbruzzese alias
“Cicciu u zingaru”, Damiano Pepe
alias “Tripolino”. Il tutto attraverso la eliminazione di aderenti e
fiancheggiatori alle organizzazioni di ‘ndrangheta operanti
Udienza
aggiornata
al 7
dicembre
Il ritrovamento dei resti umani nel luogo indicato da Perciaccante come sepoltura di Acquesta e di un rom
nell’area, restii ad accettare il nuovo assetto criminale. E’ in questo
contesto che viene pianificato
l’omicidio di Sergio Benedetto,
verso cui venivano esplosi più colpi d’arma da fuoco, almeno quindici dei quali lo attingevano in varie regioni corporee, provocandone il decesso. I militari del R.O.S.
di Catanzaro avevano cercato di
convincere Benedetto a collaborare dopo l’omicidio di Carmine Pepe. Benedetto ,piu’ volte, aveva vacillato ma non aveva collaborato
per timore di ritorsioni piu’che nei
suoi confronti nei confronti dei
propri familiari. Gli investigatori
rivelano che Benedetto sapeva chi
lo aveva colpito e chi aveva ucciso il
cugino, si limitava a dire che i militari a loro volta , sapevano il nome dei suoi attentatori . Era chiaro
che avesse riconosciuto i killer del
nipote . E il prossimo 7 dicembre
sarà ascoltata la sorella Elvira,
dalla quale si rileva che aveva detto agli investigatori quali erano i
killer del povero cuginetto. Il pro-
blema è che si era sempre rifiutata
di verbalizzare. Il dato è importante perchè dimostra che la collaborazione della donna era già possibile subito dopo l’agguato e diventa effettiva dopo la morte di Benedetto Sergio che determina quello
che i sociologi definiscono un
“corto circuito” cioè un’eccezionale deroga alle regole di omertà.
Tutto questo è quanto emerge dal
faldone del voluminoso e complesso fascicolo di “Timpone Rosso”.
m. l.
Ospedale
Assolto
Ritrovato
ASSOLTO perché il fatto
non sussiste. La vicenda
della sospensione delle attività interne alla divisione
di Neurologia del presidio
ospedaliero “Compagna”
inizia a schiarisci. Prosciolto dall’accusa di omissione in attid’ufficio il dirigentemedico SalvatoreRitrovato
denunciato
nell’estate del 2010 perché
non avrebbe risposto nei
termini a una chiamata in
pronta disponibilità effettuata dai sanitari del nosocomio coriglianese. Il dirigente Ritrovato, difeso
dall’avvocato Libero Bellintani, già in sede amministrativa risultava indenne da “qualsivoglia rilievo
o responsabilità, ciò a seguito di uno specifico provvedimento adottato dal direttore sanitario della
struttura ospedaliera di
Corigliano, Pierluigi Carino. Alla base del contenzioso, che sfociava nel penale,
evidenti contrasti tra Ritrovato e il primario di
Neurologia, con il quale i
rapporti si rinvengono da
più tempo tesi, tanto da
confluire nella carta bollata. Dissidi che, evidentemente, rappresentavano
una delle concause a fondamento della sospensione delle attività all’interno
dello stabilimento sanitario, con grave nocumento
per l’utenza. Non a caso nel
luglio del 2011, all’indomani dell’accertata incompatibilità ambientale tra i
due camici bianchi, l’azienda sanitaria provinciale
nominava Ritrovato responsabile dell’ambulatorio di Neurologia ed elettromiografia dell’ospedale
di Corigliano, separando
lostesso dall’originario reparto di Neurologia diretto dal collega primario.
L’udienza si è celebrata
presso il Tribunale di Rossano davantial giudiceper
l’udienza preliminare. Ritrovato nei giorni scorsi è
stato soggetto ad attacchi
mediatici da parte di rappresentanti espressione di
movimenti civici. Una bufera politico-sanitaria che
non farà mancare ulteriori
reazioni sul piano giudiziario. L’auspicio è,invece,
che presto possa riaprire la
divisione di Neurologia.
m. l.
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Cosenza 43
Corigliano e costa jonica
Giovedì 1 dicembre 2011
Al centro della vicenda un presunto caso di malasanità. Nuova udienza il 21 febbraio
Medici indagati, cambia il gup
Accolta la richiesta di astensione del giudice Mellace. Il fascicolo passa alla Macrì
di TERESA ALOI
LA scorsa udienza il giudice per le udienze preliminari, Abigail Mellace, aveva
chiesto di astenersi dal
trattare il procedimento.
Una richiesta accolta e così
il fascicolo processuale è
stato assegnato alla collega Tiziana Macrì che lo
tratterrà il prossimo 21
febbraio.
Sarà in quella data che si
tornerà a parlare di quell'inchiesta portata avanti
dal sostituto procuratore
Simona Rossi che coinvolge tre medici dell'ospedale
Pugliese Ciaccio - l'ex primario di Chirurgia pediatrica dell'ospedale Pugliese-Ciaccio Renato Rubino,
il chirurgo della stessa
struttura operativa complessa Giuseppe Stranieri e
il medico della struttura
operativa complessa di Radiologia diagnostica Sinibaldo Esposito- nei cui confronti la Procura della Repubblica, ipotizza a vario titolo, i reati di lesioni colpose e falso.
Secondo la ricostruzione
dell'accusa, il bimbo nato
con una patologia all'intestino sarebbe stato sottoposto, dopo la visita medica,
ad intervento chirurgico
all'ospedale catanzarese
ma subito dopo le sue condizioni del bambino sarebbero peggiorate tanto da richiedere il ricovero all'ospedale pediatrico "Bambin Gesù" di Roma, dove il
piccolo è stato sottoposto
ad una serie di altri interventi chirurgici. Un vero e
proprio calvario affrontato
dalla famiglia del piccolo,
fatto di difficoltà quotidiane legate anche alla necessità di spostarsi dal capoluogo di regione alla Capitale.
Ed era stata la segnalazione dei genitori del piccolo, originari di un comune
crotonese, a far partire l'inchiesta della Procura della
Repubblica. Loro, che avevano chiesto che venisse
appurato se eventuali negligenze dei medici calabresi possano aver determinato l'aggravarsi delle
condizioni del bambino.
Dagli accertamenti investigativi sarebbe emersa
l'alterazione delle cartella
clinica, contenente anche i
referti degli esami radiologici ai quali sarebbe stato
sottoposto il piccolo nel
corso del primo ricovero all'ospedale Pugliese-Ciaccio.
Da qui l'accusa di falso,
contestata dagli indagati
così come quella di lesioni.
Ipotesi tutte da verificare,
in relazione alle quali gli
avvocati della difesa portaranno avanti le loro tesi a
sostegno della non colpevolezza dei propri assistiti.
L’ospedale “Pugliese Ciaccio”
Udienza preliminare
“Rinascita”
Rinviata
la sentenza
SLITTA al 13 dicembre
prossimo la sentenza del
processo che si sta celebrando con il rito abbreviato a carico di 56 imputati coinvolti nella maxi-operazione antidroga della
Direzione distrettuale antimafia da battezzata “Rinascita” per i quali il pubblico ministero Vincenzo
Capomolla ha sollecitato
pene per oltre 710 anni.
L’udienza è stata rinviata
per eventuali repliche del
pm al termine delle arringhe della difesa che si sono
concluse a tarda sera.
t.a.
La donna è stata condannata a 30 anni di reclusione
Omicidio Duro, rigettato il ricorso
Ornella Bevilacqua resta in carcere
RESTA in carcere Ornella Bevilacqua, 38 anni, sottoposta a custodia
cautelare in carcere dopo la sentenza
di condanna a 30 anni di reclusione
subìta nell’ambito del processo per
l’omicidio di Nicola Duro, ucciso il 17
giugno 2010 davanti ad un bar a Viale
Isonzo. Il Tribunale del riesame ha rigettato il ricorsopresentato dai legali
della donna, gli avvocati Antonio Ludovico e Salvatore Staiano, che aveva
sollecitato una misura meno afflittiva
per la propria assistita.
La donna, è stata arrestata pochi
minuti dopo la lettura del dispositivo
di condanna e trasferita nel carcere di
Castrovillari. Ornella Passalacqua,
era infatti l'unica imputata che si trovava in libertà dopo la scarcerazione
disposta dal Tribunale del riesame lo
scorso 15 luglio, e che il 19 novembre è
invece tornata in custodia cautelare
in carcere. Lei, come tutti gli altri, era
inizialmente finita in carcere nell'ambito dell'operazione “Cross revenge”,
scattata ad opera della Squadra Mobile all'alba del 3 luglio 2010 per l'esecuzione di un provvedimento di custodia cautelare emesso dal giudice per le
indagini preliminari su richiesta del
pubblico ministero Simona Rossi. Per
l’omicidio di Nicola Duro, sono stati
condannati - sempre a 30 anni di reclusione - il marito di Ornella Bevilac-
qua. Donato Passalacqua, 41 anni, ritenuto uno dei capi carismatici degli
zingari di viale Isonzo, a Catanzaro,
accusato di essere con la moglie il
mandante dell’omicidio Duro; il loro
figlio, Antonio Passalacqua, di 19 anni, che avrebbe materialmente sparato a Duro; mentre 16 anni la condanna
per Samuele Pezzano, 21 anni, che secondo l’accusa avrebbe accompagnato con l’auto e poi atteso il killer sul
luogo in cui Nicola Duro è stato ucciso, e Domenico Romagnino, che assieme al minorenne M. P., avrebbe attirato la vittima sul luogo dell’agguato.
t.a. Ornella Bevilacqua
Presentata la giornata di studi promossa per venerdì Illustrata la storica pubblicazione della Benemerita
L’amministrazione incontra Dall’Unità d’Italia al 1914
gli Ordini professionali nel calendario dell’Arma
di ADELE CANNISTRÀ
di GIOVANNI FAZÌA
STRINGERE rapporti tra ordini professionali e pubblica
amministrazione dal momento che lo stesso Comune,
ogni anno, tratta qualcosa
come un migliaio di giudizi
nelle più disparate materie
giuridiche. Questo il senso
della giornata di studio che
sarà ospitata venerdì all'auditorium Casalinuovo e presentata ieri a Palazzo de Nobilialla presenzadel vicesindaco Maria Grazia Caporale,
dell'assessore comunale al
personale Massimo Lomonaco, del presidente dell'Ordine
degli avvocati di Catanzaro,
Giuseppe Iannello, del dirigente del settore avvocatura
Saverio Molica e dell'addetto
stampa Sergio Dragone.
“L'amministrazione pubblica tra tutela legale e tutela
giurisdizionale”, questo il titolo scelto per una giornata
che verdá impegnati specialisti del settore come il consigliere del Tar Calabria Vincenzo Lopilato e neo consigliere del Consiglio di Stato,
l'avvocato dello Stato Giampiero Scaramuzzino, il rettore dell'università Magna
Grecia Aldo Quattrone e ancora lo stesso presidente dell'Ordine degli avvocati Giu-
FEDELTÀ, coraggio, dedizione fino all’estremo sacrificio, sobrietà nell’atto
eroico come nella vicinanza quotidiana alla gente, rigore morale: valori che si
intrecciano nel filo rosso
che lega l’Arma dei carabinieri all’Italia.
Dal 13 luglio 1814, ogni
giorno è il rinnovarsi di un
impegno che accompagna
la storia di un popolo, di
una Nazione. A raccontarlo, come ogni anno, è il Calendario storico dell’Arma,
che nell’edizione 2012 prosegue il percorso verso il bicentenario della fondazione della Benemerita intrapreso dodici mesi fa con il
tema “Dalle origini all’Unità d’Italia”. L’attesa pubblicazione – ormai oggetto
d’arte, di culto e di collezione con una tiratura di
1.350.000 copie di cui 8000
in inglese, francese, spagnolo e tedesco - è stata presentata alla stampa ieri
presso il Comando provinciale dei carabinieri dal colonnello Salvatore Sgroi.
L’edizione 2012 racconta,
attraverso le tavole realizzate da Luciano Iacus, “I secondi
cinquant’anni”
Da sinistra: Molica, Lomonaco, Iannello, Caporale e Dragone
seppe Iannello, l'avvocato Alfredo Gualtierie ilprofessore
ordinario di diritto amministrativo presso l'università
Magna Graecia Fabio Saitta.
Una giornata, dunque, che
vuole seguire le linee guida
dettate dal primo cittadino
Michele Traversa, assente
perché impegnato a Roma, in
campagna elettorale, come
ribadito dall'assessore Lomonaco. Perché l'amministrazione comunale ha bisogno di essere rinnovata al fine ultimo di diventare un
punto di riferimento per cittadini e amministrazioni perché termometro della qualità
e della sicurezza della vita del
cittadino, come auspicato dal
vice sindaco nel corso del suo
intervento. Ecco allora che la
collaborazione con la Curia
catanzarese si inserisce in un
più ampio progetto che vuole
fornire risposte più adeguate
a tutti i cittadini. Perché come sottolineato da Maria
Grazia Caporale i pochi mesi
di amministrazione hanno
palesato la difficile sfida «a
cui l'amministrazione tutta é
chiamata per restituire alla
città il suo orgoglio di capoluogo». Un'apertura questa,
volta al rapporto e alla collaborazione con tutti gli ordini
professionali che ha ricevuto
il plauso del presidente dell'Ordine degli avvocati di Catanzaro e presidente dell'Unione ordini forensi della Calabria Giuseppe Iannello perché in grado di dimostrare
un'unita di intenti che non ha
precedenti nella storia della
nostra amministrazione.
Il colonnello Salvatore Sgroi durante la presentazione del calendario
dell’Arma, dal 1864 al
1914. L’Arma dagli albori
dell’unità d’Italia, dunque,
ma anche il carabiniere come presidio di quei valori e
quei simboli che rappresentano le radici della Nazione. Dall’immagine di copertina del militare che
cinge la Bandiera di Guerra dell’Arma con sullo
sfondo il Parlamento, che il
24 giugno 1864, afferma
l’interesse della Nazione
per l’Arma definendola
“Benemerita”, all’emblematica illustrazione che ritrae le tre figure di riferimento di ogni municipalità
(il comandante della Stazione dei carabinieri, il sindaco, il parroco e il farmacista) insieme, si sottolinea –
come fa osservare il gene-
rale di Corpo d’Armata Leonardo Gallitelli, comandante generale dell’Arma quell’ “essere al servizio degli altri” che è l’ «essenza
della missione dei Carabinieri da 198 anni».
La narrazione prosegue
poi passando, tra l’altro per
la lotta al brigantaggio, la
terza Guerra di Indipendenza, , l’arresto di Garibaldi, la nascita del reparto dei
Corazzieri, Roma liberata e
lo straripamento del Tevere, l’assistenza alla popolazione nelle epidemie di colera, nei cataclismi del
1908, le missioni in Cina e
in Crimea. La storia di uomini silenziosi e fedeli al
servizio di un popolo. Anche oltre i confini dell’Italia.
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Catanzaro 29
Giovedì 1 dicembre 2011
43
Giovedì 1 dicembre 2011
REDAZIONE: via Vittorio Emanuele, 32 - 88900 Crotone - Tel. 0962/901334 - Fax 0962/905185 - e-mail: [email protected]
La sentenza del Tribunale a un giorno da quella della Cassazione che riconosce la cosca Maesano
Puma, raffica di assoluzioni
Soltanto tre condanne lievi (una sola per mafia) e 23 imputati scagionati
di ANTONIO ANASTASI
RAFFICA di assoluzioni nel
processo Puma definitosi ieri
sera in primo grado. Ben 26.
Soltanto tre le condanne. Ma
anche i tre condannati sono
stati assolti da buona parte
delle accuse loro contestate.
L'accusa più grave, quella di
associazione mafiosa, ha retto nei confronti del solo Giovanni Puccio, al quale, a fronte di una richiesta di condanna a 14 anni di reclusione
avanzata dal pm Pierpaolo
Bruni, sono stati inflitti tre
anni e due mesi grazie anche
alla concessionedi attenuanti
generiche. Gli altri due condannati sono l'ex amministratore del villaggio Praialonga, Luigi Bumbaca, di Botricello, imputato chiave perché secondo l'accusa sarebbe
stato piazzato dal clan Maesano di Isola Capo Rizzuto a gestire il condominio al posto del
“defenestrato” Stefano Forleo, e Michele D'Alfonso, di
Santa Severina, cognato dell'ex assessore regionale Dionisio Gallo la cui condanna
per corruzione è stata annullata con rinvio dalla Cassazione un giorno prima della sentenza di ieri, emessa dopo oltre 50 ore di camera di consiglio. Sia Bumbaca che D'Alfonso
sono stati ritenuti colpevoli di corruzione, esclusa
l'aggravante mafiosa, e condannati rispettivamente a due anni
e sei mesi e due
anni e quattro mesi. Ma sono
stati anche assolti da una sfilza di capi d'imputazione ruotanti attorno a vicende di voto
di scambio politico-mafioso.
Per tutti gli altri assoluzioni
piene. Questo non significa
che la mafia a Praialonga non
esisteva, secondo il Tribunale
penale presieduto da Giuseppe Labonia (e composto, inoltre, da Gilda Del Borrello e
Raffaella Dattolo, cancelliera
Giovanna Morabito), perché
Puccio è statocondannato per
associazione 'ndranghetistica. Un'associazione della quale, evidentemente, essendo
stati ieri assolti i coimputati di
mafia, Puccio avrebbe fatto
parte insieme a quanti sono
stati condannati in via definitiva nel troncone del processo
svoltosi col rito abbreviato, e
che proprio un giorno prima
della sentenza di ieri è approdato al vaglio della Cassazione che, come già riferito, ha
confermato le condanne per
tre esponenti di vertice del
clan e ha annullato con rinvio,
tra le altre, le condanne dell'imprenditore Raffaele Vrenna, dell'ex consigliere regionale Gallo e dell'ex assessore
provinciale Giuseppe Puccio.
Incassa con ovvia soddisfazione la folta pattuglia dei difensori, che nel corso dell'istruttoria dibattimentale si è
scagliata contro Forleo, per
minarne l'attendibilità. Al
punto che il pm Bruni, nella
sua requisitoria, esordì affermando che «non si è celebrato
un processo di mafia ma un
processo nei confronti della
parte offesa». Ma, nonostante
la tesi dell'esistenza di una cosca che gestiva il villaggio
Praialonga sia stata avallata
Il villaggio turistico Praialonga su cui s’incentrava l’inchiesta Puma
anche dalla Suprema Corte,
l'accusa di mafia per buona
parte degli imputati che hanno scelto il rito ordinario è caduta. La sentenza arriva a
quasi cinque anni dall'operazione che nel dicembre 2006
azzerò la cosca Maesano e fece
luce su vicende di voto di
scambio politicomafioso. Il pm
aveva proposto,
dunque, 23 condanne e tre assoluzioni per presunti mafiosi e
colletti bianchi accusati di contiguità con i clan. Lo
aveva fatto dopo aver rivolto
una critica serrata alla cosiddetta «società civile che si
straccia le vesti a ogni piè sospinto quando si tratta di indignarsi contro la criminalità
organizzata, fare manifestazioni contro la criminalità organizzata, suggerire ricette
contro la criminalità organizzata». Perché nel corso del
processo hanno sfilato «fior di
Non colpevoli
i politici
Megna e Grano
professionisti» - i testi citati
dalla difesa - grazie ai quali si è
fatta «un'ulteriore scoperta: e
cioè - aveva detto ironicamente Bruni - che la cosca Maesano non ha mai operato a Praialonga». Perché quei professionisti «tessevano le lodi di
soggetti che nelle intercettazioni si accusavano di gravissimi fatti reato».
Tra le assoluzioni spicca
quella dell'ex assessore comunale all'Urbanistica di Botricello Antonio Puccio ( afronte
di una richiesta di 10 anni)
che il pm accusava di «reciprocità di interessi» con Bumbaca, amministratore succeduto a Forleo e del quale Fiorello
Maesano, presunto reggente
del clan, diceva che gli «appartiene». Fiorello Maesano, per
inciso, è il fratello di Santo, definito «pericolo azionista»,
imputato nel processo ordinario. Per Santo Maesano il pm
aveva chiesto dieci anni, ma è
stato assolto anche lui. Interessi reciproci, si diceva, tanto più che l'elezione di Bumba-
ca, per cui Bruni aveva chiesto
14 anni, «non è libera espressione del voto», sempre per
l'accusa, non potendo valere il
requisito della professionalità poiché il suo primo bilancio
fu bocciato dal condominio e
lo stesso consulente della difesa in aula ne rilevò «l'assoluta
inidoneità». Quel Bumbaca la
cui posizione, secondo l'accusa, andava trattata «unitamente» a quella di Michele
D'Alfonso (chiesti per lui nove
anni), «procacciatore di voti e
condomino di Praialonga»
che pranza con Bumbaca, il
quale si dice suo «amico» vantando «appoggi a tutti i livelli». Il discorso verteva sia sulla
ricandidatura di Gallo alle regionali del 2005 che su delle
«cose da sistemare a Praialonga». «Soldi sicuri». Il riferimento era a un incontro con
Gallo che rassicurava circa
l'invio di operai idraulico-forestali per la sistemazione di
un costone roccioso. Un episodiocostatola condanna,maal
di fuori di un contesto di ma-
fia, a Bumbaca e D'Alfonso.
Ma gli altri implicati nella
stessa vicenda? Tra le assoluzioni c'è anche quella dell'ex
presidente del Consorzio di
bonifica, Gennaro Marrazzo,
dell'architetto Domenico Calabretta,che elaboròilprogetto per la sistemazione di un canalone per cui
Gallo erogò il finanziamento. I
«soldi sicuri» che
Bumbaca «ostentava con sicurezza». Tra gli assolti
anche il consigliere
provinciale
Gianfranco Grano, per cui erano stati chiesti
tre anni per corruzione elettorale con l'aggravante mafiosa, Antonio Megna, ex assessore provinciale candidato alle regionali 2005 e accusato di
voto di scambio nonché l'ex
consigliere provinciale Lucio
Cosentino, che doveva rispondere di tentata estorsione (ma
per gli ultimi due lo stesso pm
aveva proposto l'assoluzio-
ne).
LA DIFESA
«L'aspetto fondamentale
della sentenza è aver ritenuto
che Bumbaca non avesse avuto nulla a che fare con la 'ndrangheta. E' stata esclusa
anche l'aggravante mafiosa
oltre a molti reati fine. Ma tutto era stato costruito intorno
alla mafia di cui Bumbaca doveva essere la longa manus».
E' il commento a caldo dell'avvocato Gregorio Viscomi.
Mentre l'avvocato Luigi Morrone, difensore di D'Alfonso,
ha detto di «accettare il verdetto dei giudici pur non condividendo le condanne perché la
sistemazione geologica della
zona è un'opera da considerarsi di pubblica utilità e quindi non può ritenersi corruttivo l'operato di chi la caldeggia». Morrone, però, esprime
«soddisfazione per la riconosciuta estraneità di D'Alfonso
a consorterie mafiose non
senza rimarcare l'anomalia
della richiesta del pm integralmente poggiata sulle motivazioni di una sentenza resa
inunprocesso acuinonaveva
partecipato il mio assistito - ha
detto ancora il legale - non ancora passata in giudicato e
successivamente fatta a pezzi
dalla Corte di Cassazione».
Tra i numerosi difensori impegnati nel processo anche Pietro Pitari,
Francesco Laratta, Luigi Falcone,
Saverio Loiero,
Valentino Torchia, Mario e Tiziano Saporito,
Luigi Villirilli, Mario Prato.
LE PARTI CIVILI
Nessun risarcimento a Forleo, i cui legali avevano chiesto 500.000 euro per il danno
morale. Il solo Puccio è stato
condannato a risarcire Regione e Comune di Isola (rappresentati dall'avvocato Giovanni Iedà) e il villaggio Praialonga (avvocato Pantaleone Sulla).
Cade l’ipotesi
del voto
di scambio
LE POSIZIONI
Ecco tutte le decisioni dei giudici
ECCO le decisioni dei giudici (in parentesi le richieste del pm).
Santo Maesano, di Isola Capo
Rizzuto, di 53 anni, operaio, imputato di associazione mafiosa, armi:
assolto(10 anni di reclusione); Giovanni Puccio, di Botricello, di 63
anni, imprenditore, associazione
mafiosa, estorsione aggravata dal
metodo mafioso, violazione di domicilio e danneggiamento a colpi
d'arma da fuoco al fine di intimidire
l'ex amministratore di Praialonga,
corruzione, voto di scambio: 3 anni
e due mesi per associazione mafiosa, assolto per il resto (14 anni); Antonio Puccio, di Botricello, di 54 anni, imprenditore, associazione mafiosa estorsione aggravata, corruzione, voto di scambio: assolto (10
anni); Luigi Bumbaca, di Botricello, di 54 anni, ex amministratore
dei villaggi Praialonga, Santa Cristina e Costa del Turchese, associazione mafiosa, estorsione aggravata dal metodo mafioso, danneggiamento, corruzione, voto di scambio,
abuso d'ufficio: 2 anni e due mesi
per corruzione esclusa l'aggravante mafiosa, assolto per il resto (14
anni); Michele Leonardo Bruno, di
Cutro, di 51 anni, guardia giurata
del villaggio Praialonga, associazione mafiosa, estorsione aggravata dal metodo mafioso: assolto (6
anni); Antonio Bumbaca, di Botricello, di 27 anni, studente, accusato
di ricettazione: assolto (6 anni);
Giuseppe Battaglia, di Isola Capo
Rizzuto, di 63 anni, guardia giurata in pensione, associazione mafiosa: assolto(8 anni); Agostino Biondi, di Isola Capo Rizzuto, di 58 anni,
dirigente dell'ufficio tecnico del Comune di Isola, corruzione e falso
(accuse secondo il pm da riqualificare in abuso d'ufficio): assolto (6
mesi); Giuseppe Oliva, di Petilia, di
45 anni, dirigente regionale, corruzione, distruzione di atti, associazione mafiosa: assolto (3 anni e 6
mesi); Antonio Megna, di Crotone,
di 62 anni, ex assessore provinciale,
voto di scambio, concorso esterno
in associazione mafiosa: assolto
(assoluzione); Cosimo Veneziano,
di Catanzaro, di 50 anni, voto di
scambio: assolto(assoluzione); Natale Salvatore Stella, di Strongoli,
di 45 anni, operaio, corruzione: assolto (1 anno e 6 mesi); Gianfranco
Grano, di Mesoraca, di 35 anni, consigliere provinciale Udc, corruzione: assolto (3 anni); Rocco Bruno,
di Isola Capo Rizzuto, di 46 anni, ex
segretario provinciale Udc, corruzione: assolto (3 anni); Francesco
De Rose, di Strongoli, di 47 anni,
corruzione: assolto (1 anno e 6 mesi); Salvatore Antonio Martucci,
di Strongoli, di 54 anni, corruzione:
assolto (1 anno e 6 mesi); Michele
Fragola, di Strongoli, di 63 anni,
idraulico, corruzione: assolto (1
anno e 6 mesi); Salvatore Cosentino, di Strongoli, di 51 anni, corruzione: assolto (1 anno e 6 mesi);
Gaetano De Tursi, di Strongoli, di
51 anni, corruzione: assolto (1 anno e 6 mesi); Giuseppe Cristodaro,
di Isola Capo Rizzuto, di 49 anni,
operaio, danneggiamento: assolto
(4 anni); Luigi Gareri, di Isola Capo
Rizzuto, di 53 anni, custode, associazione mafiosa, estorsione, abuso
d'ufficio: assolto (8 anni); Domenico Calabretta, di Isola Capo Rizzuto, di 60 anni, architetto e presidente della sezione di Le Castella della
Lega navale italiana, estorsione aggravata dal metodo mafioso, corruzione: assolto (4 anni); Lucio Cosentino, di Cotronei, di 51 anni, ex
capogruppo Ds in consiglio provinciale, estorsione aggravata: assolto (assoluzione); Gennaro Marrazzo, di Isola Capo Rizzuto, di 61 anni,
presidente del Consorzio di bonfica
Le Castella, corruzione, abuso d'ufficio: assolto (5 anni); Michele
D'Alfonso, di Santa Severina, di 69
anni, corruzione, distruzione di atti, abuso d'ufficio: 2 anni e 4 mesi
per corruzione esclusa l'aggravante mafiosa, assolto per il resto (9 anni); Angela Tortello Cannata, di
Crotone, di 52 anni, corruzione: assolta (1 anno e 6 mesi).
E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
Crotone
Giovedì 1 dicembre 2011
Otto persone accusate di droga, armi e tentata estorsione
Sfrontati. I testi a favore di Bonavota
maresciallo ci disse
Il tenente dei carabinieri Spadaro «Il che
avrebbe fatto
riferisce sulla genesi dell’inchiesta chiudere il locale»
di GIANLUCA PRESTIA
PROCEDE il processo che vede imputate sette persone accusate, a vario titolo, di associazione, detenzione di droga, tentata estorsione, detenzione e traffico di armi. Imputati nel procedimento penale
Pasquale Siciliano, 35 anni
(entrambi di Sorianello e difesi dall'avvocato Michele Ciconte); Giuseppe Muzzupappa, 38 anni di Nicotera (assistito dall'avvocato Giovanni
Vecchio); Antonio e Cosimo
Rugolo, di 40 e 39 anni, entrambi di Nicotera (avvocato
Gregorio Cacciola); Carmine
Cocciolo, 29 anni di Spilinga,
(avvocati Patrizio Cuppari e
Antonio Porcelli); Antonio
Polimeni, 37 anni di Nicotera
(avvocato Benito Infantino);
Vincenzo Raimondo, 35 anni
di Soriano, (avvocato Domenico Ioppolo); Andrea Simoncini, 28 anni di Soriano
(avvocati Giuseppe Orecchio
e Gaetano Servello).
Tre i testimoni chiamati
dal pm Boninsegna a deporre
sul banco dei testimoni., il
primo dei quali è stato il tenente Domenico Spadaro, all'epoca dei fatti (il 20072008) comandante del nucleo investigativo dei carabinieri di Vibo.
È stato lui condurre l'indagine
coordinata dalla
Direzione
distrettuale antimafia di Catanzaro ed a riferire,
nell'udienza di
ieri mattina, della genesi dell'inchiesta che ha preso spunto
da un'altra attività d'indagine. «Il pm, a seguito di intercettazioni aveva aperto uno
stralcio che avevafatto emerger le modalità di spacci dello
stupefacente. La tecnica di
coltivazione della droga (marijuana, ndr) consisteva ne
coltivare piccoli quantitativi
in diverse aree, mentre l'attività di spaccio avveniva a Soriano Calabro dopo essere
stato acquistato nella città di
Giuseppe Muzzupappa
Antonio Rugolo
Pasquale Siciliano
Nicotera». Il militare ha riferito in seguito del linguaggio criptico utilizzato dagli
imputati che identificavano
lo stupefacente con i termini
più svariati: Erano soliti dire
“storia”, “caffè”, “buste”,
“arance” e quant'altro”, aggiungendo che, a supporto
delle intercettazioni ambientali e telefoniche, vi erano stati i sequestri di
droga, specialmente quelli che
avevano portato
all'arresto di Congestrì e Criseo, il
19 marzo 2007,
nel corso di un
servizio mirato.
In quell'occasione erano stato rinvenuto
mezzo chilo di marijuana.
L'altro arresto aveva riguardato, l'1 luglio sempre dello
stesso anno, proprio Muzzupappa, che veniva chiamato
con l'appellativo di “marocchino”, sorpreso ad innaffiare 13 piantine di canapa indiana.
Ha poi deposto il maresciallo Antonino Scarcella
che ha riferito dell'attività intercettiva e successivamente
il luogotenente Alfredo Anselmo, comandante della stazione di Chiaravalle, che ha
parlato dell'arrestodi Siciliano il 2 febbraio 2008 per detenzione di marijuana e di
cartucce di fucile all'interno
della sua attività di ricambi
per autovetture.
Infine, l'ultimo a salire sul
banco dei testimoni è stato
l'appuntato
Gianfranco Genovese che si era
occupato del riconoscimento vocale e visivo di Simonicini, parlano anche della
circostanza in
cui questi si incontrò con Carmelo Cocciolo
a Soriano. Conversazione del
4 luglio 2007 avvenuta all'interno di un'autovettura e intercettata dalle cimici messe
dai carabinieri.
Infine, il pm Boninsegna
ha depositato la sentenza di
primo grado del processo che
ha visto la condanna a cinque
anni di Filippo De Masi e a pochi mesi di Antonio Gullì,
coinvolti nell'inchiesta e che
avevano optato per il giudi-
zio abbreviato. In più, sempre il pubblico ministero della Dda ha chiesto la riformulazione del capo di imputazione per Simoncini con la contestazione suppletiva della
cessione di droga per un
quantitativo di 500 grammi.
Le indagini avevano rivelato che, oltre ad occuparsi
dell’attività illecita legata allo spaccio anche
dentro un villaggio turistico di
Nicotera Marina,
Rugolo Antonio e
Muzzupappa
Giuseppe, considerati al vertice
dell’associazione, coltivavano
piante di canapa indica, mentre a Cocciolo era stato affidato il “compito” di procacciare
i clienti in vacanza nella
struttura ricettiva. Sulla base delle risultanze investigative gli inquirenti stimavano
che, nel periodo dell'indagine, le persone indagate avessero prodotto e spacciato decine di chilogrammi di marijuana.
Prossima udienza l'1 febbraio 2012.
«Lo spaccio
avveniva
a Soriano»
Ulteriore
contestazione
per Simonicini
NUOVO capitolo, presso stati chiamati dal marel'aula bunker del palazzo di sciallo Cannizzaro il quale
giustizia di via Lacquari, ci ha detto che se Gaetano e
del processo “sfrontati” Bonavota avessero aperto
che vede imputate tre per- il locale, lui l'avrebbe fatto
sone: Salvatore Bonavota, chiudere entro 10 giorni».
Giulio Castagna e Gian- A seguito di ciò, dopo circa
franco Russo (il primo ri- un mese e mezzo «durante
stretto in carcere, gli altri il quale ero riuscito a rivendue in regime di arresti do- dere la merce acquistata in
miciliari) accusati a vario precedenza», era «subentitolo di usura nei confron- trato Ceccato che si era proti del commerciante Dario posto per la gestione del riCeccato,
rappresentato storante e con il quale avedall'avvocato
Giovanna vo concordato il versamenFronte. Nell'udienza di ieri to di 1500 euro, mille per
mattina davanti al tribuna- Bonavota e 500 per me,
le in composizione colle- mensili per rientrare dalle
spese di ristrutgiale
(pres.
turazione del loGiancarlo
cale per un totaBianchi, a latele
di
circa
re i giudici
13.000
euro.
Alessandro PiPagamenti che
scitelli e Maavvenivano tranuela
Gallo)
mite
assegni
dopo il non acdal mio bloccoglimento
chetto. Ma - ha
dell'eccezione
aggiunto il tepresentata dalste in risposta
l'avvocato Salad una domanvatore Staiano,
da del presidendifensore di Cate Bianchi - non
stagna, sulla
sono mai avvenullità del denuti».
creto che dispoSuccessivaneva il giudizio Giancarlo Bianchi
mente ha depoimmediato, si è
assistito alla deposizione di sto il figlio Gaetano che ha,
due testi a discarico portati sostanzialmente, conferdai legali di Bonavota (gli mato la versione resa dal
avvocati Francesco Muzzo- genitore.
Prossima udienza il 25
pappa e Nicola Cantafora)
che hanno riferito sui rap- gennaio 2012 con le depoporti commerciali con l'im- sizioni degli operatori della squadra mobile Garisto e
putato.
Il primo a rispondere alle Leone e del maresciallo
domande delle parti è stato Cannizzaro, chiamato, coNicola Lo Schiavo proprie- me visto, in causa dai due
tario della Trattoria “La Pi- testi a discarico.
Il procedimento penale si
gnata”, a Sant'Onofrio, che
aveva lasciato successiva- avvierà a conclusione enmente, nel settembre del tro la fine del mese di feb2007, al figlio Gaetano e a braio anche per evitare la
Salvatore Bonavota dai scadenza dei termini di cuquali aveva ricevuto il pa- stodia cautelare degli imgamento di tre mesi antici- putati. Nelle prossime
pati per una somma di udienze saranno, pertan4.500 euro. «Ma dopo qual- to, ascoltati gli ultimi testi
che giorno - ha affermato dopo di chè avverrà la rerispondendo all'avvocato quisitoria del pm BoninseMuzzopappa e di seguito al gna seguita dalle arringhe
pm Giampaolo Boninse- del collegio difensivo.
gna - io e mio figlio siamo
gl. p.
Raffaele Serratore bloccato dalla polizia a Torino Stava staccando le cassette dal muro di una casa
Giovane vibonese sorpreso Furto di energia elettrica
con 2 kg di cocaina e hashish Arrestato in flagrante
SONO arrivati a lui dopo aver
raccolto una serie di informazioni nell'ambiente dello
spaccio di droga. Un'attività
d'indagine con pedinamenti
ed osservazioni che si è conclusa nella giornata di martedì scorso con il suo arresto.
A finire in manette un giovane originario della provincia Vibonese, di Filadelfia
per la precisione. Per lui,
Raffaele Serratore, 29 anni,
domiciliato nell'Astigiano,
l'accusa e detenzione ai fini
di spaccio di sostanza stupefacente. Gli agenti della
Squadra Mobile di Torino lo
hanno fermato in via Nizza, a
Torino, in prossimità della
stazione Porta Nuova, dove è
sceso dalla sua macchina, è
entratoin unbarene èuscito
per poi avvicinarsi e aprire
un'altra vettura, diversa da
quella con cui era arrivato,
che i poliziotti stavano tenendo sotto osservazione.
Dopo averlo bloccato, hanno perquisito i veicoli. Sulla
macchina (la seconda, una
Fiat Punto) è stato trovato un
kg di cocaina confezionata in
un panetto di cellophane di
colore salmone con sopra impresso il numero 71, mentre
L’istituto penitenziario di Torino
in un vicino box auto (in via
Felizzano) la Polizia ha trovato un altro mezzo chilo di
cocaina e mezzo chilo di hashish nonché la strumentazione per confezionare la
droga, compresa la pressa
della capacità di 10 tonnellate. Particolare, questo, che
induce gli investigatori a ritenere che nello stesso garage siano già passati alcuni
chilogrammi di sostanze che
sarebbero già stati venduti o
ceduti a terzi.
La polizia stava tenendo
d'occhio il giovane da qualche tempo dopo aver, come
detto, raccolto una serie di
informazioni nell'ambiente
dello spaccio. A seguito dell'assunzione delle testimonianze da parte dei compratori dello stupefacente, gli
uomini della Mobile torinese, avevano stretto sempre
più il cerchio attorno al giovane vibonese riuscendo a
sorprenderlo in flagrante.
Dopo le formalità di rito, Serratore è stato tradotto presso
l'istituto penitenziario “Le
Vallette”, del capoluogo piemontese, in attesa dell'udienza di convalida.
gl. p.
COLTO in flagrante e,
quindi, arrestato con l'accusa di furto di energia
elettrica. Quando la pattuglia dei Carabinieri della
Stazione di Vibo Marina è
passata vicino all'ex-camping Kursal ed ha sentito
uno strano ed incessante
martellare ha deciso di verificare cosa stesse accadendo all'interno della
struttura ricettiva, ormai
abbandonata da anni.
Una curiosità che ha
spinto i militari della Compagnia Carabinieri di Vibo
Valentia, coordinati dal capitano Stefano Di Paolo, ad
entrare con discrezione da
uno dei molti fori della recinzione e raggiungere in
silenzio la fonte di quel rumore.
Appena gli uomini dell'Arma hanno girato l'angolo si sono trovati davanti
Onofrio Meddis, 50 anni,
residente nella frazione
Longobardi, già noto alle
forze dell'ordine, che con
tanto di martello e cacciavite stava staccando dal muro delle cassette elettriche.
Alla vista del personale in
divisa guidat0 dal mare-
Onofrio Meddis
sciallo Riccardo Astorina
l'uomo, capendo di essere
stato scoperto, non ha opposto resistenza e non ha
detto una parola.
Silenzio che ha tenuto
anche quando i militari
dell'Arma hanno avviato la
perquisizione della propria abitazione dove, oltre a
verificare la presenza di altro materiale elettrico misteriosamente scomparso
dal camping, hanno accertato come la corrente elettrica giungesse da una fonte ignota e, soprattutto,
gratuita.
Infatti i militari
non hanno potuto
non notare come
l'abitazione, nonostante fosse priva
di contatore, per
qualche strano fenomeno fisico, fosse illuminata a
giorno da numerose lampadine nonostante fuori vi
fosse un sole splendente.
I
Carabinieri,
con l'ausilio dei
tecnici dell'Enel
hanno così risalito
i cavi elettrici, in gran parte murati e che hanno richiesto un vero e proprio
lavoro di demolizione per
essere portati allo scoperto, fino ad arrivare ad una
cassetta di derivazione che
il Meddis aveva forzato e
manomesso.
Per l'uomo, che in una sola giornata si è visto caricare addosso l'accusa di ben 2
furti aggravati, sono così
scattate le manette e, dopo
gli atti di rito, si sono aperte le porte del carcere di Vibo Valentia.
gl. p.
E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
28 Vibo
Poste Italiane SpA - Spedizione in A.P. D.L. 353/2003 (conv. in L. n. 46 del 27/02/2004) art. 1, comma 1, DR/CBPA-SUD/CS/56/2006 valida dal 06/04/2006
anno VI numero 331
giovedì 1 dicembre 2011
€ 1,00
direttore piero sansonetti
LOCRI
Ergastolo a Curciarello
E’ il killer di Cordì
Ieri la sentenza. Ci sono anche due assolti
quotidiano d’informazione regionale
LOCRI Un ergastolo e due assoluzioni. Si chiude in questo modo,
con il giudice che legge in aula dopo sei giorni di camera di consiglio, il dispositivo della sentenza,
il primo grado di giudizio del processo per la morte di Salvatore
Cordì, il noto boss della ’ndrangheta ucciso a Siderno nel maggio 2005.
ESCLUSIVA CO
Piango De Seta
Maestro dimenticato
> pagina 14
ECCO LA BOCCASSINI!
arrestati giudici e politici
In manette il consigliere regionale Morelli e il magistrato Giglio
Sono accusati di aver aiutato il clan milanese dei Valle-Lampada
Il magistrato antimafia
amico delle cosche
di Ilario Filippone
pagina
8
pagina
9
Il politico in società
con gli affiliati
di Annalia Incoronato
Tutti al Café de Paris
per gli affari e gli accordi
di Consolato Minniti
pagina
7
> da pagina 6 a pagina 13
Colonizzate
politica
e magistratura
DI PIERO SANSONETTI
“Ilda la Rossa”, cioè il procuratore Boccassini, è
sbarcata in Calabria. E' arrivata come fosse una bufera, ha gettato lo scompiglio, ha fatto arrestare un
giudice anti-mafia di Reggio e un consigliere regionale, che era considerato insospettabile, e poi un maresciallo e varia altra gente, e in più ha messo sotto accusa un altro giudice antimafia, di Palmi. Diciamo
che ha lanciato la sfida alla famosa “borghesia grigia”,
appena due giorni dopo la denuncia del giudice Lombardo, che aveva accusato la magistratura calabrese di essere timida e di non sapere andare a fondo nel-
PIZZO
Sequestrati per ore
e derubati in casa
Una rapina in stile "Arancia meccanica" è stata portata a termine da tre delinquenti nella villetta di un grossista di gioielli di
Tropea. I banditi sono entrati nell'abitazione ed hanno preso in
ostaggio un'intera famiglia, l'uomo, la moglie ed i due figli. I
quattro sono stati legati, quindi i rapinatori si sono impossessati di beni preziosi per un valore di decine di migliaia di euro. I
malviventi hanno atteso il ritorno a casa del grossista e lo hanno affrontato col volto coperto da caschi e armati di pistola. Una
volta all'interno hanno immobilizzato tutti.
> pagina 15
le inchieste, e più precisamente di non volere sfiorare
gli intoccabili. E' arrivata “Ilda la Rossa” e in poche
ore ha sconvolto l'establishment calabrese. Ha messo
sotto accusa magistratura e politica. Ha destabilizzato gli equilibri, ha lasciato capire che non mollerà
la presa. Ha mandato i suoi poliziotti ad arrestare e
sequestrare. Si è fatta portare a Milano, nei cellulari
con le sbarre, gli imputati, perché forse non si fida
troppo delle carceri calabresi.
> segue a pagina 7
> pagina 14
CATANZARO
Strage ferroviaria sfiorata
Nuovo sopralluogo nell’Amato
LUNA ROSSA
di Pasquino
Il fumo e l'arrosto
Avevamo perso il diritto alla prima pagina. Lo riacquistiamo con l'
inchiesta della Procura milanese che spedisce in carcere il magistrato
Vincenzo Giglio e il consigliere regionale pidiellino Franco Morelli, oltre
che un maresciallo capo della Guardia di Finanza, Luigi Mongelli,
l'avvocato Vincenzo Minasi, il dottor Vincenzo Giglio. Secondo la scuola
della Santa Inquisizione, dove c'è fumo, c'è arrosto.
DI MARTIN SCORSESE
Sono rimasto scioccato dalla notizia della morte di Vittorio De Seta. La sua vita
è stata lunga e sana, e l’ultima volta che
lo vidi, solo qualche anno fa, sembrava
che gli rimanessero da vivere altri 50 anni, scoppiava di energia creativa. De Seta è uno dei grandi, trascurati registi tra
i più grandi italiani, e il suo lavoro meriterebbe di essere molto più conosciuto di
quanto non sia. Negli anni ’60, lo conoscemmo attraverso il suo straordinario
“Banditi a Orgosolo”. Ma dopo, molti anni dopo, vedemmo i suoi documentari a
colori che girò negli anni ’50, poetiche
cronache di vita nell’Italia del sud, della
Sardegna e della Sicilia. Chi vide queste
immagini, prima note solo a pochi, ne rimase ammaliato. Sono registrazioni preziose di costumi e modi di vivere che stavano scomparendo. Ma De Seta non documentò solo con la sua videocamera e il
suo microfono, egli catturò il ritmo del lavoro, i suoni delle vette delle montagne e
quelli nelle case, il passare del tempo nei
villaggi e tra i pescatori nel mare, l’arco
della vita, la consistenza della terra e
l’aria. De Seta ritornò a quelle immagini
solo qualche anno fa, rimasterizzò il colore, cambiò i ritmi, e affinò le colonne sonore. Nel loro insieme, esse sono una delle meraviglie del cinema. Vittorio De Seta fu veramente un grandioso, dinamico
artista, e io piango la sua scomparsa.
> in macondo
> pagina 16
Scopelliti contro
il patto di stabilità
LAMEZIA TERME La Calabria non
chiede altri soldi, chiede solo di potere
spendere quelle somme che già ha. Così Scopelliti sul patto di stabilità che a
detta del governatore, «crea un momento di grande difficoltà» per la regione.
dal POLLINO
alloSTRETTO
calabria
ora
GIOVEDÌ 1 dicembre 2011 PAGINA 6
’ndrine, giudici e politica
Il terremoto Boccassini
fa tremare il Palazzo
Arrestati il consigliere regionale Morelli e il giudice Giglio
REGGIO CALABRIA
Ieri mattina lo aspettavano in aula per presiedere la
consueta udienza del mercoledì, ma in tribunale, il giudice Vincenzo Giglio, non c’è mai arrivato. Lo hanno arrestato all’alba gli uomini della Squadra mobile di Milano, in collaborazione con i colleghi reggini, nell’ambito dell’operazione denominata “Infinito” e condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano. Il provvedimento restrittivo, emesso dal gip Giuseppe Gennari,
riguarda anche il consigliere regionale Francesco Morelli, un maresciallo della Guardia di finanza, un avvocato
ed un medico, nonché altri soggetti ritenuti appartenenti alla consorteria
L’operazione
mafiosa dei Valle-Lampada, originari
è stata condotta
di Archi, zona nord di Reggio Calabria,
ma operanti nel territorio milanese. In
dal pm della
tutto sono dieci i destinatari dell’ordiDda milanese
nanza emessa dal gip su richiesta del
Ilda Boccassini
procuratore aggiunto di Milano Ilda
Boccassini. Di questi nove sono finiti in
carcere ed una è andata ai domiciliari. Si tratta di Maria Valle, moglie del presunto boss Francesco Lampada.
Un vero e proprio terremoto, dunque, quello abbattutosi sulla Calabria e, più in particolare sulla città di
Reggio. Giuseppe Vincenzo Giglio, infatti, è un magistrato molto conosciuto. Si tratta del presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, nonché presidente di Corte d’assise ed esponente
di “Magistratura democratica”. Per lui le accuse sono
pesantissime: corruzione, rivelazione di segreti d’ufficio
e favoreggiamento personale aggravato dalla finalità di
favorire l’associazione mafiosa. Secondo la Dda il giudice sarebbe stato corrotto al fine di favorire la carriera lavorativa della moglie, Alessandra Sarlo, diventata commissario straordinario dell’Asp di Vibo Valentia, struttura poi inquisita per infiltrazioni mafiose.
Ma il ciclone proveniente da Milano ha travolto anche il mondo della politica: nella bufera c’è il consigliere regionale Francesco Morelli, eletto in quota Pdl e presidente della II commissione Bilancio, una delle più delicate dell’intero consiglio regionale calabrese. Morelli è
stato tratto in arresto con l’accusa di concorso esterno
in associazione mafiosa, rivelazione di segreto d’ufficio
e corruzione. Tra i destinatari del provvedimento anche
il medico Vincenzo Giglio, cugino del giudice, il quale è
accusato di concorso esterno in associazione mafiosa,
per aver appoggiato la campagna elettorale di Leonardo Valle, candidatosi in un comune milanese ma risultato non eletto.
La stangata alla “zona grigia” non ha risparmiato neppure la classe forense. In manette è finito l’avvocato del
foro di Palmi, Vincenzo Minasi, legale con studi anche
a Como ed a Milano. Anche per lui la pesante accusa di
concorso esterno in associazione mafiosa, rivelazione
di segreto d’ufficio e intestazione fittizia di beni. Minasi, tra l’altro, è il legale difensivo di Maria Valle, moglie
del boss Francesco Lampada, anch’egli colpito dal provvedimento, sebbene già in carcere, con l’accusa di intestazione fittizia di beni. Gli uomini della Squadra mobile, infatti, hanno stretto le manette ai polsi di alcuni presunti esponenti di spicco della famiglia Valle-Lampada
e, oltre a Francesco, anche Giulio Lampada (accusato di
associazione mafiosa, corruzione, concorso in rivelazione di segreti d’ufficio, intestazione fittizia di beni), Raffaele Fermino e Leonardo Valle. Tra gli “infedeli” dello
Stato vi è anche un maresciallo capo della Guardia di finanza in servizio a Monza, ovvero Luigi Mongelli, accusato di corruzione.
Non è tra gli arrestati, ma è indagato per corruzione,
anche il magistrato Giancarlo Giusti, in servizio al Tribunale di Palmi. Nei suoi confronti è stato emesso un decreto di perquisizione da parte della Dda di Reggio Calabria. Secondo l’accusa Giusti sarebbe stato corrotto
attraverso dei viaggi a Milano, con relativo soggiorno, ed
avrebbe anche beneficiato delle prestazioni di diverse
escort, tutto pagato da soggetti vicini al clan Lampada.
Gli uomini della Squadra Mobile stanno adesso indagando per cercare di capire quali siano stati i benefici che
la cosca avrebbe ricevuto in cambio di tali servigi. Perquisizioni sono state effettuate anche negli studi legali
degli avvocati Francesco Cardone, del foro di Palmi, e
Giovanni Marafioti, del foro di Vibo Valentia che risulterebbero indagati a piede libero. Visto il coinvolgimento del magistrato Enzo Giglio, già ieri ci si chiedeva se la
competenza non fosse quella di Catanzaro. Ma a spazzare i dubbi è stato lo stesso gip Gennari spiegando che
essendo il reato principale quello di associazione mafiosa, anche i reati satellite finiscono per essere di competenza della magistratura milanese.
Nella mattinata di oggi, infine, è prevista una conferenza stampa nella città lombarda alla presenza, tra gli
altri, del procuratore aggiunto Ilda Boccassini e del procuratore della Dda reggina, Giuseppe Pignatone. L’inchiesta, in buona sostanza, è un filone dell’indagine “Meta” che, dalle mani del pm Giuseppe Lombardo, è passata a quelle dei giudici di Milano per competenza territoriale.
CONSOLATO MINNITI
[email protected]
Videopoker e politica
Il business dei Valle
MILANO Dall’usura ai videopoker, fino agli agganci con il mondo della politica. Sono gli interessi della cosca Valle, strettamente legata a quella dei Lampada, e
con base tra Milano e Pavia, documentati nelle ultime
indagini della Dda di Milano che nei mesi scorsi hanno portato prima in carcere e poi a processo il patriarca Francesco Valle, 73 anni, e alla condanna, tra gli altri, del figlio del boss, Carmine Valle. L’operazione contro i presunti affiliati alla cosca Valle, scattata il primo
luglio del 2010, era stata un “assaggio” del maxiblitz che
alcuni giorni dopo, il 13 luglio, aveva fatto piazza pulita delle infiltrazioni della mafia calabrese in Lombardia. Nell’ambito del blitz era stato arrestato anche Francesco Lampada, raggiunto ieri da una nuova misura
cautelare. Dalle indagini però era emerso anche il ruolo di Giulio Giuseppe Lampada, fratello di Francesco e
finito ieri in carcere, ritenuto una sorta di “braccio politico-imprenditoriale” dei Valle, attivo nel settore delle slot-machine e dei videopoker a Milano. Il legame tra
i Valle e i Lampada sta anche nel fatto che Maria Valle (ai domiciliari), la giovane figlia del patriarca Francesco, è sposata con Francesco Lampada. Il capoclan
viveva in una specie di quartier generale: un ristorante-masseria nella zona sud-ovest di Milano, al confine
con Pavia. Con tanto di telecamere e impianti d’allarme. Dalle indagini era emerso che il clan avrebbe anche ottenuto le licenze per aprire un mini casino, una
discoteca e attività di ristorazione nel comune di Pero
(Milano) nell’ambito di un progetto di riqualificazione
«in virtù del prossimo Expo», grazie all’interessamento dell’assessore comunale Davide Valia.
Secondo quanto si legge nell’ordinanza inoltre i Valle-Lampada «sono in rapporti di affari ed intrettengono relazioni paritarie con un impressionante numero
di soggetti di spicco della criminalià organizzata calabrese». Tra questi compaiono i clan reggini dei Condello e dei Tegano e diversi personaggi considerati affiliati alla ’ndrangheta: Antonino Cotroneo, legato ai Condello-Imerti, Alfonso Molinetti, legato ai Tegano-De
Stefano, il “compare” Cosimo Vallelonga e Andrea Carmelo Vazzana, nipote di Pasquale Condello.
< dalla prima
POLITICA E MAGISTRATURA COLONIZZATE
I
lda la Rossa è arrivata menando fendenti, conquistandosi subito le prime
pagine dei quotidiani e l’apertura dei telegiornali, e minaccia anche di fermarsi qui, di stabilirsi in Calabria. Da diversi mesi si sussurra della sua
possibile nomina a procuratore di Reggio - l’indiscrezione l’avevamo anticipata proprio noi di “Calabria Ora” e l’avevano ripresa tutti i giornali
– e questo blitz eccezionale sembra confermare quell’idea.
Non è chiarissimo se l’operazione della Procura di Milano sia una specie di sfiducia verso il procuratore di Reggio, Giuseppe Pignatone – che oltretutto da diversi mesi è in guerra aperta con altri magistrati importanti, come Mollace, Cisterna, Macrì e adesso, forse, anche Lombardo – o se
invece Pignatone abbia avuto una parte importante e da protagonista in
questa inchiesta. Finora era sembrato di capire che Pignatone e Boccassini lavorassero di comune accordo. Stavolta, francamente, qualche dub-
bio è legittimo. Magari in forma “dolce”, e con la collaborazione volontaria dei “commissariati”, ma questo intervento di Boccassini sembra proprio un commissariamento della Procura di Reggio. È un bene? Sarà la
volta buona che qualcuno riuscirà a fare pulizia e a spezzare i legami tra
politica e ’ndrangheta? Naturalmente è interesse di tutti che si intervenga
per spezzare questi legami, se ci sono. E la Boccassini è considerata unanimemente una magistrata con grandi doti investigative, una professionista coi fiocchi (anche se i processi contro Berlusconi sono sembrati più
un regalo allo spettacolo che alla giustizia) e quindi se decidesse di mettere le sue capacità al servizio di questa regione potrebbe essere una cosa
buona. Resta però forte l’impressione di una nuova colonizzazione. E cioè
di una decisione, presa al Nord, per liquidare la Calabria definitivamente, relegandola al ruolo di regione della malavita, e che si merita solo ba-
7
GIOVEDÌ 1 dicembre 2011
D A L
P O L L I N O
In carcere anche un avvocato
e un maresciallo delle Fiamme gialle
calabria
A L L O
S T R E T T O
ora
Indagato per corruzione
un magistrato del Tribunale di Palmi
’ndrine, giudici e politica
E il Vaticano nominò Giulio Lampada cavaliere
Politici, magistrati, avvocati, banchieri, medici. Le indagini hanno fatto luce su una vasta zona grigia. Non c’è
luogo dove i Lampada non riescano a entrare. E il Vaticano non fa eccezione. Riporta l’ordinanza che «in data 9
novembre 2009 alle ore 19:08 Giulio Lampada informa l’avvocato Minasi, con toni amichevoli, che il giorno precedente è stato nominato cavaliere di San Silvestro dal Vaticano con nomina del monsignore Tarcisio Bertone ed
ha avuto targhetta, distintivo, e l’alta uniforme, che si farà fare su misura ed in tutte le “... ora in tutte le diocesi che
mi ritrovo in Italia sono eccellenza... di pari grado ad eccellenza... mi devono chiamare eccellenza...”». Sempre in
Vaticano Giulio Lampada riuscirà a far battezzare suo figlio. Dunque anche sullo Stato della Chiesa, scrive il giudice nell’ordinanza, «si allungano le mani della famiglia mafiosa. E come spesso accade questo mondo rimane fuori dell’area punibilità. Carenza di fattispecie incriminatorie idonee non consentono di punire personaggi dei quali non si riesce a dire che siano organici all’associazione, ma che sicuramente offrono sponde essenziali (sovente
palesemente consapevoli) per la crescita economica e sociale del gruppo mafioso».
Quella cena romana
con Alemanno
al Café de Paris
Così il clan entrava in affari con la politica
All’incontro anche Chiaravalloti e Bonfiglio
UN CICLONE
DAL NORD
Il procuratore aggiunto
della Dda milanese Ilda
Boccassini. È stata lei a
coordinare l’operazione
che ha portato in
manette, tra gli altri,
un giudice, un consigliere
regionale, un avvocato
e un maresciallo della
Guardia di finanza
In carcere anche
esponenti di spicco
del clan valle-Lampada
stonate, arresti, manette e misure di polizia. Intendiamoci bene: non è nostra intenzione né difendere – ma nemmeno condannare – i vari personaggi di rilievo che sono stati indiziati o messi in carcere. Che esista una
zona grigia tra mafia e politica è quasi certamente vero. Naturalmente
non basta dirlo, né fare degli arresti: bisognerà dimostrare la colpevolezza degli imputati. Tuttavia, oggi, oltre alla questione giudiziaria non
riusciamo a non vedere anche il rischio delle conseguenze politiche. Quali conseguenze? Soprattutto quella della totale delegittimazione della Calabria. Certo che non è colpa della Boccassini se questo avverrà. Lei, mi
pare, si limita a fare il suo lavoro. Con la passione (talvolta persino eccessiva) di sempre. Il problema drammatico è quello di una classe dirigente calabrese che ieri ha dato di sé la solita pessima immagine: incapace di parlare, di giudicare, di dire la sua, eventualmente di reagire. E
poi c’è il problema della magistratura calabrese, dentro la quale sono
aperte troppe lotte di potere, troppi regolamenti di conti – denunce tra i
giudici, sospetti, indagini, arresti – per poter pretendere credibilità.
Piero Sansonetti
REGGIO CALABRIA Metti una cena al Café de Pa- la sua presenza a Roma in quella data). «Eravamo i vip,
ris, locale storico di Roma, con personaggi politici ed im- diciamo la Reggio bene» racconta Lampada al suo interprenditoriali di primo piano. Facevano sul serio i Valle- locutore. Per il gip «questa vicenda è la dimostrazione
Lampada. Avevano capito che era indispensabile entra- delle potenzialità che è in grado di produrre la strategia
re negli ambienti che contano per poter avere ancora di Lampada. Attraverso il meccanismo delle conoscenmaggiori vantaggi economici; entrare nei gangli delle ze concatenate possono arrivare agevolmente ai vertici
istituzioni e dall’interno provare ad ottenere ciò che de- politici ed entrare in contatto con personaggi di rilievo
sideravano. Per questo avevano puntato in alto, fino al governativo e nazionale». Secondo Gennari «ciò che conministro delle Politiche agricole Gianni Alemanno, che ta è che il gruppo mafioso riesca ad accedere a determia quella serata vi partecipò assolutamente ignaro della nate relazioni personali di favori alla quale mai avrebbe
reale identità dei soggetti che l’avevano organizzata. Ma potuto avvicinarsi se non beneficiando della rete di comalla cena non vi era soltanto l’attuale sindaco di Roma piacenze mafiose». E di Alemanno si parla anche in
(peraltro non indagato ed estraneo all’inchiesta), ma an- un’altra parte dell’ordinanza, e cioè in occasione della
cresima della figlia del consigliere regioche l’ex governatore della Calabria e vinale Morelli, la quale sarebbe stata cresicepresidente dell’Autorità garante per
Morelli, Sarra
mata proprio da Alemanno.
la protezione dei dati personali, Giusepe Fedele tra i
Ma chi erano i politici che i Valle-Lampe Chiaravalloti. Assieme a loro anche il
pada avrebbero sostenuto? Ecco l’elenco
deputato Buonfiglio. Erano tutti al Capolitici aiutati
stilato dal gip sulla base delle risultanze
fé de Paris, locale confiscato dallo Stato
dalla cosca
investigative: Alberto Sarra, per le regioperché ritenuto di proprietà della cosca
alle elezioni
nali in Calabria dell’aprile 2005 (non
Alvaro di Sinopoli (il provvedimento di
venne eletto, ndr), attualmente sottosesequestro, ironia della sorte, venne
emesso nel 2009, poi proprio dalla sezione misure pre- gretario alle Riforme e semplificazione amministrativa;
venzione del Tribunale reggino). È lo stesso Giulio Lam- Giuseppe Adolfo Alati, nelle elezioni al Comune di Regpada a raccontare, in una conversazione del 3 aprile gio Calabria del maggio 2007 e della Regione Calabria del
2008, quanto avvenuto nel noto locale romano. L’inter- maggio 2010; Antonio Oliverio, alle elezioni per il Comulocutore è Mario Giglio. Lampada ricorda come «l’altra ne di Milano del maggio 2006, assessore della Provincia
sera mi hanno presentato Gianni Alemanno». Ecco co- di Milano agli Affari generali, Turismo e moda, fino a
me descrive la serata il presunto boss: «Tu immagina il maggio 2009; Francesco Morelli, per le regionali in Caministro con il microfono in mano, seguimi, “ringrazio labria del marzo 2010, attualmente consigliere regionail gruppo Lampada, noto industriale calabrese a Milano, le; Tarcisio Zobbi, alle elezioni politiche dell’aprile 2008,
e il dottore Vincenzo Giglio” (medico e cugino del magi- consigliere della Provincia di Reggio Emilia dal 2004 al
strato), noi in un angolino che gli alzavamo la mano ti- 2009; Armando Vagliati, nelle elezioni alla Provincia di
po “cià, cià, cià”». Insomma, Alemanno aveva anche vi- Milano del giugno 2009 e alla Regione Lombardia del
sto in quel gruppo imprenditoriale un esempio di posi- marzo 2010; Luigi Fedele, alle elezioni per la Regione
tività calabrese. Peccato che l’attuale sindaco di Roma Calabria del maggio 2010, attualmente consigliere renon avesse la minima idea che quegli imprenditori, in re- gionale.
Tutte posizioni, ovviamente, che sono state oggetto
altà, erano persone affiliate alla ’ndrangheta. Lampada
non riesce a trattenere la soddisfazione per aver vissuto d’attenzione da parte della magistratura e il cui sosteuna serata da “very important person”. Così elenca i pre- gno elettorale, da parte della cosca, viene riferito sulla basenti, da Buonfiglio a Francesco Morelli passando per se delle indagini effettuate dalla polizia giudiziaria e sulChiaravalloti e per il professor Quattrone, primario del- le intercettazioni. Insomma, i Valle-Lampada avevano le
l’unità operativa di neurologia del policlinico “Madonna mani sulla politica, non solo quella calabrese.
cons. min.
della Consolazione” (che con una nota, ha già smentito
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il profilo
Il magistrato antimafia
diventato la talpa delle cosche
Le informazioni riservate per il consigliere e i rapporti con Zumbo
GIUDICE
Finisce in
manette il
presidente
della sezione
misure di
prevenzione
del tribunale
di Reggio
Vincenzo
Giglio «Un
uomo al
servizio dei
clan e del
consigliere
Morelli»
SIDERNO (RC) Il presidente della
Sezione misure di prevenzione del tribunale di Reggio Calabria, Vincenzo
Giglio, bollato come un giudice corrotto dalla politica e dalla mafia. Il suo nome spunta nei dialoghi degli uomini
d’onore della ’ndrangheta. «E’ un mangiataro», un mangione, dissero gli intercettati padrini della Cupola a casa
del boss Giuseppe Pelle, dei Pelle
“Gambazza” di San Luca. Il togato, all’alba di ieri, è stato arrestato dai carabinieri.
Per la Procura distrettuale di Milano, era una spia, la talpa dei clan e del
consigliere regionale Francesco Morelli, il fedelissimo del governatore Giuseppe Scopelliti. «Ha rivelato al consigliere notizie riservate, tra cui il fatto
che a Reggio Calabria non vi era alcun
procedimento penale
nei suoi confronti, otteParlano di lui
nendo in cambio la noa casa del
mina della moglie a
Commissario
delboss Giuseppe
l’azienda sanitaria di
Pelle: «È un
Vibo Valentia», annota
il giudice per le indagimangiataro»
ni preliminari, Giuseppe Gennari. Dopo il voto per il nuovo governo della Calabria,
il magistrato Vincenzo Giglio divenne
l’inesauribile fonte segreta della mafia
con buone entrature anche negli uffici
investigativi di Catanzaro. E si sbatteva
per trovare una collocazione alla sua
consorte, Alessandra Sarlo.
Per ammanicarla, il 10 aprile 2010
invia un sms al suo amico Francesco
Morelli: «Ti confesso un piccolo segreto: mia moglie fa parte della piccola cerchia di persone a cui piace lavorare
molto. Perciò, quale sia la destinazione,
che sia un posto fortemente operativo
e non di mera rappresentanza». Una
settimana dopo è il politico che scrive:«Enzo è stato consumato un vero atto di killeraggio. Ora attendiamo sviluppi». La toga, però, non si rassegna.
Il 21 maggio maneggia il cellulare e invia l’ennesimo messaggio a «Franco».
L’sms all’amico suona così:«Lunga e
inutile discussione con mia moglie. La
prospettiva individuata è quella del trasferimento definitivo al Consiglio. Nell’immediatezza, se è possibile. Ale gradirebbe arrivare subito in Consiglio, anche con formule provvisorie, che però
bo Valentia». Per gli investigatori, il
tengono conto della sua qualifica dirigiudice Vincenzo Giglio era l’insospetgenziale. Ci possiamo riuscire o stiamo
tabile al servizio del clan Valle-Lampachiedendo troppo? Luigi può fare qualda. Un giorno parlarono di lui anche i
cosa, può impegnarsi in questo senso?
mafiosi della Cupola calabra. E’ il 13
Un marito stressato». Non c’è mossa
marzo 2010. Al boss Giuseppe Pelle redella toga o profilo degli uomini che la
stano quattro mesi di sorveglianza specircondano che non vengano battezzaciale. Il padrino è nella sua abitazione.
ti dalla Procura di Milano come oscuri.
Con lui ci sono un uomo d’onore della
A cominciare proprio dal rapporto con
famiglia Ficara e il commercialista GioFrancesco Morelli.
Il fedelissimo del governatore Scovanni Zumbo, una spia con buoni ganpelliti è ansioso perchè
ci in Procura. «Ho
teme di essere ammaquattro mesi di sorveVincenzo Gigli
nettato per associazione
glianza, non c’è qualcutranquillizza
a delinquere di stampo
no che me li può toglieMorelli: Non c’è re? Giglio me la
mafioso? Ci pensa l’amico «Enzo» a tranquillizfa…giorno 24 me la
niente, nessun
zarlo. Inviando un fax.
fa?», chiede il boss di
procedimento
«Guarda che non c’è
San Luca ai suoi interniente», scrisse il giudilocutori.
Ficara si rivolge alla talpa Zumbo:
ce. L’esponente del Pdl si trova nei pa«Gli dici a Giglio “guarda che sono riraggi? «Enzo» lo invita a casa sua: «Se
masti quattro mesi a questa
hai tempo e voglia puoi fermarti a pranpersona…che è malato”…gli dici di tozo». Il consigliere regionale vuole
gliere questi quattro mesi…che poi anscambiare due chiacchiere? «Enzo» ordiamo a mangiare i ghiri». Quel giorno
ganizza un incontro e salda «il caffè al
i tre parlarono pure di un’indagine in
bar». Del resto, un ritorno ci sarebbe.
corso. «Come ha detto che si chiama,
L’assunzione della moglie, la titolatissiGiglio? Tenacia?», domandò il capoma Alessandra Sarlo, dice il gip del tribunale di Milano.
mafia Ficara. «Tenacia, operazione TeIl magistrato Giglio, il 18 giugno
nacia», rispose Zumbo. « Dalle indagi2010, ringrazia «Franco», l’autorevole
ni tecniche emerge che l’indagato è staesponente della maggioranza che soto per lungo tempo un uomo al servizio
stiene il governatore Scopelliti. Con
dei clan e del consigliere regionale
l’ennesimo sms:«Grande novità, Ale
Francesco Morelli», annota il gip. Per
sarà nominata commissario dell’Asp di
l’uomo d’onore Giulio Lampada, il toVibo Valentia. E’ un impegno preso digato di Reggio Calabria era «Sua eccelrettamente e inaspettatamente dal golenza bello». Quando gli inquirenti intercettano il dialogo tra i due è il 13 agovernatore. Incrociamo le dita, ovviasto 2009. Con il magistrato, quel giormente ti comunicherò le novità». Dono, c’era anche il politico Francesco
cumentano gli inquirenti:«L’indagato,
Morelli, il consigliere regionale arrestail 14 luglio 2010, ottiene, con decreto
to per mafia.
del Presidente della giunta regionale,
la nomina della moglie a Commissario
ILARIO FILIPPONE
dell’azienda sanitaria provinciale di [email protected]
Schivo e rigoroso
amava il casual
ed i convegni
Lo ricordano tutti per aver sequestro
l’impero economico del re dei videopoker Giacchino Campolo: un patrimonio
da 330 milioni di euro. Ma è stato in prima linea anche nell’aggressione ai patrimoni della cosca Pesce con sigilli per 190
milioni di euro. È un magistrato molto
schivo, Vincenzo Giglio. Nel suo ufficio, al
sesto piano del Cedir, solo di rado si concedeva a qualche breve scambio di battute. Poi sempre davanti alla sua scrivania
o in aula. Si spostava dalla sezione misure prevenzione alla Corte d’assise. Di entrambe era presidente. Insomma, Enzo
Giglio non era certo un magistrato sprovveduto. Basti pensare che mai ha avuto
problemi a comminare ergastoli. Quando
circolava per gli uffici del Cedir c’erano
due elementi che lo contraddistinguevano: l’abbigliamento e la toga. Il primo
sempre casual (giacca, jeans e scarpe da
tennis), la seconda perennemente sotto
braccio quasi a voler portare con sé la “fatica” di essere magistrato. Persona assai
temuta nel mondo giudiziario per la sua
risolutezza ed il suo essere rigido durante le udienze. Uno di quei pochi magistrati verso i quali vigeva ancora un certo timore reverenziale. Eppure, Enzo Giglio,
non era certo un giudice che si limitava
soltanto ad emettere sentenze. Era un
esponente di spicco della corrente di “Magistratura democratica” ed insegnava pure nella scuola di specializzazione per le
professioni legali dell’università Mediterranea. Insomma, un uomo con mille interessi e presente a decine di convegni da
dove non ha risparmiato strali anche verso il procuratore aggiunto Nicola Gratteri, dal quale lo dividevano alcune opinioni di fondo. Lo scorso anno era stato tirato in ballo in un articolo pubblicato da CO
proprio su presunti rapporti con i ValleLampada. Replicò duro e stizzito. Oggi,
però, come afferma il gip, quella lettera
era «zeppa di falsità». (c.m.)
Quegli accordi per aiutare la moglie
Il giudice sarebbe stato corrotto per favorire la carriera della Sarlo
La dirigente
Alessandra
Sarlo, ex
commissario
dell’Asl di Vibo
REGGIO CALABRIA Un dipartimento ad hoc per ci e incontri nell’abitazione del magistrato, con un accela moglie del giudice. Dopo lo scioglimento dell’Azien- so dibattito sulla possibilità di far rientrare la signora, il
da sanitaria provinciale di Vibo Valentia per infiltrazio- 12 luglio la giunta regionale approva una delibera che
ni mafiose, Alessandra Sarlo non istituisce il dipartimento controllo. Esigenze altissime
è rimasta per molto tempo a fa- per preservare la qualità dell’ente, si capisce. A guidarre la casalinga. Grazie ai contat- lo sarà la dirigente Alessandra Sarlo. Un’operazione che
ti tra il marito Vincenzo Giglio, in realtà non ha convinto molto nemmeno il consiglio
rispettato giudice di Reggio Ca- dei ministri che, dopo poco, ha impugnato il provvedilabria, e il consigliere regionale mento.
A metterci il carico da undici è arrivata anche la CorFranco Morelli, è stato trovato il
giusto escamotage per farla rien- te Costituzionale che lo ha definito incostituzionale. La
soluzione della questione era stata individuata da Giglio
trare in un posto dignitoso.
L’accusa per il politico cosen- come un passaggio «nell’immediato», se possibile, deltino è di corruzione. Giglio face- la Sarlo al consiglio regionale. Il problema, faceva notava pressioni di «un marito stres- re Luigi Fedele al collega Morelli, era che «sul consiglio
sato» su Morelli per trovare alla al momento non c’è proprio la possibilità tecnica, perché non ci sono le aree… quindi devomoglie un’occuno fare una modifica alla struttura…
pazione che fosse
Giglio faceva
alla pianta organica… e tu sai che queoperativa e copressioni su
ste cose, insomma, richiedono… del
munque non inferiore alla qualifica diritempo». L’intercettazione è del maggenziale che già possedeva. Morelli ha
Morelli che
gio 2010. Di tempo infatti ne è passacoinvolto il collega di partito Luigi Fedecoinvolge
il
to. E la soluzione è stata trovata.
le, capogruppo del Pdl in consiglio regiocollega Fedele
a.i.
nale. Dopo una serie di contatti telefoni-
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l’intercettazione
Alemanno:
prenditi ’sta
commissione...
Le ambizioni frustrate di Morelli per
diventare assessore regionale, al punto
che il suo referente politico Alemanno gli
dice: «Eh, prenditi sta presidenza di commissione». È quanto emerge dall’ordinanza del gip Gennari, che riporta anzitutto un’intercettazione - del 20 aprile
2010 - tra Morelli e il senatore – alemanniano anch’egli – Franco Bevilacqua: il
neo consigliere si sfoga spiegando che
«per verificare l’effettiva esistenza di indagini a suo carico che avrebbero precluso la nomina ad assessore si è dovuto attivare su più fronti». Dice Morelli a Bevilacqua: «Ho messo in moto Dio per sapere una serie di cose... i motivi sono molto
semplici si sono messi d’accordo Gentile
e... gli altri...». C’è molta preoccupazione
anche nell’entourage di Morelli: la tesi di
un suo collaboratore è che - si legge nell’ordinanza - «il senatore Gentile abbia
mosso le acque in commissione antimafia... per far uscire delle voci su Morelli...». Per Morelli le porte della Giunta restano chiuse, per questo il 6 maggio 2010
si rivolge ad Alemanno. Alemanno confida a Morelli di aver parlato con il neo governatore Scopelliti: «Lui - riferisce Alemanno a Morelli in una conversazione
allegata all’ordinanza – dice che chiuderebbe ’sta vicenda con le due commissioni, commissione bilancio per te...e fra un
anno ci sarebbe il rimpasto... e nel frattempo lui mi ha detto... che bisogna fare
per confutare queste illazioni e vediamo
un po’... Più di questo non sono riuscito
a ottenere... Prenditi sta presidenza di
commissione... Mi dispiace ma più di così non riesco a fare... Se continua su questa strada (il riferimento è a Scopelliti,
ndr) poi gliela faremo pagare presto o
tardi, però adesso non abbiamo grandi
armi...». L’8 giugno 2010 Morelli diventa presidente della commissione Bilancio del Consiglio regionale.
ant.cant.
«Il grimaldello
che apre le porte
ai Lampada»
È Morelli a sostenere tutte le iniziative del clan
«Non è solo lo spregiudicato che cerca voti»
I BEI TEMPI
Alemanno con
Morelli durante la
campagna
elettorale
REGGIO CALABRIA Franco Morelli in
Calabria è un volto molto noto. A dire il vero
è abbastanza conosciuto anche fuori dalla regione. Ha parecchi amici con cui intrattiene
anche rapporti economici. In particolare con
la famiglia Lampada, stabilitasi da anni in
Lombardia. Il giudizio del gip è estremamente chiaro e diretto: «Morelli - scrive nell’ordinanza di custodia cautelare - non è solo il politico spregiudicato che cerca i voti della
’ndrangheta. Morelli è in tutto e per tutto un
sostegno costante alle iniziative, lecite e illecite, dei Lampada. Morelli è il grimaldello che
consente ai Lampada di entrare nel grande
mondo della politica e delle istituzioni».
Tra Giulio Lampada e il politico calabrese si
istaurano rapporti che si consolidano nel tem-
Spesso telefonava da cabine
pubbliche: ricorreva a tecniche di
contrasto di indagine degne di
un terrorista. Si espone in prima
persona accompagnando Giulio
Lampada agli incontri romani
po. Morelli partecipa a una festa di battesimo
della famiglia Lampada celebrata a Roma con
grande sfarzo. Si impegna in prima persona
nel 2009 nel tentativo di scalata alla concessione dei Monopoli, sfumata per diverse vi-
cende concomitanti. Morelli entra come socio direttamente in tre società, salvo poi lasciarle a prestanome dopo la pubblicazione
sui giornali di notizie che legavano i Lampada ad ambienti criminali. Nella Andromeda
srl per l’esercizio del Punto.it e del gioco legale a distanza figurano soci Giuseppa Immacolata Zema al 90% e il politico arrestato con
il 10%; stessa divisione di quote con la Pegasus srl, società concessionaria dei Monopoli di
Stato che esercita attività connesse a lotterie e
scommesse; e poi la Orion srl che offre servizi. In questo affare l’apporto di Morelli, precisa il gip, «non è economico, ma squisitamente politico». Le conversazioni intercettate
«evidenziano un coinvolgimento totale del
personaggio politico, il quale si espone in prima persona accompagnando Giulio Lampada
a plurimi incontri romani e curando personalmente la presentazione della domanda per
l’ottenimento della concessione».
Morelli avrebbe anche accettato 50mila euro dai Lampada. L’episodio ricostruito dagli
investigatori si riferisce al settembre 2009.
Giulio Lampada chiede al fratello Francesco di
mettere insieme la somma che avrebbe dovuto consegnare a qualcuno per una cosa importante, «una cosa che ci interessa più di
quello che pensi». La cognata si lamenterà del
fatto che i soldi in realtà non erano disponibili ma hanno dovuto racimolarli per forza.
L’ipotesi è che siano finiti nelle mani di Morelli perché il politico si trovava a Milano quel
giorno e ha trascorso del tempo insieme a Giulio Lampada. Sente per telefono il fratello
Francesco e gli chiede dove si trovi, pregandolo di fare presto perché «questo deve andare
via non per altro». Sarà la moglie, arrabbiata,
a dire al marito «io sapevo che praticamente
oggi c’era Franco». Il gip precisa che non si sa
quale fosse la destinazione di quel denaro, forse poteva essere indirizzato ad “amici” romani. In ogni caso si tratta di un fatto «gravissimo» scrive il giudice, che rappresenta «una
conferma notevole del grado di coinvolgimento di Morelli nelle attività delittuose dei Lampada». Il politico calabrese stava molto attento all’uso del telefono. Aveva un’utenza telefonica intestata al fantomatico El Arousy Said,
verosimilmente fornitagli da Giulio Lampada
perché lui stesso aveva un’altra sim con uguale intestazione. La cosa più strana è che Morelli spesso telefonava da cabine pubbliche a
Roma, di notte, per brevi conversazioni.
«L’uomo delle istituzioni –rileva il gip- o che
almeno tale dovrebbe essere, ricorre a delle
tecniche di contrasto di indagine degne di un
terrorista».
ANNALIA INCORONATO
[email protected]
«Votate per lui è l’uomo giusto»
Alemanno sostenne la sua candidatura. Eletto con oltre 13mila preferenze
Immortalato dalle telecamere di “Anno
Zero” Morelli venne inquadrato mentre
si avvicinava al collega di aula Mimmo
Crea - già “chiacchierato” per un suo
coinvolgimento nel caso Fortugno - e lo
abbracciava dicendogli: «Il compare
del mio compare è tuo compare».
COSENZA La massima visibilità mediatica Franco Morelli l’ha
avuta a margine di un Consiglio regionale agli inizi del 2006, a poche settimane di distanza dall’uccisione del vicepresidente dell’assemblea Franco Fortugno. Immortalato dalle telecamere di “Anno
Zero” Morelli venne inquadrato mentre si avvicinava al collega di aula Mimmo Crea - già “chiacchierato” per un suo coinvolgimento nel
caso Fortugno - e lo abbracciava dicendogli: «Il compare del mio
compare è tuo compare». Fu uno choc a livello nazionale, una ribalta inattesa per un personaggio che per il resto ha generalmente lavorato nell’ombra, pur essendo dentro i meccanismi giusti, nei quali si è sempre mosso con agio eccezionale grazie alla sua proverbiale predisposizione alla mediazione, alle buone maniere e al linguaggio forbito. Amicizie e rapporti di quelli che contano e pesano, per
Franco Morelli, nato a San Benedetto Ullano 53 anni fa, sposato con
due figlie e laurea in Giurisprudenza. E una carriera in continua anche se discreta escalation. “Grand commis” dell’amministrazione e
poi big politico. Con aderenze strepitose: legatissimo agli ambienti
della Chiesa, in particolare all’Opus Dei, poi l’impegno con la Dc e col
suo “mentore” Riccardo Misasi prima di traghettare in Alleanza nazionale con la fine della “Balena bianca”. Sono gli albori degli anni
2000, gli anni in cui Morelli è all’apice della Regione Calabria, mente raffinata a disposizione del governatore Peppino Chiaravalloti,
della cui Giunta è capo di gabinetto e stratega dietro le quinte. Un Letta in salsa calabrese... Nel frattempo Morelli intensifica la militanza
in An, infittisce un rapporto quasi di simbiosi, e comunque di profondo legame personale, con uno dei “colonnelli” del partito di Fini,
l’oggi sindaco di Roma Gianni Alemanno, all’epoca ministro dell’Agricoltura. Alemanno subito lo ricambia con un incarico, commissario dell’ “Unire”, letteralmente Unione incremento razze equine: un ente che ai più non dice niente ma che in realtà è una formidabile macchina di drenaggi o di fondi pubblici e anche di consenso
e clientela. Sotto l’ala protettiva di Alemanno, Morelli diventa un
personaggio di punta di An in Calabria: nel 2005 viene eletto in consiglio regionale, per una delle legislature più tormentate, con un numero enorme di colleghi che finisce nel mirino della magistratura.
Anche Morelli “inciampa” restando impigliato nell’inchiesta “Why
Not”, che però non ne frena la scalata, che diverrà inarrestabile con
la riconferma a palazzo Campanella alle Regionali del 2010 con il Pdl:
un bagno di preferenze - 13.671 per la precisione - al quale contribuisce anche Alemanno, che in campagna elettorale a Cosenza lo lancia affermando che «per cambiare la Calabria servono persone preparate, e io credo che quella giusta si chiami Franco Morelli». Ora la
corsa di Morelli si è fermata: un brutto colpo per un personaggio che
- si legge nel suo profilo sul sito del Consiglio regionale - ha «tra i suoi
hobby la lettura di favole e i fumetti con una predilezione per Topolino». Quella di adesso tutto è tranne che una favola...
ANTONIO CANTISANI
[email protected]
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“L’anello era Giglio, il medico”
Gli inquirenti: manteneva lui i rapporti tra la politica e la criminalità
CATANZARO Il gran cerimoniere nei
rapporti tra la malavita d’alto borgo e gli inquilini delle stanze istituzionali indossava il
camice bianco. Dicono i giudici di Milano. Anche lui si chiama Vincenzo Giglio, cugino
omonimo del magistrato. E avrebbe fornito
«un apporto (esterno) all’associazione mafiosa quantomeno dal 2008», come anello di
congiunzione tra «i membri del sodalizio e
ambienti istituzionali, politici ed imprenditoriali…», in particolare tra i fratelli Lampada ed
il consigliere regionale Franco Morelli.
Fu proprio Giglio il medico ad invitare
l’esponente politico calabrese a quella sontuosa serata elettorale per le politiche organizzata al Café de Paris di Roma, locale simbolo
della movida (e della ’ndrangheta) capitolina, nell’aprile del 2008. C’era l’elite del centrodestra romano, Gianni Alemanno in testa,
e c’era pure Giulio Lampada, il mafioso che
stringeva mani accreditandosi sotto le mentite spoglie di un facoltoso imprenditore. Tutte persone di «qualità», scriveva Morelli in
un sms inviato il giorno successivo al dottor
Vincenzo, che ringraziava per la «bellissima
attestazione di stima» e la «graziosa disponibilità».
Si cementava un’amicizia. Preziosa tanto
per Morelli quanto per Giglio, trait d’union
non solo con la politica. Sì, perché - e siamo
sempre al 2008 - gli inquirenti coglievano un
altro evento, utile all’indagine, che dimostrava come il medico certi rapporti amasse coltivarli anche nella magistratura. Nel mese di
settembre, infatti, sarebbe stato proprio lui
ad organizzare il viaggio che condusse il giudice Giancarlo Giusti - quello dei soggiorni a
Milano e delle notti hard a spese della mala a Venezia, per un convegno. E qui, in laguna,
presentò la toga al boss reggino.
Vincenzo il medico è personaggio centrale,
che nel tempo tiene i contatti con i componenti della cricca criminale calabro-lombarda i
quali, all’occorrenza, scendevano a Reggio per
sincerarsi delle indagini a loro carico, giovandosi ovviamente di segreti carpiti e spifferati.
Un tipo dinamico, il dottore, anche nell’organizzare le campagne elettorali dei “suoi” candidati alle amministrative, tanto in Lombardia, per Armando Vagliati e Leonardo Valle,
quanto in Calabria, per Franco Morelli e - dicono sempre i giudici di Milano, ovviamente
- Luigi Fedele. E poi cene su cene, nei luoghi
più caratteristici della cucina tipica reggina,
da Gioia Tauro a Bova Marina. Con politici,
imprenditori, professionisti e, anche, indiziati di mafia.
D’altronde, diceva lo stesso Franco Morelli, nell’ormai celeberrimo saluto a Mimmo
Crea filmato da Annozero, «il compare del
mio compare è mio compare». E lui Vincenzo Giglio, medico chirurgo, al “comparaggio”
da vasi comunicanti, sarebbe stato particolarmente avvezzo, almeno secondo quanto
emerge dalle carte. Non foss’altro perché fu
proprio grazie al suo “accompagnamento” che
Giulio Lampada, il mafioso, finì col rendere
omaggio a Vincenzo Giglio, il giudice, entrandogli direttamente in casa. Si faceva in quattro, tanto per gli amici quanto per i parenti. Fu
lui - si legge nell’ordinanza - ad «intercedere
con Morelli e Fedele» affinché Alessandra
Sarlo, consorte del cugino omonimo magistrato, fosse nominata direttore generale dell’Azienda sanitaria di Vibo Valentia.
Il presidente Giuseppe Scopelliti firmò il
decreto di nomina nel luglio del 2010, ma lei
rimase in carica per tre mesi: fu “defenestrata” dal presidente della Repubblica Giorgio
Napolitano che firmò lo scioglimento dell’Asp
per infiltrazioni mafiose. Pochi mesi dopo il
governatore la riciclò affidandogli la direzio-
ne generale di un settore nuovo di zecca, il
«Controllo strategico».
Buone maniere, gran cuore e tante amicizie per il dottor Vincenzo. Amicizie importanti. E talvolta inquietanti. Prese «contatto», e
incontrò, perfino il colonnello Antonio Cristaudo «al fine - si legge nelle carte dell’indagine - di avere conferma delle investigazioni
in corso nei confronti dei fratelli Lampada».
Il colonnello Cristaudo, capocentro dell’Aisi,
il servizio segreto interno.
Pietro Comito
Sarra e quei rapporti “delicati”
Dall’ordinanza gli imbarazzanti riferimenti al sottosegretario
CATANZARO Premessa:
non è stato raggiunto da alcun provvedimento. Fatto: la
Procura di Milano continua
ad occuparsi di lui. E lui è Alberto Sarra. L’ex assessore regionale, oggi sottosegretario
del governatore Scopelliti, era
stato sfiorato dall’indagine
“Redux-Caposaldo”, adesso
su di lui tornano ad addensarsi i sospetti alla luce dei
suoi rapporti compromettenti con Giulio Lampada, il boss
reggino trapiantato a Milano,
col quale intrattenne lunghe
conversazioni, incontri e frequentazioni. Nell’ordinanza
che ieri ha portato all’arresto
di un altro onorevole calabrese, Franco Morelli, i magistrati sviscerano quell’imbarazzante rapporto ricostruendo altresì tutta la sua carriera
politica, rammentando come
in Regione, in un passato mica tanto lontano, avesse avuto come capostruttura il Giovanni Zumbo di “Crimine”, il
commercialista con «solidi
legami coi servizi segreti del
Paese» e che i segreti li carpiva e li spifferava all’elite della
‘ndrangheta.
Con la famiglia Lampada,
d’altronde, Sarra ha una vecchia conoscenza, anche perché Mario Lampada, zio dei
fratelli Lampada ieri finiti in
arresto, dal 2005 al 2007 ha
lavorato nella sua segreteria.
Anche per questo l’attuale
sottosegretario regionale viene indicato dai magistrati milanesi come «uno dei principali punti di riferimento politico per i Lampada».
Nelle carte dell’indagine finiscono diverse conversazioni, ed in alcune di queste, Sarra e Giulio Lampada, con tono confidenziale, parlano di
politica, di Formigoni piuttosto che del vicepresidente del
Parlamento europeo Mauro,
ma anche di affari: la costru-
zione dell’aeroporto di Milazzo, oppure la costituzione di
un’agenzia finanziaria a Milano... Un affare più che sospetto, quest’ultimo, stante il
tenore utilizzato dai magistrati nel provvedimento vergato ieri, sul quale parte delle conversazioni vengono
censurate e nel quale lo stesso Sarra, che avrebbe poi offerto il proprio sostegno per
vicende più squisitamente
politiche, avrebbe avuto un
interesse diretto.
p. com.
Alberto Sarra:
non è stato
raggiunto da alcun
provvedimento,
ma dall’indagine
traspare netta
e imbarazzante
la sua
frequentazione
con esponenti
della famiglia
Lampada
l’arresto, i fermi, le perquisizioni
Doppia misura restrittiva
per l’avvocato Minasi
CATANZARO Un’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip di Milano ed un
provvedimento di fermo vergato dai pm di Reggio Calabria. Due arresti, per fatti diversi, nella stessa
giornata, a carico dell’avvocato Vincenzo Minasi. Di Palmi, 55 anni, domiciliato a Fino Mornasco (Milano) ha studio sia a Milano che a Como,
entrambi sottoposti ieri a perquisizione.
Oltre che nell’inchiesta lombarda finisce in
una prosecuzione delle indagini di “Cosa mia”,
condotta nel giugno del 2010 contro la cosca
Gallico di Palmi. Nell’inchiesta milanese, Minasi è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, rivelazione di segreti d’ufficio e intestazione fittizia di beni, reati aggravati dalla fi-
nalità di favorire l’associazione mafiosa. In quella reggina é indagato per associazione mafiosa
e intestazione fittizia di beni.
Gli altri tre fermati da Reggio sono Domenico Nasso, 28 anni, di Taurianova, Gesuele Misale, 53 anni di Palmi, e Alfonso Rinaldi, 51 anni di Palmi. I primi due sono accusati di associazione mafiosa, il terzo di intestazione fittizia di
beni. Nell’ambito dell’indagine reggina sono finiti sul registro degli indagati anche gli avvocati Francesco Cardone, del foro di Palmi, e Giovanni Marafioti, del foro di Vibo Valentia, anche
loro sottoposti ieri a perquisizione.
L’avvocato Marafioti, in una
nota diffusa ieri sera, ha spiegato
di aver messo a disposizione degli inquirenti tutto il carteggio relativo alla difesa di Domenico Gallo «certo - scrive - di non
avere mai compiuto atti illeciti nell’adempimento dei miei doveri di avvocato».
Affidando la sua difesa ai colleghi Armando
Veneto e Giuseppe Milicia, ha chiesto di essere
interrogato al più presto per chiarire la sua posizione rispetto a «un’accusa - scrive - che reputo chiaramente infondata». Ha altresì annunciato la volontà di lasciare la difesa di Antonio e
Domenico Gallico sin dalla prossima udienza
del processo “Cosa mia”.
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il primario quattrone
Se le perizie sono
«bene impostate»
PALMI (RC) E’ primario dell’unità operativa di neurologia del policlinico “Madonna della Consolazione” di Reggio, Gabriele
Quattrone. Un medico molto conosciuto in
città, considerato come un vero e proprio luminare della mente umana. Un medico che
però ama ampliare le proprie conoscenze tra
le persone in vista in città, senza farsi troppe
domande. Un medico che, scrive il Giudice
per le indagini preliminari del tribunale di
Milano che firma l’ordinanza, appartiene «a
quella borghesia reggina, fatta dei Giglio, dei
Giusti (dal quale il medico riceve incarichi),
dei Morelli, che vediamo protagonisti in questa indagine». Non è la prima volta che il gip
Gennari si trova ad avere a che fare con il
primario reggino. Già nel novembre del 2010
infatti il togato milanese aveva rigettato una
richiesta di scarcerazione nei confronti di
Maria Valle, che era stata descritta, in una
perizia di parte commissionata dall’avvocato Minasi, proprio da Quattrone come incompatibile al regime carcerario. Una perizia che secondo gli inquirenti andava fatta a
tutti i costi, tanto che sono numerosissimi i
contatti telefonici e via email lungo il triangolo Lampada/Minasi/Quattrone. Una perizia che, sostengono gli inquirenti, sarebbe
stata nella sostanza solo vistata e firmata dal
primario di neurologia, visto che, come dice
lo stesso medico primario a Minasi «vedo di
impostare bene la perizia della fanciulla».
Una cosina da niente che lo stesso Quattrone deve incastrare tra «un’intervista a Elle e
una all’Herald Tribune di New York che devo rilasciare oggi». La richiesta, rigettata dal
tribunale di Milano, arriva pochi mesi dopo
un incontro che vede protagonisti lo stesso
medico, suo figlio Diego, il presunto boss
Giulio Lampada e il consigliere regionale
Francesco Morelli. Un incontro nelle campagne di Gambarie, messo su come ringraziamento per il posto alla Commissione europea che il gruppo ha garantito per il pargolo
del professore che riferendosi al boss (padrino Giulio) e al consigliere scopellitiano ringraziandoli «perché non avrei mai pensato
nella mia vita di poter fare questo».
vimp
Quel giudice
che voleva fare
«il mafioso»
Il magistrato Giancarlo Giusti beneficiò
di oltre 27mila euro della ’ndrangheta
PALMI (RC) E’ amante delle donne, il giudice Giancarlo Giusti (in foto a destra). Delle
donne e della bella vita pagate dai mafiosi. E il
mafioso, magari, lo avrebbe potuto anche fare,
come si vanta in un’intercettazione captata dagli inquirenti con uno ’ndranghetista: «Non hai
capito chi sono io... sono una tomba, peggio di...
ma io dovevo fare il mafioso, non il giudice».
Tra vitto, alloggio, e prostitute il giudice del
tribunale di Palmi fa sborsare più di 27mila euro ai fratelli ’ndranghetisti Francesco e Giulio
Lampada, tra il 2008 e il 2009. Un “investimento”, quello dei due reggini finiti in carcere
nella giornata di ieri, per poter contare sulla vicinanza di un membro della magistratura a cui
appoggiarsi nei momenti opportuni.
Giusti parla liberamente al telefono con i fratelli della mala calabrese trasferiti a Milano e si
incontra nel capoluogo lombardo e a Reggio
Calabria con loro. Si dà de tu, parla del lavoro e
dà consigli - come nel casoo della presentazione di un’offerta dei Lampada per un’asta non
andata a buon fine - fissa appuntamenti a Milano per «rilassarsi un paio di giorni» in compagnia di una ventina di escort. E’ uno spaccato inquietante quella tratteggiato dalla magistratura milanese nei confronti del giudice Giusti. Uno spaccato fatto di legami personali intrattenuti da un rappresentante dello Stato con
esponenti di spicco (e conclamati) della ’ndrangheta reggina, seppur trapiantati al Nord. Dalle intercettazioni telefoniche e dai riscontri investigativi, la reputazione del giudice reggino
ne esce segnata, compromessa da quelle con-
versazioni messe nero su bianco dagli investigatori.
In riferimento alla partecipazione dei Lampada all’asta al tribunale di Reggio, sono impressionanti due conversazioni captate dagli
inquirenti. Nella prima i fratelli Giulio e Francesco parlano di una conversazione che il primo ha avuto con il giudice:
Giulio: ... Poi io più figlio di puttana inc... gli
faccio... “Giancarlo? Gioia mia... ma tu sei con
me?... in qualsiasi cosa io faccio? A bleffo gli ho
detto... non questo ti volevo sentir dire... mi fa
lui? ...io glielo ho detto... per sentire quella risposta... che poi abbiamo capito male... non mi interessa... perché... io lunedì faccio fare la presentazione...
Francesco: Come bisogna presentare... la?
Giulio: ... con la Indris Immobiliare... mi
ascolti?
Francesco: Sì
Giulio: Siccome non si chiude qua... domani... o martedì... aprono le buste... e dicono ci sono 10 partecipanti... il 21 aprile fanno l’asta... se
non presentano nessuna busta... chi l’ha presentata l’ha vinta... ci sei fino a qua...
E puntualmente, annotano gli inquirenti, il
21 aprile 2009 «il sodalizio si era presentato
proprio con la Indris immobiliare srl, appartenente al coindagato avvocato Minasi Vincenzo». Il 26 giugno, però, in un’altra conversazione telefonica intercettata, Giulio Lampada chiede conto a Giusti dell’esclusione della sua domanda dall’asta.
Lampada: Ti volevo chiedere una cosa
Mongelli, il maresciallo “infedele”
Il complice dei Lampada usufruiva di viaggi all’estero e di escort d’eccezione
PALMI (RC) Ci sono i viaggi in Brasile e in Thailandia da saldare, e i regalini da acquistare nelle gioiellerie di mezza Milano; e
poi le cene nei ristoranti dell’hinterland meneghino e le parcelle per
le professioniste del sesso che rendono meno solitarie le notti del
maresciallo della Guardia di finanza Luigi “Pinotto” Mongelli. Nella monumentale ordinanza di fermo sugli intrecci tra mafia, mondo delle professioni e giustizia deviata, c’è tutto lo squallore dello
sbirro infedele, che da controllore per conto dello Stato che gli paga lo stipendio, diventa, a suon di migliaia di euro, complice del
gruppo criminale che fa capo ai fratelli Lampada.
Una storia di corruzione spicciola e video poker, sullo sfondo di
una città come Milano che con il crimine organizzato calabrese ha
dimostrato di sapere, e volere, scendere a patti. Una storia possibile solo grazie ai fiumi di denaro che passano di mano dai fratelli Lampada - che gestiscono in città, tra le altre cose, anche un proficuo giro d’affari che gravita attorno alle infernali macchinette
mangia soldi di bar e sale giochi - all’esponente delle fiamme gialle, che avrebbe dovuto impedire che le stesse macchinette venissero manomesse, gabbando così gli sprovveduti giocatori e, soprattutto, le casse dello Stato che grazie al giro vorticoso di controlli “addomesticati” di soldi, sostengono gli inquirenti, ne hanno persi parecchi.
Il sistema è sempre lo stesso, consolidato da anni di contatti frenetici e incontri continui. Qualche sms inviato ai Lampada da “Pinotto” Mongelli (così lo chiamano tra di loro i Lampada quando si
tratta di conteggiare la “quota” da stornare verso il maresciallo) nei
giorni immediatamente precedenti i controlli delle fiamme gialle
alle numerose società gestite dal gruppo criminale, e poi i contatti nei giorni immediatamente successivi alle verifiche delle forze
dell’ordine, per confermare che tutto sia andato come era stato
stabilito.
Secondo le indagini effettuate dalla distrettuale antimafia milanese, tra i gestori delle macchinette videopoker e il maresciallo
“traditore” passano di mano, in poco meno di tre anni somme che
sfondano il muro dei 200mila euro. Una somma considerevole che
serve a Mongelli per “integrare” uno stipendio statale che evidentemente considerava troppo magro e che almeno in parte, sostengono ancora gli inquirenti, lo stesso maresciallo infedele girava a
sua volta ai colleghi che i controlli li facevano sul campo, per “comprare” la loro collaborazione.
Mongelli infatti sarebbe solo la punta di questo maleodorante
iceberg, visto che i controlli alle società gestiti da Giulio e Francesco Lampada, materialmente, erano effettuati da altri esponenti
delle fiamme gialle milanesi. Sono in tre, sempre gli stessi: Michele Di Dio, Michele Noto e Luciano Russo. Il gruppo di militari gestito da Pinotto esegue i “controlli” in continuazione, tanto che i
Lampada li conoscono bene e i loro nomi escono fuori in diverse
intercettazioni telefoniche. Un aspetto che non è sfuggito al giudice per le indagini preliminari Giuseppe Gennai che descrive il maresciallo traditore come «collettore attraverso il quale vengono
convogliate somme di denaro ad altri pubblici ufficiali».
Vincenzo Imperitura
Giancarlo, quella cosa che hanno presentato dicono che era sbagliata... non so che devono fare ora...
Giusti: Ma chi Mario?
Lampada: Quell’atto di quell’asta che aveva partecipato l’Indres.
Giusti: Eh sbagliato? In che senso sbagliato?
Lampada: Gliel’ha rigettata il dottor Campagna che ha... perché
Giusti: Ma non che era sbagliato, e come
mai rigettato? Perché un intollerabile... è palese, è palese...
Lampada: Ma non ti hanno detto niente?
Giusti: non eh! Io non so niente, non mi dicono niente, io sono qua posso pure intervenire per te... il mio telefono è aperto anche di notte, non so mai niente di cose importanti, ma
dimmelo per tempo. Non ho saputo che era stato presentato, né quando c’era l’udienza, niente ho saputo... per poter mettere anche... ma dico io una... una cazzata.
Conversazioni usate dai magistrati per ricostruire i viaggi compiuti da Giusti a Milano ospite in un noto hotel dei fratelli Lampada. Nove
viaggi, annotano gli investigatori tra il 2008 e
il 2009, dei quali il magistrato si sarebbe intrattenuto con una ventina di escort, pagate (naturalmente) dai fratelli Lampada per un conto
che si dovrebbe aggirare, solo per l’albergointorno ai 27mila euro. Conto dal quale restano
fuori i soldi sborsati per i viaggi in aereo, le cene nei locali chic di Milano e le prostitute, circa
una ventina, di cui avrebbe goduto Giusti.
Francesco Altomonte
le reazioni
L’Anm: sconcertati
per le toghe coinvolte
ROMA «I fatti che emergono dagli atti d’indagine della Dda della procura della Repubblica di Milano nei confronti anche di magistrati in servizio in uffici giudiziari calabresi appaiono oggettivamente gravi e suscitano sconcerto e indignazione». Lo sostiene l’Anm. «Al di là di
ogni valutazione sul merito delle accuse secondo l’associazione - non si può ignorare l’inquietante rete di relazioni tra appartenenti all’ordine giudiziario, pubblici amministratori ed esponenti della criminalità organizzata che emerge dalle indagini, con evidente compromissione della funzione giudiziaria e dell’immagine
della magistratura». «Ribadiamo ancora
una volta - prosegue l’Anm - che la magistratura è un corpo sano, capace di trovare al proprio interno gli strumenti necessari a individuare i comportamenti dei
singoli contrari alla legge. Proprio per
questo - sottolinea - ha il dovere, come
sempre ha fatto, di accertare con massimo rigore al proprio interno comportamenti quali quelli qui ipotizzati».
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A Palazzo Campanella
a caccia di prove
Sequestrati dagli agenti della Dda computer e documenti
Nella foto, il presidente
del Consiglio Francesco
Talarico con Franco Morelli,
presidente della commissione
regionale Bilancio
REGGIO CALABRIA
Atmosfera tetra a Palazzo
Campanella nel giorno più
difficile dall’inizio della legislatura Scopelliti. L’operazione partita da Milano che
ha portato all’arresto del
consigliere del Pdl Franco
Morelli ha scosso l’astronave
fin dalle fondamenta. Per
l’ennesima volta la massima
assemblea elettiva calabrese
ha dovuto subire una perquisizione da parte delle forze dell’ordine. Intorno alle 8
cinque agenti della Dda hanno fatto il loro ingresso a palazzo chiedendo di essere accompagnati negli uffici del
presidente della Commissione “Bilancio”, collocati al secondo piano dell’edificio. A
loro disposizione si è messo
Pasquale Crupi, capo di gabinetto del presidente Francesco Talarico. Gli agenti
hanno passato al setaccio la
stanza del presidente e gli uffici limitrofi sequestrando
computer e documenti.
Un’operazione durata circa
tre ore anche se gli uffici reg-
gini erano poco frequentati
da Morelli che vi si recava
soltanto in concomitanza
delle riunioni di Commissione o di Consiglio.
il dibattito sulla sanità, sul
Si tratta della seconda fequale si era arenata la precerita aperta nella maggiorandente seduta dell’assemblea.
za dalla magistratura ad apC’è da immaginare che il clipena un anno dall’arresto
ma sarà surreale e che, diffidel consigliere Santi Zappacilmente, si potrà evitare di
là.
prendere posizione in meriTutti sono coscienti che le
to all’accaduto, salvo attirarscosse di assestamento nei
si ulteriori e pesantissimi
prossimi giorni saranno dustrali. Il consigliere Morelli
rissime. E nei corridoi di Pasarà sospeso dalle funzioni
lazzo Campanella c’è poca
in attesa delle comunicaziogente e poca voglia di parlani ufficiali da Ministero e
re. La commissione Bilancio
Prefettura. Subito dopo, alla
prevista per oggi è stata rinprima seduta utile, si dovrà
viata. Anche la commissione
procedere alla sua surroga.
Ambiente ha preferito agIl primo dei non eletti del Pdl
giornare i propri lavori,
nella circoscrizione di Cosconvocando la seduta presenza è Ennio Morrone che
vista per la giornata di ieri.
dovrebbe essere chiamato a
Deserta la bouvette. Neanfare il suo ingresso in aula.
che tra funzionari e i dirigenImmediati i parallelismi
ti c’è molta voglia di comcon la precementare
dente legislal’accaduto.
Setacciato
tura Loiero
In tanti si
l’ufficio del
che fu falcidicono sordiata da arrepresi, Morelpresidente della
sti e surroli era conocommissione
ghe. “Il consciuto a pa“Bilancio”
siglio degli
lazzo sopratindagati” vetutto
per
niva allora definito Palazzo
modi garbati e signorilità.
Campanella. Cambiato il seTra i politici, invece, il rigno dell’amministrazione
serbo è assoluto. I pochi in
passata al centrodestra, il ricircolazione aspettano di cosultato pare il medesimo.
noscere meglio motivazioni
L’emergenza continua e in
e documenti prima di prouna situazione così dura e
nunciarsi, ma esprimono
drammatica appare impresa
piena fiducia nell’operato
titanica poter riuscire a guidella magistratura.
dare la Calabria fuori dalle
Coincidenza vuole che
secche in cui si trova.
proprio per domani sia convocata una seduta di consiRICCARDO TRIPEPI
glio regionale per riprendere
[email protected]
Morrone, dalla “dissidenza” al rientro?
COSENZA Non ha commentato, Ennio Morrone. E non si sarebbe fatta scappare una sola
parola - non in pubblico, almeno - sull’arresto di
Franco Morelli. Per un semplice motivo: nell’ipotesi di surroga l’ingegnere cosentino potrebbe subentrare al travet arbreshe a Palazzo Campanella. Morrone nel 2010 non ce l’aveva fatta per un
soffio. Precisamente, per una manciata di voti in
meno rispetto a Fausto Orsomarso. Non l’aveva
presa bene, tant’è che aveva provato a ricorrere
al Tar. A vuoto. Ciononostante, non ha mai creato fratture o fastidi nel Pdl. Di estrazione socialista ma assai distante dai fratelli Gentile, Ennio
Morrone ha giocato le proprie carte nell’area centrista. Soprattutto nell’Udeur, dove i propri consensi gli sono valsi nel 2006 il seggio a Monteci-
torio. Un mini-risarcimento per lo “smacco” dell’anno prima dove, lui capolista del partito di Mastella, era stato battuto dall’amanteano La Rupa.
Mentre l’esperienza di Prodi si avviava alla fine,
Morrone decise di tagliar corto con il centrosinistra. Nel 2008 si avvicinò al Pdl, in cui per lui ci
sarebbe stato più spazio che in Fi, e tentò, due anni dopo, la scalata a Palazzo Campanella. Non
prima di aver schierato, nel 2009, i suoi nelle liste che sostenevano Pino Gentile alla Provincia di
Cosenza. Nel 2011 ha ottenuto un buon risultato: suo figlio, Luca, candidatosi a supporto di Occhiuto, è diventato presidente del consiglio comunale. Ora Ennio si trova in una posizione privilegiata per entrare. Se e quanto attenda quest’ingresso è da verificare. (s. p.)
reazioni
Laganà: inquietante. I dubbi di Laratta: qualcosa non quadra
«Dunque: Morelli arrestato. Come sappiamo è un consigliere regionale del
Pdl di Scopelliti». Il deputato del Pd Franco Laratta si pone qualche dubbio commentando l'inchiesta della Dda di Milano che ha portato, tra l'altro,
all'arresto del consigliere regionale Morelli. «Il giudice reggino Giglio - aggiunge - viene arrestato. La moglie del giudice è stata prima nominata commissario dell'Asp di Vibo, mentre attualmente è dirigente generale del dipartimento controlli della Regione nominata da Scopelliti. Le indagini e gli ordini di
arresto provengono dalla Procura di Milano. Qualcosa non quadra».
«Uno spaccato assai inquietante», afferma la parlamentare del Pd Maria
Grazia Laganà Fortugno. «A lasciare sconcertati in questo caso – prosegue la Laganà – è il coinvolgimento di magistrati che, in ragione degli incarichi svolti e degli uffici ricoperti, avevano un ruolo fondamentale nell'azione
di contrasto alla criminalità organizzata (...). Se l'impianto accusatorio dovesse trovare pieno riscontro, emergerebbe l'esistenza di un vero e proprio ver-
minaio». Allarmata anche Laura Garavini, capogruppo Pd in commissione Antimafia. Plauso alla magistratura da parte del senatore Luigi Li Gotti, capogruppo di Idv in commissione Giustizia: «L'operazione della magistratura contro la ’ndrangheta sull'asse Calabria-Lombardia, con il coinvolgimento del presidente delle misure di prevenzione di Reggio Calabria, dimostra il
pesante inquinamento proprio nel settore di punta del contrasto alla mafia.
Al solito compaiono i politici e qualche professionista. Plaudiamo, con preoccupazione, all'inchiesta di una magistratura che dimostra di non avere riguardi per nessuno». Duro l’intervento di Nico Stumpo, responsabile Organizzazione nella segreteria nazionale del Pd: «Fu Scopelliti a garantire che
le liste del centrodestra erano state fatte tenendo presenti l’etica e la lotta alle mafie. Oggi è stato coinvolto dalla magistratura il secondo consigliere regionale. Ci spieghi dunque Scopelliti se non si sente almeno politicamente responsabile di questa debacle».
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Scopelliti:primafatemileggerelecarte
Laconico il commento del governatore. Nuova tegola per la maggioranza
Nella foto a
destra,
Morelli tra
Franco
Zoccali,
direttore
generale
della
Presidenza
della giunta
regionale, e
Peppe
Scopelliti,
presidente
della
Regione
La salita adesso è diventata ripidissima. Il governatore Scopelliti, il Pdl e il resto della maggioranza di centrodestra si apprestano a vivere il momento più complicato ad un anno e mezzo dal trionfo alle regionali del
2010. L’operazione che ha portato all’arresto del presidente della commissione “Bilancio” Franco Morelli è
un colpo durissimo all’istituzione e alla stessa tenuta
della maggioranza. Si tratta del secondo consigliere pidiellino, dopo Santi Zappalà, che viene coinvolto in pesanti indagini che rivelano ancora inquietanti intrecci
tra criminalità organizzata, politica e istituzioni. Il silenzio del governatore durante la giornata di ieri è emblematico della situazione di imbarazzo in cui si è venuto a trovare. «Fateci leggere le carte. Dateci la possibilità di leggere qualcosa. Ancora non abbiamo nessuna notizia». Il laconico commento rilasciato ieri da
Scopelliti a Lamezia Terme dove era stata convocata
una conferenza stampa sul patto di stabilità regionale.
Il partito sarà comunque chiamato a rispondere e Scopelliti, oltre ad essere presidente della Regione, è anche coordinatore regionale dei pidiellini.
Il colpo arriva, peraltro, in un momento già difficile
dal punto di vista politico e amministrativo. L’azione
della giunta Scopelliti ha subito negli ultimi tempi più
di una battuta d’arresto. Sanità, fondi comunitari,
emergenza ambientale si sono dimostrati banchi di
prova terribili anche per chi, nel suo programma elettorale, aveva come obiettivo quello di imprimere una
svolta epocale. La crisi economica ha fatto il resto e,
adesso, proprio mentre si dovrebbe aprire la sessione
di bilancio per la preparazione della manovra di previsione per il 2012, la maggioranza si ritrova anche senza il presidente della commissione competente.
In pieno corso, inoltre, erano le discussioni interne
sia per il possibile rimpasto della giunta che per l’avvio
della stagione congressuale del Pdl. Entrambi passaggi di snodo che adesso si rivelano molto più complicati. Probabile che il governatore decida di accelerarli entrambi per tentare di dare un segnale alle truppe e restituir loro fiducia. Celebrare i congressi in tempi rapi-
di pare necessario come non mai per ridare legittimità ad una classe dirigente che è ai minimi storici di gradimento. Mettere mano all’esecutivo, invece, potrebbe
rinsaldare equilibri interni ed evitare sfilacciature ulteriori in un momento di estrema incertezza.
Da valutare, infine, sarà l’impatto che l’operazione di
ieri avrà a livello nazionale. Quello mediatico è già stato devastante e lo sarà anche durante le prossime giornate. Quello interno al partito è ancora tutto da valutare. I big nazionali per il momento tacciono. I parlamentari e lo stesso segretario nazionale Alfano non
hanno in alcun modo commentato, nonostante nell’ordinanza dei magistrati milanesi sia finito anche il
sindaco di Roma Gianni Alemanno. È naturale pensare, però, che qualche spiegazione sulle modalità con
cui vengono approntate le liste sarà chiesta a chi di dovere.
Nel frattempo incombono le scadenze e già domani
dovrebbe tenersi una seduta di consiglio regionale durante la quale, sempre che la stessa si svolga, potrà raccogliersi qualche elemento in più in ordine alla rotta futura. (ric. trip.)
Il Consiglio... degli inquisiti
Legislature a confronto: dal caso Crea all’arresto di Zappalà
CATANZARO
Nei 19 mesi trascorsi nell’attuale consiliatura regionale sono stati arrestati i consiglieri regionali Santi Zappalà
e, ieri, Franco Morelli. Nel
rapporto mesi/unità il dato
rappresenta il 10,53%. Nella
passata consiliatura, nei 60
mesi complessivi, il rapporto è stato del 10%; in quanto,
tra arrestati e decaduti per
problemi giudiziari di varia
natura, i consiglieri regionali interessati furono sei. Franco Pacenza, Pasquale Tripodi
(entrambi successivamente
prosciolti ampiamente), Enzo Sculco, Dionisio Gallo,
Domenico Crea e Franco La
Rupa. Dunque, appare, tra le
due assemblee, un’omogeneità coercitiva nei confronti
dei vari consiglieri regionali.
Come si dice in questi casi:
senza soluzione di continuità. Sembra proiettarsi nell’immaginario collettivo la
legge del perseverare. Un allarme che inesorabilmente si
perpetua. Nella passata consiliatura passò l’idea, attraverso le cronache e i com-
L’arresto di Santi Zappalà
menti della stampa, ma anche nel convinciment0 diffuso dell’opinione pubblica,
che la massima assemblea
istituzionale fosse un covo di
indagati. Perché, oltre alla rimozione forzata dei soggetti
interessati, ci furono tanti avvisi di garanzia, molti dei
quali finiti poi in bolle di sapone. Ma anche nei casi più
evidenti e imbarazzanti per il
buon nome dell’istituzione la
cosiddetta “casta” ha sempre
difeso, qualche volta con ragione ma spesso anche con
un’autoassoluzione generale,
o quando non ha addirittura
taciuto, l’aurea dell’aula; tenendo lontani i sospetti e gli
effetti che essi producevano e
affidando a una sorta di episodicità gli eventi che via via
si andavano producendo. Come se fossero accidentalmente mele marce in un pa-
niere sano. E bisognerebbe
continuare a credere che il
paniere sia sano. Ma, al di là
della dialettica, vuoi assolutoria e vuoi colpevolista, resta il fatto che il turbamento
è nei numeri, nelle dimensioni, nella specificità degli argomenti. Non si tratta, per
intenderci, di multe per divieto di sosta. E comunque,
a pagina 242 della relazione
Commissione parlamentare
antimafia, approvata all’unanimità il 19 febbraio 2008, si
legge: «Le continue inchieste
della magistratura che, pur in
assenza di sentenze definitive (in alcuni casi poi arrivate
successivamente ndr), colpiscono esponenti di primo
piano di tutti i partiti, gli avvisi di garanzia che investono
buona parte del Consiglio regionale, assessori regionali o
ex assessori regionali in carcere per reati collegati alla
mafia o esponenti di primo
piano dei partiti sotto processo o già condannati per corruzione, rappresentano, purtroppo, la fotografia della realtà». Ricordiamo che nel
2008 l’allora segretario re-
il capogruppo del pdl
Fedele: nessun rapporto
con i Valle-Lampada
REGGIO CALABRIA Due ieri le note del capogruppo
regionale del Pdl Luigi Fedele. Nella prima commenta l’arresto del consigliere Franco Morelli: «Il mio più sincero augurio è che il consigliere Morelli possa dimostrare, a breve,
la sua estraneità ai fatti. In ogni caso, la responsabilità dei
singoli non può inficiare, di certo, la validità dell’intera classe amministrativa che guida la nostra Regione. Chiediamo,
pertanto, si giudichi quando sarà ultimato il percorso investigativo». Il tutto in linea con l’intervento del presidente del
consiglio regionale Franco Talarico: «Il nostro auspicio
è che il consigliere Morelli possa presto chiarire la sua posizione, dimostrando la sua estraneità ai fatti che gli vengono contestati». Più tardi, chiamato in causa dalle agenzie di
stampa, Fedele interviene di nuovo: «Purtroppo, in tanti anni di attività politica, non ho avuto la possibilità di risolvere qualsiasi problematica in seno al consiglio regionale della Calabria. Né durante la mia attuale carica di capogruppo
del Pdl, né durante la legislatura in cui svolgevo il ruolo di
presidente del Consiglio. In più, non ho mai avuto nessun
tipo di rapporto, e tantomeno di amicizia, con la famiglia
Lampada-Valle». «Quello che risulta vero, invece - afferma
il pidiellino -, è il sostegno elettorale ricevuto della signora
Sarlo e dalla sua famiglia durante le ultime elezioni regionali. Una cosa nota a tutti, infatti, è che la famiglia Sarlo risulta essere tra i nuclei familiari più apprezzati e stimati
della città di Reggio. Pertanto, ho ritenuto un fatto che rientrava nella normalità delle cose, quello di farmi sostenere
elettoralmente dalla loro famiglia (in considerazione anche
della presenza di un magistrato, quale marito di Alessandra
Sarlo). È vero, anche, che la signora Sarlo aveva auspicato
un suo trasferimento dalla Provincia, ente in cui lavorava,
al consiglio regionale. Ma, per questo, non si è mai creata
l’opportunità. E, nei successivi incarichi, assegnati alla signora Sarlo, non ho mai avuto nessun tipo di influenza, com’è tra l’altro facilmente dimostrabile. Di certo, la signora
Sarlo ha ottenuto gli incarichi successivi esclusivamente
per la sua professionalità».
gionale del Pd, Marco Minniti, chiese e non ottenne lo
scioglimento anticipato di un
anno (ossia per il 2009) del
consiglio regionale. E lo spirito autoreferenziale del consiglio regionale si materializzò il 22 dicembre 2010, il
giorno dopo l’arresto di Zappalà, quando, chiamato a
commentare l’evento, esso si
ridusse in un breve discorso
del presidente Franco Talarico e in un accenno di richiesta di dibattito da parte di
Idv. Troppo poco.
BRUNO GEMELLI
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treno deragliato
CATANZARO Non è sfuggita a
carabinieri del Noe di Catanzaro,
guidati da Gerardo Lardieri, la denuncia filtrata dal programma
“Striscia la notizia” in merito al fatto che il deragliamento del treno a
Marcellinara, frettolosamente e
immediatamenteimputato al maltempo dei giorni scorsi, in realtà,
non solo fosse qualcosa di evitabile ma anche qualcosa che era prevedibile se solo i controlli fossero
stati costanti e più stringenti.
Subito dopo la piena del fiume
che colpì la zona nel 2010 e dopo
la denuncia che arrivò sempre da
Striscia la notizia ad aprile dello
stesso anno. I carabinieri hanno
fatto ieri un sopralluogo nella zona
della Valle Amato e in particolare
nei pressi del fiume Amato. Controlli che potrebbero essere solo il
LOCRI (RC)
Un ergastolo e due assoluzioni. Si chiude così, con il
giudice che legge in aula il dispositivo della sentenza, il primo grado di giudizio del processo per la morte di Salvatore Cordì, il boss della ‘ndrangheta ucciso a Siderno nel
maggio 2005. Dopo sei giorni
di camera di consiglio, il presidente della Corte d’assise di
Locri, Amelia Monetelone,
scagiona gli imputati Antonio
Martino e Antonio Panetta,
entrambi accusati di omicidio, e condanna al carcere a
vita il detenuto Michele Curciarello.
L’uomo è ufficialmente il
sicario che, un pomeriggio di
primavera di sei anni fa, liquida il capomafia del clan Cordì. Quel giorno, per la procura distrettuale di Reggio Calabria, il pregiudicato di Siderno era sulla moto assieme
al nipote, Antonio Martino.
Nel processo, i due erano difesi dagli avvocati Salvatore
Staiano, Cosimo Albanese e
Mario Mazza: «Attendo il deposito della motivazione, mi
stupisce la condanna inflitta
Indagini del Noe sul ponte crollato
I militari dell’Arma stanno verificando le responsabilità dei manutentori
prologo di ulteriori provvedimen- zia. Questa sottrazione di sabbia è
ti. La questione, sollevata dal pro- continuata per tutto il 2011, fino
gramma di Ricci supportata da al- ad arrivare alla settimana scorsa
cune testimonianze di cittadini, quando la prima abbondante piogverte sul fatto che
gia ha trovato
un anno fa, quanun’area indebolita
Il sospetto è che
do per la piena del
che comunque
si sia prelevata
fiume crollò il
avrebbe ceduto.
ponte, le ditte in- sabbia dal fiume
Insomma quelcaricate della mal’immagine del
vicino
ai
pilastri
nutenzione non ritreno deragliato,
della
struttura
pristinarono gli arche è diventata il
gini del fiume. Di
simbolo della setpiù. Pare che si siano limitati a timana di mal tempo che ha colpiportar via la sabbia, sembra, e que- to la provincia catanzarese, in realsto sarà da verificare, per rivender- tà si sarebbe potuta verificare in
la sul mercato parallelo dell’edili- qualsiasi altro momento in consi-
derazione del fatto che nella zona,
se le indagini accerteranno i fatti
denunciati, era in atto un vero e
proprio dissesto idrogeologico.
L’occhio lungo dei carabinieri del
Noe si è spinto fino a fare delle verifiche anche sulle aziende che della manutenzione del fiume si sarebbero dovute occupare.
Il sospetto che le telecamere
hanno rivelato e alcune testimonianze hanno suffragato è che la
sabbia che in quei cantieri è ammucchiata, non arrivi, come dovrebbe dalle cave, da dove uscirebbe lavorata e quindi senza massi,
ma proprio dal letto del fiume che
invece doveva essere sì ripulito
ma soprattutto mantenuto. Nelle prossime ore comunque le verifiche del Noe dovrebbero approdare a delle decisioni o a dei
provvedimenti.
Giulia Zampina
Delitto Cordì, ergastolo
per «il sicario» Curciarello
Ieri la sentenza sull’assassinio del boss. Due le assoluzioni
Il padrino di
Siderno, alias
“u Cinese” viene
assassinato il 31
maggio del 2005
a Curciarello», è il commento
a caldo dell’avvocato Staiano.
Il pubblico ministero, Antonio De Bernardo, aveva chie-
Michele Curciarello (foto piccola). Sopra, il tribunale di Locri
sto tre ergastoli.
Il magistrato, nella sua lunga requisitoria, ha assegnato
un ruolo di assoluto rilievo
anche ad Antonio Panetta,
bollato come «l’uomo del clan
Cataldo» complice dei killer.
L’imputato è stato assolto. È il
31 maggio 2005, quando in
via Cesare Battisti, a Siderno,
si consuma un agguato. Due
tipi su una moto fanno secco
il boss Salvatore Cordì alias “u
Cinesi”. Dopo mesi di indagini condotte senza sosta, gli
agenti del commissariato di
polizia arrestano cinque uomini, tra cui Antonio Cataldo,
“Papuzzella”. Il padrino, battezzato come il mandante, è
stato condannato a 30 anni di
reclusione con la formula del
rito abbreviato.
Ha pianificato il delitto, è
l’assunto della pubblica accusa, per vendicare l’uccisione
del cugino, assassinato nel
febbraio 2005. «I due omicidi rientrano nella faida di Locri, una guerra di mafia che
ha radici lontane, documentata dall’inchiesta Primavera», ha ripetuto in aula il pubblico ministero. Per il difen-
sore di fiducia di Antonio Panetta, l’avvocato Giuseppe
Mammoliti, la morte del boss
Salvatore Cordì resta un giallo che si infittisce.
«Anche se sono contento
per il mio assistito, siamo ancora lontani dalla verità, è stato condannato all’ergastolo
un innocente», ha dichiarato
il legale, che si è detto «indignato per le accuse mosse nei
confronti dei testimoni della
difesa».
La Corte d’assise, lo scorso
dicembre, ha scarcerato Domenico Zucco. L’uomo è stato cinque anni recluso al 41
bis perché considerato uno
dei complici dei sicari. Il giudice Amelia Monteleone, ieri,
ha ordinato la trasmissione
degli atti alla Procura, chiedendo di procedere nei confronti di cinque testi. Patrizia
Viele, la mamma di Domenico Zucco, Fortunato Spadaro,
Francesco Argirò, Francesco
Sansalone ed Emanuela Fimognari, quando chiamati a
deporre al banco dei testimoni, avrebbero reso false testimonianze.
ILARIO FILIPPONE
[email protected]
Percolato, l’ex sindaco si difende
«Seguivo le direttive di Melandri»
REGGIO C. «La discarica? Altro che strumento politico, mi ha procurato più grattacapi che altro». Pietro Crinò, ex sindaco di Casignana arrestato nel corso dell’operazione
“Black Garden” è stato ascoltato ieri dal Gip
Antonino Laganà, davanti al quale si è dichiarato estraneo alle accuse contestate. Così come ha fatto anche il fratello Antonio Giovanni Crinò che, come ha riferito il legale dei due
fratelli Antonio Speziale, ha chiarito «alcuni
aspetti che nell’informativa risultano travisati». Il responsabile tecnico della Zetaemme,
ritenuto dagli inquirenti «autentica mente
ideologica e fattuale dell’intera vicenda delittuosa», ha dunque spiegato al giudice quanto catturato dalle telecamere, nel momento
in cui lo stesso veniva ripreso nel corso «del
doloso sversamento del percolato fuori dalla
discarica». Un’immagine ancora una volta,
secondo l’avvocato Speziale, «fuorviante», visto che Antonio Crinò avrebbe cercato «di
evitare la fuoriuscita di percolato, che non ve-
niva sversato nel torrente, bensì durante le
pioggie, per evitare che il liquido debordasse
dalle vasche, veniva incanalato in altre condutture affinchè finisse nelle vasche di raccolta».
Allo stesso modo Pietro Crinò ha sostenuto che il conferimento dei rifiuti nell’impianto «seguiva le direttive provenienti dall’ufficio del commissario Graziano Melandri»,
l’unico con il potere di stabilire i turni e i luoghi per il conferimento. Nel corso dell’interrogatorio, l’ex sindaco di Casignana si è dunque difeso sostenendo il proprio intervento
per garantire una gestione legale della discarica che impedisse «conferimenti indiscriminati», quelli contestati dagli stessi inquirenti
alloquando fanno riferimento agli accordi
verbali tra il sindaco di Gioiosa Jonica Mario
Mazza e Crinò. Il sindaco di Gioiosa, si legge
nell’ordinanza firmata da Laganà, «affermava di aver parlato con il primo cittadino di?
Casignana e quest'ultimo lo aveva autorizza-
L’ex sindaco Pietro Crinò
e la discarica
di Casignana
to a conferire rifiuti, ma senza ufficialita?».
Ma l’avvocato Speziale smorza le accuse.
«Non ci sono prove di un rapporto diretto afferma - dall’informativa non si desume in
modo chiaro».
Mazza, però, nel corso del consiglio comunale di martedì scorso, conferma l’esistenza
di un accordo con Crinò. «Le telefonate ci sono state solo per stipulare accordi verbali per
poter scaricare», ha dichiarato. Crinò ha infine anche chiarito i riferimenti al governatore Giuseppe Scopelliti e all’assessore Francesco Pugliano. «Essendo responsabile della discarica - ha chiosato Speziale - voleva affrontare con loro la necessità di rivedere il piano
di smaltimento dei rifiuti, visto che le altre
discariche erano ferme per diversi motivi».
Simona Musco
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Labate assolto anche in Appello
Processo “Testamento”, ridefinita per gli altri la sentenza di primo grado
REGGIO CALABRIA
Assolto anche in appello.
Dopo circa due ore di camera di consiglio è arrivata una
nuova pronuncia d’innocenza per Massimo Labate (in
foto). La corte d’appello di
Reggio Calabria (Pratticò
presidente, Bandiera e Cappuccio a latere), infatti, ha
emesso ieri la sentenza di secondo grado del processo
“Testamento” assolvendo da
tutte le accuse l’ex consigliere comunale che doveva rispondere di concorso esterno in associazione mafiosa.
Non è stata accolta, dunque,
la richiesta del sostituto procuratore generale Francesco
Mollace, che aveva chiesto
per Labate (difeso dagli avvocati Domenico ed Andrea
Alvaro) una condanna a 10
anni di reclusione in riforma
della sentenza emessa in primo grado. Confermata l’as-
soluzione anche per l’amico
e segretario Enzo Pileio (difeso dagli avvocati Corrado Politi e Carlo Morace). Per il resto, l’impianto accusatorio ha
tenuto alla grande, con solo
qualche ritocco di pena rispetto al primo grado. Per
tutti sono state escluse delle
aggravanti e concesse le atte-
nuanti generiche. Così la cor- cinanza dell’ex consigliere
te ha ridefinito le condanne Massimo Labate alla cosca
inflitte agli imputati: Giusep- Libri. Le accuse di Moio avepe Libri (difeso dall’avvocato vano trovato eco anche nelle
Lorenzo Gatto e da Saverio parole del procuratore MolPutortì) 9 anni di reclusione, lace, il quale aveva sostenuto
Alessandro
con forza coCollu (difeso
me l’ex espoConfermato
dagli avvocanente di An e
il
verdetto
di
ti Gatto e
di professioManagò), sei
innocenza anche ne poliziotto,
anni di recluavrebbe doper Pileio, amico vuto
sione, Bruno
essere
dell’ex consigliere dichiarato
Antonino
Crucitti (dicolpevole del
feso dagli avvocati Marco Pa- reato di concorso esterno
nella e Nico D’Ascola), sette poiché i suoi voti sarebbero
anni di reclusione, Francesco stato frutto dell’impegno del
Giuseppe Quattrone (difeso clan di Cannavò.
dagli avvocati Gatto e PuntoNella giornata di ieri, inolrieri) sei anni e sei mesi di re- tre, vi è stato l’intervento delclusione.
l’avvocato difensore Andrea
Non hanno sortito alcun Alvaro, il quale ha rimarcato,
effetto dunque le parole pro- per la posizione di Massimo
nunciate nell’aula della corte Labate, come non vi fosse ald’appello dal collaboratore di cun elemento nuovo rispetto
giustizia Roberto Moio, il al primo grado, e come fosse
quale aveva riferito di una vi- dimostrato il mancato raffor-
zamento della cosca, per un
patto politico-mafioso che
non era mai esistito. Il legale
ha messo in risalto quelli che
erano, a suo avviso i punti
deboli del ricorso del pubblico ministero, ed ha sottolineato che l’unica condotta di
Labate è stata quella di una
sollecitazione per l’erogazione di un finanziamento ad
un’associazione.
«Tale condotta - ha concluso Alvaro - non può essere ritenuta penalmente rilevante». Una tesi che è stata
sposata dalla corte d’appello
di Reggio Calabria che, intorno alle 16.20 ha letto il dispositivo con cui ha confermato
l’innocenza di Labate e Pileio da tutte le accuse mosse
nei loro riguardi. Si attende
adesso la motivazione della
decisione, prevista entro i
prossimi 90 giorni.
CONSOLATO MINNITI
[email protected]
Mario Straface: pagavamo il pizzo
Operazione “Santa Tecla”, parla in aula il fratello di Pasqualina
CORIGLIANO CALABRO (CS)
Il cinquantottenne Mario
Straface, fratello dell’ex sindaco di Corigliano e imputato
nella maxioperazione antimafia “Santa Tecla” ha rilasciato
ieri delle dichiarazioni spontanee dinanzi al giudice dell’udienza preliminare di Catanzaro Tiziana Macrì nell’ambito del giudizio con il rito abbreviato che lo vede alla sbarra insieme ad altri 72 imputati. Una lunga disamina delle
accuse mossegli dall’imprenditore Pino Curto (presunta
vittima di estorsione e parte civile nel processo unitamente
alla moglie) nonché dagli inquirenti, che lo ritengono imprenditore di riferimento del
“locale” di Corigliano, quella
effettuata da Mario Straface,
che non ha nascosto le lacrime
quando ha letto alcuni passi
degli appunti che il fratello
Franco, imputato anche lui in
“Santa Tecla” e deceduto lo
scorso 12 novembre per un ictus, gli aveva spedito con una
lettera: «Oggi non le può più
leggere lui queste cose - ha detto il 58enne - e lo faccio io al
posto suo».
Professandosi innocente,
Mario Straface ha prodotto anche foto e documenti per illustrare i lavori realizzati al villaggio turistico L’Airone e mostrare lo stato dei luoghi. Il tutto al fine di dimostrare, dal suo
punto di vista, che i soldi chiesti a Curto non mascheravano
alcuna estorsione ma erano
solo il compenso per i lavori
svolti. «In tutto questo affare ha detto Straface - siamo stati
proprio noi i primi a rimetterci». Sui rapporti con Curto, sui
quali si è poi soffermato anche
il giovane Davide Straface (figlio di Franco) nelle sue di-
chiarazioni spontanee, l’im- to di demolire il castello accuprenditore li ha definiti buoni, satorio anche per quel che rianche e soprattutto nel perio- guarda la contestata sovrafatturazione che
do in cui Curavrebbe celato subì un atto I difensori hanno
to il pizzo
incendiario
concluso
le
loro
nonché
in
«Pagavamo il
merito alla atpizzo anche
arringhe. Attesa
tendibilità dei
noi - ha detto
la sentenza per
collaboratori
infine - e anil 16 dicembre
di giustizia
che noi abbiache accusano
mo
subito
una serie di danneggiamenti gli Straface. L’udienza di ieri si
che abbiamo sempre denun- era aperta con la lunga e articiato». Gli avvocati difensori colata arringa dell’avvocato EtEmanuele Monte e Ernesto tore Zagarese (difensore di AnD’Ippolito, nelle arringhe di ie- tonio Piccoli, Arcangelo Cori, hanno poi affrontato tenta- nocchia alias “Dottore”, Giaco-
rapina
Legati in casa
e derubati dei gioielli
PIZZO (V.V.) Una rapina in stile
“arancia meccanica” è stata portata a termine da tre delinquenti nella villetta di
un grossista di gioielli originario di Tropea. I banditi sono entrati nell’abitazione
ed hanno preso in ostaggio un’intera famiglia, l’uomo, la moglie e i due figli, un
maschio ed una femmina.
I quattro sono stati dapprima legati,
quindi i rapinatori hanno saccheggiato la
villetta facendosi dare indicazioni - sotto
minaccia - dal gioielliere, per impossessarsi di beni preziosi per un valore di decine di migliaia di euro. I malviventi hanno atteso il ritorno a casa del grossista e
lo hanno affrontato col volto coperto da
caschi e armati di pistola. Una volta all’interno hanno immobilizzando tutti i
componenti del nucleo familiare e poi,
sotto la minaccia delle armi, hanno intimato al professionista di indicare dove
erano nascosti i preziosi, facendoseli consegnare. Dopo alcuni minuti, il grossista
è riuscito a liberarsi e a chiamare i carabinieri.
mo Pagnotta e Pietro Longobucco) il quale ha sostenuto
l’insussistenza di una struttura
associazionistica soffermandosi poi sui singoli episodi che
non sarebbero riconducibili ad
una ipotesi associativa. Non
solo. Il legale, oltre alla inutilizzabilità delle intercettazioni, ha
eccepito anche l’inutilizzabilità
delle propalazioni dei collaboratori di giustizia nonché la loro inattendibilità, in quanto vi
sarebbero numerose discrasie
e mancherebbe la “convergenza del molteplice”.
Così come mancano, ha ribadito il difensore, i riscontri
Tribunale di Catanzaro. Nel riquadro, Mario Straface
alle loro chiamate in correità.
Con le discussioni, tra gli altri,
degli avvocati Carlo Esbardo e
Fulvio Campolo, ieri sera si sono concluse le arringhe della
difesa. Si torna in aula il 16 di-
cembre per le eventuali repliche del pm Vincenzo Luberto
e l’attesa sentenza di primo
grado.
ROSSELLA MOLINARI
[email protected]
lite in piazza
Furibonda rissa tra cognati
Ferito un carabiniere. Tre arresti
CIRÒ MARINA (CZ) È finita con una notte tra- rabinieri intervenuti sono giunte altre pattuglie delscorsa in cella di sicurezza, la rissa scatenatasi mer- la stazione di Cirò Marina: insieme, i militari sono
coledì pomeriggio, tra congiunti che se le sono date riusciti ad isolare i quattro e a condurli in caserma.
Dagli accertamenti è poi risultato che la rissa sadi santa ragione. Un violento litigio tra parenti, scoppiato, sembra, per futili motivi, ha destato l’allarme rebbe scaturita da problemi e contrasti tra due codei vicini che, preoccupati, hanno invocato l’inter- gnati, G.S. coltivatore diretto di 48 anni di Cirò Mavento dei carabinieri. Giunti sul porina e P.P. autotrasportatore sessansto, in via Mantova di Cirò Marina,
tenne di Cropalati, contro il terzo
i militari dell’Arma hanno trovato
B.C. pensionato di 56 anni di Cirò
quattro persone, intenti a dirsene di
Marina ed il proprio figlio minorentutti i colori ed a menarsi senza
ne. Per i tre cognati sono scattate le
esclusione di colpi.
manette con l’accusa di rissa aggraGli uomimi del nucleo radiomovata e resistenze a pubblico ufficiale, mentre il minorenne, è stato debile di Cirò hanno tentato di sedare
ferito in stato di libertà al compela rissa, cercando di dividere i lititente Tribunale per i minori di Cagiosi cognati, senza non poche diffitanzaro.
coltà, tant’è che uno dei militari, nel
Ieri mattina i tre rissosi cognati,
tentativo di bloccare uno dei litiganNecessario
dopo una notte in camera di sicuti, è rimasto ferito in modo seppur
l’intervento di
lieve ma tale da dovere ricorrere alrezza, sono stati condotti nel tribule cure del pronto soccorso.
nale a Crotone dove il giudice, dotpiù pattuglie per
La situazione era talmente surritoressa Giulia Proto, ha disposto la
riuscire
a
sedare
scaldata che a supporto dei primi cascarcerazione di tutti e tre.
la scazzottata
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Da “Meta” ai beni confiscati
Comune, il risarcimento per il restyling delle strutture prese alle ’ndrine
I due milioni liquidati al Co- afferma il primo cittadino –
mune nell’ambito del processo così come è obbligo per un en“Meta” verranno destinati alla te importante a livello territosistemazione dei beni confi- riale quale il Comune sostenescati. Ad annunciarlo, dopo la re le altre istituzioni che si imrecente sentenza della magi- pegnano quotidianamente per
combattere le
stratura che
ha stabilito
A palazzo San attività della
maxirisarciGiorgio liquidati criminalità
menti
nei
organizzata
confronti di
che soffoca il
due milioni
palazzo San
tessuto ecoEra
parte
civile
Giorgio e denomico e proal
processo
gli altri sogduttivo della
getti costituinostra realtisi parte civile contro la tà». Arena, oltre a questa, fa
‘ndrangheta, attraverso un co- due considerazioni in merito
municato stampa, è il sindaco alla costituzione di parte civile
Demi Arena.
da parte di palazzo San Gior«Il principio di legalità deve, gio. Una legata alle dinamiche
sempre e comunque, rappre- di sensibilizzazione civica.
sentare il binario guida delle
«Si tratta di una decisione
azioni da intraprendere a livel- che assume un rilevante valolo politico-amministrativo – re simbolico – scrive il sinda-
RISARCITO Palazzo San Giorgio sede del Comune
co – un passaggio che testimonia, in maniera tangibile, come paghi schierarsi apertamente, e sempre, dalla parte
della giustizia e dello Stato».
E un’altra, più polemica,
connessa alle dinamiche politiche che si sviluppano dentro
e fuori palazzo di città. «La costituzione di parte civile del-
l’ente travalica concretamen- costituirsi parte civile». «Alla
te i continui, demagogici e po- luce dell’importanza del provco opportuni accostamenti vedimento ho deciso di convoche ci vengono attribuiti con care, in via straordinaria, l’eseindirizzi strumentali da alcu- cutivo municipale: una riunioni soggetti politici – prosegue ne che è servita alla giunta per
il primo cittadestinare le
dino – ancora
somme rice«Travalicati
una volta, invute in sede
gli
accostamenti
processuale
fatti, l’ammialla “Risistenistrazione
demagogici
mazione dei
comunale diattribuitici
da
beni confiscamostra di socerta politica»
ti alla crimistenere, sennalità in posza dubbio alcuno, la legalità, assumendo sesso dell’amministrazione
un ruolo di primo piano nel comunale” – termina il suo indifficile e delicato percorso di tervento Arena – anche quecontrasto alla criminalità or- sto gesto deliberato dal goverganizzata, anche in considera- no cittadino vuole essere un
zione del fatto che il processo simbolo in grado di sottolinea“Meta” non è l’unico procedi- re ulteriormente lo sforzo delmento nel quale palazzo San le forze dell’ordine e della maGiorgio ha ritenuto doveroso gistratura».
piano strutturale comunale
Giunta, esultanza per il Psc
Porcino e Morisani: «Si dà corpo alla città metropolitana»
Sul Psc non si ferma l’esul- to tra la cittadinanza, le asso- ne» Porcino sostiene come già tropolitana dello Stretto che si
tanza di centrodestra e giunta ciazioni di categoria, gli ordini col preliminare ,«si dà corpo e è dotata di uno strumento di
comunale. Ieri, attraverso due professionali: soggetti con i contenuto al concetto di Città programmazione e di rinasciquali ben arti- Metropolitana». Per il vicesin- ta urbanistica ed economica
distinti cocolato e profi- daco si tratta di «un documen- che le consentirà di trasformunicati
Il vicesindaco:
è stato il to di ampio respiro, elastico, marsi in una città dinamica,
stampa, a sa«Documento di cuo
rapporto in- capace di prevedere grandi moderna e funzionale». Il prolutare il prelitercorso, in scenari futuri, di guardare con getto, firmato Karrer, è poi «il
minare del
ampio respiro
particolare
ambizione allo sviluppo del frutto di un lavoro svolto con
costituendo
elastico
e
dal
durante le nostro territorio, contemplan- coerenza fin dalla scorsa legiPiano struttugrande
futuro»
prime fasi di do, contemporaneamente - slatura». Un progetto che ha
rale comunaredazione del conclude - la situazione attua- dovuto ottenere per ben due
le hanno pensato il vicesindaco Porcino, che preliminare al Piano Struttu- le e le evoluzioni inevitabili volte disco verde dalla compoi è stato anche l’assessore di rale». Ringraziati il primo cit- connesse ad ogni scenario ur- missione Assetto del territorio.
riferimento nel periodo clou di tadino, Demetrio Arena, e il bano». Ad esultare pensa an- Il primo sì, reso inutile dal
progettazione e approvazione suo successore all’urbanistica, che Morisani. Per l’assessore mancato voto in consiglio nelin giunta, e il collega di giunta Luigi Tuccio, che «hanno volu- ai lavori pubblici «si tratta di la scorsa legislatura, arrivò
Pasquale Morisani (lavori to imprimere una seria accele- una svolta epocale nel cammi- proprio quando a presiedere
pubblici). «Dopo quarant’anni razione alla sua approvazio- no di sviluppo della città me- quella commissione era Mori– entusiasta Porcino – viene
finalmente adottato, seppur in
via preliminare, lo strumento
la protesta
urbanistico tramite il quale si
disegnerà il futuro di Reggio
Calabria. In qualità di assessore all’Urbanistica ho avuto il
privilegio, insieme ai progettisti, al sindaco Giuseppe Scopelliti, prima, ed al sindaco
Giuseppe Raffa poi, di poter
Il Comune lascia al buio Cataforio. Ad del quartiere si mobilitano. «Il Comitato
seguire i diversi stadi che hanannunciarlo è un comitato di cittadini del di quartiere ha riunito la popolazione e
no contraddistinto il Psc, in
quartiere, di cui fa parte anche il giornali- chiede un intervento urgente al sindaco.
particolare i passaggi di studio
sta Paolo Bolano. «L'Enel ha tagliato la Molti cittadini hanno proposto di bloccare
che hanno individuato, consecorrente elettrica lungo i tre chilometri di la strada e poi di portare la protesta sotto
guentemente, le scelte stratestrada che collegano San Sperato con Ca- il palazzo comunale. Qualcuno - dicono - a
giche finalmente approvate
taforio - si legge nella lettera firmata - Ha questo punto si sveglierà». Tra gli altri prodal Consiglio». E se il lavoro
lasciato al buio più di 4miblemi attenzionati dal cosul Psc «mi ha permesso di pola abitanti. Pare che i debimitato sono: quello legato
«I debiti
ter arricchire ulteriormente il
ti del Comune nei confronal depuratore «mai in fundel Comune
mio bagaglio culturale», anche
ti dell'ente abbiano supezione e la fogna scarica ansulla tempistica monstre (21
rato i 20 milioni di euro e
hanno superato cora sul torrente Sant'Agamesi tra approvazione in giunl'Enel reagisce in questo
ta»; la strada che «è perii 20 milioni
ta e ok del consiglio), oggi, vemodo. Eppure i cittadini
colosa e spesso impercorricon Enel»
de il bicchiere mezzo pieno.
continuano a pagare le tasbile a causa di continue
«Ritengo – precisa il vicesinfrane», ma anche «priva di
se». Per il Comitato, «pian
daco – non siano stati vani o
piano viene fuori il vero "Modello Reggio", marciapiedi e muretti laterali per cui è vieperduti, bensì abbiano conquello dei debiti che non si pagano». Un tata a chi la percorre a piedi». Tra i temi disentito di assumere maggiori
modello che Scopelliti vorrebbe esportare scussi anche quello della rete fognaria che
consapevolezze rispetto ad un
su scala regionale. «Il povero sindaco Are- manca «in tutta la zona».
percorso così significativo per
na, a questo punto, cosa farà? - si chiede il
Per tutte queste ragioni «i cittadini del
la città di Reggio. Un periodo
comitato - Continuerà a fare il pupo? Op- Comitato di quartiere di Cataforio - concludurante il quale il documento
pure per uscire indenne da questa tragedia de la lettera - chiedono un intervento urha potuto essere ancor magsi dimetterà?». Nel frattempo i cittadini gentissimo al sindaco Arena».
giormente oggetto di confron-
Cataforio al buio, residenti imbufaliti
Costituito il Comitato di quartiere. Chiesto l’intervento di Arena
VICESINDACO Porcino
ASSESSORE Morisani
sani. Per l’assessore si tratta di
«un percorso attento e ponderato che è stato tarato sulle necessità del territorio ed anche
in considerazione della particolare situazione geomorfologica della nostra città. Questostrumento sarà fondamentale
- conclude - non soltanto sotto il profilo strettamente urba-
nistico, ma anche sotto quello
della salvaguardia del territorio. Infatti il documento è nato soltanto in seguito alla realizzazione di una particolareggiata analisi di “valutazione
ambientale” che ne costituisce,
pertanto, uno degli aspetti
qualificanti».
catona
Rom, niente scuolabus
Energia pulita insorge
Niente scuolabus per i
bambini rom di Arghillà.
A denunciare la sospensione del servizio per le
scuole Dante Alighieri e
Lombardo Radice di Catona è il movimento
Energia pulita. «Da ieri
infatti non usufruiscono
più del servizio scuolabus». Prestazioni concesse dall’Atam in cambio di un canone annuale «di 25 euro a bambino
e che non facciamo fatica
a considerare puntualmente disatteso». Una
cifra di 2.250 euro totale
considerata «risibile» da
Energia pulita a fronte
del diritto allo studio.
«I bambini - tuona il
movimento - non si toc-
cano. Comprendiamo
che la difficile situazione
finanziaria non permetta all’azienda troppi margini di manovra per
quella che è da tempo
un’operazione in deroga.
Tuttavia in seguito alle
recenti maggiorazioni
dei costi nei servizi, ricordiamo che in deroga c’è
pure la pazienza di una
cittadinanza, vessata e
stanca, da aumenti non
certo in linea con l’inflazione e men che meno
con la sostenibile accortezza del buon padre di
famiglia che vedrà aumentare del 25% il prezzo del biglietto autobus e
del 100% quello dei parcheggi».
GIOVEDÌ 1 dicembre 2011 PAGINA 27
l’ora della Piana
Piazza Primo Maggio 17, Palmi Tel. e Fax: 0966 55861 Mail: [email protected]
PORTO
AUTORITA PORTUALE
OSPEDALI
0966 588637
CAPITANERIA DI PORTO 0966 562911
0966 765369
DOGANA
GUARDIA DI FINANZA
0966 51123
POLIZIA DI FRONTIERA 0966 7610
CARABINIERI
0966 52972
0966 52111
VIGILI DEL FUOCO
GIOIA TAURO
FARMACIE
0966 52203
PALMI
0966 267611
CITTANOVA
0966 660488
OPPIDO
0966 86004
POLISTENA
0966 942111
TAURIANOVA
0966 618911
Rosarno
Ioculano 0966 51909
Rechichi 0966 52891
Tripodi
0966 500461
Alessio 0966 773237
Borgese 0966 712574
Cianci
0966 774494
Paparatti 0966 773046
Palmi
Barone
Galluzzo
Saffioti
Scerra
Stassi
0966 479470
0966 22742
0966 22692
0966 22897
0966 22651
Taurianova
Ascioti 0966 643269
Covelli 0966 610700
D’Agostino 0966611944
Panato
0966 638486
Cosca Gallico, perquisiti
gli studi di tre avvocati
Arrestato Vincenzo Minasi, indagati Cardone e Marafioti
PALMI
Tre arresti per associazione
mafiosa e tre avvocati indagati per favoreggiamento aggravato dalle modalità mafiose. E’ l’esito di una operazione della Distrettuale antimafia di Reggio Calabria e della
polizia che ha visto protagonista la potente cosca Gallico
di Palmi. Agli arresti sono finiti tre presunti affiliati al
clan palmese, Domenico
Nasso, 28 anni, Gesuele Misale, 53 anni, e Alfonso Rinaldi, 51. I primi due sono accusati di associazione mafiosa,
il terzo di intestazione fittizia
di beni. Nell’ambito dell’indagine reggina sono finiti sul
registro degli indagati anche
gli avvocati Francesco Cardone, del foro di Palmi, Giovanni Marafioti, del foro di Vibo
Valentia, accusati di favoreggiamento aggravata dalle
modalità mafiose. I loro studi legali sono stati sottoposti
ieri a una lunga e meticolosa
perquisizione. Il terzo professionista finito nell’indagine
dell’antimafia è Vincenzo Minasi, 51enne avvocato del foro di Palmi, ma con studio a
Milano e Como. Quest’ultimo
è stato colpito nella stessa
L’INDAGINE La perquisizione allo studio Cardone
giornata da un’ordinanza di
custodia cautelare firmata
dal gip di Milano per l’operazione “Lampada” e da un
provvedimento di fermo vergato dai pubblici ministeri
della Dda di Reggio Calabria.
Due arresti, per fatti diversi,
nella stessa giornata, a carico dell’avvocato accusato di
concorso esterno in associazione mafiosa, rivelazione di
segreti d'ufficio e intestazione
fittizia di beni, reati aggravati dalla finalità di favorire l'associazione mafiosa, nell'inchiesta milanese; in quella
reggina, invece, è indagato
per associazione mafiosa e
intestazione fittizia di beni.
Una giornata, quella di ieri, segnata quindi dall’arresto
dei tre presunti appartenenti
al clan Gallico, cosca che sta
un processo da alcune settimane davanti alla Corte d’assise di Palmi nell’ambito del
procedimento della Dda reggina, denominato “Cosa
mia”.
La villa di via Buozzi della
famiglia Gallico è stata oggetto di una perquisizione, della
quale però non si conosce
l’esito. Contestualmente, la
polizia ha perquisito lo studio
legale di via Battisti dell’avvocato Cardone e quello di
CINEMA
Gioia Tauro
Vibo del suo collega Marafioti. I due legali, così come Minasi, sono impegnati nel processo Cosa mia, e la “visita”
delle forze dell’ordine sarebbe mirata a vagliare la documentazione che i lagali possiedono sul conto del clan di
Palmi. Secondo quanto appreso nella giornata di ieri,
pare che l’accusa mossa a
Cardone e Marafioti sia quella di avere mantenuto i contatti tra i membri della cosca
in carcere e quelli a piede libero. Secondo quanto appreso, i legali avrebbero collaborato con le forze dell’ordine,
tanto che a fine serata l’avvocato Marafioti ha diramato
un comunicato stampa nel
quale si dice «certo - scrive di non avere mai compiuto
atti illeciti nell’adempimento
dei miei doveri di avvocato»
chiedendo di essere interrogato al più presto per chiarire la sua posizione rispetto a
«un’accusa – aggiunge – che
reputo chiaramente infondata». Ha annunciato infine la
volontà di lasciare la difesa di
Antonio e Domenico Gallico
sin dalla prossima udienza
del processo “Cosa mia”.
FRANCESCO ALTOMONTE
[email protected]
Gioia Tauro “Politeama” 0966 51498
Chiuso
Cittanova “Gentile” 0966 661894
Chiuso
Polistena “Garibaldi” 0966 932622
Chiuso
Laureana “Aurora”
Chiuso
piana ambiente
Comuni ancora morosi
Oggi assemblea sindacale
GIOIA T. Nulla da fare per Piana Ambiente. Il piano
di rientro concordato nelle scorse settimane, in virtù del
quale i Comuni morosi avrebbero dovuto versare, entro
la giornata di ieri, una prima tranche da 500mila euro,
evidentemente non sta funzionando. Ed ecco il nuovo
campanello d’allarme lanciato dai sindacati, con un’assemblea dei lavoratori, già in stato d’agitazione, che si
terrà questa mattina all’autoparco della società. Ad annunciare l’iniziativa, «per i disagi e i mancati pagamenti
che subiscono a causa del grave stato finanziario in cui
versa l’azienda», il sindacato della Cgil, con una nota congiunta del segretario comprensoriale Nino Calogero e del
segretario della Filcams Valerio Romano. Il sindacato denuncia una «condizione disastrosa sulle
spalle dei lavoratori e
dei cittadini della Piana per due fondamentali questioni: la
prima è addebitabile
ad una storica e scelleta gestione che non ostante gli ultimi sforzi dell’attuale presidenza non si è riuscita a superare, dall’altra parte per un ormai atavica e mai risolta inadempienza da
parte dei comuni soci fruitori del servizio».
Quindi, a cascata, i rischi legati ad un’interruzione del
servizio di raccolta rifiuti svolto dalla società mista, in
caso di “serrata” da parte dei lavoratori esasperati per il
mancato pagamento degli stipdendi. «Tutto questo comporterà ulteriori disagi ai cittadini- prosegue la nota della Cgil- che nonostante il pagamento di cospicue tasse fino ad oggi pagate, si ritroveranno con le città sommerse
dalla spazzatura. Riteniamo che, ormai si sia arrivato realmente al giro di boa, la situazione finanziaria con molti comuni che ancora devono pagare le fatture alla società mista, rischia di far sprofondare l’azienda in una crisi
senza fine». Infine, l’ennesimo appello ai primi cittadini
della Piana: «Oggi purtroppo- conclude la Cgil- assistiamo ad una situazione paradossale, dove i sindaci dimostrano di pensare a tutto tranne che ad alleviare i problemi dei lavoratori e dei cittadini, non riuscendo a trovare
l’unità su questioni fondamentali per il territorio».
Francesco Russo
cent’anni di storia
Appello, le richieste del Pg
Chiesta l’assoluzione dell’ex sindaco di Gioia Dal Torrione
PALMI
Il Procuratore generale della
Corte d’Appello di Reggio Calabria
Fulvio Rizzo, durante la requisitoria per il secondo grado del processo “Cent’anni di storia” ha, nella sostanza, chiesto al Presidente
della Corte Iside Russo, la conferma delle condanne inflitte in primo grado dal giudice palmese Fulvio Accurso. Durante l’udienza di
ieri l’accusa, si è vista rigettare dalla tribunale, su richiesta degli avvocati difensori, la richiesta di aumento delle pene formulata dal
Pm in sede di presentazione di do-
manda d’appello, e ha chiesto
quindi la conferma delle pene (per
il solo Pino Piromalli la richiesta è
scesa a 8 anni in continuazione) e
ha formalizzato la richiesta di archiviazione per l’ex primo cittadino di Gioia Tauro Giorgio Dal Torrione.
In primo grado la condanna più
pesante, 17 anni di reclusione, era
stata comminata dal collegio nei
confronti di Girolamo Molè (avvocati Francesco Calabrese e Giuseppe Milicia) (classe 1961), capo dell’omonima cosca che sta scontando l’ergastolo. Quindici anni e 12
anni erano stati inflitti a Giuseppe
Alvaro (avvocato Alvaro). Le altre
condanne erano state disposte nei
confronti dell’ergastolano Domenico Molè (avvocato Calabrese)
(16 anni), fratello di Girolamo;
dell’imprenditore romano Pietro
D’Ardes (avvocati Roberto Loscerbo e Nico D’Ascola) (11 anni); dell’avvocato romano, di origine calabrese, Giuseppe Mancini (avvocato Giuseppe Fonte) (9 anni e sei
mesi); Antonio e Natale Alvaro
(difesi rispettivamente dagli avvocati Giuseppe Mazzetti e Alvaro)
(9 anni); Gianluigi Caruso (avvocati Vincenzo Ioppoli e Gosuè Naso) (cinque anni); Girolamo Molè
REQUISITORIA La Corte d’Appello di Reggio Calabria
(classe 1963) (avvocato Michele
Gullo), (cinque anni e sei mesi) e
Giuseppe Arena (avvocato Antonino Napoli) (quattro anni e otto
mesi). Assolti, oltre a Dal Torrione, anche Marco Fantone (avvocato Titta Mania), Vincenzo Priolo (avvocato Carmelo Ielo e Belca-
stro) e Lorenzo Aricidaco (avvocato Carlo Monaco).
Tra i mesi di gennaio e aprile sono state calendarizzate le arringhe
dei difensori; subito dopo è prevista la sentenza.
VINCENZO IMPERITURA
[email protected]
34
GIOVEDÌ 1 dicembre 2011
calabria
ora
L O C R I D E
Arriva il biologico antimafia
Siglato un accordo per il commercio dei prodotti contro la ’ndrangheta
promuovere gli agricoltori calabresi che si oppongono alla 'ndrangheIl consorzio sociale Goel e Ctm ta. I prodotti, lanciati circa un anno
Altromercato, ente no- profit di fa con il marchio “GOEL Bio”, si caBotteghe del Mondo, avente per so- ratterizzano per essere tipici e bioci circa 130 cooperative e associa- logici: per essi viene corrisposto un
zioni attive nel commercio equo e prezzo equo ai produttori soci, per
solidale, lanciano i prodotti bio de- consentire il più rigoroso rispetto
gli agricoltori contro la ‘ndranghe- dei diritti dei lavoratori e la più rata.
dicale estraneità ai circuiti malaviIl gruppo cooperativo della Locri- tosi.
de ha infatti siglato
Ctm Altromercaun accordo con soto, un soggetto guiL’iniziativa del
lidale italiano altroda, a livello nazionaGoel coerente
mercato per la dile ed internazionale,
stribuzione in Italia
nella promozione e
con la mission
dei prodotti agroanella realizzazione
del
consorzio
limentari a mardi iniziative di ecosociale
chio Goel Bio, prenomia solidale per
diligendo così i cirl'autosviluppo dei
cuiti del commercio equo e solidale popoli, contadini e artigiani sopratcoerenti con le caratteristiche eti- tutto, nel Sud del mondo la maggioche delle mission di entrambi i re organizzazione di commercio
Gruppi.
equo e solidale in Italia e la seconIl Gruppo Cooperativo Goel nato da a livello mondiale, aveva già adenella Locride per operare un riscat- rito nel 2008 all'alleanza con la Loto della Calabria contrapponendosi cride e la Calabria , lanciata da Goda alla 'ndrangheta e alle massone- el per opporsi alla criminalità orgarie deviate, recentemente, ha crea- nizzata in Calabria e nel resto d'Itato una cooperativa sociale agricola lia.
con lo scopo di aggregare, tutelare e
Ctm, da parte sua, da il via alla liLOCRI
nea Solidale Italiano Altromercato,
che commercializza prodotti alimentari di alta qualità e origine italiana, provenienti da realtà marginalizzate come le economie carcerarie e i territori assediati dalla mafia.
Alla conferenza stampa di presentazione dell'accordo, tenutasi a
Milano a Palazzo Marino, hanno
partecipato il presidente del Grup-
po Cooperativo Goel, Vincenzo Linarello; il direttore generale Ctm
Altromercato, Paolo Paloma; l’assessore alla sicurezza e legalità del
Comune di Milano, Marco Granelli; Carlo Casti, fiduciario Slow Food Milano e Stefano Granata, consigliere delegato del Gruppo Cooperativo Nazionale Cgm, gruppo
sempre attento al tema delle impre-
Bando Civitas, boom di adesioni
Oltre 80 le domande presentate per il progetto di servizio civile
LOCRI
Mentre la crisi investe anche il terzo settore con i tagli
sui progetti del servizio civile,
a Locri l’ultimo bando emesso
dalla Regione Calabria Ha attirato l’attenzione di circa 80
giovani. Ragazzi e ragazze dai
18 ai 28 anni hanno presentato domanda presso la Civitas
Solis che, anche quest’anno, ha
attivato il progetto socio educativo “Potenziale giovani”.
Moltissime le domande giunte presso la sede dell'associazione sita a Palazzo Nieddu del
Rio a Locri, con una proporzione di dieci giovani candidati per ogni posto messo a bando per la gestione del progetto
– si legge nella nota stampa
diffusa dall’associazione-. L'attività di durata annuale prevede l'ammissione all'impiego
part time di volontari che
avranno il compito di affiancare il team operativo dell'associazione nella gestione di attività legate alle politiche giovanili e alla educazione non
formale con i giovani. Il progetto, ammesso a finanziamento da parte della Regione
Calabria, e realizzato in coprogettazione con il Comune di
Sant’Ilario dello Jonio, si è
piazzato al primo posto nella
graduatoria provinciale redatta dalla Regione Calabria. Le
selezioni mireranno a valutare
la precedente esperienza in
ambito socioculturale, la spiccata disposizione alle relazioni
interpersonali e di gruppo, la
conoscenza delle lingue straniere, lo spirito di iniziativa dei
candidati. L'alto numero di
domande giunte all'associazione, che se da una parte dimostra l'interesse dei giovani per
il settore dell'impegno sociale
e per le attività di Civitas Solis,
dall'altro segnala il forte disagio occupazionale nelle fasce
giovanili della Locride. In sostanza, per i dirigenti dell'associazione locrese, nove giovani su dieci non potranno cogliere l'opportunità di una
esperienza sia lavorativa che
formativa di particolare valore
sociale. Una opportunità che
rischia di essere completamente azzerata dai drastici tagli operati dall'ultimo decreto
sviluppo varato dal governo
Berlusconi. A tal proposito Civitas Solis, ha sottoscritto la
petizione promossa dal coordinamento nazionale degli Enti per il Servizio Civile e dal Forum Nazionale del Terzo settore denominata «non tagliate il
futuro dell'Italia». L'appello
sottolinea come in Italia migliaia di giovani che svolgono il
servizio civile nazionale sono
protagonisti di un impegno
che favorisce la coesione sociale «Operare tagli indiscriminati al Servizio Civile – chiosa il
direttore di Civitas Solis Francesco Mollace- significa non
dare ai giovani le adeguate opportunità per fare la propria
parte per la comunità».
Domenica Bumbaca
Consorzio di bonifica, eletti i nuovi membri
Coldiretti soddisfatta: «Una scelta per venire incontro alle esigenze dei sindaci»
CAULONIA
Per i dirigenti della Coldiretti l’elezione dei nuovi organi del consorzio di bonifica dell’alto jonio reggino, rappresentano «Una buona soluzione che riconosce l’esito del risultato elettorale, che
aveva visto l’affermazione delle liste e
dei programmi della Coldiretti ma che
garantisce una immediata governabilità dell’ente di Bonifica evitando lungaggini che ne potevano indebolire l’azione
e l’importanza nel territorio». Il vice presidente della Coldiretti reggina, Gianluigi Hyerace ed il vice direttore Nino
Maesano hanno commentato positivamente l’elezione all’unanimità quale
presidente del Consorzio di Arturo Co- manifestato la necessità del territorio di
sta e dei componenti della deputazione avere subito nella piena operatività l’Enamministrativa, ossia di Pasquale Perri te di Bonifica, per allontanare lo spettro
in qualità di vice presidente e Nicola Co- del commissariamento che sarebbe staluccio componente.
to uno schiaffo alla vo«Abbiamo voluto –
lontà popolare e ai bisoSi chiude una
affermano i dirigenti
dei consorziati, dei
fase di stallo che gni
- fare una scelta precicittadini e delle imprese.
sa in direzione del
Una cosa è certa, a fare
aveve portato
“bene comune” e veda cornice all’attività del
a
pensare
a
nire incontro all’esiConsorzio sarà il pronuove
elezioni
genza espressa dai
gramma della Coldiretti,
sindaci, verso i quali
che rappresenterà il punnutriamo un grande rispetto per il loro to di riferimento per una azione efficaimportante ruolo istituzionale e dal lo- ce dell’ente». Si chiude così una fase di
ro rappresentante, il sindaco di Sant’Ila- stallo, che aveva portato a pensare a
rio dello Jonio Pasquale Brizzi, che ha nuove elezioni. (gi. ca.)
se sociali, in quanto non solo etiche
ma anche modello di un'economia
virtuosa. « Il Gruppo Cooperativo
Nazionale Cgm, di cui fa parte il
gruppo cooperativo Goel - ha dichiarato Stefano Granata, consigliere delegato del gruppo cooperativo
nazionale Cgm - vive questa partnership come una valida opportunità per mettere in rete le indiscusse capacità imprenditoriali degli attori coinvolti.
L’accordo dimostra che l’attività
di impresa sociale sul territorio è
uno strumento privilegiato di cambiamento che si inserisce in un sistema di cooperazione capace di opporsi alle organizzazioni criminali.
Cgm è orgogliosa che in questa importante iniziativa sia coinvolto il
consorzio sociale Goel, eccellenza
della rete nazionale ».
L’obiettivo comune è valorizzare
un modello economico agricolo basato sul rispetto dell’uomo e dell’ambiente, attraverso la commercializzazione nelle oltre 300 Botteghe Altromercato e, gradualmente,
negli scaffali equo-solidali della
grande distribuzione.
Rita Maria Stanca
il progetto
La Recosol in campo:
«Non solo accoglienza»
CAULONIA
Non solo accoglienza. La
“Rete dei comuni solidali”
pensa oltre e si impegna affinché le persone che arrivano in Italia, in Calabria e
nella Locride, dai Paesi extracomunitari, abbiano ciò
che spetterebbe loro. Da
qui l’appuntamento di sabato presentato ieri in conferenza stampa.
Nel salone della biblioteca comunale di Caulonia il
titolo del dibattito sarà
“Campagna per i diritti di
cittadinanza”.
Dando
un’occhiata al manifesto
dell’iniziativa, tra i relatori, spiccano i nomi dei sindaci dei comuni coinvolti
in prima in linea nei programmi di ospitalità. Il padrone di casa, Ilario Ammendolia e i suoi omologhi
Domenico Lucano, sindaco di Riace, Maria Carmela Lanzetta a capo della
giunta di Monasterace e
Rosario Rocca, primo cittadino di Benestare. A loro
si aggiungono Gloria Petrolo e Giovanni Maiolo
della Recosol.
Di grande rilievo la partecipazione della ragazza
nigeriana Blessing Odeh.
Lei che da tre anni è nel nostro Paese e ancora non è
riuscita ad avere il permesso di soggiorno. Lungaggini burocratiche, uffici intasati, carte che non si sbloccano. La giovane lancerà
un appello al governo regionale così da sensibilizzare i vertici dell’esecutivo
calabrese rispetto alla sua
causa. Il Governatore Giuseppe Scopelliti sarà, peraltro a Caulonia, il giorno
prima, venerdì, in occasione della inaugurazione della rotatoria sulla 106 alla
periferia nord della città.
La nigeriana vorrebbe cogliere la chance della venuta sulla jonica del Presidente per rilanciare le sue ragioni.
Sabato sarà, inoltre, avviata la petizione per il diritto di voto ai migranti e
per l’assegnazione della cittadinanza ai figli di coloro
che nascono in Italia vantando soltanto lo “ius soli”
sullo “ius sanguinis” e cioè
il diritto del suolo sul diritto di sangue. Sull’argomento abbiamo raggiunto al telefono Giovanni Maiolo
che aggiunge: «I nascituri
continuano: l’ultimo è un
bambino venuto alla luce
nei giorni scorsi a Caulonia
da due genitori di origine
tunisina. Altri parti sono in
procinto anche a Riace e a
Monasterace. Questa della
cittadinanza è il vero valore aggiunto del nostro lavoro».
Angelo Nizza
ora
calabria
M
&
GIOVEDÌ 1 dicembre 2011 PAGINA 37
ACONDO
tutto quanto fa spettacolo
Redazione centrale: c.da Lecco, 8 - 87030 Rende (Cs) • mail: [email protected]
L’ultimo saluto
al maestro
Ecco l’intervento per CO
del regista di “Easy Rider”
di Martin Scorsese
G
razie maestro”, riecheggia tra il suono delle campane nell’ultima scena
di Vittorio De Seta, qui nel suo Sud,
nella sua Calabria. “Grazie maestro”,
dice la gente semplice, quella che lui
amava di più, quella del popolo, lui
che quando, in questa Calabria, lo
chiamavano «marchese», si difendeva sempre, «regista, non marchese».
Nel giorno dell’addio del grande documentarista c’è la gente della Calabria a ricordarlo, ci sono i giovani, ci
sono i professori, gli intellettuali, ci
sono gli attori venuti da Roma, ci sono in prima fila l’amata figlia Francesca e l’adorata nipote Vera, eredi spirituali di De Seta. In una giornata di
sole, tra i suoi ulivi e i fichi d’India, il
corteo funebre a Sellia parte verso la
chiesa del paese, in alto, a guidarlo la
figlia e la nipote, qui nel paese dove
De Seta aveva cercato e ritrovato le
sue origini e la materia più vera della
sua ispirazione, il Sud, la terra, il lavoro duro, la lontananza, la separazione. « Erano gli ultimi quelli che interessavano a Vittorio De Seta, erano
i soggetti deboli, i fragili, gli immigrati, i diseredati, erano i ragazzi di borgata, i poveri - ha ricordato Don Gesualdo, il vicario episcopale ha celebrato la messa portando i saluti del
vescovo - per questo il grande intellettuale lascerà qualcosa di immortale, perché con la sua arte e la sua
scienza ricercava, come nel messaggio cristiano, la giustizia. Per ciò di
quest’uomo rimarranno per sempre
forti le idee, i film e i documentari
che resteranno per l’umanità intera.
Un maestro, un esempio» – ha concluso don Gesualdo , e poi ci sono stati i saluti anche questi commossi del
Ieri a Sellia i funerali di De Seta
Tra i presenti studenti e ammiratori
sindaco di Sellia Marina, Mario Amelio «Un maestro modesto – è il ricordo – un grande uomo, che ha rappresentato per il Sud qualcosa di bello, di
vero e forte, che ancora vive nel ricordo di tanti anziani, il regista veniva da una grande famiglia, il casato De Seta, e però non ha mai smesso di essere un uomo semplice, questa era la sua essenza, questa era a
sua arte. Non ho scritto un discorso
Dov’erano le istituzioni catanzaresi, ma anche quelle regionali, nel
giorno del saluto a uno dei più
grandi maestri che ancora il cinema ci aveva lasciato e che la Calabria ha avuto l’onore di ospitare
negli ultimi 30 anni? Com’è possibile che non c’erano, tra le prime file, a dare l’ultimo saluto a un regi-
Ricordi e
commozione
tra amici
e parenti
ufficiale, uso le parole che mi vengono da dentro come un uomo semplice come lui avrebbe voluto». Con la
voce segnata dall’ emozione al grande documentarista ha voluto porgere il suo saluto anche Gianni Attanasio della Cineteca della Calabria.
«Dietro la macchina da presa c’era
l’uomo, questo è quello che per prima
cosa si deve dire – ha ricordato – mai
potrò dimenticare il nostro forte rap-
I was shocked by the news of Vittorio de Seta’s death. He
led a long, healthy life, but the last time I saw him, just a
few years ago, he looked like he would live another 50
years, and he was bursting with creative energy.
De Seta is one of the great, overlooked directors from the
heyday of Italian moviemaking, and his work deserves to
be far better known than it is. In the 60s, we came to know
him through his extraordinary Bandits of Orgosolo. But
then, many years later, we saw the color documentaries he
made in the 50s, poetic chronicles of life in southern Italy,
Sardinia in Sicily. Everyone who saw these pictures, previously known to only a few, was bowled over. They are
precious records of customs and ways of living that were
in the process of disappearing. But de Seta didn’t just document with his camera and his microphone, he captured the
rhythms of work, the sounds on the mountaintops and in
the houses, the passing of time in the villages and among
the fishermen at sea, the arc of life, the texture of the earth
and the air. He went back to those pictures just a few years
ago, remastered the color, shifted the rhythms, refined the
soundtracks. Taken together, they are one of the wonders
of cinema. Vittorio de Seta was a truly great, dynamic artist, and I mourn his passing.
*testo raccolto da Nunzia Capitano
porto d’amicizia, la sua opera immortale. De Seta ci ha insegnato a guardare con rigore documentario e a
sentire con sensibilità.E’ stato fondamentale nella mia formazione come
in quella di tutti noi». La gente in
chiesa ha partecipato composta al saluto del grande intellettuale, e c’erano giovani, studenti, quelli che ancora non erano nemmeno nati quando
la Rai trasmetteva il “Diario di un
Quella Calabria che non c’era
sta della levatura di Vittorio De Seta? Non c’erano i rappresentanti
delle istituzioni catanzaresi. Un’assenza che è saltata agli occhi. Non
c’erano, nemmeno, Mimmo Calopresti, che pure era atteso, non c’e-
ra, e anche questo lascia perplessi,
Mario Foglietti e nessuno della
Fondazione Politeama. Non poteva non essere notata, questa assenza. Perché se è vero che Sellia Marina era intorno al grande regista,
SELLIA M. (CZ) «Ricercava “la ragione identitaria”, il maestro, lui che, dall’alto del suo metro e ottantasette, si piegava sui ginocchi per andare a lavorare dentro le solfatare», ricorda pieno di commozione l’amico, il professore Vincenzo Santopolo. «Lui
doveva fotografare, questo “vizio” non gli passava,
doveva fotografare fino all’ultimo, anche con quelle
mani, che, a 88 anni gli tremavano», è il ricordo di un
altro giovane amico di Vittorio De Seta, il fotografo
Davide Ionà. Istantanee dal Sud degli utimi anni del
grande intellettuale, nelle parole di quelli che hanno
avuto la fortuna di conoscerlo, di avvicinarlo, raccoglierne una confidenza, una riflessione. Era riservato, Vittorio De Seta, al paese lo sapevano tutti, era introspettivo, come possono esserlo solo certi intellet-
maestro”, negli anni ’70, epopea dei
ragazzi di borgata su quali il documentarista indagava con sguardo introspettivo. Se n’è andata verso il cimitero della terra di Sellia infine, la
processione che ha accompagnato il
maestro nell’ultima scena, al suono
delle campane di un piccolo paese del
Sud, mentre il sole scendeva sui suoi
amati ulivi e sui fichi d’India.
Laura Cimino
ed è stato sentito il ricordo del sindaco così come quello di Attanasio
della cineteca della Calabria, ci si
aspettava anche il saluto istituzionale del capoluogo e di tutta la regione verso quel regista che tanto
era amato in tutto il mondo, fino a
Martin Scorsese, che era “pazzo di
lui”. (l.cim.)
tuali. E quello di un uomo garbato, che aveva ritrovato le sue origini, la terra, il sudore dei contadini e
l’amato Sud è il ricordo degli amici, di quelli che riuscivano a parlare con lui, per il quale il buen retiro calabrese restava luogo prescelto per la continua riflessione, per la ricerca intellettuale. Non abitava in
paese, ma nella tenuta in località Feudo, sulla 106, il
maestro. Parlava poco, amava la natura e la sua tenuta, ereditata dalla madre, ne pressi del paese. E al
paese ancora lo ricordano ancora con rispetto e con
devozione anche dal circolo del cinema “I cento passi”, ricordano De Seta che non aveva mai smesso di
amare la Calabria, la terra atavica nel quale era sempre restava intento a ritrovare “la ragione identitaria”.
l.cim.
18
GIOVEDÌ 1 dicembre 2011
calabria
ora
C O S E N Z A
Telefonini ai detenuti
Otto rinvii a giudizio
la protesta
Sospeso lo sciopero
dei Giudici di pace
Tra gli imputati anche un ex poliziotto penitenziario
Il gip del tribunale di Cosenza ha disposto il rinvio a giudizio per l’ex agente della polizia penitenziaria di Cosenza accusato di ricettazione e corruzione per aver fatto entrare illegalmente a
beneficio di alcuni detenuti dei telefoni cellulari nel carcere di via Popilia.
Saranno processati anche i detenuti
che avrebbero beneficiato di quei telefonini per comunicare con l’esterno.
Gli imputati, otto in tutto, sono Salvatore Gabriele (l’ex agente della polizia penitenziaria), Erminio Mendico,
Fabio Bruni, Vincenzo Ciriello, Luigi
Cozza, Antonio Albanese, Giovanni
Giannone, Bruno Dimitri e Massimo
Imbrogno. Il processo a loro carico inizierà il 29 maggio prossimo a Palazzo
di Giustizia.Il protagonista principale
della vicenda ovviamente è Salvatore
Gabriele. Senza di lui quei cellulari non
sarebbero mai potuti entrare nella casa circondariale “Sergio Cosmai”. Resosi conto della gravità della situazione e ormai scoperto, l’uomo aveva confessato le proprie responsabilità, facendo anche il nome dei detenuti ai quali
aveva fatto avere il telefono cellulare e
consegnando egli stesso gli apparecchi
ai propri superiori. Le indagini – coordinate dal sostituto procuratore Giuseppe Casciaro – erano iniziate nel settembre del 2010. I rapporti tra l’allora guardia penitenziaria e alcuni detenuti avevano insospettito i colleghi, che
La casa circondariale di via Popilia in cui l’agente avrebbe fatto entrare illecitamente
alcuni cellulari mettendoli a disposizione dei detenuti in cambio di denaro
si misero all’opera per scoprire cosa ci
fosse sotto. In seguito, l’imputato disse di aver favorito quei detenuti in
cambio di denaro che gli serviva per risolvere gravi difficoltà economiche dalle quali non sapeva come uscire. Considerata la gravità del reato, nei suoi
confronti, il gip del tribunale di Cosenza aveva anche emesso un provvedimento di sospensione dal servizio. Un
problema, però, che Salvatore Gabriele aveva già risolto collocandosi in congedo, probabilmente perché aveva capito cosa stesse per accadergli. La vicenda destò sconcerto e stupore nel-
cronaca
Investimento o malore?
Giallo in via Popilia
Il giallo di un investimento di una donna tutto ancora
da chiarire, al vaglio della polizia municipale, è accaduto
in via Popilia nelle prime ore di ieri mattina. Una donna
si ritrova a terra, accanto a una Smart condotta da un’automobilista che ha prestato subito soccorso alla 82enne,
trasportata in ospedale dai sanitari del 118. Il conducente ha riferito ai vigili urbani intervenuti per i rilievi di aver
visto la donna, mentre attraversava la strada cadere per
terra e di essersi fermato ad aiutarla. Di fatto la vettura
non riporta nessun segno sulla carrozzeria. L’investita ha
riportato un trauma cranico e una frattura all’omero con
un ricovero di 30 giorni in ortopedia. La donna non ricorda nulla se non di essersi ritrovata a terra accanto all’autovettura.
deb. fur.
Creolina nella scuola
Lezioni sospese all’Itc
Ancora creolina a scuola per saltare un giorno di lezioni.
Il fatto è stato scoperto ieri mattina intorno alle nove nelle
aule dell’istituto tecnico commerciale di via Bendicenti. I bidelli, nell’aprire la struttura scolastica sono stati assaliti dal
forte odore del liquido. La consultazione con il preside e la
chiamata alla sala operativa del 113. Sul posto gli agenti
della squadra volante diretti dal vice questore aggiunto Gerace e coordinati dall’ispettore superiore Lupo, hanno effettuato un sopralluogo. Il vetro di una finestra nella parte
posteriore dell’edificio che da su via Fratelli Bandiera è stato rotto permettendo ai vandali di penetrare all’interno della scuola e versare la creolina nei corridoi del piano terra e
del piano rialzato. La polizia di stato ha rinvenuto due bottiglie contenente ancora del liquido. Sul posto è intervenuto anche il reparto della scientifica per procedere al sequestro del materiale ritrovato e documentare il caso.
deb. fur.
l’opinione pubblica. Se ne parlò molto
anche nel mondo della politica e delle
istituzioni. La deputata del Partito democratico calabrese Doris Lo Moro
aveva anche presentato una interrogazione parlamentare sul caso del carcere di Cosenza.
Gli imputati sono difesi dagli avvocati Antonio Quintieri, Cesare Badolato,
Giovanni Cadavero, Filippo Cinnante,
Antonio Ingrosso, Luca Acciardi, Nicola Rendace, Nicola Rendace, Rossana Cribari e Pietro Sammarco.
ALESSANDRO BOZZO
[email protected]
L’Associazione nazionale giudici di pace, ha deliberato la sospensione dello sciopero proclamato 11 giorni fa
a partire. Da oggi, quindi, gli uffici torneranno a operare regolarmente. Nel frattempo l’associazione di categoria attende la convocazione del ministro Paola Saverino. Lo ha annunciato Paola Lanzillotti, responsabile circondariale dell’Unione nazionale dei giudici di pace. È
stato proprio il mutato atteggiamento del ministero a
sbloccare la vertenza. Lunedì scorso, infatti, ha affermato di avere esaminato con attenzione le richieste dei
giudici di pace, riservandosi di convocarli in tempi brevi, una volta acquisito il quadro della situazione. Il Ministro ha parlato dell’urgenza di procedere alla riforma
della magistratura onoraria, preservando le peculiarità
delle figure professionali che la compongono (giudici
di pace, giudici onorari di tribunale e viceprocuratori
onorari) e, dall’altra, il patrimonio irrinunciabile delle
esperienze acquisite dai giudici in servizio (continuità
del rapporto). «I giudici di pace –fa sapere Paola Lanzillotti – porteranno al Ministro le proprie istanze storiche: la necessità di abbandonare le proroghe trimestrali a favore di una reale continuità nell’esercizio delle funzioni. Evidenzieremo altresì che siamo forse gli
unici cittadini che nel nostro Paese non godono di alcuna tutela previdenziale ed assistenziale, in caso di maternità, malattia e infortuni sul lavoro, né di ferie e che
in tutte queste evenienze in buona sostanza subiamo
una perdita delle retribuzioni».
Ecco il nuovo calendario dell’Arma
È dedicato agli anni tra l’Unità d’Italia e la prima guerra mondiale
Dal 1864 al 1914. E’questo il stabilire l'ordine». Tutto que- istituzionalmente garanti. Non
cinquantennio ripercorso que- sto e non solo. Due secoli di serve infatti spingersi oltre i
st’anno dal calendario storico storia non sono semplici da due secoli precedenti, alle pordell’Arma dei carabinieri. Se- riassumere, eppure tra la com- te dell'unità del bel paese, per
condo appuntamento previsto posizione grafica che lo rende rendersi conto che l’impegno
nel ciclo dei “Calendari della da sempre appetibile per i col- dell'arma continua a rinnovarmemoria” dedicati al bicente- lezionisti e le annotazioni bre- si di giorno in giorno.
«Anche oggi – ha infatti rinario della “benemerita”, per- vi ed incisive, lo storico calencorso storico iniziato lo scorso dario dell'arma riesce ancora badito il colonnello Leonardo
una volta a Gallitelli, comandante generaanno e destinato ad arricLo ha presentato narrare la sua le nella prefazione del calendario – l'arma si propone quachire anche il
ieri il colonnello complessa
storia nel mo- le testimone ed interprete di
prossimo
quei sentimenti tratteggiati
do
più
sembiennio. A
Ferace
plice e rap- dalle tavole del calendario e
presentarlo
al
Comando
che ispirano il vissuto quotidiapresentativo.
alla città, punprovinciale
In copertina no delle nostre popolazioni e
tuale come
un carabinie- generano la fiduciosa speranza
ogni anno, è
l'arma dei carabinieri di Cosen- re cinge la bandiera di guerra in un prospero futuro per i noza che trova voce nel suo mas- dell'arma consegnata a Roma stri figli. I carabiniere contisimo rappresentante, il colon- dal re Umberto nel marzo del nueranno ad essere vigili e afnello Francesco Ferace, co- 1894 sullo sfondo dell'assem- fidabili sentinelle». Constatamandante provinciale. «Ormai blea parlamentare del 1864, in zione che suona quasi come
– ha spiegato quest'ultimo – il cui l'arma fu riconosciuta co- una promessa, una delle poche
calendario è diventato un cult, me “Benemerita”, emblemati- forse in cui è ancora possibile
un oggetto da collezione, capa- ca definizione che ancora oggi credere.
ce di ripercorrere la storia del- rende giustizia a coloro che
LIDIA PASSARELLI Il collonnello Francesco
l'arma e di presentare grafica- quotidianamente se ne fanno
[email protected] Ferace mostra il calendario
mente i momenti emblematici
del percorso compiuto dai carabinieri. Dall’azione svolta il dato
contro il brigantaggio dopo
l'unità d'Italia alla epica carica
di Pastrengo, pietra miliare
della nostra storia, passando
Il fenomeno delle frodi creditizie, realizzate dell’Osservatorio Crif mettono in evidenza una
poi per le missioni di pace
con furto di identità e conseguente utilizzo ille- crescita pari al 40% nel I semestre 2011 Questo
compiute lontani dalla madrecito dei dati personali e finanziari altrui, si con- pone la provincia al secondo posto nella poco
patria ed anche attraverso tutferma avere dimensioni preoccupanti. Relativa- invidiabile classifica su base regionale, preceti i molteplici tentativi di sovmente alla provincia di Cosenza, le rilevazioni duta solo da Vibo Valentia (+101%)
versione, momenti in cui i carabinieri sono stati capaci di ri-
Frodi creditizie in aumento a Cosenza
19
GIOVEDÌ 1 dicembre 2011
calabria
ora
C O S E N Z A
Processo Garden, a volte ritornano
Giudizio da rifare per l’ex “primula” Baratta. Prima udienza il 17 aprile
Un romanzo che sembrava
ormai consegnato alla storia
torna, invece, d'attualità. E' la
maxi-inchiesta “Garden”, il primo grande processo alle cosche cosentine celebratosi a
metà degli anni '90. Tre verdetti, però, non sono bastati a mettere fine alla vicenda. Il prossimo 17 aprile, infatti, “Garden”
ricomincerà da capo, ma alla
sbarra non ci saranno più i 151
imputati di un tempo, bensì un
uomo solo: Mario Baratta, 60
anni, alias “Il sudamericano”.
Questo perché a maggio del
2010, la Cassazione aveva annullato la sua condanna all'ergastolo per l'omicidio di Mariano Muglia (1983) in virtù di un
errore procedurale scovato dai
suoi legali: la mancata notifica
della sentenza di primo grado
che, di fatto, aveva leso il suo
diritto alla difesa. A seguito di
quel provvedimento, Baratta
era uscito di galera, dopo più
d'un decennio trascorso in carcere e ora affronterà da uomo
libero il processo che avrà inizio a primavera inoltrata. Insomma, un vero e proprio tuffo nel passato. Nel primo processo “Garden”, Baratta fu condannato per aver fatto parte
dell'associazione mafiosa diretta da Franco Perna e Mario
Pranno, ma a far scattare per
MR. ZANARDI Mario Baratta all’epoca del suo arresto
avvenuto nel 2001 dopo un periodo di latitanza in Brasile
lui il carcere a vita, fu il suo la sua abilità nel pilotare le aucoinvolgimento nell'omicidio tovetture. Secondo il pentito
di Mariano Muglia, consuma- Franco Garofalo, inoltre, era lo
to a maggio del 1983 nel pieno smembramento e la distruziodella guerra di mafia che, in ne dei corpi un'altra pratica per
quel periodo,
cui l'uomo
impazzava in
mostrava parLa Cassazione
città. Quel
progli ha cancellato ticolare
giorno, il suo
pensione.
compito saQuando nel
l’ergastolo
rebbe stato
1994 vennero
rimettendolo
quello di guispiccati
i
in
libertà
dare l'auto
mandati d'arcon a bordo i
resto
per
killer (Salvatore Pati e Giusep- “Garden”, però, Baratta riuscì a
pe Vitelli). Non a caso, nume- evitare la cattura, riparando in
rosi collaboratori di giustizia, Brasile. Qui visse alcuni anni
tanto in “Garden” quanto in al- sotto mentite spoglie (si faceva
tri processi, avevano diffusa- chiamare Mario Zanardi) per
mente parlato a proposito del- sette anni, con un breve inter-
strage in alto mare
vallo di tempo trascorso nel
carcere di Bangù da quale, però, riuscì a evadere corrompendo le guardie. La sua latitanza,
però, si concluse nel 2001
quando la polizia locale lo ammanettò a Goiana, città della
regione di San Paolo. Dopo essere stato restituito alle autorità italiane, Baratta venne assegnato al penitenziario di Rebibbia prima e Viterbo poi, dov'è
rimasto fino a un anno fa,
quando inaspettata per lui, è
giunta la libertà. Di recente,
poi, aveva incassato un'ulteriore condanna a 23 anni di reclusione nell'ambito del processo
“Missing” che lo vede, però,
imputato a piede libero. In quel
caso, fu riconosciuto colpevole
di 2 omicidi che avrebbe contribuito a eseguire, sempre durante la guerra di mafia: quelli
di Giovanni Drago e di Francesco Scaglione, avvenuti rispettivamente nel 1981 e nell'83.
Con riferimento a quei fatti, è
in corso il processo d'appello
che riprenderà proprio domani con l'arringa di uno dei difensori di Baratta (il legale Piergiuseppe Cutrì). Gli altri avvocati che, per ora, lo hanno tirato fuori dal carcere sono Paolo
Pisani e Giuseppe Belcastro.
MARCO CRIBARI
[email protected]
l’interrogatorio
Colpo alla Credem di Rende
Un rapinatore confessa
Ha confessato le sue responsabilità Salvatore Magnone,
pregiudicato cosentino di 35 anni, arrestato martedì poche
ore dopo aver commesso una rapina alla Credem di Rende
in compagnia di un complice ancora ricercato. Ieri pomeriggio è stato interrogato dal gip Luigi Branda, che ha convalidato l’arresto e disposto la custodia cautelare in carcere richiesta dal pm Antonio Cestone. L’accusa è rapina aggravata dall’uso del taglierino con cui ha minacciato il cassiere e dal fatto che ha commesso il
reato mentre era sottoposto alla sorveglianza speciale. Magnone (difeso
dagli avvocati Roberto Loscerbo e
Antonio Granieri) ha anche fornito
indicazioni che hanno consentito di
ritrovare il giubbotto usato per la raSalvatore Magnone pina: l’aveva gettato via nell’area industriale di Rende. Magnone non ha
fornito elementi utili, invece, per risalire all’identità del complice. La rapina risale a martedì. Era mezzogiorno quando
Magnone entrato nella Credem di via Rossini. Si è messo in
fila e quando si è presentata l’occasione giusta Magnone ha
preso il cassiere per un polso minacciandolo con il taglierino. A quel punto è entrato in azionel’altro rapinatore, che è
girato dietro la cassa e ha arraffato il denaro (1.500 euro circa). Magnone è stato acciuffato dai carabinieri perché a differenza del complice era senza passamontagna. Indossava un
cappellino e occhiali scuri ma è stato riconosciuto, avendo numerosi precedenti, grazie alle foto segnaletiche. (a. b.)
incendio in municipio
Arrestati due scafisti:
annegarono 25 persone
E Tallarico promette
rivelazioni sorprendenti
Gettavano i migranti vivi e legati, da un
barcone al largo delle coste di Lampedusa,
per riti propiziatori. La squadra mobile della di Cosenza all’alba di ieri ha tratto in arresto due dei cinque extracomunitarinell’ambito di una inchiesta della Procura di
Agrigento. Si chiamano Adam Mohamed e
Ahmokugo Kujo originari del Ghana, rispettivamente di 28 e 44 anni, entrambi dimoranti presso il centro Cara di Rogliano.
Sono accusati di omicidio plurimo doloso,
pluriaggravato dai “motivi abietti e futili e
dalle circostanze di tempo e di luogo”. Le indagini partirono il 4 agosto scorso, quando
la capitaneria di porto intercettò a 88 miglia
dalla costa di Lampedusa una imbarcazio- Le foto dei due scafisti arrestati
ne in avaria. Veniva dalla Libia e aveva a
bordo 367 persone: tutti africani. Sul na- stina e di omicidio. Il secondo, dalle testitante c’era anche un cadavere. La polizia di monianze raccolte, avrebbe tentato la fuga
Agrigento si è avvalsa della collaborazione gettandosi nel mare per raggiungere un’aldelle questure di Taranto, Napoli, Caserta, tra imbarcazione, ma di lui si sono perse le
Avellino, Reggio Calabria e della squadra tracce. Un gruppo di cinque extracomunitari ha deciso di prendere il
mobile di Cosenza diretta
controllo con crudeltà e
dal commissario capo AnSono accusati
violenza pensando di utitonio Miglietta. Gli uomini
di
omicidio
lizzare dei riti magici prodel Questore Anzalone,
piziatori per riuscire a saldella seconda divisione criplurimo per
Le vittimeerano scelminalità diffusa e prostitui fatti dell’agosto varsi.
te a caso, fra uomini e donzione (Claudio Sole, Franscorso
ne, legate mani e piedi e
cesco Esposito, Giuseppe
gettate nel mare dove troDe Rose, Pantaleo Gianvavano la morte per annenone, Franco Borrescio, Paolo Micino, ndc)
hanno lavorato per quattro mesi ascoltan- gamento. Non si conosce il numero precido i 100 immigrati presenti nel centro di so del sacrificio umano anche se sembreaccoglienza di Rogliano e riuscendo a rico- rebbero aggirarsi intorno alle 25 vittime. E’
struire ctutte le fasi del viaggio, la condotta stato il cadavere trovato a bordo durante le
e il ruolo degli indagati. Uno dei due scafi- operazioni di soccorsoa innescare le indasti è stato tratto in arresto per il reato di fa- gini all’arresto dei due scafisti.
Deborah Furlano
voreggiamento dell’immigrazione clande-
È fissato per oggi pomeriggio l’interrogatorio di garanzia di Francesco Tallarico, 45
anni, dirigente dell’area urbanistica del Comune di San Fili, arrestato martedì mattina con l’accusa di peculato e falso in atto
pubblico per aver intascato oneri e diritti
che privati e costruttori edili versavano al
Comune. Nell’inchiesta della Procura di
Cosenza figurano anche i nomi di altri due
dipendenti del Comune di San Fili: il dirigente dell’area lavori pubblici Francesco
Spizzirri (57 anni) e Paola Sicilia (45). Tallarico – che nel dicembre scorso aveva rischiato di morire nel tentativo di incendiare il municipio per cancellare le prove delle sue malefatte – è difeso dall’avvocato Ro- Francesco Tallarico
berto Loscerbo. E sembra sia intenzionato
a rivelare particolari interessanti ai fini del- no proseguite con l’esame della documenle indagini, che proseguono e che riguarde- tazione – che nonostante l’incendio non
erano riusciti a distruggere – e la raccolta
rebbero almeno una decina di persone.
Le indagini erano iniziate il 20 dicem- di decine di testimonianze di privati che
bre dell’anno scorso quando il sindaco di avevano consegnato al dirigente dell’ufficio
tecnico il denaro di perSan Fili Ottorino Zuccarela costruire, onori di
li si presentò dai carabinieSarà interrogato messi
urbanizzazione, etc. Semri e denunciò ammanchi
oggi
il
dirigente
bra che Tallarico e i suoi
di denaro scoperti attracomplici falsificassero i
verso una ricognizione sui
comunale
bollettini postali e bancari
crediti dell’ente a proposiarrestato per
indispensabili per dimoto degli oneri e dei diritti
peculato e falso strare l’avvenuto pagaconnessi al rilascio delle
mento. L’attività investigaconcessioni edilizie. Aventiva – svolta dai carabiniedo capito di essere stato ormai scoperto
due giorni dopo Tallarico e un complice (il ri della Compagnia di Rende – ha consentito
agli
inquirenti
di contestare a Tallarico
commerciante Francesco Belmonte) appiccarono il fuoco, nottetempo, all’ufficio 104 capi d’imputazione. Sequestrati anche
tecnico del Comune. Fu un tentativo assai un conto corrente bancario e un deposito
maldestro, visto che si trasformarono in di risparmio – entrambi intestati all’indatorce umane, finirono in pronto soccorso e gato – per un ammontare di quasi 45mila
vennero scoperti. Da allora le indagini so- euro. (a. b.)
Giovedì 1 Dicembre 2011 Gazzetta del Sud
2
Gazzetta del Sud Giovedì 1 Dicembre 2011
3
Primo Piano
Primo Piano
.
.
Inchiesta della Dda lombarda svela la rete di rapporti eccellenti del clan Valle-Lampada
REGGIO Accusato dai suoi colleghi milanesi di corruzione, rivelazione di segreti d’ufficio e favoreggiamento personale
Nuovo tornado giudiziario
sull’asse Milano-Reggio
Arrestato il giudice Vincenzo Giglio
Secondo il gip Gennari esiste il sospetto che ci siano altre “talpe” tra le toghe catanzaresi
In manette un magistrato, un politico, un sottufficiale della Finanza,
un avvocato. Perquisiti due studi legali e l’ufficio di un altro giudice
Paolo Toscano
REGGIO CALABRIA
Tremano i palazzi giudiziari e
della politica calabrese. Ha gli effetti di un tornado l’inchiesta della Dda di Milano che ieri mattina
ha portato all’arresto di un magistrato, un consigliere regionale e
altre otto persone. Contemporaneamente la Dda di Reggio ha disposto tre fermi e la perquisizione degli studi di un altro magistrato e due avvocati coinvolti
nell’inchiesta che ha svelato la rete di rapporti importanti intessuti
da esponenti del clan composto
dai nuclei familiari Valle-Lampada, originari di Archi e legati ai
Condello, ma da tempo residenti
in Lombardia dove hanno il centro dei loro interessi nel settore
delle slot machine. Agenti della
Mobile milanese, in collaborazione con i colleghi reggini hanno
eseguito l’ordinanza del gip del
capoluogo lombardo Giuseppe
Gennari.
Con l’accusa di aver agevolato
la ’ndrangheta è finito in manette
Vincenzo Giglio, 52 anni, presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio. A Giglio, esponente di Magistratura democratica, il procuratore aggiunto milanese Ilda Boc-
cassini e i sostituti Paolo Storari e
Alessandra Dolci contestano i
reati di corruzione, favoreggiamento personale di un esponente
del clan Lampada, con l’aggravante dell’agevolazione per fini
mafiosi.
Il politico calabrese finito nel
mirino della Dda è il consigliere
regionale Francesco Morelli, 53
anni, cosentino, eletto nella lista
“Pdl-Berlusconi per Scopelliti”,
vicino al sindaco di Roma Gianni
Alemanno che l’aveva appoggiato in campagna elettorale dove
con 13.211 preferenze era stato il
secondo tra i più votati. Morelli è
stato arrestato con l’accusa di
aver fatto da tramite tra le cosche
e la politica nazionale. Nel gorgo
dell’inchiesta è finito anche l’avvocato Vincenzo Minasi, 55 anni,
di Palmi. Impegnato in processi
importanti celebrati all’ombra
della Madonnina, Minasi ha difeso, fra gli altri, Maria Valle, la giovane figlia di Francesco, considerato il “patriarca” dell’omonima
famiglia, arrestato nell’ambito
del maxi blitz del 13 luglio 2010,
ottenendo di recente l’annullamento dell’arresto in Cassazione.
Al penalista sono contestati anche i reati di rivelazione di segreto d'ufficio e intestazione fittizia
di beni.
Il consigliere regionale Morelli e il giudice Giglio, secondo l’accusa, sarebbero stati legati da
uno scambio: Morelli avrebbe beneficiato dei controlli interni fatti
dal magistrato sull’esistenza di
possibili inchieste a suo carico;
Giglio avrebbe goduto dell’interessamento del politico per la nomina della moglie Alessandra
Sarlo, a commissario straordinario dell’Asl di Vibo Valentia.
Ma Giglio non è l’unico magistrato coinvolto nell’inchiesta.
Tra gli indagati c’è anche Giancarlo Giusti, già giudice della sezione fallimentare del Tribunale
reggino, attualmente gip del Tribunale di Palmi. Giusti, che non è
destinatario di provvedimenti restrittivi ma ha avuto la perquisizione dell’ufficio, risulta indagato per corruzione in atti giudiziari. I colleghi milanesi gli contestano di aver usufruito di nove soggiorni gratuiti in un albergo di
Milano nel 2008 e nel 2009, per
un controvalore di circa 27 mila
euro, e anche delle prestazioni di
escort.
Nell’elenco degli arrestati figurano un maresciallo capo della
Guardia di Finanza, Luigi Mongelli, 43 anni, pugliese, in servizio a Monza, per l'ipotesi di corruzione e il medico reggino Vincen-
zo Giglio, 57 anni (cugino del magistrato), al quale è contestato il
concorso esterno in associazione
mafiosa. In carcere sono finiti anche Francesco e Giulio Lampada,
34 e 40 anni, Leonardo Valle, 39
anni, e Raffaele Ferminio, 46 anni, tutti reggini di mascita ma residenti tra Milano e Cologno
Monzese. Agli arresti domiciliari
è stata collocata Maria Valle, 25
anni, moglie di Francesco Lampada, indagata per corruzione.
L’operazione ha portato anche
al fermo, disposto dalla Dda reggina di Gesuele Misale, Alfonso
Rinaldi e Domenico Nasso. Misale è accusato di associazione mafiosa e intestazione fittizia di beni, Nasso di associazione mafiosa
e Rinaldi di intestazione fittizia di
beni aggravata dalle modalità
mafiose. Infine, sempre su disposizione della Dda di Reggio, sono
stati perquisiti gli studi degli avvocati Francesco Cardone, del
Foro di Palmi, e Giovanni Marafioti, del Foro di Vibo Valentia, indagati nella stessa inchiesta.
La Dda di Reggio Calabria ha
confermato che il provvedimento
di custodia cautelare è del gip di
Milano, su richiesta della Dda del
capoluogo lombardo, mentre la
Dda di Reggio Calabria ha emesso il provvedimento di fermo.
Piero Gaeta
REGGIO CALABRIA
Il procurato aggiunto di Milano Ilda Boccassini ha coordinato l’indagine
LA COSCA LOMBARDA GUARDAVA CON INTERESSE ANCHE ALLA COSTRUZIONE DEL NUOVO AEROPORTO MESSINESE
I Valle Lampada riciclavano per Condello e puntavano su Milazzo
REGGIO CALABRIA. Dall’usura ai
videopoker, fino agli agganci con
il mondo della politica. Sono gli
interessi della cosca della ’ndrangheta dei Valle, strettamente legata a quella dei Lampada, e con
base tra Milano e Pavia, documentati nelle ultime indagini
della Dda di Milano che nei mesi
scorsi hanno portato prima in
carcere e poi a processo il patriarca del clan Francesco Valle, 73
anni, e alla condanna, tra gli altri, del figlio del boss, Carmine
Valle.
Ma il clan Lampada aveva voglia di inserirsi all’interno dei la-
vori legati alla realizzazione di
un nuovo scalo aeroportuale a
Milazzo. È questo in sintesi il contenuto di una conversazione del
2 novembre 2007 tra Giulio Lampada e tale Alberto, riportata
nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere del gip di Milano
Giuseppe Gennari.
Lampada dice al suo interlocutore: «Allora, Alberto! non vedi niente su cosa si possa realizzare, che ci possa tornare utile sul
discorso... davanti alla costruzione di un Aeroporto?...». Alberto
risponde: «Sai cos'è... Bisogna
valutare perchè l’aeroporto di
SUPERENALOTTO
Combinazione
vincente
4
23
39
41
78
81
SiVinceTutto
Nessun “sei”
Ai 2
“cinque” *: € 1.861.256,99
Ai 307
“quattro”: €
3.053,17
Ai 12.151 “tre”:
€
359,80
Ai 198.850 “due”:
€
10,69
* Realizzati a Rodrigo (Mantova)
e a San Severo (Foggia)
Lotto
a cura di Luigi Bernava
Scelto come capogioco, il 90 (la paura) ci ha portato fortuna. Con il 34 (la
culla), infatti, abbiamo centrato un ambo a Genova; altri due ambi li abbiamo
realizzati a Milano con il 21 (la donna nuda) e con il 55 (la musica). Per il resto
la prima estrazione della settimana non è stata generosa con i giocatori in
quanto i due “centenari” sono stati confermati e le “serie ordinate” sulla ruota di Roma hanno fornito soltanto il terno delle “cadenze” 5-35-45 (la mano,
l’uccello, il computer).
PREVISIONI: proponiamo come nuovo capogioco il 64 (la giostra) e gli ambi
3-64; 4-64; 8-64; 22-64; 33-64; 52-64; 61-64; 73-64; 79-64; 89-64.
Tabella riepilogativa dei numeri “anziani”
BARI
CAGLIARI
FIRENZE
GENOVA
MILANO
NAPOLI
PALERMO
ROMA
TORINO
VENEZIA
NAZIONALE
80
(60)
68
(69)
34
(87)
13
(93)
73
(59)
34
(101)
29
(138)
41
(55)
64
(82)
21
(80)
6
(82)
62
(56)
14
(67)
71
(65)
46
(80)
1
(53)
36
(72)
57
(67)
60
(55)
58
(64)
50
(75)
90
(69)
9
(54)
10
(61)
54
(62)
64
(79)
24
(51)
64
(52)
28
(65)
16
(54)
67
(56)
31
(65)
62
(56)
84
(53)
26
(55)
36
(60)
85
(74)
7
(42)
75
(45)
68
(60)
68
(49)
73
(47)
33
(58)
30
(52)
58
(42)
61
(54)
65
(51)
27
(69)
25
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8
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54
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40
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37
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66
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7
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26
(44)
86
(54)
47
(47)
Milano eh!!... Bisogna vedere,
potrebbe pure affondare quello
di Reggio».
Dopo i due passano a parlare
di argomenti generici, tra cui le
conoscenze nel mondo politico
nazionale. Lampada G.: «A Formigoni come lo vedi? Alberto!».
Alberto: «Bene! Dicono che sia
lui...». Lampada G.: «Il futuro?».
Alberto: «Eh!». Lampada G.: «Al
posto del Berlusca?». Alberto:
«Dicono cosi!». - Lampada G.:
«Lo vedo preparato anch’io!». Alberto: «A me piace!». Lampada
G.: «Sono stato a cena io con Formigoni!... Eravamo da ... alla fe-
L’ipotesi progettuale dell’aeroporto di Milazzo
sta del ... (inc.) che fanno insieme
ad Armando! (Vagliati, ex consigliere comunale, ndr) Tutti i consiglieri comunali, provinciali, regionali... C'era pure il presidente
del parlamento europeo Mario
Mauro... Sempre tramite...
(inc.), ed Armando (inc...) eravamo nel tavolo, io, lui... una bella cosa... in una villa d’epoca».
L’inchiesta “Infinito”, coordinata dalla Procura di Milano è il
prosieguo dell’indagine “Meta”
avviata dalla Dda di Reggio Calabria sulla rete di fiancheggiatori
del boss Pasquale Condello, catturato la notte del 19 febbraio
2008 nella frazione Pellaro dai
carabinieri del Ros. Gli uomini
dell’Arma, in concomitanza
all’arresto del “Supremo”, avevano effettuato centinaia di intercettazioni telefoniche sulle utenze di decine di sospettati di fare
parte della cosca, con compiti anche di riciclaggio dei capitali di
provenienza illecita sulla piazza
di Milano. «Subito dopo la cattura di Pasquale Condello – affermano fonti investigative – abbiamo avvertito un forte sbandamento tra i suoi fiancheggiatori
che si scambiavano continue telefonate sul da farsi. Il tempo ci
ha confermato l’imponenza della
rete costruita dal Condello che,
grazie ai Lampada-Valle, aveva
portato a termine importanti
compravendite nel settore dei
servizi commerciali».(p.g.)
IL MAGISTRATO DEL TRIBUNALE DI PALMI INDAGATO DAI PM MILANESI UNA TELEFONATA TRA GIGLIO E MORELLI
Giusti: «Non hai capito chi sono io... «Le iniziative antimafia?
Dovevo fare il mafioso, non il giudice» Servono e fanno fico»
REGGIO CALABRIA. Secondo i
REGGIO CALABRIA. In una con-
pm antimafia milanesi, il giudice presso il Tribunale di Palmi Giancarlo Giusti sarebbe
stato corrotto da Giulio Giuseppe Lampada con alcuni
viaggi nel nord Italia e con alcune escort. Da quello che
emerge dall’indagine in cui
Giusti è indagato per corruzione in atti giudiziari , Lampada
avrebbe pagato al magistrato
una ventina di viaggi al Nord
mettendogli a disposizione
delle escort con le quali avrebbe intrattenuto rapporti in un
hotel milanese della zona del
quartiere San Siro.
«Non hai capito chi sono io
... sono una tomba, peggio di ...
ma io dovevo fare il mafioso,
non il giudice». Così il gip di
Palmi, Giancarlo Giusti si
esprime parlando al telefono
con Giulio Lampada (arrestato). È una delle intercettazioni contenute nell’ordinanza
firmata dal gip di Milano Giuseppe Gennari.
Lampada, intercettato dalla
Procura milanese, propone a
Giusti di convocare «qualche
versazione telefonica intercettata dagli inquirenti milanesi e
riportata negli atti dell’indagine che ha portato a dieci arresti
di persone vicine alle cosche
Valle-Lampada, il giudice Vincenzo Giglio, rivolgendosi a
Franco Morelli, parla di iniziative antimafia che «fanno fico».
La conversazione verte sulla
necessità di preparare una mozione di solidarietà al procuratore di Reggio Calabria Giuseppe Pignatone, vittima di un attentato intimidatorio il 27
maggio 2010. «Allo scopo di
accreditarsi nei confronti dei
magistrati della Dda di Reggio
Calabria – scrive il gip – Morelli, approfittando del momento
e anticipando gli altri esponenti politici regionali, chiede a Giglio di “preparare una mozione
a sostegno dei magistrati di
Reggio Calabria impegnati nella lotta alla ’ndrangheta”».
La verità, però, secondo il
gip, è un’altra: «A Morelli, come si desume dalla conversazione di seguito riportata, a
La sede degli uffici giudiziari di Palmi
giorno su a Milano» anche il
«nostro Presidente» (secondo
gli investigatori nno ci sarebbero dubbi che sia «il Presidente
delle misure di prevenzione di
tutta Reggio Calabria», Giuseppe Vincenzo Giglio, il magistrato arrestato nell’inchiesta perchè accusato di aver favorito il
clan). E Giusti risponde:
«L’idea di portarci il Presidente
a Milano non è male, sai?! ... Lo
«Il giudice Giglio fa la cosa peggiore per chi, come lui, riveste
un ruolo istituzionale delicatissimo e di garanzia della legalità: egli strumentalizza il proprio ruolo e la propria autorevolezza per interessi privati... e
lo fa con un livello di spregiudicatezza veramente inquietante».
Suonano quasi come una
condanna preventiva le considerazioni del giudice per le indagini preliminari di Milano
Giuseppe Gennari, che ha firmato l’ordinanza di custodia
cautelare che ieri ha portato in
carcere Vincenzo Giglio, 51 anni, da 25 in Magistratura. Nel
Tribunale di Reggio Calabria,
oltre alla sezione Misure di prevenzione, Giglio presiedeva anche la prima sezione della Corte
d’assise. Noto in città in città come un magistrato rigoroso e severo, Vincenzo Giglio è anche
docente di Diritto penale alla
Scuola di specializzazione per
le professioni legali dell’Università Mediterranea e fa parte della componente di Magistratura
democratica.
Il gip di Milano infierisce nella sua ordinanza aggiungendo
che «dietro la veste del garante
rigoroso delle istituzioni, Giglio
accetta ogni compromesso, fornisce riservate a dei mafiosi,
vorrei vedere di fronte ad una
stoccona».
Ieri mattina, intanto, sono
state effettuate perquisizioni
ed è stato eseguito sequestro di
materiale ai fini probatori presso gli uffici del magistrato
Giancarlo Giusti, a Palmi. Sul
posto è intervenuta la Polizia
coordinata dal procuratore aggiunto
Michele
Prestipino.(p.g.)
nulla interessa della solidarietà
alla magistratura, interessa soltanto avere “un po’ di visibilità”».
Nella telefonata, Giglio definisce la proposta di scrivere
una mozione «una mossa da un
lato corretta.... profondamente
istituzionale e dall’altro abile...» e discute con Morelli della
possibilità di tagliare le spese al
Consiglio regionale e destinare
dei fondi alle forze di polizia
«che sono in condizioni precarie» e di potenziare i programmi per «l’educazione alla legalità», anche nelle scuole. «Iniziative concrete – dice Giglio –,
di quelle che fanno..., come dire, direbbe un mio amico “fanno fico”, insomma....».
Lo stesso Giglio scrive il testo della mozione poi presentata da Morelli, accompagnato
da una e-mail: «Caro Franco, ligio al dovere e seppur ancora
in preda ai fumi dell’alcol tracannato in gran quantità nel relax eoliano, invio il contributo
che mi hai chiesto. Servitene
pure
come
meglio
credi».(p.g.)
fornisce parimenti riservate a
un politico, adotta cautele nel
comunicare di un associato a
delinquere, richiede favori per
la moglie con una protervia che
non ammette rifiuto».
E proprio l’accusa di corruzione contestata al consigliere
regionale Franco Morelli è da
mettere in relazione alla nomina della moglie del giudice Vincenzo Giglio, Alessandra Sarlo,
a commissaria dell’Azienda sanitaria provinciale di Vibo Valentia. Alessandra Sarlo è attualmente dirigente generale
del settore Controllo strategico
della Regione Calabria, assunta
dopo essere stata commissaria
dell’Asp di Vibo Valentia. Secondo le indagini dei pm antimafia meneghini, Morelli,
avrebbe caldeggiato la nomina
della moglie del giudice Vincenzo Giuseppe Giglio, Alessandra Sarlo, a commissario
dell’azienda sanitaria provinciale di Vibo Valentia. Per riuscirci, Morelli scomoda anche il
capogruppo del Pdl Luigi Fedele. «Ed è proprio il ruolo assunto da Fedele in Regione – scrive
il gip – che poi gli permetterà di
accontentare le richieste di Giglio, passate a Fedele tramite
Morelli». D’altronde, prosegue
il gip, «la Sarlo era stata una
delle grandi elettrici di Fedele,
per il quale aveva fatto intensa
campagna elettorale».
Tornando alla figura del giu-
Il giudice Vincenzo Giglio, 51 anni, e la moglie Alessandra Sarlo, dirigente della Regione Calabria
dice Giglio, per il gip Gennari,
dagli atti delle indagini emerge
un ritratto complessivo del magistrato reggino «estremamente negativo. È il ritratto di un
personaggio considerato notoriamente “avvicinabile” in ambienti criminali di elevato spessore» anche se la sua unica
preoccupazione «è quella di
preservare la sua immagine
pubblica».
Ieri mattina, intanto, il Procuratore della Repubblica di
Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone, nel momento in cui al
secondo piano del Cedir (il palazzo che ospita i Tribunali) ve-
nivano effettuate le perquisizioni negli uffici del presidente
Vincenzo Giglio, ha evitato di
rispondere alle numerose domande dei giornalisti presenti
nel suo ufficio, trincerandosi in
un fermo riserbo: «È un’inchiesta dei colleghi di Milano – le
uniche parole proferite dal capo della dda reggina – e tuttavia
spero che almeno non si dica
più che le indagini della magistratura si fermano sulla soglia
della cosiddetta “zona grigia”».
Anzi, l’ombra di questa dannata “zona grigia” potrebbe
estendersi ed allungarsi fino al
palazzo di Giustiza di Catanza-
ro. Secondo il gip di Milano
Gennari, infatti, esiste il fondato sospetto che ci sia qualche
“talpa” annidata anche tra le toghe di Catanzaro. Per il gip «va
notato un particolare assai allarmante», dopo alcune «visite»
al giudice Vincenzo Giglio del
tribunale di Reggio, Francesco
Lampada, presunto boss, anche
lui arrestato, «aveva riferito alla
moglie che lì a Reggio il controllo era stato fatto», ma che il
«capo struttura intendeva fare
un controllo totale, a 360 gradi». Questo, secondo il gip, si riferisce a eventuali indagini in
corso. «Ora – annota ancora il
INDAGATO PER FAVOREGGIAMENTO. IL LEGALE: «MAI COMPIUTI ATTI ILLECITI NELL’ADEMPIMENTO DEI MIEI DOVERI»
A Vibo perquisito lo studio dell’avvocato Giovanni Marafioti
Nicola Lopreiato
VIBO VALENTIA
«Mi dovete spiegare se debbo
andare a chiedere il permesso
al Procuratore della Repubblica su come difendere un mio
assistito...». Non usa mezzi termini l’avvocato Armando Veneto che insieme con l’avvocato Giuseppe Milicia ha assunto
la difesa dell’avvocato Giovanni Marafioti del Foro di Vibo
Valentia, indagato dalla Procura distrettuale di Reggio Calabria per avere «travalicato i limiti del suo mandato» portan-
do ai familiari di Domenico
Gallico, ergastolano di Palmi,
alcuni messaggi che lo stesso
legale avrebbe ricevuto durante un colloquio in carcere con il
suo suo assistito. Per questa vicenda l’avvocato Marafioti ha
ricevuto un avviso di garanzia e
nello stesso tempo ieri mattina
agenti della Polizia di Stato
hanno perquisito il suo studio
in via Jan Palach, a Vibo Valentia.
Una perquisizione avvenuta
alla presenza del sostituto procuratore della Dda di Reggio
Calabria Roberto Di Palma.
L’avvocato Giovanni Marafioti tra i penalisti più in vista di Vibo
Sulla vicenda l’avv. Marafioti
ha diramato una nota nel corso
della quale ha riferito «di aver
messo a disposizione degli inquirenti tutto il carteggio relativo allo svolgimento della difesa di Domenico Gallico, certo
come sono – ha detto il penalista – di non aver mai compiuto
atti illeciti nell’adempimento
dei miei doveri di avvocato. Ho
chiesto di essere interrogato
per chiarire i fatti che nella interpretazione dell’accusa sarebbero indiziati di favoreggiamento, poiché essi riguardano
lo svolgimento doveroso del
rapporto – spesso difficile in ragione delle diverse culture a
confronto – con l’imputato assistito. I miei difensori – ha poi
aggiunto Marafioti – avranno
cura di esprimere il mio rammarico ma anche la mia serenità per essere stato raggiunto da
un’accusa che reputo chiaramente infondata».
Il legale ha quindi annunciato di avere immediatamente rinunciato alla difesa di Domenico e Antonino Gallico, suoi assistiti nel procedimento a loro
carico. Si tratta di persone
coinvolte nella sanguinosa fai-
gip – viene fuori che i Lampada
hanno
avuto
garanzie
sull’eventuale iscrizione nel registro degli indagati sia per
quanto riguarda Reggio Calabria che per quanto concerne
Catanzaro. Ma Catanzaro – prosegue il giudice – non è la sede
giudiziaria del magistrato! Come ha fatto a reperire notizie
sul quel distretto? Dobbiamo
immaginare che lo stesso si sia
rivolto ad altri colleghi o a soggetti istituzionali di quel distretto? L’ipotesi – conclude il
gip – non è peregrina e dovrà sicuramente essere accertata nella prosecuzione delle indagini».
L’arresto del giudice Vincenzo Giglio (che sarà interrogato
domani nel carcere di Milano)
ha già ricevuto l’attenzione del
comitato di presidenza del Csm
che ha trasmesso gli atti relativi
all’arresto al procuratore generale della Corte di Cassazione a
alla prima commissione dello
stesso Csm al fine di avviare
una indagine. Per Giglio si prospetta il rischio della sospensione dalle funzioni e dallo stipendio: in caso di arresto di un magistrato e in presenza della richiesta del procuratore generale della Cassazione, che però al
momento non è ancora arrivata
al Csm, per la sezione disciplinare di Palazzo dei marescialli
la sospensione costituisce un
atto dovuto.
da di Palmi che per oltre un decennio vide contrapposti i Gallico ai Condello e che fece circa
50 morti ammazzati.
Una vicenda, quella che ha
interessato l’avv. Marafioti, che
ha destato un comprensibile
sconcerto negli ambienti forensi vibonesi. Il legale in città gode di una profonda stima ed è
tra i professionisti più in vista e
apprezzati. Il suo curriculum
professionale è piuttosto importante essendo da decenni
impegnato nei più grossi processi di mafia che si celebrano
nei tribunali della Calabria e in
diverse parti d’Italia. In passato
era stato componente della Camera penale e consigliere comunale di Vibo Valentia sotto
l’amministrazione guidata dal
sindaco Alfredo d’Agostino.
I RAPPORTI CON I LAMPADA-VALLE, GLI INTERESSI IN ALCUNE SOCIETÀ E LE SOFFIATE ALLA COSCA IL GIP SCAGIONA IL SINDACO DI ROMA
Morelli utilizzava schede telefoniche fittizie
Arcangelo Badolati
COSENZA
Franco il “cattolico”. Il consigliere regionale finito in manette
ostentava, dietro una riservatezza di maniera, l’appartenenza all’Opus Dei. Un’appartenenza a dire il vero mai pienamente
confermata dall’Opera fondata
da San Josè Maria Escrivà. Eppure l’abitudine di frequentare
ambienti clericali, il piacere di
mostrarsi in compagnia di prelati e l’assidua presenza alla messa
domenicale (spesso seguita assiso sui banchi della chiesa di Santa Teresa a Cosenza) hanno tuttavia fatto crescere a dismisura il
mito di un Morelli legatissimo
agli ambienti cattolici e alla
chiesa. Ambienti che non hanno
– a dire il vero – mai disdegnato
le sue premure e la sua amicizia.
Un’amicizia che lui ha sempre
amato definire «condivisione».
Nelle intercettazioni che gli sono costate l’arresto, l’esponente
del Pdl – che negli ultimi tempi
aveva accolto con fervore l’ex
ministro dell’Agricoltura, Saverio Romano, giunto in visita istituzionale in Calabria – ripeteva
al giudice Vincenzo Giglio la sua
«condivisione» rispetto alle
istanze che il togato gli avanzava. «Tra amici – spiegava Morelli
al magistrato afflitto dalla necessità di sistemare degnamente
la moglie in ambito lavorativo –
non esiste gratitudine ma condivisione».
Di tutt’altro tenore erano, invece, i colloqui intrattenuti con
Giulio Lampada, ritenuto dagli
inquirenti esponente di spicco
della cosca mafiosa Lampada-Valle. A lui, Franco il “cattolico” aveva consegnato una scheda telefonica intestata a un cittadino marocchino inesistente dal
nome improbabile di Said El
Arousy, residente a Roggiano
Gravina (Cosenza). Con Lampada non parlava di «condivisione» ma di «uccellino che canta
dietro» e di «angioletti» usando
un linguaggio che i pm di Milano
hanno naturalmente definito
«criptico». E dei Lampada-Valle,
il consigliere regionale Morelli
era pure socio in affari atteso che
Ilda Boccassini e Paolo Storari lo
ritengono partecipe del capitale
sociale (con il 10 per cento) di
imprese come la Andromeda srl,
Franco Morelli
specializzata nel gioco legale a
distanza; Orion service srl, per la
gestione dei servizi che opera
nella consulenza amministrativa; della Pegasus srl che sercita
attività connesse a lotterie e
scommesse. Le tre società vengono costituite tutte lo stesso
giorno – il 19 novembre del
2009 – e Morelli provvede il primo settembre del 2010 alla cessione delle sue quote, a seguito
degli arresti avvenuti nel luglio
dello stesso anno. «Ciò – annotano i pm milanesi – con l’evidente
scopo di non essere coinvolto in
alcun modo con le vicende giudiziarie». L’esponente del Pdl riceve pure 50.000 euro in contanti il 15 settembre del 2009,
recandosi appositamente in via
Dolci, sede logistica dei Lampada-Valle, prendendo parte a un
incontro cui erano presenti
Francesco e Giulio Lampada e
Maria Valle che aveva procurato
il denaro. E ancora – questa la tesi di accusa – prende parte alla
campagna elettorale di Leonardo Valle, candidato al consiglio
comunale di Cologno Monzese
alle amministrative del 2009,
organizzando incontri e riunioni e partecipando alla cena organizzata il 19 novembre di quello
stesso anno in casa di Giulio
Lampada. Ma la posizione di
Franco il “cattolico” si complica
giudiziariamente perchè al sostegno politico e societario ai
Lampada-Valle aggiunge pure
quello informativo. Il nove dicembre del 2009 viene infatti
sorpreso a comunicare a Giulio
Lampada ed al suo avvocato,
Vincenzo Minasi, le notizie apprese circa le indagini avviate
nei confronti del sodalizio. E per
telefonare usa un telefono pubblico di Roma, ubicato in piazzale delle Province 9, poco distante dalla propria abitazione. Morelli chiama peraltro Lampada
sull’utenza riconducibile alla
scheda intestata all’extracomunitario che lui stesso gli ha procurato. Il testo della conversazione è riportato nell’ordinanza
di custodia cautelare. Leggiamo: «La stessa cosa ha detto...Franco dopo due giorni...
pwerchè dopo che ci siamo visti
con Enzo...a Cosenza...e franco
mi ha detto la stessa cosa...ha detto che sul registro non c’è scritto
niente né a Catanzaro né a Reggio
stanno soltanto controllando...ci
vengono dietro per vedere cosa
facciamo...cosa non facciamo...».
Franco Morelli, che è presidente della Commissione Bilancio della Regione, è difeso
dall’avv. Franco Sammarco del
foro di Cosenza. L’interrogatorio dell’uomo politico è fissato a
brevissimo. Il legale non ha inteso rilasciare alcuna dichiarazione.
«Alemanno paga il cinismo
del suo compagno di partito»
MILANO. Gianni Alemanno «paga
il cinismo e lo spessore criminale
del suo compagno di partito e seguace Franco Morelli. Morelli
non si fa alcuno scrupolo ad avvicinare uomini come Lampada e
Alemanno, ben sapendo quale
fosse lo spessore del primo e quali
le ricadute per l’immagine del secondo, una volta scoperte le cose». Lo scrive il gip di Milano Giuseppe Gennari nella ordinanza
che ha portato all’arresto di dieci
persone vicine alle cosche Valle-Lampada.
Alemanno partecipò come padrino alla cresima della figlia di
Morelli, che si celebrò in una
grande azienda agricola di Lamezia Terme e fu officiata in forma
privata dal vescovo. Alla cresima
parteciparono anche esponenti
del clan dei Lampada.
Ma, secondo il gip Gennari, il
primo cittadino di Roma, Gianni
Alemanno, non aveva idea di chi
fossero i Lampada. «Attraverso il
meccanismo delle conoscenze
concatenate – osserva il gip – i
Lampada, partendo da un sodale
ben introdotto, possono arrivare
agevolmente ai vertici politici ed
Gianni Alemanno
entrare in contatto con personaggi di rilievo governativo e nazionale. Che Alemanno – così come è
– non avesse idea alcuna di chi
fossero in realtà i Lampada conta
poco o nulla. Quello che conta è
che il gruppo mafioso riesca ad accedere a determinate relazioni
personali di favore alle quali mai
avrebbe potuto avvicinarsi se non
beneficiando della rete di compiacenze mafiose».
27
Gazzetta del Sud Giovedì 1 Dicembre 2011
Calabria
.
GLI EFFETTI DELL’INCHIESTA MILANESE Il Csm trasferisce gli atti dell’arresto di Giglio alla Pg della Cassazione, Morrone sostituirà Morelli in Consiglio regionale
Politica e Magistratura scosse dalle manette
Anm e Md severe. Scopelliti vuole leggere le carte. Talarico difende l’Istituzione. Angela Napoli attacca
Tonio Licordari
REGGIO CALABRIA
E adesso cosa succederà? Per
quanto riguarda l’arresto di Franco Morelli, il presidente del Consiglio regionale Talarico, una volta ricevuto il decreto, provvederà
a sospenderlo e ad avviare le pratiche per la surroga con il primo
dei non eletti nella lista del Pdl a
Cosenza che è l’ex consigliere Ennio Morrone. Esattamente un anno fa è avvenuta la stessa cosa per
surrogare Santi Zappalà, arrestato e sostituito da Gesuele Vilasi
del Pdl reggino. Zappalà però una
volta finito in galera si era dimesso, togliendo dall’imbarazzo
l’Istituzione.
Per quanto riguarda l’arresto
del giudice Giuseppe Giglio, il Comitato di presidenza del Consiglio superiore della Magistratura
ha trasmesso gli atti al procuratore generale della Corte di Cassazione e alla prima commissione
dello stesso Csm per l’indagine
del caso.
Non mancano le reazioni sulla
nuova tempesta che si abbatte su
Palazzo Campanella e sulla Magistratura reggina in seguito all’indagine milanese. Il governatore
Giuseppe Scopelliti, nel ribadire
la sua fiducia negli organi di Giustizia, «intende vedere le carte»
prima di esprimere giudizi. Estrema cautela, insomma. Da parte
sua il presidente del Consiglio regionale Franco Talarico premette: «Ho grande fiducia nel lavoro
della Magistratura e delle Forze
dell’ordine, che intensificando
sempre di più gli sforzi su tutto il
territorio nazionale, stanno conducendo una lotta difficile contro
tutte le mafie e ogni forma di illegalità, fenomeni degenerativi da
considerare tra le cause principali
del mancato sviluppo e della debolezza civile della nostra regione». Quindi aggiunge: «Il nostro
auspicio è che il consigliere Franco Morelli possa presto chiarire la
sua posizione, dimostrando la
sua estraneità ai fatti che gli vengono contestati. In questo momento avvertiamo la forte responsabilità di tutelare e distinguere ruolo e funzioni della massima Assemblea legislativa della
regione, continuando, con serenità e supplemento d’impegno, in
un percorso di rispetto delle regole e di valorizzazione della legalità, punto fermo della nuova legislatura, che vogliamo intensificare sempre di più, mirando a coinvolgere, sinergicamente le istituzioni tutte, la società civile e le
nuove generazioni».
Dalla politica alle toghe. Piergiorgio Morosini, segretario generale di Magistratura democratica (Giglio fa parte della sua stessa corrente) commenta: «Al di là
dei risvolti penali, la vicenda sollecita ogni magistrato ad una particolare cautela nelle frequentazioni non solo nelle “terre di mafia” e gli organi di autogoverno alla massima incisività nei controlli
Leoluca Orlando (Idv)
Angela Napoli (Futuro e Libertà)
Franco Corbelli (Diritti civili)
Ennio Morrone (Pdl)
sulla correttezza dei comportamenti dei singoli non solo con riferimento allo stretto esercizio
delle funzioni giurisdizionali».
A proposito dei due giudici
coinvolti, Morosini osserva:
«Senza entrare nel merito, anche
questa vicenda dimostra come la
Magistratura italiana, nei comportamenti concreti, coltivi il
principio dell’eguaglianza di tutti
i cittadini di fronte alla legge. Occorre avere fiducia nella serietà e
nella scrupolo professionale dei
magistrati chiamati a svolgere il
delicato compito di accertare la
verità. Vale naturalmente, anche
in questo caso come in tutti gli altri, la presunzione di non colpevolezza dell’indagato sino ad una
pronuncia definitiva dell’autorità
giudiziaria».
Per l’Associazione nazionale
magistrati «i fatti che emergono
dall’indagine appaiono oggettivamente gravi e suscitano sconcerto e indignazione. Al di là di
ogni valutazione sul merito delle
accuse non si può ignorare l’inquietante rete di relazioni tra appartenenti all’ordine giudiziario,
pubblici amministratori ed esponenti della criminalità organizzata. Si ribadisce che la magistratura è un corpo sano, capace di trovare al proprio interno gli strumenti necessari a individuare i
comportamenti dei sindaci».
Tra le prime a reagire l’on. Angela Napoli, componente della
Commissione parlamentare antimafia, per la quale «gli intrecci
perversi che accomunano pezzi
della politica, delle istituzioni,
dell’imprenditoria, dei servizi de-
viati e della 'ndrangheta, vanno
recisi con urgenza e nella loro totalità. La lunghezza dei tempi che
intercorre tra la chiusura delle indagini e gli interventi giudiziari
dovuti, nonchè la conseguente
garanzia dell’impunità, non fan-
no altro che consentire inquinamento delle prove e consolidamento di quel sistema di illegalità
diffusa che imperversa sulla città
di Reggio e sulla sua provincia».
Nico Stumpo, responsabile
dell’organizzazione del Pd, ricorda che fu «Scopelliti a garantire le
liste di centrodestra alle regionali. Ora che è stato coinvolto dalla
Magistratura il secondo consigliere regionale del Pdl, ci spieghi
il governatore se non si sente politicamente responsabile di questa debacle». Emanuele Fiano, responsabile sicurezza del Pd, aggiunge: «Fa molta impressione
leggere tra gli arrestati i nomi di
un magistrato, di un politico e di
professionisti conosciuti. Ma
questa non è che l’ennesima prova della pervasività della ’ndrangheta in tutti gli strati sociali dei
territori che controlla».
L’on. Leoluca Orlando (Italia
dei valori) afferma che «ancora
una volta la politica si trova ad essere coinvolta in inchieste giudiziarie per reati di gravissima rilevanza penale. La credibilità di un
Paese non dipende solo da necessarie manovre finanziarie, ma anche dall’onestà e dalla trasparenza della sua classe politica che dovrebbe dare l’esempio».
Va controcorrente, infine, il
presidente dei Diritti civili Franco
Corbelli che si schiera in difesa di
Franco Morelli, al quale esprime
«forte solidarietà». «Il suo arresto
– sostiene – mi lascia sgomento
perché colpisce una persona perbene, un uomo generoso, unanimemente conosciuto e apprezzato come un galantuomo».
I nomi rivelati dall’ordinanza del gip, Luigi Fedele reagisce
Quali candidati calabresi e milanesi
si affidavano ai clan Valle e Lampada?
MILANO. Oggi magari nella confe-
renza stampa che si terrà a Milano
si potrà sapere di più. Soprattutto
in chiave politica. L’indagine si sofferma anche sugli appuntamenti
elettorali degli ultimi sette anni e
rivela che i tre presunti affiliati alla
'ndrangheta Giulio Lampada, Leonardo Valle e Raffaele Firminio
«hanno ostacolato il libero esercizio del voto, in occasione di competizioni elettorali, facendo confluire preferenze su candidati a loro vicini».
Lo scrive il gip di Milano Giuseppe
Gennari nell’ordinanza, nella quale si fa riferimento alle «regionali
in Calabria dell’aprile 2005», «alle
elezioni politiche dell’aprile 2008»
e, fra le altre cose, «alle elezioni alla Provincia di Milano del giugno
2009».
I tre esponenti mafiosi, come
scrive il gip, avrebbero fatto confluire i voti verso candidati «a loro
vicini, tra i quali Aberto Sarra per le
regionali in Calabria dell’aprile
2005, attualmente sottosegretario
alle Riforme e semplificazione amministrativa (della Giunta regionale, ndr); Giuseppe Adolfo Alati,
nelle elezioni al comune di Reggio
Calabria del maggio 2007 e della
Regione Calabria del maggio
2010; Oliverio Antonio, alle elezio-
Luigi Fedele (Pdl)
ni per il comune di Milano del maggio 2006, assessore della Provincia
di Milano agli Affari generali, Turismo e moda, fino a maggio 2009;
Franco Morelli per le regionali in
Calabria del marzo 2010, attualmente consigliere regionale».
E poi ancora: «Tarcisio Zobbi,
alle elezioni politiche dell’aprile
2008, consigliere della Provincia
di Reggio Emilia dal 2004 al 2009;
Armando Vagliati, nelle elezioni
alla Provincia di Milano del giugno
2009 e alla Regione Lombardia
ALLA CENA PRESENTI CHIARAVALLOTI E BUONFIGLIO. LE SMENTITE DI GABRIELE QUATTRONE
Giulio Lampada: così incontrai Alemanno al Cafè de Paris
MILANO. Una serata organizzata
al Cafè de Paris a Roma nella
quale Giulio Lampada, una delle
persone arrestate nell’ambito
del blitz contro la 'ndrangheta,
ha conosciuto l’allora ministro
delle Politiche agricole forestali
Gianni Alemanno, e alla quale
erano presenti anche Giuseppe
Chiaravalloti, vice presidente
della Autorità garante per la protezione dei dati personali, e il deputato Buonfiglio. Della cena si
parla nell’ordinanza dell’inchiesta della Dda di Milano.
A descriverla in una conversazione telefonica del 3 aprile
2008 è lo stesso Giulio Lampada
al telefono con Mario Giglio.
Lampada spiega che «l'altra sera
mi hanno presentato Gianni Alemanno». «Tu immagina il ministro con il microfono in mano,
seguimi, “ringrazio il gruppo
Lampada, noto industriale calabrese a Milano, e il dottore Vincenzo Giglio, noi in un angolino
che gli alzavamo la mano tipo
'cià, cià, cià». Vincenzo Giglio è il
medico cugino del giudice anche
Il presunto boss è stato nominanto cavaliere di San Silvestro
lui arrestato ieri.
Giulio Lampada continuando
nella sua descrizione spiega che
«c'era il deputato Buonfiglio»,
Francesco Morelli, consigliere
regionale della Calabria, e anche Chiaravalloti e altri noti
esponenti della borghesia di
Reggio Calabria, nonchè rappresentanti delle istituzioni locali.
«Eravamo i vip, diciamo la Reggio bene», ha aggiunto.
Per il giudice «questa vicenda
è la dimostrazione delle potenzialità che è in grado di produrre
la strategia di Lampada. Attraverso il meccanismo delle conoscenze concatenate (...) possono arrivare agevolmente ai vertici politici ed entrare in contatto
con personaggi di rilievo governativo e nazionale».
«Che Alemanno – così com'è –
non avesse idea alcuna di chi fossero in realtà i Lampada – osserva ancora il giudice – conta poco
o nulla. Quello che conta è che il
gruppo mafioso riesca ad accedere a determinate relazioni
personali di favori alla quale mai
L’esterno del Cafè de Paris a Roma il giorno del sequestro
avrebbe potuto avvicinarsi se
non beneficiando della rete di
compiacenze mafiose».
Nell’ordinanza è stato fatto
notare inoltre che il Cafè de Paris
di Roma nel luglio del 2009 venne sottoposto a sequestro dalla
sezione misure di prevenzione
del Tribunale di Reggio Calabria
in quanto «nella diretta disponi-
bilità della famiglia mafiosa Alvaro e in particolare di Vincenzo
Alvaro, attraverso prestanome».
Il nome di Alemanno ricorre
anche in un’altra parte dell’ordinanza, quando si riportano una
serie di dialoghi tra Morelli e
Lampada tra settembre e ottobre 2009 nei quali si segnala che
i Lampada erano stati invitati al-
Dopo l’elezione voleva fare l’assessore regionale all’Agricoltura
Le mani della ’ndrangheta in Vaticano? Le aspettative deluse di Franco Morelli
REGGIO CALABRIA. «Anche in Vati-
cano – dove Giulio Lampada otterrà di battezzare suo figlio – si allungano le mani della famiglia
mafiosa». Lo scrive il gip di Milano
Giuseppe Gennari nella ordinanza
che ha disposto l’arresto di 10 persone.
«E come spesso accade – continua il giudice per le indagini preliminari del Tribunale menghino –
questo mondo rimane fuori
dall’area punibilità. Carenza di
fattispecie incriminatorie idonee
non consentono di punire personaggi dei quali non si riesce a dire
che siano organici all’associazione, ma che sicuramente offrono
sponde essenziali (sovente palese-
mente consapevoli) per la crescita
economica e sociale del gruppo
mafioso».
Nell’ordinanza il gip riporta
una telefonata del 9 novembre
2009 in cui Giulio Lampada informa l’avvocato Minasi con toni amichevoli che il giorno precedente è
stato nominato cavaliere di San
Silvestro dal Vaticano con nomina
del Monsignor Tarcisio Bertone e
avuto targhetta, distintivo e l’alta
uniforme che si farà fare su misura. «Ora in tutte le diocesi che mi ritrovo in Italia sono Eccellenza... Di
grado pari a Eccellenza... Mi devono chiamare Eccellenza...».
Nell’introdurre quest’intercettazione, il gip premette: «Entria-
del marzo 2010; Luigi Fedele alle
elezioni per la Regione Calabria
del maggio 2010, attualmente
consigliere regionale».
I tre arrestati, scrive il gip, si sarebbero fatti carico «in alcuni casi,
nel corso degli anni, di organizzare eventi e/o riunioni, in prossimità delle competizioni elettorali».
Tra questi eventi il gip cita anche
una serata al Cafè de Paris a Roma
qualche giorno prima delle elezioni politiche del 13 e 14 aprile del
2008, «a cui parteciparono, tra gli
altri, lo stesso Morelli, il medico
Vincenzo Giglio, Giuseppe Chiaravallori vice presidente autorità garante per la protezione dei dati
personali e l’on. Antonio Buonfiglio». (Il servizio in questa stessa
pagina).
A proposito di questa ordinanza, il consigliere regionale Luigi
Fedele ha diffuso una nota nella
quale sostiene di non conoscere né
i Valle e né i Lampada, ma di aver
avuto rapporti solo con la dottoressa Alessandra Sarlo «persona
che stimo e che alle ultime regionali mi ha votato. Per i suoi incarichi non ho mai avuto alcun tipo di
influenza. Di certo, la signora Sarlo ha ottenuto gli incarichi esclusivamente per la sua professionalità».
mo nella zona più delicata e pericolosa delle indagini, quella delle
relazioni abilmente costruite dalla
famiglia Lampada con esponenti
della vita politica, sociale e professionale; tutti personaggi in grado
di ottenere vantaggi dalla famiglia
mafiosa e che in cambio sono altrettanto in grado di offrire una
contropartita allettante. Qui vedremo passare individui di ogni
estrazione. Più spesso politici,
ventre molle dell’infiltrazione mafioso e sempre disponibili a offrire
una sponda in cambio di voti. Altre
volte bancari, avvocati, medici,
magistrati... Nessun ambiente rimane estraneo a questa contaminazione...».
REGGIO CALABRIA. Il gip, ricostruendo gli stretti rapporti tra
Morelli e il giudice Vincenzo Giglio, affronta anche la cronistoria
delle «aspettative di governo» del
consigliere regionale, aspettative
che si scontrano con le voci che
circolano di indagini sul suo conto. Nell’aprile 2010, infatti, Morelli viene eletto il Consiglio regionale e, scrive il gip, «i voti ottenuti giustificavano, per l’abile
Morelli, aspettative di governo
(...) alla guida dell’assessorato
per l’Agricoltura e Forestazione».
Ma, prosegue il gip, «che le cose
non vadano come Morelli si
aspettava già viene fuori da una
conversazione con Alemanno del
13 aprile 2010. Alemanno: «Sen-
ti, mi dice La Russa che ... eh ... nella
lista mandata a Scopelliti per gli
assessori in Calabria il tuo nome
non ci sarebbe, ti risulta?». Morelli: «Eh! Mi risulta sì!».
Il gip spiega che «il grimaldello
per fare fuori Morelli sarà proprio
quello di temuti guai giudiziari. E
il giudice Giglio – chiarisce il gip –
è colui che si adopera per disinnescare l’inghippo». Il 18 aprile
2010, «Morelli – ricostruisce il gip
– esce da casa del giudice, e telefona subito al sen. Francesco Bevilacqua che gli riferisce di aver parlato con Alemanno che, a sua volta, è stato al telefono per due giorni con Scopelliti e con La Russa
per risolvere la situazione».
Giglio, in quei giorni, come
scrive il gip, invia «un fax a Morelli
dal quale risulta che a carico di
quest’ultimo non vi sarebbero indagini in corso». Il 6 maggio
2010, poi, in una telefonata intercettata, Alemanno dice a Morelli:
«Senti io ieri sera finalmente sono
riuscito a parlare con Scopelliti a
quattr'occhi». E più avanti gli spiega ancora: «Tu potresti subentrare
da assessore se nel frattempo tutte
quelle vicende sono state chiarite, e
nel frattempo faresti il presidente
della commissione bilancio». E
Morelli: «Va bene». L’8 giugno
Morelli viene nominato e, conclude il gip, «il giudice Giglio si compiace per ciò, inviando un messaggio all’amico politico: “Bene.
Questa è fatta”».(p.g.)
la cresima della figlia del consigliere regionale, cui il sindaco di
Roma sarebbe stato padrino.
Il giudice scrive tra l’altro che
le intercettazioni hanno rivelato
che «la funzione religiosa è stata
celebrata in forma privata dal
vescovo, in una grande azienda
agricola di Lamezia Terme ove
era presente anche Alemanno».
Nella stessa ordinanza si legge che Franco Morelli su sollecitazione di Giulio Lampada
avrebbe «fatto piazzare anche il
figlio del noto medico reggino,
Gabriele Quattrone, a Bruxelles
con un incarico di studio presso
la Comunità europea. Nella stessa ordinanza si legge che Gabriele Quattrone, neurologo, risulta
indagato dalla Dda di Catanzaro
«per false perizie in favore di Maria Valle». Da parte sua il professionista reggino, dopo aver letto
le note di agenzia, ci ha chiamato per smentire: «Mio figlio Diego non è mai stato a Bruxelles,
non ha avuto alcun incarico. Io
sono indagato a Catanzaro, ma
per altro».
Giovedì 1 Dicembre 2011 Gazzetta del Sud
34
Cronaca di Reggio
.
CORTE D’APPELLO Concluso il processo nato da un’inchiesta sulla cosca Libri. Con l’ex consigliere comunale giudicato innocente anche Vincenzo Pileio
Testamento, confermata l’assoluzione di Labate
Era accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Pene ridotte agli altri quattro imputati
Paolo Toscano
Il verdetto del processo “Testamento” è arrivato dopo una camera di consiglio durata circa tre
ore. La Corte d’appello (Natina
Pratticò presidente, Angelina
Bandiera e Daniele Cappuccio
giudici) ha confermato l’assoluzione dell’ex consigliere comunale Massimo Labate e del suo
amico e segretario Vincenzo Pileio con la formula perché il fatto
non sussiste. Assoluzione piena,
dunque, come era stato in primo
grado. La Corte non ha accolto
l’impugnazione della procura
che aveva chiesto 10 anni per Labate e 8 per Pileio.
La Corte ha confermato la
condanna degli altri quattro imputati riducendo, però, leggermente le pene. Per associazione
mafiosa è stato condannato a 9
anni Giuseppe Libri, figlio del
defunto boss Mico (in primo grado aveva avuto 12 anni); condannati rispettivamente a 6 anni
e 6 anni e 6 mesi per gli imprenditori edili Alessandro Collu e
Francesco Giuseppe Quattrone
(entrambi avevano avuto 12 anni); infine Bruno Crucitti, imprenditore nel settore del calcestruzzo, è stato condannato a 7
anni (in primo grado 10 anni).
La Corte d’appello reggina ha
escluso per tutti l’aggravante
prevista al sesto comma dall’articolo 416 bis relativa alla banda
armata e ha concesso agli imputati Collu e Quattrone le circostanze generiche ritenendole
equivalenti alle aggravanti contestate.
Il processo “Testamento” è
nato da un’inchiesta della Dda
sulle attività della cosca Libri che
il 20 luglio 2007 aveva portato a
una raffica di arresti. Massimo
Labate, all’epoca in servizio alla
sezione catturandi della squadra
mobile della Questura cittadina,
era finito in manette insieme con
altre quattordici persone. L’ex
consigliere comunale di An aveva trascorso un lungo periodo di
detenzione in un carcere militare. Nei suoi confronti era stata
formulata l'accusa di avere favorito in più occasioni, adoperandosi per l’elargizione di contributi comunali, alcune associazioni culturali dietro le quali si
sarebbero celati gli interessi della cosca Libri, in particolare di
Antonino Caridi, genero del defunto boss Mico Libri.
Il processo di primo grado, celebrato nelle forme del rito ordinario davanti al Tribunale, si era
concluso con l’assoluzione di Labate e Pileio, e le condanne degli
altri quattro imputati. La sentenza era stata appellata dai condannati e dalla Procura in relazione alle due assoluzioni.
E nella sua requisitoria il sostituto procuratore generale
Francesco Mollace ha chiesti alla
Corte di ribaltare quanto deciso
in primo grado e di condannare
Massimo Labate e Vincenzo Pi-
COMUNE Iniziativa del sindaco Arena
Il risarcimento di Meta
servirà per sistemare
i beni confiscati
Angelina Bandiera, Natina Pratticò e Daniele Cappuccio, componenti della Corte che ha giudicato gli imputati del processo “Testamento”
IN SINTESI
L’OPERAZIONE. Era stata
condotta dalla squadra
mobile della Questura,
con il coordinamento della Direzione distrettuale
antimafia reggina, il 20 luglio 2007 nell’ambito di
una inchiesta sulle attività
criminali della cosa Libri,
una delle più potenti organizzazioni nel panorama della ’ndrangheta attiva in riva allo Stretto.
L’ex consigliere comunale Massimo Labate assolto anche in appello
Avv. Andrea Alvaro
leio rispettivamente a 10 e 8 anni
di reclusione.
Dopo le richieste del rappresentante dell’accusa, in difesa
dell’ex consigliere comunale era
intervenuto nella discussione
l’avvocato Domenico Alvaro. Ieri è stata la volta del codifensore,
l’avvocato Andrea Alvaro. Il gio-
della festa rionale a San Giorgio
Extra: «Una condotta – ha sottolineato Alvaro – che non poteva
mai costituire un rafforzamento
concreto della consorteria». Il
penalista ha sostenuto, inoltre,
che gli elementi probatori emersi nel corso del dibattimento di
primo grado, avevano escluso la
fondatezza di tutte le altre condotte originariamente contestate a Massimo Labate.
Chiuso positivamente anche
il capitolo d’appello di questi
procedimento, per Massimo Labate sempre nel contesto della
stessa vicenda, se ne è aperto un
altro con il suo rinvio a giudizio,
insieme con altri, per concorso in
abuso d’ufficio con Orsola Fallara, la dirigente del settore Finanze del Comune morta suicida nel
dicembre dello scorso anno.
Il pg Mollace
aveva chiesto
la condanna
di Labate e Pileio
a 10 e 8 anni
Giuseppe Libri
ha avuto una
riduzione della
pena rispetto
al primo grado
Dopo una settimana rientra la protesta
Scordo: i giudici di pace
sospendono lo sciopero
I giudici di pace, dopo una settimana di sciopero, ritornano
al lavoro.
Ne dà notizia il presidente
della sezione distrettuale
dell’Associazione nazionale di
Reggio Antonino Scordo dopo
aver ricevuto assicurazioni
dal nuovo ministro Paola Severino di una convocazione a
breve di tutte le rappresentanze della categoria.
La protesta che aveva portato alla sospensione del lavoro era iniziata il 22 novembre
e aveva registrato la massiccia
Antonino Scordo
vane penalista ha censurato le
argomentazioni
contenute
nell’impugnazione della Procura rappresentando che, diversamente da quanto sostenuto in
aula dal sostituto procuratore
generale Francesco Mollace,
non vi era alcuna prova del patto
politico-mafioso che sarebbe
stato stipulato, secondo l’assunto accusatorio, tra Massimo Labate e la cosca Libri, in quanto
era certo che l’ex consigliere comunale non avesse avuto appoggio elettorale nelle amministrative del 2007.
Il legale ha rappresentato ancora che l’unica condotta che risultava provata a carico di Labate era soltanto il sollecito del pagamento per rimborso delle spese sostenute dall’associazione
culturale nell’organizzazione
partecipazione della categoria.
Il presidente Scordo, a bocce ferme, parla di una adesione registrata nella prima settimana pari al 90% su tutto il
territorio nazionale. Un risultato che conferma la compattezza dei giudici di pace.
Ed è facile immaginare che
è stata la paralisi che si è determinata in tutto il comparto
ad indurre il neo ministro ad
occuparsi del disagio che ha
investito queste figure professionali, ritenute indispensabili nel dirimere questione che
sono di competenza della magistratura di pace. Il ministro
ha infatti parlato «dell’urgenza di procedere alla riforma
della magistratura onoraria».(r.rc)
GLI ARRESTATI. Tra i
quattordici finiti in manette figuravano anche Massimo Labate, all’epoca
consigliere comunale e
poliziotto in servizio alla
squadra mobile reggina, e
il suo segretario Vincenzo
Pileio, entrambi accusat di
concorso esterno in associazione mafiosa.
«Il principio di legalità deve,
sempre e comunque, rappresentare il binario guida delle
azioni da intraprendere a livello politico-amministrativo, così come è obbligo, per
un Ente importante a livello
territoriale quale il Comune,
sostenere le altre Istituzioni
che si impegnano quotidianamente per combattere le
attività della criminalità organizzata che soffoca il tessuto economico e produttivo
della nostra realtà».
È questo il commento del
Sindaco Demetrio Arena a
seguito dello sviluppo del
processo “Meta” la cui sentenza, tra l’altro, ha determinato la liquidazione di maxirisarcimenti nei confronti
delle parti civili che si erano
costituite in giudizio tra cui,
appunto, il Comune di Reggio Calabria, definendo in
due milioni di euro la cifra
d’indennizzo per quest’ultimo.
«Quella assunta del gup
Adriana Trapani – prosegue
il primo cittadino – è una decisione che assume un rilevante valore simbolico: un
passaggio che testimonia, in
maniera tangibile, come paghi schierarsi apertamente, e
sempre, dalla parte della
Giustizia e dello Stato».
«La costituzione di parte
civile del Comune, travalica,
altresì – dichiara Arena –,
concretamente i continui,
demagogici e poco opportuni
accostamenti che ci vengono
attribuiti, con indirizzi strumentali, da alcuni soggetti
politici».
«Ancora una volta, infatti
– aggiunge il sindaco Arena
–,
quest’Amministrazione
Comunale ha dimostrato di
sostenere, senza dubbio alcuno, la legalità, assumendo
un ruolo di primo piano nel
difficile e delicato percorso
di contrasto alla criminalità
organizzata, anche in considerazione del fatto che il processo Meta non è l’unico procedimento nel quale Palazzo
San Giorgio ha ritenuto doveroso costituirsi parte civile».
«Alla luce dell’importanza
del provvedimento deciso
dal giudice – ribadisce Demetrio Arena – ho deciso di
convocare, in via straordinaria questa sera (ieri per chi
Il sindaco
Demetrio Arena
ha riunito
d’urgenza
la Giunta
legge, ndr.) la Giunta Municipale: una riunione che è servita per decidere di destinare
le somme ricevute in sede
processuale alla “Risistemazione dei beni confiscati alla
criminalità
in
possesso
dell’Amministrazione comunale”».
«Anche questo gesto deliberato dal governo cittadino
– conclude il sindaco Arena –
vuole essere un simbolo in
grado di sottolineare ulteriormente lo sforzo compiuto
delle Forze dell’Ordine e della Magistratura contro il crimine organizzato».(p.g.)
IL PROCESSO. In primo
grado, a conclusione del
processo celebrato con il
rito ordinario, Labate e Pileio erano stati assolti con
formula piena mentre gli
altri quattro imputati avevano avuto condanne che
andavano dai 10 ai 12 anni di reclusione. Nel processo d’appello c’è stata la
conferma delle due assoluzioni e del giudizio di
responsabilità per gli altri
quattro imputati che, comunque, hanno avuto
sconti di pena.
Il processo Meta si è svolto nell’aula bunker del viale Calabria
Alle 10.30 l’incontro al Consiglio regionale che apre l’iniziativa promossa da Riferimenti
Al via il nuovo percorso della Gerbera Gialla
I semi della Gerbera Gialla si
piantano oggi al Consiglio regionale con un appuntamento
che apre il percorso 2011-2012
del progetto promosso dall’associazione Riferimenti. Un percorso itinerante che dalla Calabria si snoderà lungo tutto il
territorio nazionale per concludersi a maggio con le “Giornate
della Gerbera Gialla”. Ad aprire questa nuova edizione del
progetto sarà il direttore centrale della Polizia criminale
Francesco Gratteri che interverrà nel corso dell’incontro
che si terrà questa mattina
(con inizio alle 10.30) al Con-
siglio regionale.
Nel corso della giornata che
sarà aperta dall'intervento del
presidente del Consiglio regionale Francesco Talarico, sarà
proiettato e presentato il calendario 2012 di “Riferimenti”,
dedicato agli anniversari del
decennio di sangue 1982-1992
e destinato come strumento didattico alle scuole. Alla manifestazione parteciperanno delegazioni di studenti provenienti da varie zone della Calabria, che potranno ascoltare, la
musica di Andrea Lucisano artista e filosofo napoletano di
origine calabrese. Autore di di-
verse colonne sonore per documentari e per film Lucisano ha
pubblicato il libro Il Cantico
dell’Uva, con la prefazione di
Edoardo Bennato, De Angelis
editore. Nel 2008 gira a Cinecittà di Roma “Socrate e la nuvola rosa”, film psichedelico
che riprende l’Apologia di Platone, utilizzando la musica
elettronica, le animazioni ed
un rap in greco antico tratto
dalla lettera di Epicuro sulla felicità.
Il progetto che oggi prende il
via ufficialmente fa seguito al
protocollo d’intesa siglato tra il
Consiglio regionale della Cala-
bria e il Coordinamento nazionale antimafia Riferimenti. L'azione progettuale educativa è
mirata alla sensibilizzazione
pubblica come prevenzione
nella lotta alla criminalità organizzata ad ogni forma di violenza organizzata con particolare riferimento al mondo giovanile. L'obiettivo è la predisposizione di interventi mirati
onde impedire la penetrazione
della 'ndrangheta nel tessuto
sociale. Il percorso didattico ha
come base la memoria considerata chiave di lettura dei processi umani passati, presenti e
futuri.(e.d.)
Gazzetta del Sud Giovedì 1 Dicembre 2011
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Cosenza - Provincia
.
CORIGLIANO Il fratello dell’ex sindaco ha rilasciato dichiarazioni spontanee durante l’udienza preliminare del processo “Santa Tecla” che s’è tenuta ieri
Mario Straface parla in aula: sono innocente
Anche il nipote Davide, figlio del defunto Franco, s’è difeso dalle accuse mosse dalla Dda di Catanzaro
Emilia Pisani
CORIGLIANO
È stata fissata per il prossimo 15
dicembre l’udienza conclusiva
per il rito abbreviato al quale sono
sottoposti 73 degli imputati nel
maxi processo Santa Tecla. In
quella data il giudice delle udienze preliminari della distrettuale
di Catanzaro, Tiziana Macrì, leggerà la sentenza di primo grado.
Ieri nell’aula bunker del tribunale
di Catanzaro si è conclusa anche
l’arringa difensiva dell’imputato
Mario Straface, presente in aula,
coinvolto nell’inchiesta insieme a
numerosi dei suoi familiari. La
posizione della famiglia dell’ex
sindaco di Corigliano Pasqualina
Straface è rappresentata legalmente dagli avvocati Emanuele
Monte ed Ernesto D’Ippolito. Nella mattinata l’udienza si è concentrata principalmente sulle arringhe difensive del cosiddetto
gruppo milanese, vale a dire quelle persone coinvolte nel traffico
di droga che sarebbe stato allestito tra il capoluogo lombardo e la
città di Corigliano. Successivamente nel pomeriggio la parola è
passata alla difesa degli Straface.
Mario Straface ha voluto rilasciare alcune spontanee dichiarazioni in aula, professandosi oltre
che innocente, completamente
estraneo ai fatti che la pubblica
accusa e l’imprenditore Giuseppe
Curto gli rivolgono. All’alba del
21 luglio del 2010 insieme a Mario Straface veniva tratto in arresto con l’accusa di associazione
per delinquere di stampo mafioso
anche il fratello Franco Straface,
stroncato da un ictus meno di
venti giorni fa mentre era sottoposto agli arresti domiciliari. Mario Straface ha ricordato in buona
parte dei suoi passaggi, interrotti
da una comprensibile emozione,
l’estraneità anche del fratello e
dei suoi familiari (sono coinvolti
nell’inchiesta pure Fabio, Lucia,
Rossella, Davide, Santo e Santino
Straface per i quali il pm Luberto
ha chiesto un anno di pena). Mario Straface ha riferito in merito
alla attività imprenditoriale costruita negli anni insieme al fratello affermando di essere stati
essi stessi imprenditori vessati
dalla criminalità di Corigliano.
Straface ha poi riferito in merito
ai rapporti intercorsi con l’imprenditore Giuseppe Curto, ai
tempi della costruzione della
struttura ricettiva di Contrada Ricota Grande a Corigliano. L’avvocato D’Ippolito ha definito il
gioielliere Pino Curto come un calunniatore in merito a quanto riferito sugli Straface. Anche Franco Straface avrebbe voluto rilasciare dichiarazioni spontanee in
aula al gup Macrì, ma il malore
fulminante glielo ha impedito,
per questo ci ha pensato il figlio
Davide che ieri in aula ha parlato
della figura del padre defunto in
un clima di grande commozione,
fornendo della documentazione
in merito ai lavori eseguiti dalla
Straface srl al complesso Airone.
Davide Straface ha poi riferito,
occupandosi per l’azienda di famiglia di riscuotere i compensi
dai clienti, dei rapporti economici intrapresi con il Curto al fine di
realizzare i lavori presso la struttura. In concreto secondo la difesa la ditta Straface oltre ad aver
eseguito e bene i lavori ci avrebbe
anche rimesso economicamente
con il Curto. La lunga arringa della difesa degli Straface oltre a voler dimostrare l’estraneità ai fatti
contestati in merito alla “vicenda
Airone” avrebbe avvalorato la tesi secondo la quale gli Straface
non potevano essere vicini all’organizzazione malavitosa coriglianese in quanto essi stessi vittime del malaffare.
CORIGLIANO
L’asfalto
disastrato
e le colpe
dei camion
Una delle aziende sequestrate agli Straface durante il blitz “Santa Tecla”
L’ingresso dell’aula bunker di Catanzaro dove si sta svolgendo il processo
CORIGLIANO Il dirigente medico era stato denunciato dal primario di Neurologia
Omissione in atti d’ufficio, assolto Ritrovato
CORIGLIANO. È stato assolto
“perché il fatto non sussiste”
dall’accusa di omissione d’atti
d’ufficio Salvatore Ritrovato,
dirigente medico in servizio
presso il reparto di Neurologia
dell’ospedale “Compagna” di
Corigliano. L’attività lavorativa
all’interno del reparto del medico era stata oggetto nell’estate del 2010 di una serie di relazioni scritte a firma del primario del reparto ospedaliero, il
quale accusava il Ritrovato di
aver volutamente omesso atti
del proprio ufficio ed in particolare di non aver risposto nei termini ad una chiamata in pronta
disponibilità da parte del medesimo nosocomio. Il dottor Ritrovato già in sede amministrativa era risultato indenne dai rilievi e dalle responsabilità attribuitegli a seguito anche di uno
specifico provvedimento adottato dallo stesso direttore sanitario della struttura ospedaliera coriglianese. una vicenda
questa che ha contribuito a generare uno stato di “agitazio-
TARSIA L’ente gestore delle Riserve ottengono consensi alla Conferenza in materia
ne” all’interno del reparto, recentemente interessato da una
sospensione dei ricoveri. Salvatore Ritrovato è stato anche nominato dall’Azienda sanitaria
provinciale di Cosenza responsabile dell’ambulatorio di Neurologia ed Elettromiografia
dell’ospedale. In merito alla vicenda giudiziaria Ritrovato ha
dichiarato di aver affrontato la
questione con grande serenità
e di aver avuto completa ed incondizionata fiducia nel corso
della giustizia.(emi.pis.)
L’ospedale di Corigliano
SPEZZANO A. Lascia il vicesindaco
La tutela dell’ambiente al primo posto Clamorosa sorpresa
Ernesto Paura
TARSIA
Molti consensi hanno riscosso
“Gli Amici della Terra Italia”, in
qualità di ente gestore delle Riserve naturali regionali del Lago di
Tarsia e della Foce del Crati, a
conclusione della “due giorni” dei
lavori della Conferenza regionale
sull’educazione ambientale, svoltasi presso l’Università degli Studi
della Calabria nei giorni scorsi. Lo
stand dedicato alle riserve e al
centro di esperienza ambientale
della Rete Infea Calabria: “A scuola nelle Riserve”, allestito presso il
“Village Crea”, è stato, infatti, visitato da un pubblico numeroso,
costituito principalmente da studenti e docenti di scuole di ogni
ordine e grado, interessati ad ac-
Studenti in visita alle Riserve
quisire informazioni sulle diverse
attività promosse dalle “Riserve”,
soprattutto riguardo all’educazione ambientale e alla tutela e valorizzazione della biodiversità. Con
la partecipazione a tale iniziativa,
l’Ente gestore delle “Riserve”, attraverso suggestive immagini e
gigantografie a colori, ha voluto
promuovere la straordinaria biodiversità delle due, ed uniche (ad
oggi) riserve istituite dalla Regione Calabria. Ha voluto, inoltre,
far conoscere – fanno rilevare gli
stessi gestori – «i diversi servizi e
le numerose attività portate avanti per la tutela, la conservazione,
la valorizzazione e la fruizione
delle risorse naturali. In particolare è stato fornito ai numerosi docenti delle scuole che hanno visitato lo stand la pubblicazione “Le
attività di educazione ambientale
delle Riserve-Programmi e percorsi educativi e formativi a favore delle scuole di ogni ordine e
grado”. Una guida dettagliata che
illustra i servizi creati, le attività
condotte ed i percorsi educativi e
formativi attivati dalle Riserve nel
settore dell’educazione e della
formazione ambientale».
Al “CreaVillage”, gli “Amici
della Terra” hanno allestito anche
la mostra: “Che cos’è la Biodivertà”, inserita nell’ambito della
campagna di educazione ed informazione ambientale avviata – lo
ricordiamo – lo scorso anno, in occasione dell’anno internazionale
per la Biodiversità, per contribuire alla salvaguardia dello straordinario patrimonio ambientale.
SAN DEMETRIO CORONE In programma progetti a tutela delle minoranze linguistiche
Approvata all’unanimità la partecipazione ai Pisl
Pasquale De Marco
SAN DEMETRIO CORONE
Il consiglio comunale ha approvato all’unanimità – prassi davvero
inconsueta di condivisione programmatica tra maggioranza e
opposizione – la partecipazione
all’avviso pubblico della Regione
per la selezione dei Pisl (Progetti
integrati di sviluppo locali). Tre
gli ambiti di intervento: “Qualità
della vita”, “Sistemi produttivi” e
“Centri storici e borghi d’eccellenza”, per un importo complessivo
di due milioni e centomila euro.
Rinviata, invece, in attesa
dell’emanazione da parte della
Regione delle linee guida, l’adesione ai Pisl riferiti alla “Tutela,
salvaguardia e valorizzazione del
patrimonio etnoantropologico
delle Minoranze linguistiche della Calabria”. I progetti presentati
– hanno spiegato il sindaco Cesare Marini e il consigliere delegato
alla Cultura, Salvatore Mauro –
sono stati elaborati, così come
prevede il regolamento, da un
“Partenariato di ambito” costituito tra i Comuni di Acri, Bisignano,
San Cosmo Albanese, San Demetrio Corone, San Giorgio Albanese, Santa Sofia D’Epiro, Terranova da Sibari, Tarsia e Vaccarizzo
Albanese. Nei Pisl “Qualità della
vita”, per quanto concerne San
Demetrio, sono stati programmati il completamento del Teatro del
folklore e delle tradizioni albanesi” e la creazione di un “Percorso
urbano della salute” (419.000 euro) con spazi attrezzati all’aperto
di aggregazione sociale, pratica
sportiva e attività ricreative. Gli
interventi dei “Sistemi produttivi”
prevedono la realizzazione di un
“Centro commerciale naturale e
servizi di fruibilità ed accessibilità
per la rivitalizzazione economica
del centro storico di San Demetrio
Corone: un modello ecocompatibile” (400.000 euro). Sono anche
previsti finanziamenti da erogare
ai privati, mediante appositi bandi, finalizzati alla nascita o all’ampliamento di microimprese e attività artigianali per promuovere
crescita economica e occupazionale. Con i fondi richiesti per i Pisl
“Centri storici e borghi di eccellenza”, infine, si intende realizzare il “Museo del Festival della canzone arbëreshe” (437.000 euro) e
il “Museo di Arte contemporanea”
collegato alla Biennale “Magna
Grecia” (417.000). Quest’ultimo
progetto include anche l’attivazione servizi propedeutici per la
certificazione di borgo di eccellenza ed il conseguente inserimento nei circuiti turistici.
durante il Consiglio
Serra dimissionario
Johnny Fusca
SPEZZANO ALBANESE
Colpo a sorpresa nel consiglio
comunale tenutosi ieri sera a
Spezzano Albanese: il vicesindaco Luigi Serra s’è dimesso.
A darne notizia – l’interessato non ha presenziato
all’assise – è stato il primo cittadino Giovanni Cucci, che
ha letto ai colleghi consiglieri
e ai cittadini presenti alla seduta che s’è tenuta presso la
sala consiliare il documento
protocollato ieri mattina dallo stesso Serra.
Nella breve nota, l’ex vicesindaco afferma di aver lasciato l’incarico perché più
volte non in linea con le decisioni prese dalla maggioranza e a seguito dell’incapacità mostrata nel gestire il
problema dell’acqua inquinata. Serra specifica infine che
resta come consigliere «per
realizzare una Spezzano migliore rispetto a quella attuale».
Parole che suonano come
un messaggio alla cittadinanza teso a sottolineare il distacco dall’azione della squadra di governo e, implicitamente, un’ammissione di insoddisfazione sulla Spezzano
odierna, governata negli ultimi due anni e mezzo dalla
giunta Cucci.
Nel commentare quanto
accaduto, il primo cittadino
ha detto che la decisione di
Serra lo ha colto «impreparato», precisando quindi che i
tempi sono adesso maturi per
«verificare se la maggioranza
ha i requisiti giusti per portare avanti l’azione politica. Ho
l’obbligo di fare questa verifica», ha detto il sindaco, subito però “bacchettato” dal consigliere di opposizione Giuseppe Liguori, il quale ha rimarcato sia la gravità delle
motivazioni espresse da Serra sia il fatto che le stesse, da
sole, né reggano né giustifichino il fatto che la maggioranza sia arrivata “impreparata” alle dimissioni.
Dai consiglieri di minoranza Ferdinando Nociti e Fernando Iannuzzi sono arrivati
gli inviti al sindaco a dimettersi. E Cucci stavolta non ha
escluso l’ipotesi: «Ci sono
buone possibilità che, da qui
a qualche giorno, io non sia
più il sindaco di Spezzano»,
ha detto, precisando però di
voler prima capire «se la maggioranza mi sostiene ancora».
A proposito di “numeri”, conti alla mano adesso le cose si
complicano: Cucci ha dalla
sua 11 consiglieri, ma 3 fanno
parte di Voce del Popolo e
Serra è in rotta con il gruppo.
A Cucci restano insomma
sette pedine “sicure”. Morale:
se i quattro consiglieri “vaganti” decidessero di votare
con i 5 colleghi di minoranza
i numeri non sarebbero più
dalla parte del sindaco.
CORIGLIANO. Sono ancora le
cattive condizioni dell’asfalto delle principali strade cittadine a suscitare il rammarico dei coriglianesi. In particolare ad intervenire con una
lettere aperta indirizzata ai
commissari prefettizi è il signor Armando Benvenuto,
membro della segreteria Fnp
Cisl di Corigliano. «Nei mesi
di novembre e dicembre –
scrive il cittadino – in concomitanza con il periodo della
raccolta degli agrumi le strade comunali e quelle rurali
vengono congestionate e
percorse da auto, camion e
mezzi di trasporto pesanti.
Alcune strade richiedono però un immediato intervento
per quello che riguarda il ripristino del loro manto stradale. Le condizioni della strada di contrada Cardame,
Torre di Mezzo dopo le piogge è peggiorata terribilmente
tanto da sembrare un letto di
un torrente. La stessa, assai
trafficata, necessita di un
manto stradale di circa 2 chilometri e nell’immediato la
chiusura delle numerose buche divenute profonde e impraticabili». Ad aggravare ulteriormente le condizioni
delle strade cittadine poi la
circolazione, incontrollata di
mezzi pesanti in tutte le zone
del territorio.(emi.pis.)
CORIGLIANO
Promenzio
ha rischiato
di entrare
nel Governo
Alfonso Di Vincenzo
CORIGLIANO
Luigi Promenzio, 40 anni di
Corigliano, medico ortopedico considerato tra i migliori a livello nazionale e già
presidente nazionale del Sipal, nei giorni scorsi è stato
considerato per la nomina a
sottosegretario di Stato alla
Sanità. Il suo alto livello di
preparazione, le sue capacità e un curriculum che lo vede anche insegnare presso la
scuola di specializzazione di
Medicina del lavoro dell’Università di Tor Vergata, lo
hanno posto tra coloro i quali sono stati valutati per questa alta carica istituzionale.
La notizia è trapelata nei
giorni scorsi, con l’inserimento del nome del coriglianese tra i probabili incaricati
come sottosegretari di Stato,
con Luigi Promenzio seriamente candidato ad entrare
al Ministero della Sanità.
Chiaramente Corigliano è
orgogliosa di un figlio che
rappresenta per propri meriti quell’eccellenza che questo territorio è in grado di offrire. I riconoscimenti e i risultati che Luigi Promenzio,
assieme ad altri noti coriglianesi che nel mondo dello
sport e della ricerca scientifica stanno raggiungendo
negli anni rappresentano
traguardi importanti anche
per questo lembo di Calabria.
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Gazzetta del Sud Giovedì 1 Dicembre 2011
Reggio Tirrenica
.
IL PROCESSO In corte d’appello la requisitoria del procuratore generale che ha ribadito i ruoli dei dieci imputati già condannati in primo grado
“Cent’anni di storia”, sentenza da confermare
Il magistrato ha ribadito la richiesta di assoluzione nei confronti dell’ex sindaco Giorgio Dal Torrione
Ivan Pugliese
PALMI
La conferma dell’assoluzione di
Giorgio Dal Torrione e del dispositivo di sentenza di condanna,
con qualche piccola eccezione,
emesso in primo grado dal Tribunale di Palmi. Si è celebrato nella
giornata di ieri il processo d’appello relativo all’operazione
“Cent’anni di storia” dinanzi alla
Corte d’Appello di Reggio Calabria (presidente Iside Russo con
a latere i dottori Napoli e Campagna). Accolta l’opposizione presentata dagli avvocati Domenico
Alvaro e Michele Gullo, alla quale si sono poi associate tutte le difese, di non accoglimento della
richiesta della Procura che aveva
appellato la sentenza di primo
grado non ritenuta quantitativamente adeguata come pene comminate.
Dopo la richiesta di produzione documentale relativa alla posizione di Giuseppe Piromalli
(avvocati Domenico Infantino e
Marcella Belcastro) sulla liceità
di alcune conversazioni intercettate e il deposito della sentenza
di giudizio abbreviato del medesimo procedimento da parte
dell’accusa, è stata la volta del
procuratore generale di Reggio
Calabria, Fulvio Rizzo, dare il via
alla propria requisitoria. Un paio
di ore sono servite al Pg per descrivere in modo attento ed articolato le varie vicende che hanno
ruotato attorno all’operazione
“Cent’anni di Storia”. Al termine
del suo intervento il Pg ha chiesto
la conferma delle condanne
comminate in primo grado e l’accoglimento della richiesta di
condanna per gli imputati che
erano stati assolti ad eccezione
del Dal Torrione. Il Pg ha chiesto
anche il non doversi procedere
nei confronti di Giuseppe Alvaro,
considerato dagli inquirenti a capo dell’omonima associazione,
condannato a 12 anni di reclusione in primo grado, per sopraggiunta morte dello stesso proprio
alcuni giorni fa. Anche Vincenzo
Priolo, assolto in primo grado, ha
trovato la morte lo scorso 8 luglio
a seguito di una rissa scoppiata
sulla statale 111 a Gioia Tauro.
In primo grado sono state
comminate altre 10 condanne:
Girolamo “Mommo” Molè classe
’61, 17 anni di reclusione; Domenico Molè classe ’62 condannato
a 16 anni; entrambi considerati
dagli inquirenti ai vertici
dell’omonima famiglia. Girolamo Molè classe ’63 detto “Il gancio” condannato a 5 anni e 6 mesi. Antonio e Natale Alvaro condannati a 9 anni di reclusione.
Per Giuseppe Piromalli, considerato dagli inquirenti ai vertici
dell’omonima cosca, condanna a
15 anni. Pietro D’Ardes, l’imprenditore a capo della cordata
romana che acquisì la Cooperativa “All Service”, 11 anni di reclusione; l’avvocato Giuseppe Mancini condannato a 9 anni. Per
Giuseppe “Pino” Arena, considerato dall’accusa intraneo alla cosca Molè in quanto uomo di fiducia della famiglia per la tentata
scalata della “All Service” 4 anni
e 8 mesi. Per Gianluigi Caruso,
uno dei liquidatori “All Service”,
accusato dagli inquirenti di essere stato partecipe della cosca “Alvaro” favorendo la scalata della
cordata romana, la condanna è
stata a 5 anni. Quindi è seguito
l’intervento delle parti civili. Il
processo “Cent’anni di storia”
prende il nome dall’omonima
operazione che portò allo scioglimento di alcune amministrazione della Piana di Gioia Tauro
e ad una raffica di arresti tra alcune delle famiglie mafiose più potenti della zona.
GIOIA Un Comitato per la sicurezza
Emergenza criminalità
il sindaco invoca
interventi del prefetto
Giuseppe Piromalli
Pietro D’Ardes
Vincenzo Toscano
Giuseppe Mancini
Girolamo Molè
GIOIA TAURO
L’ex sindaco Giorgio Dal Torrione
GIOIA TAURO In primo piano i problemi del porto e dell’ospedale
Nasce la sezione giovani dell’Udc
Gioacchino Saccà
GIOIA TAURO
Nasce a Gioia Tauro la sezione giovanile dell’UdC. «I giovani e la politica rappresentano invero due mondi troppo
distanti fra loro – afferma Nicola Pulimeni coordinatore
dell’UdC della Piana – ma forse adesso le cose stanno cambiando. Fino ad ora c'è stato
quasi disinteresse da parte
dei giovani per il presente ed
il futuro della città. Mostrano
di volersi riscattare e di voler
riscattare un territorio caratterizzato dalla presenza di un
grande porto che va difeso e
per il quale bisogna operare
per il suo recupero ed il suo
rilancio». In attesa che vengano nominati gli organi statutari il gruppo è guidato da
Luigi Longobucco e da Ivan
De Maio. «Il primo passo – dice ancora Pulimeni – sarà sicuramente quello di affiancare e sostenere l’Amministrazione comunale nella lotta
per la difesa del territorio e
delle risorse locali». La nascita della sezione giovanile
UdC è è fortemente impegnata a seguire le vicende e le
sorti del porto «ormai stremato» così come i problemi legati «alla vita ovvero al presente
ed al futuro dell’ospedale
Giovanni XXIII perchè alcuni
reparti continuano a restare
chiusi. Una realtà che fa temere che a lungo andare l’intera struttura chiuderà battenti».
Il sindaco, avv. Renato Bellofiore, in relazione agli ultimi
avvenimenti delinquenziali
verificatisi in città, ha richiesto al Prefetto dott. Varratta la
convocazione del Comitato
per l’Ordine e la Sicurezza
Pubblica «per l’adozione di
misure di contrasto della criminalità». «Mi vedo costretto
dai gravissimi attacchi alla legalità e all’ordine pubblico
che la mia città, negli ultimi
giorni, subisce assieme a tutti
i suoi abitanti ed alle sue Istituzioni, affranta e schiacciata
da un’escalation criminale
senza precedenti – scrive Bellofiore – ad avanzare richiesta
al Prefetto di convocazione
del Comitato per l`ordine e la
sicurezza pubblica. Rapine,
attentati dinamitardi - addirittura con l’uso di mitragliette - contro esercizi commerciali, incendi di automobili
quasi tutte le sere, atti di vandalismo contro beni comunali, sono ormai episodi che
hanno assunto una frequenza
impressionante e allarmante.
I cittadini, ma soprattutto i
commercianti,
quotidianamente rivolgono appelli alla
mia persona timorosi per la
propria incolumità e per le
sorti dell’attività portate
avanti con enormi sacrifici e
che rischiano di esporre gli
esercenti a gravi rischi anche
fisici». «Solo pochi giorni fa –
riferisce il Sindaco - la titolare
di una tabaccheria è stata colpita al volto con il calcio di
una pistola da un gruppo di
balordi, fortunatamente assicurati alla giustizia dalla immediata efficacia azione dei
carabinieri, durante un tentativo di rapina. Episodi come
questi testimoniano la recrudescenza di un fenomeno di
espansione criminale che non
si ferma dinanzi a niente e che
ci atterrisce e getta nello sconforto un’intera comunità».
Bellofiore sottolinea che «è
motivo di soddisfazione per
questa Amministrazione evidenziare i grandi risultati che
l’azione sul campo delle Forze
dell’Ordine e della Magistratura ha consentito di raggiungere negli ultimi anni e soprattutto negli ultimi difficili
mesi. Questi successi testimoniano che la strada della cooperazione istituzionale è la soluzione adeguata e vincente».
Il sindaco Renato
Bellofiore
ha sollecitato
un comitato
per la sicurezza
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Gazzetta del Sud Giovedì 1 Dicembre 2011
Reggio Ionica
.
PALIZZI Indetta per oggi una riunione con le associazioni per discutere il regolamento
MELITO Il presidente della Fondazione Marino per l’autismo
Gestione degli impianti sportivi «Una sfida durata tre anni:
fine ce l’abbiamo fatta»
Il sindaco convoca tutti i cittadini alla
Concluso il progetto finanziato dalla Regione
«Una vera e propria “conferenza” in cui le proposte saranno ben accolte»
Giuseppe Toscano
Pietro Parisi
MELITO
PALIZZI
Tre anni di lavoro, di sperimentazione sul campo. Un impegno
ad ampio spettro in ambito
scientifico, portato avanti con
l’obiettivo esclusivo di migliorare le condizioni di vita dei soggetti affetti da sindrome autistica. L’esperienza vissuta ha consentito alla Fondazione Marino
per l’autismo di fare conoscere e
apprezzare il proprio centro operativo a Prunella, nel comune di
Melito Porto Salvo. Proprio nella
giornata di oggi si chiude il triennio di sperimentazione concesso
e finanziato dal Dipartimento regionale della Salute. «Per i nostri
ragazzi e per tutto il personale si
è trattato di una sfida. Siamo orgogliosi – commenta il fondatore
del centro, Giovanni Marino –
nel dichiarare che la sfida è stata
un successo. La Fondazione è un
esempio di organizzazione, di
professionalità e di risultati riconosciuta da tutto il mondo scientifico nazionale che si occupa di
questa patologia. Abbiamo prodotto una serie di lavori presentati nei più prestigiosi convegni
nazionali e internazionali e abbiamo pubblicato molti articoli
presso le maggiori riviste italiane ed europee».
La qualità del servizio riabilitativo-promozionale rivolto agli
autistici nel centro di Prunella
già riconosciuta ha acquisito ulteriori crediti proprio nel periodo della sperimentazione. «Siamo una struttura – evidenzia il
presidente della Fondazione –
che è presa a modello sia organizzativo che educativo a livello
nazionale. Abbiamo contribuito
in maniera determinante alla
elaborazione delle linee guida
nazionali per conto dell’Istituto
Il sindaco Sandro Autolitano
ha invitato per oggi pomeriggio cittadini e associazioni
sportive per discutere il nuovo
regolamento comunale sulla
gestione degli impianti sportivi. L’incontro, una vera e propria “conferenza sullo sport”,
si svolgerà, con inizio alle ore
18, presso la sala della biblioteca.
L’invito del sindaco alla cittadinanza ed alle associazioni
sportive non ha solo il fine di
aumentare il tasso di democrazia, attraverso la partecipazione di tutti alla discussione sulla fruizione di un bene pubblico, anche se sempre di proprietà dell’Ente. Il fine è anche, se non soprattutto, quello
di un contributo d’idee da parte di semplici cittadini, praticanti e associazioni, sulla gestione degli impianti sportivi
che insistono nella cittadina e
che devono essere al servizio
di tutti. Anzi, a questo proposito, è opportuno ricordare che
l’articolo 6 del nuovo regolamento – approvato all’unanimità, in una delle ultime sedute del Consiglio – recita testualmente che «l’accesso agli
impianti deve essere garantito
a tutti quelli che ne fanno richiesta, secondo la programmazione annuale, nel rispetto
dei principi d’uguaglianza e
senza discriminazioni, favorendo i soggetti che sono in situazione di svantaggio fisico e
morale».
Il regolamento, che è stato
redatto, vale la pena di sottolinearlo, con il contributo dei
consiglieri d’opposizione, è
L’ingresso del centro polivalente di Palizzi
composto da 16 articoli. Le
norme, dopo l’individuazione
degli impianti stessi (campo di
calcio e palazzetto dello
sport), prevedono le modalità
di gestione e d’affidamento a
terzi; la durata della convenzione; le condizioni di gestione; il contratto di servizio e
concessione; il rispetto per gli
impianti e le attrezzature, assieme alla loro manutenzione
ordinaria e straordinaria. Previste anche le eventuali manifestazioni pubbliche e le penalità e il divieto di subconcessione. Nella riunione di oggi
pomeriggio, oltre ai privati in-
teressati alla gestione del palazzetto dello sport, un impianto fornito di tribuna, campo da tennis, pallavolo, basket, calcio a cinque, sala conferenze e servizi, saranno presenti anche i dirigenti delle varie società sportive, tra cui
l’Associazione sportiva Palizzi
e le rappresentanti del calcio a
cinque femminile.
Per quanto riguarda, infine,
la partecipazione alla discussione di chiunque voglia esprimere e fornire idee, l’assessore
allo Sport, Angelo Nucera, ha
delineato i confini entro i quali
l’Amministrazione è disposta
SALINE La proposta del presidente della Pro Loco Romeo
ad accettare suggerimenti. «Il
regolamento – ricorda Nucera
– è stato approvato all’unanimità dal Consiglio e quello rimane, anche se siamo aperti,
per esempio, alle modalità di
gestione degli impianti. Un
esempio? Ai concessionari non
faremo pagare l’acqua o l’energia elettrica e faciliteremo, per
quanto possibile, la loro opera.
Ovviamente – chiarisce l’assessore – terremo conto di suggerimenti di natura strutturale,
indirizzati ad una migliore gestione di tutte le attrezzature
sportive di proprietà del Comune».
Il presidente Giovanni Marino davanti al Centro di Prunella
superiore di sanità. Con i nostri
limitati mezzi abbiamo ispirato e
collaborato con il Censis a una ricerca epidemiologica su tutto il
territorio nazionale i cui risultati
saranno pubblicati a inizio del
prossimo anno. Siamo impegnati in un lavoro di monitoraggio
dell’utilizzazione della melatonina come coadiuvante della stabilizzazione del sonno poiché è
un ormone molto utilizzato sulle
persone con autismo e, benché
sia accertata l’assenza di ogni effetto collaterale, non è mai stato
prodotto uno studio sistematico
sulla sua efficacia. In primavera
saremo in grado di pubblicare i
risultati».
Ovviamente c’è grande attenzione su quanto emerso dal lavoro di ricerca, anche perché l’autismo continua a rappresentare
un tabù con cui sono costretti a
fare i conti famiglie ed enti. «Conoscendo a fondo il problema –
evidenzia Marino – non ci siamo
proprio risparmiati nell’impegno. Abbiamo messo anche a
punto, ed è in corso il brevetto,
un ausilio di comunicazione ed
allo stesso tempo di abilitazione
e monitoraggio dei dati per rendere la persona con autismo, ma
più in generale quelli privi del
linguaggio, indipendenti ed autonomi per le richieste sulla sfera
dei bisogni primari. Insomma,
abbiamo lavorato con il cuore
per rendere confortevole la vita
dei nostri ragazzi e con la testa
per sviluppare i migliori strumenti e le migliori strategie possibili per migliorare la conoscenza e renderla disponibile a tutti
quelli che ne hanno bisogno. Dal
primo dicembre l’avventura continuerà grazie alla grande disponibilità dell’Azienda sanitaria
che, credendo nella nostra missione, ci ha promesso la stipula
della convenzione».
BOVA MARINA La triade per l’accesso al Comune avrà altri 90 giorni di tempo
Centrale a carbone? No, grazie Prorogata la commissione antimafia
Meglio un complesso turistico
Domenico Pangallo
BOVA MARINA
Il prefetto Luigi Varratta ha prorogato per altri tre mesi l’attività
della commissione d’accesso antimafia nel Comune di Bova Marina. La triade composta dalla
dott. Emma Caprino, vice prefetto e dai funzionari dott. Antonio
Corvo e dott. Patrizia Cisterna
avrà ulteriori 90 giorni per verificare l’eventuale sussistenza di
elementi comprovanti tentativi
di infiltrazioni e condizionamenti delle organizzazioni criminali
al fine di incidere sulle procedure
amministrative del Comune e sugli indirizzi generali dati dagli organi elettivi nonché sulla funzionalità e sul buon andamento della stessa amministrazione. Il pre-
Federico Strati
MONTEBELLO JONICO
Un insediamento turistico polivalente da realizzare sul sito
dell’ex Liquichimica per scongiurare l’ipotesi centrale a carbone. A proporre l’alternativa
all’insediamento industriale è
la Pro Loco di Saline Joniche
che, per voce del suo presidente Mimmo Romeo, spiega nel
dettaglio la proposta.
«Abbiamo pensato – afferma – ad un villaggio turistico
di tipo residenziale, dotato
all’interno di strutture ricettive e sportive in grado di rendere gradevole la permanenza
del turista. Di tali strutture potrebbe usufruire anche la popolazione del comprensorio,
non solo durante la stagione
estiva, ma anche durante quella invernale, venendo così a
colmare una domanda locale
insoddisfatta per l’assenza di
infrastrutture e servizi. In palinsesto c’è anche la destinazione di una parte delle banchine del bacino portuale alle
imbarcazioni da diporto». Ovviamente, previa riqualificazione dell’invaso, che in questo momento – ancora una volta – è insabbiato: basta una
mareggiata perché lo scalo sia
inutilizzabile.
Il turismo per Romeo è
l’unico punto dal quale ripartire per superare definitivamente la realtà industriale fallimentare degli ultimi quarant’anni: «In Calabria, dove ci
sono 738 chilometri di costa, il
turismo costituisce la tipologia
Il porto di Saline Joniche ancora una volta insabbiato
di offerta ampiamente prevalente. Lungo questa fascia –
spiega Romeo – si individuano
aree consolidate per l’alta ricettività alberghiera ed extralberghiera, aree in via di sviluppo turistico dotate di un sufficiente livello di ricettività e
aree potenziali dotate di ricchezze ambientali: fra queste
ultime rientra Saline Joniche,
dove poche sono le possibilità
di trasformazione produttiva
degli impianti e dove, invece,
molte sono le soluzioni di recupero a scopi funzionali
dell’area industriale dismessa».
Un’area che – prosegue Romeo – vista la sua posizione
strategica adiacente al bacino
portuale, rende attualissima la
formula porto/villaggio con
tanto di insediamento turistico
polivalente». La proposta della
Pro Loco è certamente ambiziosa ma, per attuarla, bisognerebbe prima acquisire i terreni e poi trovare chi è disposto a finanziare il tutto. Senza
dimenticare la necessità improcrastinabile di ripristinare
la piena funzionalità del porto,
elemento strategico per lo sviluppo dell’intera area. In tal
senso la Regione (tramite il vicepresidente del Consiglio regionale Alessandro Nicolò,
l’assessore alle Attività produttive Antonio Caridi, il consigliere Candeloro Imbalzano e
il dirigente generale del dipartimento Lavori pubblici Giovanni Laganà) ha di recente
dato ampie rassicurazioni sulla propria volontà di riqualificare la struttura portuale, anche mediante l’istituzione di
un tavolo tecnico congiunto.
del consiglio comunale disposto
dal prefetto a causa delle dimissioni contestuali presentate dalla maggioranza assoluta dei consiglieri. Il commissario prefettizio si occupa della provvisoria
gestione dell’ente locale con i poteri spettanti al sindaco, al consiglio e alla giunta sino alla prima
tornata elettorale utile. Sul ritorno alle urne pende come una spada di Damocle la relazione della
commissione d’accesso. Un
eventuale scioglimento per infiltrazioni mafiose , infatti, disposto con decreto del Presidente
della Repubblica su proposta del
ministro dell’Interno, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, comporterebbe il commissariamento dell’Ente per non
meno di diciotto mesi.
fetto aveva disposto l’accesso, ai
sensi della normativa antimafia,
«sulla base di un’attività di monitoraggio svolta successivamente
all’insediamento del Consiglio
eletto il 13 e 14 aprile 2008».
In tale tornata elettorale le urne premiarono la lista “Nuovi
orizzonti”, guidata da Giovanni
Squillaci, con più di 1600 voti di
preferenza. A poco più di un mese dall’insediamento, nell’ambito dell’operazione “Bellu lavuru”, che ha svelato gli interessi
delle cosche sui lavori della strada statale 106, veniva tratto in
arresto Sebastiano Altomonte,
consigliere comunale di maggioranza, condannato in appello.
Intanto il Comune è guidato
dalla dott. Francesca Crea, vice
prefetto, dopo lo scioglimento
La dott. Francesca Crea
MELITO Proseguono gli incontri politico-programmatici tra gli esponenti della coalizione
Elezioni, centrosinistra alla ricerca del leader
MELITO. Terzo incontro tra i par-
titi in vista delle amministrative
di primavera. Come nelle occasioni precedenti, anche in quest’ultima circostanza la discussione è ruotata attorno a punti
programmatici e alle possibili alleanze da stringere in occasione
della tornata elettorale che porterà al rinnovo del consiglio comunale. «Continua – evidenziano i responsabili degli schieramenti politici che stanno animando le riunioni – il confronto
avviato fra le forze politiche melitesi, nella prospettiva della
prossima campagna elettorale
che vedrà il rinnovo del consiglio
comunale. All’incontro, tenutosi
nella sede del circolo Italia dei
valori, hanno partecipato, per i
partiti del centrosinistra Antonino Minniti e Mario Alberti, rispettivamente presidente e segretario del circolo Idv, Concetto
Laganà, segretario cittadino del
Partito democratico, Sebastiano
Romeo, referente cittadino di
Sel, Angelo Marra e Agostino Casile del Partito dei Comunisti italiani. Erano presenti anche i rappresentanti dei partiti di centro
nelle persone di Luigi Marcianò,
segretario cittadino di Api, Carmelo Laganà, referente di Fli».
I rappresentanti dei partiti
hanno dimostrato piena condivisione dei punti programmatici
sviluppati nelle riunioni precedenti. «Punti programmatici –
viene chiarito – caratterizzati
dalla necessità di porre una netta discontinuità amministrativa
rispetto al passato; lanciare un
patto etico con la città; riaffermare il no alla centrale a carbone; riproporre con forza la questione ospedale e i servizi sanitari ai cittadini dell’area; programmare uno sviluppo ecosostenibile del territorio».
Sulla scelta del leader da porre, nella veste di candidato a sindaco, alla guida della lista che
verrà formata, i partecipanti
all’incontro «hanno evidenziato
l’importanza di una figura che
sia rappresentativa della coalizione del centrosinistra, espressione dei movimenti e della società civile, che condivida gli
aspetti programmatici che sono
stati elaborati al tavolo di confronto fra i partiti». Gli stessi
esponenti di partito, «pur ribadendo che la lista sarà sicuramente civica», hanno stabilito
«che ci dovrà essere una cabina
di regia politica a sovrintendere
all’azione politico-programmatica della costruenda compagine
di governo».(g.t.)
41
Gazzetta del Sud Giovedì 1 Dicembre 2011
Reggio Tirrenica
.
ROSARNO Ribaltata la scelta della Commissione straordinaria
PIANA
Rigassificatore,
il Consiglio comunale
rafforza il fronte del no
e revoca la delibera
In vendita
patrimonio
immobiliare
della Provincia
PIANA DI GIOIA TAURO. Prose-
Bocciata anche la richiesta di istituire
un nucleo d’indagine sul taglio degli alberi
Giuseppe Lacquaniti
ROSARNO
Si schiera contro la costruzione
del rigassificatore il Consiglio
comunale di Rosarno. Nella seduta di martedì sera, ha revocato la delibera del 2009 della
Commissione
straordinaria,
con la quale veniva dato parere
favorevole alla realizzazione
del megaimpianto. Così, dopo
Gioia Tauro, Rosarno è il secondo Comune ad opporsi alla
costruzione del rigassificatore,
dei tre municipi (l’altro è San
Ferdinando)
commissariati,
tra il 2008 e il 2009, per condizionamenti mafiosi.
Nel documento proposto,
per conto della maggioranza di
centrosinistra, da Maria Borgese (Pd) vengono messi in rilievo gli effetti devastanti che il
rigassificatore potrebbe comportare in un’area sismica di
primo grado, a fronte di una
Valutazione di Impatto Ambientale (Via) del tutto carente, nonché di ricadute occupazionali assolutamente trascurabili.
Assente per impegni di famiglia il sindaco Elisabetta Tripodi, a votare a favore della revoca della delibera commissariale del 2009 sono stati gli 11
consiglieri di maggioranza
(Borgese, Bruzzese, Calarco,
D’Agata, Italiano, Il Grande,
del Pd; Bottiglieri, Papasidero,
Pronestì di Sel; Ascone e Palaia
dell’Udc), mentre si sono astenuti i 6 della minoranza Pdl
(Barone e Paparatti), “Grande
Sud” (Careri e Saccomanno),
“Scopelliti Presidente” (Carrozza e Sorrenti)
L’avv. Raimondo Paparatti
(Pdl) ha censurato il comportamento della maggioranza
per avere portato in Consiglio
un documento non sottoposto
al vaglio preventivo delle altre
forze politiche, su un tema,
quale il rigassificatore, «meritevole di essere approfondito
da un apposito Consiglio aperto alla cittadinanza con l’apporto di esperti».
Per
l’avv.
Saccomanno
(Grande Sud) è tardiva la presa di posizione della maggioranza, che non potrà avere
conseguenze sull’iter procedurale del progetto, già in stato
avanzato. «Si rende invece indispensabile proseguire la battaglia da noi intrapresa contro i
danni provocati alla nostra Piana con gli impianti già in funzione: inceneritore, centrale
elettrica di Rizziconi, megadepuratore di Gioia Tauro». Vani
sono risultati gli appelli alla
minoranza per un voto unanime, con la promessa della convocazione di un Consiglio apposito su rigassificatore e questioni ambientali, lanciati dai
consiglieri D’Agata, Italiano, Il
Grande, Papasidero.
L’altro argomento scottante,
di cui si è occupato il civico
Consesso, riguarda la proposta
avanzata da un gruppo di maggioranza, l’Udc, di istituire una
commissione consiliare d’inchiesta, «tesa a far luce definitivamente» sul noto episodio
del taglio degli ulivi di proprietà comunale. L’istanza dell’Udc
è stata considerata improponibile dal presidente del Consiglio, Antonio Bottiglieri, che
nei giorni scorsi aveva richiesto in merito un parere alla Segretaria generale del Comune.
Secondo l’articolata risposta
della dott. Maria Alati non è
fattibile l’istituzione della
Commissione su una vicenda
in atto al vaglio dell’Autorità
Giudiziaria, «in quanto viene
ipotizzata una violazione di
precetti penali da parte di
ignoti; indagine esitata da denuncia dell’Amministrazione
comunale e nella quale il Comune è persona offesa di reato».
LA PROTESTA Il vicesindaco: mai forniti servizi agli agricoltori
Varapodio fuori dal Consorzio di bonifica
«Stop alle vessazioni di un ente inutile»
Vincenzo Vaticano
VARAPODIO
Con delibera del Consiglio, adottata con voto unanime, è stato approvato lo schema di protocollo
d’intesa relativo al Progetto integrato di sviluppo locale (Pisl) che
il Comune, unitamente ad altri
comuni consorziati, si appresta a
presentare alla Regione per ottenere i finanziamenti necessari al
conseguimento degli obiettivi
prefissati nell’ambito delle tre linee guida che caratterizzano tale
progetto: “Sistema produttivo locale”, “Qualità della vita”, “Valorizzazione dei centri storici e dei
borghi di eccellenza in Calabria”.
Il vice sindaco Orlando Fazzolari
ha illustrato, per sommi capi, i
contenuti del progetto integrato
che, predisposto ancora in forma
preliminare, concorrerà alla selezione - effettuata da un apposito
nucleo di valutazione costituito
presso la Regione - per l’accesso ai
finanziamenti comunitari disponibili per la provincia (96 milioni
di euro per un totale di 16 progetti).
Nello schema di protocollo approvato figurano i partner privati
(Università e altri enti) aderenti
al Pisl. L’arch. Fortunato Cozzupoli , nominato coordinatore, sarà coadiuvato dall’ufficio tecnico
del Comune. Esperita la fase relativa ai progetti integrati, il civico
consesso ha proceduto, anche
Il Consiglio comunale a Varapodio
questa volta con il voto favorevole
dei due consiglieri di minoranza
presenti (Bonarrigo e Cosma), ad
adottare una delibera che costituirà un precedente che molti altri
Comuni potrebbero prendere ad
Il Consiglio comunale di Rosarno che ha revocato la delibera sul rigassificatore
SULLO SCEMPIO AMBIENTALE LA MAGGIORANZA SI DIFENDE
«C’è un’inchiesta della Procura in corso»
ROSARNO. A difesa della commissione d’inchiesta sul taglio
degli alberi sul terreno comunale
sono intervenuti il capogruppo
Antonino Ascone («volevamo
dare anche alle minoranze lo
strumento per accertare eventuali responsabilità») e l’avv.
Giuseppe Palaia, che ha ribadito
come all’Udc non interessino i
profili penali della vicenda, ma
esclusivamente quelli di ordine
amministrativo, alfine di accertare o escludere se ci sono implicazioni da parte di amministratori o dipendenti comunali. «Tardiva, strana ed inutile», è stata eti-
esempio. Il Consiglio, facendo
propria la proposta inserita all’ordine del giorno, ha infatti deciso
di svincolarsi e recedere, in modo
unilaterale, dal Consorzio di bonifica della Piana di Rosarno. Una
decisione che, verosimilmente,
rappresenterà il presupposto necessario per attivare tutte quelle
procedure, anche di carattere legale – è stato spiegato – per «affrancare i cittadini dalle vessazioni subite, in termini di pagamento
di tasse, a volte esose, da parte un
ente che non ha mai prodotto interventi a favore degli agricoltori
varapodiesi e di tutto ilcomprensorio». «Se tale Consorzio pur gestendo milioni di euro non fornisce alcun servizio e assume sempre di più le sembianze di un’entità astratta basata sul nulla, senza
alcuna utilità per gli associati – ha
sottolineato Fazzolari – è legittimo sottrarsi ad un obbligo in base
ad un elementare principio che
nulla è dovuto in mancanza della
relativa controprestazione».
LAUREANA DI BORRELLO Lascia un bagaglio di pubblicazioni e scritti ironici
L’addio al prof. Nardo poeta e spirito critico
Michelangelo Monea
LAUREANA DI BORRELLO
Una piccola folla di estimatori si
è ritrovata nella chiesetta di San
Pietro al centro di Laureana per
rendere l’estremo saluto al Prof.
Domenico Nardo deceduto l’altro ieri presso l’ospedale di Polistena dove era stato ricoverato a
seguito di una caduta accidentale. Aveva 85 anni e nonostante
qualche acciacco conservava la
sua perfetta lucidità. Mimmo,
così come era chiamato in famiglia e dagli amici, ha voluto egli
stesso funerali semplici, anzi una
semplice benedizione che gli è
stata impartita dal giovane vice
parroco don Antonio Lamanna.
Figura eclettica, maestro elementare, poeta e scrittore. Per
molti anni ha insegnato a Roma.
Poi, ritiratosi nella sua modesta
dimora di Laureana, si è dedicato
ai suoi studi e alla stesura di tante
sue pubblicazioni e lascia un concreto bagaglio di opere in lingua
italiana, in versi dialettali e soprattutto la sua pungente ironia
nei confronti delle persone e dei
personaggi più rappresentativi
del suo paese natale. La biblioteca locale ne raccoglie tutti i suoi
lavori e tra i più noti ricordiamo:
“L’impegno sociale di àcumpari
micu - restatini - Salimori - Penzeri e palori - La cummedia”.
Non sempre è stato osannato
per il suo stile critico, per i suoi
atteggiamenti, per il suo carattere scontroso e qualche volta è stato considerato alla stregua di
quel poeta medievale che “di tutti disse mal fuorché di Cristo, scusandosi col dir non lo conosco”.
In effetti Mimmo Nardo con le
sue salaci poesie in vernacolo e
con le altre sue opere è stato un
fustigatore e abile critico anche
nei confronti di amici e conoscenti e persino di quel clero a cui
non voleva affatto bene. Politicamente è stato sempre schierato a
sinistra ma mai impegnato direttamente. In qualche sua opera ha
ripercorso il periodo storico dalla fine del Fascismo all’avvento
della Repubblica, rievocando tra
i tanti episodi, vissuti direttamente, quello del tragico I° maggio di sangue a Laureana di Borrello durante il quale in piazza
Carmine è morto un manifestante e ne sono rimasti feriti una
dozzina per una bomba a mano
lanciata dal vecchio palazzo del
fascio durante la manifestazione
del 1° maggio 1946. Alla cerimonia di commiato era presente il
vice sindaco Paolo Alvaro, assessore alla cultura.
chettata la proposta dell’Udc da
parte di Paparatti, che ha dichiarato di attendere ancora la risposta del sindaco all’interrogazione
avanzata dal Pdl «per sapere se
all’interno era stata fatta una verifica amministrativa per accertare eventuali responsabilità».
Mentre per Saccomanno sarà difficile pervenire all’individuazione dei colpevoli «per l’omertà che
regna sovrana, anche se i cittadini sanno bene come si sono svolti
i fatti ed ognuno è in grado di fare
le dovute riflessioni».
Risposta a stretto giro di Il
Grande (Pd), secondo cui «non
c’è stata nessuna omertà da parte
dell’Amministrazione», e di Papasidero (Sel) che invita ad attendere l’esito delle indagini penali, «concluse le quali se ci saranno responsabilità, l’Amministrazione si comporterà senza
guardare in faccia nessuno». Approvazione unanime, invece, del
nuovo Regolamento del Cimitero, previa relazione dell’assessore Scriva e del democrat Bruzzese, in sostituzione del precedente
atto deliberato nel 2010 dalla
Commissione straordinaria, contenente “gravi disfunzioni e anomalie procedurali”.(g.l)
gue il viaggio della Provincia
di Reggio Calabria per la dismissione dei beni di sua proprietà nella Piana di Gioia Tauro. Si tratta di immobili che
l’ente intende alienare per esigenze di cassa oltre che per liberarsi da veri e propri fardelli
che sono improduttivi che
hanno bisogno di manutenzione.
Nel 2012 sarà alienata la casa cantoniera a San Giorgio
Morgeto (valutazione 6.000
euro), due relitti stradali tra
Seminara e Barritteri (20 mila
euro circa) e un terreno a Serrata per un valore di 30 mila
euro. Altra ex cantoniera Provinciale messa al bando nel
2013 sarà quella di Varapodio
sita in contrada “Casello”; infine nel 2014 sarà alienata quella di Rizziconi per un importo
di 29mila euro.
Già a marzo la Provincia
aveva messo al bando con
un’unica procedura di alienazione diversi beni tra i quali:
l’ex Caserma dei Carabinieri di
Oppido Mamertina, le case
cantoniere di Palmi e Laureana di Borrello e 4 terreni siti nel
comune di San Pietro di Caridà. Adesso si attende la pubblicazione dei singoli bandi per
ogni anno di riferimento, ma il
tutto prima dovrà passare per
il consiglio Provinciale; anche
in questo caso sarà prevista la
facoltà di acquisto da parte dei
comuni e della Regione. Tutti i
beni potranno dal momento
dell’acquisto essere adibiti a
qualunque tipo di attività. Il
responsabile del procedimento è Roberta Amadeo, le somme incassate serviranno alla
Provincia per far fronte all’indebitamento e anche alle spese di investimento.(a.n)
CINQUEFRONDI La campagna di scavi
GIOIA TAURO
Mettere in sicurezza
i tesori archeologici
di contrada Mafalda
Domani
convegno
sui vincoli
paesaggistici
Attilio Sergio
CINQUEFRONDI
Giornata importante, ieri, per
Cinquefrondi. Infatti, la dott.ssa
Simonetta Bonomi, responsabile della Soprintendenza per i beni archeologici della Calabria e
l’assessore provinciale alla cultura dott. Eduardo Lamberti Castronuovo, accompagnati dal
consigliere provinciale cinquefrondese Giuseppe Longo, hanno potuto ammirare le eccezionali scoperte venute alla luce
dalla campagna di scavi ancora
in corso, patrocinata dalla Provincia, in contrada Mafalda
(edificio
termale
ospitato
nell’area residenziale di una villa romana di età imperiale, tra il
II e V secolo dopo Cristo) e, nella
stessa contrada, in località San
Demetrio (tombe e resti di una
chiesetta del X, XI secolo), nonché la maestosità dei resti del
Convento di San Filippo d’Argirò di contrada Busale.
In contrada Mafalda è stato
l’archeologo Francesco Cuteri,
responsabile degli scavi in atto a
Cinquefrondi, a mostrare gli
splendidi mosaici (pavimenti)
ed intonaci che i giovani volontari hanno scoperto nell’area
termale della Domus romana. Al
sopralluogo hanno anche partecipato la dott.ssa Maria Teresa
Iannelli responsabile archeologa dell’area per la Soprintendenza ai beni archeologici, il sindaco di Cinquefrondi Marco Cascarano accompagnato dagli assessori Condoluci e Macrì, il vice
presidente della Comunità montana Macedonio.
Eduardo Lamberti Castronuovo, nel dirsi emozionato nel
vedere giovani volontari lavorare in dei siti archeologici che rappresentano «una vera e propria
miniera d’oro per la Calabria»,
ha auspicato che Cinquefrondi
possa divenire un laboratorio
permanente di studio e di lavoro, utilizzando risorse locali
(cooperative di giovani), in modo da entrare a far parte, a pieno
titolo, nel circuito di “teatri di
pietre” che la Provincia ha intenzione di mettere in rete.
Certo, l’emergenza adesso è
rappresentata dal mettere subito in sicurezza gli scavi di contrada Mafalda, provvedendo anche
al consolidamento degli splendidi mosaici del II e III secolo.
La visita è continuata sui resti
venuti alla luce in località San
Demetrio, in un’altra zona di
contrada Mafalda, rappresentati da ben 3 absidi in 2 metri, di 3
epoche diverse, in cui probabilmente in età normanna sorgeva
una chiesetta, oltre ad una serie
di tombe facenti parte di un cimitero. Ci si è quindi spostati in
contrada Busale, dove, grazie
all’eccezionale lavoro di pulitura da parte degli operai della Comunità Montana, si sono potuti
raggiungere ed ammirare i resti
monumentali del Convento di
San Filippo d’Argirò, articolato
in più livelli, probabilmente fondato in età bizantina, abitato dal
1200 al 1700 prima dai bizantini
e poi dai francescani.
GIOIA TAURO. Domani (venerdì due dicembre) a Palazzo
Baldari, per iniziativa dell’associazione culturale “Kairòs”, si parlerà del vincolo
paesaggistico che da lunghissimi anni interessa il territorio di Gioia Tauro. Sullo stesso, applicato nel 1967, relazionerà citando fonti storiche
e documenti il geometra Tonino Toscano, vicepresidente
della stessa associazione e
profondo conoscitore per
motivi di carattere professionali del problema. I lavori saranno aperti dalla presidente
di “Kairòs”, prof. Milena Marvasi Panunzio, e dal sindaco
di Gioia Tauro, avv. Renato
Bellofiore. Al convegno hanno confermato la propria adesione con interventi programmati i parlamentari calabresi Maria Grazia Laganà,
Angela Napoli, Elio Belcastro
e Mario Tassone nonchè il
dott. Attilio Battaglia responsabile dell’avvocatura della
Provincia di Reggio. «Conoscere i problemi della propria
città è sicuramente un diritto
– afferma la presidente Marvasi Panunzio – ed informarsi
è un dovere. Abbiamo per
questo deciso di affrontare un
argomento, ovvero quello del
vincolo paesaggistico in vigore da anni e che a tanti e tanti
cittadini ha creato problemi
diversi, nella piena convinzione di poter offrire ai Gioiesi un servizio destinato a fare
chiarezza».(g.s)
45
Gazzetta del Sud Giovedì 1 Dicembre 2011
Reggio Ionica
.
LOCRI Sentenza della Corte d’assise per l’uccisione del boss Salvatore Cordì alias “u cinesi”
OPERAZIONE “BLACK GARDEN”
Discarica di Casignana
i fratelli Crinò
Assolti Martino e Panetta. Già inflitti 30 anni al presunto mandante Cataldo interrogati dal gip
Ergastolo a Michele Curciarello
Rocco Muscari
LOCRI
Michele Curciarello è stato condannato all’ergastolo dalla Corte d’Assise di Locri che lo ha ritenuto il killer che il pomeriggio
del 31 maggio del 2005 ha ucciso Salvatore Cordì, intesto “u cinesi”, sparandogli contro due
colpi di fucile calibro dodici.
I giudici dell’Assise, presidente Amelia Monteleone a latere Angelo Ambrosio, hanno
accolto la richiesta del pm Antonio De Bernardo dichiarando
Curciarello colpevole del reato
di omicidio, con la conseguente
condanna alla massima pena e
infliggendo tre mesi di isolamento diurno, oltre che al pagamento delle spese processuali e
a quelle relative al proprio mantenimento durante la custodia
cautelare in carcere.
La Corte ha assolto dall’accusa di omicidio Antonio Martino,
e da quelle di associazione per
delinquere di stampo mafioso e
di presunto organizzatore
dell’agguato l’imputato Antonio Panetta, per insufficienza di
prove. I giudici hanno di conseguenza dichiarato la perdita di
efficacia della misura custodiale a carico di Panetta e Martino,
applicata nel dicembre del
2008, denominata “Operazione
Pioggia”, ordinandone l’immediata scarcerazione, che di fatto
è avvenuta nella tarda serata di
ieri.
Alla lettura del dispositivo i
sono vissuti momenti di tensione, allorquando l’Assise ha pronunciato la pena nei confronti
di Michele Curciarello, la sorella, dapprima commossa per
l’avvenuta assoluzione del figlio Antonio Martino, è rimasta
dolorosamente colpita dalla
condanna inflitta al fratello e,
Michele Curciarello e accanto la lettura del verdetto: da sinistra i giudici Ambrosio e Monteleone
rivolgendosi ai giudici, ha più
volte ripetuto la frase: “Vi siete
sbagliati”. La disperazione dei
familiari di Curciarello, proseguita anche all’esterno del Palazzo di Giustizia, è stata sommessa, e comunque non si sono
registrati particolari tensioni
anche grazie alla professionalità con la quale hanno agito i carabinieri della Compagnia di
Locri, guidata dal capitano Nico
Blanco presente in aula insieme
a tenente Lorenzo Provenzano.
Un peso determinante per la
pena inflitta a Michele Curciarello potrebbe aver rivestito
l’individuazione di quattro particelle ternarie riconducibili alla presenza di residui di polvere
da sparo rinvenute su parti del
corpo del 49enne sidernese. La
risultanza dello stub, quindi,
In sintesi
Il pomeriggio del 31 maggio
2005 a Siderno venne ucciso
Salvatore Cordì, inteso “u
cinesi”, sparandogli contro
due colpi di fucile cal. 12.
Ieri la Corte d’Assise di Locri
ha condannato Michele Curciarello, quale esecutore
materiale, all’ergastolo.
La Corte ha assolto dall’accusa di omicidio Antonio
Martino, e da quelle di associazione di stampo mafioso e presunto organizzatore
dell’agguato Antonio Panetta, per insufficienza di prove.
potrebbe essere stata decisiva ai
fini della convinzione della colpevolezza dell’imputato.
Il movente del delitto di Salvatore Cordì, ritenuto al vertice
dell’omonima famiglia di Locri,
stando all’ipotesi sostenuta dal
pm De Bernardo sarebbe da ricercare all’interno della doppia
logica mafiosa e personale. In
particolare la causale di clan,
per l’accusa, è riconducibile alla
ripresa della faida di Locri tra i
Cataldo ed i Cordì, con i primi
che avrebbero dato “mandato”
a seguito del delitto di Giuseppe
Cataldo, (cl. 69), assassinato
nel febbraio del 2005, mentre
quella personale è individuabile nella vendetta posta in essere
da Curciarello contro i presunti
autori materiali dell’omicidio
del cognato Pietro Caccamo,
ucciso a Siderno nel dicembre
del 2000, tra l’altro fratellastro
del Cataldo.
Quale presunto mandante è
stato condannato a 30 anni di
reclusione Antonio Cataldo,
detto “Papuzzedda”, per il quale pende il ricorso in Cassazione, fissato all’otto maggio prossimo.
Lo stub sugli indumenti di
Antonio Martino, (assistito dagli avvocati Salvatore Staiano,
Cosimo Albanese e Mario Mazza, anche per Curciarello), sui
quali sono stati rinvenute delle
particelle ternarie, non ha pesato sulla richiesta di ergastolo
dell’accusa, forse in considerazione di possibili fonti di inquinamento involontario che possono aver inciso sul risultato di
laboratorio e che, di conseguenza, hanno determinato un dubbio nei giudicanti.
Dal dispositivo emerge chiaro che i giudici dell’Assise hanno ritenuto incerte anche le prove a carico di Antonio Panetta,
(difeso dagli avvocati Luca
Maio e Giuseppe Mammoliti),
per il quale probabilmente avrà
pesato in maniera a lui positiva
l’assoluzione disposta al cognato Domenico Zucco da altra
Corte.
Nel corpo del dispositivo i
giudici Monteleone e Ambrosio
hanno ordinato la trasmissione
degli atti alla Procura competente nei confronti di Patrizia
Viele, Fortunato Spadaro, Francesco Argirò, Francesco Sansalone e Emanuele Fimognari, per
come richiesto dall’accusa che
ha ipotizzato il reato di falsa testimonianza. Infine la Corte ha
indicato in novanta giorni il termine per i deposito delle motivazioni della sentenza, avverso
la quale proporranno appello le
parti interessate.
LOCRI. I fratelli Pietro e Antonio
Crinò hanno spiegato al Gip di
Reggio Calabria, Antonino Laganà, la loro posizione rispetto
alle accuse mosse dalla Distrettuale antimafia che, nell’ambito dell’operazione “Black Garden”, contesta loro gravi reati
in materia ambientale, relativi
alla gestione della discarica
consortile di Casignana. I fratelli Crinò, difesi entrambi dagli avvocati Antonio Speziale e
Giacomo Crinò, sono agli arresti domiciliari.
Ieri, nel corso di un lungo
dell’interrogatorio di garanzia,
tenutosi anche alla presenza
del sostituto procuratore della
Dda reggina Sara Ombra, titolare dell’indagine, Pietro Crinò,
sindaco di Casignana, sospeso
dalla carica dal prefetto dopo la
misura coercitiva, ha esposto al
Gip Laganà una serie di passaggi a sostegno della propria
estraneità alle contestazioni
dell’accusa. Anche l’altro fratello, l’ingegnere Antonio Crinò,
responsabile tecnico della società “Zetaemme srl” che gestisce la discarica ubicata nel territorio dello stesso comune locrideo, ha chiarito la propria
posizione in particolare con riferimento al contenuto delle
varie informative redatte
dall’Arpacal, e che per la Distrettuale assumono un peso rilevante ai fini della contestazione.
Gli avvocati Antonio Speziale e Giacomo Crinò hanno
preannunciato che nei prossimi
giorni verrà avanzata istanza di
scarcerazione per i loro assistiti.
Riguardo l’interrogatorio di
garanzia reso dall’architetto
Massimo Lafronte, assistito dagli avvocati Antonio Russo e
Angela Lafronte, l’indagato,
Pietro Crinò
anche lui posto ai domiciliari
come lo Zoccali, ha offerto tutte
le spiegazioni tecniche a proposito della discarica di Casignana, ed in particolare ai lavori di
ampliamento, anche attraverso
l’utilizzo della planimetria riportante lo stato dei luoghi prima e dopo lo sviluppo dell’area
interessata allo smaltimento
dei rifiuti, altresì depositando
agli atti una copiosa documentazione. L’arch. Lafronte, inoltre, ha ampiamente chiarito i
dubbi circa l’interpretazione di
alcune intercettazioni telefoniche, nelle quali gli investigatori
avevano individuato alcuni
punti di interesse operativo.
Gli interrogatori davanti al
magistrato sono proseguiti fino
a tarda serata con l’esame delle
posizioni di Giuseppe Saverio
Zoccoli, difeso dall’avv. Marco
Tullio Martino, e Stefano Tallariti, assistito dall’avv. Caterina
Condemi.(r.m.)
BRANCALEONE L’anziana vittima, che abita a Palizzi, era stata aggredita da un terzetto
BOVALINO Approvata a maggioranza
LOCRI
Rapina aggravata e sequestro di persona
Macrì condannato a 6 anni di reclusione
Una variazione
di bilancio accende
gli animi in Consiglio
“Infinito”,
Antonio
Maiolo
ai domiciliari
LOCRI. Condannato a 6 anni di
reclusione Marco Macrì, imputato di rapina aggravata e sequestro di persona commesso in
danno di un’anziana signora di
Palizzi.
Il 28enne è stato riconosciuto
colpevole dal Gup presso il Tribunale di Locri, giudice Caterina
Capitò, che ha disposto anche
una multa e tre anni di sorveglianza speciale al termine del
periodo di detenzione.
Nei confronti del Macrì l’accusa, rappresentata dal pm Simona
Ferraiuolo, aveva chiesto la pena
ad 8 anni di carcere, comprensiva della diminuente della scelta
del rito abbreviato. Il magistrato
inquirente, infatti, ha ritenuto
che a carico di Marco Macrì, (assistito dall’avvocato Giampaolo), sussisteva anche l’aggravante della reiterazione del reato. Il
pm Ferraiuolo, nel corso della
requisitoria, si è riportata all’esito delle indagini svolte dai militari dell’Arma che hanno eseguito gli accertamenti subito dopo
la rapina avvenuta nel febbraio
del 2010 a Palizzi, ed ai risultati
del Dna, rinvenuto sulla scena
del crimine, riconducibile al giovane di Brancaleone.
Dalle indagini è risultato che il
Macrì, che avrebbe agito con altri due giovani, di cui uno fungeva da palo, per i quali si procede
separatamente, con volto travisato da passamontagna, e arma-
Marco Macrì
ti, irrompeva all’interno dell’abitazione dell’anziana signora R.L.
di Palizzi, passando da una finestra posta al piano terra nell’ingresso della casa. Dopo aver immobilizzato la donna con degli
stracci e del nastro adesivo, le venivano sottratti circa 250 euro in
denaro contante e gioielli per un
valore di circa 700 euro.
Nel corso dell’azione i malviventi, per entrare in casa, hanno
rotto un vetro di una finestra sul
quale i carabinieri riuscivano a
repertare delle impercettibili
tracce di sangue, che attraverso
l’esame del Ris di Messina sono
state comparate con quelle del
Macrì di fatto incastrato dall’esame di laboratorio.(r.m.)
AFRICO Allagati i locali e dati alle fiamme due scrivanie e il portone d’ingresso
Grave azione vandalica nell’Istituto comprensivo
Antonello Lupis
ROCCELLA
Vandali e delinquenti in azione ad africo.
Ad essere, stavolta, presi di
mira – e non è la prima volta
che accade – sono stati i locali
dell’Istituto scolastico comprensivo. Dopo aver fatto irruzione all’interno della scuola
mediante il danneggiamento
di una delle finestre situate ai
lati dell’edificio, persone non
ancora identificate, verosimilmente giovani della zona, si
sono introdotte in diverse aule e all’interno dei servizi igie-
nici scatenandosi in modo
davvero selvaggio e incomprensibile.
Dopo, infatti, aver messo a
soqquadro, come se da lì fosse
passato un branco di cinghiali, gran parte delle aule, gli incoscienti e sfrontati delinquenti hanno aperto i rubinetti dell’acqua situati nei bagni
provocando in pochissimo
tempo l’allagamento di diversi
locali della scuola.
Ma non è tutto. Prima di
porre fine al loro ignobile e
grave raid più delinquenziale
che vandalistico, gli ignoti
hanno posto davanti al porto-
ne della scuola due scrivanie e
una porta in legno, appiccando in seguito un incendio.
Il rogo, vista la massiccia
presenza di legno, sviluppatosi in poco tempo ha seriamente danneggiato l’intero portone d’ingresso dell’istituto scolastico comprensivo.
Ad accorgersi e a segnalare
il grave danneggiamento ai
carabinieri sono stati alcuni
passanti e un paio di responsabili della scuola dell’obbligo. Sul posto, quindi, sono subito intervenuti i carabinieri
della stazione di Africo, i militari della sezione investigati-
va della compagnia carabinieri di Bianco e i vigili del fuoco.
Sulla gravissima azione delinquenziale (non è la prima
volta, come prima accennato,
che nella cittadina costiera
della Locride i locali della
scuola vengono preso di mira
e danneggiati) stanno svolgendo indagini i carabinieri di
Africo e Bianco che hanno tutta l’intenzione di assicurare
alla giustizia gli autori di questa inqualificabile “bravata”
che danneggia, prima di tutti,
gli utenti - alunni e docenti della scuola.
LOCRI. Il gup milanese Ro-
Giuseppe Pipicella
BOVALINO
Quella che sembrava una riunione consiliare di routine è finita,
invece, per scoperchiare un
“pentolone” che pare mettere a
rischio il prosieguo del quinquennio Mittiga. Il tutto quando
si è trattato di ratificare una variazione di bilancio.
Quando il consigliere di maggioranza Mario Ientile ha fatto
notare che erano stati superati i
termini di legge e che, quindi,
era tecnicamente corretto parlare non di ratifica ma di “salvaguardia “ ai sensi del comma 5
dell’articolo 175 del TU 267 /
2000, si è aperta ufficialmente la
“falla” e gli interventi successivi
degli assessori Muscari e Maesano ne sono stati logica conseguenza tanto da sollevare anche
la questione sulle funzioni di capogruppo, non più esercitate da
Ientile che si sarebbe dimesso
verbalmente e mai per iscritto,
portando il vicesindaco Maesano ad affermare «non mi sento di
avere un capogruppo».
E’ stata perciò evidente che la
situazione interna alla maggioranza è logora e non è facile prevedere come si potranno rimettere a posto i “cocci” anche se il
sindaco Tommaso Mittiga e il
presidente Franco Signati stanno cercando di gettare acqua sul
fuoco.
Dopo gli interventi dei consiglieri di opposizione Zurzolo,
Zappavigna e Tramontano, alla
fine la delibera è stata votata
Franco Signati
dalla sola maggioranza facendo
salva l’osservazione tecnica proposta da Ientile.
Una seconda delibera è stata
ratificata all’unanimità.
La riunione si era aperta con
la presa d’atto dell’assegnazione
al patrimonio indisponibile del
Comune di alcuni beni confiscati in via Bricà e in via Calfapetra
per essere adibiti a finalità sociali o ad uffici municipali, ricovero
automezzi ecc. per i quali l’esecutivo ha già chiesto al Ministero dell’Interno adeguati finanziamenti con i fondi Pon per la
messa in sicurezza.
Sul rinnovo della convenzione per la gestione del servizio
economico-finanziario ci sono
state delle diversità di vedute
all’interno della stessa maggioranza e tra maggioranza e opposizione e alla fine, anche in questo caso, c’è stato il solo voto favorevole della maggioranza.
berto Arnaldi, accogliendo
l’istanza dell’avv. Leone Fonte, ha concesso gli arresti domiciliari al 25enne Antonio
Maiolo, di Milano, coinvolto
nell’operazione
“Infinito”
nel troncone che riguardava
l’indagine sugli stupefacenti
e nei suoi confronti era stato
applicata anche l’aggravante
mafiosa per aver “agevolato”
la ‘ndrangheta in Lombardia. In particolare quella della locale di Pioltello, nell’ambito della quale il padre, Cosimo Maiolo, secondo l’accusa rivestiva la carica di “capo
società” ed organizzatore,
per come indicato da altri
imputati nel corso di intercettazioni ambientali. Tesi
energicamente contestata
nel corso del giudizio abbreviato dall’avv. Fonte, difensore anche di Cosimo Maiolo.
Antonio Maiolo è stato
condannato in rito abbreviato dal Gup Arnaldi a 4 anni e
8 mesi di reclusione per i
reati di droga. Con la stessa
sentenza il Gup milanese
aveva escluso l’aggravante
mafiosa e, a seguito di ciò,
l’avv. Fonte ha avanzato
istanza di scarcerazione evidenziando, tra l’altro, che
non vi era più alcun ostacolo
legislativo alla concessione
di una misura cautelare più
mite. Di diverso avviso il Pm,
che aveva espresso parere
contrario. (r.m.)
Gazzetta del Sud Giovedì 1 Dicembre 2011
35
Catanzaro - Provincia
.
SOVERATO Sono stati in tanti i giovani scolari volontari che hanno aiutato a ripulire le strade dal fango
Quei magnifici ragazzi chiamati angeli
In loro solo un imperativo: fare tutto per amore lontano da protagonismi
Maria Anita Chiefari
SOVERATO
La gente di Soverato li ha soprannominati gli “angeli del
fango”. Forse l’unica nota positiva di questa tragedia, che
ha sepolto nel fango la cittadina, sono proprio loro, ma chi
sono gli angeli del fango? Non
sono gli uomini della Protezioni Civile o i Vigili del Fuoco
o le Forze dell’Ordine o gli amministratori locali, insomma
coloro che sono deputati ad
agire in queste terribili occasioni, sono davvero degli angeli?
A distanza di poche ore da
quella notte dell’alluvione, ricordiamo era la notte tra il 22
e il 23 novembre, la Caritas di
Soverato aveva messo su una
sorta di quartier generale
presso i locali dell’Oratorio, in
cui si ricevevano le richieste di
aiuto dei privati, che avevano
subìto danni dalle onde di acqua e di fango, e i soccorsi venivano distribuiti in base alle
priorità delle urgenze.
Il coordinamento delle
chiamate spettava a due rappresentanti della Caritas, ossia Teresa Pirritano e Mariella
Pisano, che, con spirito amorevole, hanno cercato di reperire risorse in pochissime ore.
È partita così una gara
d’amore, sono partiti degli
sms, sono arrivati gli angeli,
capitanati dal prof. di matematica, nonché animatore salesiano Ivan Sinopoli. Prima
erano dieci, poi venti, poi
trenta, poi quaranta, per poi
arrivare a un centinaio. Si è
formato così un vero e proprio
“esercito” armato di pala, impermeabili e stivali per spalare il fango, per liberare i magazzini, le strade, le case, i
cortili condominiali, pulire
La bara di Vittorio De Seta seguita da alcuni familiari
SELLIA MARINA Chiesa del SS. Rosario
Molta gente comune
per l’ultimo saluto
a Vittorio De Seta
Rosario Stanizzi
SELLIA MARINA
I tanti giovani che, ogni giorno, calzavano gli stivali e si armavano di vanghe hanno deciso di non cedere a protagonismi
pavimenti, buttare il mobilio
rovinato.
Inizialmente erano solo gli
animatori dell’Oratorio Parrocchiale “San Domenico Savio”, poi i ragazzi delle scuole
superiori, poi gli studenti delle scuole medie.
I ragazzi, con un sorriso e
con tanta voglia di aiutare,
hanno lavorato dalla mattina
alla sera, si recavano all’Oratorio solo per dei brevi break
per pranzare e per rifocillarsi.
Infatti nel quartier generale
della Caritas c’era un gruppo
di mamme che preparavano
loro la colazione o il pranzo, e
che probabilmente pregavano
affinché questi giovani fossero
protetti in questa loro difficile
missione.
Vi era una media anagrafica
compresa tra i 16 e 17 anni.
Era importante esserci e dare una mano.
Sorprendenti sono stati i ragazzetti, che hanno avuto tanta forza nelle braccia per
sgombrare i luoghi intasati dal
mare di fango. Tanti gli interventi fatti: la zona dello Stadio, la Galleria “Maria Vittoria”, via San Giovanni Bosco,
via Nenni, tanti i box, tante le
case liberate dalla melma.
«Il sorriso dei nostri ragazzi
- ha così spiegato il prof. Sinopoli - ha trasmesso serenità alla gente che era davvero disperata. È stato un bel servizio
perché è emersa la capacità di
aiutare gli altri ad ogni costo.
Si sono visti gesti di affetto e
di solidarietà che non si possono descrivere per l’intensità
emotiva con cui sono stati fatti».
Il vero volontariato è questo: darsi per gli altri, senza
telecamere, senza foto, senza
riconoscimenti. Forse è dai
più piccoli che dovremmo imparare ad essere cristiani, prima di essere dei cittadini. Gli
“angeli del fango” hanno approfittato della chiusura delle
scuole per aiutare la gente.
Domenica, invece, hanno fatto una bella dormita perché il
lunedì avrebbero ripreso ad
andare a scuola e avrebbero
riposto nell’armadio la pala e
l’impermeabile, ma rimarranno sempre degli angeli senza
ali!
Grazie ragazzi per esserci
stati! Un funerale semplice, assolutamente in linea con il suo stile
di vita.
È stato questo il saluto che la
comunità di Sellia Marina, gli
amici e i congiunti, hanno voluto donare a Vittorio De Seta, lo
storico regista e documentarista che si è spento lunedì nella
sua casa di campagna nel centro della costa ionica della provincia di Catanzaro.
Le esequie sono state celebrate dal parroco della chiesa
del Santissimo Rosario, don
Giuseppe Cosentino, alla presenza di tanta gente comune,
ma anche di alcuni rappresentanti istituzionali.
In prima fila la figlia del regista, Francesca, e la nipote Vera.
Dopo il saluto del sindaco di
Sellia Marina, Giuseppe Amelio, Eugenio Attanasio, presidente della Cineteca della Calabria, ha evidenziato la figura
di De Seta, sottolineando il suo
grande amore per l’arte e le tante pellicole firmate con grande
successo.
Il regista, nativo di Palermo,
aveva deciso di trascorrere gli
ultimi anni nella cittadina alle
porte di Catanzaro, dove è stata
tumulata la salma. Negli anni
scorsi aveva ricevuto il premio
“Mare Jonio” sezione cultura, a
Cropani, uno dei pochi riconoscimenti ottenuti in Calabria.
De Seta si era ritirato dall’attività di cineasta, ed alcuni anni
fa aveva perso la moglie, Vera
Gherardetti, alla quale era molto legato. Nel 2006 aveva firmato la regia del suo ultimo
lungometraggio, “Lettere dal
Sahara”, presentato fuori concorso alla Mostra internazionale del cinema di Venezia. A Sellia Marina, De Seta ha trascorso
gli ultimi anni della sua vita, in
compagnia della lettura, sua
passione da sempre, circondato dall’affetto dei suoi cari. Un
legame molto forte quello tra il
regista e la Calabria, dove aveva girato molte sue opere e dove aveva deciso di trasferirsi,
nell’assoluta tranquillità, senza sfarzi e cerimonie di gala.
Nel corso della sua importante
carriera, è stato un celebre autore di documentari, premiati
in Italia e all’estero. Tra questi
“Un giorno in Barbagia”, “Banditi ad Orgosolo”, “Lu tempu di
lu pisci spata” e “Diario di un
maestro”.
SOVERATO Un successo l’iniziativa dell’Osservatorio “Falcone-Borsellino-Scopelliti”
SOVERATO
SOVERATO Indagano i militari dell’Arma
Cittadinanza onoraria a don Alfano, sì della gente
Civico
consesso
Tanti i punti
da discutere
Rubano sulla “106”
camion con bobcat
e spariscono nel nulla
Cesare Barone
SOVERATO
È rimasto nel cuore di tutti
don Alfonso Alfano, il salesiano che ha inventato l’oratorio
a Soverato. Il prete di strada
che, seguendo l’insegnamento
di don Bosco, cercava di trovare anche nelle “mele marce”
un buon cristiano. Ha talmente lasciato il segno che l’Osservatorio “Falcone – Borsellino
– Scopelliti” ha deciso di avviare una petizione popolare
per conferirgli la cittadinanza
onoraria.
In una conferenza stampa,
alla presenza del padre spirituale dell’Osservatorio, don
Roberto Corapi, e del presidente Carlo Mellea, sono state
illustrate le motivazioni che
hanno indotto la decisione.
« Non un prete comune - ha
affermato il responsabile
dell’Osservatorio Carlo Mellea - ma un religioso che ha
dedicato parte della sua vita ai
giovani. Allontanarli dagli
ambienti pericolosi e toglierli
dalle strade. Si è battuto per
costituire l’oratorio, ci è riuscito. Negli anni in cui ha fatto
il salesiano a Soverato ha contribuito fortemente a creare
un amalgama di giovani che,
tentati dalle cattive abitudini,
stavano per imboccare strade
non legali. La cittadinanza
onoraria per don Alfonso rappresenta proprio per questo
un arricchimento per la cittadina ionica e, nello stesso
tempo, un elevazione culturale oltre che spirituale.»
Don Alfonso Alfano
Don Roberto Corapi, dal
canto suo, nel corso di un suo
breve ma incisivo intervento
nel corso della conferenza
stampa, partendo da un passo
di San Paolo ha ribadito: «
Dobbiamo essere figli della luce, non delle tenebre. Ognuno
di noi renderà conto di se stesso a Dio. Il sacerdozio deve
servire proprio a questo e don
Alfano ne è l’esempio: un sacerdozio vissuto in mezzo alla
gente, fuori dal tempio alla ricerca della verità e libertà.»
La petizione popolare, fatta
all’indomani della conferenza
stampa, in pochissimo tempo
ha sortito gli effetti sperati:
sono state raccolte infatti ben
cinquecento firme a sostegno
della cittadinanza onoraria di
don Alfano. Domani l’incontro culturale organizzato dal “Gruppo archeologico Paolo Orsi”
Il tesoretto di Soverato all’istituto professionale
Gianni Pitingolo
SOVERATO
In seguito all’ordinanza del sindaco di Soverato, Leonardo Taverniti, che ha disposto la chiusura delle scuole di ogni ordine
e grado per l’allagamento provocato in città dal nubifragio
della settimana scorsa, l’incontro culturale del venerdì – nel
corso del quale era prevista la
presentazione del volume «Anime sulla collina» di Menotti Ranieri – organizzato dall’Università della terza età e del tempo
libero «Magno Aurelio Cassiadoro» è stato rinviato ad altra
data che sarà comunicata in
tempo utile ai soci dell’Uniter.
Per domani sempre all’istituto professionale alberghiero di
Stato di via Giacomo Leopardi a
cura del «Gruppo Archeologico
Paolo Orsi» di Soverato sarà
presentata l’opera di Angela
Maida ed Eliana Iorfida «Il tesoretto di Soverato». Un volume
in elegante veste tipografica
edito da Calabria Letteraria che
nelle sue 110 pagine contiene
testimonianze e fotografie di
32 monete d’argento di età ellenica rinvenute nel gennaio
1915 dal soveratese Giacomo
Maida e oggi custodite in parte
nei depositi della Soprintendenza Archeologica della Calabria.
Come ha scritto nella prefazione l’allora sindaco della città
di Soverato, Raffaele Mancini
«questa pubblicazione è un
anello importante nella catena
di iniziative che si prefiggono di
allargare la consapevolezza in
tutte quelle persone che amano
la storia e l’archeologia».
Domani, quindi, dopo il saluto da parte dell’associazione
culturale, a cura di Francesco
Grisafi, relazioneranno nell’ordine la ricercatrice Angela Maida e l’archeologa Eliana Iorfida.
Seguirà la proiezione della secolare documentazione acquisita nel volume e delle monete
elleniche rinvenute quasi un secolo orsono sul territorio di Soverato.
SOVERATO. Oggi, alle 16, nella
sala conferenze dell’Istituto
tecnico per geometri di Soverato si terrà il convegno “Lavori
pubblici: tra concorsi e affidamenti”. In calendario interventi
di Biagio Cantisani (presidente
dell’Ordine degli architetti di
Catanzaro) e Saverio Putortì
(dirigente dell’assessorato Urbanistica della Regione Calabria). SOVERATO. Sono nove i punti
all’ordine del giorno del consiglio comunale di oggi pomeriggio.
Gli argomenti, tutti di importanza strategica, partono
dall’informativa del sindaco
sugli eventi alluvionali del 22 e
23 novembre che hanno colpito la città, per poi arrivare a discutere di equilibri di bilancio
con relativa approvazione del
rendiconto per l’esercizio finanziario 2010.
L’assise cittadina si occuperà anche di approvare i criteri
generali per l’ordinamento degli uffici e dei servizi in recepimento delle disposizioni introdotte dalla riforma “Brunetta”.
La massima assemblea elettiva avrà, inoltre, il compito di
deliberare in merito all’avviso
pubblico per la presentazione e
la selezione dei progetti integrati di sviluppo locale (“Pisl”)
e in particolare dovrà approvare il protocollo d’intesa per la
costituzione del partenariato
di progetto per l’elaborazione e
attuazione del progetto denominato “Insieme per la qualità
della vita”. Infine i consiglieri
dovranno occuparsi di esaminare la richiesta dell’amministrazione provinciale di Catanzaro riguardante il progetto
dei lavori di ampliamento
dell’istituto professionale di
Stato per i servizi alberghieri.
Una seduta che durerà sicuramente fino a tarda sera con un
dibattito parecchio animato.(c.b.)
Si sono perse le tracce del mezzo pesante e del bobcat
SOVERATO. Erano appena arri-
vati sul luogo di lavoro a bordo
di un autocarro. Giusto il tempo di scendere dal mezzo pesante per rendersi conto sui lavori da effettuare allontanandosi per circa un centinaio di
metri che ignoti sono saliti a
bordo dell’ “Iveco 130” dileguandosi.
È accaduto ieri pomeriggio
a Montepaone Lido.
Vittima del furto un’impresa
che doveva effettuare, per conto dell’amministrazione provinciale, dei lavori sulla statale
106 ionica vecchia sede.
Increduli e sbigottiti per non
aver trovato l’autocarro gli
operai hanno subito avvisato i
carabinieri della Compagnia
di Soverato, i cui militari operano agli ordini del capitano
Emanuele Leuzzi.
Sul veicolo era caricato un
“bobcat” che sarebbe servito a
ripulire il ciglio della strada dai
detriti di fango e altro materia-
le lasciati dal maltempo dei
giorni scorsi. Una volta scattato l’allarme tutte le pattuglie
della zona sono state fatte convergere in direzione Montepaone e Catanzaro Lido, nella
speranza che potessero intercettare l’autocarro. Passate al
setaccio tutte le cave della zona, tutti gli angoli del litorale
sono stati minuziosamente
controllati dai militari con esito negativo.
Indagini sono in corso per
verificare se a rubare il mezzo
industriale siano state una o
più persone. Nella zona, purtroppo, non erano presenti telecamere o impianti di videosorveglianza che avrebbero
dato certamente una mano
d’aiuto agli investigatori. I
controlli proseguiranno anche
nei prossimi giorni e saranno
sentiti una serie di soggetti con
precedenti specifici che potrebbero aiutare i carabinieri a
ritrovare l’autocarro. (c.b.)
Giovedì 1 Dicembre 2011 Gazzetta del Sud
36
Cronaca di Lamezia
Convegno sul turismo
all’Unioncamere
Si parla di Turismo
sabato
all’Unioncamere alle
16.30 con gli operatori
del settore e i sindaci
Corso Nicotera 215, - Cap 88046
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.
La Sorical pretende il pagamento di 4,6 milioni di arretrati, ma la Multiservizi non rispetta le scadenze per i pagamenti
PDL
L’acqua sarà ridotta del 30 per cento
Benincasa
difende
Lo Moro
dagli attacchi
dei regionali
Abramo: abbiamo spese da sostenere. Miletta: troppi lametini morosi e non abbiamo soldi
Vinicio Leonetti
Meno docce, occhio a lavatrici e
lavastoviglie, e soprattutto attenzione alle perdite dei rubinetti. Perchè fra qualche giorno
l’acqua in città sarà razionata.
La Sorical, società mista che gestisce il servizio idrico in Calabria, rivendica il pagamento di
4,6 milioni di euro dalla Multiservizi, l’utility controllata dal
Comune. I soldi non arrivano, e
la fornitura d’acqua giornaliera
verrà presto ridotta di un terzo.
«Stiamo facendo così con 39
comuni calabresi morosi, e faremo lo stesso a Lamezia, anche
se non è un cattivo pagatore»,
spiega Sergio Abramo presidente di Sorical, azienda controllata dalla Regione col 53,5% e
partecipata dal colosso francese
Veolia attraverso Enel Hydro al
46,5%.
Si tratta di una società per
azioni che vanta dai comuni
crediti per 180 milioni. «Abbiamo avviato un piano di rientro
con rateizzazioni per i comuni
creditori», dice Abramo, «ma gli
enti non rispettano le scadenze.
E noi erogheremo il minimo
consentito dalla legge, perchè
abbiamo delle spese da sostenere come i consumi d’energia da
pagare all’Enel per far funzionare gli impianti. E le banche ci
hanno chiuso i rubinetti. Ora i
comuni dovranno pagare il dovuto».
Fernando Miletta dalla presidenza della Multiservizi, una
Spa anche questa ma totalmente controllata da Palazzo Maddamme, conferma che le due rate da 350 mila euro per il rientro
del debito alla Sorical sono scadute venerdì scorso. «Sette
giorni fa abbiamo pagato due
rate da 90 mila euro, ma adesso
non abbiamo più liquidità. Ecco
perchè abbiamo chiestop una
proroga a Sorical». Che, a sentire il presidente Abramo, non è
propensa a concedere altro
tempo a chi non riesce a pagare.
«Il problema vero è che i cittadini non pagano le bollette di
acqua e depurazione. L’incasso
annuo dovrebbe essere di circa
4 milioni di euro, ma quello effettivo non supera il 90%. C’è
un piano di recupero affidato ad
Equitalia». Quindi i lametini si
preparino a pagare le bollette
dell’acqua dei mesi passati che
Il debito
La società erogatrice
dell’acqua è la Sorical che
rivendica il pagamento di
arretrati alla Multiservizi
per 4,6 milioni di euro.
L’azienda presieduta da
Fernando Miletta non ha
più soldi perchè dei 4 milioni di euro all’anno che
dovrebbe incassare riesce
a raccoglierne il 90%.
Sergio Abramo
Soprattutto le imprese ma
anche le famiglie non pagano i consumi dell’acqua
per tempo. Cè un piano di
rientro affidato ad Equitalia per recuperare i soldi
dovuti, che possono essere
dilazionati anche in 18
mesi.
Fernando Miletta
La fontanella davanti al Palazzo di Città
arriveranno con inclusi gli interessi di mora. La situazione peggiore, sottolinea Miletta, è quella delle imprese che non pagano, nonostante gli si offrono
piani di rientro con rateizzazione a 18 mesi.
Quando era attiva la discarica di località Stretto questi problemi non c’erano. Con gli incassi dei rifiuti la Multiservizi
riusciva a far fronte alle spese
del servizio idrico, pagando Sorical con puntualità. Adesso che
la discarica è venuta meno, e
non tutti i lametini pagano l’acqua che consumano, il problema s’è aggravato.
«L’acqua potrebbe cominciare a non esserci intorno alle 8
del mattino. Ci saranno delle
difficoltà per tutti», annuncia
Miletta, «ma abbiamo chiesto a
Sorical in quali serbatoi diminuirà l’erogazione, così potremo predisporre un piano. Per
evitare che i rubinetti restino a
secco per troppe ore». La replica del capogruppo di Fli all’assessore comunale
Il magistrato arrestato ieri a Reggio per corruzione
Grandinetti: Crimi confonde
il mercatino natalizio con altro
Vincenzo Giglio è candidato
alla presidenza del Tribunale
«Le dichiarazioni dell’assessore
Giusi Crimi a proposito del mercatino di Natale non sono affatto rassicuranti. Denotano il solito pressapochismo con cui si gestisce la cosa pubblica e lo scarso interesse e la conseguente disinformazione su quanto avviene nella città». È l areplica di
Francesco Grandinetti all’assessore Crimi: il primo aveva denunciato la mancata previsione
di spazi per il mercatino natalizio, l’esponente della giunta ha
risposto che l’iniziativa è invece
prevista dal Comune.
Per Grandinetti si fa confusione tra il mercatino d iNatale
e quello dell’artigianato artistico e tradizionale. Scrive: «Non è
così per una serie di motivi: perché il mercatino di Natale non è
solo artigianato artistico ma anche editoria, agricoltura biologica, gastronomia e tanto altro.
Non è così perché non i singoli
ma tutto il gruppo del mercatino fa richiesta e organizza luoghi, tempi e modalità della manifestazione. Poi questa iniziativa per le sue caratteristiche necessita di un luogo unico e preferibilmente al chiuso da allestire in maniera omogenea, com’è
stato il Chiostro di San Domenico negli ultimi anni, e non tanti
piccoli gazebo dove probabilmente saranno presenti anche
altri imprenditori in forma autonoma. È per questi motivi che
il mercatino di Natale quest’anno non potrà essere realizzato,
ci saranno probabilmente bancarelle e merci esposte ma non
sarà quello degli anni passati».
Secondo il capogruppo di Fli
al Comune «l’amministrazione
municipale ben dovrebbe conoscere tutto questo perché il mercatino di Natale c’è da circa
vent’anni, e perché è stato organizzato durante la prima e la seconda legislatura Speranza. È
chiaro quindi come il bando sia
stato scritto in maniera un
po’fantasiosa, senza tener conto in nessun modo della realtà
lametina sia economica che sociale, né delle attività esistenti
sul territorio».
È ancora ufficialmente in corsa
per la presidenza del Tribunale
lametino il giudice Vincenzo
Giuseppe Giglio, presidente di
sezione del Tribunale di Reggio Calabria. Il suo nome infatti risulta nella lista dei sedici
magistrati aspiranti alla poltrona di numero uno del Palazzo di giustizia di Piazza delle
Repubblica, dallo scorso gennaio retto dal presidente di sezione penale Pino Spadaro.
Anche lo stesso Spadaro concorre alla presidenza.
Vincenzo Giuseppe Giglio è
stato arrestato ieri mattina
nell’ambito dell’inchiesta “Infinito” contro la ‘ndrangheta
condotta dai pool antimafia di
Il Tribunale lametino
Milano e Reggio. Il magistrato
è accusato di corruzione, favoreggiamento e rivelazione di
segreti d’ufficio.
Il comitato di presidenza del
Consiglio superiore della magistratura ha trasmesso gli atti
relativi all’arresto al procuratore generale della Cassazione
a alla prima commissione dello
stesso Csm per avviare un’indagine. Giglio è presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale reggino.
La nomina a presidente del
Tribunale lametino da parte
del Consiglio superiore della
magistratura, sulla base dei
curricula inviati dai magistrati,
dovrebbe avvenire prima del
prossimo Natale. Il posto è
vuoto da quando il presidente
Ercole Scaglione l’ha lasciato
per andare in pensione.
«L’anatema contro la deputata del Pd Doris Lo Moro da parte dei consiglieri regionali del
Pdl Orsomarso, Pacenza e Salerno è espressione “personale” di un metodo che non è
condivisibile all’interno di un
partito impegnato in prima linea a costruire una grande
area moderata alternativa alla sinistra». La dichiarazione è
di Teresa Benincasa, consigliere comunale dello stesso
partito di chi ha invece attaccato Lo Moro per la sua presenza all’inaugurazione di
un’azienda nell’area ex Sir ina
formata da Camastra Freddo
Srl della Locride e il Gruppo
Veronesi del Veneto. I fratelli
Camastra sono finiti in un’inchiesta sul contrabbando di
gasolio in Calabria che arricchisce la ‘ndrangheta.
«Non sarei onesta se in
quelle parole accusatorie non
denunciassi l’errore di metodo», sottolinea Benincasa, «a
prendere di mira una persona
e trasformarla in un bersaglio.
Lo trovo sbagliato e sento la
necessità di far sapere ai consiglieri regionali del mio partito che il Pdl non può scendere
nella schermaglia politica
senza mantenere dritta la barra dei valori su cui il partito si
fonda e riceve il suo consenso.
C’è bisogno di un clima nuovo
dentro e fuori il confronto politico».
Ancora:
«Politicamente
condivido l’idea del primato
della politica e non considero
le ipotesi di scioglimento delle
amministrazioni
adeguate
per le garanzie dei diritti di cittadinanza. Ma alle interrogazioni parlamentari di un certo
peso non si può rispondere
con dichiarazioni sproporzionate. L’impegno politico a mio
avviso è quello di dare risposte adeguate, senza accuse ritorsive che rischiano di condannare i calabresi a fare cento passi indietro. Mi scuseranno gli onorevoli consiglieri regionali del Pdl se voglio fare
emergere un distinguo tra le
loro dichiarazioni che considero a titolo personale e il modo di concepire l’impegno politico in questa terra».
Giovedì 1 Dicembre 2011 Gazzetta del Sud
38
Lametino
.
PIANOPOLI Oggi il gip di Lamezia ascolterà il perito che ha eseguito le verifiche lungo il fiume Gaccia LAMEZIA TERME Lo denuncia Sel
«La discarica di Pianopoli
tra meno di un anno
L’Amministrazione affida l’incarico ad un legale per verificare eventuali danni subiti sarà completamente piena»
La questione rifiuti in tribunale
Luigina Pileggi
LAMEZIA TERME
La questione dei rifiuti nel fiume
Gaccia approda in Tribunale.
Questa mattina infatti il giudice
per le indagini preliminari Barbara Borelli sentirà il perito che
ha eseguito delle verifiche, su
mandato della Procura, lungo il
fiume i cui argini sono imbottiti
di immondizia.
Il professionista ha effettuato
infatti dei controlli lungo le
sponde del corso d’acqua, a seguito di un’inchiesta avviata
dalla Procura che portò all’invio
di avvisi di garanzia ad amministratori, dipendenti del Comune
e persone legate alle ditte che effettuarono dei lavoro lungo il
Gaccia. Sulla mega discarica
presente nel fiume pendono infatti due procedimenti penali
aperti dalla Procura della Repubblica.
Perito che è stato chiamato in
causa dallo stesso Comune di
Pianopoli. La Giunta comunale
guidata da Gianluca Cuda ha infatti dato mandato, con una delibera del 10 novembre scorso
(presenti il vicesindaco Antonio
Gaetano, gli assessori Domenico Curcio e Paola Chiefalo, assenti il sindaco Cuda e l’assessore Pedro Andreaggi) all’avvocato Italo Reale di intraprendere
«le necessarie azioni davanti
all’autorità giudiziaria al fine di
accertare eventuali responsabilità penali a carico del Ctu nominato nell’ambito dell’incidente
probatorio riferito a due procedimenti penali o a carico di
chiunque dovesse risultare corresponsabile e, comunque, a richiedere il risarcimento del danno arrecato al territorio e all’Ente».
«In ordine ai procedimenti
penali numero 463/2010 e
1206/2010 – si legge nella delibera di Giunta – questo Ente ha
assunto determinazioni con le
delibere di Giunta comunale numero 75/2010, 105/2010 e
138/2010. In relazione a queste
determine, la stessa Procura
della Repubblica ha richiesto un
incidente probatorio, ammesso
dal giudice delle indagini preliminari, ai fini della redazione di
una perizia sullo stato dei luoghi
e sul potenziale danno ambientale lungo il corso del fiume Gaccia nel territorio del Comune di
Pianopoli».
«Dalla relazione di un consulente di parte – ha prosegue
l’Amministrazione comunale –
trasmessa a questo Ente e regolarmente acquisita agli atti, risulta che nelle operazioni disposte dal Ctu per la verifica dello
stato di inquinamento dei luoghi, a causa della loro errata esecuzione, hanno determinato inquinamento della falda acquifera con ripercussioni, nel tempo,
sulle acque del fiume Gaccia».
«In ragione della gravità di
quanto avvenuto – insiste l’Amministrazione di Pianopoli – si
rende indispensabile incaricare
legale di fiducia di questo Comune, nella personale dell’avvocato Italo Reale, del foro di
Lamezia Terme, per intraprendere ogni utile del predetto Ctu
e di chiunque dovesse risultare
corresponsabile». Nella delibera, la Giunta ha anche incaricato
il responsabile del servizio competenze ad assumere gli atti di
gestione per l’erogazione, in favore
dell’avvocato
Reale,
dell’acconto di 516 euro, oltre
Iva e Cnpa, per come prevede la
legge».
Intanto, mentre la giustizia e
le carte bollate fanno il loro corso, il fiume Gaccia continua a
“restituire” la spazzatura. Quin-
Giuseppe Maviglia
LAMEZIA TERME
Sopra i rifiuti lungo il fiume Gaccia. Sotto il sopralluogo nei giorni scorsi quando è crollata una strada
tali di immondizia sotterrati
lungo gli argini del corso d’acqua, che è diventato così una discarica abusiva. Una bomba
ecologica che ogni giorno di più
sta devastando il territorio. Basta infatti un pò di pioggia per riportare alla luce lo scempio di
anni e anni di illegalità. Proprio
come è successo nei giorni scorsi, quando addirittura è crollata
parte di una stradina adiacente
al fiume. Sul posto oltre i proprietari dei terreni limitrofi, si
sono recati l’ex consigliere comunale Alba Nanci e i carabinieri.
I rifiuti stanno venendo sempre più a galla, finendo poi nel
fiume, fino ad arrivare al mare.
Provocando così un inquinamento che non ha precedenti
nel nostro territorio. Tutto questo, mentre la giustizia cerca i responsabili di tanto degrado. «Si ponga fine al commissariamento per l’emergenza rifiuti che
ha fallito e la Regione prenda in
mano la questione con un nuovo
Piano. In molto meno di un anno
la discarica di Pianopoli sarà colma. Voglia quindi il commissario
Vincenzo Maria Speranza requisirla, facendola passare ad una
gestione pubblica, considerate le
vicissitudini e l’importanza a livello regionale». A chiederlo è Sinistra ecologia e libertà nella
conferenza stampa con il coordinatore provinciale di Sel e presidente della Lamezia Multiservizi
Fernando Miletta e Valerio Calzolaio, coordinatore nazionale
Ambiente del partito ed ex sottosegretario all’Ambiente col centrosinistra.
Sel articola la sua richiesta alla
Regione con delle proposte in 5
punti: attivazione di tutti i poteri
per un nuovo Piano regionale dei
rifiuti; passaggio da una gestione
commissariale ad una normale;
ridefinizione degli Ambiti territoriali, coinvolgendo i Comuni e
individuando un capofila nella
gestione degli Ato; pianificazione delle risorse disponibili sulla
base delle peculiarità che incentivi la raccolta differenziata e affidamento di tutto il ciclo dei rifiuti
ad un soggetto pubblico o a prevalente capitale pubblico. Dura
la denuncia di Miletta: «La gestione dei rifiuti in Calabria ha un
rilievo nazionale. Infatti, la relazione della Commissione parlamentare antimafia parla di infiltrazioni mafiose in questo settore. Non si tratta dunque di annunciare disastri. Ci sono già. E il
peggio arriverà presto. Dopo la
chiusura della discarica di Alli, alle circa 1700 tonnellate al giorno
che arrivano a Pianopoli, se ne
aggiungeranno altre 100. A queste, si devono sommare le 120
tonnellate provenienti da Catanzaro e i rifiuti speciali delle altre
regioni. Siamo vicini pertanto alle 2 mila tonnellate e a breve la discarica sarà colma». Nonostante
il quadro non sia dei più rassicuranti, secondo Miletta «all’orizzonte non c’è alcuna soluzione.
Anzi, la Regione ha delegato al
commissario Speranza senza
pretendere atto di quanto detto
dalla Commissione parlamentare antimafia. E cosa più grave,
non si vede un sistema nuovo rispetto all’esperienza fallimentare del commissariamento, nonostante le risorse per affrontare la
questione ci sono: 60 milioni di
euro di fondi Por e 101 di quelli
Par-Fas». Il coordinatore provinciale infine affronta l’argomento
“differenziata”: «La città viaggia
verso il 40 per cento. Ma fino a
quando la gestione delle discariche resterà in mano ai privati, la
raccolta differenziata non partirà
mai seriamente».
Calzolaio accusa la Regione di
«ordinaria inadempienza», con
l’auspicio che «rivendichi i propri
poteri in materia di rifiuti». E sul
commissario Speranza dice: «Gli
auguro di lavorare in maniera più
efficace rispetto ai fallimenti del
passato». Tuttavia, l’esponente
nazionale ritiene che «prima finisce il commissariamento meglio
è». Prosegue Calzolaio: «Il nostro
slogan nazionale è “verso rifiuti
zero”, che significa zero sporco
sui rifiuti. Cioè: in fase di produzione dobbiamo prestare la massima attenzione affinché tutto si
realizzi nel modo più gestibile. È
mancata una gestione ottimale
delle discariche calabresi. Tanto
è vero che da queste non si è prodotta energia. Tutt’altro. Spesso
sono balzate alla cronaca per storie di sprechi».
CONFLENTI Tre consiglieri di minoranza chiedono la convocazione del civico consesso
FALERNA
SOVERIA M. Console: è un a vergogna
L’aula discuta della frana davanti alla chiesa
Disposta
la pulitura
straordinaria
degli alvei
Investiti due randagi
ma nessun ente
è intervenuto in aiuto
FALERNA. Protezione civile è
anzitutto prevenzione. Questo vale anche nella gestione
del territorio. Che dev’essere
attenta e puntuale per evitare
che particolari eventi meteorologici possano provocare
danni alle persone e alle cose
come, purtroppo, continuano a dimostrare sciagure che
si ripetono nei vari angoli del
Paese. L’oculata gestione del
territorio è un aspetto da tenere nella massima considerazione specie in vista dei mesi invernali, restituendo
all’originaria funzione idraulica gli alvei dei corsi d’acqua.
Per questo l’amministrazione municipale ha deciso di
provvedere con urgenza alla
manutenzione straordinaria
dei fossi e dei canali pubblici.
Da un sopralluogo tecnico è
emersa in particolare la necessità d’intervenire con la
massima celerità sul tratto
del canale Noce tra il sottopasso autostradale e quello
ferroviario. Qualora le acque
dello stesso canale si gonfiassero oltremodo, la presenza
di erbacce, detriti e altro potrebbe causarne la tracimazione con serie conseguenze
per le abitazioni circostanti.
L’Amministrazione considera la pulizia dei fossi un’emergenza per il Comune, giacché
eventuali esondazioni, a seguito di piogge copiose, procurerebbero danni irreparabili, sebbene prevedibili.(g.c.)
SOVERIA
Giovambattista Caravia
SAN MANGO D’AQUINO
L’opposizione consiliare di Conflenti chiede la convocazione
del Consiglio comunale. Promotori, con una missiva inviata
al primo cittadino Giovanni
Paola e al presidente del consiglio comunale, così come previsto dalle norme che disciplinano il funzionamento del civico
consesso, i tre consiglieri del
gruppo di minoranza “Conflenti
nel Cuore” Serafino Pietro Paola, Raffaele Mastroianni e Franco Colosimo.
Ordine del giorno “Azioni
amministrative per la messa in
sicurezza del piazzale antistante la Chiesa dell’Immacolata”.
La richiesta dei tre, del resto,
era già stata preannunciata al-
cune settimane fa in occasione
della visita fatta dai stessi consiglieri agli abitanti residenti nella zona di piazza dell’Immacolata, interessata da un «forte cedimento
strutturale».
In
quell’occasione, secondo i tre,
l’unica responsabile dell’annunciato crollo, poi verificatosi
nel giugno di quest’anno, era da
ricercare nella precedente amministrazione comunale (anno
2009) «poco interessata ai fenomeni che si erano manifestati».
Insomma, sembrerebbe che allo
stato attuale la situazione sia rimasta invariata anzi, l’iniziativa
amministrativa, sempre secondo i tre consiglieri di minoranza, si sarebbe concretizzata solamente in «implorazioni di aiuto senza il necessario supporto
documentale, tecnico e finan-
Serafino Paola
ziario».
Qualche intervento pare, comunque, ci sia stato nei mesi
passati per la messa in sicurezza
dell’area interessata alla frana
ma, riguarderebbe solo dei sondaggi geologici che hanno, tra
l’altro, sostituito gli annunciati
“micropali”. Adesso quindi la
ferma volontà del gruppo “Conflenti nel cuore” di mettere fine,
una volta per tutte, ad una tale
condizione di emergenza ed incuria ambientale che, come sostengono i tre consiglieri all’opposizione «serve solo a procurare una visione falsata di Conflenti agli occhi degli estranei
ma , soprattutto, agli occhi della
stessa popolazione residente
che smarrita continua a vigilare
costantemente sulla propria incolumità».
PLATANIA Giornate di preghiera in parrocchia con la statua di Madjugorje
L’effigie della Madonna “visita” gli ammalati
PLATANIA. Maria, “Pellegrina
d’amore”, da lunedì scorso
(giorno precedente l’inizio del
novenario in onore dell’Immacolata Concezione) è in mezzo
al popolo di Platania con la visita alle famiglie, ma soprattutto alle persone ammalate, . Si
tratta della “Peregrinatio Mariae” ossia il pellegrinaggio
della statua della Regina della
Pace di Medjugorje che, portata tutti i giorni in processione,
sarà ospitata nella case in cui
risiedono persone non autosufficienti per prendere parte alla
tradizionale novena che si celebra in chiesa.
Le famiglie ospitali prepareranno una degna dimora abbellita da luci e fiori per l’accoglienza della statua della Madonna in missione.
Con questa iniziativa religiosa la comunità di San Michele Arcangelo, patrono di
Platania, diventa missionaria
con l’annuncio del Vangelo e
con un’opera di preghiera, di
catechesi e di evangelizzazione subito dopo l’avvio all’anno
catechistico durante il quale il
vescovo emerito di Lamezia
Terme monsignor Vincenzo Rimedio ha dato il mandato ai
catechisti della parrocchia nel-
la solenne celebrazione a riguardo.
Nel pomeriggio ci sarà l’incontro di preghiera, al quale
prenderanno parte il gruppo
missionario parrocchiale, gli
ammalati e le famiglie del rione, e ancora la recita del Santo
Rosario, una appropriata catechesi mariana e la consacrazione della famiglia alla Madonna.
«Maria, Regina della pace,
viene a fare alle nostre famiglie
una visita speciale e a Lei – sottolinea la catechista Maddalena Cimino – si chiederà che,
come allora visitò Santa Elisa-
betta portando in grembo il
Verbo di Dio, anche oggi lo
porti nelle nostre famiglie». Il
parroco don Pino Latelli afferma che «la Peregrinatio Mariae
se da una parte evoca il pellegrinaggio che ciascuno è chiamato a compiere per riscoprire
la propria fede, dall’altra offre
una buona occasione per stare
accanto agli ammalati facendo
sentire loro la vicinanza e l’affetto dell’intera comunità.
L’augurio – conclude il sacerdote – è che la Vergine Santa
conforti quanti sono segnati
dalla malattia e dalla solitudine».
MANNELLI. «Purtroppo la storia si ripete, purtroppo pare che le leggi in
materia di randagismo e tutela di animali d'affezione
nei Comuni della provincia
di Catanzaro sono un optional». La denuncia è di Francesca Console, presidente
dell’associazione
“Anima
randagia” per la tutela degli
animali in Calabria che in
particolare racconta quanto
sta avvenendo a Soveria
Mannelli.
«Nei giorni scorsi - ha affermato Console – una componente
dell'associazione
“Anima randagia” ha telefonato disperata, perchè alle
16 un camion ha investito
due cuccioli randagi di circa
un mese. Non stiamo a descrivere la trafila di telefonate che si sono susseguite fino
alle 21 della stessa sera. La
polizia municipale, a quanto
pare, oltre gli orari di ufficio
non ha reperibilità. A questo
punto, qualora dovesse succedere qualcosa di più "grave" che l'investimento di un
animale, i cittadini cosa dovrebbero fare?»
Porte chiuse anche dalla
forze dell’ordine. «Per i carabinieri non è loro competenza – ha proseguito la presidente del sodalizio – per
l’Azienda sanitaria provinciale non c'è intervento se
non su segnalazione dei vigili
urbani. E allora che si fa? Cosa deve fare un cittadino per
Cani randagi
essere tutelato e sostenuto in
queste situazioni? Si porta
l'animale ferito in casa agonizzante
nell'attesa
che
muoia tra atroci sofferenze».
Per la presidente dell’associazione “Anima randagia”
tutto questo «è vergognoso».
«Polizia, carabinieri e vigili urbani – prosegue Francesca Console – sono tenuti ad
intervenire per legge. Per
questo è stato modificato il
Codice della Strada in materia di soccorso animali feriti».
«Profondamente indignati
– ha concluso nel suo intervento la presidente dell’associazione “Anima randagia” –
sono tutti i membri dell'associazione, che chiedono chiarezza su quanto accaduto
prima di procedere per vie legali contro i responsabili di
queste omissioni».
Gazzetta del Sud Giovedì 1 Dicembre 2011
39
Cronaca di Crotone
Piazza Resistenza, 17 - Cap 88900
Tel. 0962.29786 / Fax 0962.29791
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Straniera arrestata
per resistenza e lesioni
Arrestata dalla Polizia
ventisettenne nigeriana
per resistenza, violenza
e lesioni personali
a pubblico ufficiale
Concessionaria: Publikompass S.p.A.
Piazza Resistenza, 17 - Cap 88900
Tel./Fax 0962.905002 [email protected]
.
Il Tribunale penale al terzo giorno di camera di consiglio ha emesso la sentenza nei confronti dei ventisei imputati ed ha inflitto solo tre condanne
Al processo “Puma” ventitrè assoluzioni
Tre anni e 4 mesi a Giovanni Puccio, 2 anni e 6 mesi a Luigi Bumbaca, 2 anni e 4 mesi a Michele D’Alfonso
Una sola condanna per mafia e
due altre condanne per accuse
di corruzione e voto di scambio. Poi ben ventitrè assoluzioni. Così ha deciso ieri il collegio
del Tribunale di Crotone che
dopo 60 ore circa di camera di
consiglio ha emesso il verdetto
per le ventisei persone imputate in uno dei due procedimenti
scaturito dall'operazione "Puma" del 28 dicembre 2006. Un
processo che come è noto ruotava intorno alle attività della
cosca Maesano di Isola che
avrebbe controllato per trarne
profitto i villaggi turistici sulla
costa tra Isola e Botricello, e soprattutto quello di Praialonga.
Si basava infatti per la gran parte su vicende accadute in questo grosso condominio di palazzine e case abitate durante le
vacanze estive da crotonesi e
non solo, l’inchiesta condotta
dalla Dda e dai Carabinieri. La
ricostruzione accusatoria prefigurava anche episodi corruttivi
che coinvolgevano politici e loro collaboratori. E poi erano
ipotizzati estorsioni e danneggiamenti all’ex amministratore
di condominio Stefano Forleo
per costringerlo a cedere l’amministrazione del villaggio agli
uomini della cosca. Ma davanti
al Tribunale ha retto solo una
piccola parte dell’ipotesi accusatoria. Il collegio presieduto
da Guglielmo Labonia (a latere
Gilda Del Borrello e Raffaella
Dattolo giudice onorario; can-
celliere: Giovanna Morabito ),
ha infatti condannato solo Giovanni Puccio (63 anni di Botricello, per associazione mafiosa
alla pena di tre anni e 2 mesi di
reclusione. Lo stesso Puccio, difeso dall’avv. Pietro Pitari è stato assolto da tutti gli altri capi
d’imputazione che gli venivano
contestati. Assolto dalle accuse
di mafia anche Luigi Bumbaca,
amministratore di Praialonga
nel periodo dei fatti oggetto del
processo, e considerato uomo
dei Maesano. Bumbaca che è
stato difeso dagli avvocati Salvatore Staiano e Gregorio Viscomi, è stato condannato a
due anni e 6 mesi di reclusione
per due episodi di corruzione e
voto di scambio e nei suoi confronti il Tribunale ha escluso
l’aggravante della mafiosità.
Un aggravante esclusa anche
per Michele D'Alfonso cognato
dell'ex assessore regionale alla
forestazione Dionisio Gallo.
D'Alfonso per la pubblica accusa tra la fine del 2004 e l'inizio
del 2005, aveva fatto da tramite tra Bumbaca espressione dei
Maesano e l'allora assessore regionale che secondo la tesi dell'accusa per ottenere voti
avrebbe accolto alcune richieste dello stesso Bumbaca inviando per esempio operai forestali del consorzio a Praialonga. Ebbene il Tribunale ha condannato D’Alfonso (difeso dagli avvocati Luigi Morrone e Livia Apa), a due anni e 4 mesi di
Il palazzo di Giustizia sede del Tribunale penale
reclusione per un solo episodio
corruttivo legato a un’ipotesi di
voto di scambio assolvendolo
da tutti gli altri capi d’imputazione che gli venivano contestati.
Il collegio presieduto dal giudice Labonia ha poi condannaLa pubblica
accusa
è stata
rappresentata
dal Pm Bruni
to Giovanni Puccio al risarcimento danni in favore della Regione Calabria, del Comune di
Isola Capo Rizzuto e del Condominio di Praialonga, assistite
rispettivamente dall’avv. Panico, dall’avv. Giovanni Iedà e
dall’avv. Leo Sulla. È stato parte offesa nel processo anche
Stefano Forleo, rappresentato
dagli avvocati Graziella e Attilio Scola.
Il pm Pierpaolo Bruni aveva
chiesto di infliggere 23 condanne per un totale di 118 anni e 6
mesi di reclusione e solo 3 assoluzioni. Ma il collegio del Tribunale ha deciso al contrario
mandando assolti da tutte le
accuse sia gli imputati accusati
di associazione mafiosa (Santo
Maesano, Antonio Puccio, Michele Leonardo Bruno), sia gli
imputati che erano accusati di
singoli episodi di voto di scambio per ipotizzate promesse
pre-elettorali con l’allora assessore regionale Gallo, sia infine
gli altri accusati di aver aiutato
la cosca ad assumere il control-
È accusato di avere omesso di dichiarare ricavi di impresa ed Iva
La vertenza dei dipendenti di Villa Giose
Maxi evasore fiscale (per 2 milioni)
scoperto e denunciato dalla Finanza
Avviate le procedure
per mettere in mobilità
i lavoratori della clinica
È accusato di aver nascosto al fisco ricavi per circa due milioni di
euro, ma avrebbe anche omesso
di versare all’erario almeno
100.000 euro di ritenute operate
come sostituto d’imposta. Un imprenditore del settore abbigliamento è stato denunciato dalla
Guardia di Finanza per una maxievasione fiscale. Si tratta di un
60enne che risiede a Cutro ed è
titolare di una società di capitale
che gestisce un’azienda che lavora nel settore della confezione di
vestiario. Gli specialisti della
Compagnia della Guardia di Finanza al comando del capitano
Mario Celso, hanno scoperto
l’evasione milionaria durante un
verifica fiscale mirata.
L’attività ispettiva condotta
dalle Fiamme Gialle della Compagnia su disposizione del comandante provinciale colonnello Teodosio Marmo, ha permesso
inoltre di accertare anche altre
irregolarità. Nello specifico i finanzieri del capitano Celso hanno accertato che l’imprenditore
sessantenne non aveva presentato la dichiarazione ai fini delle
imposte sui redditi e dell’imposta
sul valore aggiunto per le annualità 2007 e 2009. Non presentando le dichiarazioni Iva e quelle
dei redditi avrebbe nascosto al fisco ricavi conseguiti nell’esercizio dell’impresa, per un ammontare complessivo di circa 2 milioni di euro.
Insieme a questo i finanzieri
hanno inoltre, rilevato violazioni
all’obbligo di versamento delle
ritenute operate in qualità di sostituto d’imposta, per un importo
totale di 100.000 euro.
È non è finita qui. La situazio-
I militari della Guardia di Finanza impegnati in una verifica
ne dell’impresa è risultata infatti
irregolare anche per quanto attiene la riscossione dell’Iva, in
quanto il debito d’imposta risultante dalle dichiarazioni relative
alle annualità 2006 e 2008, per
un totale di 220.000 euro, non è
stato versato.
Non è la prima volta che l’imprenditore sessantenne viene segnalato come evasore dai finanzieri crotonesi, che avevano già
condotto, nel corso del 2010,
analoga attività ispettiva nei confronti di un’altra società amministrata dallo stesso imprenditore.
Anche in quel caso precedente, era risultato che il 60enne non
aveva dichiarato i ricavi conseguiti nel periodo d’imposta
2004, per un importo di
2.600.000 euro ed aveva impiegato anche una quarantina di lavoratori irregolari.
La maxievasione fiscale per la
mancata dichiarazione reddituale sui ricavi sottratti all’imposizione è stata possibile grazie
all’esecuzione di specifici controlli incrociati nei confronti dei
clienti, nonché all’acquisizione
di altri dati o elementi utili ad
orientare la successiva attività
d’accertamento.
Alla fine dei controlli il legale
rappresentante della società verificata è stato segnalato alla Procura della Repubblica di Crotone
per le violazioni penali di cui
all’art 5 (omessa dichiarazione)
e 10 ter (omesso versamento di
Iva) del D.Lgs nr. 74/2000, in
quanto le imposte evase e non
versate hanno superato la soglia
di punibilità richiesta dalla norma penale tributaria.
L’autorità Giudiziaria è stata
interessata anche per l’adozione
della misura cautelare del sequestro per equivalente.(l. ab.)
È stato avviato l’iter per il licenziamento collettivo di 58 dipendenti della clinica Villa Giose, la
cui società (omonima) è stata
dichiarata fallita dai giudici della sezione fallimentare del Tribunale di Crotone con sentenza
emessa lo scorso 13 aprile. A
confermare l’avvio delle procedure per il licenziamento collettivo è stato il curatore fallimentare incaricato dal Tribunale,
Pietro Riillo. «Si tratta – ha spiegato il dottore commercialista –
di un iter obbligato visto che il
prossimo 31 dicembre scadrà
per i 58 dipendenti la Cassa integrazione in deroga senza possibilità di rinnovo e, al momento,
non si prospetta una ripresa
dell’attività sanitaria per la clinica». Circa il futuro che attende
adesso i lavoratori, il curatore
fallimentare ha anticipato: «Avvieremo le consultazioni con le
parti sociali e istituzionali per la
messa in mobilità dei 58 dipendenti secondo il normale iter
previsto dalla legge».
Nel mese di ottobre scorso,
attraverso un bando pubblico,
la curatela fallimentare aveva
anche provato ad affidare la clinica a privati attraverso un contratto d’affitto di ramo d’azienda. Ma come specificato dallo
stesso Riillo «si è trattato di due
offerte che erano al di sotto della cifra proposta nel bando». «Le
trattative – ha aggiunto il curatore – stanno comunque proseguendo in queste settimane».
La comunicazione circa l’avvio delle procedure di licenzia-
L’ingresso della clinica Villa Giose
mento collettivo sono giunte nel
frattempo anche ai sindacati. Ieri la sede Cgil di via Pantusa era
affollata di lavoratori della clinica. «Abbiamo appena ricevuto –
confermava Franco Grillo segretario provinciale della
Fp-Cgil – la comunicazione della curatela fallimentare che annuncia il licenziamento collettivo sulla scorta di quanto previsto dalla legge 223 del 1991».
«Noi – ha annunciato Grillo – abbiamo già chiesto il cosiddetto
esame congiunto con la curatela: in quell’occasione valuteremo ogni opportunità per il futuro dei lavoratori, premettendo
che se non c’è un ripresa delle attività all’interno della clinica, la
messa in mobilità resta un passaggio obbligato». (g. ca.)
lo del Villaggi o di averne facilitato i progetti come l’ex presidente del Consorzio di bonifica
Gennaro Marrazzo anch’egli
assolto.
LA SENTENZA. Queste nel dettaglio le decisioni dei giudici:
Santo Maesano (53 anni di Isola C. R), assolto (il pm aveva
chiesto una condanna a 10 anni
di reclusione); Giovanni Puccio
(63, Botricello), condannato a
tre anni e mesi due di reclusione (chiesti 14 anni); Antonio
Puccio (54, Botricello), assolto
(chiesti 10 anni); Luigi Bumbaca (55, Botricello), assolto
(chiesti 14 anni); Michele Leonardo Bruno (51, Cutro), assolto (chiesti 6 anni); Antonio
Bumbaca (27 di Botricello), assolto (chiesti 6 anni); Giuseppe
Battaglia (63, di Isola Capo Rizzuto), assolto (chiesti 8 anni);
Domenico Calabretta (60 di
Isola Capo Rizzuto), assolto
(chiesti 4 anni di reclusione);
Agostino Biondi (58 di Isola Capo Rizzuto), assolto , (chiesti 6
mesi); Michele D'Alfonso (59,
di Santa Severina), condannato
a due anni e mesi quattro di reclusione (chiesti 9 anni); Gennaro Marrazzo (59 di Isola Capo Rizzuto), assolto (chiesti 5
anni di reclusione); Giuseppe
Oliva (45 di Mormanno), assolto (chiesti 3 anni e 6 mesi)
Gianfranco Grano (35, di Mesoraca, consigliere provinciale), assolto, (chiesti 3 anni);
Rocco Bruno (46 di Isola Capo
Rizzuto), assolto (chiesti 3 anni); Angela Tortello Cannata
(52 di Crotone), assolta (chiesto un anno); Francesco De Rose (47 di Strongoli), assolto
(chiesto un anno e 6 mesi); Salvatore Antonio Martucci (54 di
Strongoli), assolto (chiesto un
anno e 6 mesi); Michele Fragola (63 di Strongoli), assolto
(chiesto un anno e sei mesi);
Salvatore Natale Stella (45 di
Strongoli), assolto (chiesto un
anno e 6 mesi); Salvatore Cosentino (51 di Strongoli), assolto (chiesti un anno e 6 mesi);
Gaetano De Tursi (51 di Strongoli), assolto (chiesto un anno
e 6 mesi); Giuseppe Cristodaro
(49 di Isola Capo Rizzuto), assolto (chiesti 4 anni); Luigi Gareri (53 di Isola Capo Rizzuto),
assolti (chiesti 8 anni di reclusione) . Lucio Cosentino (51
anni di Cotronei), assolto (chiesta assoluzione); Antonio Megna (62 di Crotone), assolto
(chiesta assoluzione), Cosimo
Veneziano (50 di Rosarno), assolto (chiesta assoluzione.
Gli imputati assolti sono stati
difesi da un nutrito collegio
composto tra gli altri dagli avvocati: Francesco Laratta, Mario Prato, Luigi Falcone, Luigi
Villirilli, Saverio Loiero, Anselmo Torchia, Francesco Scalzi,
Salvatore Iannotta, Giancarlo
Pittelli, Sergio Rotundo, Antonio Sciarrotta, Domenico Sirianni, Eugenia Perri e Mario
Saporito.(l. ab.)
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Protezione Civile tel. 09626636441
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Centralino tel. 0962901829
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Numero verde tel. 167-299000
Acquedotto numero verde 800900.999
Segnalazione guasti pronto intervento
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Comando Polizia Municipale tel.
0962921538 - 096221569
Emergenza Sociale pronto intervento
tel. 096221508
Manutenzione verde tel. 0962921536
Pubblica Illuminazione, 0962921559
Servizi Tecnici tel. 0962921551
Stato Civile tel. 0962921218
NETTEZZA URBANA
Tel. 096229918
STAZIONE FERROVIARIA
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Tel. 0962794388
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CINEMA
APOLLO: Riposo
SALA RAIMONDI: “La pelle che abito”
Spettacoli ore: 17 - 19 - 21
42
Giovedì 1 Dicembre 2011 Gazzetta del Sud
Cronaca di Vibo
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del Circolo Acli
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Il noto penalista indagato dalla Dda di Reggio per favoreggiamento. Avrebbe portato «messaggi» ai familiari di un suo assistito condannato all’ergastolo
L’avv. Marafioti: «Mai compiuti atti illeciti»
Durissima la reazione dell’avvocato Armando Veneto: in questo modo si intimidisce la difesa
Nicola Lopreiato
«La polizia in via Palach... Ma
che cosa è successo...?». «Forse
c’è stata una rapina...». Le voci
si sono rincorse per tutta la
mattinata di ieri in città, ma alla fine, a sgombrare il campo
da ogni equivoco è stato lo
stesso interessato. L’avvocato
Giovanni Marafioti ha fatto
pervenire una nota a sua firma
attraverso la quale ha annunciato di aver ricevuto un avviso
di garanzia in seguito al quale,
ha detto di avere messo a «disposizione degli inquirenti tutto il carteggio relativo allo
svolgimento della difesa di Domenico Gallico. Ritengo di non
avere mai compiuto atti illeciti
nell’adempimento dei miei doveri di avvocato».
In pratica l’avv. Marafioti,
tra i penalisti più in vista della
città e della regione, è indagato
dalla Dda di Reggio Calabria
per «favoreggiamento». Avrebbe, secondo l’accusa, travalicato i limiti del suo mandato,
portando ai familiari del suo
assistito alcuni messaggi affidatigli durante un colloquio in
carcere dal suo “cliente”.
Un’ipotesi di reato che il penalista non riesce proprio a digerire in «nome del diritto alla difesa» e per questo motivo ha
fatto sapere di avere «chiesto
di essere interrogato per chiarire i fatti» che gli vengono addebitati e che «riguardano lo
svolgimento doveroso del rapporto (spesso difficile in ragione delle diverse culture a confronto) con l’imputato assistito».
Ad assumere la difesa di Marafioti sono stati gli avvocati
Armando Veneto e Giuseppe
Milicia i quali «avranno cura di
esprimere – ha detto il penalista vibonese – il mio rammarico, ma anche la mia serenità
per essere stato raggiunto da
un’accusa che reputo chiaramente infondata».
E la ferma presa di posizione
dell’avv. Amando Veneto nella
serata di ieri non si è fatta attendere: «Vuol dire che d’ora in
avanti chiederemo ai Procuratori come impostare le nostre
linee difensive... Quello che
voglio dire è che si respira
un’aria
preoccupante
per
quanto concerne la difesa.
Quando un avvocato riceve un
avviso di garanzia legato
all’espletamento delle sue funzioni è chiaro che la difesa viene ad essere intimidita. Entrare
nel rapporto tra avvocato e
cliente – ha poi aggiunto l’avv.
Veneto – non è consentito a
nessuno». Parole forti destinate ad avere delle inevitabili ripercussioni anche all’interno
delle Camere penali e degli
stessi ordini forensi.
La vicenda legata al coinvolgimento dell’avv. Marafioti si
interseca con la difesa assunta
dal noto penalista nei confronti
PROVINCIA
Barbieri (Pd)
assicura
De Nisi:
«Sono sereno»
L’avvocato Giovanni Marafioti coinvolto in una indagine della Dda di Reggio Calabria. Accanto, l’avvocato Armando Veneto
di Domenico e Antonino Gallico, entrambi in carcere e coinvolti nella sanguinosa faida di
Palmi che negli anni passati vide contrapposte le cosche dei
Gallico con quelle dei Condello. Una guerra di mafia che fece all’incirca cinquanta morti
ammazzati. Ieri mattina la polizia del Commissariato di PalIl sostituto
procuratore
della Dda
di Reggio
Roberto Di Palma
Il rapporto illustrato ieri pomeriggio da don Bruno Di Domenico
mi e il sostituto procuratore
della Dda di Reggio Calabria,
Roberto Di Palma, si sono presentati allo studio dell’avv. Marafioti dove hanno acquisito
tutta la documentazione necessaria relativa al caso in questione. Una vicenda che ha colto di sorpresa non solo lo stesso
legale ma che ha destato non
poco sconcerto in città. In passato l’avv. Marafioti è stato anche componente del consiglio
della Camera penale e consigliere di maggioranza durante
l’amministrazione guidata dal
sindaco Alfredo D’Agostino.
In sintesi
Un avviso di garanzia è
stato fatto recapitare
all’avvocato Giovanni Marafioti nell’ambito di
un’inchiesta sviluppata
dalla Dda di Reggio Calabria all’interno della
quale viene contestato il
reato di «favoreggiamento». In pratica il legale,
nell’espletamento delle
sue funzioni, avrebbe portato dei “messaggi” ai fa-
miliari di Domenico Gallico, dopo aver avuto dei
colloqui in carcere.
L’avv. Marafioti , ha ribadito di avere sempre agito
con correttezza e di non
avere mai compiuto atti illeciti nell’adempimento
dei suoi doveri. La polizia
ha acquisito una serie di
documento all’interno del
suo studio.
Non sono certo piaciute le affermazioni del presidente della Provincia, Francesco De Nisi, all’ex assessore Paolo Barbieri relativamente ad alcune
affermazioni
pronunciate
nell’ambito di una trasmissione televisiva (rete Kalabria)
all’interno di uno spazio autogestito dalla Provincia. «Non
posso – ha detto Barbieri in
una lettera inviata a De Nisi –
che esprimere il mio vivo disappunto e stigmatizzare
quanto affermato, direi con
poco stile di funzione istituzionale, nei confronti della mia
persona...». Barbieri, fatto fuori dall’esecutivo per fare posto
a un esponente di Socialismo
ecologia e libertà, con toni
piuttosto ironici ha poi rassicurato De Nisi «sulla sua serenità
d’animo» sottolineando che
non vive alcun «momento particolare» anche perché «non
penso che il presidente abbia i
titoli professionali per poter
giudicare e certificare lo stato
di salute delle persone».
PROVINCIA Obiettivo delle forze politiche è quello di rilanciare l’amministrazione
Dossier della Caritas nazionale De Nisi, Pd e Sel a 5 mesi dall’accordo
sul fenomeno dei migranti
varano un programma di fine legislatura
Lino Fresca
Presentato ieri pomeriggio il dossier statistico sull’immigrazione.
Il rapporto, commissionato dalla
Caritas nazionale, è stato illustrato da don Bruno Di Domenico alla
presenza del vescovo mons. Luigi
Renzo, del prefetto Luisa Latella,
dell’arciprete del Duomo di San
Leoluca mons. Giuseppe Fiorillo,
dell’assessore regionale al Lavoro, Francescantonio Stillitani,
l’assessore provinciale al Lavoro
Rossella Valenzisi e del sindaco
Nicola D’Agostino. Ha introdotto
i lavori il direttore della Caritas
diocesana don Fortunato Figliano il quale ha affermato che «il
21esimo rapporto sull’immigrazione consente di intervenire con
precisione chirurgica sui bisogni
delle persone provenienti da
ogni parte del mondo».
Don Di Domenico, nel presentare il dossier, ha detto che «i dati
contenuti al suo interno costituiscono il filo rosso delle riflessioni
sull’immigrazione. Questi “numeri” consentono di mostrare come il fenomeno della mobilità
possa andare di pari passo con la
solidarietà. L’Italia è soggetta a
un crescente processo di invecchiamento, rispetto al quale l’immigrazione costituisce un rimedio. Più che opporsi alla loro presenza e alla loro funzione di sostegno, bisogna invece interrogarsi sulle modalità più consone
per accompagnarle».
Il sacerdote, soffermandosi sul
fenomeno immigrazione calabrese ha aggiunto: «La corretta
lettura del fenomeno migratorio
in Calabria non può non conside-
Nicola D’Agostino, mons. Luigi Renzo e Antonio Morelli
rare i complessi mutamenti di ordine internazionale che hanno
visto susseguirsi momenti drammatici sulle coste calabresi.
L’emergenza Nord Africa, ha prodotto il movimento di migliaia di
migranti, prima dalla Tunisia,
con l’evidente obiettivo di raggiungere Francia, Belgio e Germania, poi dalla Libia, con flussi
di nazionalità mista in prevalenza dei paesi sub-sahariani. Travolti dall’emergenza Nord Africa,
si rischia di dimenticare che la
Calabria è interessata da lungo
tempo dalle stabilizzazioni di immigranti nel lavoro, negli affetti
familiari, nel senso di appartenenza ad una regione sempre
meno terra di transito e sempre
più territorio di insediamento
stabile».
In Calabria gli immigrati sono
circa 80mila. Solo nella provincia
di Vibo sono 5.801. La fascia di
età più presente dei migranti in
Calabria è quella compresa tra i
18 e i 39 anni. I paesi più rappresentati sono Romania e Marocco.
Altro dato importante è quello legato alla frequenza scolastica. In
Calabria sono circa 10.174 gli
iscritti, di cui 1.010 nel Vibonese.
«I nostri immigrati – ha sottolineato don Bruno Cannatelli – ci
chiedono lavoro e case. Per aiutarli ad inserirsi facciamo la nostra parte». Molto importante il
lavoro che sta portando avanti il
vescovo mons. Renzo il quale sta
offrendo tutti i supporti logistici
di Caritas e Casa di Nazareth. Solo la Casa di Nazareth giornalmente aiuta decine di immigrati
attraverso la consegna di pacchi
di alimenti e di vestiti. In prima
persona mons. Fiorillo è costretto
ad intervenire con fondi parrocchiali e personali per le esigenze
primarie di queste persone.
L’accordo i partiti lo avevano
siglato nell’estate scorsa,
quando Sinistra ecologia e libertà è stata chiamata a sostenere l’amministrazione provinciale guidata da Francesco
De Nisi, la cui maggioranza
negli ultimi tempi ha perso
pezzi per strada per via del
passaggio di quattro consiglieri nel gruppo dell’Udc, che alla
Provincia siede sui banchi
dell’opposizione.
In quelle trattative piuttosto convulse tra dirigenti del
Partito democratico, il presidente De Nisi e i vertici di Sel
si diede precedenza all’organigramma e non alle cose da fare, e benché Sel avesse chiesto
una vera e propria inversione
di rotta e l’azzeramento totale
dell’esecutivo le cose andarono avanti ugualmente ma senza tanti scossoni. A “subire”
l’ingresso di Sel di fatto è stato
solo l’assessore Paolo Barbieri,
esponente del Pd ed elemento
di spicco di Modem. Il suo posto, infatti, è stato rimpiazzato
con un esponente di Sel: Rosella Valenzise.
A distanza di cinque mesi
però i partiti che sostengono
De Nisi hanno ritenuto siglare
un programma di fine legislatura per rilanciare l’azione
della Provincia. Il piano è stato
messo a punto dal commissario del Pd Franco De Luca, dal
coordinatore provinciale di
Sel Gregorio Cosentino e dallo
stesso presidente della Provincia. «Prima della sigla – ha detto De Nisi – il documento è stato oggetto di una riunione alla
Aiello, De Luca, Cosentino, Citton e il presidente De Nisi
quale hanno partecipato tutti
gli assessori e i consiglieri di
maggioranza, che lo hanno
pienamente condiviso».
Nel documento programmatico Pd e Sel indicano in
maniera sintetica le tematiche
ritenute prioritarie al fine di
perseguire gli obiettivi dichiarati e portare a termine l’attuale consiliatura «incrementando i risultati amministrativi a favore del territorio e dei
cittadini».
Al primo punto del programma di fine legislatura vi è
l’ottimizzazione delle finanze
dell’ente, che ha accumulato
debiti fuori bilancio per un importo di circa 6 milioni. Secondo quanto viene evidenziato
nel nuovo programma «assume particolare urgenza agire
sull’efficace recupero dei tributi provinciali, sull’alienazio-
ne del patrimonio immobiliare non funzionale alle competenze specifiche dell’ente e
sulla riduzione dei fitti passivi.
«Occorre altresì continuare –
si legge ancora – sulla strada
della riduzione dei fitti passivi
e del personale; coscienti del
sovradimensionamento
dell’attuale pianta organica,
programmare interventi mirati alla salvaguardia e riqualificazione del personale, nonché
limitare al minimo indispensabile gli incarichi e le consulenze esterne. Allo stesso modo, è
necessario continuare a ridurre i costi della politica, diminuendo ulteriormente le indennità ed i rimborsi spese
che riguardano i componenti
della Giunta e del Consiglio,
sebbene sia da sottolineare
che già molto è stato fatto in
questa direzione, con riduzio-
ni considerevoli attuate negli
ultimi due esercizi finanziari».
Altro argomento importante le opere pubbliche e la viabilità. In questo caso diventa
prioritario il completamento
di alcune grandi opere, come
la Tangenziale est e la Strada
del mare, nonché il nuovo auditorium in fase di realizzazione all’interno della vecchia
chiesa dello Spirito Santo. Per
quanto attiene lo sviluppo e le
politiche del lavoro, il programma prevede «l’attivazione di tutti gli strumenti disponibili per favorire le attività
economiche capaci di generare occupazione, con particolare riferimento ai comparti turistico, industriale e agroalimentare. In tale direzione devono essere indirizzate azioni
sia di tipo organizzativo (Stl,
aree industriali e filiere territoriali di qualità) sia direttamente come soggetto proponente che attraverso l’esercizio delle funzioni di coordinamento sovracomunale proprie
dell’Ente provinciale. In materia di lavoro, invece, deve essere ottimizzata e intensificata
l’azione dei Centri per l’impiego, al fine di favorire l’incontro tra domanda e offerta, con
azioni di tutoraggio e di assistenza online per chi è in cerca
di occupazione». Altri aspetti
caratterizzanti del programma di fine legislatura riguardano: tutela ambientale e salvaguardia del territorio, trasparenza e legalità e sostengo
delle iniziative culturali.