STANISLAO NIEVO IL VIAGGIO E IL RACCONTO
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STANISLAO NIEVO IL VIAGGIO E IL RACCONTO
STANISLAO NIEVO IL VIAGGIO E IL RACCONTO di Tamara Lisi 1 Indice Introduzione ...................................................................................................................... 3 1. La vita avventurosa di un uomo comune .................................................................. 4 2. Nievo viaggiatore e giornalista ................................................................................. 6 2. 1 Scrivere per viaggiare o viaggiare per scrivere? ................................................. 7 2.2 Storie di un viaggiatore .................................................................................... 8 2.3 Dal Dalai Lama a Padre Cesare Colombo..…..…………….…………...…11 3. Nievo scrittore........................................................................................................ 13 3.1 3.2 4. Il prato in fondo al mare ..................................................................................... 14 Il sesto senso….……….................................................................................. 15 La Fondazione Nievo ............................................................................................... 18 In copertina: Foto tratta da Storie di un viaggiatore, 2009, a cura della Fondazione Ippolito Nievo. 2 Introduzione Chi è Stanislao Nievo? Inutile andare a cercare questo nome nei libri di scuola per saperne di più. Sfogliando le pagine, tra gli autori del Novecento spiccano, meritatamente, grandi nomi a tutti noti. Ma non Nievo. Non c’è nell’indice generale e neanche nell’indice dei nomi. Praticamente non viene neanche mai nominato. Se si ha la fortuna di andare all’università e di incontrare un professore di letteratura italiana che lo studia e lo fa diventare oggetto di lezione ed esami si prova imbarazzo a non sapere nemmeno chi sia. Poi invece ci si affeziona alla sua storia, la sua biografia fa sognare, i suoi scritti colmano le lacune letterarie, scientifiche, geografiche e umane. Tamara Lisi 3 1. La vita avventurosa di un uomo comune Stanislao Nievo nasce il 30 giugno 1928 a Milano, e insieme ai suoi tre fratelli trascorre l’infanzia tra Borgo Montello nell’Agro Pontino e Colloredo di Monte Albano in Friuli, nell’antico castello di proprietà della famiglia. Già da bambino un forte interesse per gli animali, soprattutto quelli selvaggi e quelli di grandi dimensioni, lo porta a visitare con frequenza lo Zoo, una volta trasferitosi a Roma. Unitamente agli animali, cresce il suo interesse sul loro territorio di origine e sui loro luoghi di provenienza. I suoi interessi sembrano destinarlo ad un futuro già scritto e infatti, dopo essersi diplomato all’Istituto M. Massimo dei Padri Gesuiti, si iscrive alla Facoltà di Scienze Naturali. In questo periodo Stanislao Nievo comincia a viaggiare, visitando diversi Paesi europei. Non riesce più a farne a meno tanto da preferire il digiuno, pur di risparmiare, che rinunciare al viaggio. Ma il vero, grande viaggio è quello in Africa intrapreso nel 1953 insieme ad altri tre compagni universitari, grazie ad una borsa di studio del dipartimento di Zoologia dell’Università di Roma. I motivi della spedizione sono principalmente la ricerca di un continente scomparso chiamato Lemuria e lo studio del Coelacanthus, un pesce preistorico. Un viaggio durato quasi un anno, ampiamente documentato dai numerosi articoli scritti per diversi giornali italiani. Un viaggio che è stato la realizzazione di un sogno per Nievo. Ed è proprio questo viaggio a consacrare Nievo come giornalista. Da qui viaggio e racconto del viaggio vanno di pari passo, viaggiatore e giornalista coesistono in un unico corpo. Non c’è luogo in cui Nievo decida di andare che non venga puntualmente raccontato, descritto, commentato. Quasi come se scrivere del viaggio desse più dignità al viaggio stesso, come se lo rendesse reale, vero. Nel 1958 insieme alla moglie Consuelo parte per l’Asia, per trascorrere lì il loro viaggio di nozze. Un viaggio di nozze indimenticabile, durato cinque mesi, poiché il loro cammino si incrocia con quello del Dalai Lama, in fuga dal Tibet. Nievo ha tanti interessi e passioni; oltre al viaggio e al giornalismo sperimenta diverse forme di comunicazione utilizzando linguaggi diversi come la fotografia e il cinema, per documentare la realtà che lo circonda in modo ancora più completo e pieno. Solo dopo molti anni un’altra passione, volutamente repressa, viene improvvisamente fuori, liberata come in un’esplosione, dopo essere stata rinchiusa nel suo corpo e nella sua testa per tanto tempo: la scrittura narrativa. Ma Nievo non si butta subito a capofitto in questa nuova avventura letteraria. Dovranno passare dieci anni per vedere pubblicato il suo romanzo d’esordio, nel 1974, all’età di 46 anni. Dieci anni di ricerche intense prima di scrivere e pubblicare Il prato in fondo al mare, tentando così di fare luce sulla misteriosa morte del prozio e noto scrittore Ippolito Nievo. Un esordio straordinario, molto apprezzato da pubblico e critica, che merita il premio Campiello 1975 e il premio Comisso. Niente potrà più trattenerlo adesso, ora che la barriera formata dalla paura del confronto e del fallimento è stata abbattuta. Il prato in fondo al mare è la spinta che gli serviva per poter cominciare e continuare a scrivere. Molti libri di successo vengono pubblicati dopo il ’74, romanzi ma anche racconti e poesie, finché nel 1987 arriva il 4 riconoscimento più atteso: con Le isole del Paradiso Nievo vince il Premio Strega. L’ultima opera che Nievo ha visto pubblicata si intitola Gli ultimi cavalieri dell’Apocalisse, nel 2004, ma la morte non gli permetterà di pubblicare l’ultima opera a cui stava lavorando, uscita postuma. Stanislao Nievo muore il 13 luglio 2006 a Roma, lasciando una ricca eredità culturale e umana. 5 2. Nievo viaggiatore e giornalista Stanislao Nievo nasce come viaggiatore alla fine degli anni ’40. Una volta diplomatosi visita diversi Paesi europei. Gli piace, capisce che viaggiare lo forma e lo completa come uomo e non vuole più smettere. A parte brevi ritorni a casa Nievo gira l’Europa senza sosta: Francia, Svezia, Olanda, Belgio, Inghilterra, Danimarca. Per continuare a stare fuori Nievo è disposto a qualsiasi sacrificio; accetta qualsiasi lavoro per mantenersi, e se necessario rinuncia ai pasti, per risparmiare. Ma è L’università a regalare il sogno di una vita ad uno studente non ancora laureato, dandogli la possibilità di andare in Africa: la patria di quegli animali che così tanto attiravano la sua attenzione di bambino senza un vero perché, osservati così a lungo nello Zoo di Roma che gli occhi si sono consumati a furia di guardarli. Quando Nievo nel corso della sua vita torna a raccontare di quel viaggio incredibile parla di felicità. Felicità, e nessun altro stato d’animo. L’esplosione di nostalgie mai vissute ma ardentemente sognate in gioventù, la vista dei più grandi animali della creazione in libertà nelle sterminate savane, l’approdo su isole sperdute e piene di malia, la vita sull’orlo dell’avventura e tanto altro, segnò la mia entrata nella felicità. Al passaggio dell’equatore, con i miei compagni di viaggio, allungammo tutti l’indice della mano destra per attraversare insieme la linea immaginaria che divide il globo. Tutti abbracciati e urlanti. (Stanislao Nievo, Il mendicante di stelle)1 Stanislao Nievo non era da solo. A condividere la spedizione con lui, e quindi il cambiamento personale che questa ha prodotto, tre compagni di Università, Fabrizio Palombelli, Carlo Prola e Franco Prosperi, senza i quali quell’esperienza non sarebbe stata la stessa, senza i quali non ci sarebbe stata la condivisione di quasi un anno di vita che ha formato e cambiato tutti i componenti nel profondo. Dal viaggio in Africa Nievo torna cambiato. Parte da scienziato e torna giornalista, la creatività si lega indissolubilmente con la ricerca scientifica. La consacrazione di quella che sarà l’attività della vita avviene proprio durante il viaggio tanto sognato. Timidamente, dunque, nei primi articoli spediti al “Giornale d’Italia”, senza la sicura coscienza di essere dotato, da un ragazzo universitario prossimo alla laurea, innamorato delle scienze naturali e dei viaggi, si forma il futuro scrittore attraverso la pratica del giornalismo, nella misura breve, nella capacità di condensazione delle emozioni dentro le immagini che rimane carattere precipuo della sua vocazione.2 1 S. Nievo, Storie di un viaggiatore, a cura di M. Santiloni, Udine, Gaspari, 2014, p. 31. Fabio Pierangeli, Uno scrittore diventato tale “per corti circuiti posti a contatto col mistero”: il percorso narrativo di Stanislao Nievo, in «Mosaico italiano», n. 129, anno XIII, 2014, p. 10. 2 6 In uno degli ultimi convegni su Nievo è proprio la moglie Consuelo, fedele compagna di vita e di viaggi, a svelare un interessante particolare sul marito: la signora Nievo rivela il modus operandi di Stanislao giornalista. Suo marito non aveva l’abitudine di scrivere ed ultimare i suoi articoli mentre era in viaggio; era solito invece prendere degli appunti veloci, e rielaborare il tutto in un secondo momento. Sembra una banalità, un elemento di poco conto, ma non lo è. Elaborando il materiale solo successivamente Nievo aggiunge una componente importante, l’emozione di provare uno stato d’animo che non ci sarebbe stato scrivendo al momento: la nostalgia. Il racconto viene filtrato dal ricordo, ma non per questo se ne modifica l’essenza. La nostalgia, la voglia di tornare in quei posti e riviverli, il ricordo positivo di un viaggio che cambia l’anima di chi lo ha affrontato, sono tutti valori aggiunti. In più la signora Consuelo rivela anche un particolare su Nievo viaggiatore. Esistono due tipi di viaggiatori: il primo tipo è colui che prima di partire si documenta sul luogo in questione, in modo da arrivare già preparato, e il secondo che invece non si documenta affatto. Ecco, Nievo apparteneva più alla seconda categoria, preferendo di gran lunga seguire le sensazioni del momento, più che una guida turistica. Dal viaggio in Africa Nievo viaggiatore e Nievo giornalista, dunque, saranno una sola persona. Impossibile scindere il viaggiatore e il giornalista, le due attività (e i due modi di essere) sono ormai indissolubilmente legate. Non può esistere l’una senza l’altra. 2. 1 Scrivere per viaggiare o viaggiare per scrivere? Inutile tentare di capire e scoprire a tutti i costi quale sia davvero in Stanìs la passione, la vera, la prima, quella che è stata il motore di tutto. Se è stato il viaggio ad accendere in lui la voglia e la necessità di scrivere, a risvegliare un talento che, seppur dormiente e silenzioso, faceva parte di lui, nel profondo, oppure se il viaggio è stato solamente un pretesto per avere qualcosa da dire e poi rielaborare su carta, condividendo tutto. Dunque, scrivere per dare ancora più dignità al viaggio, per renderlo in qualche modo vero, realmente vissuto, oppure viaggiare per avere cose da raccontare? Quale attività spingeva Nievo verso l’altra, prima di arrivare al connubio inevitabile e perfetto tra le due? In questo senso, forse, non c’è risposta più esaustiva di quella di Carlo Nobili, soprintendente del Museo Nazionale Preistorico Etnografico Luigi Pigorini: «Stanis scriveva per viaggiare, ma anche viceversa, viaggiava per scrivere, per risentire quel momento ineguagliabile di effervescenza che la scrittura dona e a sua volta per donare, comunicando agli altri, la sua esperienza.»3 È un dare e avere il rapporto che Nievo ha con la scrittura e col pubblico, un rapporto in cui la generosità è alla base di tutto. 3 Carlo Nobili, Il viaggiatore del sogno: la Melanesia di Stanislao Nievo; citato in F. Pierangeli, Uno scrittore diventato tale “per corti circuiti posti a contatto col mistero”: il percorso narrativo di Stanislao Nievo, in «Mosaico italiano», n. 129, anno XIII, 2014, p. 7 7 «Nobili intravede, nell’attività molteplice di Stanis, una perfetta alchimia di elementi fusi insieme.»4 Ed è questa fusione la carta vincente di Stanislao Nievo; nessun elemento prevale sull’altro e l’equilibrio delle parti porta ad un risultato eccellente. 2.2 Storie di un viaggiatore 50 anni intorno al mondo, mettendo il naso in 90 paesi raccontati in oltre 500 articoli per quotidiani o settimanali, e fotografati per enciclopedie e riviste. Realizzando nel frattempo e nel frammezzo 5 film (da organizzatore e da regista) con una costellazione di servizi televisivi [...]. Oltre alla scrittura di 20 libri, tra poesia, romanzi e saggi. Questo volume [...] è il giro del mondo in 50 corrispondenze, andando a ritroso fino a mezzo secolo fa. 5 Con queste parole Stanislao Nievo introduce la raccolta di cinquant’anni di viaggi e di articoli (e di fotografie bellissime), fortemente voluta da Mariarosa Santiloni, Segretario Generale dell’Associazione Nievo, meno da Stanislao stesso, che non amava riproporre cose già pubblicate. Chiamarli articoli è riduttivo: fa tanto pensare ad una mera descrizione. Anche il termine reportage non basta a rendere l’idea. Racconti di viaggio. Storie di un viaggiatore, appunto. Pezzi di vita vissuta a pieni polmoni, con una fame di conoscere propria di un viaggiatore vero. Più che reportage sembrano dei veri e propri incipit di romanzo, come afferma Fabio Pierangeli, che nell’introduzione critica al volume, lo definisce «un ideale giro del mondo, in sei tappe, dentro le quali gli episodi sono raggruppati in ordine cronologico: Africa, Asia, Oceania, America, Antartide, Europa.»6 Per viaggiare senza sosta con questo spirito di rinnovamento, di apertura agli incontri più disparati, non previsti, a volte spiazzanti, bisogna conservare, nella consapevolezza dell’adulto, la curiosità del fanciullo, lottare contro la rassegnazione, anche se la realtà talvolta ne offre i motivi, soprattutto di fronte allo scempio di quella natura così splendente, solo qualche decennio prima, all’inizio del viaggio, nei primi anni Cinquanta.7 Il prezioso volume a cura di Mariarosa Santiloni, Storie di un viaggiatore, [...] chiarisce l’intrigante rapporto tra il giornalismo di viaggio e la scrittura romanzesca, fornendo una antologia ragionata del percorso giornalistico sviluppatosi per cinquant’anni, a partire da quel primo viaggio fuori d’Europa, nel 1953[...]. Percorsi di un viaggio non programmato in anticipo, 4 Ibidem S. Nievo, Storie di un viaggiatore, a cura di M. Santiloni, Udine, Gaspari, 2014, p. 9. 6 Ivi, p. 14. 7 Ivi, p.15. 5 8 spalancato alla meraviglia dell’imprevisto, assecondando, con vigile pazienza, le orme di una vocazione alla scrittura narrativa. 8 Vocazione. Tutto quello che è venuto prima è stato essenziale e necessario per condurlo dritto a quello che amava fare da sempre. Si tratta di una autobiografia sintetica, consapevolmente revisionata e approvata dallo scrittore, la cronaca esaltante di un apprendistato verso il romanzo[...], l’individuazione di un percorso parallelo e intrecciato con lo svolgersi dell’itinerario creativo, poetico e narrativo[...].9 È proprio per dare il senso dell’autobiografia, del racconto dei viaggi intrapresi nel corso di un’intera vita che Mariarosa Santiloni, consapevolmente, sceglie di non indicare nel volume su quali giornali gli articoli della raccolta sono stati pubblicati. Cinquant’anni in cui tante cose sono cambiate, e in cui tante sono rimaste esattamente uguali. Nievo stesso dice che, quando negli anni ’50 compie il suo viaggio nelle terre degli animali dalle grandi dimensioni, l’Africa aveva tre nazioni indipendenti e cinquanta colonie. Nel 2006, anno di queste riflessioni, l’Africa ha cinquanta nazioni, cosiddette indipendenti, e due o tre colonie. Parlare adesso dell’Africa di oggi significherebbe aprire un capitolo troppo grande e troppo doloroso. Ma questo ci dà il senso di come un cambiamento incessante e perpetuo, nel bene e nel male, modifichi le sorti dell’umanità intera. Alcune lungimiranti descrizioni di Nievo della Cina e dell’Australia, a distanza di anni, fanno riflettere: «La Cina è vicina, il futuro è incerto, ma il boom economico è in pieno svolgimento. Dappertutto crescono case e grattacieli, tra immense impalcature di bambù.» «Ma ha un difetto grave: non ha nessuna guida sicura, nessun uomo capace di accettare decisamente questa unità e di guidarla. Hong Kong oggi resta un fenomeno economico, non riesce ad essere un fenomeno umano.(Ottobre 1960)»10 Sull’Australia dice: «Offre un grande vuoto, ma vuoto fertile. [...] Un vuoto [...] che non è vuoto di idee e di fantasie ma di distanze [...]. È una riserva per il futuro, per chi ama le progettazioni nuove, dalle linee inaspettate. È un vuoto apparente.(Febbraio 1985)»11 Poi ci sono luoghi in cui il tempo, invece, sembra fermarsi, luoghi in cui il progresso, che sia economico, sociale, o umano, non è ammesso. In quel caso, come nello Stato di Israele, cinquant’anni non fanno la differenza. «[...] Israele, paese qualsiasi. Non lo sarà mai. Sarà un paese guida, limite, antitesi, un paese da amare o da temere seriamente, ma non sarà un paese qualsiasi. Storia, tragedie, lotte, e il suo spirito fertile, isolato ed adattabile, tutto è unico, originale.»12 Queste parole hanno sapore di anni 2000, e invece era il 1961. 8 Fabio Pierangeli ,Uno scrittore diventato tale “per corti circuiti posti a contatto col mistero”: il percorso narrativo di Stanislao Nievo, in «Mosaico italiano», n. 129, anno XIII, ottobre 2014, p. 10. 9 Ibidem 10 Ivi, p. 133-136. 11 S. Nievo, Storie di un viaggiatore, a cura di M. Santiloni, Udine, Gaspari, 2014, p. 190-191. 12 Ivi, p. 140. 9 Che cos’è stato il viaggio in Africa per Nievo? Che cos’è l’Africa per Nievo? Quello che il lettore riesce a percepire leggendo gli articoli africani sono tanti stati d’animo messi insieme. L’Africa è entusiasmo, è orgoglio, è dolore. L’entusiasmo di avere avuto l’occasione unica di volare sullo stesso aereo con il più raro pesce del mondo, il preistorico Coelacanthus, uno dei motivi della spedizione. L’orgoglio di veder sventolare il tricolore sulla più alta vetta del Kilimangiaro. Ma nonostante la fatica, «oltre il freddo e l’affanno, la nostra ascesa è stata un meraviglioso avvicendarsi dei più attraenti spettacoli della natura.»13 E ancora: «Lassù avremmo visto uno degli spettacoli più grandiosi delle regioni che per mesi e mesi avevamo percorso.»14 Poi il dolore. Le pagine sulla tragica morte del fratello Ippolito sono struggenti di uno struggimento composto. L’Africa fino a quel momento gli aveva dato tanto. E all’improvviso gli ha tolto tutto. «Perdere un figlio, la madre, o l’amore, è un trauma esplosivo. Perdere un tenero marito o un padre è smarrire l’albero della vita. Perdere un fratello, un grande amico, è un taglio nel proprio corpo.»15 È stato il viaggio d’un uomo di oggi. Ma cosa è stato, visceralmente? Una lunga giornata, radiosa di risposte vibranti o spietate, di spettacoli da fiera celeste e terrestre ovunque abbia dato un’occhiata, tra gioie e dolori, scoperte e furti, meraviglie ed orrori. Le prime fortunatamente più frequenti dei secondi. Tra guerre e guerricciole, rivoluzioni da niente e da molto. In un paesaggio mutevole, sempre stimolante, spesso travolgente, con pochi nemici, molti veri amici [...].16 2.3 Dal Dalai Lama a padre Colombo Quello che rende questa raccolta di articoli affascinante sono le storie che vengono raccontate. Storie entusiasmanti, storie tristi, storie buffe, storie curiose. Storie straordinarie. Come quella che accomuna due personaggi di cui Nievo racconta un pezzo di vita: il Dalai Lama e Padre Cesare Colombo. Il primo è sicuramente noto a tutti e la sua fama lo precede; il secondo è sconosciuto al mondo intero, ma a lui non interessa. Sono due storie diverse, ma straordinarie, che vedono protagonisti due eroi contemporanei. Del Dalai Lama, maestro spirituale, supremo rappresentante del buddismo nella cultura tibetana, Nievo ha vissuto e documentato uno dei momenti storici più importanti della storia internazionale: la fuga e l’esilio del 1959. In quel tempo il Dalai Lama era la figura religiosa e politica più importante del Tibet. Stanislao si trovava in Asia insieme 13 Ivi, p. 57. Ivi, p.60. 15 Ivi, p. 95. 16 Ivi, p. 11. 14 10 a sua moglie Consuelo per trascorrere il loro viaggio di nozze. Mai avrebbe pensato di trovarsi a seguire il Dalai Lama in fuga verso l’Occidente. Una fuga durata trentaquattro giorni, una luna di miele durata cinque mesi. «L’ultima teocrazia della terra ha raggiunto oggi il suo esilio»17 scriveva Nievo. Il Tibet era stato annesso alla Cina e il Dalai Lama decide di fuggire verso l’India. «La prima parte della fuga fu a piedi, principalmente di notte, attorniato da 130 fedeli che in qualche modo lo difendevano con il loro corpo. Poi ottenuto asilo in India tutto divenne più facile e festoso.» 18 Il Dalai Lama ha camminato con centotrenta fedeli attraverso le regioni più sperdute e meno nominate dell’Asia centrale [...] mentre diecimila soldati cinesi giungevano intorno a Lhasa [...] e lo cercavano febbrilmente[...]. Col passaggio della frontiera il viaggio finì d’essere una fuga ed iniziò la sua fase finale, trionfante e solenne che ha accompagnato il Budda vivente fino a Mussorie. Ma rimase sempre una caccia all’uomo. Una caccia pacifica di migliaia di fedeli e di decine e decine di reporters. 19 Nievo non è mai riuscito ad avvicinarlo, ma ne dà una tenera descrizione: «Alto, avvolto nel suo lungo mantello color magenta, coi capelli corti un po’ ricresciuti, il viso tibetano affilato dalle faticose marce – gli occhiali che aiutano la sua gioventù ad apparire grave».20 Ventitré anni, e un grande peso sulle spalle. Ma anche tanta ammirazione e amore da parte dei fedeli che non lo hanno abbandonato mai. Al termine della sua fuga diecimila persone ad attenderlo: Le orme del Dalai Lama si stamparono in terra sulle pendici meridionali dell’Himalaya, per la prima volta. Prima di allora aveva sempre calcato quelle settentrionali. La gente si buttò dopo il suo passaggio a raccogliere la polvere pestata. Due donne anziane se ne riempirono addirittura le tasche.21 Era il 1959 e il quattordicesimo Dalai Lama, l’attuale, vincitore del premio Nobel per la pace, fuggiva verso l’esilio in India, dove risiede tuttora. E Stanislao Nievo era lì. Era sempre il 1959. Quel viaggio in Asia e il destino portano Nievo e sua moglie ad incrociare la strada di un altro uomo, altrettanto straordinario. Quest’uomo però non ha fatto la storia, perlomeno quella che merita le pagine dei libri di scuola: il suo nome è padre Cesare Colombo. Quest’uomo è stata la salvezza di tanti altri uomini, donne, bambini, rifiutati dalla società, cacciati via dai villaggi in cui vivevano e ripudiati da tutti. La loro colpa era quella di essere malati, malati di lebbra. Era gente che era stata scacciata dalla propria casa, dal villaggio dov’era nata, abbandonata da tutti. E lì, a sei miglia da Kengtung, in quest’angolo 17 Ivi, p. 105. Ivi, p. 100. 19 Ivi, p. 106. 20 Ibidem 21 Ivi, p. 110. 18 11 della Birmania orientale, aveva trovato un rifugio, dove aveva tutti i diritti, dove c’era un uomo, venuto in Birmania tanti anni prima dall’Italia, un uomo che pensava a dar tutto ciò che gli altri le avevano negato, casa, calore, cure, speranze.22 Padre Colombo era per queste persone tutto: era una famiglia, era una casa, era un ospedale dove ricevere cure. Stanislao Nievo si reca nel suo villaggio insieme a sua moglie per incontrarlo e conoscerlo. Padre Colombo si stupisce della visita. Nessuno si avvicina al villaggio, nessuno mai viene in visita. Nievo lo descrive come un uomo allegro e brioso, che nonostante lo stile di vita usurante che conduceva, non mostrava segni di stanchezza o sofferenza. Descrizione che, certamente, stona con il contesto. Padre colombo si occupava di tutto nel villaggio: «era ingegnere, chirurgo, sindaco, giudice, maestro e soprattutto padre per tutti.»23 Quest’uomo ha dedicato tutta la sua esistenza ai malati, senza paura del contagio, senza paura di dare e con tanta voglia di ricevere. «Tanti di quegli infelici non erano pericolosi. Ma il mondo non li voleva, neanche in questo paese asiatico dove ce ne sono circa cinquantamila in tutto. Dove c’è l’abitudine di vederli».24 «Era un eroe oscuro, che da anni lottava, giorno per giorno, con un male che minacciava di travolgere lui stesso, proprio per la continuità con cui lo aggrediva.»25 Padre Colombo non pensava a se stesso, mai. Nemmeno al suo futuro. Ma a quello degli altri, dei suoi ammalati, sì. E un quesito lo tormentava: «Quando me ne andrò, chi mi sostituirà?»26. Era un grande uomo. Un “eroe ignoto”. 22 Ivi, p. 121. Ivi, p. 122. 24 Ibidem 25 Ibidem 26 Ivi, p. 123. 23 12 3. Nievo scrittore Dopo anni dedicati con passione al giornalismo, Nievo apre la sua mente alla possibilità di un altro genere di scrittura. I fantasmi dei suoi avi letterati lo hanno spaventato, e la paura del confronto, in particolare con un grande della letteratura ottocentesca come Ippolito, lo ha fatto desistere da questa idea per anni. «La mia scrittura è ricerca del reale nascosto nel panorama terrestre che ci circonda … Scrivere per me è stata una scoperta tardiva. Era l’attesa della vera avventura che mi aspettava. Forse la presenza nella letteratura di un grande antenato, Ippolito Nievo, mi ha trattenuto a lungo per soggezione». Così scrive Stanislao Nievo.27 Ma la voglia di raccontare, e il bisogno di farlo, lo avvicina sempre di più alla possibilità di dedicarsi ad un genere di più ampio respiro, rompendo le catene e le costrizioni che il giornalismo necessariamente comporta. Nievo sente la necessità di spazio, di pagine bianche. Ma non si immerge nella scrittura narrativa buttandosi a capofitto. Da uomo di scienza quale è e rimane nel tempo, Nievo valuta ogni minimo dettaglio e possibilità di una eventuale opera narrativa, e una volta deciso l’argomento da trattare seguiranno anni e anni di ricerche: il rigore scientifico non lo abbandonerà mai. Chi lo avrebbe detto che proprio lo zio Ippolito, di cui tanto temeva il talento, sarebbe stato il motivo, la spinta che gli mancava per cedere al fascino e alla vocazione della scrittura narrativa? Era il 1961, e al Castello di Colloredo di monte Albano, residenza di Ippolito, si celebrava il centenario del misterioso naufragio del piroscafo Ercole e della sua morte. Osservando un francobollo commemorativo creato apposta per l’occasione con su stampato il volto di Ippolito, «la storia si riaprì.[...]. Mi rimase l’impressione che fosse possibile estrarre una storia precisa da quel volto perduto nel francobollo.»28 «Se, dunque, la piena vocazione alla scrittura romanzesca è scoperta tardiva, l’esordio su questo terreno arriva fulmineo, [...] preparato dal lungo apprendistato ventennale e da dieci anni di ricerche sulla sorte dell’avo, il celebre autore delle Confessioni di un italiano»29 Così, misurandosi proprio con la storia misteriosa della tragica fine di Ippolito «è nata la libertà di essere me stesso, di scrivere libri», racconta Nievo. L’ombra del grande avo è diventata un’ombra amica a cui accostarsi 27 Stanislao Nievo a Roma. Narrativa e cultura del secolo Novecento, a cura di M. Santiloni, Firenze, Franco Cesati Editore, 2015, p. 11-12. 28 S. Nievo, Il prato in fondo al mare, Roma, Newton Compton, 1995, p. 23-25. 29 Fabio Pierangeli , Uno scrittore diventato tale “per corti circuiti posti a contatto col mistero”: il percorso narrativo di Stanislao Nievo, in «Mosaico italiano», n. 129, anno XIII, 2014, p. 12. 13 per staccarsene subito dopo e proseguire la propria personale avventura letteraria.30 Le opere che seguono quella d’esordio non deludono le aspettative e riscuotono tutte un grande successo: vengono pubblicati racconti, come Il padrone della notte e Il tempo del sogno, raccolte di poesie come Viaggio Verde, Canto di pietra e Barca solare, e romanzi, come il già citato Le isole del Paradiso, vincitore del premio Strega, Aurora, Il cavallo nero, Il palazzo del silenzio, La balena azzurra, Il sorriso degli Dei, Aldilà, e Gli ultimi cavalieri dell’Apocalisse. Stanislao Nievo è quattro persone, e quattro personalità, in una: possiede l’atteggiamento rigoroso dello scienziato, l’oggettività del giornalista, la fame di conoscenza del viaggiatore, e la sensibilità dello scrittore. Nelle sue opere letterarie queste quattro caratteristiche confluiscono e la creatività si sposa con ognuna di loro. Anche in questo caso la fusione degli elementi porta ad un risultato vincente. 3.1 Il prato in fondo al mare L’opera, che racconta la lunga ricerca sulla fine misteriosa dell’avo Ippolito, incantò la giuria del Campiello [...] proprio per la capacità dell’autore di raccontare con precisione scientifica i dati raccolti minuziosamente tra Archivi di Stato, Archivi militari, memorie dei discendenti dei garibaldini, usando un linguaggio avvincente, quasi poetico a volte, che permette al lettore di entrare nel vivo della storia, della personale avventura, molto sofferta, dell’autore.31 Le indagini sul naufragio più misterioso della storia del Risorgimento cominciano, sulla terra ferma prima, poi sul fondo del mare. L’ipotesi del sabotaggio del piroscafo in partenza da Palermo è sempre stata molto forte in Stanislao, dal momento che, insieme ad Ippolito, viaggiavano documenti e denaro della spedizione garibaldina del Sud Italia. Le autorità piemontesi stavano aspettando il rendiconto della spedizione che, con molte probabilità, avrebbe fatto cadere le calunnie e le accuse mosse dalla Destra per screditare Garibaldi e la sua impresa. Il reporter che è in lui lo porta con naturalezza a condurre delle indagini serie e attente, e lo scrittore che sta nascendo le mette su carta in modo egregio. Il labirinto degli archivi era stato setacciato. Era venuto fuori qualcosa, indicazioni sottili, leggeri fantasmi. Appena si stava per piombare su qualcosa di grosso questo svaniva, la pratica era asportata, il fascicolo 30 Ivi, p. 13. Fabio Pierangeli, Uno scrittore diventato tale “per corti circuiti posti a contatto col mistero”: il percorso narrativo di Stanislao Nievo, in «Mosaico italiano», n. 129, anno XIII, 2014, p. 11 31 14 bruciato, l’incartamento sepolto. [...] Ma il vero labirinto era davanti, in mare.32 Non è stata una ricerca semplice, quella di Stanislao. Da nord a sud, ogni archivio, ogni biblioteca in cui potevano esserci informazioni utili erano stati visitati. Anche qui si può parlare di viaggio, e di Nievo viaggiatore: un viaggio attraverso l’Italia per la ricerca di documenti importanti e un viaggio nel passato, che lo riporta all’indomani dell’unità del Paese. Anche in questo caso Stanislao arriva all’eccellente risultato finale grazie alla sua poliedricità; anche qui scindere il giornalista dallo scrittore, dallo scienziato e dal viaggiatore è impossibile. Il metodo d’indagine del reporter, la sensibilità dello scrittore e le nozioni scientifiche hanno portato a Il prato in fondo al mare. 3.2 Il sesto senso Stanislao conduce le sue indagini con ogni mezzo, affidandosi a supporti tecnologici e alle sue conoscenze scientifiche; ma se questo non bastava a dare risposte sufficientemente soddisfacenti, o se la tecnologia richiedeva somme di denaro troppo alte, contro i principi della scienza e di quello che aveva avuto modo di studiare, Nievo si affidava a personaggi singolari. Doveva esserci una strada più rapida, uno strumento meno costoso, anche se raro. Lo trovai in Olanda, in un paese chiamato Enschede. Stava nella casa del signor Gerard Croiset. E precisamente nel suo cervello. [...] Chi è Croiset? È un uomo sposato, padre di quattro figli, con una curiosa capacità di veggenza, di premonizione e di indagine su gente scomparsa. È impiegato dalla polizia olandese per ricerche di persone annegate. Naturalmente, a volte, sbaglia. 33 La causa di questo strano potere era da imputare ad un trauma infantile, una morte per annegamento sfiorata. Ma come può un uomo di scienza come Stanislao dare credito a questi personaggi, che dicono di avere un sesto senso, ma nessun tipo di qualifica? Il lettore percepisce il forte desiderio di Stanislao di arrivare alla verità, e capisce che per farlo lui le provi davvero tutte; ma non sarà un sedicente sensitivo, il lettore ne è certo mentre legge il capitolo dedicato a Croiset, a dare una svolta alle indagini condotte con così tanta cura e attenzione. E invece no. Croiset aveva indicato il punto in fondo al mare, nei pressi di 32 33 S. Nievo, Il prato in fondo al mare, Roma, Newton Compton, 1995, p. 86. Ivi, p. 68. 15 Capri, in cui l’Ercole giaceva da più di cento anni. «C’era una sola variante. Era tutto spostato di mezzo chilometro dal punto segnato in Olanda. Ma forma, direzione del faro, inclinazione su Punta Campanella erano esatte. Era il primo punto a favore.»34 «Ora la zona era stata identificata. Restava la parte più difficile: identificare i segnali minori, correggere la deriva, che già per lo scoglio di Croiset era di mezzo chilometro e, cosa teoricamente più semplice ma in pratica molto più ardua, scendere sul fondo.» 35 Non è tutto. Stanislao decide di affidarsi ad altre «persone dalle intense capacità paranormali»36. Prima si reca da un antiquario torinese che, esaminando le stesse carte nautiche di Croiset, arriva ad una diversa conclusione. «Si era stabilita probabilmente una rivalità tra sensitivi»37. Poi ad Assisi incontra altre due persone e ognuna di loro dà a Nievo dimostrazioni di quanto quello che dicevano non fossero fandonie. «Questa tesi aveva centrato alcuni aspetti che Cardari non conosceva. Io l’avevo soltanto informato del naufragio, dell’epoca e dell’uomo che cercavo. [...] Ma le altre certamente no. Ciò spingeva a prendere in esame le restanti segnalazioni»38. «Ognuno di questi “volatori del tempo e dello spazio” mi portava più a fondo, avvolgendomi in una rete di ricerche sempre più complesse»39. Questi medium conquistano la fiducia di Nievo, che adesso è sempre più intenzionato ad andare avanti, e ad incontrarne altri. E infatti poco tempo dopo avviene l’incontro con un’altra donna, la signora Pezzola, dalle particolari capacità sensitive. Nievo difende queste persone dagli scettici, persone il cui cervello, gli aveva spiegato uno studioso, funziona anche in dimensioni diverse, in un tempo e in un luogo lontani. La nostra difficoltà nell’accettare un discorso simile è dovuta alla fatica di pensare ad altre dimensioni, che i nostri sensi non registrano normalmente. È come dire a un cieco nato cosa sia la vista. Impossibile. Ma si può comunicargli i dati analitici che la vista offre e che anche un cieco può rilevare attraverso gli altri sensi. [...] Lei (Pasqualina Pezzola) vede qualcosa, sistematicamente, che noi non riusciamo a scorgere, per cui noi siamo ciechi[...].40 Nievo stesso all’inizio e nel corso delle sue indagini era avvolto da mille dubbi, e si poneva diverse domande a riguardo. Persino i sogni diventano per lui supporto fondamentale per le indagini. Un giorno la dottoressa Mancini, sua amica, si rivolge a lui con queste parole: C’è un gran buio in queste storie. Una gran confusione tra morale e scienza, desiderio di miracolo e analisi quantitativa. Così si finisce per fornire 34 Ivi, p. 71 Ivi, p. 74. 36 Ivi, p. 91. 37 Ibidem 38 Ivi, p. 93. 39 Ivi, p. 94. 40 Ivi, p. 97. 35 16 spiegazioni ambigue per la ricerca, dando credito da un lato a fenomeni incomprensibili e dall’altro provocando negazioni rigide da parte di menti razionali troppo sicure delle loro tecniche e dei limiti della conoscenza. Tornado alla domanda posta in precedenza, ci si chiede come un uomo di scienza possa affidarsi con così tanta fiducia a un metodo di conoscenza di cui, riguardo alla sua veridicità e fondatezza, non si hanno prove. Ma Nievo, prima di essere uomo di scienza, era uomo. «Certo il cammino è lungo e oscuro, spesso imbarazzante, scomodo e desolatamente vuoto. Eppure lì c’è una strada. La cercavo per raggiungere il battello in fondo al mare, chiedendo aiuto a tutte le discipline, anche quelle più misteriose» 41. Nievo arriva ad una conclusione: «Forse era come chiedere ad un uccello come fa a volare. Lo sa fare, ma non sa come e perché»42. E da uomo intelligente quale era, Stanislao non si lasciò guidare da pregiudizi di nessun genere, perché la ricerca della verità non ha bisogno di questo. E l’amore per la ricerca della verità, di quella verità, lo ha portato dovunque e da chiunque. Nonostante ciò, anni di ricerche e di voglia di verità non hanno prodotto il risultato tanto sperato da Stanislao: se l’Ercole affondò in seguito ad una manomissione o per cause di altra natura Nievo non lo saprà mai. E noi con lui. 41 42 Ivi, p. 101. Ivi, p. 98. 17 4. La Fondazione Nievo La “Fondazione Ippolito Nievo” vede la luce nel 1994, fortemente voluta da Stanislao Nievo, suo primo Presidente, e dagli altri pronipoti di Ippolito, nonché soci, Giovanna, Giangaleazzo e Ludovica Nievo. Lo scopo della creazione di una fondazione legata al noto scrittore è la divulgazione del patrimonio storico e artistico legato alla figura di Ippolito e legato anche alla conoscenza dei luoghi in cui operò e trascorse la sua vita, soprattutto il castello a Colloredo di Monte Albano. Le attività di divulgazione dell’associazione però, non sono circoscritte al solo Ippolito, ma puntano anche alla diffusione dei grandi autori della letteratura italiana e alla conservazione dei luoghi da cui questi personaggi hanno tratto ispirazione, e puntano ad incoraggiare, in generale, le scienze e le arti tutte. Naturalmente la fondazione Ippolito Nievo è nata senza alcuno scopo di lucro, per questo tutti gli eventuali proventi sono adoperati per finanziare ogni tipo di progetto dell’associazione. Le attività in cui l’associazione è impegnata e con cui mantiene fede alla promessa di divulgazione e promozione della conoscenza di Nievo, sono numerose e di vario tipo. Mostre, seminari, organizzazione di convegni, promozioni e realizzazioni di pubblicazioni di Nievo a livello nazionale e internazionale, film, spettacoli, e l’istituzione di borse di studio. Naturalmente dal 2010 nella denominazione della Fondazione è entrato a far parte anche il nome di Stanislao Nievo, accanto a quello di Ippolito,(Fondazione Ippolito e Stanislao Nievo) e tutti i principi di divulgazione e promozione della conoscenza su cui si basa la Fondazione sono stati estesi anche a Stanislao. Per riuscire a fare tutto questo la collaborazione delle Università è indispensabile. Proficuo e durevole è il lavoro svolto in particolar modo con l’Università degli studi del Molise e con l’Università degli studi di Roma “Tor Vergata”. Proprio nella Macroarea di Lettere di quest’ultima, grazie alla Fondazione, il 15 aprile 2015 si è tenuto un interessante incontro; la V Giornata di studio è stata dedicata a “Stanislao Nievo e le scritture di viaggio”. Tanti e appassionanti gli interventi, presieduti dagli occhi attenti di Mariarosa Santiloni, Segretario Generale della Fondazione e curatrice del volume “Storie di un viaggiatore”, e dall’amorevole Consuelo Nievo, moglie e attuale presidente della Fondazione dalla morte di Stanislao. La sua testimonianza sincera e affettuosa ha fatto luce su quanto sia stato faticoso, a volte, seguire il marito e riuscire a stargli dietro nei suoi lunghi viaggi. Viaggi, ha tenuto a precisare la signora Consuelo, che erano qualcosa di più e Nievo era qualcosa di più che un semplice viaggiatore. “Stanìs era un viaggiatore nell’anima”, ha detto sua moglie in apertura. E questo effettivamente è quello che si percepisce leggendo le sue pagine. Tanti gli argomenti affrontati intorno al tema centrale, Stanìs viaggiatore: la cultura classica che ha ispirato e ispira gli scrittori di viaggio e l’importanza per Nievo del mito; le terre del grande freddo, patria delle balene, animale straordinario e amato da Stanislao; la ruota come correlativo oggettivo, oggetto presente e ricorrente nelle sue opere; riflessioni generali su viaggio e viaggiatori. 18