Là dove non sei - Gianni Garamanti

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Là dove non sei - Gianni Garamanti
Là dove non sei
di Gianni Garamanti
L’eco dei miei passi risuona come al solito dai gradini in pietra fino al lucernario.
- Tira, dài !, non vorrai mica che mi metta a stirare con questo caldo, no?
Mia sorella abita all’ultimo piano di un palazzo antico.
- Me l’ hai già detto, non sono sordo... lo sto tirando questo cazzo di telo!
Rispondo io e continuo a pensare. Perché io sono uno che pensa un sacco... anche troppo, penso.
Penso a mia sorella che apre la porta, faccio in tempo a vedere la sua ombra, e nervosa che torna
indietro. Richiudo e sistemo le chiavi e il portafoglio sul mobile nell’ingresso.
- E tua sorella? Quella... - mia moglie tira con violenza verso di sé il telo
- ...quella non ha il minimo senso della misura - e lo ripiega dalla sua parte lasciandomi con il
dubbio se tirare ancora o seguire il suo movimento.
Fa caldo, i bottoni mi stringono la camicia al collo. Non mi va di cercare subito mia sorella per tutte
le stanze dell’appartamento. Il suo gatto segue degli spettri nella casa e miagola senza sosta.
- Sai? Quando sono uscita di casa stamani... - riprendiamo a tirare il telo, mia moglie ed io, - hai
presente?
- No, cosa?
- Come se mi fossi dimenticata qualcosa... - tira ancora - ...come se mi mancasse qualcosa, come
se... - e tira con tutta la sua forza - ...se non fosse urgente... - Cosa? - dico io.
- Niente, cioè come se tutto fosse inutile - dà un ultimo strattone dalla sua parte e mi fa avanzare di
un passo - Grazie, basta così.
Mia moglie mi toglie dalle mani il telo, lo piega, mi guarda e fa: - E poi ho pensato a te.
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Nella stanza da letto mia sorella è china sullo stereo per scegliere la musica giusta. La lampada dona
alle pareti una lieve sfumatura gialla e piega gli spigoli di una sedia e dell’armadio come fossero
fatti di gomma. Fa un caldo tremendo e lei indossa solo slip e reggiseno. Io mi tolgo la camicia.
“Come mai sei così silenzioso?” toglie i cd dalla custodia, li guarda dentro, li rimette nella torretta.
Lo fa più volte come fosse una cosa del tutto necessaria.
“Niente, cioè ... pensavo a una cosa che mi è capitata” “A casa?” “Sì, a casa” “Lo sapevo” rimane
girata di spalle e china sui cd “Cosa ti piace? Metto...”, “Qualsiasi cosa” dico io, ma è come se
reclamassi un unico, semplice e totale silenzio.
“Pensi troppo, tu.”
“Cosa?” aggiusto la camicia sulla sedia.
“Dico... siamo uguali. Anch’io penso,” lo dice distratta e inizia a scorrere i titoli delle canzoni
stampati dentro le scatoline di plastica di miliardi di cd ammucchiati davanti a lei “pensiamo troppo
noi due. Che vogliamo fare?”, si alza e viene verso me. Ha gli occhi cerchiati, la bocca rossa, la
pelle bianca. Mia sorella è bella come un vampiro.
Round midnight suona nel caldo della stanza “Thelonious, lo senti...”, “Potresti stare da noi tutto il
tempo che vuoi...”, “Non ho nemmeno più le chiavi di casa vostra...”, “Te le do io!”
“E lei che direbbe?”
“Dovrebbe dartele proprio lei” la abbraccio e lei è torrida come la stagione là fuori. Un morso caldo
sul corpo.
“Ce l'avevo ma se l’è riprese, credi che me le ridarebbe ora? Senza chiedere...” solca le mie scapole
con le unghie senza farmi male.
“Credo dovrebbe,” mi sposta sul letto e si inginocchia davanti a me.
“A lei piacerebbe che...”
“Che cosa?”
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“Che noi stessimo insieme, diciamo così e sempre...” con le labbra mi sfiora la pancia. Sorride. Le
ciglia passano leggere sul mio petto. Poi scendono.
“Lo so.” dice lei.
“Cosa sai?” lei dice sempre che lo sa , anche quando non sa un bel niente.
Da piccola, quando le veniva chiesto quello che sapeva, riusciva sempre a raccontare qualcosa. Lei
sa sempre qualcosa perché è leggera e pesante allo stesso tempo. Perché potrebbe essere là dove
credi, oppure là dove non sei. Perché può stendersi accanto a me e accanto a mille uomini diversi,
estranei, e anche a tutte le donne di questa terra. Perché lei può avvertire che il cuore di un essere
umano batte, ma può anche strapparne uno dal petto di chiunque sia, e dire che lo fa perché ha pietà
di lui. Nessuno deve permetterle di pensare il bene che non sia il suo. È meglio che strappi un cuore
per distrazione piuttosto che per sensibilità.
Io dico: “Voglio cambiare tutto”
Ci credo a quello che dico. Io non racconto bugie. Da bambino dicevo le cose che mi facevano
sentire più forte e per lo più erano il sintomo della febbre e della smania di crescere più alla svelta.
“Lascio tutto, merda! Sparisco, ora!”
“Sì.”
“Insieme”
“Sì...”
Mia sorella bacia come me.
“Ricominciamo, possiamo farlo...” mi preme addosso, la voce mi stringe in gola un affanno e
smetto di dire. Insomma mi conviene star zitto e basta. Fa tutto lei.
Va su e giù con dolcezza. La vedo dall’alto e sembra che sia me. E io forse sembro lei. Sogno un
unico, semplice e totale piacere dell’anima. Godo di questa unione nella bocca di lei. Una coppia
perfetta, l’immagine perfetta, l’amore senza mescolanza e senza neo. Senza limiti: identici,
geneticamente speculari, affini per coscienza, sentimenti, istinti, volontà, passioni, tormenti e
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intuizioni.
“Ti leggo qualcosa...” dice lei all’improvviso, si alza, ma ci mette solo un attimo e torna da me.
Scende piano sopra al mio corpo acceso, a me, disteso sul letto.
E attacca: “Caro, com'è difficile sopravvivere quando si è singolari in un mondo plurale. Noi non
parleremo mai l'esperanto. Promesso. Ti abbraccio."
Chiudo gli occhi. Voglio sentirla con tutti i miei sensi e con il cuore che rintocca forte, che mi
trascina le gambe, un fremito... che ingenuo! Mi spinge dentro di sé e sa quello che è meglio per il
suo amore.
“Non sarai di nessun altro.”
“Che dici?”
“Sarai solo mia”
“Lo sai bene che sono solo tua!” le note di Thelonious Monk rimangono nell'aria, finché sono
assorbite del tutto nell'umido intorno a noi, bagnate, stille di vita. E il disco finisce nel torpore.
“Per sempre?”
“Per sempre”
Poi mi rivesto, attraverso l'appartamento, che sembra stranamente più piccolo, il gatto geme
inseguendo ancora i suoi fantasmi, riprendo le chiavi sul mobile dell’ingresso, mi assicuro nella
tasca dei pantaloni il portafogli e dico: “Sai...” lei è lì, pronta e delicata.
“Cosa?”
E io, invece: “Niente, non so dove andare”
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