discarica nucleare d`Europa ? ( PDF )

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discarica nucleare d`Europa ? ( PDF )
Greenpeace
La Russia, discarica nucleare dell’Europa?
In queste ultime settimane si è molto parlato in Italia di scorie nucleari e del futuro deposito
nazionale . Ma non solo, si è sostenuto che l’opzione migliore per lo smaltimento dello scorie ad
alta radioattività e del combustibile irraggiato sia quella del trasferimento all’estero. Ovvero not in
my backyard, non nel mio cortile – quindi oltre alle spedizioni verso l’impianto inglese di
Sellafield per il riprocessamento , si cerca un’ accordo con la Russia. Una scelta che ci appare poco
opportuna e che ci auguriamo non venga promossa nel corso della Presidenza all’Unione Europea,
periodo in cui – Berlusconi l’ha ribadito più volte – stringere i rapporti con la Russia sarà una delle
priorità del semestre italiano.
Le scorie italiane
Nel 2005 il totale dei materiali radioattivi raggiungerà le 90 mila tonnellate a cui ne andranno
aggiunte altre 60 mila tonnellate dallo smantellamento delle centrali nucleari. Di queste, 300 sono
costituite da combustibile irraggiato oltre alle 53 stoccate a Salluggia e destinate a Sellafield per il
riprocessamento.
Nel bilancio delle scorie italiane andranno poi calcolate le 62 tonnellate di combustibile
irraggiato, in parte vetrificato, depositate in Francia a Creys Malville sede del reattore disattivato
Superphenix.. Il contratto con l’EDF prevede che le scorie debbano essere restituite all’Italia entro
il 2007, i trasporti quindi inizierebbero già nel 2005 . Sembra che la la SOGIN abbia proposto ai
francesi di porre il combustibile in casks e tenerlo lì per altri 5 anni in attesa di un trasferimento
in Russia.
A Sellafield le scorie italiane derivate dal riprocessamento dovrebbero, secondo gli accordi
contrattuali, rientrare in Italia. Ma secondo dichiarazioni della stessa SOGIN, si sta trattando con
la società inglese per allungare i tempi di stoccaggio in attesa di un loro trasferimento in Russia.
Il progetto sul quale sta lavorando la SOGIN è sconcertante: partecipare al programma Global
Partnership lanciato nel 2001 dal G8 , per la messa in sicurezza e rilancio della tecnologie e
dell’impiantistica nucleare russa ed in cambio ottenere la possibilità di riprocessare e smaltire
permanentemente in Russia le scorie nucleari italiane. La Global Partnership è un progetto
gigantesco finanziato con 20 miliardi di dollari in 10 anni al quale l’Italia parteciperà con un
miliardo di dollari e la partecipazione di un consorzio Ansaldo-Enea. L’obiettivo è quello di
investire risorse finanziarie e umane per rafforzare il peso dell’Italia nell’Europea dell’Est. Si
intende così non solo risolvere la pesante eredità del nostro pur beve passato nucleare ma anche
offrire alla SOGIN una occasione per allargare il proprio business.
I contatti con la Russia sono stati avviati, lo stesso Berlusconi ne ha parlato con Putin all’inizio
dell’anno. Per raggiungere un accordo sarà però necessario anche il consenso dell’Unione Europea.
Ma qual è la situazione in Russia?
Nei prossimi otto anni la Russia intende costruire 50 nuovi reattori per una spesa complessiva di
9 miliardi di dollari. Investimenti di cui l’industria nucleare russa non dispone. Le entrate delle
centrali russe, circa 1.5 miliari di dollari, coprono per la gran parte i costi del combustibile, della
manutenzione e della sicurezza. Dunque il Ministero per l’Energia Atomica (Miniatom) ha dovuto
cercare risorse aggiuntive per finanziare i nuovi reattori e sostenere i costi di gestione delle scorie
prodotte.
Nel 2000, la Duma introdusse quindi una modifica nella normativa nazionale con la quale si
eliminava il divieto di importazione di scorie e combustibile irraggiato in Russia. La decisione e era
stata preceduta da un larghissimo dibattito che aveva registrato la netta contrarietà del 90% della
popolazione russa.
Tra il 2000 ed il 2001, la dirigenza del MinAtom iniziò a promuovere attivamente l’importazione di
20 mila tonnellate di scorie nucleari e combustibile irraggiato prodotto all’estero. Questo progetto,
si disse, avrebbe portato nella casse del Ministero 20 miliardi di dollari. Il combustile – secondo le
intenzione del MinAtom – verrebbe riprocessato e stoccato in Russia senza l’obbligo di rispedirne
le scorie nel paese di provenienza.
Il riprocessamento consiste in una serie di trattamenti fisici e chimici che separano le scorie
radioattive vere e proprie (cesio, stronzio, ecc) dal materiale fissile (uranio e plutonio) allo scopo di
poter riutilizzare quest’ultimi o per usi militari o per fabbricare nuovi elementi di combustibile. Un
trattamento che produce per ogni tonnellata di combustibile:
• 45 m3 di scorie liquide ad alta attività, 150 m3 a media attività e 2000 m3 a bassa attività;
• 1 tonnellate di scorie solide di terza categoria, 3 tonnellate di seconda categoria e 3.5 tonnellate
di prima categoria.
L’unico impianto dedicato al riprocessamento del combustibile irraggiato in Russia si trova nel più
grande complesso nucleare al mondo, quello di Mayak, negli Urali tristemente noto per essere una
delle aree più contaminate da radioattività sul pianeta. Fino a poco tempo fa, Mayak non
compariva neanche nelle cartine della Russia.
La sua storia è costellata da disastri nucleari, contaminazione ambientale e scandali sanitari.
Negli ultimi 50 anni ha rilasciato spaventosi livelli di radioattività nei terreni circostanti e nei corsi
d’acqua. Dal 1948 al 1956 le scorie nucleari di Mayak venivano scaricate direttamente nel fiume
Techa, che riforniva di acqua potabile gli abitanti di diversi villaggi. Oltre 124 mila persone furono
esposte a radiazioni di bassa e media intensità. Le scorie furono anche smaltite nei laghi della
Siberia Occidentale. Uno di questi, in un’estate particolarmente torrida, si prosciugò e il vento
disperse la polvere radioattiva su una vasta area intorno al lago.
Nel 1957 uno degli impianti di raffredamento di Mayak esplose liberando in atmosfera metà della
radioattività registrata nell'incidente di Chernobyl. Alcuni paesi furono evacuati, ma non tutti e
272.000 persone furono esposte alle radiazioni. Lo scorso gennaio, le attività di riprocessamento di
Mayak furono sospese per motivi ambientali. L’impianto infatti continuava a scaricare scorie
liquide nei corsi d’acqua in violazione del articolo 51 dello statuto federale sulla protezione
ambientale
Nel maggio del 2002, il responsabile dell’ Ispettorato Generale Russo per la sicurezza nucleare G.
Vishnevskyi scrisse al Ministro del MinAtom, A. Rumiantsev, contestando il programma di
importazione delle scorie radioattive e la capacità della Russia di organizzare e gestire
efficacemente l’importazione, lo stoccaggio ed il riprocessamento del combustile irraggiato.
.Il programma, dichiarò Vishnevskyi, trae false conclusioni rispetto alle capacità amministrative e
tecniche necessarie per gestire l’importazione dall’estero di combustibile irraggiato e definisce,
erroneamente, adeguato l’impianto normativo. In realtà la Russia non dispone ancora di misure
sufficienti a garantire una corretta gestione del combustibile proveniente dall’estero, del trasporto,
dello stoccaggio, del riprocessamento, delle scorie, di piani di emergenza.
Secondo Vishnevskyi l’impianto RT-1 di Mayak, , dedicato al riprocessamento del combustibile
irraggiato, non rispetta gli standard richiesti per la gestione delle scorie nucleari, la protezione delle
popolazioni e la tutela dell’ambiente.
Ma la Russia soffre anche di una situazione di emergenza sanitaria causata dall’industria nucleare.
Dati sui lavoratori degli impianti nucleari, tenuti confidenziali fino al 1997, rivelano che l’incidenza
di patologie al sistema nervoso è doppia rispetto a quella registrata nelle popolazioni che vivono
vicino agli impianti. Doppia l’ incidenza di malattie congenite nei bambini al di sotto dei 14 anni
che vivono in prossimità degli impianti. Circa l’80% di questi lavoratori hanno sviluppato immunodeficienze secondarie che aggravano eventuali patologie contratte sul posto di lavoro. Negli ultimi
anni la mortalità nelle Unità Amministrative Territoriali, ovvero in quelle aree che in Russia
ospitano gli impianti nucleari, è più che raddoppiata.
Anche i livelli di sicurezza negli impianti sono ormai fatiscenti. Numerosi i furti registrati negli
ultimi anni, i casi di corruzione e di alcolismo tra gli addetti.
Nel febbraio del 2002, una ispezione condotta da Greenpeace Russia con un team di operatori
televisivi nell’impianto, adibito al combustibile irraggiato, di Krasnoyarskyi Krai rivelò l’ assenza
di misure di sicurezza e la sua estrema vulnerabilità ad attacchi terroristici.
Pochi mesi dopo fu rinvenuta, sulla linea ferroviaria di Krasnoyarsk dedicata al trasporto di
combustibile irraggiato, un primo ordigno esplosivo. La scoperta fu tenuta nascosta fino alla
settimana successiva, quando venne scoperto un secondo ordigno in un deposito di combustibile
irraggiato. Dalle indagini emerse che entrambi gli ordigni erano stati piazzati da elementi deviati del
servizio di sicurezza federale, che avevano avuto libero accesso all’area.
L’allarme terrorismo dovrebbe essere sufficiente ad abbandonare qualsiasi progetto di esportazione
in Russia di scorie nucleari. Oltre alle croniche deficienze del sistema di sicurezza degli impianti va
rilevato che la linea ferroviaria che verrebbe utilizzata per il trasporto di combustibile irraggiato dai
paesi europei attraversa aree di profonde tensioni militari nel nord del Caucaso.
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