Stasolla per GSDI VERDE
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Stasolla - Verde come il trono celeste per GSDI VERDE 1 “Verde come il Trono celeste: considerazioni sul verde nell’Islam” 19 novembre 2009 “Ci sono cose che sono soltanto cose ed altre che sono anche segni. … Tra questi segni, alcuni sono solo dei segnali, altri dei contrassegni o degli attributi, altri ancora dei simboli” (S. Agostino). Il colore non è soltanto un fenomeno fisico e percettivo: è anche una costruzione culturale complessa, resistente ad ogni generalizzazione. Per lo storico il colore è innanzitutto un fatto di società, né si dà una verità interculturale del colore. Parlare di verde nelle società islamiche significherà, dunque, riflettere sulla base di esemplificazioni in diversi ambiti, dal lessico alla letteratura, alle scienze, alla relazione con la natura. Lettura semantica: Il verde è sinonimo di natura. E’ all’origine della vita. Il termine usuale è akhḍar Aggettivo collegato anche alla nozione di scuro, significando talora nero, scuro, grigio. Ritroviamo anche al-khaḍrā’ come nome del cielo: illustrazione supplementare del legame tra il blu e il verde, spesso confusi nell’antichità. I Greci, i Cinesi, i Melanesiani, i Neo-caledoniani, i Latini, tra gli altri, avevano uno stesso termine per designare questi due colori. Pur senza avere la straordinaria ricchezza di quelle del bianco e del nero, la terminologia del verde è abbastanza estesa. Lettura simbolica: Ad uguale distanza dal rosso infernale e dal blu celeste, il verde ha un valore mediano di equilibrio, caro all’Islam. Presso gli Arabi, come presso molti altri popoli, esso è simbolo di buon augurio, di natura prodiga, di giovinezza, di acqua. Per l’islam, lo stendardo verde del Profeta e l’abito verde di ʿAlī sono diventati emblemi della religione. Colore benefico, il verde lo è così naturalmente nello spirito popolare degli Arabi che la loro lingua parlata è intrisa di espressioni in cui questo colore simboleggia la gioia, la gaiezza, il successo. In Siria, una “mano verde” si dice per designare una persona dalla mano felice. Per augurare un buon anno, lo si augura “verde”; quando si entra in una casa nuova, vi si appendono, come porta-fortuna, delle foglie verdi di bietola. In Marocco, l’espressione “le mie staffe sono verdi” è usata nel senso di “io porto la pioggia quando mi reco in una regione dove la si aspettava”. Il profeta Muḥammad avrebbe dichiarato: “La vista del verde è piacevole quanto la vista di una bella donna” (al-Ğāḥiẓ, Tarbīʿ, 137) e si dice che indossasse un mantello verde. Stasolla - Verde come il trono celeste per GSDI VERDE 2 Nel Corano (S.76, 21) è scritto che gli abitanti del Paradiso “avranno vesti verdi di seta fine e broccato, e adorni saranno di bracciali d’argento…”. L’arcangelo Gabriele ha due ali verdi. Il trono celeste è tagliato in una gemma verde. Abramo è vestito in Paradiso di abiti verdi. La Tavola “ben custodita” è fatta di smeraldo. Il nome di “uccello verde” è attribuito ad un certo numero di personaggi venerati. E’ noto che la dottrina del gihād riserva un posto eccezionale allo shāhid , il martire sulla Via di Allāh; se i corpi di questi martiri restano nelle tombe, le loro anime, al contrario, hanno diritto ad un trattamento di favore: “Allāh mette le loro anime nei corpi di uccelli verdi, che vengono a riposarsi ai fiumi dell’Eden e a mangiare dei suoi frutti”, dice un celebre ḥadīth. Nella simbologia e nelle scienze occulte lo smeraldo si è visto attribuire un senso esoterico e un potere rigeneratore. La Tavola di Smeraldo è il nome di un’opera, comparsa nel Medioevo, contenente tutte le leggi dell’occultismo e della Kabala e attribuita ad Ermete Trismegisto. La Tavola di Smeraldo è stata tradotta dall'arabo in latino nel 1250. I Precetti furono trovati, prima dell'era cristiana, in una tomba egizia, iscritti su una tavola di smeraldo. Ermete Trismegisto o Mercurio Termassimo significa "Ermes il tre volte grandissimo" e deriva dalla greco Ερμης ο Τρισμεγιστος. Nell’atmosfera sincretica dell’Impero romano, al dio Ermes fu dato come epiteto il nome greco del dio egizio Thot. Entrambi erano gli dei della scrittura e della magia nelle loro rispettive culture. Secondo Athanasius Kircher "Gli Arabi lo chiamano Idris, dall'ebraico Hadores(...), i fenici (...) Tauto, gli Egizi (...) Thot ma lo chiamano anche Ptha e i Greci Ermete Trismegisto" (Obeliscus Pamphilius:91). Inoltre il dio greco della comunicazione fu combinato con il dio egizio della saggezza come patrono delle antiche scienze dell’astrologia e dell’alchimia. Ad Ermete Trismegisto furono accreditati decine di migliaia di opere, di grande antichità ed immensa importanza. “Il colore verde – diceva Simnānī (tradizionista, giurista e teologo ash’arita irakeno, XXI sec.)– è il più appropriato al segreto del mistero dei Misteri”. Nella cosmologia musulmana, Qāf, la montagna che circonda il mondo terrestre, fatta di smeraldo verde, di cui la volta celeste riprenderebbe il colore. L’immagine “la morte verde” indica l’azione di vestirsi di stracci o di vesti lacere, come fanno i dervisci e i ṣūfī. E’ dunque la più dolce delle morti, quella che è volontaria e che riveste un valore spirituale. Nella storia A prescindere dalle sue origini, il colore verde è stato considerato per secoli associato all’islam. Ad es. I Crociati evitavano di usare il verde nei loro blasoni così da evitare di essere confusi con i loro avversari musulmani nell’impeto della battaglia. I califfi Omayyadi di Damasco, da grandi costruttori quali furono, si dotarono di uno splendido palazzo califfale, situato nelle immediate vicinanze della Grande Moschea: il “palazzo verde” (al-Khaḍrā’) di cui storici, geografi e viaggiatori testimoniarono le meraviglie. Nulla, purtroppo, sembra esserne rimasto. L’architettura islamica presenta un larghissimo uso del verde nelle decorazioni ceramiche parietali e nelle cupole, particolarmente degli edifici religiosi, nelle aree del Vicino Oriente e dell’Asia centrale. Stasolla - Verde come il trono celeste per GSDI VERDE 3 Nel Corano e nella Tradizione musulmana Individuare le motivazioni per cui determinati simboli e metafore si sono prodotti all’interno di una cultura/civiltà, e i percorsi attraverso i quali hanno mantenuto in essa una riconoscibile persistenza, comporta inevitabilmente il fare un viaggio all’indietro nel tempo in cui questa cultura si è strutturata. A chiarire il significato della preferenza data al verde può essere utile uno studio di B. Scarcia che parte dall’esame di due testi. Uno è Cor. XXXVI, 79-80 (ma anche tutta dal v. 30): “Le farà vive (le ossa) Colui che l’ha fatte germinare prima! Colui che ogni creare conosce! Colui che dell’albero verde vi fa fuoco, ed ecco ne accendete la fiamma!”. Qui l’attributo “verde” è la parola che diventa principalmente carica di senso; è la parola che identifica il contesto. E il contesto è espresso nei versetti 32-33 e 26 che hanno a che fare con la qualità creativa di Dio, attraverso il normale paradosso utilizzato nei testi religiosi, cioè l’espressione di interconnessioni sottintese fra concetti apparentemente non correlati per mezzo di spostamenti logici: in questo caso, (in relazione al) pertinente all’albero verde e alla creazione dell’umanità, di “altri uomini” da parte di Dio che interviene, come un super-creatore, a trasformare la inanimata/morta materialità degli elementi rievocati dal fuoco, dall’albero: terra, attraverso (dal) il verde: acqua. Il secondo testo è una Tradizione riferita ad una delle mogli del profeta e riferita da alBukhari, vi si parla dei credenti che faranno parte del gruppo degli eletti: “Un giorno – narra la donna – il Profeta stava dormendo accanto a me. Si svegliò sorridendo ed io gli chiesi: “per quale motivo sorridi?”, “Ho visto –rispose – tra la mia comunità gente che avanzava sul mare verde, come re su prigionieri. Possa Dio mettermi fra loro!...”. Se nel testo coranico il tema centrale è il potere creativo di Dio, qui lo è la forza salvifica dell’islam. Il mare verde è il sentiero da percorrere vittoriosamente per giungere ad una nuova esistenza, al di là del carattere quotidiano degli eventi umani. I due testi delimitano lo spazio in cui il concetto di verde funziona: nascita materiale e spirituale. Ovvia è la connessione fra il primo tipo di nascita e la natura, la vegetazione, la terra: è il motivo della fertilità. Questo motivo trova comunque un parallelo ideale nel mondo celeste, almeno a giudicare dalla letteratura di tradizione, secondo la quale verde è il colore dei gentili e degli angeli, e verdi sono gli abiti degli eletti. Ma non siamo in un contesto di vitalità solare, piuttosto di risorgenza ad una nuova vita attraverso la morte che porta all’annullamento del sé. In generale, verde è la terra e quanto attiene alla sfera della vita, ma corrisponde ad un momento di “interiorizzazione”, mentre è il rosso che rimanda all’energia vitale. Secondo quello che Henri Corbin chiama la simbologia dei colori nella teosofia islamica, la degradazione della luce, che passa dal bianco al verde, in progressione discendente verso il mondo infero significa un regressus ad uterum: e questo equivale ad ammettere la presenza dell’elemento femminile come un “polo” che presuppone, come suo opposto, la solarità dell’epifania centrata sul Trono, primo elemento dell’Essere. Parallelamente, secondo un’antica tradizione sciita, il verde è associato al nero nella scala dei colori e rappresenta Malakut , il mondo dell’anima, immediatamente sotto il nostro, dominato esclusivamente dal nero. E Malakut è definito “una verde cintura di Stasolla - Verde come il trono celeste per GSDI VERDE 4 smeraldo, con cui Dio rende il cielo verde; velo dietro il quale Dio possiede settantamila mondi…”. Questa è una lettura esoterica ma non è in contraddizione con i citati versetti del Corano. Un singolare personaggio: al-Khidr Altre riflessioni, altre suggestioni sono indotte dalla figura coranica di al-Khiḍr, “l’uomo verde, il profeta verdeggiante” che possiede il segreto dell’acqua di vita e rappresenta, nella tradizione islamica, la guida per eccellenza ( incarna la provvidenza divina). Questo personaggio è oggetto di una diffusa venerazione nel mondo musulmano e numerosissimi sono i simboli e i rituali che lo coinvolgono. Un recente importante studio (Franke, Begegnung mit Khidr: Quellenstudien zum Imaginären im traditionellen Islam ) ha fornito una fenomenologia storica globale della devozione per lui. I racconti e le leggende relative ad al-Khiḍr si collegano al racconto del Corano (>>XVIII, 59-81) i cui tratti essenziali sono i seguenti: Musa/Mosè intraprende con il suo servitore un viaggio alla volta del Majma’ al-bahrayn, ma una volta giunti alla meta essi si accorgono di aver dimenticato, per opera di Satana, il pesce che portavano con loro. Il pesce è scivolato nell’acqua ed è scomparso. Cercandolo, i due viaggiatori trovano un servitore di Dio. Musa gli dice che lo seguirà a condizione che gli insegni la retta via. Ci si mette d’accordo su questo punto: tuttavia il servitore di Dio dice a Musa che egli non capirà le sue azioni, che non deve chiedergli spiegazioni e che, di conseguenza, non potrà rimanere con lui. Si mettono quindi in marcia e, cammin facendo, il servitore di Dio compie una serie di azioni riprovevoli in apparenza che fanno spazientire Musa al punto che non riesce a trattenersi dal chiedere delle spiegazioni. Il servitore di Dio gli risponde: “Non ti ho forse predetto che mancherai di pazienza?”. Infine si allontana da lui e, partendo, gli da la spiegazione delle sue azioni, che hanno motivazioni sufficienti. La maggior parte dei commentatori chiama “al-Khadir” questo servitore di Dio. Altri identificano con lui il servitore di Musa. Le due opinioni hanno la loro radice nella leggenda orientale. In effetti il brano coranico risale a tre fonti principali: l’epopea di Gilgamesh, il romanzo di Alessandro e la leggenda ebraica del rabbino Josua ben Levi. La destinazione del viaggio resta misteriosa, è stato ipotizzato che sia il punto estremo del mondo dove si toccano i due oceani, quello celeste e quello terrestre; altri hanno suggerito che si tratti di un luogo situato all’estremo ovest del mondo allora conosciuto dove si trovano le sorgenti di ogni acqua corrente, di fatto le colonne d’Ercole, incontro del mare romano con l’Oceano; secondo altri sarebbe invece il luogo dove l’oceano persiano e il mare romano si incontrano, cioè Suez. Il pesce indica simbolicamente il cammino; nel luogo dove lo si perderà, o meglio dove esso ritroverà la vita a contatto con l’acqua, lì si trova la fonte di vita dove alKhadir abita. Il contatto con quell’acqua gli ha dato i colore verde. Stasolla - Verde come il trono celeste per GSDI VERDE 5 Il personaggio compare nelle Tradizioni, nei commentari del Corano, nei manuali dei Sufi, nei dizionari biografici, come anche nelle leggende sui santi personaggi, nei racconti di viaggio e nella narrativa popolare. In linee generali i testi parlano di alKhadir come di un uomo a cui Dio ha concesso la vita eterna e che è apparso improvvisamente nelle vite degli umani. I suoi interventi erano finalizzati ad aiutare e portare soccorso nei momenti di necessità; a questo caratteristica si collega il fatto che l’odierno servizio di ambulanze in Turchia si chiami “Khidr service”. In zone della Turchia, Iraq, Iran, Asia centrale e Afghanistan la gente fa nelle case offerte votive ad al Khadir/al-Khidr; in aree dei Balcani e della Turchia i musulmani celebrano la festa di al-Khidr; luoghi di pellegrinaggio e venerazione legati al su o nome sono sparsi in tutto il mondo islamico. Sia l’islam sunnita che quello sciita contengono invocazioni/ suppliche ad al-Khidr: la più famosa fra queste venne letta pubblicamente durante i funerali dell’ayatollah Khomeini a Tehran. Vedere al-Khadir e incontrarlo era considerato un segno di grande distinzione, era uno dei segni distintivi dei Sufi. Lungi dall’essere in rivalità con il profeta Muhammad, la figura di al-Khadir si è sviluppata nella tradizione come suo supporto e aiutante. Alla fine del secolo scorso la maggioranza degli studiosi musulmani hanno rigettato l’idea della sua vita eterna, come non-islamica. Nell’opinione di Mawlana Mawdudi (fondatore della Jama’at Islamiya in Pakistan) al-Khadir sarebbe semplicemente un angelo. Sayyid Qutb (leader dei Fratelli Musulmani in Egitto) rifiuta l’identificazione di al-Khidr con il servitore di Dio della sura XVIII del Corano e, di conseguenza, non lo considera una figura religiosa con un posto nella storia islamica della salvezza ma soltanto una chimera che deve essere restituita al regno della superstizione. Verde = Natura Le associazioni più comuni si trovano, comunque, nei legami con la natura: il verde è associato alla rigenerazione, fertilità, rinascita, il paradiso è un luogo pieno di verde rigoglioso. Nell’islam medievale si riscontra un approccio duplice dell’uomo nei confronti della natura: da un lato, la sua tensione a ridurla a categorie astratte; dall’altro il suo senso di tranquillo dominio e il diritto di intervento che gli viene da Dio, quando lo dichiara suo vicario in terra (Cor. II, 30-31). Rientra nel primo approccio l’amore per il giardino, simbolo e prefigurazione del Paradiso. Esso costringe entro un ordine prefissato, da cui sono eliminati la casualità e gli eccessi che la natura lasciata a se stessa può mettere in scena, fiori, alberi e acqua. Il giardino è, certamente, il contrassegno di una dimora ricca o il luogo di evasione del principe. Può aspirare ad essere un microcosmo. E’ forse questo il senso del giardino zoologico di Samarra che si stendeva su una superficie di 50 km2, Stasolla - Verde come il trono celeste per GSDI VERDE 6 solcata da canali che circondavano gli spazi destinati alle bestie feroci, mentre gli animali inoffensivi circolavano liberamente tra i visitatori. (Le miniature possono raccontare molto): Un recinto che chiude un frutteto, che è il caso più frequente, un melograno che impreziosisce un cortile con al centro una fontana, sono trascrizioni povere, quotidiane, del giardino principesco, ma è sempre un microcosmo. Certo, non è ovunque facile come in Egitto…( > testo da Nasir-i Khusraw ) o nelle oasi della Siria. Complementare, piuttosto che contrapposto, è l’altro approccio alla natura. Questa è interessante in sé soltanto se vi si registrano fenomeni mirabili. Ciò che è straordinario conferma la libera potenza creatrice di Dio, anche se può rivelarsi ostile. L’uomo non può che farsene testimone attento. L’abitudine alla catalogazione, all’enciclopedismo, all’analisi del dettaglio che connotano la produzione islamica medievale non si traduce, se non occasionalmente, in indagine metodica sulla natura. Non ci sono una geologia o una botanica in senso proprio. La modernità dell’islam medievale si colloca nell’interesse per la sperimentazione, che giustifica l’attenzione al caso, anche se ciò limita la spinta alla ricerca della legge generale che presiede non solo a quel caso ma a tutti gli altri dello stesso tipo. Lo sguardo sulla natura è antropocentrico. La vita umana ne è la misura Come quando al-Masʿūdī (Muruj al-dhahab, Prairies d’or, v.I, 1861, p.203)ci dice che:……..> testo Il risvolto della cosa è la preoccupazione di utilizzare al meglio quanto Dio ha messo a disposizione dell’uomo. Il segno che l’uomo deve lasciare su questa natura, dono divino, deve essere positivo, metterne in evidenza le potenzialità senza alterarne la fisionomia a dimostrazione della gratitudine verso il Creatore e della consapevolezza della centralità dell’uomo nel progetto divino. Il Corano afferma, infatti, senza ambiguità che Dio dedica all’uomo l’esistenza del Creato, di cui peraltro l’uomo stesso fa parte, chiamando l’universo tutto a fungere da prova lampante del suo essere Dio >>(Cor. II, 164)….In altri termini, la libertà dell’atto creativo di Dio può non tradursi in arbitro assoluto. L’uomo può, anzi deve, decodificare il creato, cogliere il senso della sua struttura >> (Cor. XXI, 30-32). La verità/realtà che l’atto creativo di Dio realizza nell’universo va, dunque, portata al livello della comprensione umana. Riconoscere l’ordine, da Dio liberamente impresso al creato, presuppone la capacità umana di postulare le leggi che regolano, secondo ragione, l’universo. La ricaduta più immediata di un simile atteggiamento è la spinta alla ricerca. Indagare comporta nominare, verificare, sperimentare, manipolare ciò che ci circonda. Non fa scandalo che si cerchi la scienza là dove essa si trova, nella idolatrica Grecia classica, come si farà dall’VIII secolo in poi, o, come sollecita un detto del profeta, magari in Cina. >> (Cor. XXI, 79-80). E tuttavia, la subordinazione all’uomo delle cose create, che si manifesta nella sua capacità di spiegarle, non gli dà il diritto di violarne la natura e la funzione. Le cose hanno un valore in sé, anche se sono utili all’uomo. Per es. il ciclo vitale delle piante o l’acqua è un tema particolarmente ricorrente: >>Cor. LXXX, 2432. L’universo tutto va rispettato, l’uomo ha il divieto di abusare di quanto la terra gli offre e di corromperla: “Quest’ultima dimora noi la serbiamo per coloro che non Stasolla - Verde come il trono celeste per GSDI VERDE 7 cercano elevazione superba sulla terra né la corrompono” (Cor.XXVIII, 83). … Tanto più che le risorse possono non essere illimitate:…..>> Cor. XXIII, 17-19. Certe norme del diritto islamico illustrano un simile atteggiamento. Cogliere un frutto maturo che sporge da un frutteto, se chi passa ha fame, non costituisce un furto. Infatti, Dio fa fruttificare le piante, non per una singola persona, ma per l’intera umanità. Azione meritoria è bonificare la terra morta, che diventa proprietà di colui che l’ha resa fertile. Così scavare un pozzo. Chi lo fa ha la garanzia di poter utilizzare un terreno circostante di 40 cubiti per far riposare i suoi armenti, se ne possiede. Per converso, severe sanzioni sono prescritte per chi inquina l’acqua, elemento vitale che il profeta sostiene non si possa negare a nessuno, e il cui utilizzo va regolamentato in maniera puntuale ma diversificata a seconda delle esigenze e dei contesti ambientali. La libertà umana, che spinge e, paradossalmente obbliga all’azione il musulmano medievale, si fonda e si iscrive nell’ordine divino. Tutto, natura compresa, trova la sua ragion d’essere partendo dal principio che Dio “ha dato forma alle creature senza che la loro creazione gli fosse necessaria”, ma soltanto perché queste “sappiano di avere un Creatore e non riconoscano e adorino altro che Lui” (Ṭabarī nella versione di Balʿamī, La Chronique. Histoire des Prophètes et des Rois, vol.I, De la création à David, ed. Sindbad, 2001)…………….+ testo. L’universo intero esiste, dunque, in funzione dell’uomo. Ma è solo in uno spazio circoscritto dove sia distinto, sia pure simbolicamente, ciò che è selvaggio e ignoto, vale a dire naturale, da ciò che è civile e familiare, vale a dire umano, che il musulmano medievale entra in sintonia con la natura e l’ambiente. Il giardino, immagine del giardino paradisiaco (Cor. LV, 46-76; LVI, 11-40).