Stasolla per GSDI VERDE

Transcript

Stasolla per GSDI VERDE
Stasolla - Verde come il trono celeste per GSDI VERDE
1
“Verde
come
il
Trono
celeste:
considerazioni
sul
verde
nell’Islam”
19
novembre
2009
“Ci
sono
cose
che
sono
soltanto
cose
ed
altre
che
sono
anche
segni.
…
Tra
questi
segni,
alcuni
sono
solo
dei
segnali,
altri
dei
contrassegni
o
degli
attributi,
altri
ancora
dei
simboli”
(S.
Agostino).
Il
colore
non
è
soltanto
un
fenomeno
fisico
e
percettivo:
è
anche
una
costruzione
culturale
complessa,
resistente
ad
ogni
generalizzazione.
Per
lo
storico
il
colore
è
innanzitutto
un
fatto
di
società,
né
si
dà
una
verità
interculturale
del
colore.
Parlare
di
verde
nelle
società
islamiche
significherà,
dunque,
riflettere
sulla
base
di
esemplificazioni
in
diversi
ambiti,
dal
lessico
alla
letteratura,
alle
scienze,
alla
relazione
con
la
natura.
Lettura
semantica:
Il
verde
è
sinonimo
di
natura.
E’
all’origine
della
vita.
Il
termine
usuale
è
akhḍar
Aggettivo
collegato
anche
alla
nozione
di
scuro,
significando
talora
nero,
scuro,
grigio.
Ritroviamo
anche
al-khaḍrā’
come
nome
del
cielo:
illustrazione
supplementare
del
legame
tra
il
blu
e
il
verde,
spesso
confusi
nell’antichità.
I
Greci,
i
Cinesi,
i
Melanesiani,
i
Neo-caledoniani,
i
Latini,
tra
gli
altri,
avevano
uno
stesso
termine
per
designare
questi
due
colori.
Pur
senza
avere
la
straordinaria
ricchezza
di
quelle
del
bianco
e
del
nero,
la
terminologia
del
verde
è
abbastanza
estesa.
Lettura
simbolica:
Ad
uguale
distanza
dal
rosso
infernale
e
dal
blu
celeste,
il
verde
ha
un
valore
mediano
di
equilibrio,
caro
all’Islam.
Presso
gli
Arabi,
come
presso
molti
altri
popoli,
esso
è
simbolo
di
buon
augurio,
di
natura
prodiga,
di
giovinezza,
di
acqua.
Per
l’islam,
lo
stendardo
verde
del
Profeta
e
l’abito
verde
di
ʿAlī
sono
diventati
emblemi
della
religione.
Colore
benefico,
il
verde
lo
è
così
naturalmente
nello
spirito
popolare
degli
Arabi
che
la
loro
lingua
parlata
è
intrisa
di
espressioni
in
cui
questo
colore
simboleggia
la
gioia,
la
gaiezza,
il
successo.
In
Siria,
una
“mano
verde”
si
dice
per
designare
una
persona
dalla
mano
felice.
Per
augurare
un
buon
anno,
lo
si
augura
“verde”;
quando
si
entra
in
una
casa
nuova,
vi
si
appendono,
come
porta-fortuna,
delle
foglie
verdi
di
bietola.
In
Marocco,
l’espressione
“le
mie
staffe
sono
verdi”
è
usata
nel
senso
di
“io
porto
la
pioggia
quando
mi
reco
in
una
regione
dove
la
si
aspettava”.
Il
profeta
Muḥammad
avrebbe
dichiarato:
“La
vista
del
verde
è
piacevole
quanto
la
vista
di
una
bella
donna”
(al-Ğāḥiẓ,
Tarbīʿ,
137)
e
si
dice
che
indossasse
un
mantello
verde.
Stasolla - Verde come il trono celeste per GSDI VERDE
2
Nel
Corano
(S.76,
21)
è
scritto
che
gli
abitanti
del
Paradiso
“avranno
vesti
verdi
di
seta
fine
e
broccato,
e
adorni
saranno
di
bracciali
d’argento…”.
L’arcangelo
Gabriele
ha
due
ali
verdi.
Il
trono
celeste
è
tagliato
in
una
gemma
verde.
Abramo
è
vestito
in
Paradiso
di
abiti
verdi.
La
Tavola
“ben
custodita”
è
fatta
di
smeraldo.
Il
nome
di
“uccello
verde”
è
attribuito
ad
un
certo
numero
di
personaggi
venerati.
E’
noto
che
la
dottrina
del
gihād
riserva
un
posto
eccezionale
allo
shāhid
,
il
martire
sulla
Via
di
Allāh;
se
i
corpi
di
questi
martiri
restano
nelle
tombe,
le
loro
anime,
al
contrario,
hanno
diritto
ad
un
trattamento
di
favore:
“Allāh
mette
le
loro
anime
nei
corpi
di
uccelli
verdi,
che
vengono
a
riposarsi
ai
fiumi
dell’Eden
e
a
mangiare
dei
suoi
frutti”,
dice
un
celebre
ḥadīth.
Nella
simbologia
e
nelle
scienze
occulte
lo
smeraldo
si
è
visto
attribuire
un
senso
esoterico
e
un
potere
rigeneratore.
La
Tavola
di
Smeraldo
è
il
nome
di
un’opera,
comparsa
nel
Medioevo,
contenente
tutte
le
leggi
dell’occultismo
e
della
Kabala
e
attribuita
ad
Ermete
Trismegisto.
La
Tavola
di
Smeraldo
è
stata
tradotta
dall'arabo
in
latino
nel
1250.
I
Precetti
furono
trovati,
prima
dell'era
cristiana,
in
una
tomba
egizia,
iscritti
su
una
tavola
di
smeraldo.
Ermete
Trismegisto
o
Mercurio
Termassimo
significa
"Ermes
il
tre
volte
grandissimo"
e
deriva
dalla
greco
Ερμης
ο
Τρισμεγιστος.
Nell’atmosfera
sincretica
dell’Impero
romano,
al
dio
Ermes
fu
dato
come
epiteto
il
nome
greco
del
dio
egizio
Thot.
Entrambi
erano
gli
dei
della
scrittura
e
della
magia
nelle
loro
rispettive
culture.
Secondo
Athanasius
Kircher
"Gli
Arabi
lo
chiamano
Idris,
dall'ebraico
Hadores(...),
i
fenici
(...)
Tauto,
gli
Egizi
(...)
Thot
ma
lo
chiamano
anche
Ptha
e
i
Greci
Ermete
Trismegisto"
(Obeliscus
Pamphilius:91).
Inoltre
il
dio
greco
della
comunicazione
fu
combinato
con
il
dio
egizio
della
saggezza
come
patrono
delle
antiche
scienze
dell’astrologia
e
dell’alchimia.
Ad
Ermete
Trismegisto
furono
accreditati
decine
di
migliaia
di
opere,
di
grande
antichità
ed
immensa
importanza.
“Il
colore
verde
–
diceva
Simnānī
(tradizionista,
giurista
e
teologo
ash’arita
irakeno,
XXI
sec.)–
è
il
più
appropriato
al
segreto
del
mistero
dei
Misteri”.
Nella
cosmologia
musulmana,
Qāf,
la
montagna
che
circonda
il
mondo
terrestre,
fatta
di
smeraldo
verde,
di
cui
la
volta
celeste
riprenderebbe
il
colore.
L’immagine
“la
morte
verde”
indica
l’azione
di
vestirsi
di
stracci
o
di
vesti
lacere,
come
fanno
i
dervisci
e
i
ṣūfī.
E’
dunque
la
più
dolce
delle
morti,
quella
che
è
volontaria
e
che
riveste
un
valore
spirituale.
Nella
storia
A
prescindere
dalle
sue
origini,
il
colore
verde
è
stato
considerato
per
secoli
associato
all’islam.
Ad
es.
I
Crociati
evitavano
di
usare
il
verde
nei
loro
blasoni
così
da
evitare
di
essere
confusi
con
i
loro
avversari
musulmani
nell’impeto
della
battaglia.
I
califfi
Omayyadi
di
Damasco,
da
grandi
costruttori
quali
furono,
si
dotarono
di
uno
splendido
palazzo
califfale,
situato
nelle
immediate
vicinanze
della
Grande
Moschea:
il
“palazzo
verde”
(al-Khaḍrā’)
di
cui
storici,
geografi
e
viaggiatori
testimoniarono
le
meraviglie.
Nulla,
purtroppo,
sembra
esserne
rimasto.
L’architettura
islamica
presenta
un
larghissimo
uso
del
verde
nelle
decorazioni
ceramiche
parietali
e
nelle
cupole,
particolarmente
degli
edifici
religiosi,
nelle
aree
del
Vicino
Oriente
e
dell’Asia
centrale.
Stasolla - Verde come il trono celeste per GSDI VERDE
3
Nel
Corano
e
nella
Tradizione
musulmana
Individuare
le
motivazioni
per
cui
determinati
simboli
e
metafore
si
sono
prodotti
all’interno
di
una
cultura/civiltà,
e
i
percorsi
attraverso
i
quali
hanno
mantenuto
in
essa
una
riconoscibile
persistenza,
comporta
inevitabilmente
il
fare
un
viaggio
all’indietro
nel
tempo
in
cui
questa
cultura
si
è
strutturata.
A
chiarire
il
significato
della
preferenza
data
al
verde
può
essere
utile
uno
studio
di
B.
Scarcia
che
parte
dall’esame
di
due
testi.
Uno
è
Cor.
XXXVI,
79-80
(ma
anche
tutta
dal
v.
30):
“Le
farà
vive
(le
ossa)
Colui
che
l’ha
fatte
germinare
prima!
Colui
che
ogni
creare
conosce!
Colui
che
dell’albero
verde
vi
fa
fuoco,
ed
ecco
ne
accendete
la
fiamma!”.
Qui
l’attributo
“verde”
è
la
parola
che
diventa
principalmente
carica
di
senso;
è
la
parola
che
identifica
il
contesto.
E
il
contesto
è
espresso
nei
versetti
32-33
e
26
che
hanno
a
che
fare
con
la
qualità
creativa
di
Dio,
attraverso
il
normale
paradosso
utilizzato
nei
testi
religiosi,
cioè
l’espressione
di
interconnessioni
sottintese
fra
concetti
apparentemente
non
correlati
per
mezzo
di
spostamenti
logici:
in
questo
caso,
(in
relazione
al)
pertinente
all’albero
verde
e
alla
creazione
dell’umanità,
di
“altri
uomini”
da
parte
di
Dio
che
interviene,
come
un
super-creatore,
a
trasformare
la
inanimata/morta
materialità
degli
elementi
rievocati
dal
fuoco,
dall’albero:
terra,
attraverso
(dal)
il
verde:
acqua.
Il
secondo
testo
è
una
Tradizione
riferita
ad
una
delle
mogli
del
profeta
e
riferita
da
alBukhari,
vi
si
parla
dei
credenti
che
faranno
parte
del
gruppo
degli
eletti:
“Un
giorno
–
narra
la
donna
–
il
Profeta
stava
dormendo
accanto
a
me.
Si
svegliò
sorridendo
ed
io
gli
chiesi:
“per
quale
motivo
sorridi?”,
“Ho
visto
–rispose
–
tra
la
mia
comunità
gente
che
avanzava
sul
mare
verde,
come
re
su
prigionieri.
Possa
Dio
mettermi
fra
loro!...”.
Se
nel
testo
coranico
il
tema
centrale
è
il
potere
creativo
di
Dio,
qui
lo
è
la
forza
salvifica
dell’islam.
Il
mare
verde
è
il
sentiero
da
percorrere
vittoriosamente
per
giungere
ad
una
nuova
esistenza,
al
di
là
del
carattere
quotidiano
degli
eventi
umani.
I
due
testi
delimitano
lo
spazio
in
cui
il
concetto
di
verde
funziona:
nascita
materiale
e
spirituale.
Ovvia
è
la
connessione
fra
il
primo
tipo
di
nascita
e
la
natura,
la
vegetazione,
la
terra:
è
il
motivo
della
fertilità.
Questo
motivo
trova
comunque
un
parallelo
ideale
nel
mondo
celeste,
almeno
a
giudicare
dalla
letteratura
di
tradizione,
secondo
la
quale
verde
è
il
colore
dei
gentili
e
degli
angeli,
e
verdi
sono
gli
abiti
degli
eletti.
Ma
non
siamo
in
un
contesto
di
vitalità
solare,
piuttosto
di
risorgenza
ad
una
nuova
vita
attraverso
la
morte
che
porta
all’annullamento
del
sé.
In
generale,
verde
è
la
terra
e
quanto
attiene
alla
sfera
della
vita,
ma
corrisponde
ad
un
momento
di
“interiorizzazione”,
mentre
è
il
rosso
che
rimanda
all’energia
vitale.
Secondo
quello
che
Henri
Corbin
chiama
la
simbologia
dei
colori
nella
teosofia
islamica,
la
degradazione
della
luce,
che
passa
dal
bianco
al
verde,
in
progressione
discendente
verso
il
mondo
infero
significa
un
regressus
ad
uterum:
e
questo
equivale
ad
ammettere
la
presenza
dell’elemento
femminile
come
un
“polo”
che
presuppone,
come
suo
opposto,
la
solarità
dell’epifania
centrata
sul
Trono,
primo
elemento
dell’Essere.
Parallelamente,
secondo
un’antica
tradizione
sciita,
il
verde
è
associato
al
nero
nella
scala
dei
colori
e
rappresenta
Malakut
,
il
mondo
dell’anima,
immediatamente
sotto
il
nostro,
dominato
esclusivamente
dal
nero.
E
Malakut
è
definito
“una
verde
cintura
di
Stasolla - Verde come il trono celeste per GSDI VERDE
4
smeraldo,
con
cui
Dio
rende
il
cielo
verde;
velo
dietro
il
quale
Dio
possiede
settantamila
mondi…”.
Questa
è
una
lettura
esoterica
ma
non
è
in
contraddizione
con
i
citati
versetti
del
Corano.
Un
singolare
personaggio:
al-Khidr
Altre
riflessioni,
altre
suggestioni
sono
indotte
dalla
figura
coranica
di
al-Khiḍr,
“l’uomo
verde,
il
profeta
verdeggiante”
che
possiede
il
segreto
dell’acqua
di
vita
e
rappresenta,
nella
tradizione
islamica,
la
guida
per
eccellenza
(
incarna
la
provvidenza
divina).
Questo
personaggio
è
oggetto
di
una
diffusa
venerazione
nel
mondo
musulmano
e
numerosissimi
sono
i
simboli
e
i
rituali
che
lo
coinvolgono.
Un
recente
importante
studio
(Franke,
Begegnung
mit
Khidr:
Quellenstudien
zum
Imaginären
im
traditionellen
Islam
)
ha
fornito
una
fenomenologia
storica
globale
della
devozione
per
lui.
I
racconti
e
le
leggende
relative
ad
al-Khiḍr
si
collegano
al
racconto
del
Corano
(>>XVIII,
59-81)
i
cui
tratti
essenziali
sono
i
seguenti:
Musa/Mosè
intraprende
con
il
suo
servitore
un
viaggio
alla
volta
del
Majma’
al-bahrayn,
ma
una
volta
giunti
alla
meta
essi
si
accorgono
di
aver
dimenticato,
per
opera
di
Satana,
il
pesce
che
portavano
con
loro.
Il
pesce
è
scivolato
nell’acqua
ed
è
scomparso.
Cercandolo,
i
due
viaggiatori
trovano
un
servitore
di
Dio.
Musa
gli
dice
che
lo
seguirà
a
condizione
che
gli
insegni
la
retta
via.
Ci
si
mette
d’accordo
su
questo
punto:
tuttavia
il
servitore
di
Dio
dice
a
Musa
che
egli
non
capirà
le
sue
azioni,
che
non
deve
chiedergli
spiegazioni
e
che,
di
conseguenza,
non
potrà
rimanere
con
lui.
Si
mettono
quindi
in
marcia
e,
cammin
facendo,
il
servitore
di
Dio
compie
una
serie
di
azioni
riprovevoli
in
apparenza
che
fanno
spazientire
Musa
al
punto
che
non
riesce
a
trattenersi
dal
chiedere
delle
spiegazioni.
Il
servitore
di
Dio
gli
risponde:
“Non
ti
ho
forse
predetto
che
mancherai
di
pazienza?”.
Infine
si
allontana
da
lui
e,
partendo,
gli
da
la
spiegazione
delle
sue
azioni,
che
hanno
motivazioni
sufficienti.
La
maggior
parte
dei
commentatori
chiama
“al-Khadir”
questo
servitore
di
Dio.
Altri
identificano
con
lui
il
servitore
di
Musa.
Le
due
opinioni
hanno
la
loro
radice
nella
leggenda
orientale.
In
effetti
il
brano
coranico
risale
a
tre
fonti
principali:
l’epopea
di
Gilgamesh,
il
romanzo
di
Alessandro
e
la
leggenda
ebraica
del
rabbino
Josua
ben
Levi.
La
destinazione
del
viaggio
resta
misteriosa,
è
stato
ipotizzato
che
sia
il
punto
estremo
del
mondo
dove
si
toccano
i
due
oceani,
quello
celeste
e
quello
terrestre;
altri
hanno
suggerito
che
si
tratti
di
un
luogo
situato
all’estremo
ovest
del
mondo
allora
conosciuto
dove
si
trovano
le
sorgenti
di
ogni
acqua
corrente,
di
fatto
le
colonne
d’Ercole,
incontro
del
mare
romano
con
l’Oceano;
secondo
altri
sarebbe
invece
il
luogo
dove
l’oceano
persiano
e
il
mare
romano
si
incontrano,
cioè
Suez.
Il
pesce
indica
simbolicamente
il
cammino;
nel
luogo
dove
lo
si
perderà,
o
meglio
dove
esso
ritroverà
la
vita
a
contatto
con
l’acqua,
lì
si
trova
la
fonte
di
vita
dove
alKhadir
abita.
Il
contatto
con
quell’acqua
gli
ha
dato
i
colore
verde.
Stasolla - Verde come il trono celeste per GSDI VERDE
5
Il
personaggio
compare
nelle
Tradizioni,
nei
commentari
del
Corano,
nei
manuali
dei
Sufi,
nei
dizionari
biografici,
come
anche
nelle
leggende
sui
santi
personaggi,
nei
racconti
di
viaggio
e
nella
narrativa
popolare.
In
linee
generali
i
testi
parlano
di
alKhadir
come
di
un
uomo
a
cui
Dio
ha
concesso
la
vita
eterna
e
che
è
apparso
improvvisamente
nelle
vite
degli
umani.
I
suoi
interventi
erano
finalizzati
ad
aiutare
e
portare
soccorso
nei
momenti
di
necessità;
a
questo
caratteristica
si
collega
il
fatto
che
l’odierno
servizio
di
ambulanze
in
Turchia
si
chiami
“Khidr
service”.
In
zone
della
Turchia,
Iraq,
Iran,
Asia
centrale
e
Afghanistan
la
gente
fa
nelle
case
offerte
votive
ad
al
Khadir/al-Khidr;
in
aree
dei
Balcani
e
della
Turchia
i
musulmani
celebrano
la
festa
di
al-Khidr;
luoghi
di
pellegrinaggio
e
venerazione
legati
al
su
o
nome
sono
sparsi
in
tutto
il
mondo
islamico.
Sia
l’islam
sunnita
che
quello
sciita
contengono
invocazioni/
suppliche
ad
al-Khidr:
la
più
famosa
fra
queste
venne
letta
pubblicamente
durante
i
funerali
dell’ayatollah
Khomeini
a
Tehran.
Vedere
al-Khadir
e
incontrarlo
era
considerato
un
segno
di
grande
distinzione,
era
uno
dei
segni
distintivi
dei
Sufi.
Lungi
dall’essere
in
rivalità
con
il
profeta
Muhammad,
la
figura
di
al-Khadir
si
è
sviluppata
nella
tradizione
come
suo
supporto
e
aiutante.
Alla
fine
del
secolo
scorso
la
maggioranza
degli
studiosi
musulmani
hanno
rigettato
l’idea
della
sua
vita
eterna,
come
non-islamica.
Nell’opinione
di
Mawlana
Mawdudi
(fondatore
della
Jama’at
Islamiya
in
Pakistan)
al-Khadir
sarebbe
semplicemente
un
angelo.
Sayyid
Qutb
(leader
dei
Fratelli
Musulmani
in
Egitto)
rifiuta
l’identificazione
di
al-Khidr
con
il
servitore
di
Dio
della
sura
XVIII
del
Corano
e,
di
conseguenza,
non
lo
considera
una
figura
religiosa
con
un
posto
nella
storia
islamica
della
salvezza
ma
soltanto
una
chimera
che
deve
essere
restituita
al
regno
della
superstizione.
Verde
=
Natura
Le
associazioni
più
comuni
si
trovano,
comunque,
nei
legami
con
la
natura:
il
verde
è
associato
alla
rigenerazione,
fertilità,
rinascita,
il
paradiso
è
un
luogo
pieno
di
verde
rigoglioso.
Nell’islam
medievale
si
riscontra
un
approccio
duplice
dell’uomo
nei
confronti
della
natura:
da
un
lato,
la
sua
tensione
a
ridurla
a
categorie
astratte;
dall’altro
il
suo
senso
di
tranquillo
dominio
e
il
diritto
di
intervento
che
gli
viene
da
Dio,
quando
lo
dichiara
suo
vicario
in
terra
(Cor.
II,
30-31).
Rientra
nel
primo
approccio
l’amore
per
il
giardino,
simbolo
e
prefigurazione
del
Paradiso.
Esso
costringe
entro
un
ordine
prefissato,
da
cui
sono
eliminati
la
casualità
e
gli
eccessi
che
la
natura
lasciata
a
se
stessa
può
mettere
in
scena,
fiori,
alberi
e
acqua.
Il
giardino
è,
certamente,
il
contrassegno
di
una
dimora
ricca
o
il
luogo
di
evasione
del
principe.
Può
aspirare
ad
essere
un
microcosmo.
E’
forse
questo
il
senso
del
giardino
zoologico
di
Samarra
che
si
stendeva
su
una
superficie
di
50
km2,
Stasolla - Verde come il trono celeste per GSDI VERDE
6
solcata
da
canali
che
circondavano
gli
spazi
destinati
alle
bestie
feroci,
mentre
gli
animali
inoffensivi
circolavano
liberamente
tra
i
visitatori.
(Le
miniature
possono
raccontare
molto):
Un
recinto
che
chiude
un
frutteto,
che
è
il
caso
più
frequente,
un
melograno
che
impreziosisce
un
cortile
con
al
centro
una
fontana,
sono
trascrizioni
povere,
quotidiane,
del
giardino
principesco,
ma
è
sempre
un
microcosmo.
Certo,
non
è
ovunque
facile
come
in
Egitto…(
>
testo
da
Nasir-i
Khusraw
)
o
nelle
oasi
della
Siria.
Complementare,
piuttosto
che
contrapposto,
è
l’altro
approccio
alla
natura.
Questa
è
interessante
in
sé
soltanto
se
vi
si
registrano
fenomeni
mirabili.
Ciò
che
è
straordinario
conferma
la
libera
potenza
creatrice
di
Dio,
anche
se
può
rivelarsi
ostile.
L’uomo
non
può
che
farsene
testimone
attento.
L’abitudine
alla
catalogazione,
all’enciclopedismo,
all’analisi
del
dettaglio
che
connotano
la
produzione
islamica
medievale
non
si
traduce,
se
non
occasionalmente,
in
indagine
metodica
sulla
natura.
Non
ci
sono
una
geologia
o
una
botanica
in
senso
proprio.
La
modernità
dell’islam
medievale
si
colloca
nell’interesse
per
la
sperimentazione,
che
giustifica
l’attenzione
al
caso,
anche
se
ciò
limita
la
spinta
alla
ricerca
della
legge
generale
che
presiede
non
solo
a
quel
caso
ma
a
tutti
gli
altri
dello
stesso
tipo.
Lo
sguardo
sulla
natura
è
antropocentrico.
La
vita
umana
ne
è
la
misura
Come
quando
al-Masʿūdī
(Muruj
al-dhahab,
Prairies
d’or,
v.I,
1861,
p.203)ci
dice
che:……..>
testo
Il
risvolto
della
cosa
è
la
preoccupazione
di
utilizzare
al
meglio
quanto
Dio
ha
messo
a
disposizione
dell’uomo.
Il
segno
che
l’uomo
deve
lasciare
su
questa
natura,
dono
divino,
deve
essere
positivo,
metterne
in
evidenza
le
potenzialità
senza
alterarne
la
fisionomia
a
dimostrazione
della
gratitudine
verso
il
Creatore
e
della
consapevolezza
della
centralità
dell’uomo
nel
progetto
divino.
Il
Corano
afferma,
infatti,
senza
ambiguità
che
Dio
dedica
all’uomo
l’esistenza
del
Creato,
di
cui
peraltro
l’uomo
stesso
fa
parte,
chiamando
l’universo
tutto
a
fungere
da
prova
lampante
del
suo
essere
Dio
>>(Cor.
II,
164)….In
altri
termini,
la
libertà
dell’atto
creativo
di
Dio
può
non
tradursi
in
arbitro
assoluto.
L’uomo
può,
anzi
deve,
decodificare
il
creato,
cogliere
il
senso
della
sua
struttura
>>
(Cor.
XXI,
30-32).
La
verità/realtà
che
l’atto
creativo
di
Dio
realizza
nell’universo
va,
dunque,
portata
al
livello
della
comprensione
umana.
Riconoscere
l’ordine,
da
Dio
liberamente
impresso
al
creato,
presuppone
la
capacità
umana
di
postulare
le
leggi
che
regolano,
secondo
ragione,
l’universo.
La
ricaduta
più
immediata
di
un
simile
atteggiamento
è
la
spinta
alla
ricerca.
Indagare
comporta
nominare,
verificare,
sperimentare,
manipolare
ciò
che
ci
circonda.
Non
fa
scandalo
che
si
cerchi
la
scienza
là
dove
essa
si
trova,
nella
idolatrica
Grecia
classica,
come
si
farà
dall’VIII
secolo
in
poi,
o,
come
sollecita
un
detto
del
profeta,
magari
in
Cina.
>>
(Cor.
XXI,
79-80).
E
tuttavia,
la
subordinazione
all’uomo
delle
cose
create,
che
si
manifesta
nella
sua
capacità
di
spiegarle,
non
gli
dà
il
diritto
di
violarne
la
natura
e
la
funzione.
Le
cose
hanno
un
valore
in
sé,
anche
se
sono
utili
all’uomo.
Per
es.
il
ciclo
vitale
delle
piante
o
l’acqua
è
un
tema
particolarmente
ricorrente:
>>Cor.
LXXX,
2432.
L’universo
tutto
va
rispettato,
l’uomo
ha
il
divieto
di
abusare
di
quanto
la
terra
gli
offre
e
di
corromperla:
“Quest’ultima
dimora
noi
la
serbiamo
per
coloro
che
non
Stasolla - Verde come il trono celeste per GSDI VERDE
7
cercano
elevazione
superba
sulla
terra
né
la
corrompono”
(Cor.XXVIII,
83).
…
Tanto
più
che
le
risorse
possono
non
essere
illimitate:…..>>
Cor.
XXIII,
17-19.
Certe
norme
del
diritto
islamico
illustrano
un
simile
atteggiamento.
Cogliere
un
frutto
maturo
che
sporge
da
un
frutteto,
se
chi
passa
ha
fame,
non
costituisce
un
furto.
Infatti,
Dio
fa
fruttificare
le
piante,
non
per
una
singola
persona,
ma
per
l’intera
umanità.
Azione
meritoria
è
bonificare
la
terra
morta,
che
diventa
proprietà
di
colui
che
l’ha
resa
fertile.
Così
scavare
un
pozzo.
Chi
lo
fa
ha
la
garanzia
di
poter
utilizzare
un
terreno
circostante
di
40
cubiti
per
far
riposare
i
suoi
armenti,
se
ne
possiede.
Per
converso,
severe
sanzioni
sono
prescritte
per
chi
inquina
l’acqua,
elemento
vitale
che
il
profeta
sostiene
non
si
possa
negare
a
nessuno,
e
il
cui
utilizzo
va
regolamentato
in
maniera
puntuale
ma
diversificata
a
seconda
delle
esigenze
e
dei
contesti
ambientali.
La
libertà
umana,
che
spinge
e,
paradossalmente
obbliga
all’azione
il
musulmano
medievale,
si
fonda
e
si
iscrive
nell’ordine
divino.
Tutto,
natura
compresa,
trova
la
sua
ragion
d’essere
partendo
dal
principio
che
Dio
“ha
dato
forma
alle
creature
senza
che
la
loro
creazione
gli
fosse
necessaria”,
ma
soltanto
perché
queste
“sappiano
di
avere
un
Creatore
e
non
riconoscano
e
adorino
altro
che
Lui”
(Ṭabarī
nella
versione
di
Balʿamī,
La
Chronique.
Histoire
des
Prophètes
et
des
Rois,
vol.I,
De
la
création
à
David,
ed.
Sindbad,
2001)…………….+
testo.
L’universo
intero
esiste,
dunque,
in
funzione
dell’uomo.
Ma
è
solo
in
uno
spazio
circoscritto
dove
sia
distinto,
sia
pure
simbolicamente,
ciò
che
è
selvaggio
e
ignoto,
vale
a
dire
naturale,
da
ciò
che
è
civile
e
familiare,
vale
a
dire
umano,
che
il
musulmano
medievale
entra
in
sintonia
con
la
natura
e
l’ambiente.
Il
giardino,
immagine
del
giardino
paradisiaco
(Cor.
LV,
46-76;
LVI,
11-40).