i pallacanestri - Geronimo Carbono

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i pallacanestri - Geronimo Carbono
I PALLACANESTRI
Sembrerebbero un popolo altissimo con
grandi capacità di mira, i pallacanestri, o forse dei
cesti sferici che, senza maniglie, si fanno rotolare
invece di trasportarli, ma no, per il popolo di
Borganza i pallacanestri erano due strutture
metalliche, strane, un po' dinosauresche, che qualche
mano lungimirante aveva piazzato in mezzo a
“Campo dell'erba” forse con l'intento di avviare i
giovani al gioco della pallacanestro (basket era un
vocabolo ancora non noto all'epoca) oppure, e forse
con il senno di poi è l'ipotesi più plausibile, quei due
mostri metallici, giacevano in qualche magazzino
comunale e davano fastidio.
Hanno senza dubbio fatto un ottimo lavoro,
con lo scrupolo e lo zelo tipico degli operai comunali
di montagna. Base in cemento, bulloni annegati ai
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quali avvitarli, perfettamente in bolla e dotati di tutti
i “comfort”, quali che fossero.
E allora si prende un pallone da calcio…. << da
calcio?>>… quello c’è e allora si prende quello;
sempre una palla è. Dicevamo, si prende una palla e
la si tira dentro il cerchio che è privo di reticella, ma
chi lo sapeva che ci voleva una reticella?
Nessuno.
Beata ignoranza. Però con i piedi è difficile,
forse con le mani…. E il portiere allora para con i piedi
quindi deve salire sul pallacanestro e stare in porta….
Troppo difficile il tabellone di legno impedisce di
passare e poi non ti puoi tenere. Allora giochiamo
con il portiere volante (se sapesse veramente volare
meglio) oppure senza portiere, ancora meglio. Tira il
pallone nel cerchio, niente, riprendi il pallone che
rotola scompostamente nell’erba, tiralo ancora nel
cerchio… mancato… che palla di gioco, non mi piace.
<<Franco, va a prendere quelle corde da
tapparella che ho un’idea>>. Tarzan.
Quando sono salito su per fare il portiere,
mi sembrava di salire su un albero, mancavano solo
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le liane, forse anche Cita, ma da lassù si vedeva tutto
il mondo: il campo sportivo, quello grande, da undici,
con le porte, le reti, le righe del fuori, dove gioca
l’Ormea dei grandi.
Si vedevano i campi da bocce, dove c’erano
i papà che giocavano, in palio una bottiglia (di quello
buono), tutti piegati quando volevano influenzare,
con fluidi magici che possedevano solo loro (generati
probabilmente dall’alcol), la traiettoria della boccia
che si accostava al pallino per far punto; da grande
non credo che vorrò giocare a bocce.
Neanche a pallacanestro, però.
Allora tutti sui pallacanestri, vediamo chi
arriva più in alto senza farsela addosso! Vediamo chi
è più agile, e da lassù teniamo d’occhio la capanna,
come tante piccole vedette prussiane, perché c’è
Rumàn che non perde occasione per buttarcela giù e
se ce la butta giù noi gli andiamo a razziare gli alberi
di ciliegie e il campo di fragole…. Anche se non ce la
butta giù.
E poi ci sono gli invasori che vengono giù dal
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paese e vogliono conquistare Borganza, forse perché
loro non hanno il campo dell’Erba e neanche i
pallacanestri e allora << cosa fedi pikkola fedetta
prussianen? >>.
Pronti ad andare a prendere le cerbottane
fatte con i tubi da elettricista, alcune addirittura
multiple, con i proiettili fatti con i coni di carta di
quaderno, “senza” lo spillo in punta che è pericoloso,
gli archi fatti con il legno di nocciolo, rigorosamente
selvatico, più flessibile, tira più lontano.
Che non si azzardi “il nemico” ad avvicinarsi
a quello che ormai è il nostro totem, quei
pallacanestri sui quali stiamo appesi a testa in giù
come tanti opossum in una forma inconsapevole di
meditazione zen.
Poi da lassù si vedono anche passare certe
personcine che non sono uguali a noi, ma quasi,
hanno i capelli un po’ più lunghi, non giocano a
pallone, ma con le bambole, eppure c’è qualcosa in
loro che attira lo sguardo e ci fa fare cose da stupidi,
diventare rossi e perdere l’uso del vocabolario
trasformando le parole in balbettii incomprensibili e
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arruffati. Ma lassù, in cima ai pallacanestri siamo
semi-dei, onnipotenti, prototipi del maschio
predatore anche perché la maggior parte delle
bambine non ci salirebbe mai: << eh, fa paura!! >>.
Temo che non ci salgano perché pensano
che sia un gioco stupido e che se lo facessero
sarebbero più agili ed aggraziate di noi, ma non lo
dico, non sia mai!
Sembra anche che ci guardino e che
comincino a formulare pensieri come << ma cosa ci
sarà mai di così divertente (tipo undici bambini in
“mutande” che corrono dietro ad una palla) >>
oppure << gli uomini sono tutti uguali >>, ma noi
sappiamo che sono l’altra metà del cielo ed andiamo
in paradiso soltanto per uno sguardo o per un
abbozzo di sorriso.
Il “pallacanestro” è alto, ma da più in alto (il
terzo piano nel mio caso), provengono suoni che
hanno la capacità di interrompere i sogni e le prove di
agilità che si fanno su quelle strutture; un fischio,
modulato su due tonalità diverse, tipo fischietto del
primo ufficiale di una nave quando chiama il cambio
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del turno di guardia, è il segnale dell’abbandono di
ogni attività ludica e del rientro nei quartieri del
comando di famiglia.
Ora di pranzo, ora di cena, ora di andare a
letto; sempre ora di qualcosa e, ai comandi che
arrivano dall’alto bisogna obbedire,
incondizionatamente, pena la consegna, molto più
minacciata che applicata, o la proibizione dell’utilizzo
dei pallacanestri sino alla fine dei miei giorni.
Beh, visti dal terzo piano non sembrano poi
così alti e senza il tabellone di legno che negli anni si
è distrutto, fanno anche un po’ pena, però farci
Tarzan con le corde da tapparella…..
Ora i pallacanestri a Borganza non ci sono
più, non c’è nemmeno più il “ campo dell’Erba”
sostituiti da un bel campo da tennis in cemento.
Sport nobile il tennis e sul cemento
sicuramente le palle rimbalzano bene, anche quelle
da pallacanestro. Ma salire sulla rete da tennis non è
molto da agili e non ti permette di vedere e di
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sognare tutto un mondo che si apre intorno a
Borganza.
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