“Broken Flowers” di Jim Jarmusch

Transcript

“Broken Flowers” di Jim Jarmusch
Con il patrocinio del
Comune di Bologna –
Quartiere Savena
Approfondimento
bibliografico a cura della
Biblioteca “Ginzburg”
Oratorio Don Bosco
via B. M. Del Monte, 12
40139 BOLOGNA
C.G.S. “Vincenzo Cimatti”
“Parliamo di uomini”
Tre storie di uomini a confronto con le difficoltà della vita.
1. martedì 2 febbraio 2016
2. martedì 9 febbraio 2016
3. martedì 16 febbraio 2016
“Broken Flowers”
“Paradiso amaro”
“Grace Is Gone”
di Jim Jarmusch
di Alexander Payne
di James C. Strouse
1
martedì 2 febbraio 2016 ore 20:45
verrà proiettato, in sala teatro dell’oratorio, il film
“Broken Flowers”
di Jim Jarmusch
SCHEDA
titolo Broken Flowers
distribuito da Mikado
Bill Murray (Don Johnston) [dopp. da
Oreste Rizzini], Julie Delpy (Sherry),
Jeffrey Wright (Winston) [dopp. da
Massimo Corvo], Heather Simms
(Mona, la moglie di Winston) [dopp. da
Francesca Guadagno], Brea Frazier
(Rita), Alexis Dziena (Lolita, la figlia di
Laura), Sharon Stone (Laura Daniels
Miller) [dopp. da Cristiana Lionello],
Frances Conroy (Dora Anderson)
interpreti
[dopp. da Aurora Cancian], Christopher
McDonald (Ron, il marito di Dora),
Chloë Sevigny (l'assistente di Carmen),
Suzanne Hevner (sig. Dorston),
Jessica Lange (dott. Carmen
Markowski) [dopp. da Vittoria Febbi],
Chris Bauer (Dan), Larry Fessenden
(Will), Tilda Swinton (Penny) [dopp. da
Laura Boccanera], Pell James (Sun
Green) [dopp. da Marzia Dal Fabbro]
fotografia Frederick Elmes
musiche Mulatu Astatke
sceneggiatura Jim Jarmusch
regia Jim Jarmusch
produzione
USA/Francia,
2005
gen.
commedia/d
rammatico
durata 1h 42'
Don Johnston, scapolo impenitente, riceve una misteriosa lettera, senza
firma, da una sua probabile ex amante che lo informa di essere padre di un
ragazzo di 19 anni. Don si confida con Winston, suo amico e vicino di casa,
trama
che gli consiglia di andare alla ricerca di colei che può aver scritto la lettera.
Così, superando la sua ostilità per i viaggi, ne intraprende uno per scoprire
quale delle sue vecchie fiamme può essere la madre del ragazzo...
Concorsi e premi
Questo film ha partecipato a:
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59 edizione Bodil Awards (2006) concorrendo nell* categori* miglior film americano (a
Jim Jarmusch);
12 edizione Chlotrudis Awards (2006) concorrendo nell* categori* miglior attore non
protagonista (a Jeffrey Wright);
10 edizione Festival Nazionale del Doppiaggio (2006) concorrendo nell* categori* "Anelli
d'oro" cinema per la migliore voce maschile (a Oreste Rizzini), "Anelli d'oro" cinema per la
migliore voce caratterista (a Laura Boccanera);
58 edizione Festival di Cannes (2005) concorrendo nell* categori* Palma d'Oro al miglior
film (a Jim Jarmusch) e vincendo nell* categori* Gran premio della giuria al miglior
film (a Jim Jarmusch);
61 edizione Nastro d'Argento (2006) concorrendo nell* categori* regista del migliore film
straniero (a Jim Jarmusch).
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Recensioni.
ACEC
Soggetto: Appena lasciato da Sherry, che non lo sopporta più, Don Johnston, scapolo
maturo e donnaiolo convinto, riceve una lettera anonima su carta rosa. Una sua ex lo
informa di aver avuto da lui un figlio che ha oggi 18 anni e che forse sta cercando suo
padre. Winston, il suo vicino di casa appassionato di investigazioni, lo scuote dal torpore e
lo spinge a mettersi in viaggio alla ricerca degli indizi giusti. In successione Don incontra
quattro donne con le quali in passato ha avuto una relazione: Laura, Dora, Carmen,
Penny. Ma nessuno di questi incontri finisce con l'esito sperato. Anzi si risolvono in
occasioni per farsi rimproverare i suoi comportamenti egoistici e meschini. Tornato a
casa, un giorno Don offre qualcosa da mangiare ad un ragazzo che vede in difficoltà. Si
ferma a parlare con lui, gli pone alcune domande dirette. Allora il giovane si impaurisce e
scappa. Don resta da solo a guardare la strada vuota.
Valutazione Pastorale: Jarmusch, da sempre regista 'indipendente' e arrabbiato,
affronta stavolta il tema, lungamente rimosso della paternità. Don potrebbe essere il
regista stesso, che, dopo la lunga fase dei figli visti come ingombro o 'sovrastruttura',
avverte accanto a sè più i vuoti che le cose fatte, più ciò che manca di ciò che ha
ottenuto. La ricerca del figlio diventa così la ricerca di un nuovo se stesso, di motivazioni
forti alla propria quotidianità, di una vita meno occasionale. I quattro incontri con le
donne del passato scandiscono le tappe di un viaggio in un'America minore dai bilanci
esistenziali tutti in chiaroscuro. Nell'espressione costantemente disarmata, disillusa,
assente che Bill Murray conferisce a Don c'é tutta l'ansia legata alle incertezza di un passo
che si deve fare ma che fa paura. L'argomento é indovinato, il racconto é denso di un
umorismo amaro e trattenuto, ma il finale manca di quel colpo d'ala che ci si sarebbe
aspettato da Jarmush. Il regista preferisce restare in sospeso, quasi chiamandosi fuori da
una soluzione più netta. Dal punto di vista pastorale, il film è tuttavia da considerare
positivamente, come accettabile e senz'altro problematico
Giancarlo Zappoli (MyMovies.it)
Don Johnston, scapolo impenitente sulla sessantina, viene lasciato dalla sua ultima
conquista. Contemporaneamente riceve una lettera anonima in cui una sua ex compagna
gli rivela che il figlio ormai diciannovenne avuto da lui si e' messo sulle sue tracce.
L'amico Winston, detective dilettante, lo spinge a chiarire il "mistero". Don parte così
controvoglia alla ricerca della
possibile mittente. Avrà modo di
confrontarsi con una parte del suo
passato
e
di
riflettere
sul
presente.
Bill Murray offre a Jim Jarmusch
quella maschera che, da Lost in
Translation in poi, lo caratterizza
in interpretazioni assolutamente
ineguagliabili. Gli incontri con le
donne del suo passato (tra cui
spicca, per sobrietà e profondità di
interpretazione, Sharon Stone) gli
permettono di rivisitare il ruolo di
seduttore che gli si è appiccicato
addosso ma, soprattutto, di percepire come lo scorrere del tempo muti profondamente
l'immagine interiore che ci si costruisce sulle persone e che si vorrebbe immutabile. È un
gioco di specchi quello che si sviluppa tra Don e le sue ex compagne. Un gioco in cui ciò
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che appare dell'altro sconcerta, spiazza, obbliga ad abbandonare facili semplificazioni. È
un on the road dell'anima quello che Jarmusch ha costruito attraverso piccoli tocchi di
regia, sguardi, atmosfere, emozioni trattenute e cose non dette. Un viaggio che il
pubblico farà bene a compiere con lui.
Mereghetti (“Corriere della Sera” 8 dicembre 2005)
Raramente ricordiamo al cinema una tale sintonia tra attore e regista, tra stile del film e
recitazione del suo protagonista: sembra che non ci sia nessuna interruzione, nessuno
iato, tra il volto disincantato e rassegnato di Bill Murray, con quel sorriso appena
accennato di chi vorrebbe
ridere ma cerca in tutti i
modi di trattenersi, con
quelle
spalle
un
po’
cadenti, con i capelli che
ogni tanto si ribellano al
pettine, e, dall’altra parte,
lo stile con cui film Jim
Jarmush
la
ricerca
"sentimentale" del suo
protagonista: con uno stile
piano e distaccato (viene
da fare un paragone con
lo stato mentale di chi si è
appena fumato un joint),
fatto anche di tempi morti
e pause narrative (quelle
riprese nello specchietto
retrovisivo dell’auto).
Una simbiosi perfetta, da cui nasce il fascino e la bellezza di un film godibilissimo, che
racconta la ricerca un po' controvoglia di uno scapolo cinquantacinquenne, spinto
dall’invadente vicino eritreo (!) con il pallino delle storie gialle, a cercare chi sia mai la
donna che, vent’anni prima, gli avrebbe dato un figlio. E che glielo ha fatto sapere con
una lettera anonima scritta su carta rosa. Don Giovanni in disarmo, come gli dice l’ultima
fidanzata che lo lascia all’inizio del film, e come ricorda allo spettatore il film che il
protagonista sta vedendo alla
televisione
–
Le
ultime
avventure di Don Giovanni di
Alexander Kord (ma in originale
è,
significativamente:
The
Private Life of Don Juan) – Bill
Johnston usa auto e aereo per
andare a trovare le possibili
madri del suo possibile figlio:
quattro incontri, più uno al
cimitero, a loro modo strazianti
e divertentissimi, ognuno con
una
sorpresa
finale,
tutti
indimenticabili grazie anche alla
prova delle quattro straordinarie
attrici che interpretano le ex
amanti:la "squinternata" Sharon Stone, la "compunta" Frances Conroy, la "rinata" (anche
sessualmente) Jessica Lange e la "arrabbiata" Tilda Swinton. Un viaggio dentro quello che
non è più (e forse non è mai stato) il sogno americano, un viaggio dentro i misteri
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dell’animo umano e dei rapporti d’amore, per arrivare a un finale dove il protagonista può
solo dire che il passato è passato, il futuro deve ancora venire e quello che conta,
casomai, è il presente. Un film da non perdere. Un piccolo capolavoro.
Valerio Caprara (“Il Mattino” 3 dicembre 2005)
Sulla scia di 'Lost in Translation', ancora una commedia sostenuta e sospinta dal carisma
dello
stesso
protagonista.
Bill
Murray, in effetti, è
'Broken Flowers', lo
solleva al di sopra
della
sua
trama
minimalista, e ne
dirige e armonizza
il
concerto
dei
comprimari
di
lusso. I temi sono
quelli
tipici
del
regista
indipendente
Jim
Jarmush,
la
malinconia e la fuga
dal tempo, ai quali
s'aggiunge il senso
di una paternità
perduta
e
rimpianta. Qui l'atmosfera è più fluida e accattivante e la cifra jarmushiana resta tutta nel
climax descrittivo di un film che non entrerà nella storia del cinema, ma diventerà caro a
un pubblico più ampio del circolo dei cinefili. (...) La prevedibilità della sceneggiatura
viene surrogata dalle virtuosistiche reazioni di Murray ogni volta che viene a contatto con
i casi psicologici o esistenziali incarnati da una Sharon Stone umile e concentrata, dalla
bizzarra Frances Conroy del telefilm 'Sex Feet Under', da una Jessica Lange all'altezza
della propria classe e dall'inquietante erinni Tilda Swinton. 'Broken Flowers' funziona in
sostanza come film d'attori, un puzzle stralunato ed elegante che riscaldano la freddezza
dello humour e conferiscono alle sfumature il ruolo abitualmente riservato all'emozione o
alla suspense.
Gianluigi Rondi (“Il Tempo” 30 novembre 2005)
Nell’ultimo film di Jim Jarmush Coffee
and Cigarettes, in undici episodi, si
partiva quasi da un gioco, gli eccessi
di caffeina e nicotina, per approdare a
climi
scopertamente
drammatici,
all’insegna della solitudine, presente e
opprimente in quasi tutti i personaggi.
Anche oggi si parte quasi da un gioco,
l’arrivo di una lettera su carta rosa,
scritta a macchina con inchiostro
rosso, in cui una delle tante ex amanti
del protagonista, l’attempato ex
donnaiolo Don Johnston, gli dice,
senza però firmarsi, di avere avuto da
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lui un figlio ormai diciannovenne e gli chiede, nel caso dovesse incontrarlo, di trattarlo
bene. Don sulle prime non prende sul serio né la lettera né la notizia, ma un suo amico,
investigatore dilettante, ricerca subito per lui, grazie a un computer, gli indirizzi di almeno
quattro donne che potrebbero aver scritto quella lettera e organizza subito tramite
agenzie, dei viaggi in auto e in aereo per consentire a Don di andare ad incontrarle non
dimenticandosi, ogni volta, di portare a ciascuna un mazzo di fiori rosa. Da qui il resto
che, un po’ sull’eco di Coffee and Cigarettes, finisce per consistere in quattro episodi, con
Don sempre al centro e, via via, le quattro donne che si è deciso ad incontrare. Incontri
non facile perché lui, su consiglio dell’amico, non vuol chiedere notizie dirette e si sforza,
invece, di sondare una dopo l’altra le sue ex amanti per riuscire a indovinare chi gli ha
scritto. Incontri, qualcuno, persino tenero, altri o deludenti o addirittura rischiosi perché il
marito della quarta non
esiterà ad aggredire
Don,
addirittura
brutalmente, lasciando
che se ne torni a casa
senza
aver
saputo
nulla. Neanche quando,
proprio
all’ultimo,
incontrerà
un
giovanetto che sembra
seguirlo. Con un’ultima
delusione. Il peso del
film, e la sua forza,
sono tutti a carico del
personaggio di Don,
indeciso, quasi timido,
felice
della
sua
solitudine attuale ma
attraversato
poi,
favorevolmente, dall’idea di poter accompagnarvi un figlio. Destinato, alla fine, a
riaffidarsi al suo grigiore. Lui no, ma forse lo spettatore, grazie a qualche lieve indicazione
inserita da Jarmusch nella storia, potrà intuire chi, delle quattro donne, ha scritto la
lettera rosa. Il film però non è qui: è in quella ricerca, prima reticente e poco convinta,
poi un po’ più calda ed è in quelle mutevoli reazioni del protagonista, all’insegna della sua
desolazione. Le esprime, magnificamente, la recitazione di Bill Murray, segnata ma
segreta, devastata ma sfumata. Fra le donne ci sono addirittura Sharon Stone e Jessica
Lange: si limitano quasi soltanto ad apparire, ma lasciano il segno.
Arrivederci a martedì 9 febbraio, per vedere
“Paradiso amaro” di Alexander Payne.
C.G.S. “Vincenzo Cimatti” – presso Oratorio San Giovanni Bosco
via Bartolomeo M. dal Monte 14, 40139 Bologna tel.051467939
sito web: http://www.donbosco-bo.it
e-mail: [email protected]