tutti gli spostamenti
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Attualità Il giallo L’avvocato della famiglia Maiorana, Giacomo Frazzitta . In apertura Stefano e Antonio Maiorana I pm hanno chiesto l’archiviazione, ma la famiglia si oppone: l’ipotesi del legale della moglie è che si tratti di un duplice omicidio . Poco dopo le 10, infatti, padre e figlio erano vicini a una vecchia fabbrica, dove potrebbero essere seppelliti i corpi Tutti gli spostamenti dei Maiorana di Riccardo Lo Verso U Esclusiva . Ricostruite grazie alle intercettazioni le ultime mosse di Antonio e Stefano Maiorana, scomparsi nel nulla il 3 agosto 2007. Sullo sfondo dell’intreccio i Cavalieri di Malta, Messina Denaro, sesso e affari n intreccio di telefonate nel giorno in cui Antonio e Stefano Maiorana vengono inghiottiti nel nulla . La mattina della scomparsa, il 3 agosto 2007, un groviglio di sms e chiamate collega i cellulari dei due imprenditori con quelli di alcuni personaggi a loro vicini. Il minuzioso lavoro di un perito 46 s - il magazine che guarda dentro la cronaca consegna a Rossella Accardo, ex moglie e madre di Antonio e Stefano, una serie di elementi per opporsi alla richiesta di archiviazione della procura di Palermo . Anche perché, dice il legale della donna, Giacomo Frazzitta, i tabulati sono arrivati successivamente alla proposta dei magistrati di chiudere il fascicolo aper- to contro ignoti. Ce ne sarebbe abbastanza, secondo l’avvocato, per riaprire il caso e puntare sull’ipotesi del duplice omicidio maturato negli ambienti di lavoro dei Maiorana . Un’ipotesi a cui i pm hanno già lavorato senza approdare finora a risultati concreti. Le telefonate che alimentano il mistero La nuova analisi dei tabulati va letta alle luce di un altro episodio già cristallizzato nelle indagini dei sostituti procuratori Gaetano Paci e Francesco Del Bene. È una premessa doverosa per inquadrare il contesto in cui ci si muove. Alcuni mesi fa, Rossella Accardo ha trovato un appunto scritto su un albo di Topolino dal figlio Marco, secondogenito dell’imprenditore, poco prima di suicidarsi, nel gennaio 2009. Un figlio che si toglie la vita, forse oppresso da un peso troppo grande, è un dolore immenso . Che diventa insopportabile e insuperabile, se sommato a quello per un figlio che non ha più fatto ritorno a casa . L’indicazione sul Topolino era precisa: “Mio padre diceva che se vuoi sconfiggere il tuo nemico devi fartelo amico ... con Karina abbiamo distrutto la memoria del pc dove con serva il materiale con cui si teneva Dario e Paolo ricattabili... Non ho mai creduto che mio fratello e mio padre si siano allontanati per scelta . Ho pensato subito che fosse successo il peggio e con Karina abbiamo distrutto la memoria del pc dove si conserva il materiale con cui si tenevano Dario e Paolo ricattabili. Abbiamo temuto per le nostre vite... sapevo che quella mattina mio fratello andava a discutere di qualcosa di grave e non sono riuscito a trattenerlo”. Karina è Karina Andrè, compagna argentina dell’imprenditore scomparso, indagata per favoreggiamento perché avrebbe intralciato le indagini. Su questa identificazione non ci sono margini di dubbio . Meno certa quella di Paolo e Dario: dovrebbe trattarsi di Francesco Paolo Alamia e Dario Lopez, soci di fatto di Antonio Maiorana, che ufficialmente era solo un consulente della Calliope e della Edilia, le imprese che stavano realizzando i 50 appartamenti nel cantiere di Isola delle Femmine. Alamia e Lopez sanno qualcosa di quella mattina del 3 agosto 2007? Di certo ci sono alcuni movimenti societari che li coinvolgono assieme a Karina Andrè. Dieci giorni prima della scomparsa, Alamia e la famiglia Bandiera, proprietaria del terreno, firmano la cessione delle quote di Calliope alla compagna di Maiorana e a Dario Lopez, genero di Salvatore Bandiera . Contemporaneamente la quota di Edilia degli Alamia viene ceduta a Lopez che ne deteneva già il 50%, per essere trasferita il giorno dopo a Karina Andrè. I magistrati vogliono vederci chiaro e convocano la Andrè, la quale racconta che in quei giorni Maiorana era talmente preoccupato da chiedere ai figli di raggiungere un posto sicuro . Lopez ammette di avere avuto un diverbio con Maiorana nello studio di un notaio, il 1° luglio . Erano quasi arrivati alle mani. Il passaggio societario, però, non c’entra nulla . Non gli era piaciuto che alcuni rogiti per l’acquisto delle case venissero fatte in sua assenza . Tutto qui. I magistrati hanno scandagliato fatti, circostanze e dichiarazioni, e alla fine hanno escluso la pista interna al cantiere. Una pista su cui concordano anche i pentiti di mafia Andrea Bonaccorso, Gaspare Pulizzi e Giuseppe Briguglio, legati ai Lo Piccolo di San Lorenzo che sul cantiere avevano competenza territoriale. Andiamo ad oggi. Ai nuovi spunti investigativi che arrivano dal lavoro di Pietro Indorato e dall’analisi dei tabulati il magazine che guarda dentro la cronaca - s 47 Attualità Il giallo Una pista, che i pm scartano, porta a Messina Denaro e Grigoli. Ma a collegare Maiorana a Trapani è anche Salvatore Bandiera, proprietario del terreno del cantiere. In una conversazione intercettata Bandiera parla con i Cavalieri di Malta, secondo i magistrati per “sviluppare un sistema affaristico” Un personaggio vicino ai Maiorana alle 7.52 è vicino a Punta Raisi. Poco dopo, alle 8.11, viene filmato mentre prende un caffè dalle telecamere di un rifornimento di benzina Erg lungo la statale 113 tra Isola e Sferracavallo . E se fosse partito dall’aeroporto dove è stata ritrovata la Smart? telefonici. Sappiamo che i protagonisti di quei movimenti societari sono gli stessi dell’intreccio telefonico scoperto dal consulente. È da qui che parte la richiesta di tornare a setacciare la pista interna . I dati, nudi e crudi, senza alcuna interpretazione, sono questi: la mattina della scomparsa, sappiamo per certo che Stefano e Antonio Maiorana, rispettivamente alle 5.51 e alle 5.21, si trovano in via Primo Carnera a Capaci. Hanno chiamato e ricevuto un sms da Alamia . Alle 6.23 Alamia entra in contatto con Lopez. La telefonata dura 200 secondi. Non è tutto . Anzi, c’è un colpo di scena . L’auto dei Maiorana, una Smart, fu ritrovata nel parcheggio dell’aeroporto Falcone e Borsellino tanto da giustificare, almeno a primo acchito, l’ipotesi dell’allontanamento volontario dei due imprenditori, alimentata peraltro da alcuni avvistamenti in Spagna . Qui il giallo si complica . Un personaggio tra quelli vicini ai Maiorana, un’ora e mezzo dopo (alle 7.52), attiva con il suo telefono la stessa cella che copre la bretella autostradale in uscita dall’aerostazione di Punta Raisi. Poco dopo, alle 8.11, viene filmato mentre prende un caffè dalle telecamere di un rifornimento di benzina Erg lungo la statale 113 tra Isola e Sferracavallo . E se fosse partito dall’aeroporto dove è stata ritrovata la Smart? Interrogativo a cui Frazzitta chiede una risposta sostenendo, nell’opposizione all’archiviazione, “la mancata valutazione dei riscontri oggettivi che si ricavano dall’analisi dei tabulati telefonici”. Il legale chiede che vengano scandagliate tutte le chiamate in entrata e in uscita, sms compresi, di tutti i protagonisti della vicenda . A cominciare dai telefoni dei 48 s - il magazine che guarda dentro la cronaca Il consulente della difesa, Pietro Indorato . A destra Karina Andrè Maiorana, mai ritrovati pur essendo localizzati nella zona del cantiere di Isola fino a pochi minuti dopo le 10 nel giorno della scomparsa . L’intera area dovrebbe essere bonificata . Così come si dovrebbe controllare, con moderne tecnologie, la zona dismessa di una vecchia fabbrica che si trova accanto al residence che i Maiorana stavano costruendo, per escludere che vi siano seppelliti i corpi. La pista mafiosa e il ruolo di Karina Fin qui quella che potrebbe essere una nuova fase investigativa . Ma cosa è stato già fatto? Le indagini dei carabinieri del nucleo investigativo sono state accurate. Le ripercorriamo, punto per punto, rivelando molti passaggi inediti. All’inizio, si ipotizza anche l’allontanamento volontario . Il comportamento di Karina e Marco Maiorana ostenta quella che i pm definiscono “una apparente tranquillità. Apparivano poco preoccupati per la scomparsa”. Poi, le cose cambiano . Gli investigatori hanno la certezza che Karina Andrè “aveva nascosto particolari utili alle indagini che, se tempestiva- mente riferiti, avrebbero escluso l’ipotesi dell’allontanamento” . Il capitolo intercettazioni Scattano le intercettazioni. Uno dei primi telefoni sotto controllo è quello di Francesco Alamia . Che il 4 ottobre 2007 lascia intendere ad un amico che Antonio Maiorana può essere stato vittima del racket, rifiutandosi di pagare il 3% dei lavori ai boss (“E poi presto veniva lui... lo scienziato che era ... ci sono andati a parlare di soli... no nascondili nella tasca ... a te che ti costa il 3%? Mettiti d’acco ... che hanno i coglioni più grossi di lui... basta fare 4 fatture... quattro cose... per raccogliere... avrebbe avuto”). Alamia, indagato per concorso in mafia in un’altra vicenda, non esclude una lupara bianca: “Una cosa così grave...fare sparire due persone... una che poverino non c’entrava niente... ma perché devo andare a fare queste cose... significa essere belve umane... quindi se il male è proporzionato all’errore che ha fatto, quanto deve essere questo errore?”. Poi aggiunge che c’erano problemi da risolvere: “C’è merce da pagare... centinaia di milioni di contravvenzioni di cose...”. Gli investigatori, a questo punto, mettono il naso nel mondo dei fornitori. E scoprono che nel cantiere di Isola hanno lavorato i fratelli Giuseppe e Antonio Di Maggio e Pietro Cinà, considerati vicini ai Lo Piccolo . A ciò si aggiunge che alcuni sms anonimi, inviati al telefonino di Marco Maiorana, annunciavano che padre e fratello erano stati ammazzati dal boss di San Lorenzo . Nel frattempo, scandagliando la figura di Karina, salta fuori che la donna ha consegnato una busta con alcuni documenti ai genitori di Antonio Maiorana e che la stessa si è servita di un amico per fare sparire l’hard disk di un computer trovato nella casa dove vivono i due coniugi. Un hard disk mai ritrovato . Sarà la stessa Andrè a raccontare agli investigatori che la memoria del pc conteneva alcune foto che ritraevano lui e il compagno in atteggiamenti sessuali al di fuori dei normali rapporti di coppia . Nel computer c’era anche una lettera scritta da un’altra donna con cui Maiorana aveva intrattenuto una relazione sentimentale. Spunta anche Messina Denaro La donna avvertiva la Andrè che il costruttore stava lavorando ad un progetto per un villaggio turistico a Selinunte. Per risolvere alcuni problemi burocratici, aveva cercato agganci con l’amministrazione comunale di Castelvetrano, con un deputato regionale della zona e pure con Giuseppe Grigoli, uomo Despar in Sicilia occidentale, braccio economico di Matteo Messina Denaro recentemente condannato . Il ruolo di Maiorana nell’affare di Selinunte è rimasto poco chiaro . È emerso che la società incaricata a trattare era stata la Me Svil di cui Maiorana è stato amministratore unico fino al 2004. Successivamente le quote societarie sono passate ad un’altra proprietà. I nuovi soci hanno raccontato di non avere avuto mai a che fare con Maiorana e di lavorare per un gruppo bresciano che voleva acquistare all’asta il terreno su cui cui doveva sorgere il complesso turistico . La concessione edilizia non arrivò mai e il terreno è stato rivenduto ad una società di Milano che sta tentando di ottenere la licenza . Tutto in regola . Maiorana contava di fare il salto di qualità con il cantiere di Selinunte, e lasciarsi alle spalle la brutta esperienza del residence La Baia dei 7 Emiri a Cefalù. La ditta che aveva fatto i lavori, di cui erano soci Maiorana e Alamia, era stata, infatti, dichiarata fallita . Gli affari dei Cavalieri di Malta A collegare Maiorana al territorio trapanese è anche Salvatore Bandiera, che tra l’altro era il proprietario del terreno del cantiere di Isola . In una conversazione intercettata salta fuori che Bandiera è in contatto con l’ordine dei Cavalieri di Malta che ha interesse “a sviluppare scrivono i pm - un sistema affaristico”. Uno degli interlocutori di Bandiera lo chiama da Bologna dove ha ricevuto il compito di riorganizzare la “comanderia di Palermo”. Così diceva al telefono, dopo avere fatto una sfilza di nomi: “In poche parole dobbiamo creare un business all’interno del cavalierato ... perché se a lei sta bene e girano dei soldi, arriva il cavalierato e dice ok”. Il business era proprio il residence di Selinunte, mai andato in porto . Quello che notano gli investigatori, però, è una presa di distanza da parte di Bandiera che successivamente alla scomparsa non fa mai cenno ai Maiorana Il racconto dei pentiti La pista mafiosa viene alimentata dai pizzini. Del cantiere di Isola si parlava in una lettera trovata nel covo di Lo Piccolo a Giardinello . Pietro Cinà, che si firmava Alfa, scriveva al capomafia per incassare un credito di 74 mila euro per i lavori fatti nel cantiere di Isola . I carabinieri si rivolgono ai pentiti. Per primo Bonaccorso mette a verbale: “Con riferimento alla scomparsa dei Maiorana so che i Lo Piccolo avevano fatto pervenire un biglietto da recapitare a Franco Zizo, socio dei Maiorana, per avere informazioni. Ma Zizo aveva risposto dicendo che non ne sapeva nulla . Lo Piccolo non si spiegava l’episodio visto che il cantiere era già a posto . Non era a conoscenza di nulla, precisano che probabilmente si trattava di problemi all’interno del cantiere”. Il tenore delle dichiarazioni degli altri pentiti non cambia . E così il 26 luglio 2010 i pm hanno chiesto l’archiviazione dell’inchiesta a carico di ignoti. Spetta al gip decidere, tenendo conto anche dell’opposizione di Frazzitta . il magazine che guarda dentro la cronaca - s 49