Problemi dermatologici

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Problemi dermatologici
Problemi dermatologici
SIDS
Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia
2012 ©
SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2012
Introduzione
I disturbi che interessano la pelle sono piuttosto comuni, tanto da rappresentare, secondo le
stime, il 15 % del lavoro del medico di base, che viene contattato inizialmente prima di rivolgersi
ad uno specialista. Non è infrequente tuttavia che per questi problemi venga interpellato
direttamente il farmacista, chiamato a dare una prima valutazione e, laddove lo ritenga
opportuno, anche una risposta terapeutica. Il farmacista perciò deve essere in grado di distinguere
le condizioni che impongono una visita medica da quelle più banali, affrontabili con
l'automedicazione. Questo compito può rivelarsi più complesso rispetto ad altri disturbi per i quali
il farmacista viene interpellato sia per la molteplicità delle patologie dermatologiche, sia per la
scarsa conoscenza della materia.
Diversi disturbi dermatologici minori sono stati presentati in altri moduli di formazione continua
(Acne, Micosi superficiali, Herpes labiale, Ulcere da decubito, Pediculosi e scabbia). Questo
aggiornamento affronta alcuni altri problemi che possono giungere all’attenzione del farmacista,
con l’obiettivo di offrirgli gli strumenti per prendere decisioni terapeutiche con efficacia e
sicurezza.
In particolare verranno presi in esame:



Fra i problemi dermatologici nell’adulto e in gravidanza:
o dermatite seborroica
o melasma
o problemi legati alla sudorazione (iperidrosi e bromidrosi)
Fra i problemi dermatologici nel neonato e nel bambino:
o crosta lattea
o dermatite da pannolino
Fra i problemi dermatologici nell'anziano:
o xerosi
o prurito senile
Il ruolo primario della pelle (o cute) è quello di agire da barriera protettiva tra il corpo e l’ambiente
esterno. Questo ruolo è svolto bene dalla sua struttura, formata da più strati sovrapposti, l’ultimo
dei quali, quello più esterno, costituito da cellule non vitali.
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Fig. 1 La struttura della pelle
La pelle riveste il corpo umano e svolge funzioni di protezione nei confronti degli insulti esterni, di
termoregolazione (regolando l’assorbimento e l’eliminazione di acqua e soluti) e di percezione
degli stimoli sensoriali. E’ costituita dall’epidermide, dal derma sottostante e dall’ipoderma.
Fig. 2 - I diversi strati cellulari dell'epidermide
L’epidermide è un epitelio stratificato (vedi figura 2), il cui spessore varia da una sottile membrana
nelle flessure interne del braccio a strati spessi e compatti in punti soggetti a notevole pressione
(come ad esempio nel palmo delle mani e nelle piante dei piedi). E’ formato da cheratinociti e
melanociti. I cheratinociti nascono nello strato più profondo (basale) e, durante la migrazione
verso lo strato più superficiale (corneo), si trasformano gradualmente in lamelle cornee non vitali
che vengono poi perse con la desquamazione (giornalmente si elimina circa 1g di cellule
cheratinizzate). Questo ciclo dura all'incirca 35 giorni. Lo strato corneo costituisce una barriera
efficiente sia nei confronti di sostanze idrofile che idrofobe e agisce da barriera alla perdita di
acqua corporea e la sua distruzione contribuisce in misura rilevante all'insorgenza di shock nei
pazienti gravemente ustionati. I melanociti sono cellule specializzate, presenti nello strato basale,
che sintetizzano la melanina, il pigmento responsabile della colorazione della cute. Lo strato
epidermico è attraversato da annessi cutanei come follicoli piliferi, ghiandole sebacee e ghiandole
sudoripare che hanno origine nel derma. Il derma è un tessuto connettivo che svolge funzioni di
sostegno ed appoggia sull’ipoderma. La sua superficie esterna (strato papillare) è formata da
propaggini che compenetrano l'epidermide. Lo strato papillare contiene vasi sanguigni, vasi
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linfatici e terminazioni nervose. L'elasticità della pelle e la sua capacità di trattenere o perdere
rapidamente acqua sono dovute alla presenza di una fitta rete di fibre di collagene. Nel derma si
trovano anche ghiandole sudoripare, variamente distribuite su tutto il corpo, ghiandole sebacee e i
muscoli piloerettori. L’ipoderma, ricco di tessuto adiposo, separa la pelle dai tessuti sottostanti ed
è responsabile dell’isolamento termico degli organi, funge da protezione meccanica (grazie alla sua
struttura spugnosa ed alla sua flessibilità) e da riserva energetica. Derma ed ipoderma sono
riccamente vascolarizzati: il flusso ematico viene garantito dai vasi esterni, che riforniscono le
cellule dell’epidermide (che, al contrario, non contiene alcun vaso sanguigno), e dai vasi profondi
che si trovano subito al si sotto dello strato ipodermico. Da questi tessuti i nutrienti diffondono
alle cellule dell’epidermide.
Il ruolo primario della pelle (o cute) è quello di agire da barriera protettiva tra il corpo e l’ambiente
esterno. Questo ruolo è svolto bene dalla sua struttura, formata da più strati sovrapposti, l’ultimo
dei quali, quello più esterno, costituito da cellule non vitali.
La pelle riveste il corpo umano e svolge funzioni di protezione nei confronti degli insulti esterni, di
termoregolazione (regolando l’assorbimento e l’eliminazione di acqua e soluti) e di percezione
degli stimoli sensoriali. E’ costituita dall’epidermide, dal derma sottostante e dall’ipoderma.
L’epidermide è un epitelio stratificato (vedi figura 2), il cui spessore varia da una sottile membrana
nelle flessure interne del braccio a strati spessi e compatti in punti soggetti a notevole pressione
(come ad esempio nel palmo delle mani e nelle piante dei piedi). E’ formato da cheratinociti e
melanociti. I cheratinociti nascono nello strato più profondo (basale) e, durante la migrazione
verso lo strato più superficiale (corneo), si trasformano gradualmente in lamelle cornee non vitali
che vengono poi perse con la desquamazione (giornalmente si elimina circa 1g di cellule
cheratinizzate). Questo ciclo dura all'incirca 35 giorni. Lo strato corneo costituisce una barriera
efficiente sia nei confronti di sostanze idrofile che idrofobe e agisce da barriera alla perdita di
acqua corporea e la sua distruzione contribuisce in misura rilevante all'insorgenza di shock nei
pazienti gravemente ustionati. I melanociti sono cellule specializzate, presenti nello strato basale,
che sintetizzano la melanina, il pigmento responsabile della colorazione della cute. Lo strato
epidermico è attraversato da annessi cutanei come follicoli piliferi, ghiandole sebacee e ghiandole
sudoripare che hanno origine nel derma. Il derma è un tessuto connettivo che svolge funzioni di
sostegno ed appoggia sull’ipoderma. La sua superficie esterna (strato papillare) è formata da
propaggini che compenetrano l'epidermide. Lo strato papillare contiene vasi sanguigni, vasi
linfatici e terminazioni nervose. L'elasticità della pelle e la sua capacità di trattenere o perdere
rapidamente acqua sono dovute alla presenza di una fitta rete di fibre di collagene. Nel derma si
trovano anche ghiandole sudoripare, variamente distribuite su tutto il corpo, ghiandole sebacee e i
muscoli piloerettori. L’ipoderma, ricco di tessuto adiposo, separa la pelle dai tessuti sottostanti ed
è responsabile dell’isolamento termico degli organi, funge da protezione meccanica (grazie alla sua
struttura spugnosa ed alla sua flessibilità) e da riserva energetica. Derma ed ipoderma sono
riccamente vascolarizzati: il flusso ematico viene garantito dai vasi esterni, che riforniscono le
cellule dell’epidermide (che, al contrario, non contiene alcun vaso sanguigno), e dai vasi profondi
che si trovano subito al si sotto dello strato ipodermico. Da questi tessuti i nutrienti diffondono
alle cellule dell’epidermide.
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Dermatite seborroica
La dermatite seborroica è una affezione cronica piuttosto comune, con una prevalenza stimata
nella popolazione del 3-5%, che interessa principalmente il cuoio capelluto, ma si può manifestare
anche in altre parti del corpo ricche di ghiandole sebacee.
Il disturbo comincia a manifestarsi a ridosso della pubertà, con un picco di frequenza a partire
dalla quarta decade di vita, e colpisce più gli uomini che le donne; particolarmente esposti al
rischio di dermatite seborroica sono le persone affette da HIV/AIDS in cui può assumere una forma
particolarmente grave.
La malattia ha un andamento intermittente, in cui a fasi di attività, caratterizzate da prurito,
sensazione di bruciore e desquamazione cutanea, si alternano periodi di quiescenza. Persiste per
anni o decenni, con riacutizzazioni più frequenti nei mesi freddi.
La forfora nelle sue forme più gravi è una condizione difficilmente distinguibile dalla dermatite
seborroica tanto che spesso le due condizioni vengono ritenute un unico problema. Un aspetto
distintivo può essere la componente infiammatoria, generalmente assente nel caso della semplice
forfora. La dermatite seborroica può anche complicarsi per una infezione batterica secondaria.
Una forma particolare di dermatite seborroica è la crosta lattea, che viene trattata a parte (vedi
oltre).
Cause
La causa esatta della dermatite seborroica non è nota. Il disturbo non è dovuto a una disfunzione
delle ghiandole sebacee e, nonostante il nome, non sempre è presente un eccesso di sebo
(seborrea). Si ritiene che un ruolo importante sia svolto da lieviti del genere Malassezia (M. furfur
– in passato chiamato Pityrosporum ovale - M. ovalis), che prediligono aree cutanee ricche in lipidi,
poiché spesso una terapia antimicotica topica riesce a controllare la malattia. E' stato ipotizzato un
coinvolgimento del sistema nervoso, dal momento che la dermatite seborroica accompagna
diverse malattie neurologiche, in particolare il morbo di Parkinson, e si ritiene che eventi stressanti
possano scatenare una riacutizzazione della malattia. Alcuni farmaci, infine, possono provocare o
aggravare la dermatite seborroica; tra questi vanno ricordati metildopa, buspirone, cimetidina,
neurolettici fenotiazinici, aloperidolo e sali d'oro.
Presentazione
L'aspetto del cuoio capelluto può variare da una modesta
desquamazione furfuracea irregolare fino alla formazione di
chiazze diffuse, spesse e aderenti, di color giallo-marrone o
grigiastre, su una cute arrossata per l'infiammazione. Dal cuoio
capelluto la dermatite può estendersi, seguendo le zone a
maggior presenza di ghiandole sebacee e di peli come la fronte,
le sopracciglia, le ciglia, le pieghe naso-labiali, la barba e la
regione retro auricolare. Può inoltre interessare i lobi auricolari
e il canale auricolare. La formazione di squame untuose è il
risultato di una accelerata moltiplicazione delle cellule della pelle. Rimuovendo le squame, la pelle
sottostante appare arrossata e umida.
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Abbastanza comune è il coinvolgimento dell'area pre-sternale o interscapolare, dove la dermatite
assume spesso una forma caratteristica, simile ad un petalo; meno frequente, ma possibile, è
l'estensione alle aree di intertrigine come ascelle, ombelico, pieghe sotto mammarie e inguinali. La
dermatite seborroica può presentarsi infine come blefarite, con eritema e formazioni crostose
gialle lungo il margine palpebrale, che staccandosi possono lasciare cicatrici con distruzione dei
follicoli
ciliari.
Condizioni con segni simili alla dermatite seborroica comprendono la psoriasi, la dermatite atopica
e la tinea capitis. Anche la psoriasi è caratterizzata da arrossamento cutaneo e formazione di
placche con scaglie, ma queste ultime hanno una distribuzione che può differire da quella tipica
della dermatite seborroica, sono più spesse e hanno un aspetto più argentato. Anche nella
dermatite atopica vi è una diversa distribuzione delle lesioni e generalmente è presente una storia
famigliare di eczema, rinite allergica o asma. La tinea capitis infine è più frequente nei bambini in
età scolare e presenta, oltre all’arrossamento cutaneo e il prurito, anche tipiche aree di alopecia.
Queste valutazione preliminari e le domande riportate nell’algoritmo seguente possono aiutare a
capire se si tratta veramente di dermatite seborroica (vedi Fig. 3).
Fig. 3 - Algoritmo per la diagnosi differenziale della dermatite seborroica
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Trattamento della dermatite seborroica
A seconda della gravità, la terapia mira alla rimozione della forfora e delle chiazze di scaglie,
controllare il prurito, inibire la colonizzazione da parte dei lieviti e ridurre l'eritema. I pazienti
affetti da dermatite seborroica tuttavia devono essere informati che è possibile controllare le
manifestazioni della malattia, ma che non esistono cure definitive.
Cuoio capelluto
Il trattamento del cuoio capelluto mira essenzialmente a eliminare la forfora. Quando il problema
non è limitato alla presenza di forfora, oltre ai trattamenti sotto riportati, può essere necessario
ricorrere a corticosteroidi in forma di shampoo o crema, su indicazione medica. Al paziente vanno
sconsigliate lozioni alcoliche e frizioni per capelli che tendono ad aggravare l'infiammazione.
Il trattamento della forfora si basa su regolari lavaggi del capo con shampoo cosmetici, nelle forme
più lievi, o con shampoo medicati contenenti sostanze attive su Malassezia furfur, in quelle più
importanti. Tra i principi attivi utilizzati sono ricompresi:
Ketoconazolo E' un antimicotico imidazolico attivo su dermatofiti e lieviti, alterandone la
permeabilità della membrana cellulare attraverso il blocco della biosintesi dell'ergosterolo. In
forma di shampoo all'1-2%, disponibile come OTC, può essere impiegato sia nelle fasi di
riacutizzazione della forfora, che per prevenire le recidive. Negli studi clinici controllati, alla
concentrazione del 2%, si è dimostrato più attivo del placebo. Lo shampoo va utilizzato 2 volte alla
settimana applicandolo in piccola quantità sui capelli umidi, frizionando e lasciandola quindi in
posa per 5-10 minuti circa, facendo seguire un abbondante risciacquo. La durata del trattamento
varia tra le 2 e le 4 settimane. Successivamente va utilizzato con una frequenza tale da consentire
il controllo della forfora (1 volta alla settimana o 1 volta a settimane alterne). Tra gli effetti
indesiderati di cui il paziente deve essere informato vi sono secchezza della pelle, sensazione di
bruciore, capelli eccessivamente secchi o untuosi e la possibile comparsa di dermatite da contatto
(<1%). Il produttore consiglia un periodo di attesa di due settimane prima di applicare lo shampoo
su aree trattate per periodi prolungati con corticosteroidi topici, per il rischio di reazioni
sensibilizzazione (irritazione e senso di bruciore).
Ciclopirox Olamina. E' un antimicotico con un ampio spettro di azione nei confronti di dermatofiti,
lieviti e funghi. Viene utilizzato in forma di shampoo alla concentrazione dell' 1,5% (disponibile sia
come OTC che come parafarmaco), 2-3 volte alla settimana fino alla scomparsa della forfora (in
genere 4 settimane), poi una volta alla settimana o a settimane alterne per il mantenimento. Negli
studi controllati si è dimostrato più efficace del placebo. Le modalità d'impiego e gli effetti
indesiderati sono simili a quelli del ketoconazolo.
Selenio solfuro. E' attivo nei confronti della Malassenzia furfur e ha un'azione antiproliferativa. Va
utilizzato alla concentrazione del'1-2,5%. In Italia è disponibile solo in prodotti cosmetici, e solo
alcuni di questi prodotti ne dichiarano la concentrazione (1%). Ha una efficacia comparabile a
quella del ketoconazolo al 2%, ma, rispetto a quest’ultimo, è meno tollerato. Può provocare infatti
irritazione cutanea (3% circa dei pazienti trattati) e alterazioni del colore dei capelli (sia del colore
naturale che di eventuali tinture). La frequenza di impiego normalmente consigliata è di 2 volte
alla settimana per le prime 2 settimane, poi una sola volta ogni 2 settimane, applicando 5-10 ml di
prodotto sul cuoio capelluto bagnato con un leggero massaggio per 2-3 minuti, assicurando un
prolungato risciacquo dopo l'utilizzo. Talvolta è sufficiente anche una sola applicazione ogni 3-4
settimane per mantenere i risultati ottenuti. Gli shampoo a base di selenio solfuro non vanno
impiegati su cute lesa. Il selenio solfuro può danneggiare oggetti d'oro e d'argento, che vanno
pertanto rimossi prima dell'applicazione dello shampoo.
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Zinco piritione. E' presente in numerosi shampoo cosmetici antiforfora, spesso associato ad altri
ingredienti attivi. Ha attività antimicotica e riduce il turnover cellulare; dovrebbe essere impiegato
alla concentrazione del'1%. I pochi dati disponibili ne indicano una efficacia inferiore a quella del
ketoconazolo. Può causare irritazione cutanea in circa il 3% dei casi.
Catrame. Presente in diversi shampoo cosmetici, agisce come antiproliferativo e favorisce il
distacco delle scaglie di forfora. In uno studio in cui veniva impiegato alla concentrazione del 4% è
risultato superiore al placebo. Tuttavia, la mancanza di informazioni sulle concentrazioni del
catrame negli shampoo cosmetici rende difficile ogni valutazione.
Acido salicilico e zolfo. Sono altri due tradizionali ingredienti degli shampoo antiforfora. Per la loro
azione cheratolitica allentano le connessioni tra le cellule morte, consentendone una più facile
rimozione con il lavaggio.
Viso e tronco
I pazienti dovrebbero evitare l'applicazione di prodotti untuosi e non dovrebbero utilizzare
prodotti contenenti alcool (es. dopobarba). Nelle fasi iniziali della malattia l'idrocortisone in crema
al 1% può essere utile per ridurre l'infiammazione e il prurito, ma i cortisonici più potenti come il
betametasone dipropionato o il clobetasolo butirrato o l'uso prolungato dell'idrocortisone stesso
vanno assolutamente evitati per il rischio di provocare atrofia cutanea, ipertricosi ed effetti
sistemici. Su indicazione medica, la dermatite seborroica del tronco viene trattata con antimicotici
in crema, gel o unguenti.
Otite esterna seborroica
Anche in questo caso l'idrocortisone crema al 1% può essere utile per controllare la dermatite,
interrompendone l'impiego non appena ottenuto un miglioramento. Successivamente, può essere
utile applicare crema base o vaselina nel canale auricolare.
Blefarite seborroica
Possono essere consigliati impacchi con una garza imbevuta di acqua tiepida appoggiata sulle
palpebre chiuse per 5-10 minuti per ammorbidire e rendere più facile la rimozione delle scaglie o
la pulizia dei bordi palpebrali con le apposite salviette sterili. In caso di complicanze batteriche è
necessaria la prescrizione medica di antibiotici oftalmici
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Melasma
Il melasma è una iperpigmentazione dovuta ad una eccessiva produzione di melanina da parte dei
melanociti. Si presenta generalmente sotto forma di macchie iperpigmentate, piane, di color
marrone o grigio-marrone, spesso bilaterali e simmetriche, di forma irregolare (a carta
geografica), disposte sulla fronte, sulle guance, sugli zigomi, sul dorso del naso, sul labbro
superiore e sul mento. A volte può diffondersi anche alle parte laterali del collo, sulle spalle e sugli
arti superiori.
Compare generalmente tra i 30-40 anni, colpisce soprattutto le donne ed è più frequente nelle
persone di pelle scura (fototipo IV-VI), soprattutto in quelle di origine asiatica o dell'America
centro-meridionale. Non esiste però una stima attendibile della sua prevalenza.
Fortunatamente, il melasma è semplicemente un inestetismo cutaneo senza alcuna conseguenza
sulla salute. Può essere però imbarazzante e causa di forte disagio.
Approfondimento: il colore della pelle
Il colore della pelle è determinato dalla presenza di sostanze
colorate, dette cromofori, la più importante delle quali è la
melanina, sintetizzata a partire dalla tirosina per azione
dell'enzima tirosinasi. Questa sostanza è contenuta in organelli
intracellulari chiamati melanosomi, prodotti dai melanociti; i
melanosomi vengono trasferiti dai melanociti ai cheratinociti
dello strato basale dell'epidermide. Il numero di melanociti
nella pelle è abbastanza costante tra i sessi e nelle diverse
razze, ma la loro capacità di sintetizzare la melanina presenta
grandi differenze. La pigmentazione dovuta alla melanina si suddivide in due componenti: una
prima componente, determinata geneticamente, che conferisce il colore naturale della pelle di
ciascun individuo in assenza di esposizione al sole. Una seconda componente rappresenta invece
la quantità di melanina che può essere prodotta a seguito di esposizione al sole.
In gravidanza
Durante la gravidanza è frequente osservare un aumento della
pigmentazione cutanea, soprattutto nelle donne con capelli scuri. In
particolare, questo cambiamento è evidente nelle aree già pigmentate
come i capezzoli, le ascelle, le areole mammarie, i genitali e la linea
mediana dell'addome. Il melasma è tipico in gravidanza e in questo caso
viene più spesso definito cloasma gravidico o “maschera gravidica”; è
probabilmente legato alle modificazioni ormonali a cui la donna va
incontro. Si manifesta attorno al 4° mese dal concepimento e può
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attenuarsi nei mesi successivi al parto ma può richiedere anche anni prima di risolversi
definitivamente.
Cause
L'esatta causa del melasma non è nota, ma è sostanzialmente riconducibile ad un predisposizione
genetica e all'esposizione al sole, che ha un ruolo determinante. Si aggrava infatti nei mesi estivi e
sembra attenuarsi in inverno, quando, non più stimolato dalla luce, tende a schiarirsi. Gli ormoni
femminili sembrano svolgere un ruolo importante nella genesi del disturbo; gli estrogeni, in
particolare, si legano a recettori presenti nei melanociti stimolando la produzione di melanina.
Tuttavia, il fatto che possa comparire anche negli uomini e che sia raro nelle donne dopo la
menopausa in terapia ormonale sostitutiva indica che gli estrogeni non sono la causa diretta del
disturbo. Fattori predisponenti possono essere anche alcune patologie come ad esempio i disturbi
della tiroide, e l’assunzione di certi farmaci come i contraccettivi orali. Può originare infine da una
reazione fototossica a profumi o cosmetici.
Trattamento
Non esiste un trattamento risolutivo per il melasma; è solo
possibile ridurre temporaneamente l’iperpigmentazione
dell'area interessata. Le forme lievi possono essere trattate
direttamente attraverso l'automedicazione o un trattamento
cosmetico
di
tipo
schiarente
o
coprente.
I casi più gravi e disturbanti per il paziente da un punto di vista
psicologico richiedono l'intervento del dermatologo che potrà
avvalersi dell'effetto di farmaci come la tretinoina o i corticosteroidi topici o di altre forme di
trattamento (es. laser terapia).
Idrochinone
Per molti anni il trattamento del melasma si è avvalso dell'impiego dell'idrochinone. Attualmente,
in seguito ad una direttiva europea (recepita in Italia con DM del 17.08.2000) il suo impiego è
vietato in tutti i prodotti cosmetici, con l'eccezione delle tinture per capelli e dei kit per unghie
finte (mentre è ancora ammesso negli Stati Uniti). Il provvedimento è stato assunto per problemi
legati alla sua tossicità: l’impiego incongruo per periodi prolungati e a concentrazioni elevate
causa infatti la comparsa di ocronosi esogena, una alterazione di alcuni tessuti, tra cui la cute, che
assumono un colorito bruno per deposizione di prodotti di ossidazione e condensazione di
sostanze fenoliche. Vi è inoltre il timore che l'applicazione topica di idrochinone possa comportare
il rischio di tumore.
Come farmaco, tuttavia, è ancora prescrivibile da parte dei dermatologi, per l’allestimento di
preparazioni galeniche, solitamente ad un dosaggio dal 2 al 4%, da utilizzarsi in modo mirato sotto
diretta supervisione medica.
I prodotti cosmetici che vantano proprietà schiarenti disponibili per il consiglio del farmacista sono
numerosi, ma spesso la mancanza di indicazioni sulla concentrazione dei loro principi attivi rende
difficile una valutazione preventiva. Generalmente propongono associazioni di più principi attivi
schiarenti e a volte, includono nella loro formulazione anche α-idrossi acidi (es. acido glicolico), per
realizzare un peeling chimico molto superficiale che può contribuire a ridurre l'inestetismo.
Tra gli ingredienti che più frequentemente rientrano nella composizione di questi prodotti,
ricordiamo:
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l'acido cogico (o acido kojico): sopprime l'attività della tirosinasi. La sua attività
antienzimatica è stata dimostrata sia in vitro che in vivo; nei prodotti cosmetici dovrebbe
avere una concentrazione prossima all’ 1% perché ci si possa aspettare qualche risultato;
l'arbutina: un precursore naturale dell'idrochinone, estratta dalle foglie di uva ursina, con
una moderata attività depigmentante dovuta all’inibizione dell'attività della tirosinasi dei
melanosomi;
l'acido ascorbico (e suoi derivati): ha un'attività riducente che interferisce con la
produzione di melanina. L'acido ascorbico è però facilmente ossidato e decomposto per cui
sono stati studiati derivati più stabili. In diversi cosmetici è possibile trovare ad esempio il
magnesio ascorbilfosfato, che viene idrolizzato ad acido ascorbico dalle fosfatasi presenti
nella pelle.
il glutatione: può avere effetti schiarenti sulla pelle attraverso diversi meccanismi, ma la
sua efficacia non è stata ancora validata da studi controllati.
l'acido azelaico: agisce come inibitore competitivo della tirosinasi e interferisce
direttamente con la sintesi della melanina. Oltre che in alcuni cosmetici schiarenti è l'unico
principio attivo disponibile in Italia come farmaco OTC in crema al 20%, che, tuttavia, ha
come indicazione approvata il trattamento dell'acne e della rosacea. La crema va applicata
2 volte al giorno sull'area cutanea interessata. I dati relativi alla crema al 20% indicano una
buona efficacia in una elevata percentuale di pazienti. Gli unici effetti indesiderati sono
limitati ad una iniziale irritazione e secchezza della pelle. Non vi sono controindicazioni
all'impiego del prodotto in gravidanza.
Qualunque sia il tipo di trattamento consigliato o dispensato, è essenziale che sia accompagnato
dalla raccomandazione di:
 evitare l'esposizione al sole senza adeguata protezione: anche una lieve “tintarella” può
vanificare gli sforzi di molti mesi di trattamento;
 utilizzare protettivi solari con filtri ad ampio spettro, che proteggano sia dagli UVA che dagli
UVB. I protettivi solari vanno applicati giornalmente durante i periodi di trattamento con
agenti schiarenti così come dopo la loro sospensione, sia sul viso che sulle labbra (stick per
labbra con protezione UV);
 utilizzare un cappello a tesa larga per ridurre l'esposizione del viso alla luce solare.
Le stesse precauzioni devono essere osservate dalle donne che sviluppano il melasma durante la
gravidanza, che devono pazientemente continuare ad osservarle per diversi mesi dopo il parto,
quando il disturbo dovrebbe attenuarsi o scomparire.
Le donne che sviluppano un melasma durante l'assunzione di un contraccettivo orale, dovrebbero
prendere in considerazione una forma di contraccezione alternativa se vogliono ridurre/eliminare
questo inestetismo
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Problemi legati alla sudorazione
Iperidrosi
Con questo termine non si intende il normale aumento della sudorazione in risposta ad un
aumento della temperatura ambientale, ma una condizione, apparentemente priva di significato
fisiologico, in cui la sudorazione è così intensa che il sudore gocciola continuamente provocando
serio imbarazzo in chi ne è affetto. Quando il disturbo interessa le mani, può ostacolare
l'esecuzione di semplici attività e la macerazione cutanea espone a maggior rischio di infezioni.
L’iperidrosi generalizzata, in cui vi è una profusa sudorazione estesa a tutto il corpo, è spesso
legata a malattie organiche, come il diabete o infezioni, ed è una condizione che richiede
approfondimenti medici per escludere la presenza di cause organiche. L’iperidrosi focale è
generalmente idiopatica, localizzata ai palmi delle mani e alle piante dei piedi (iperidrosi palmoplantare, la più frequente), alle ascelle e al capo (non molto frequente), interessa entrambi i sessi
e si manifesta per lo più a partire dalla pubertà. L'iperidrosi del viso si presenta soprattutto
durante l'età matura, può essere esacerbata dal calore, dall'esercizio fisico e dall'assunzione dei
cibi.
Di iperidrosi soffre circa l'1-2% della popolazione, perdura in genere a lungo nel corso della vita,
ma può esservi un lento miglioramento spontaneo dopo i 25 anni nelle forme palmare e ascellare.
Il meccanismo della sudorazione
La sudorazione è un meccanismo fisiologico essenziale negli esseri umani per mantenere costante
la temperatura del corpo. Il centro termoregolatore ipotalamico riceve segnali da termorecettori
presenti sia sulla pelle, dove rilevano la temperatura esterna, che nell'ipotalamo stesso dove
misurano la temperatura del sangue che lo attraversa. Sulla base di questi segnali, il centro
termoregolatore invia messaggi agli organi effettori deputati a regolare la temperatura corporea
attraverso la vasodilatazione e l'aumento della sudorazione.
Il sudore è prodotto in ghiandole di 3 tipi:

le ghiandole eccrine, che sono le principali produttrici di sudore.
Hanno la forma di un tubo avvolto a spirale che sbocca
direttamente sulla superficie della pelle. Sono presenti in quasi
tutti i distretti cutanei, ma sono particolarmente numerose nei
palmi delle mani, nelle piante dei piedi, nelle ascelle e sulla fronte.
In queste aree, le ghiandole eccrine possono essere stimolate alla
secrezione di sudore sia da fattori termici che emotivi, mentre in
altre parti del corpo sono stimolate esclusivamente dal calore.
Producono un liquido limpido isotonico, incolore, inodore
composto per il 98-99% da acqua, ioni inorganici (Na, K, Ca, Mg,
Fe e Cu), composti organici (acidi lattico, citrico, formico,
propionico, buttirrico, urea) ammoniaca ed enzimi. Prima di
arrivare alla superficie cutanea, molti ioni vengono riassorbiti e il
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

sudore risulta essere ipotonico, con basse concentrazioni di sodio, cloruri e concentrazioni
relativamente alte di potassio, lattato, urea, ammoniaca e amminoacidi.
Le ghiandole apocrine sono più grosse delle precedenti e il loro sbocco avviene nel collo
del follicolo pilifero, al di sopra dello sbocco delle ghiandole sebacee. Si trovano
soprattutto nelle ascelle e nell'area ano genitale e si pensa che siano ghiandole odorifere
rudimentali, una reliquia dello sviluppo filogenetico dell'uomo. Producono bassi volumi di
un sudore lattiginoso, viscoso, inodore al momento della secrezione, ma che diventa
maleodorante dopo la degradazione di suoi componenti da parte dei batteri presenti sulla
pelle. Entrano in attività all'età della pubertà.
Le ghiandole apoeccrine sono presenti nelle ascelle a partire dall'età di 8-14 anni;
presentano caratteristiche tanto dell'una quanto dell'altro tipo di ghiandole prima
descritte. La produzione di sudore da parte di queste ghiandole può essere molto superiore
a quello delle ghiandole eccrine e si rinvengono in numero maggiore nelle persone affette
da iperidrosi ascellare.
Nella tabella sono riportate le condizioni che possono causare iperidrosi.
Ansia
L'ansia causa spesso un aumento della sudorazione, così come l’intensa
concentrazione
Disturbi endocrini (es.
Ipertiroidismo, diabete
mellito, menopausa)
Nell'ipertiroidismo l'eccessiva sudorazione è dovuta ad un aumento del
metabolismo e della sensibilità all'adrenalina. Nel diabete può
comparire profusa sudorazione durante un episodio di ipoglicemia.
Nella menopausa le vampate di calore sono imputabili alla carenza di
estrogeni.
Farmaci
Aspirina, paracetamolo, antiemetici fenotiazinici (proclorperazina,
tietilperazina), insulina, morfina e altri oppiacei, fluoxetina. La
sudorazione eccessiva può essere un segno di astinenza da narcotici o
da alcool.
Infezioni
Es. malaria; nella brucellosi e nella tubercolosi la sudorazione è
notturna.
Insufficienza respiratoria
L'aumento della sudorazione è probabilmente dovuto ad un aumento
dell'attività simpatica
Malattie cardiovascolari Insufficienza cardiaca, ischemia cardiaca
Traumi
Lesioni al midollo spinale o ipotalamiche
Tumori
Es. La malattia di Hodgkin presenta spesso sudorazione notturna
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Bromidrosi
L'odore del corpo è dovuto principalmente a sostanze che si formano dalla decomposizione
batterica delle secrezioni delle ghiandole apocrine, la cui attività comincia a manifestarsi nella
pubertà. Questa condizione viene definita con il termine di bromidrosi apocrina. Responsabili della
degradazione delle secrezioni sono soprattutto microorganismi aerobici, i Corynebacteri.
Le secrezioni delle ghiandole eccrine sono di norma inodori, ma possono contenere diverse
sostanze odorose derivanti da cibi (es. aglio, cipolla, curry) o farmaci (es. penicilline) che possono
conferire un cattivo odore al sudore. Si parla in questo casi di bromidrosi eccrina. Questa forma di
bromidrosi può anche essere dovuta a disturbi metabolici come la fenilchetonuria.
Infine, il cattivo odore corporeo può derivare anche dalle secrezioni sebacee e dalla
decomposizione della cheratina.
In alcuni casi l'odore delle secrezioni è così intenso e particolare da risultare sgradevole e tale da
condizionare i rapporti della vita sociale di un individuo.
Trattamento
I prodotti antitraspiranti/deodoranti sono l’unica risorsa a disposizione del farmacista per
consigliare i pazienti affetti da iperidrosi e/o bromidrosi. E’ importante tuttavia che il paziente sia
consapevole della natura del problema e della difficoltà di ottenere importanti miglioramenti con
la sola applicazione topica di questi prodotti. Le forme più importanti richiedono un intervento
medico specialistico.
In commercio sono disponibili numerose formulazioni, presentate in forma di stick, roll-on, crema,
spray con pompa, aerosol e geli, in grado di soddisfare le più svariate preferenze individuali.
Tra le sostanze che vengono più comunemente impiegate si possono ricordare:

l’alluminio cloridrato. I sali di alluminio, in particolare il cloruro o il meno irritante
cloridrato, sono presenti nella maggior parte dei prodotti. Sopprimono la sudorazione
formando un tappo di idrossido di alluminio che ostruisce il poro delle ghiandole
sudoripare eccrine. L'effetto perdura per alcuni giorni. I sali di alluminio possono essere
irritanti per la pelle a causa della loro acidità; per tale ragione spesso li si utilizza associati a
sostanze ad azione tamponante come la glicina. Oltre all'attività antitraspirante, hanno
anche una buona attività antibatterica su Corynebacterium e Staphylococcus epidermidis;

l'alcool etilico, che ha una buona efficacia, ma di durata troppo breve, per cui viene spesso
utilizzato in combinazione con altri alcoli come il fenossietanolo;

il triclosan, antibatterico ad ampio spettro;

gli esteri mono- e oligogliceridi di acidi grassi (es. glicerilmonocaprilato, -monocaproato, monolaurato); rispetto al triclosan hanno una maggiore biodegradabilità.

profumi, che mirano a modificare l'odore del sudore; in verità sono poco utili se utilizzati
da soli, mentre possono contribuire all'azione deodorante se associati ad altri componenti
attivi; alcune essenze possono avere un'azione diretta sui batteri;

sostanze alcaline (es. sodio bicarbonato, zinco ossido o carbonato), in grado di convertire
gli acidi grassi maleodoranti nei corrispondenti saponi inodori;

lo zinco ricinoleato, che ha la proprietà di “sopprimere” il cattivo odore legando gli acidi
grassi e le ammine;

lo zinco glicinato e il trietilcitrato, che inibiscono alcune esterasi batteriche.
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La tossina botulinica
Mentre in passato i casi più gravi di iperidrosi palmare e ascellare venivano trattate per via
chirurgica, in particolare attraverso la simpatectomia toracica effettuata per via endoscopica in
centri specializzati, oggi i pazienti possono disporre di una alternativa non chirurgica rappresentata
dalla tossina botulinica A. La tossina botulinica, prodotta dal Clostridium botulinum, è una
neurotossina capace di impedire la trasmissione degli stimoli nervosi e causare paralisi muscolare.
E’ causa di intossicazioni alimentari dall’esito spesso mortale (botulismo). La ricerca scientifica ha
permesso di scoprire le sue potenzialità in campo medico e oggi è utilizzata con successo come
vero e proprio farmaco nella cura di una ampia gamma di disturbi neurologici e muscolari.
Nell’iperidrosi la sua efficacia è dovuta al blocco della trasmissione colinergica alle ghiandole
eccrine; nell’iperidrosi ascellare viene somministrata mediante 10-15 iniezioni intradermiche
contemporaneamente in ogni ascella e gli effetti del trattamento si mantengono per 4-8 mesi,
dopo di che può essere ripetuto. Viene utilizzata anche nell’iperidrosi palmo-plantare, ma si tratta
di un impiego al di fuori delle indicazioni autorizzate (off-label).
I media hanno più volte parlato negli anni scorsi della possibile associazione tra l'utilizzo di
deodoranti-antitraspiranti e il rischio di cancro al seno (vedi approfondimento). Le più autorevoli
fonti scientifiche in materia ritengono, ad oggi, che non vi sia alcuna prova che i deodoranti
possano causare il tumore al seno, ma gli studi su questo tema proseguono per avere risposte
definitive.
In attesa di ulteriori dati che facciano maggiore chiarezza su questo problema, è comunque
opportuno consigliare alcune precauzioni quali:

evitare l’uso di deodoranti contenenti alluminio su cute lesa, irritata o depilata per almeno
24 ore, poiché in questi casi l’assorbimento attraverso la pelle è più elevato;

non iniziare ad utilizzarli troppo precocemente;

non applicarli prima dell'esposizione al sole per evitare fotosensibilizzazioni.
Poiché la degradazione batterica delle secrezioni richiede un certo tempo per realizzarsi, il
disturbo può essere contrastato da frequenti lavaggi delle ascelle, che sono l'area maggiormente
interessata dal fenomeno mentre per l'eccessiva sudorazione dei piedi si possono suggerire polveri
assorbenti il sudore, a base di talco e ossido di zinco.
Deodoranti-antitraspiranti e tumore al seno
L'ipotesi avanzata da alcuni ricercatori è che il blocco delle ghiandole eccrine prodotto dai sali di
alluminio impedisca l'eliminazione di sostanze tossiche prodotte dall'organismo, che si
concentrerebbero così in zone prossime al seno, fino al punto da causare il cancro. Un'altra ipotesi
sostiene che siano sostanze contenute nel deodorante a penetrare nelle aree prossime al seno, in
seguito ad applicazione ascellare ripetuta nel tempo. In particolare, le sostanze maggiormente
accusate di questi effetti sono i cosiddetti parabeni, utilizzati come conservanti di molti prodotti
cosmetici. I parabeni possiedono una attività biologica simile a quella degli estrogeni, di cui è nota
l'attività favorente lo sviluppo del tumore al seno. In un recente studio condotto in Inghilterra, si è
riscontrata la presenza di parabeni nella quasi totalità di tessuto mammario prelevato a donne
affette da tumore, ma non tutte avevano fatto uso di deodoranti nel corso della loro vita. I
parabeni possono infatti arrivare nel nostro corpo attraverso numerosi prodotti, quali alimenti o
farmaci, e non è dimostrato che siano proprio i deodoranti a portarli nel tessuto mammario sede
del tumore.
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Per quanto riguarda i sali di alluminio, i dati ad oggi disponibili non dimostrano alcun nesso di
causalità fra la loro presenza nei deodoranti e l’insorgenza di tumore al seno.
Inoltre vi è un ampio dibattito nella comunità scientifica sulla possibile tossicità generale legata
all’accumulo di alluminio che è stato ad esempio indicato come possibile causa della malattia di
Alzheimer, in quanto nel cervello di persone affette da questa malattia sarebbe presente in
elevata concentrazione. Ancora oggi però non è stata individuata con certezza una relazione di
causa effetto.
Problemi del neonato e prima infanzia
La pelle del neonato
Subito dopo la nascita, la pelle del neonato va incontro ad adattamenti alla vita extrauterina, in
particolare all'esposizione all'aria. Una manifestazione di questo adattamento al nuovo ambiente è
la desquamazione dello strato superficiale della pelle che è perciò un processo fisiologico. A
differenza di quanto accade nell'adulto, anche il pH cutaneo, lo spessore della pelle e l'idratazione
dello strato corneo cambiano rapidamente.
Anche se, apparentemente, lo strato corneo nel neonato a termine presenta una funzione di
barriera ben sviluppata, il rischio di un elevato assorbimento percutaneo di sostanze tossiche
applicate sulla pelle è molto alto. Questo è dovuto principalmente al maggior rapporto fra
superficie e volume del corpo e alla minore capacità del neonato di metabolizzare ed eliminare le
sostanze. Perciò va posta molta attenzione nell'utilizzo di prodotti topici, quali cosmetici,
detergenti e disinfettanti. Anche l'effetto occlusivo di abiti o pannolini più o meno impermeabili
può favorire l'assorbimento delle sostanze applicate sulla pelle.
Ancora maggiore è il rischio nei neonati pre-termine, dove la funzione di barriera della pelle è
marcatamente ridotta, il rapporto superficie/volume è ancora maggiore e i meccanismi di
eliminazione delle sostanze tossiche ancora più carenti.
Le pressioni delle industrie produttrici di cosmetici per l'infanzia inducono genitori troppo zelanti
ad applicare un numero impressionante di prodotti sulla pelle del neonato, con il rischio di
irritazioni cutanee e sensibilizzazione. Uno studio condotto negli Stati Uniti ha documentato, nel
primo mese di vita del bambino, il ricorso mediamente ad una decina di prodotti cosmetici topici
per un totale di circa 50 prodotti chimici diversi.
Crosta lattea
È la forma infantile della dermatite seborroica, che si manifesta entro i primi mesi di vita del
bambino. La ragione di questa presentazione così precoce del disturbo risiede nella permanenza
nel corpo del neonato di ormoni androgeni materni che stimolano la produzione di sebo da parte
delle ghiandole del bambino. Man mano che il bambino smaltisce questi ormoni, si assiste a un
progressivo miglioramento. Si manifesta come una malattia infiammatoria della pelle che colpisce
prevalentemente il cuoio capelluto. Può presentarsi in forma lieve, con poche lesioni squamose sul
cuoio capelluto, oppure in forma più grave in cui le aree frontali e parietali del capo si coprono di
croste spesse, oleose; all'inizio l'infiammazione è modesta ma poi l'eritema può aumentare.
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Può estendersi alle pieghe retro auricolari, al padiglione auricolare e al collo. Sono inoltre possibili
infezioni opportunistiche sostenute da Candida albicans, Stafilococco aureus o altri batteri. Non
c'è perdita di capelli.
Trattamento
Di solito la crosta lattea guarisce da sola entro 3-4 mesi, senza lasciare traccia e non interferisce in
alcun modo con la crescita dei capelli, né tantomeno del bambino! Si tratta perciò di un disturbo
che non deve destare preoccupazione, nonostante l’aspetto del bambino.
L'intervento del farmacista dovrà limitarsi a rassicurare i genitori e a consigliare un'accurata igiene
delle zone colpite. È utile ammorbidire le crosticine con olio o prodotti emollienti applicati alla
sera, massaggiando lievemente l'area affetta e rimuovendo al mattino le squamette con una
spazzola a setole molto morbide. E' importante consigliare ai genitori di non provare a staccare
con le unghie le scaglie cutanee, per il rischio di lesionare la cute e causare una infezione. Un
successivo lavaggio del capo con baby shampoo, oltre a detergere l’untuosità, aiuta a rimuovere le
scaglie. Sono da evitare, salvo diversa indicazione medica, prodotti contenenti acido salicilico o
solfuro di selenio a causa del rischio di assorbimento percutaneo. Il pediatra valuterà inoltre
l'opportunità di applicare localmente creme steroidee a bassa potenza (es. idrocortisone 1%) per
brevi periodi di tempo. Anche per il bagno si dovranno preferire detergenti neutri, preferibilmente
privi di profumi, in quanto i saponi troppo aggressivi danneggiano il film idrolipidico della pelle,
rendendola più secca e irritabile.
Quando indirizzare dal pediatra
Una visita pediatrica va consigliata qualora vi sia il sospetto di una sovrainfezione batterica o se la
crosta lattea si estende al volto o sul corpo.
False credenze
Nonostante nel nome con cui si indica popolarmente la dermatite seborroica dell'infanzia compaia
il termine “lattea”, non esiste nessuna associazione con l'alimentazione del neonato e va sfatata la
convinzione di qualche mamma che il latte possa essere troppo ''grasso'' o ''pesante'' e quindi
causa del problema. Non si tratta neppure di una malattia infettiva, per cui non esiste alcun rischio
di contagio di altri bambini.
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Dermatite da pannolino
La dermatite da pannolino (o eritema da pannolino) è un problema frequente nei bambini al di
sotto dei due anni di età e consiste in un arrossamento di varia entità che colpisce le zone a
contatto con il pannolino (natiche, inguine e genitali). Per le forme lievi, in cui l'arrossamento è
l'unica manifestazione, è frequente che venga richiesto un consiglio al farmacista. Le forme più
gravi che si manifestano con desquamazione eritematosa dell'area cutanea a contatto del
pannolino, a volte con lesioni papulovescicolari o bolle, fessurazioni e erosioni richiedono sempre
una valutazione medica. Spesso si sovrappone una infezione da Candida.
Cause
Diversi sono i fattori che contribuiscono alla comparsa della dermatite da pannolino. In primo
luogo la macerazione dello strato corneo dell'epidermide, dovuta alla prolungata presenza di
urina, indebolisce la sua funzione di barriera e favorisce la perdita di acqua intracellulare. La pelle
diventa così più fragile, più permeabile alla penetrazione di sostanze nocive e microorganismi e più
esposta ai danni da sfregamento. L'eritema è infatti presente soprattutto nelle zone di maggior
attrito fra pannolino e pelle sottostante. In passato si attribuiva molta importanza all'effetto
irritante dovuto alle sostanze presenti nell'urina, in particolare all'ammoniaca che si forma per
decomposizione dell'urea ad opera delle ureasi batteriche presenti nelle feci. Probabilmente più
che l'ammoniaca in sé, ad essere dannoso sono l'aumento del pH che essa determina, la
conseguente alterazione della microflora normalmente residente e l’attivazione di enzimi
proteolitici e lipolitici presenti nelle feci. I bambini allattati al seno, che hanno meno ureasi nelle
feci, presentano meno frequentemente la dermatite da pannolino rispetto a quelli allattati
artificialmente.
Altra condizione che favorisce la dermatite da pannolino è l'impiego di antibiotici ad ampio spettro
per trattare infezioni sistemiche, che possono determinare uno sviluppo anomalo della Candida e
possono causare diarrea, che comporta una maggior presenza di enzimi digestivi residui.
Infine, non va esclusa la possibilità che la dermatite sia provocata da sostanze chimiche irritanti
presenti tra i materiali componenti il pannolino stesso, es. sostanze coloranti, o residuate dopo il
lavaggio di pannolini riciclabili.
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Epidemiologia
Anche se attualmente l'incidenza di dermatite da pannolino è ridotta rispetto al passato grazie
all'utilizzo di pannolini monouso, si stima che il problema interessi comunque dal 7 al 35% dei
bambini in qualche momento del loro sviluppo; in genere la massima frequenza si ha attorno al 7°
-12° mese mentre è rara nelle prime settimane di vita. Non ci sono differenze nell’incidenza del
disturbo fra maschi e femmine e tra bambini appartenenti a diverse razze.
Trattamento e prevenzione
La dermatite da pannolino quasi sempre migliora con l'adozione di corrette misure igieniche che
rappresentano perciò la miglior forma sia di trattamento che di prevenzione.
In caso di semplice arrossamento, i prodotti a base di ossido di zinco, utilizzati regolarmente
insieme alle misure igieniche, risolvono di solito il problema in pochi giorni. Proteggono la pelle dal
contatto con feci e urine e possiedono un'azione cicatrizzante e lenitiva. Le creme sono più
morbide delle paste, ma ungono di più. A seconda della formulazione, sono più o meno facilmente
asportabili con l'acqua. È preferibile utilizzare i prodotti che non contengono profumo, che può
indurre sensibilizzazione cutanea.
Cosa deve consigliare il farmacista?

Cambiare frequentemente il pannolino (il numero dei cambi necessari diminuisce
all’aumentare dell’età) e comunque sempre il più presto possibile dopo che il bambino ha
defecato.

Utilizzare pannolini monouso con elevato potere assorbente, in modo da mantenere il più
possibile asciutta la pelle. I pannolini usa e getta sono da preferire rispetto a quelli in
cotone lavabili, in quanto abbattono l'umidità a contatto della pelle grazie alla presenza di
materiali assorbenti. L'uso di questi pannolini è anche associato al mantenimento di valori
più fisiologici del pH della pelle. Qualora la mamma optasse per l'impiego di pannolini
riutilizzabili, è indispensabile raccomandare un accurato risciacquo in acqua corrente per
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SIDS – Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia 2012
eliminare i residui di detersivi e disinfettanti. Il lavaggio in lavatrice è generalmente
preferibile, poiché la pulizia e il risciacquo sono più completi.

Lasciare il più possibile il bambino senza pannolino, usando protezioni per la carrozzina o il
lettino, mettendo solo cotone a contatto con la pelle.

Inserire ad ogni cambio (o solo di notte al miglioramento
dei sintomi), veli di cotone tra pelle e pannolino.

Evitare di stringere troppo la chiusura del pannolino.

Ad ogni cambio, lavare il bambino con acqua tiepida,
procedendo da davanti a dietro nelle bambine (per non
portare batteri dall'ano verso la vagina) e nei maschietti limitare la retrazione del prepuzio
per non compromettere la sua efficacia protettiva;

Usare il sapone, neutro e senza profumi, al massimo un paio di volte al giorno e asciugare
la parte tamponando, senza mai sfregare, utilizzando un telo di cotone.

Le salviette umidificate vanno utilizzate per la detersione solo quando non ci sono
alternative (es. fuori casa), in quanto contengono generalmente profumi e conservanti che
possono risultare sensibilizzanti.

Non idratare troppo la pelle, per cui si consiglia di limitare il più possibile il tempo del
bagnetto.

Evitare il borotalco perché può causare irritazione e l'acido borico che viene assorbito dalla
pelle lesa e può essere tossico.
Quando indirizzare dal pediatra
Se dopo alcuni giorni (4-7) la situazione non tende a migliorare
nonostante l’adozione di provvedimenti igienici, o addirittura la
pelle si arrossa di più, si formano croste e vesciche o se l'eruzione
si estende ad altre parti del corpo, è necessario sollecitare i
genitori a consultare un pediatra. Solo il pediatra è in grado di
valutare la situazione, sia rispetto alla gravità dell'infiammazione
che riguardo all’eventualità di una sovrainfezione batterica o
micotica. In questi casi il medico potrà prescrivere creme
corticosteroidee, preferibilmente di bassa potenza (es.
idrocortisone 0,5%), da applicare per il minor tempo possibile per evitare il rischio di effetti
sistemici, oppure creme antimicotiche a base di imidazolici (clotrimazolo, miconazolo, econazolo
ecc.). Attualmente per i prodotti OTC contenenti idrocortisone allo 0,5% la scheda tecnica prevede
l'impiego nei bambini di età inferiore ai 2 anni solo sotto controllo medico.
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Problemi dermatologici dell'anziano
La pelle dell’anziano
Con l’avanzare dell’età, anche la pelle va incontro a numerosi cambiamenti che la rendono più
soggetta a fenomeni irritativi ed infiammatori e meno in grado di sostenere l’esposizione agli
agenti atmosferici. Diminuisce infatti il turn-over cellulare perciò la pelle si assottiglia e processi di
guarigione diventano più lenti, l’irrorazione sanguinea è ridotta e i capillari diventano più fragili, la
resistenza del collagene e la quantità dell’elastina diminuiscono con conseguente perdita di
elasticità. La ridotta produzione del film idrolipidico e l’evaporazione dell’umidità conseguente
contribuiscono alla secchezza della pelle. Infine, il pH cutaneo, mantenuto tra 5-5,5 dagli acidi
grassi presenti nel sebo, tende ad alzarsi per la ridotta attività delle ghiandole sebacee, riducendo
l'attività dei meccanismi fisiologici di protezione, come la nuova produzione di lipidi, per
contrastare l'aumentata perdita di acqua.
Xerosi o xeroderma
E’ uno dei disturbi dermatologici più frequenti tra gli anziani. Interessa più della metà delle
persone oltre i 70 anni. Il disturbo si manifesta inizialmente con arrossamento e ruvidità della
pelle, che comincia a formare scaglie e a desquamarsi. La condizione spesso si associa a prurito
che aggrava l'irritazione e favorisce la comparsa di vere e proprie lesioni da grattamento.
Progressivamente si possono manifestare fini “crepe” nella pelle, condizione definita eczema
asteatosico o eczema craquelé, perché simile alle venature delle porcellane antiche. Da qui, infine
si può arrivare fino allo sviluppo di fissurazioni o escoriazioni, con sanguinamento locale e
possibilità di infezioni.
La sensazione di “pelle secca” è avvertita
soprattutto sulla parte antero-laterale delle
gambe, meno frequentemente sul tronco, sulle
braccia
o
sull'addome.
La percezione di “pelle secca” si avverte quando il
contenuto in acqua dello strato corneo,
normalmente di circa il 15-20%, scende al di sotto
del 10%. Il disturbo è più accentuato durante
l'inverno, per le avverse condizioni climatiche
all’esterno e per l'eccessiva secchezza delle
abitazioni
dovuta
al
riscaldamento.
Oltre ai cambiamenti fisiologici sopra citati, la xerosi può essere dovuta anche a malattie
sistemiche come l' ipotiroidismo, l'HIV, malattie ostruttive delle vie biliari, diabete, malattie
neurologiche, può manifestarsi in coloro che sono stati sottoposti a radiazioni e può essere un
effetto
indesiderato
di
alcuni
farmaci
(es.
diuretici
o
antiandrogeni).
Infine, può essere favorita dall'eccessivo uso di saponi (alcalini) e detergenti cutanei “aggressivi”.
Trattamento
Il trattamento della xerosi (e del prurito spesso associato), si basa sull'impiego di prodotti
emollienti o idratanti che aumentano la capacità della pelle di trattenere l'acqua: l'acqua può così
passare nei corneociti, che si gonfiano e vanno a ridurre gli spazi intracellulari: in pratica si ottiene
una imbibizione dello strato corneo che viene ammorbidito e reso più plastico.
Le sostanze utilizzate possono essere raggruppate in 3 categorie:
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
umettanti: sono sostanze igroscopiche che trattengono l’acqua (es. glicerina, sodio o
ammonio lattato, urea, glicole propilenico, acido ialuronico, pantenolo);

occludenti: impediscono l'evaporazione dell'acqua formando un film oleoso – sono
rappresentati da oli o cere derivate da idrocarburi (es. olio minerale, paraffina), squalene,
trigliceridi dell'acido caprilico, grassi vegetali (es. burro di cacao) e animali (es. lanolina),
alcoli grassi (alcool cetilico, stearilico), cera d'api, siliconi (dimeticone, ciclodimeticone);

emollienti: hanno la funzione di ammorbidire e lisciare la pelle – sono alcoli (es.
octildodecanolo, esildecanolo) e esteri (es. miristilmiristato, isopropilmiristato,
ottilstearato).
Le formulazioni commerciali sono principalmente emulsioni di due tipi: acqua-in-olio (creme e
unguenti) o olio-in-acqua (lozioni). Le prime sono più “untuose” al tatto e possono risultare meno
gradevoli al paziente, anche se sono più efficaci. Nella scelta dei prodotti emollienti è molto
importante la preferenza individuale e possono essere necessari prodotti diversi per trattare aree
diverse del corpo. I prodotti emollienti vanno applicati regolarmente, in sufficiente quantità, anche
più volte nel corso della giornata e dopo un bagno e il loro impiego dovrebbe continuare anche
dopo il miglioramento del disturbo.
Prevenzione
E’ utile suggerire a chi è affetto da questo problema:

di mantenere una sufficiente umidità ambientale (>50%) sia in inverno che in estate,
quando il riscaldamento o il condizionamento dell'aria tendono ad asciugare la pelle;

di assicurare una adeguata idratazione del corpo bevendo regolarmente 1,5 -2 l di acqua al
giorno;

di preferire la doccia anziché il bagno perché restare immersi a lungo nell'acqua calda della
vasca induce una maggiore disidratazione della pelle;

di utilizzare detergenti poco aggressivi per la pelle, es. prodotti a base di detergenti non
ionici o anfoteri e oli da bagno di buona qualità, evitando di insaponarsi con la spugna, che
può essere abrasiva per la pelle. Non frizionare la pelle per asciugarla ma tamponarla
delicatamente;

di evitare l'eccessiva esposizione al sole;

di evitare indumenti troppo stretti che possono irritare la pelle per sfregamento.
Prurito senile
Nella popolazione oltre i 70 anni la xerosi è considerata la principale causa di prurito. In questi
casi, alleviando la secchezza cutanea, migliora anche il prurito. L'adozione delle misure viste in
precedenza, in particolare un generoso impiego di prodotti emollienti, va integrata in questo caso
dal consiglio di mantenere le unghie molto corte per evitare di procurarsi lesioni cutanee a causa
del grattamento. Gli antistaminici topici di tipo H1 sono scarsamente efficaci nel controllare il
prurito da xerosi e potenzialmente sensibilizzanti: l'istamina è il principale mediatore del prurito,
ma non il solo e questo spiega la loro inefficacia. Le creme a base di corticosteroidi vanno evitate,
poiché l'impiego protratto nel tempo porterebbe ad atrofia cutanea.
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Il prurito è un disturbo dermatologico frequente non solo nell'anziano, e può avere molte cause,
non sempre facilmente riconoscibili. Quando il prurito è persistente o ricorrente, soprattutto
quando rappresenta l’unico sintomo in assenza di manifestazioni cutanee evidenti,
indipendentemente dall’età del soggetto si deve consigliare senza indugio una visita medica per un
indispensabile approfondimento diagnostico, per escludere la presenza di una malattia sistemica
sottostante.
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Glossario
Corneociti
Rappresentano la componente cellulare dello strato corneo. Sono cellule appiattite e con
una grande superficie. La loro estensione tende ad aumentare considerevolmente con
l'avanzare dell'età, poiché questi rimangono a lungo negli strati superficiali, dato che la
desquamazione ed il conseguente ricambio dell'epidermide avviene più lentamente. Il
compartimento extracellulare è ricco di lipidi che riempiono gli spazi esistenti tra un
corneocita e l'altro.
Epidemiologia
Scienza medica che studia, a fini soprattutto preventivi, l’entità e le vie della diffusione
delle malattie (spec. di quelle infettive), mirando a individuare le condizioni organiche,
ambientali, demografiche e sociali che possono favorire o contrastare il loro sviluppo.
Eczema
Reazione dermica infiammatoria non contagiosa. Sinonimo di dermatite.
Fotosensibilità
Sviluppo di reattività eccessiva della cute alla luce del sole.
Fotosensibilizzazione
Reattività eccessiva della cute alla luce per la quale le parti esposte manifestano eritema
per azione dei raggi solari.
Prevalenza
È un termine che indica il numero delle persone che in un dato momento (prevalenza
puntuale) o in un dato periodo di tempo (prevalenza periodale) presentano il disturbo,
rapportato al numero delle persone osservate. Normalmente viene espressa in forma
percentuale.
Incidenza
È il rapporto fra i nuovi casi di malattia in un dato periodo rispetto al numero di persone a
rischio.
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Bibliografia







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