Guantánamo, un epilogo tormentato

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Guantánamo, un epilogo tormentato
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Studi e ricerche
AS 01 [2010] 16-26
Fabio Sciola *
Guantánamo,
un epilogo tormentato
L
a notizia è di un mese fa: il 1° dicembre 2009
due presunti terroristi detenuti a Guantánamo
sono stati trasferiti a Milano, a seguito degli
accordi del giugno precedente tra le diplomazie italiana e americana. La dislocazione dei detenuti è solo un tassello del complesso mosaico che la chiusura
del carcere statunitense rappresenta e a oggi, nonostante la volontà politica del
presidente Obama, non è ancora possibile sapere con certezza quando
Guantánamo chiuderà i battenti 1.
La vicenda della base statunitense è uno strascico lasciato dagli attentati
dell’11 settembre 2001; gli stessi hanno prodotto conseguenze sia nei rapporti
internazionali, sia all’interno dei singoli Stati, portando all’introduzione di nuo­
vi limiti all’esercizio dei diritti fondamentali 2. Qualche anno fa un osservatore scriveva sconsolato: «i Paesi più prosperi e potenti si sono applicati a
scassare gl’istituti su cui si era tentato di edificare la pace e la cooperazione
internazionale dopo due guerre terribili. Non era mai accaduto che ciò avvenisse a opera di governi democraticamente eletti. Fatti del 2003: rottura dell’onu,
a New York, sulla questione irachena […], violazioni continue (in Afghanistan,
Guantánamo, Cecenia, Iraq) della Convenzione di Ginevra sul trattamento dei
prigionieri di guerra» 3. Dopo quasi sei anni non sarebbe giusto fermarsi a quelle parole: oggi, soprattutto su Guantánamo, si sa tutto, o quasi. Moltissima docu-
* Dottore di ricerca in Diritto pubblico, <[email protected]>.
1 È del 15 dicembre 2009 la notizia che cento detenuti di Guantánamo potranno essere trasferiti presso il carcere di massima sicurezza di Thomson nello Stato dell’Illinois (USA), in <www.corriere.it>.
2 Per gli Stati Uniti, sull’USA Patriot Act (Uniting and Strengthening America by Providing Appropriate
Tools Required to Intercept and Obstruct Terrorism, approvato il 26 ottobre 2001) cfr Sciola F., «Lotta al
terrorismo e diritti fondamentali negli Stati Uniti. Un bilancio a sei anni dall’11 settembre», in Aggiornamenti
Sociali, 11 (2007) 701-711. Anche l’amministrazione Obama ha chiesto al Congresso il rinnovo di disposizioni chiave del Patriot Act: Margasak L., Obama, liberals split on security and media issues, Associated Press
Archive, 15 ottobre 2009, in <www.ap.org>.
3 Padoa Schioppa T., «Democrazie da ricostruire», in Corriere della Sera, 2 gennaio 2004.
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mentazione è stata resa pubblica in questi anni 4, anche contro la volontà del
Governo statunitense, come è avvenuto per il manuale delle procedure e di addestramento per le guardie 5. Organizzazioni internazionali 6, non governative
(ong) 7 e numerosi intellettuali 8 si sono spesi per la tutela dei prigionieri e hanno svolto un ruolo importante per la chiusura di quel carcere. Attraverso siti
Internet (promossi dalle stesse ong) e attraverso il cinema (ad esempio il film
Taxi to the dark side, presentato a p. 27) il mondo ha potuto conoscere la realtà
di Guantánamo.
Non si pensi che le violazioni dei diritti legate alla lotta al terrorismo riguardino solo gli Stati Uniti: la Commissione per i diritti umani del Consiglio d’Europa ha documentato che alcuni Paesi europei, tra cui l’Italia, sapevano di
sequestri illegali da parte della cia (Central Intelligence Agency, l’agenzia
americana di spionaggio per l’estero) nel continente europeo 9 e la Corte di giustizia delle Comunità europee ha annullato un regolamento comunitario in materia di misure antiterrorismo per violazione del diritto di difesa e di quello al
contraddittorio dei destinatari di tali misure 10.
1. Il presidente Obama e la Corte Suprema
Come aveva promesso in campagna elettorale, due giorni dopo l’insediamento il presidente Obama ha firmato tre decreti 11 relativi a Guantánamo. Nel
primo provvedimento si ordina la chiusura del carcere «prima possibile e comunque non oltre un anno» e, se alla fine di questo periodo ci fossero stati an  4 Già nel 2004 sul sito del quotidiano americano The Washinghton Post furono pubblicati i documenti
dell’amministrazione Bush sugli interrogatori: «Bush Administration Documents on Interrogation», in The Washington Post, 23 giugno 2004, <www.washingtonpost.com>.
  5 Camp Delta Standard Operating Procedure, 28 febbraio 2003, in <http://wikileaks.org>.
  6 Tra gli altri la Commissione sui diritti umani dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, con
il documento Lawfulness of detentions by the United States in Guantánamo Bay, 8 aprile 2005, <http://
assembly.coe.int/Documents/WorkingDocs/Doc05/EDOC10497.htm>; il Parlamento europeo, che ha chiesto
la chiusura di Guantánamo il 16 febbraio 2006, <www.europarl.europa.eu>; un importante rapporto ONU (cfr
nota 46).
  7 Cfr il riquadro a p. 20.
  8 Cfr ad esempio gli interventi del premio Nobel per l’economia Joseph E. Stiglitz, Democracy begins
at home e del sociologo e uomo politico tedesco Ralph Dahrendorf, Terror vs. liberty, pubblicati in <www.
project-syndicate.org>.
  9 Commissione sui diritti umani dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, Secret detentions
and illegal transfers of detainees involving Council of Europe member states: second report, 11 giugno 2007,
<http://assembly.coe.int/Documents/WorkingDocs/Doc07/edoc11302.pdf>. L’Italia, in particolare, è citata
nel rapporto per il caso di Abu Omar, cittadino egiziano rapito dalla CIA a Milano: il Governo italiano ha negato
informazioni ai magistrati affermando di dover mantenere il segreto di Stato.
10 Cfr Cappuccio L., «Il controllo della Corte di Giustizia sugli atti comunitari tra tutela giurisdizionale dei
diritti e lotta al terrorismo internazionale», in Quaderni costituzionali, 4 (2008) 903-905. Sulla normativa europea in tema di antiterrorismo, cfr la sezione «Politiche – Lotta al terrorismo» nel sito del Consiglio dell’Unione
europea, <www.consilium.europa.eu>.
11 Più precisamente executive order, tutti del 22 gennaio 2009: Review and Disposition of Individuals
Detained at the Guantánamo Bay Naval Base and Closure of Detention Facilities; Review of Detention Policy
Options; Ensuring Lawful Interrogations, disponibili sul sito della Casa Bianca, <www.whitehouse.gov/briefing
room/presidential-actions/executive-orders?page=2&pag=>.
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cora detenuti, avrebbero dovuto essere rimpatriati, rilasciati o trasferiti in un
Paese terzo o in un altro carcere statunitense in modo compatibile con la legge,
con «la sicurezza nazionale e gli interessi di politica estera degli Stati Uniti»;
viene disposto inoltre l’immediato riesame delle accuse e dello status di ciascun
prigioniero e si assicura che il ministro della Difesa farà i passi necessari per la
sospensione dei processi in atto. Il secondo decreto prevede la revisione completa di tutte le procedure concernenti la cattura, la detenzione, il processo 12 e
il rilascio di prigionieri coinvolti in attività di terrorismo. Il terzo impone la
piena applicazione della Convenzione di Ginevra sui prigionieri di guerra, vietando torture, violenze e offese alla dignità; si richiama un manuale operativo
specifico come standard minimo di trattamento e si impedisce l’utilizzazione di
tutte le istruzioni sugli interrogatori emanate prima dell’entrata in carica del
nuovo Presidente 13.
Questa svolta, sebbene per nulla scontata, non è improvvisa; nel giugno
2008 era infatti di nuovo intervenuta la Corte Suprema 14 dichiarando incostituzionale l’esclusione retroattiva della garanzia dell’habeas corpus disposta dal
Military Commission Act del 2006 15 e affermando che il tribunale creato nel
2005 per la revisione dello status di combattente nemico non è un’adeguata
misura sostitutiva di questa garanzia, perché ci sono restrizioni nel diritto di
prova e perché il riesame delle sue decisioni da parte della Corte d’Appello si
limita solo alla verifica del rispetto delle procedure stabilite dal ministro della
Difesa 16. La Corte ha ribadito in questa sentenza che gli usa hanno de facto la
sovranità su Guantánamo e che la Costituzione vige anche a Guantánamo indipendentemente da ciò che statuisce la legge. Secondo tale sentenza, separazione
dei poteri significa che «la Costituzione garantisce al Congresso e al Presidente
il potere di acquisire, disporre e governare territori [ma] non il potere di decide12 I processi sono quelli celebrati dalle commissioni militari istituite dal presidente Bush, consultabili in
<www.defenselink.mil/news/commissions.html>.
13 Headquarters, Department of the Army, Army Field Manual 2-22.3. Human Intelligence Collector
Operations, 6 settembre 2006, in <www.army.mil/institution/armypublicaffairs/pdf/fm2-22-3.pdf>; il presidente Bush aveva posto il veto a una legge che vietava le torture: cfr Pilkington E., «Bush vetoes move to ban
water torture», in The Guardian, 10 marzo 2008. Secondo notizie recenti sono in preparazione nuove linee
guida per dare la possibilità ai detenuti delle prigioni afghane di contestare legalmente la loro carcerazione:
cfr Schmitt E., «U.S. to Expand Detainee Review in Afghan Prison», in The New York Times, 13 settembre
2009.
14 Sentenza n. 06-1195, Boumedienne et al. v. Bush, President of the United States, et al., 12 giugno
2008, in <www.law.cornell.edu/supct/html/06-1195.ZS.html>. Per le altre sentenze della Corte Suprema cfr
Sciola F., «Lotta al terrorismo e diritti fondamentali negli Stati Uniti», cit., 705 ss.
15 È il primo caso in cui la Corte Suprema dichiara incostituzionale una legge per violazione dell’art. I §
9 della Costituzione sulla possibilità di sospendere l’habeas corpus: cfr Fabbrini F., «“The Constitution is designed to survive, and remain in force, in extraordinary times”: la sentenza Boumedienne v. Bush», in Quaderni
costituzionali, 1 (2009) 108.
16 Si tratta del Combatant Status Review Tribunal (CSRT) creato dal Detainee Treatment Act (DTA), disponibile in <www.defenselink.mil/news/Combatant_Tribunals.html>: cfr Sciola F., «Lotta al terrorismo e diritti fondamentali negli Stati Uniti», cit., 706 ss. Per quanto riguarda il DTA e il CSRT, la Corte Suprema afferma
che le corti ordinarie si asterranno dal trattare le petizioni di habeas corpus fino a che il Ministero, tramite il
CSRT, abbia la possibilità di rivedere lo status di combattente nemico.
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Che cos’è Guantánamo
La baia di Guantánamo è situata nell’estremità sudorientale di Cuba: è la più antica base americana fuori
dagli Stati Uniti e l’unica in un Paese che non ha rapporti diplomatici con gli usa. Nel 1903 gli americani
affittarono 117 kmq di terra e acqua per farne una stazione di rifornimento navale; nel 1934 un trattato ne
confermò l’affitto con un canone di 2.000 dollari l’anno
(circa 4.080 al valore attuale), con l’accordo che sarebbe
cessato con il consenso di entrambe le parti (cfr <www.
jtfgtmo.southcom.mil>). Il trattato stabilisce anche che
gli Stati Uniti riconoscono «la continuità della sovranità
ultima» della Repubblica di Cuba sull’area e quest’ultima consente agli usa «l’esercizio completo della funzione giurisdizionale e di controllo». 28 km di confine,
pattugliati notte e giorno dai marine da una parte e dalla
Brigata di frontiera cubana dall’altra. Da anni Cuba
giudica illegale l’occupazione americana e chiede la
restituzione della base alla sua piena sovranità.
re quando e dove essa si applichi»: la legge deve accordare al Governo la possibilità di catturare e detenere chi costituisce un reale pericolo alla nostra sicurezza e tuttavia «la sicurezza consiste anche nella fedeltà primaria ai principi di
libertà».
2. Cosa è accaduto a Guantánamo
Il presidente Obama ha riaffermato la possibilità di visita della Croce
Rossa a tutti i detenuti degli Stati Uniti per conflitto armato; può sembrare
una cosa ovvia, perché previsto dalle Convenzioni di Ginevra, tuttavia il manuale delle procedure prevede casi per i quali è vietato il «contatto di alcun tipo con
membri della Croce Rossa, compreso l’invio di posta» 17. Solo nel 2006 il Pentagono ha pubblicato la lista dei detenuti a Guantánamo e soltanto perché costretto da un giudice 18.
A Guantánamo i detenuti, di fatto solo maschi, sono divisi in due categorie:
quelli soggetti a interrogatorio e coloro che hanno già superato questa fase perché
hanno collaborato fornendo informazioni.
I primi erano inizialmente segregati nel campo chiamato X-Ray, chiuso
nell’aprile 2002: una serie di gabbie metalliche, una per ciascuno e una accan17
Camp Delta Standard Operating Procedure, cit., § 17.4, «Levels of Visitation».
Notizie recenti, sulla base delle analisi condotte da The New York Times su documenti del Ministero
della Difesa, riportano 210 detenuti di 49 nazionalità, fino a poco tempo fa in maggioranza afghani, quindi
sauditi, yemeniti e pakistani; tra gli europei 7 francesi e 2 belgi (dati riportati in <http://projects.nytimes.com/
Guantanamo>). Erano presenti alcuni residenti in Italia non cittadini italiani: cfr Bonini C., «I prigionieri italiani
di Guantánamo interrogati da agenti del Sismi», in la Repubblica, 17 giugno 2008.
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Alcuni siti di Organizzazioni non
governative internazionali
impegnate nel monitoraggio di
quanto accade a Guantánamo.
La «rete» su Guantánamo
Human Rights Watch (usa): <www.hrw.org>.
American Civil Liberties Union (usa): <www.aclu.org>
e <www.closegitmo.com>.
Reprieve (Gran Bretagna): <www.reprieve.org.uk>.
Action des Chrétiens pour l’Abolition de la Torture,
sezione francese: <www.acatfrance.fr>.
Amnesty International, sezione italiana: <www.chiudere​
guantanamo.it>.
to all’altra, senza alcun tipo di privacy, con spazi ristretti a tal punto da costringere i detenuti a passare il tempo sdraiati sul letto. Anche dopo la chiusura di
X-Ray, ogni cella ha solo un lavabo metallico e una toilette alla turca, non c’è
condizionamento e per molti mesi dopo l’apertura del campo vi è stata l’illuminazione obbligatoria anche di notte; si esce solo tre volte la settimana, per periodi di trenta minuti ciascuno e in ceppi. È prevista la possibilità di alimenta­
zione forzata in caso di prolungato sciopero della fame 19; nel 2004 la Croce
Rossa ha riscontrato un’alta incidenza di malattie mentali causate da stress e
connesse allo stato di isolamento prolungato 20. Il manuale delle procedure prevede per tutti quattro settimane di isolamento iniziale, per disorientare i prigionieri e «aumentare la dipendenza verso le persone che conducono gli
interrogatori» 21. I detenuti non hanno nome, identificati dalle guardie tramite il
numero corrispondente alla loro cella. È possibile leggere, ma non informarsi
con giornali, radio e tv; ogni prigioniero su richiesta può avere una copia del
Corano e un piccolo tappeto per la preghiera 22. La posta, obbligatoriamente
breve, è sottoposta a censura. In generale la disciplina è severissima ed è vietato rifiutare anche i trattamenti medici.
Per chi «parla», non solo cambia il trattamento detentivo, ma anche
l’abbigliamento: chi non collabora viene vestito con tute arancioni, gli altri
indossano invece indumenti bianchi. In questa seconda ala i reclusi possiedono
oggetti negati agli altri, come carte da gioco, materassi, sale, pezzi grandi di
sapone 23; qui ci si muove liberamente dalle camere al cortile della ricreazione,
è possibile mangiare insieme e praticare sport; sono disponibili alcune riviste ed
è consentito parlare coi custodi.
19 Golden T., «Tra i dannati di Guantánamo», in L’Espresso-New York Times, 2 novembre 2006, 156 ss.;
Cfr Camp Delta Standard operating procedure, cit., § 19.8, «Hunger Strike».
20 Cfr Fletcher L. E. – Stover E. et al., Guantánamo and its Aftermath. U.S. Detention and Interrogation
Practices and their Impact on Former Detainees, Human Rights Center and International Human Rights Law
Clinic, University of California, Berkeley 2008, in <http://hrc.berkeley.edu/pdfs/Gtmo-Aftermath.pdf>.
21 Cfr Camp Delta Standard Operating Procedure, cit., § 4.20, «Behavior Management Plan».
22 Cfr Bonini C., Guantánamo. USA: viaggio nella prigione del terrore, Einaudi, Torino 2004, 28 ss.
23 I cosiddetti comfortable item (oggetti di conforto): cfr Grunberg A., «Viaggiare leggeri a Guantánamo»,
in Diario, 7 settembre 2007, 19.
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Dal febbraio 2003 nell’isola sono stati detenuti anche bambini e ragazzi,
alloggiati in uno stabilimento in precedenza destinato a casa di villeggiatura per
gli ufficiali di marina di passaggio: si trattava di adolescenti rapiti e costretti a
combattere dai talebani, poi catturati e portati a Guantánamo perché ritenuti in
possesso di informazioni importanti. Nonostante gli usa siano stati tra i primi a
ratificare il protocollo addizionale della Convenzione sui diritti del fanciullo e
il trattamento di questi giovani sia stato mite, fatto anche di studi e svago 24,
anche per loro le testimonianze dirette parlano di tecniche di interrogatorio
violente 25.
L’uso della tortura a Guantánamo, come nel carcere iracheno di Abu Ghraib,
è ampiamente documentato, come testimonia quanto scritto dall’ex cappellano
musulmano del campo di detenzione, accusato di collaborazione coi terroristi e
poi scagionato 26. In aprile il presidente Obama ha reso pubblico un documento
del Ministero della Giustizia sulle modalità di interrogatorio che descrive la
fase di massima pressione con il dettaglio delle tecniche da usare, fino al waterboard e ad altre terribili pratiche 27: la cia ha distrutto alcuni video di questi
interrogatori, dei quali sembra fossero al corrente anche alcuni esponenti del
Partito democratico 28. Da ultimo, contemporaneamente all’annuncio di un’inchiesta sull’operato della cia da parte del ministro per la Giustizia, è stato in
parte desecretato un rapporto sulle attività antiterrorismo che parla di minaccia
di esecuzioni, spazzole rigide per provocare abrasioni nella pelle e dolore, uso
del freddo e di posizioni fisiche stressanti, ecc., per indurre a collaborare 29. Si
sono verificati suicidi, casi di offese alla dignità personale ed episodi di profanazione del Corano nonostante il manuale delle procedure dica, a questo riguardo, che «il personale eviterà, ove possibile, di maneggiare e toccare il Corano
del detenuto» 30.
24
79 ss.
Cfr Bolopion P., Guantánamo, Le bagne du bout du monde, Editions la Découverte, Paris 2004,
25 Cfr Constable P., «An Afghan’s boy life in U.S. Custody. Camp in Cuba was welcome change after
harsh regime in Bagram», in The Washinghton Post, 12 febbraio 2004.
26 Cfr Yee J., For God and Country. Faith and Patriotism under Fire, Public Affairs, New York 2005.
27 Il waterboard consiste nella simulazione dell’annegamento; tra le pratiche adottate rientrano anche
la privazione del sonno e la molestia con insetti. Cfr U.S. Department of Justice, Memorandum for John Rizzo.
Acting General Counsel of the Central Intelligence Agency. Interrogation of al Qaeda Operative, 1° agosto
2002, in <www.fas.org/irp/agency/doj/olc/index.html>.
28 Cfr Caretto E., «Cia, scandalo torture. “Pelosi sapeva dal 2002”», in Corriere della Sera, 10 dicembre
2007, 13.
29 Cfr Central Intelligence Agency – Office of Inspector General, Counterterrorism detention and interrogation activities (September 2001-October 2003), 7 maggio 2004, in <www.hsdl.org/hslog/?q=node/5015>;
Mazzetti M. – Shane S., «Investigation is Ordered into C.I.A. About Charges», in The New York Times, 25
agosto 2009. Grazie all’ACLU (cfr il riquadro a p. 20) sono stati resi noti altri documenti del Ministero della
Giustizia: Department of Justice Legal Office of Counsel Letters and Memos to CIA Regarding Detention and
Interrogation Policies. Documents Responsive to 2004 Torture FOIA e Torture Documents released 8/24/2009,
24 agosto 2009, in <www.aclu.org>.
30 Camp Delta Standard Operating Procedure, cit., § 6.4, «Searching the Koran».
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Altro dato significativo: su oltre 770 detenuti che sono stati a Guantánamo,
alla fine del 2008 se ne contavano oltre 500 liberati senza aver ricevuto
nessuna incriminazione e tantomeno subito processi 31.
3. Non solo Guantánamo
Per un vero e proprio outsourcing della tortura sono state create prigioni
della cia fuori dagli Stati Uniti, dove è vietato il ricorso a tecniche violente di
interrogatorio. Si tratta del trasferimento senza procedimento legale di una persona in un Paese terzo, dove la tortura è ammessa, con rischio reale di subire
trattamenti crudeli, disumani o degradanti. L’esistenza di prigioni fuori dal
territorio americano gestite dalla cia è stata prima negata dall’ex segretario
di Stato Rice nel 2005, poi ammessa dall’allora presidente Bush 32: nella risoluzione del Consiglio d’Europa che ha approvato il citato rapporto della Commissione sui diritti umani, si legge di un sistema a «tela di ragno» per i rapimenti
illegali, che ha coinvolto gli Stati europei, con fondati sospetti che in Polonia e
Romania esistano luoghi di detenzione di questo tipo 33. Da ultimo, nell’aprile
dell’anno scorso il Pentagono ha comunicato il trasferimento a Guantánamo di
un detenuto prima custodito dalla cia, ammettendo implicitamente che tali prigioni esistevano ancora; si pensa che molte persone detenute in questo modo
siano state portate illegalmente in Siria, Pakistan, Libia e Algeria 34, Paesi che
notoriamente non rispettano i diritti umani.
Se il presidente Obama non ha esitato a ordinare la chiusura di Guantánamo,
non ha comunque smantellato la legislazione dell’emergenza. Ancora nel
2008 è stata autorizzata, inizialmente in via provvisoria, la possibilità per il
Governo di disporre intercettazioni senza le garanzie ordinarie della legge in
materia 35; nello stesso anno è stata inoltre varata una legge che prevede la possibilità di intercettare conversazioni effettuate all’estero anche fra cittadini non
americani, l’immunità giudiziaria per le compagnie telefoniche che collaborano
31 Cfr Fletcher L. E. – Stover E. et al., Guantánamo and its Aftermath, cit., 22 e VII. Il dato è confermato anche dal primo decreto del presidente Obama, Review and Disposition of Individuals Detained at the
Guantánamo Bay Naval Base and Closure of Detention Facilities, cit., che non specifica, tuttavia, l’assenza di
accuse e processi.
32 Cfr Echeverria G. – Wilmshurst E., Torture: an overview of the law, 22 maggio 2006, in <www.
chathamhouse.org.uk>, 9-10.
33 Cfr Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, Resolution 1562. Secret detentions and illegal
transfers of detainees involving Council of Europe member States: second report, 27 giugno 2007, in <www.
assembly.coe.int>. Nel 2006 la medesima Commissione sui diritti umani si era occupata delle prigioni della
CIA (Alleged secret detentions and unlawful inter-state transfers of detainees involving Council of Europe
member states, doc. n. 10957, 12 giugno 2006, in <http://assembly.coe.int>).
34 Cfr Human Right Watch, World report 2009, 549, disponibile in <www.hrw.org>.
35 Protect America Act del 2007, Public Law n. 110-55: cfr Bazan E., P.L. 110-55, the Protect America
Act of 2007. Modifications to the Foreign Intelligence Surveillance Act, 14 febbraio 2008, <www.fas.org/sgp/
crs/intel/RL34143.pdf>. La legge in tema di intercettazioni è il Foreign Intelligence Surveillance Act (FISA) del
1978, emendata con la riforma di cui alla nota seguente.
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con le agenzie governative e la possibilità di effettuare l’ascolto senza l’autorizzazione del giudice, in casi di emergenza, per una settimana 36.
Come abbiamo accennato, l’attuale ministro della Giustizia, Eric Holder, ha
nominato un procuratore speciale per indagare se agenti della cia siano andati
oltre le tecniche autorizzate dalla precedente amministrazione; la cia in ogni
caso non effettuerà più interrogatori, perché è stata attivata un’unità speciale
per la gestione dei detenuti e degli interrogatori antiterrorismo, che risponderà direttamente alla Casa Bianca, affidata alla guida di un alto ufficiale della
polizia federale (fbi, Federal Bureau of Investigation) 37.
Di fronte all’apparente assenza di immediate decisioni operative sulla sorte
del carcere e dei detenuti si è parlato di prolungamento dell’operatività delle
commissioni militari e quindi di una marcia indietro rispetto alle scelte dei decreti presidenziali di gennaio 2009 38. In realtà il tempo era necessario per la
difficile soluzione delle situazioni processuali pendenti e per i problemi
legati al trasferimento dei prigionieri: il Governo ha comunque sempre chiesto la sospensione dei giudizi in attesa della riforma della procedura (cfr nota 42)
e nel frattempo il Ministero della Giustizia aveva inoltre ritirato la definizione di
combattenti nemici per i detenuti di Guantánamo 39 senza opporsi alla distruzione di atti contenenti confessioni estorte con minacce e torture 40. Il Presidente
ha infine annunciato un prolungamento del termine per la chiusura, ma ha ribadito la scelta della fine di questa esperienza: si può dire che il calendario delle
decisioni sembra aver tratto sostanzialmente ispirazione alla cadenza suggerita
da un think tank (gruppo di ricerca) statunitense che si è occupato di come
chiudere Guantánamo 41, proponendo anche la cooperazione con gli alleati e le
36 Si tratta della Public Law 110-261, To amend the Foreign Intelligence Surveillance Act of 1978 to
establish a procedure for authorizing certain acquisitions of foreign intelligence, and for other purposes; la
legge è stata votata anche dall’allora senatore Obama. Cfr Bongiorni R., «Intercettazioni, Bush firma la legge»,
in Il Sole 24 Ore, 11 luglio 2007.
37 Cfr Miller G. – Meyer J., «Criminal investigations into CIA treatment of detainees expected», in Los
Angeles Times, 9 agosto 2009; Molinari M., «La Casa Bianca mette la Cia sotto inchiesta», in la Stampa, 25
agosto 2009; Shane S. – Mazzetti M., «Report Shows Tight C.I.A. Control on Interrogations», in The New York
Times, 25 agosto 2009. Il presidente Obama ha chiarito che «non si tratta di un’indagine penale, ma semplicemente di condurre un’inchiesta per capire cosa è successo»: Schieffer B., «Presto per mandare rinforzi e
poi in Afghanistan non resteremo all’infinito», in la Repubblica, 21 settembre 2009.
38 Cfr Lesnes C., «M. Obama envisage de prolonger le tribunaux d’exception créés pour Guantánamo»,
in Le Monde, 10 maggio 2009; «Obama may detain Guantánamo inmates», in The Guardian, 28 giugno
2009.
39 Dalla definizione dipendeva l’attivazione di procedure speciali; si afferma inoltre che la detenzione
avverrà in conformità al diritto internazionale e sulla base di prove sostanziali di legami col terrorismo. In
proposito cfr the United States Department of Justice Office of Public Affairs, Department of Justice Withdraws
«Enemy Combatant» Definition for Guantánamo Detainees, 13 marzo 2009, in <www.usdoj.gov/opa/pr/2009/
March/09-ag-232.html>. Cfr Finn P., «U.S. to Seek 3rd Delay In Guantánamo Cases. Closing of Facility Still in
Planning Stage», in The Washington Post, 17 settembre 2009.
40 Ehret C., «DOJ agrees not to oppose suppression of Guantánamo detainee confession», in Jurist.
Legal News and Research, 16 luglio 2009, <http://jurist.law.pitt.edu>.
41 Cfr Kornblut A. E., «Obama admits Guantánamo won’t close by Jan. deadline», in The Washington
Post, 18 novembre 2009; tuttavia, al momento in cui si scrive non è stato ancora formalmente modificato il
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organizzazioni internazionali per far ospitare i detenuti che non possono essere
rimpatriati, nonché il trasferimento dei rimanenti in apposite strutture. L’Unione
europea ha firmato un protocollo con gli Stati Uniti per l’accoglienza di alcuni
prigionieri 42. Alla fine di ottobre poi il Congresso ha approvato due leggi
importanti: La prima stanzia i fondi per lo spostamento dei detenuti, consentendone il trasferimento negli usa solo per affrontare i processi e solo dopo la trasmissione al Congresso di un piano con una completa valutazione dei problemi
di sicurezza nonché di tutte le informazioni inerenti i singoli casi; la seconda
riforma il processo delle commissioni militari ampliando i diritti di prova e le
garanzie processuali, compreso il diritto di appello alle corti civili: i membri di
al-Qaida non sono più definiti «combattenti nemici illegali» cui non si applica
la Convenzione di Ginevra, ma «nemici belligeranti senza privilegi» 43.
4. Dalla territorialità all’universalità dei diritti umani
Come sono potuti accadere fatti come quelli esaminati in un Paese democratico che si ispira ai principi della libertà, dell’uguaglianza e della pari dignità di ogni persona umana?
La vicenda di Guantánamo insegna prima di tutto che anche le società
democratiche non sono immuni da involuzioni nella tutela dei diritti umani.
Nelle situazioni di estremo pericolo non è facile trovare un equilibrio accettabile tra sicurezza e libertà 44: è sempre in agguato il rischio di cedere a chi invoca
la sola forza e di dimenticare che alcune soluzioni sono incompatibili con lo
stato di diritto, se per quest’ultimo si intende uno Stato che si fonda sulla divisione dei poteri, sulla supremazia della legge e sui principi di libertà e uguaglianza 45.
Gli stessi Stati Uniti hanno dimostrato che una democrazia possiede nume­
rosi strumenti a cui ricorrere per correggersi: in questo caso però non si
tratta solo dei pesi e contrappesi interni al sistema democratico americano, ma
anche del gran numero di trattati internazionali che garantiscono un’estesa protezione internazionale dei diritti dell’uomo. Il Patto internazionale sui diritti cidecreto che fissa la data di gennaio. Circa il think thank cfr Gude K. – Center for American Progress, How to
close Guantánamo, giugno 2008, <www.americanprogress.org>.
42 Consiglio dell’Unione europea, Joint Statement of the European Union and its Member States and the
United States of America on the Closure of the Guantánamo Bay Detention Facility and Future Counterterrorism
Cooperation, based on Shared Values, International Law, and Respect for the Rule of Law and Human Rights,
8 giugno 2009, in <www.consilium.europa.eu>.
43 Department of Homeland Security Appropriations Act del 2010, Public Law n. 111-83. La seconda
legge riforma il Military Commission Act del 2006 ed è inclusa nel National Defense Authorization Act for Fiscal Year 2010, Public Law n. 111-84 (in particolare la Section 1040 sulla definizione di nemici belligeranti):
cfr Richey W., «Obama endorses military commissions for Guantánamo detainees», in The Christian Science
Monitor, 28 ottobre 2009, <www.csmonitor.com>.
44 L’equilibrio tuttavia non può sacrificare del tutto «la pace, cioè la stabilità e la sicurezza», perché
sono tra i presupposti del bene comune: Catechismo della Chiesa cattolica, Libreria Editrice Vaticana, Città
del Vaticano 2003, n. 1909.
45 Cfr Bin R., Lo Stato di diritto. Come imporre regole al potere, il Mulino, Bologna 2004.
Guantánamo, un epilogo tormentato
25
vili e politici del 1966 e la Convenzione americana sui diritti umani del 1969
contengono norme che limitano la compressione dei diritti in situazioni di emergenza. Un importante rapporto-denuncia dell’onu su Guantánamo 46 si richiama
alla Convenzione delle Nazioni Unite sulla tortura del 1984 47, sottoscritta anche
dagli Stati Uniti.
Quello di Guantánamo è dunque un caso dai risvolti internazionali, che fa
riflettere su come la globalizzazione non produca soltanto trasformazioni economiche, ma anche un nuovo rapporto fra il diritto e il luogo dove esso si applica.
La crisi della territorialità, lo sradicarsi del diritto dalla terra, è uno dei
paradigmi della globalizzazione: esso fa sì che non valga più quanto accadeva
in passato, quando «i soggetti erano incardinati in un ordine normativo definito
da una propria territorialità che coincideva con quella degli Stati» 48, con il rischio
che si riduca il significato delle garanzie dello stato di diritto 49. Molte delle
violazioni dei diritti umani avvenute a Guantánamo si sono basate sul concetto
di cittadinanza e sul luogo di detenzione dei presunti terroristi: i diritti umani
venivano riconosciuti ai cittadini americani anche se catturati fuori dagli usa,
ma si voleva che ne fossero privi i cittadini non americani custoditi in territorio
statunitense (o comunque soggetti alla sovranità degli usa, come Guantánamo).
L’ambito di vigenza delle norme diviene dunque arbitrario e artificiale: se questo
fenomeno è nato per i contratti che regolano gli scambi commerciali, l’esistenza
di pratiche di tortura fuori dagli Stati che formalmente le vietano sembra indicare che esso possa riguardare anche la tutela dei diritti umani. Anche le guerre di inizio millennio, non delimitate dal diritto internazionale 50, sono un indizio
di come il diritto perda la sua prescrittibilità quando è incerto il confine
dove esso vige. Lo dimostra il fatto che le torture sono iniziate dove si è verificata violazione del diritto, come in Iraq, o dove è mancata l’applicazione della
Convezione di Ginevra, come purtroppo è avvenuto per i prigionieri catturati in
Afghanistan e per il carcere di Abu Ghraib in Iraq.
Nell’era della globalizzazione deve tornare attuale l’idea di una cittadinanza (di diritti) non legata alla territorialità o all’origine nazionale, che risale
all’impero romano, quando la cittadinanza fu aperta a ogni uomo, senza differenze etniche o religiose: tale concezione deve essere recuperata nelle sue radici
per valorizzare la dignità di cui ogni uomo è portatore, al di là della sua
46 Cfr Commission on Human Rights, Situation of detainees at Guantánamo Bay, 15 febbraio 2006, nn.
77-78, in <www.globalsecurity.org>.
47 I testi dei principali strumenti giuridici internazionali in materia di diritti umani, compresi quelli qui
richiamati, sono disponibili, in versione originale e in traduzione italiana, nel sito del Centro interdipartimentale
di ricerca e servizi sui diritti della persona e dei popoli dell’Università di Padova, <www.centrodirittiumani.
unipd.it>.
48 Ferrarese M. R., Le istituzioni della globalizzazione. Diritto e diritti nella società transnazionale, il
Mulino, Bologna 2000, 45.
49 Cfr Bin R., Lo Stato di diritto, cit., 103-104, 110.
50 Cfr Zolo D., «Globalizzazione», in Digesto delle discipline pubblicistiche, vol. Aggiornamento 2, UTET,
Torino 2005, 397.
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Fabio Sciola
appartenenza territoriale 51; essa, oltre a essere in linea con i trattati sui diritti umani si adatta anche alla società globale, pena il ricadere verso concezioni
giuridiche di questo istituto ormai regressive 52.
In questo senso è stata fondamentale la puntualizzazione della Corte Suprema americana, nell’affermare che al Congresso e al Presidente spetta il governo
dei territori, ma non stabilire quando e dove vige la Costituzione. È un segno
evidente — non l’unico nella vicenda di Guantánamo — del protagonismo delle
istituzioni giudiziarie e del ruolo fondamentale che i giudici possono svolgere
nella tutela dei diritti umani a livello globale: «in questa struttura giuridica
mobile […] l’istituzione giudiziaria […] è destinata a svolgere compiti di raccordo, mediazione, risoluzione del conflitto […], capace di dare un certo ordine a
questo traffico» 53 del mondo globale, dove si riscontra una pluralità di ordini
giuridici non ordinati a sistema. Non si tratta solo di salutare con speranza
l’istituzione di giudici sovranazionali, come la Corte penale internazionale 54,
espressione dell’emersione di un diritto (penale) transnazionale 55, ma anche di
notare che spesso le Corti costituzionali nazionali fanno «richiami e citazioni
[dalle] argomentazioni usate dai giudici di altri ordinamenti, impegnati in casi
analoghi», quasi a testimonianza di un «legame che le unisce quando affrontano
casi in cui entrano in discussione i diritti fondamentali» 56. Quando i beni costituzionali diventano interdipendenti è naturale che le giustizie costituzionali
aspirino a integrarsi e questo cosmopolitismo dei giudici 57 crea una nuova legittimazione che si basa proprio sul valore universale dei diritti.
51 Cfr Baccari M. P., «Alcuni principi del diritto romano per la difesa dell’uomo nella globalizzazione», in
Teoria del diritto e dello Stato, 1 (2005) 22.
52 Cfr Pizzolato F., «La riforma della cittadinanza: dall’etnia all’etica», in Aggiornamenti Sociali, 6 (2007)
425-435.
53 Ferrarese M. R., Il diritto al presente. Globalizzazione e tempo delle istituzioni, il Mulino, Bologna
2002, 200 e 202.
54 Cfr De Stefani P., «La Corte penale internazionale. Verso la “globalizzazione” della giustizia», in Aggiornamenti Sociali, 6 (2002) 490-500.
55 Cfr Zolo D., «Globalizzazione», cit., 396.
56 Bin R., Lo Stato di diritto, cit., 119.
57 Cfr Zagrebelsky G., «Corti costituzionali e diritti universali», in Rivista trimestrale di diritto pubblico,
2 (2006) 310; Galgano F., «La globalizzazione e le fonti del diritto», ivi, 321.
AS 01 [2010] 27
Schedario/ Film
Taxi to the dark side
di Alex Gibney, USA 2007, Jigsaw Productions,
Documentario, 106’
Partendo dal caso, avvenuto in Afghanistan, di un taxista accusato di essere
coinvolto in un attentato terroristico e detenuto nel carcere di Bagram, dove morirà
dopo cinque giorni, il regista Alex Gibney
compie un lungo viaggio nel «lato oscuro»
della guerra al terrorismo. La violazione dei
diritti umani, autorizzata dopo gli attentati
dell’11 settembre, è documentata attraverso
i fatti accaduti nelle prigioni
gestite dalle forze statunitensi,
in particolare a Guantánamo,
insieme a numerose interviste
a persone coinvolte. Il documentario, che segue la struttura classica dell’inchiesta
giornalistica, parte da un fatto
di cronaca apparentemente insignificante e arriva a svelare
una piramide di atrocità, che
contraddice nella pratica le
motivazioni teoriche di una guerra condotta
in nome della libertà e della democrazia.
Il lungometraggio si apre con una domanda: «Può il terrorismo distruggere la
democrazia?», e si snoda per quasi due ore
in modo visivamente efficace, anche se talvolta ripetitivo. Fino a che punto ci si può
spingere per ottenere informazioni utili alla
sicurezza del proprio Paese? Quali pressioni
psicologiche e fisiche possono essere giudicate accettabili e quali sconfinano nella
tortura? Attraverso uno stile estremamente
sobrio, senza spettacolarizzazioni, l’A. mette
lo spettatore di fronte ai fatti, lasciandogli
la possibilità di riflettere e di esprimere
un giudizio su temi che vanno allargandosi
dal particolare all’universale: carcerazione preventiva, tecniche di interrogazione,
guerra giusta, democrazia violenta. Alla
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fine lo spettatore attento sarà in grado di
rispondere alla domanda iniziale.
Il tipo di immagini usate è certamente
disturbante, ma non violento nel senso
abituale. Le torture a cui i prigionieri sono
sottoposti sono soprattutto di carattere psicologico (umiliazione, privazione sensoriale,
privazione del sonno), anche se non mancano i riferimenti alla più tradizionale violenza
fisica (posizione eretta protratta forzatamente per ore, colpi alle gambe, ecc.).
Anche dal punto di vista delle responsabilità morali il documentario
passa dal particolare all’universale. La prima tesi, la più
facile, impugnata subito dal
Governo, è quella delle «mele
marce»: i colpevoli di questi
abusi sarebbero un manipolo
di soldati perversi, un numero
irrilevante di cellule malate
in un corpo sano. Questa teoria, che si rivela ben presto
insostenibile, lascia il posto
a quella di un esercito violento, guidato
da leader senza scrupoli, ma anch’essa si
dimostra infondata. La responsabilità vera
è condivisa dai vertici più alti del Governo,
che sapevano e incoraggiavano. I soldati,
responsabili materiali dei maltrattamenti e
delle morti, sono stati però gli unici a pagare
davanti alla legge e all’opinione pubblica; e
da carnefici sono diventati vittime.
Il film, uscito negli Stati Uniti quando
ancora era presidente George W. Bush, ha
vinto il premio Oscar come miglior documentario nel 2009. Traspare un forte rammarico per quanto accaduto, ma non certo
un sentimento antiamericano; al contrario,
il rimpianto deriva proprio dalla profonda
stima per gli ideali americani, traditi nei
fatti. Il terrorismo non può distruggere la
democrazia, ma la violenza sì.
Giuseppe Zito s .i.