1 rassegna stampa venerdì 27 luglio 2012

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1 rassegna stampa venerdì 27 luglio 2012
Federazione ittaalliiaannaa bancari e assicuurativi
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 Draghi: pronti a tutto per l’euro ............................................................................. 3
 Volano le Borse: +5,6% Milano, +6% Madrid ........................................................ 4
 Mps, aperta la corsa per il back office Bassilichi è in pole ................................. 5
 Ligresti, i Pm cercano la lettera firmata ................................................................ 6
 Draghi scende in trincea a difesa dell’euro ........................................................... 7
 «Niente ripresa, ma l’euro debole aiuta» ............................................................... 8
 Azioni Esselunga a Caprotti «Il fondatore è il dominus» ..................................... 9
 Da Weill il pentito alle sbandate di Jp Morgan
Gli incendi d’estate delle banche supermarket .................................................. 10
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Rassegna Stampa del giorno 27 Luglio 2012
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
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 Draghi: “Pronti a tutto per l’euro e quel che faremo basterà”
Spread giù, Piazza Affari +5,6% ........................................................................... 11
 L’ok da Berlino e poi l’azione “Tocca a noi difendere i tassi” ............................. 12
 “Basta sacrifici, preparo l’Italia alla crescita” ...................................................13
 Patrimoniale, prestito forzoso e super Imu
tutte le tentazioni per consolidare il debito ....................................................... 14
UN AFORISMA AL GIORNO
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*il Sole 24ORE*
VENERDÌ, 27 LUGLIO 2012
Dal nostro corrispondente Leonardo Maisano
Draghi: pronti a tutto per l’euro
Il forte segnale di un prossimo intervento fa crollare gli spread e volare le Borse
IL CONTESTO
Il governatore ha parlato a Londra, al Global Business Summit organizzato da David
Cameron in occasione delle Olimpiadi
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LONDRA. È compito nostro e faremo il necessario. Il messaggio di Mario Draghi, un poco meno diretto e
molto più argomentato, è partito da Londra alle 10.30 ora di Greenwich per abbattersi sui mercati di tutto il
mondo nel volgere di qualche secondo. Spread e borse hanno invertito i corsi, con i primi che crollavano e le
seconde che schizzavano all'insù, alla ricerca di un'altra speranza.
Il presidente della Banca centrale europea, infatti, è stato netto abbastanza nel dare la certezza di un prossimo
intervento della Bce per riequilibrare il gap che si è spalancato fra BTp, bonos e bund. Banchieri e politici, fra
cui il ministro Corrado Passera e il ceo di Banca Intesa Enrico Cucchiani in visita ieri nell'olimpica Casa Italia
di Londra, hanno letto in modo univoco la frase scandita da Draghi secondo cui la dinamica degli spread rientra
nel mandato di Francoforte se «il margine del premio sul debito sovrano minaccia la funzionalità della politica
monetaria». E se è nel mandato, la Bce «farà tutto il possibile, che, vi assicuro - ha sottolineato il presidente
dell'istituto di Francoforte - è abbastanza» per calmare i mercati.
Non ci sono volute, ieri, doti di socratica maieutica per estrarre dalle labbra di Mario Draghi quanto da
settimane gli chiede il mondo. L'uscita è apparsa spontanea ed equilibrata da una lunga serie di considerazioni a
margine, non ultima la convinzione che alla meta arriveranno tutti i Paesi contemplati dai Trattati. Ovvero
nessun Grexit, almeno per ora.
Il presidente della Bce ha parlato al Global Business Summit di Londra, evento organizzato dal premier David
Cameron per accompagnare l'appuntamento olimpico con i "Giochi del Business", eterodossa iniziativa per
ridare spinta all'economia britannica che aggiunge ai suoi errori quelli dell'Eurozona. Così Draghi s'è trovato
circondato dai governatori di Messico, Agustin Carstens, di Brasile, Alexandre Tombini, dall'ospite Mervyin
King numero uno della banca di Elisabetta II ed esposto a un platea di duecento top businessmen, dai vertici di
Cisco a quelli di Vodafone. Ha rotto l'assedio con una metafora. «L'euro è come il bombo che non si capisce
bene come, ma vola. Per molti anni ha volato molto bene grazie all'aria speciale che si respirava. Ora il bombo
deve diventare una vera ape». L'area euro, ha ricordato, ha fatto meglio di Usa e Giappone se si guarda al
quadro macro, spaziando dal debito al deficit, e negli ultimi sei mesi «ha fatto progressi straordinari anche in
termini di coesione sociale raggiungendo livelli di convergenza molto più elevati del passato». È ora che la
mutazione del bombo in ape si realizzi, dunque riconoscendo «quanto è stato fatto» e ben valutando quanto
«capitale politico è stato investito nell'euro, progetto irreversibile».
Sul breve periodo Draghi ha sottolineato che la «frammentazione finanziaria» va riparata per ridare vigore al
mercato interbancario con azioni collettive. Avanti dunque con l'unione bancaria e con un'authority
sovranazionale che farà capo a Francoforte, ma non solo. Il presidente della banca centrale ha insistito che se da
un lato i mercati «non conoscono la vera forza della Bce» dall'altro mandano «segnali a cui la Bce può dare una
risposta, ma non può supplire all'azione dei Governi nazionali». Il bombo per farsi ape ha bisogno della volontà
e della forza dei Paesi membri.
Le capitali facciano dunque il loro lavoro, quel lavoro che Vittorio Colao, ceo di Vodafone, ha immaginato
nella versione più radicale invitando il panel a dire se solo l'unione politica metterà fine ai balletti di questi
mesi. Interrogativo al quale ha dato una risposta ore più tardi Christine Lagarde direttore generale del Fondo
monetario auspicando «un colpo di bacchetta magica» per unire d'un tratto i Paesi d'Europa nonostante,
secondo il numero uno dell'Fmi, non sia l'euro la più grave minaccia sul mondo, ma l'accoppiata "deficitdebito" degli Stati Uniti.
*il Sole 24ORE*
VENERDÌ, 27 LUGLIO 2012
di: Mara Monti
[email protected]
La giornata dei listini
Volano le Borse: +5,6% Milano, +6% Madrid
Corrono i titoli bancari in tutta Europa - Vendite sui «beni rifugio», giù i Cds di Italia e
Spagna
MOODY’S SULLA GERMANIA
I titoli finanziari tedeschi sono saliti nonostante l'agenzia americana abbia abbassato
l'outlook di 14 banche del Paese
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MILANO Tre semplici parole (whatever it takes, pronti a tutto) del presidente della Bce, Mario Draghi sono state
sufficienti per mettere il turbo ai mercati: Borse, euro, rendimenti dei titoli di Stato di Italia e Spagna hanno avuto un
recupero stellare, chiudendo una seduta che nelle prime battute si annunciava incerta: l'indice Ftse Mib di Piazza
Affari ha messo a segno il 5,62%, Madrid il 6,06 per cento. In forte rialzo anche Parigi, dove il Cac 40 ha
guadagnato il 4,07%, Francoforte, con il Dax il 2,75% e l'Ftse 100 di Londra l'1,36%. Lievemente negativa, invece,
Atene -0,83%. Si sono risollevate anche le quotazioni dell'euro, che ha chiuso a 1,2295 dollari dopo aver toccato un
massimo di seduta a 1,2329 dollari.
Nessuno avrebbe scommesso questo recupero due giorni fa di fronte alla catastrofe incombente, dominata
dall'irrazionalità e dal panico degli investitori. La svolta è arrivata ieri, quando il presidente della Bce in un clima da
"mezzogiorno di fuoco" ha lanciato la sfida ai mercati: «Siamo pronti a tutto per salvare l'euro, e credetemi sarà
sufficiente». Poche parole, chiare uscite dal palco del Global Investment Conference di Londra alla vigilia della
cerimonia di apertura delle Olimpiadi, suonate come un avvertimento a chi continuava a scommettere sull'uscita
dall'euro della Grecia e sulle debolezze dei paesi periferici, ovvero Italia e Spagna: in pochi minuti gli spread dei
BTp e dei Bonos hanno cominciato a scendere, mentre le Borse, l'euro e le materie prime salivano, a dimostrazione
che il numero Uno della Bce aveva colpito nel segno, ridando fiducia ai mercati. Vendite anche sui titoli cosiddetti
"rifugio" dal Bund tedesco salito all'1,33%, al Tresurys americano all'1,43% e sul dollaro arrivato a scambiare
contro l'euro 1,2283. Giù anche i Cds (credit default swap) di 24 centesimi quelli dell'Italia a 500 punti base, -25
centesimi quelli della Spagna a 536. Gli unici a salire sono stati quelli del Portogallo di 16 centesimi.
In Borsa a beneficiare dei rialzi sono stati i titoli bancari e finanziari, mentre in Germania Moody's ha adeguato
l'outlook di 14 banche portandolo a negativo: nonostante ciò Commerzbank è salita del 6,2% e Deutsche Bank del
5%. La spagnola Santander è salita del 4,5%, Unilever 5,4% e France Telecom +2,4%. Per ora la "moral suasion" di
Draghi ha funzionato e chi era già corto ha dovuto ricoprirsi acquistando titoli. Ora bisognerà vedere se i ribassisti
sono stati sconfitti oppure se, nei prossimi giorni, riprenderanno a vendere per sondare le vere intenzioni e le
capacità di fuoco di Francoforte. L'onda lunga del "Draghi pensiero" ha raggiunto anche Wall Street che dopo avere
aperto in territorio positivo ha continuato a guadagnare con il Dow Jones +1,67%, l'S&P +1,65% e il Nasdaq +1,37
per cento, mettendo a segno la migliore performance dell'ultimo mese. A sostenere la Borsa americana sono arrivati
anche i positivi dati macroeconomici con gli ordini di beni durevoli aumentati oltre le aspettative e con le richieste
iniziali di sussidi di disoccupazione calate la settimana scorsa ai livelli minimi in quasi quattro anni.
Negli Usa si guarda con attenzione agli sviluppi europei perché come sottolineava ieri il quotidiano economico Wall
Street Journal le politiche di austerity dei governi del Vecchio Continente stanno causando un crollo dei guadagni
per le società statunitensi. «La crisi europea rappresenta il rischio più grande per la nostra economia», ha chiosato
ieri il segretario al Tesoro Usa Timothy Geithner, un circolo vizioso che dalle politiche di austerità dei governi
dell'eurozona passano alle famiglie a tagliare le spese, con un minore gettito fiscale e un ulteriore aumento
dell'austerità. Questa settimana aziende americane come Ford e Apple hanno accusato l'Europa dei loro recenti
risultati deludenti, causati in gran parte dal rallentamento delle vendite nei paesi del Vecchio Continente, che
rappresenta un quinto del volume globale delle esportazioni Usa. Ford, per esempio, ha registrato un calo del 57%
nel secondo trimestre del 2012, attribuito soprattutto alle perdite nell'area euro, pari a 404 milioni di dollari.
Oggi, intanto, è atteso il dato del Pil americano del secondo trimestre previsto dagli economisti all'1,3%, un
termometro importante della principale economia mondiale e a pochi giorni dalla riunione del Fomc che dovrà
decidere nuove misure di stimolo all'economia.
*il Sole 24ORE*
VENERDÌ, 27 LUGLIO 2012
di: Cesare Peruzzi
Credito. Oggi lo sciopero contro il piano
Mps, aperta la corsa per il back office
Bassilichi è in pole
CONFRONTO
La responsabile delle risorse umane del gruppo, Ilaria Dalla Riva, convoca al tavolo i
sindacati: «Regole condivise»
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FIRENZE.
Banca Mps accelera i tempi della riorganizzazione. Sono almeno quattro i soggetti interessati
all'esternalizzazione delle attività di back office, prevista dal piano industriale messo a punto dal presidente
Alessandro Profumo e dall'amministratore delegato Fabrizio Viola.
La decisione di vendere il Consorzio informatico, 260 milioni di ricavi e 2.350 dipendenti, alla cui guida il cda
di Rocca Salimbeni ieri ha insediato Alfredo Montalbano, chief operating officer del gruppo senese, è ancora
oggetto di polemiche (soprattutto da parte sindacale), ma la strada è stata imboccata e il Monte non tornerà
indietro. Anzi, non è escluso che altre attività, come la monetica di Antonveneta, finiscano nel pacchetto
destinato all'outsourcing.
Tra i potenziali acquirenti (advisor di Mps è Value) ci sono i gruppi Bassilichi, Accenture e Cedacri, ai quali
potrebbe aggiungersi un operatore internazionale. Ma il più accreditato è Bassilichi. L'azienda toscana che fa
capo ai fratelli Marco e Leonardo Bassilichi (rispettivamente presidente e amministratore delegato), partecipata
dallo stesso Montepaschi, è ai vertici del settore in Italia e sta crescendo con grande dinamismo. Con questa
operazione raddoppierebbe il volume d'affari e potrebbe avvicinarsi a Piazza Affari, obiettivo a cui guarda da
tempo.
Il consiglio d'amministrazione di Banca Mps, l'ultimo prima della pausa estiva, nel giorno del grande rimbalzo
del titolo in Borsa (+9% a 0,17 euro), ha anche deciso l'orientamento da tenere in merito all'aumento di capitale
da 30 milioni e al prestito obbligazionaria da 70 della Popolare di Spoleto, partecipata al 26% da Rocca
Salimbeni. Confermato il sì alla prima mossa e il no alla seconda. Siena, però, potrebbe anche non partecipare
all'aumento (pur votando a favore) e diluire la propria quota. L'assemblea straordinaria della Spoleto, in
programma il 10 agosto, chiarirà definitivamente le posizioni.
Oggi il gruppo Mps si ferma per lo sciopero (il secondo in pochi mesi) indetto dai sindacati (Fisac-Cgil, FibaCisl, Uilca-Uil, Ugl credito, Dircredito e Fabi) contro il piano industriale che prevede tra le altre cose la
riduzione del personale (4.600 unità entro il 2015), la chiusura di 400 filiali e l'esternalizzazione del back office.
Il fronte sindacale, che si sente tagliato fuori dalle scelte, punta il dito contro «la politica dei tagli e i progetti di
esternalizzazione», ma si dice pronto a contribuire al risanamento della banca.
Mano tesa anche da parte della nuova responsabile delle risorse umane del gruppo, Ilaria Dalla Riva: «Ai primi
di agosto apriremo un tavolo di confronto coi sindacati per arrivare a un accordo», dice. «Vogliamo definire
insieme le regole del gioco e nessuno perderà il posto», assicura la manager.
*il Sole 24ORE*
VENERDÌ, 27 LUGLIO 2012
di: Carlo Festa
L'inchiesta. Gli inquirenti a caccia della copia originale del «presunto» accordo tra i Ligresti
e Mediobanca
Ligresti, i Pm cercano la lettera firmata
LE HOLDING DI FAMIGLIA
Le banche creditrici tentano la carta del concordato fallimentare e incaricano i legali
Ianaccone e Sandulli più gli advisor Leonardo-Lazard
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La Procura di Milano continua le indagini sulla buonuscita per i Ligresti da parte di Premafin che sarebbe stata
promessa da Mediobanca a latere del riassetto del gruppo. L'obiettivo sarebbe trovare la copia originale della
lettera, di cui ha parlato Salvatore Ligresti e che dovrebbe riportare in calce le firme sue e dell'Ad di
Mediobanca Alberto Nagel: manoscritto in cui verrebbe garantita una buonuscita ai Ligresti di 45 milioni di
euro per il 30% di Premafin più altre utilità.
Nel frattempo, vigila anche la Consob, che ancora non avrebbe avuto modo di visionare il documento, posto
sotto sequestro, ma che ha costanti contatti con la Procura. Dopo l'audizione del capo famiglia e dell'avvocato
Cristina Rossello, segretario del patto di sindacato di Mediobanca, il cui verbale sarebbe stato secretato, ora
tutti si aspettano che il prossimo ad essere sentito dal Pm Luigi Orsi sia Nagel. Lo ha infatti chiamato in causa
l'ingegner Ligresti, che ai Pm ha riferito di un incontro il 17 maggio scorso per firmare entrambi l'intesa.
Il dossier Imco e Sinergia
Intanto le banche starebbero provando la carta del concordato fallimentare su Imco e Sinergia. Mentre le due
scatole societarie, un tempo della famiglia Ligresti e ora in fallimento, procedono sotto la cura dei curatori
fallimentari (sono stati scelti dal Tribunale tre professionisti per ogni holding) gli istituti provano a studiare una
nuova architettura per soddisfare i creditori del crack: un dissesto da quasi 500 milioni di cui 400 verso le
banche e 60 milioni verso altri creditori (tra cui i 12,5 milioni di debiti verso l'Istituto oncologico europeo).
L'obiettivo sarebbe, appunto, un concordato fallimentare tramite il quale proporre ai curatori un piano di
rimborso dei creditori a fronte dell'acquisizione delle attività immobiliari.
Sul piano starebbero lavorando, per conto delle banche lo studio legale dell'avvocato Giuseppe Ianaccone e il
professore napoletano Michele Sandulli, grande esperto di diritto commerciale e fallimentare. Nel frattempo, si
sarebbero uniti gli advisor finanziari Lazard e Banca Leonardo. Oggi Unicredit è l'istituto più esposto per 183,3
milioni, seguito da Banco Popolare (42,9 milioni), Popolare di Milano (35,5 milioni), General Electric (30,8
milioni), Banca Sai (21 milioni), Popolare di Sondrio (6,7 milioni) Monte dei Paschi (6,2 milioni), Cassa
Lombarda (3,9 milioni) Hypo (2,5 milioni) e altri istituti per 1,2 milioni.
Resta da capire quali siano le chance che il piano venga accettato dal Tribunale. Nel caso in cui il progetto
dovesse prendere corpo, alla finestra sarebbe l'imprenditore Manfredi Catella, il capo di Hines Italia, che già
prima del fallimento aveva trattato con gli istituti di credito per la valorizzazione delle attività immobiliari
tramite un fondo sociale.
Nel frattempo, i curatori stanno predisponendo la documentazione su Imco e Sinergia. In primo luogo, la
relazione sulle cause del dissesto e le responsabilità dello stesso, da consegnare al giudice delegato e alla
Procura di Milano. I professionisti dovranno poi preparare lo stato passivo con le domande di ammissioni.
Infine il programma di liquidazione delle attività: Imco e Sinergia, fra gli asset in portafoglio, possiedono anche
il 20% di Premafin. La richiesta di fallimento per le due holding dei Ligresti è stata avanzata dal Pm Orsi, lo
stesso che sta seguendo le altre indagini sull'ex-gruppo dei Ligresti.
*CORRIERE DELLA SERA*
VENERDÌ, 27 LUGLIO 2012
di: Stefania Tamburello
Draghi scende in trincea
a difesa dell’euro
«Inimmaginabile che un Paese lasci». Crolla lo spread, Piazza Affari balza del 5,6%
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ROMA — «La Bce è pronta a fare tutto il necessario per salvaguardare l'euro, nell'ambito del suo mandato. E
credetemi, è abbastanza». Il presidente della Bce, Mario Draghi, parlando a Londra difende la moneta unica
sfidando la speculazione, e i mercati reagiscono ritrovando lo sprint perduto. Le Borse virano verso l'alto con
Piazza Affari che spicca il volo guadagnando il 5,62%. Balza del 6,06% anche Madrid mentre Parigi sale del
4,07%, Francoforte del 2,75% e Londra dell'1,36%. Gli spread dei titoli spagnoli e italiani scendono
sensibilmente, quello del Btp decennale, che segna un rendimento dello 0,06%, cala a 473 punti dopo aver
aperto a quota 537, e il Tesoro incassa anche il pieno di domande all'asta dei Ctz, offerti per 2,5 miliardi e
collocati con tassi sì in aumento dello 0,15% al 4,860% ma inferiori a quelli di mercato. L'euro sale a 1,2260
dollari recuperando in parte la scivolata dei giorni scorsi. Una giornata decisamente positiva dunque in cui
arriva pure la notizia di un nuovo piano di tagli della Grecia per ottenere il placet di Ue, Fmi e Bce all'ulteriore
sostegno finanziario. Ma sono le parole del numero uno di Eurotower ad indirizzare le scelte degli investitori.
La Bce vuole «vincere la battaglia contro la speculazione» e non darla vinta a chi sta scommettendo contro la
sopravvivenza della costruzione europea. L'euro «è irreversibile» e «non si tratta solo di parole» dice Draghi,
spiegando come l'opinione pubblica «non dovrebbe sottostimare il capitale politico investito nella moneta
unica», e i mercati «non dovrebbero accreditare l'euro di una forza minore di quanto sia in realtà giusto». In
ogni caso è «inimmaginabile» che un paese abbandoni l'Eurozona, anche perché tutti hanno compiuto
«progressi straordinari» negli ultimi sei mesi e il cammino delle riforme «non si è fermato in Spagna, Italia e
Portogallo». Ma quali iniziative prenderà l'istituto di Francoforte? Non certo quelle che «spettano ai governi
nazionali» ai quali la banca centrale non vuole e non può sostituirsi. Ma quelle che sono «giuste, efficaci e
necessarie» all'interno però del mandato di Eurotower che è di «mantenere la stabilità dei prezzi e risolvere il
problema della frammentazione dei mercati». Inutile quindi interrogarsi, o premere come forse vorrebbe la
politica, su eventuali interventi fuori dagli schemi di Eurotower: Draghi sostiene che la Banca ha gli strumenti
sufficienti per affrontare la sua principale preoccupazione che in questo momento è di essere efficace facendo
funzionare in modo stabile e prevedibile il meccanismo di trasmissione della politica monetaria. Un
meccanismo che sembra invece essersi inceppato visto che le banche depositano la liquidità in eccesso a
Francoforte invece di prestarla ad altri istituti e visto che le decisioni relative ai tassi di interesse non riescono
ad influenzare le condizioni monetarie nel modo desiderato anche perché la corsa degli spread «e gli alti premi
di rischio» lo impediscono. La Bce, dunque, agirà per spezzare il legame tra i sistemi bancari e gli Stati ma
occorre, sostiene Draghi, che i governi facciano lo stesso: l'ultimo vertice europeo «è stato un grande successo»
ma bisogna insistere nell'ottica futura di «condividere anche la sovranità nazionale» e bisogna attuare la nuova
vigilanza bancaria europea e l'unità finanziaria.
Apprezzamento per Draghi arriva dal Fmi che coglie l'occasione per ribadire come Italia e Spagna debbano
proseguire nella strada delle riforme. Il direttore del Fondo, Christine Lagarde, sposta invece l'attenzione su un
altro fronte di possibile crisi: sugli Usa, il cui doppio disavanzo, dice, è ora il primo rischio per l'economia
mondiale.
*CORRIERE DELLA SERA*
VENERDÌ, 27 LUGLIO 2012
di: Melania Di Giacomo
«Niente ripresa,
ma l’euro debole aiuta»
Confindustria: è allarme occupazione. Squinzi sente Napolitano: «Preoccupati»
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ROMA — «Non esistono possibilità di ripresa entro l'anno». È il Centro Studi della Confindustria a certificare
in maniera inequivocabile una situazione che i dati su produzione, ordinativi, occupazione, accesso al credito,
diffusi ormai con cadenza giornaliera dagli istituti di ricerca, descrivono critica per l'economia Italia. E che il
presidente Giorgio Squinzi, dopo aver sentito al telefono il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano,
sintetizza così: c'è «molta preoccupazione, davvero molta preoccupazione».
«Lo scenario globale è ulteriormente peggiorato. E in Italia la diminuzione del Pil proseguirà», spiega il Centro
Studi nella «Congiuntura flash» diffusa mensilmente. E dallo studio arriva anche una bocciatura dell'approccio
alla crisi da parte dell'area Euro e della Banca centrale europea.
Il secondo trimestre — sintetizza il Csc — si è chiuso con tutti gli indicatori congiunturali in ribasso,
soprattutto i nuovi ordini, annullando le probabilità di rilancio nella seconda metà dell'anno. Un piccolo
spiraglio si aprirà a breve: c'è - evidenzia lo studio - qualche timido segnale di rallentamento della flessione a
partire dall'estate inoltrata. Ma non basta. Perché rispetto all'evoluzione della situazione, per uscire dalla crisi
«quasi tutto» ora dipende da «Eurolandia, che sempre più appare intrappolata in una spirale depressiva», a
causa oltre che di fattori oggettivi come lo sgonfiamento della bolla immobiliare, della stretta creditizia e dal
calo dei consumi da parte delle famiglie, anche «dell'incertezza e dei danni che la gestione europea della crisi
provoca, tra l'altro con politiche di risanamento troppo restrittive». Le misura fin qui adottate, in sostanza, non
solo non riescono a far arretrare gli spread ma «aumentano l'incertezza».
Nel bollettino gli industriali evidenziano anche che «la Bce agisce in misura limitata sia con gli strumenti
ordinari (i tassi) sia con quelli straordinari (l'acquisto diretto di titoli di Stato), per vincoli politico-culturali più
che istituzionali». Una affermazione che arriva nel giorno dell'ottimismo diffuso dalla rassicurazione del
presidente Bce, Mario Draghi, che si è detto pronto a tutto in difesa della moneta unica. La Banca centrale
europea — si ricorda nell'analisi della Confindustria — a luglio ha tagliato il tasso ufficiale allo 0,75 (dall'1%),
«accorciando il gap rispetto alle politiche più espansive seguite da altre Banche centrali», ma — suggerisce —
ha lo spazio per ridurre ancora quel tasso, almeno fino allo 0,25% che la Federal Reserve sta praticando ormai
da quattro anni. Viene poi criticato il fatto che «la Bce ha azzerato il tasso sulla deposit facility», quello che la
banca centrale riconosce ai depositi, ma «non si è sbloccato l'interbancario». Quindi «gli istituti di credito
hanno trasferito i propri fondi al current account», il loro conto con le riserve obbligatorie a Francoforte,
«invece di prestarli ad altri istituti, famiglie e imprese».
Così, «il credit crunch si accentua»: in Italia a maggio i prestiti alle imprese sono scesi dello 0,7%, e il 32,9%
delle imprese ha registrato condizioni di credito peggiori nel secondo trimestre e il 26,1% liquidità insufficiente
per il terzo. Tutto questo è collegato «al progressivo deterioramento delle prospettive occupazionali». A maggio
i disoccupati erano il 10,1% della forza lavoro.
L'altro lato della medaglia è che la svalutazione dell'euro rispetto alle principali valute «sosterrà le
esportazioni». Un cambio dollaro-euro a 1,21, come quello di questi giorni, rispetto all'1,32 indicato dal Centro
Studi un mese fa, «può determinare in Italia un maggior Pil pari a 0,7 punti percentuali nel 2013».
*CORRIERE DELLA SERA*
VENERDÌ, 27 LUGLIO 2012
di: Antonia Jacchia – Maria Silvia Sacchi
Azioni Esselunga a Caprotti
«Il fondatore è il dominus»
Rassegna Stampa del giorno 27 Luglio 2012
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MILANO — Una risposta lunga 70 pagine. Sessantadue per dare ragione a Bernardo Caprotti: le azioni di
Esselunga sono sue, lo sono sempre state e può farne ciò che vuole. Otto, invece, di dissenso, che aprono le porte a
una nuova causa. Si è concluso così l'arbitrato sulla proprietà delle azioni di Esselunga, la catena della grande
distribuzione italiana da 6,6 miliardi di euro di fatturato, al centro di un violento scontro tra Bernardo Caprotti e i
due figli maggiori, Giuseppe e Violetta.
Ancora un round vinto da Bernardo, dunque, dopo quello in Tribunale dello scorso aprile. Il collegio arbitrale
(formato da tre dei maggiori giuristi italiani: Ugo Carnevali presidente, Pietro Trimarchi per Caprotti senior,
Natalino Irti per i due figli) ha pronunciato il lodo che «ha accertato inappellabilmente che Bernardo Caprotti ha
esercitato i suoi diritti secondo i patti sottoscritti con i figli — dice un comunicato di Esselunga —. Bernardo
Caprotti — conclude la nota — è il dominus di Esselunga e della stessa può disporre nel rispetto delle leggi che
governano il Paese».
Immediata la risposta dei figli. «Giuseppe e Violetta Caprotti dichiarano che il lodo è impugnabile e che è stato
pronunciato a maggioranza con una ferma e durissima presa di posizione dell'arbitro prof. Natalino Irti, il quale ha
evidenziato gravi violazioni processuali nonché giudizi arbitrali contrari a principi di ordine pubblico. Il lodo ha
definito inoltre di compensare parzialmente le spese. Giuseppe e Violetta Caprotti annunciano inoltre che il lodo
sarà impugnato per le cause ammesse dalla legge e in ogni caso pende un separato giudizio presso il Tribunale di
Milano volto a ripristinare la legalità della vicenda».
La contesa tra Caprotti e i due figli maggiori era esplosa all'inizio di quest'anno dopo la decisione di Bernardo di reintestare a se stesso le azioni di Supermarkets Italiani (la holding che controlla Esselunga). Azioni che nel 1996
aveva invece intestato in nuda proprietà, attraverso la «schermatura» di Unione Fiduciaria, ai tre figli: Giuseppe e
Violetta, nati dal primo matrimonio con Giulia Venosta, e Marina Sylvia, nata dal matrimonio con Giuliana Albera.
Giuseppe, il primogenito che ha lavorato nel gruppo fino al 2004, anno in cui lasciò la carica di amministratore
delegato al termine di un violento scontro con il padre, era intestatario del 33,19%, le due sorelle del 29,19%
ciascuna. Bernardo deteneva l'8,43% in piena proprietà e l'usufrutto sul 52,36% dei figli.
Dopo 16 anni e una serie di contrasti sempre più importanti con i figli maggiori, a febbraio 2011 Caprotti senior
decide di «riprendersi» il 70% delle azioni, lasciando il restante 30% a Unione Fiduciaria. Giuseppe e Violetta
scoprono per caso il cambio di intestazione e a gennaio di quest'anno chiedono al Tribunale di Milano il sequestro
giudiziario dei pacchetti azionari, sostenendo di averne la proprietà. Il padre afferma, invece, che l'intestazione è da
sempre «meramente fittizia». Il Tribunale dà ragione a Bernardo e torto a Giuseppe e Violetta, riconoscendo che
l'assegnazione in nuda proprietà era una simulazione fittizia avendo Caprotti senior sempre esercitato «ogni e
qualsivoglia» potere. Mentre ancora si attendeva il giudizio del Tribunale, però, Bernardo promuove l'arbitrato
previsto dagli accordi familiari. Ieri la decisione degli arbitri conferma che le azioni sono del fondatore del gruppo.
Ma il dissenso espresso da Natalino Irti, l'arbitro indicato da Giuseppe e Violetta, prelude a un nuovo scontro. «La
soluzione adottata nel lodo — mette agli atti Irti — viola un principio fondamentale del nostro ordinamento, onde si
esige che i beni circolino per consenso delle parti. Nel caso concreto non si dà un atto con efficacia traslativa
compiuto da Bernardo Caprotti nei confronti dei precedenti titolari delle azioni».
In attesa dell'impugnazione del lodo, intanto, a Palazzo di Giustizia di Milano è stata fissata per il prossimo 23
ottobre la prima udienza della causa di merito promossa da Giuseppe e Nicoletta lo scorso aprile, dopo la risposta
negativa alla richiesta di sequestro.
La soluzione al grave dissenso familiare, insomma, appare ancora lontana.
Cosa farà adesso Bernardo Caprotti? Potrebbe vendere Esselunga, che è il timore di Giuseppe e Violetta ma che lo
stesso Caprotti senior ha detto di recente di non voler fare? O potrebbe decidere in un modo diverso la propria
successione ereditaria? Nel suo comunicato di ieri, il gruppo della grande distribuzione scrive che Caprotti senior
«può disporre» di Esselunga «nel rispetto delle leggi che governano il Paese». Per il momento, la holding
Supermarkets Italiani ha rinnovato a fine maggio il suo consiglio di amministrazione e i due figli maggiori non
compaiono più nel board come in passato. Dei figli è presente solo Marina Sylvia, la terza figlia di Bernardo.
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Gli arbitri: poteva riprendere le quote intestate ai figli
*CORRIERE DELLA SERA*
VENERDÌ, 27 LUGLIO 2012
DAL NOSTRO INVIATO Massimo Gaggi
Da Weill il pentito alle sbandate di Jp Morgan
Gli incendi d’estate delle banche supermarket
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Rassegna Stampa del giorno 27 Luglio 2012
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
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NEW YORK — Estate di fuoco per le banche: quelle spagnole bisognose di salvataggio, mentre gli istituti del resto
dell'Europa continentale rischiano grosso per effetto della crisi del debito sovrano di Madrid, Roma e di altri Paesi
dell'Unione. Ieri è toccato all'ex direttore generale del Fondo Monetario ed ex ministro delle Finanze spagnolo,
Rodrigo Rato, difendersi davanti al Parlamento di Madrid dalle accuse di cattiva gestione o, peggio, malversazione,
per il crollo di Bankia, la conglomerata bancaria da lui diretta. Arrivata a un passo dalla bancarotta, Bankia ha
chiesto un salvataggio da 19 miliardi di euro. Rato, costretto alle dimissioni, dovrà rispondere di varie accuse.
Ma anche le banche anglosassoni sono sotto pressione perché gli istituti principali incarnano un modello - quello del
gigante bancario tuttofare - che non tiene più. Le disavventure della JP Morgan Chase, la banca meglio gestita
d'America. Lo scandalo del tasso Libor manipolato che ha costretto anche il capo del gruppo britannico Barclays,
Bob Diamond, alle dimissioni (gettando un'ombra pesante anche su Bank of England e sui controllo carenti della
Fed americana). Il caso di «insider trading» che ieri ha costretto Kenichi Watanabe, il numero uno di del gigante
giapponese Nomura, a lasciare l'incarico. Tutte queste sono manifestazioni della pressoché totale impossibilità di
controllare dal centro giganti bancari con centinaia di migliaia di dipendenti che operano in tutto il mondo e sono
attivi nei settori più disparati: dal credito al consumo ai segmenti più sofisticati e rischiosi del mercato dei derivati.
Un modello, quello del «supermercato» finanziario, tenuto a battesimo alla fine degli anni '90 da Sanford Weill: il
grande banchiere (ora in pensione) che creò Citigroup fondendo, passo dopo passo, banche commerciali e d'affari,
pezzi di società d'investimento e di gruppi assicurativi. Una serie di operazioni audaci e spregiudicate perché,
quando Weill (correva il 1998) mise insieme Travelers, Smith Barney, Salomon Brothers, Drexel, un pezzo di Aetna
e poi le fuse con Citicorp, era ancora in vigore l'obbligo di separazione tra banche commerciali e d'affari introdotto
nel 1933 col Glass-Steagall Act. Solo l'anno dopo (1999), davanti al fatto compiuto della nascita del gigante
Citigroup, il Congresso varò una legge che superava il divieto del 1933.
Il crollo della Lehman nel 2008, il «boom» delle attività finanziarie più spericolate nella quale si sono tuffate le
grandi banche commerciali attratte dalla possibilità di facili guadagni e, ora, i nuovi incidenti di percorso e gli
scandali a raffica, stanno convincendo un numero crescente di protagonisti della finanza e della politica americana
che questi giganti del credito andrebbero smontati per ridurre i rischi di una loro deflagrazione.
Ma adesso la notizia più clamorosa è che a caldeggiare il ritorno al regime di separazione del Glass Steagall Act è lo
stesso Sanford Weill, il «grande burattinaio» dell'affossamento di quella legge. L'altra mattina, in una breve
intervista alla rete televisiva finanziaria CNBC, ha preso tutti di sorpresa demolendo in poche battute la visione
finanziaria che lui stesso aveva imposto al mercato e fatto prevalere in Congresso: «Se vogliamo proteggere i
contribuenti e i depositi dei risparmiatori dobbiamo avere il coraggio di fare a pezzi queste grandi conglomerate
bancarie» ha spiegato davanti all'intervistatore sbalordito.
Sbalordimento giustificato dal fatto che 13 anni fa Weill fu il superlobbista che lottò senza tregua per scardinare quel
Glass-Steagall Act che ora vuole far tornare in vita. Allora per abbatterlo arrivò al punto di telefonare a notte fonda
all'allora presidente Bill Clinton per assicurarsi il suo sostegno alla legge che demolì il muro di separazione tra
credito ordinario e «investment banking». Adesso ripete che quella decisione aveva una sua logica, ma poi aggiunge
che furono fatti errori e che il modello da lui immaginato ha smesso di avere un senso quando «il mondo è cambiato
con la bolla immobiliare e il collasso del mercato della casa, determinato anche dall'uso estremo della leva
finanziaria da parte di molte istituzioni creditizie».
In realtà, anche se in questi anni non si era mai espresso così esplicitamente, il ripensamento di Weill sembra essere
cominciato a maturare anche prima del 2008: il grande banchiere, infatti, si ritirò nel 2003 cedendo la guida del
pachiderma Citigroup non ad un altro uomo di finanza ma a un avvocato: Charles Prince, chiamato soprattutto a
risolvere i molti problemi legali emersi per i comportamenti spregiudicati di alcune unità fuori controllo. Ma ormai
si erano aperte le cateratte, come dimostrò il caso dei giovani broker che nell'estate del 2004 fecero saltare il mercato
obbligazionario europeo vendendo all'improvviso 11 miliardi di euro di titoli, riacquistandoli subito dopo a un
prezzo più basso. Prince fu costretto a girare il mondo per scusarsi e a mandare i suoi banchieri a scuola di etica
degli affari.
*la Repubblica*
VENERDÌ, 27 LUGLIO 2012
di: ELENA POLIDORI
I mercati
Draghi: “Pronti a tutto per l’euro
e quel che faremo basterà”
Spread giù, Piazza Affari +5,6%
“Rispetteremo il mandato, nessun Paese uscirà”
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Rassegna Stampa del giorno 27 Luglio 2012
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
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ROMA
— Mario Draghi avverte che la Bce, all’interno del suo mandato, «è pronta a tutto per salvare l’euro».
«Credetemi, sarà sufficiente», sono le sue parole, pronunciate alla Global Investment Conference di Londra,
alla vigilia delle Olimpiadi. «Impensabile immaginare che un paese possa uscire dall’eurozona». E subito i
mercati reagiscono con un balzo: tutte le Borse Ue guadagnano terreno, Milano chiude con un rialzo del
5,62% e Madrid del 6,06%. L’euro torna a sfiorare quota 1,23 sul dollaro. Ma soprattutto vanno giù gli spread:
quello italiano perde 50 punti secchi e s’attesta a 473, con il rendimento del Btp al 6,05. Quello spagnolo
finisce a 561 punti e i tassi dei bonos scivolano al 6,92%. Il Tesoro colloca senza problemi anche Ctz per 2,5
miliardi al 4,86%. Il presidente della Commissione Barroso s’allinea: la Grecia resterà nell’euro e le istituzioni
Ue «faranno tutto il possibile» per assicurare la stabilità. E il numero uno dell’Fmi, Christine Lagarde,
preoccupata per il rosso dei conti Usa dichiara: «Se avessi la bacchetta magica farei in modo che l’Europa
creasse più Europa».
Il presidente della Bce parla a metà mattinata, quando i mercati già s’avviano verso un’altra giornata difficile,
con la troika che spulcia nei conti di Atene, la Spagna che di nuovo nega il salvataggio, Moody’s che abbassa
a negativo l’outlook di 17 banche tedesche e Confindustria che non vede ripresa per quest’anno. Il suo
messaggio suona rassicurante e anche minaccioso per chi, ogni giorno, scommette contro la moneta unica.
Tanto più perché si basa su dati a lungo vagliati dall’Eurotower. E dunque: «L’area euro ha fatto progressi
straordinari negli ultimi sei mesi e così pure Italia e Spagna», i due paesi sotto attacco. E’ «solida, molto più di
quanto di pensi». E soprattutto, «l’Eurozona ha il potere di sconfiggere la speculazione».
C’è un passaggio del suo intervento che sembra tagliato apposta per vincere le resistenze di tedeschi,
olandesi e finlandesi e per superare i divieti dei Trattati. «Gli spread sovrani rientrano nel nostro mandato,
nella misura in cui bloccano il funzionamento dei canali di trasmissione della politica monetaria». E’ un
messaggio inequivocabile. Significa che Draghi intende muoversi «senza tabù», anche su questo terreno,
delicatissimo e molto temuto. I mercati s’aspettano un intervento già nella riunione del 2 agosto. S’interrogano
sugli strumenti tecnici che compongono l’arsenale Bce: un nuovo ribasso dei tassi? un’altra iniezione di
liquidità? Sul tavolo dell’Eurotower ci sono vari piani che comprendono anche acquisti immediati di titoli
pubblici e l’attribuzione all’Esm, il fondo salva-stati permanente di prossima nascita della licenza bancaria per
poter approvvigionarsi allo sportello Bce. Potrebbe anche bastare la sola parola di Draghi, se è vero che i
mercati si muovono sulle aspettative. Chissà. Di sicuro una decisione sarà presa solo se la giustificano finalità
di politica economica.
Comunque, di fronte all’eterna diatriba tra falchi e colombe e all’escalation degli spread, Draghi decide di
intervenire. A chi lo ascolta ricorda che «i livelli aggregati di deficit e di debito dei paesi euro sono molto più
bassi di quelli Usa» e la coesione sociale all’interno «è più forte che in qualsiasi altra parte del mondo».
Utilizza anche una curiosa metafora per indicare la necessità di cambiamento, il bisogno di unità politica e
fiscale nella Ue. «Anni fa alcune persone dicevano che l’euro era un bombo (bumblebee) che riusciva a volare
senza che si sapesse bene come». Il bombo o calabrone è un grosso insetto con colori simili ad un’ape, ma
molto più tozzo, tanto che nei paesi anglosassoni c’è un detto sul fatto che riesce a librarsi pur se fisicamente
impedito. Ebbene, adesso “il bombo deve evolversi in ape”. Resta da vedere quanto durerà il rimbalzo dei
mercati.
*la Repubblica*
VENERDÌ, 27 LUGLIO 2012
di: ANDREA BONANNI
L’ok da Berlino e poi l’azione
“Tocca a noi difendere i tassi”
La Bundesbank non si oppone, aiuta il giudizio di Moody’s
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Rassegna Stampa del giorno 27 Luglio 2012
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BRUXELLES
ANDANDO al nocciolo del dramma di quest’ultimo mese, e cioè l’attacco alla sopravvivenza stessa della
moneta unica, ha detto che l’euro non crollerà. Che la Banca centrale considera una propria priorità
essenziale la difesa della moneta per cui è stata creata. E che per farlo è pronta ad usare “tutti i mezzi
necessari”. Il fatto che queste evidenze abbiano d’un tratto cambiato radicalmente il quadro europeo e dato
una salutare frustata ai mercati la dice lunga su quanto miserevole fosse stata la comunicazione da parte dei
leader politici nazionali e comunitari, paralizzati nella morsa tra i veti reciproci e la paura delle opinioni
pubbliche nazionali.
Non è la prima volta che il presidente della Bce dice queste cose. Recentemente si era espresso in termini
pressoché identici anche nell’intervista a Le Monde, pubblicata su questo giornale. E tuttavia i mercati non
avevano reagito, continuando imperterriti il loro tentativo di dilaniare l’euro, convinti che la Bce avesse le mani
legate. Questa volta, invece, il messaggio sembra essere andato a segno. Il motivo è semplice: oltre a ripetere
il suo credo fondamentale, ieri Draghi ha fornito anche la base giuridica che a suo giudizio gli consente di
intervenire. «Se i premi di rischio sul debito sovrano impediscono la trasmissione della politica monetaria,
rientrano nel quadro del nostro mandato», ha spiegato il presidente della Bce. In altre parole: se di fronte ad
un abbassamento dei tassi da parte della Banca centrale, come quello che è appena stato varato, i tassi reali
continuano a crescere in misura sproporzionata, la Bce si vede privata del suo principale strumento di politica
monetaria. E quindi ha pieno diritto di intervenire.
Quello che Draghi non ha detto, ma che si desume agevolmente dalle sue parole, è che la pretesa dei mercati
di prendere in ostaggio la moneta unica stava esautorando anche la Bce privandola della possibilità di gestire
la stabilità dell’euro. In una fase in cui l’Europa sfiora la recessione e la deflazione, Francoforte non è in grado
di ridurre i tassi come dovrebbe, perché la speculazione ha privato la Banca della sovranità sulla moneta. E
così facendo ha superato un limite che la Bce considera invalicabile.
Perché Draghi ha potuto dire ieri pubblicamente cose che, evidentemente, fino ad ora si era limitato a
pensare? E perché lo fa a pochi giorni da una cruciale riunione del board della Bce che, in teoria, potrebbe
sconfessarlo? Le spiegazioni possibili sono due. La prima è che il suo ragionamento sia talmente ineccepibile
da aver ottenuto l’avallo anche dei falchi tedeschi, Weidmann e Asmussen, che siedono nel Consiglio
dell’istituto di Francoforte. In questo senso l’uscita di un altro rigorista, il presidente della Banca centrale
austriaca Nowotny, che l’altro ieri ha addirittura sostenuto l’opportunità di conferire una licenza bancaria al
fondo salva-Stati, sembra confermare che la preoccupazione per l’assalto all’euro sia diffusa a tutti i livelli tra i
responsabili della moneta comune.
La spiegazione più probabile, però, è che Draghi abbia ottenuto il tacito assenso ad intervenire da parte della
leadership politica tedesca, la cancelliera Merkel e il Finanzminister Schauble, e che, grazie a questo, sappia
di poter comunque piegare le resistenze dei falchi e strappare il sostegno della maggioranza del Consiglio. In
fondo, se la Bce si muove autonomamente per disinnescare una crisi che nessun dirigente responsabile,
neppure in Germania, si auspica davvero, consente alla Merkel di restare formalmente fedele ai propri principi.
In questo modo la Cancelliera può evitare che la battaglia per salvare la moneta unica si trasformi in uno
scontro politico frontale tra governi, di cui all’ultimo vertice si sono avute alcune timide avvisaglie, in cui
rischierebbe di perdere la faccia.
Ma, paradossalmente, l’assist più importante Draghi lo ha ricevuto proprio dai campioni della logica
speculativa di mercato: l’agenzia Moody’s. Il downgrading delle prospettive per Germania, Olanda e Austria, e
perfino per il fondo salva-Stati, anticipato nei giorni scorsi dall’agenzia di rating, è suonato come la conferma
che la guerra contro l’euro non farà prigionieri. La logica del contagio non si fermerà al di qua delle Alpi, ma
finirà per travolgere anche quei Paesi che finora, proprio grazie al vantaggio degli spread, si consideravano
virtuosi. E che forse, a questo punto, si lasceranno convincere a seguire Draghi in quella che è ormai una
guerra senza quartiere.
*la Repubblica*
VENERDÌ, 27 LUGLIO 2012
di: ALBERTO D’ARGENIO
Il governo
“Basta sacrifici,
preparo l’Italia alla crescita”
Monti: lascerò a compito completato, una nuova legge elettorale rassicurerebbe i mercati
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Rassegna Stampa del giorno 27 Luglio 2012
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
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ROMA
— «Il governo vuole essere sicuro di lasciare quando sarà completato il suo compito». Nella giornata in cui le
parole di Mario Draghi fanno volare le Borse e abbassano lo spread, un sollevato Mario Monti si concede due
interviste. Tra economia e temi più leggeri il premier assicura che non ci saranno nuovi sacrifici per gli italiani,
come il taglio delle tredicesime. Poi alcune confessioni private, come la passione per Julia Roberts ed Audrey
Hepburn o la consapevolezza di apparire una persona fredda. Il passaggio più politico è dedicato alla legge
elettorale: «Se i partiti, come sollecitato da Napolitano, riuscissero a trovare un accordo per la riforma
elettorale, si darebbe il senso di un progresso realizzato e anche mercati e cittadini ne sarebbero rassicurati».
Quindi sull’uscita di Draghi: il suo intervento è stato «importante» e rassicurante, ma è necessario che
l’Europa prosegua nel lavoro per la stabilità «che determinerà una ragionevole discesa dello spread». Non
crede neppure alla tempesta perfetta in arrivo: «Sui mercati ad agosto non credo ci saranno cose straordinarie
e credo che saremo tutti vigili e anche le autorità competenti lo saranno».
Parlando a Tgcom 24 il Professore dice che l’obiettivo del suo governo «non è durare, ma fare nel tempo
consentito il possibile per mettere la società italiana sulla strada della crescita ». E quando gli viene chiesto se
dopo aver visto i leader della sua maggioranza si senta rafforzato nella prospettiva di concludere la legislatura
risponde «sì, sì, soprattutto nella prospettiva di concluderla in modo proficuo ». Gli viene chiesto se si senta un
presidente allenatore e risponde: «È una nuova immagine e, perché no, mi piacerebbe essere ricordato come
un buon allenatore che lasci l’Italia con i muscoli per una buona crescita economica, sociale e civile». Eppure
— consapevole anche che la fiammata dei mercati non risolve la crisi — riconosce «una verità non bella»,
ovvero che «messaggi di speranza possono essere dati ai giovani che verranno tra qualche anno, ma
purtroppo esiste un aspetto di “generazione perduta”» per quelli che stanno vivendo questi anni. Sulla
spending review assicura che ci sarà la «revisione» dei sussidi alle imprese, dice che resta ancora «molto da
fare» per la riduzione degli sprechi e che e lobby «sono all’attacco, ma di solito non prevalgono». La parte più
istituzionale delle interviste la chiude dicendo che non bisogna avere paura di parlare di «politiche contro le
eccessive disuguaglianze e di fiscalità progressiva» e spiegando che il capitalismo è peggiorato quando con la
caduta del comunismo è diventato «monopolista».
Quindi Monti, parlando con il settimanale Sette, racconta che Luigi Einaudi è il politico italiano che più ammira.
Tra gli stranieri cita Charles de Gaulle, il «grande» segretario generale dell’Onu Dag Hammarskjöld e John
Kennedy. Se fosse per lui, Monti richiamerebbe in vita Jean Monnet, l’ideatore dell’Unione Europea. C’è
spazio per la trasmissione preferita, “Lascia o Raddoppia”, e per le attrici favorite: Julia Roberts, Audrey
Hepburn e Grace Kelly. Come film il premier sceglie “Il laureato” e “Vacanze romane”. «Ho amato molto Tempi
Moderni di Charlie Chaplin, anche se so che dovrei dire qualche pesantissimo film del neorealismo italiano».
Se con una battuta il premier glissa su chi sia il politico più detestabile, «non vorrei dimenticarne qualcuno»,
non si tira indietro quando gli si chiede di parlare di sé: «Sono una persona riflessiva, un uomo che non ama
l’improvvisazione, il che ha vantaggi e svantaggi». Un lato negativo? «Nei rapporti umani mi dicono che
sembro gelido», «raramente guardo negli occhi le persone con cui parlo». Tra le qualità che gli piacerebbe
avere «la spontaneità», mentre la qualità più preziosa che sente di avere è il rispetto: «Per me è importante
sentirmi rispettato, avere il rispetto del prossimo, ma non in senso formale. Essere considerato una persona
seria, in buona fede. Accetto facilmente le critiche nel merito di ciò che dico, di ciò che faccio. Ma non sono
abituato alle critiche, non rare in politica, di agire in cattiva fede». Il maggior rimpianto è «essere stato solo un
anno a Yale dopo la laurea», mentre nella vita professionale dice di non aver mai rimpianto di aver detto dei
no e aggiunge: «Non ho detto no alla proposta dello scorso novembre del presidente Napolitano ma quella
non l’ho considerata una proposta».
*la Repubblica*
VENERDÌ, 27 LUGLIO 2012
di: ROBERTO PETRINI
DOSSIER. Le proposte di intervento
Gli economisti: tagliare il male alla radice per spingere la ripresa
Patrimoniale, prestito forzoso e super Imu
tutte le tentazioni per consolidare il debito
battere il debito pubblico e risolvere definitivamente il problema. L’idea avanza ed anche se il governo nega
qualsiasi iniziativa, tra tecnici e studiosi indipendenti si moltiplicano le ipotesi che trovano anche eco
parlamentare. Sul tavolo proposte «hard» come quelle di Monorchio e del presidente Consob Vegas basate su
nuove emissioni da parte di un «Fondo Italia» e concambi con i titoli di Stato ad alto e oneroso rendimento. Ma
sul terreno ci sono anche mix più equilibrati di misure per tornare ad alimentare il vecchio “Fondo di
ammortamento del debito pubblico”: sottoscrizioni forzose per le Fondazioni bancarie; obbligo per le aziende
di investire in Bot speciali il Tfr dei lavoratori; una super Imu oltre la terza abitazione.
TAGLIARE il male alla radice per evitare lo scacco dei mercati, anche se Mario Draghi riuscisse a sparare il
colpo definitivo a difesa dell’euro. Con un debito al 123 per cento e in presenza del fiscal compact e della
necessità costituzionale di raggiungere il pareggio di bilancio le alternative per l’Italia sembrano ristrette a due:
o continuare ad avvitarsi nel circuito vizioso tagli alla spesa-recessione, oppure impugnare l’ascia e abbattere
in modo definitivo il debito pubblico. Di questa esigenza parla la Cgil, quando chiede la patrimoniale, ma
anche il Gotha della finanza e dell’impresa, riunito ieri sera dall’Assonime, sente che il problema è urgente.
Il dibattito è ormai maturo e sono lontani i tempi in cui le proposte di consolidamento di Bruno Visentini
facevano scandalo. Sul tavolo ci sono iniziative autorevoli come quella dell’ex Ragioniere generale dello Stato
Andrea Monorchio e del giurista Guido Salerno (recepite in vario modo anche da progetti di legge del Pd e di
Mario Baldassarri) che prevedono di dimezzare in vent’anni il debito pubblico. Un’altra ipotesi ricorda quella
delle superholding di Giuseppe Guarino dei primi Anni Novanta: un «Fondo patrimonio Italia» al quale
verrebbero conferite le grandi aziende di Stato (Enel e Eni) e il patrimonio immobiliare: si emetterebbero titoli
che verrebbero sottoscritti «forzosamente» dagli italiani (tranne lavoratori dipendenti e pensionati). Ad un
Fondo pensa anche Giuseppe Vegas, presidente della Consob: emetterebbe titoli con tripla “A” da offrire in
concambio ai detentori di vecchi Btp e Cct.
Oltre a queste proposte tuttavia nelle ultime ore ne emergono altre che girano nella maggioranza e tra tecnici
di varia estrazione culturale. Si dice che piuttosto che ricorrere ad un unico strumento definito e,
probabilmente, dirompente, si potrebbe costituire un mix equilibrato di misure meno drastiche ma ugualmente
in grado di fornire risorse per alimentare il «Fondo per l’ammortamento del debito pubblico » istituito nel 1993.
Tra le ipotesi c’è quella di un «prestito forzoso» a scadenza ventennale e tasso calmierato che dovrebbe
essere sottoscritto obbligatoriamente dalle Fondazioni bancarie (per la quota immobilizzata del loro capitale).
Oppure si parla di un intervento normativo che vincoli le imprese a investire il Tfr in titoli di Stato con
rendimento pari alla ricapitalizzazione della liquidazione con scadenza al momento della fine del rapporto di
lavoro. Oltre alla patrimoniale classica (sopra il milione), si avanza l’idea di una rimodulazione dell’Imu con
forte progressività oltre la terza abitazione: i fondi andrebbero ad ammortamento del debito.
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Rassegna Stampa del giorno 27 Luglio 2012
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
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14
Ab
La Fiba-Cisl
Vi augura di trascorrere
una serena finesettimana
A
Arrrriivveeddeerrccii aa
lunedì 29 Luglio
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ppeerr uunnaa nnuuoovvaa
rraasssseeggnnaa ssttaam
mppaa!!