uno sguardo sulla tecnologia petrolifera
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uno sguardo sulla tecnologia petrolifera
Ambiente. L’incontro degli studenti con i dirigenti della Saras S.p.a. è stato attivo e stimolante UNO SGUARDO SULLA TECNOLOGIA PETROLIFERA Tre classi del Liceo Scientifico Michelangelo per una mattina ospiti della Saras CAGLIARI. Esattamente due settimane fa alcuni ragazzi del Liceo Scientifico Michelangelo hanno potuto trascorrere una mattinata come “ospiti speciali” all’interno della più importante raffineria italiana, la Saras S.p.a. (gruppo Moratti) situata nei pressi di Sarroch a circa 20 Km da Cagliari. La Saras S.p.a. di Sarroch costituisce oggi l’impianto di petrolio più importante ed efficiente d’Italia (al sesto posto in Europa) con un capitale sociale che si aggira sui 51 milioni di Euro ed un prodotto finale di 15 milioni di tonnellate di petrolio annue. Fondata nel 1965, in pochi decenni ha raggiunto ottimi livelli in fatto di produzione (nei primi anni si stimava un prodotto di 5 milioni di tonnellate annue) e oggi rappresenta il 16% della capacità di raffinazione a livello nazionale. La Saras oggi gestisce non solo processi di raffinazione, ma anche di import-export e produzione di energia elettrica (affidata alla Sarlux), è cliente dei più importanti fornitori di greggio del bacino del Mediterraneo (ma anche della Norvegia), e riserva il 48 % dei prodotti finiti all’estero e il 52% al mercato nazionale. Rappresenta una realtà importante in Sardegna: ha di certo contribuito allo sviluppo della regione, ha avuto interesse nella crescita e nello sviluppo entro i limiti imposti dalle leggi sulla tutela dell’ambiente in vigore , In questa pagina, e nella pagina ma ancora è al centro di polemiche, questioni e forti dubbi. seguente: alcuni impianti di raffinazione alla Saras di Sarroch. Lo sfruttamento del petrolio a questi livelli, l’ubicazione e l’esistenza stessa di così grandi raffinerie oggigiorno dà origine ad una serie di problematiche di tipo ambientale: è giusto sfruttare in modo così intensivo una fonte di energia non rinnovabile, e che comporta una serie di gravi rischi per la natura, quasi tralasciando altri tipi di energia rinnovabile (che costituiscono comunque il 99% dell’energia presente sul nostro pianeta), pulita e sicura? E come si può essere sicuri che si agisca sempre in modo corretto ai fini dell’ambiente, se la contropartita è una perdita in campo di produzione e guadagni? I ragazzi della IIIF, della IVF e della IVE del Liceo Michelangelo, accompagnati dai professori e accolti negli uffici della Saras dall’ingegnere Kovacic, non si sono risparmiati nel fare domande, nei casi in cui fosse possibile andare a fondo, ed interessarsi alle questioni scottanti che interessano un impianto di raffinazione così grande. E’ di grandissimo interesse la singolare situazione in cui si trova la Sardegna se si parla di energia elettrica: costretta ad acquistare energia elettrica ad alti costi dalla penisola, allo stesso tempo ospita nel suo territorio una centrale come quella della Sarlux (in stretta interdipendenza con la Saras) che produce ogni anno almeno 550 MW, di cui 150 MW vengono riutilizzati dagli impianti della Saras stessa, mentre il resto viene venduto all’Enel. Considerando che ormai l’Enel non rappresenta più un monopolio di energia elettrica, la situazione della Sardegna è critica ma anche paradossale. Altre problematiche rilevanti che sono scaturite dall’incontro degli studenti riguardano i processi di raffinazione, la sicurezza degli impianti, l’inquinamento del suolo, dell’aria e delle acque. E’ ovvio che un impianto di raffineria come quello della Saras possiede un’efficienza non altissima, per cui i rischi per l’ambiente da evitare sono tanti. Preoccupano soprattutto le emissioni a cielo aperto delle torri di raffreddamento, che bruciando materiali residui dei vari processi di raffinazione dovrebbero, sul piano teorico, utilizzare delle modalità che prevedano il minimo inquinamento dell’aria. Ma i danni di SO2, CO e polveri (dati ufficiali della Saras: 16 000 tonnellate di CO2 all’anno) non sono per niente da sottovalutare. Anche l’inquinamento delle acque attorno alla raffineria è evidente, e sebbene si faccia il possibile per evitarlo, il colore scuro dell’acqua inquinata è tutt’altro che difficile da notare e rappresenta un serio problema per la fauna non solo marina, ma dell’intero ecosistema dalla costa. Altri problemi di carattere generale riguardano l’utilizzo del pontile da parte delle grosse petroliere: lo scarico in mare di acque contaminate nel corso di operazioni di lavaggio delle cisterne è un’attività che, sebbene fortemente limitata dai governi mondiali già dagli anni ’70, purtroppo si verifica ancora, e rappresenta un tipo di inquinamento sistematico che potrebbe rivelarsi più pericoloso di quello accidentale. La Saras S.p.a., comunque, dichiara di aver sempre lavorato mantenendosi sotto i limiti dell’inquinamento previsti dai disegni di legge, e mira oggi ad ottenere due importanti certificati di qualità dei processi di raffinazione: la certificazione EMAS e quella ISO14100 (che attesta la correttezza e la coerenza dei progetti dichiarati dalla raffineria). Anche la manutenzione e la sicurezza degli impianti sono stati oggetto di discussione, ma gli ingegneri dell’azienda non sono sembrati particolarmente preoccupati, assicurando la qualità e l’efficienza di un gruppo di lavoro che, complessivamente, raggiunge le 1172 unità. Curiose sono state poi le critiche mosse da un gruppo di studentesse, amareggiate del fatto che tutt’ora siano pochissime le donne che lavorano in un’azienda come la Saras, e tra quelle, tutte lavorano comunque in posizioni di alto livello, tra le scrivanie degli uffici. Tra i lavoratori dipendenti e gli operai, infatti, le donne curiosamente non possono entrare a far parte del gruppo di lavoro in quanto mancano servizi essenziali come i bagni per sole donne. Dopo un acceso dibattito su tematiche di tipo ambientale, ed un veloce rinfresco offerto ai ragazzi, l’ingegner Kovacic è stato lieto di mostrare schematicamente ai ragazzi i processi di lavorazione del petrolio, dall’arrivo del greggio all’esportazione dei prodotti finiti. La politica dell’azienda è quella di sfruttare il più possibile i materiali residui di ogni processo di combustione. Il petrolio greggio che arriva ai pontili della Saras deve essere prima di tutto ripulito dallo zolfo (che viene poi recuperato) e da altre sostanze che ne alterano la qualità; poi, nelle torri di combustione, attraverso varie fasi di riscaldamento (a temperature che si aggirano generalmente sui 360°-370°) si convertono i prodotti pesanti in prodotti più leggeri, qualitativamente più importanti. Le catene di idrocarburi vengono spezzate, e dal greggio, di cui una larga parte è costituita dall’olio combustibile (44%) si arriva così, attraverso il processo di cracking, a GPL, benzina, nafte, cherosene e varie qualità di gasoli. Sono necessari poi ulteriori processi di depurazione delle sostanze, che vengono poi colorate artificialmente per essere distinte. Le sostanze residue di questi processi (residui atmosferici), sempre più concentrate, vengono ancora una volta bruciate a temperature ancora più alte (visbreaking a 450° circa) per ottenere nuovi prodotti utilizzabili. Ogni qualità di prodotto ottenuto passa poi ad altri processi specifici (reforming, achilazione, eterificazione). Ovviamente, però, alla fine i residui atmosferici sono inutilizzabili per la Saras, che decide quindi di destinarli alla Sarlux, che li utilizzerà per la produzione di energia elettrica. E’ questo uno dei più recenti impianti attivati dalla Saras-Sarlux, il moderno sistema IGCC che converte olii pesanti (TAR) in energia elettrica, con materiali di scarto vapore e idrogeno, riutilizzati dalla Saras. E’ seguita poi, come ultima fase dell’incontro degli studenti con il personale della raffineria, una veloce visita in bus attraverso gli impianti per una vista più da vicino, il massimo che le odierne direttive di sicurezza permettano a visitatori esterni. Davide Patteri IVF