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L’animale dell’uomo e l’animale del cane
“Non sono io, sono il personaggio”, così Marco Paolini, appena apparso sul palco, rifiuta gli applausi del
pubblico, dando inizio a uno spettacolo che oltre a una recitazione di testi si rivelerà la storia di un incontro fra
diverse voci: la voce narrante dei racconti, l’autore Jack London e, raramente, l’attore.
La coralità dell’intero “Ballata di uomini e cani”, evidente sin dai primi minuti, rende immediatamente intuibile
l’approccio con cui l’attore decide di affrontare testi estranei. “Tradurre un testo significa inevitabilmente
tradirlo.” spiega Paolini dietro le quinte. “Portare una storia altrui sulla scena significa raccontarne una che alla
storia di partenza sia al tempo stesso nuova e uguale.” Può essere che la figura dello scrittore fosse
particolarmente teatrale, può essere che non esistesse un fil rouge tra i tre racconti, o forse può trattarsi di un
semplice legame di fedeltà, in ogni caso London doveva parlare. Se non avesse risuonato nel teatro la sua voce
roca, alcolizzata, d’un italiano stentato, non sarebbero stati comprensibili i personaggi stessi dei suoi racconti, gli
uomini e i cani.
Come in una vera ballata, le figure dei racconti dialogano e si scontrano attraverso i sentimenti, mentre le parole,
inutili e fredde fra le alture canadesi, lasciano il posto alla forza dirompente degli istinti. Sono questi i motori che
alimentano ogni storia: così l’istinto di libertà e intraprendenza porta il cane Macchia a conquistare dignità umana
e lo rende padrone del proprio destino, così l’odio e la vendetta spingono Bastardo ad aggredire il suo “signore” e
a decretarne la morte, così l’istinto di sopravvivenza istiga nella mente di un giovane husky il desiderio di un
fuoco e dell’aiuto umano. Sulle vette più alte delle montagne canadesi o nelle valli dei cercatori d’oro, la
differenza fra uomo e animale svanisce. I loro sentimenti si equivalgono in intensità e valore, le ostilità
dell’ambiente circostante li rendono ugualmente schiavi.
In questo triplice scambio di sguardi fra uomini e cani, il pubblico si è ormai lasciato catturare dalla neve e dal
gelo paralizzante. Eppure sulla scena esiste solo la loro evocazione, data dall’abbigliamento anemico del
narratore, dalla scenografia fredda e stilizzata e dal richiamo della musica. Tre musicisti accompagnano London
durante tutto il suo racconto e fanno dei loro suoni uno dei principali strumenti scenografici: la tastiera che emula
la voce narrante, le percussioni che scandiscono il ritmo della neve che sta cadendo nell’aria e infine la voce calda
e profonda del cantante che, insieme a piccoli effetti sonori come il fruscio di alcuni rami di paglia, accende un
fuoco salvatore al centro del palco.
Il racconto, in conclusione, ammalia. Intrattenimento? Nessuna differenza esiste tra lavori di questo genere e
monologhi impegnati come “Il racconto del Vajont” o “Itis Galileo”. Unico obiettivo, comune, quello di destare
nello spettatore un qualsiasi movimento, un cambiamento d’attitudine verso la propria routine, verso le quotidiane
amministrazioni e scelte. Di particolare questo lavoro riflette sul rinnovamento la poesia, l’ammirazione di piccoli
dettagli, la compagnia di un cane e le vedute di neve immense, una poesia persino aggressiva come il cane
Bastardo, se questo contribuisce alla crescita dell’uomo. London sa che la neve inibisce il degradamento umano,
che cura chi si è sbandato, che trascina alla disperazione i ragazzini perduti e infine li rende uomini adulti: London
conosce tutto questo e gioca nel testo con paesaggi immensi, con un personaggio umano che risulta sempre
perdente e con il suo accompagnatore, un animale assurdo, parodistico, contrapposto. Paolini, nel recuperare il
gioco, rende lo spettatore partecipe del grande concetto della convivenza, della desolazione, dell’amore per la
natura. Immerso in queste sensazioni, l’uomo abbandona i propri giorni di deterioramento e diventa, infine, il
cane, quel personaggio parodistico e irritante, eppure così semplice, così nuovo.
Alessia Pagani, 5^B Clac- AGB
Elia Curzio 4^A Clac - AGB