Motociclisti-pellegrini per l`asilo di Betlemme

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Motociclisti-pellegrini per l`asilo di Betlemme
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Cronaca piacentina
LIBERTÀ lunedì
Lunedì 3 gennaio 2011
Anche un prete nel team Con don
Silvio Pasquali, Adrasto Brasi, Cristina
Masserano, Roberto Picozzi e Claudio Resta
SOLIDARIETA’SENZA CONFINI
4.300 CHILOMETRI IN MOTO FRA TURCHIA E GIORDANIA
In alto il gruppo dei sei motociclisti che da Piacenza hanno percorso i 4.300 chilometri per raggiungere Betlemme.Qui i bambini
dell’asilo hanno riservato loro un’accoglienza emozionante.A entusiasmare i piccoli anche le rombanti “dueruote”(foto Davide Bacciotti)
Motociclisti-pellegrini
per l’asilo di Betlemme
Da Piacenza i 6 “bikers” hanno donato ai bimbi aiuti e regali
i Balcani e poi Turchia, oppure
traghettare in Grecia. In ogni caso sarebbero stati necessari almeno tre giorni in più. Come
sempre le pratiche doganali sono
lunghe ed estenuanti. L’agenzia
alla quale ci siamo affidati fa il
possibile per consegnarci velocemente le moto ma, tra uffici che
pretendono bolli e visti, pause
caffè e poi pause pranzo, riusciadi DAVIDE BACCIOTTI
mo ad aprire il container solo alle quattro del pomeriggio. Tra
n ultimo sguardo alle mo- un’ora e mezzo sarà buio e noi
to, un ultimo controllo ai dovremmo cambiarci e riorgatiranti che le legano alle nizzare i bagagli, per cui decidiapareti del conmo di fermarci
tainer che da Aun’altra notte a
shdod (Israele) Raccolta-fondi
Mersin. Il mattile riporterà in I- Tanti privati vi hanno
no successivo,
talia. Possiamo
finalmente, prechiudere.
La contribuito, in particolare miamo lo start e
stessa operazio- la parrocchia di S.Lazzaro il viaggio, almene l’avevamo
no quello motocompiuta
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ciclistico, può
giorni prima per spedire le no- veramente iniziare. Viaggiamo in
stre compagne di viaggio a Mer- direzione nord est, verso il biblisin, nel sud est della Turchia, da co monte Ararat, che da qui dista
dove è partita questa nuova av- “ solo” 1200 km. Dal livello del
ventura. Anche quest’anno (l’an- mare la strada, seppur impercetno scorso in Namibia e prima tibilmente, sale costantemente.
ancora in Mali) ci siamo proposti Ci troviamo così a costeggiare le
di abbinare al viaggio un’iniziati- rive del lago di Van, un vero mava umanitaria e, conosciuto don re interno fiancheggiato da cime
Peppino Barbesta, la scelta è ca- imbiancate di neve.
duta sull’asilo da lui voluto e coLungo la strada il traffico è
struito, con l’aiuto dell’Associa- scarso e solo la presenza di nuzione Lavoratori Credenti di Lo- merosi cantieri ci costringe a raldi, nel campo profughi di Aida, lentare la marcia e ad affrontare
alle porte di Betlemme. Abbiamo lunghi e pericolosi fuoristrada di
dato vita ad un team e a un sito terra. Fortunatamente non pio(www. raidforaid. com) e inter- ve, e non deve essere piovuto da
pellando amici, bussando a più giorni, altrimenti questi tratti saporte, e mettendo in atto varie i- rebbero diventati degli scivoloniziative siamo riusciti a racco- sissimi pantani. Entriamo in tergliere i fondi che verranno utiliz- ritorio curdo, e la presenza dei
zati per completare “ l’asilo di militari turchi diventa un’abituBetlemme”. Quest’anno oltre ad dine. Caserme, ex check-point e
Adrasto e Claudio, miei storici camionette blindate appaiono
compagni di viaggio, all’avven- spesso lungo il nostro percorso.
tura si sono aggiunti Cristina e Superiamo un paio di passi
Roberto, una simpatica coppia di montani a quasi 3000 metri poi,
Casteggio e don Silvio, parroco appoggiato su una vasta pianura,
motociclista di San Lazzaro. isolato e maestoso, si erge il
Quando il 14 ottobre con l’aereo monte Ararat. La cima, eternaatterriamo a Mersin, in Turchia, è mente imbiancata, è coperta da
notte e l’aria è calda, l’esatto con- nubi. Arriviamo a Dogubayazit,
trario di come l’avevamo lascia- una cittadina ai suoi piedi famota a casa. Abbiamo preferito spe- sa, oltre che per la vista e i
dire le moto in container per trekking sull’Ararat, anche per l’
guadagnare tempo, diversamen- Ishak Pasa Sarayi. L’ Ishak Pasa
te avremmo dovuto attraversare Sarayi è un palazzo adagiato su
Sei motociclisti,tra cui l’autore del
reportage,da Piacenza sono
arrivati fino a Betlemme.Una
“cavalcata”della solidarietà,per
raccogliere fondi a favore
dell’asilo nel campo profughi di
Aida.I 10mila euro raccolti sono
stati consegnati all’associazione
lavoratori credenti del Lodigiano
che ha realizzato la struttura.
U
una rupe a pochi chilometri dal
paese. Domina la valle sottostante e riassume in sé tutte le caratteristiche del palazzo delle Mille
e una notte. Saliamo al palazzo
per un primo reportage fotografico poi, non contenti, Silvio, Roberto ed io, la mattina successiva
ci diamo una sveglia da marines
e alle sei siamo nuovamente sulla rupe dell’ Ishak Pasa Sarayi per
goderci lo spettacolo dell’alba.
Questa mattina l’Ararat è completamente sgombro da nubi, uno spettacolo tanto insolito
quanto grandioso.
È il punto più a est di questo
viaggio: l’Iran dista appena 43
chilometri. In questi primi giorni, dove altitudine e latitudine
potevano crearci qualche problema climaticamente, siamo
stati fortunati. Da oggi scendiamo verso sud, verso il deserto siriano dove non piove da anni. In
viaggio incontriamo una coppia
di strampalati motociclisti olandesi. Stanno viaggiando “ solo”
da un paio di mesi.
La loro meta? «L’Australia! ».
Nella marcia di avvicinamento
alla Siria attraversiamo la valle
del Tigri le cui sponde sono punteggiate da tanti piccoli paesi con
numerose abitazioni scavate nella roccia. Molte di queste antiche
cittadine, tra cui la splendida Hasankeyef, rischiano di scomparire a causa di un progetto che prevede la costruzione di una grande diga. Oltre alle autorità locali
anche molte altre organizzazioni
stanno dando battaglia per salvare questo piccolo patrimonio
riuscendo, per ora, a rimandare
l’inizio dei lavori. Attraversiamo
un territorio poverissimo: l’industria è inesistente, i proventi della regione arrivano solo dai pochi turisti che si spingono fin qui
e l’agricoltura, in una terra arida,
soddisfa appena il bisogno personale.
Alla dogana siriana, mentre
compiliamo vari moduli e passiamo in rassegna più uffici pagando balzelli non precisati, sfilano davanti a noi persone dall’età indefinita. Uomini e donne
dai visi segnati, dall’incedere lento e incerto, dai volti tristi e rassegnati. Mi riesce difficile pensare
che qualcuno riesca ad uscire da
una realtà fatta di piccoli villaggi
isolati, dediti principalmente all’allevamento, dove la scuola più
vicina si trova a 100 chilometri e
il primo ospedale forse a 300. Una vita i cui confini sono ben definiti e spesso non più lontani di
quanto si possa andare a piedi.
Quando riprendiamo il viaggio
e arriviamo a Palmyra, il più importante sito archeologico del
Paese, restiamo tutti a bocca aperta. La strada si snoda a fianco
delle rovine romane lambendo il
tempio di Bel, la lunga via colonnata e lo splendido teatro, fino ad
arrivare alle pendici del castello
ottomano che, adagiato sulla
sommità di una collina, domina
la valle e la città sottostante offrendo una vista di straordinaria
bellezza. Durante il tour nel sito
archeologico conosciamo un
simpatico motociclista spagnolo, Alvaro, che sta girando in Medioriente da circa sei mesi e che
è appena arrivato dall’Iraq.
Viaggiando in questo modo si
incontrano personaggi incredibili: a volte squinternati e squattrinati avventurosi che sbarcano
il lunario in giro per il mondo, altre volte uomini stanchi dell’or-
dinarietà che si prendono una
lunga pausa di riflessione. In ogni caso persone stimolanti, che
escono dal guscio, e che accrescono, in noi viaggiatori, la voglia
di conoscere e di esplorare. Nel
nostro pellegrinaggio mediorientale visitiamo anche il Krak
dei Cavalieri, una maestosa fortezza crociata, poi entriamo in
Libano dove ci aspettano Assaad
Boutanos e Ziad Addad, due vecchi compagni di seminario di
Don Silvio. Assaad è oggi un civile che lavora presso l’ambasciata
italiana a Beirut mentre Ziad,
presi voti, è il padre superiore
della casa dei Vincenziani di Beirut, dove siamo ospiti nel nostro
soggiorno libanese. Per due giorni lasciamo le moto in garage e
giriamo nel piccolo e martoriato
Libano in compagnia di questi
nuovi splendidi amici.
Tra le altre visitiamo Baalbek,
una splendida città romana, la
valle della Bekaa, balzata alle
cronache perché controllata da
hezbollah, il gruppo paramilitare
autonomo che oppone resistenza a Israele, e il parco della foresta dei cedri, il cui albero millenario è presente anche sulla bandiera nazionale. I nostri amici ci
Sopra, il
gruppo dei
bambini di
Betlemme.
A destra un
momento del
viaggio in
Medioriente
raccontano di come, negli ultimi
decenni, il Libano sia stato teatro di continui conflitti. Eppure
non si vedono le ferite della guerra. È un Paese vivo, dinamico.
Beirut è piena di alberghi, tutti
nuovi, di grandi palazzi moderni, di attività commerciali e di vita. Moltissimi, giovani e meno
giovani, animano le vie della città
nelle ore serali. Solo dalla presenza dei numerosi check-point
e dei militari si capisce quanto
sia instabile la pace.
Quando lasciamo Beirut, diretti a Damasco, Ziad ci fa un ultimo regalo chiedendo ospitalità
per noi nella casa dei Vincenziani situata nel cuore della capitale siriana. Il momento dei saluti
è sempre il più triste, soprattutto per Silvio e i suoi vecchi amici
libanesi. Chissà quando si rivedranno. In Siria le foto di Bashar
Cronaca piacentina
LIBERTÀ lunedì
Lunedì 3 gennaio 2011
Il gemellaggio Ai bambini
sono stati consegnati disegni e
bracciali dei piccoli di Piacenza
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L’assegno I 10mila euro
raccolti sono stati donati a
chi ha realizzato la struttura
A destra la consegna dell’assegno da 10mila euro
all’associazione lavoratori credenti del Lodigiano,
presso la parrocchia di San Lazzaro a Piacenza
Al-Asad, l’attuale presidente e figlio di Hafiz Al-Asad, presidente
dal 1970 al 2000, anno della sua
morte, campeggiano ovunque
mostrando un uomo amichevole, benevolo e lungimirante. Anche a Damasco, in mezzo al traffico caotico, emergono i cartelloni della propaganda. Damasco
è una città antichissima nel cui
centro storico, circondato da
mura, sono racchiusi i principali tesori. In molte città arabe, e
anche qui, i campanili delle
chiese svettano al fianco dei minareti, ma solo una voce si libra
nel cielo alle sei del mattino:
quella del muezzin, “ la concorrenza” come la chiama Silvio,
che regolarmente ci dà la sveglia.
Di Damasco ricorderemo sicuramente la grandiosa moschea degli Omayyadi, il caratteristico
mercato coperto (suq), dove ci
siamo piacevolmente persi tra le
vecchie botteghe, e la gente,
sempre disponibile, sorridente e
cordiale.
È lontano lo stereotipo che
molti, in occidente, hanno del
mondo arabo. Probabilmente
anche qui, come a casa nostra, ci
sono diversi tipi di persone e accomunarle tutte in un’unica matrice è sicuramente sbagliato. Ci
fermeremmo ancora, ma la strada è lunga, le cose da vedere sono ancora molte e poi l’asilo, a
Betlemme, ci sta aspettando.
Ci lasciamo alle spalle Damasco e la Siria ed entriamo in Giordania. Attraversiamo Amman, la
capitale, percorrendo l’autostrada che ad un certo punto si infila proprio nel centro cittadino
con tanto di semafori, attraversamenti pedonali e ingorghi. Un
inferno, esattamente come Da-
masco. Quando ne usciamo e
riusciamo ad imboccare la Kings
Road, la strada alternativa all’autostrada che taglia il Paese da
nord a sud, ci immergiamo immediatamente in una realtà diversa. Il paesaggio è desertico, la
realtà rurale. La strada, scivolosissima, corre su un altopiano affacciato sul Mar Morto e quando se ne discosta lambisce un
profondo canyon che regala
scorci veramente suggestivi. Dopo tanti rettilinei finalmente troviamo un po’ di curve e saliscendi. Vorremmo regalarci qualche
piega al limite dando un po’ di
gas, ma l’asfalto brilla in controluce, e così la prudenza ci induce a guidare “in punta” di acceleratore!
Giungiamo a Petra, la perla
della Giordania, che ormai è notte. Proviamo a cercare le camere
in qualche albergo, ma sembrano tutti pieni. Ci spiegano che è
alta stagione e che sono tutti esauriti. Sembra impossibile, ma
al settimo tentativo cominciamo
a ricrederci. Mentre ci incamminiamo verso le moto e cominciamo a pensare di passare la notte
sotto le stelle, si avvicina un tassista che ci propone l’appartamento di un fantomatico cugino.
Non abbiamo molte alternative e un po’ a malincuore, conoscendo questo tipo di personaggi (che puntualmente cercherà
di spillarci altri soldi), affittiamo
per una notte “ l’appartamento”.
Il mattino successivo arriviamo
al sito archeologico di Petra. Ero
stato qui 13 anni fa e immediatamente mi rendo conto che, rispetto al passato, ci sono molte
più persone. Il luogo è comunque magico anche se i troppi turisti rovinano un poco l’ atmosfera.
La città offre scorci spettacolari e le tombe, scavate nella roccia, sono effettivamente maestose. Tuttavia credo che Petra offra
il meglio di sé nel siq, il lungo e
stretto canyon che introduce alla città, e che crea un’atmosfera
suggestiva alimentando l’attesa
di scorgere, alla fine del percorso
e tra le fenditure della roccia, El
Kezneh, la tomba più famosa e
fotografata al mondo. Per la prima volta, dopo tanti giorni, passeggiando tra le rovine, sentiamo
altre persone parlare in italiano.
I turisti vengono accompagnati
nel sito dalle guide, e per chi è
stanco o ha problemi di mobilità
ci sono cavalli che tirano carrozze, asini e cammelli (ma allora la
prossima volta entro in moto).
Nel 1997, la prima volta che sono
stato a Petra, c’erano due ragazzini che, con una bancarella improvvisata, vendevano bottigliette di sabbia, e più in là una bambina vendeva scatolette di metallo veramente artigianali.
Oggi ci sono almeno una ventina di bancarelle e negozietti i
cui prodotti, di qualità indubbiamente migliore, sembrano tutti
uguali. Uguali anche a quelli che
potremmo trovare in qualche
mercatino etnico vicino a casa.
Chissà dove sono oggi quei due
ragazzini e quella bambina. Nel
pomeriggio riprendiamo le moto
e andiamo verso il deserto di Wadi Rum: il deserto che ha visto le
gesta eroiche di Lawrence d’Arabia. Pernottiamo in un accampamento ai margini del deserto. Il
silenzio è assordante, le stelle nel
cielo sono più di quante ne abbia
mai viste. La mattina noleggiamo una jeep con autista e passiamo una splendida giornata nel
deserto. Ammiriamo la brutale
bellezza di Wadi Rum: dune di
sabbia, canyon, archi di roccia,
graffiti. Enormi monoliti di roccia fuoriescono dalla sabbia e come sentinelle, immobili e silenziosi, dominano l’orizzonte.
Come Lawrence, al tramonto,
andiamo la conquista di Aqaba e
del suo meraviglioso golfo. Purtroppo non potremo fermarci: Israele e i bambini dell’asilo di
Betlemme ci aspettano, e così, di ciniamo e attraversiamo il cambuon’ora il mattino successivo ci po profughi di Aida, “il muro“ si
presentiamo in dogana. Gli i- manifesta in tutta la sua ingomsraeliani ci accolgono con mille brante presenza. L’area è in amdomande. Quando poi vedono i pio degrado, adiacenti al muro
timbri delle dogane attraversate cumuli e cumuli di immondizia
sui nostri passaporti diventano e, a pochi metri di distanza, l’oaancora più sospettosi: smontano si felice dell’asilo.
i bagagli, controllano le moto e, a
Quando il cancello si apre e ucausa del nostro inglese stentato, diamo le grida dei bambini un
si scocciano anche un po’. Pa- brivido ci scorre lungo la schiezienza. In quattro ore ne venia- na. Sono lì, nel prato, che stanno
mo comunque fuori: Welcome to giocando, ma appena varchiamo
Israel. Risaliamo lo Stato attra- il cancello le moto catalizzano la
versando parte del deserto del loro attenzione e, lasciati i giochi,
Negev fino al Mar Morto, dove ci ci corrono incontro.
concediamo l’esperienza del baChe accoglienza! Abbiamo vigno “ gallegsto posti splengiante”. Infatti, a
didi e conosciucausa dell’ele- Il “raid”nel deserto
to persone fanvata salinità, nel Il viaggio si è compiuto tra tastiche ma per
Mar Morto non
me, e anche per
c’è vita e si gal- paesaggi mozzafiato, in
i miei amici, è
leggia senza il mezzo a deserti e canyon
sicuramente
minimo sforzo.
questo il moQuesta sera
mento più bello
dormiremo Betlemme, a fianco del viaggio, la foto da ricordare.
della chiesa della Natività. Men- Suor Rosanna, la superiora, e le
tre ci avviciniamo a Gerusalem- altre sorelle ci fanno visitare la
me l’aria diventa fresca e il cielo struttura, alla quale mancano
cupo. Attraversiamo la città sotto ormai solo le concessioni goverla minaccia di un acquazzone in- native per essere perfetta. Poi
combente che, fortunatamente, torniamo dai piccoli per giocare
non arriva. Betlemme è ormai at- un po’ con loro e, appena prima
taccata alla capitale ma le indi- che tornino alle loro case, li invicazioni scarseggiano e per arri- tiamo a salire sulle moto. È gioia
varci dobbiamo chiedere ai pas- allo stato puro e, nella confusiosanti. I dubbi di essere sulla stra- ne generale, dobbiamo stare atda giusta svaniscono quando, tenti che non si facciano male e
improvvisamente, appare “ il che tutti abbiano la possibilità
muro” costruito da Israele e che di salire su una moto. La nostra
lo separa dai territori palestinesi. missione è compiuta, i sorrisi
Spiegare le ragioni che hanno dei bambini e la loro felicità, il
portato alla costruzione di que- nostro più grande traguardo.
sto abominio mi riesce impossi- Personalmente ho regalato a
bile. Betlemme è appena di là, mia figlia Camilla, di soli cinque
ma non riusciamo a entrare.
anni, tanti altri piccoli fratelli e
C’è un solo varco di accesso e sorelle con i quali, forse un giorquando, dopo vari giri e almeno no, potrà incontrarsi e ricordare
40 minuti, riusciamo a trovarlo, quest’esperienza.
è ormai buio. Arriviamo sul saOggi un suo disegno, come gli
grato della chiesa della Natività. altri dei bambini di Piacenza,
Nella piazza anarreda le pareti
tistante c’è una
dell’asilo di Befesta con musi- L’emozione dell’arrivo tlemme a sancica e balli. Deci- Quando i “pellegrini” sono re un’unione e
diamo di fare uuna fratellanza
na doccia velo- arrivati, hanno sentito le
cui, spero, le gece, cenare in al- grida di gioia dei bimbi
nerazioni futubergo, e poi butre riescano a
tarci nella midare un seguito.
schia.
Quando
usciamo Una fratellanza così forte che mi
dall’albergo sono solo le 9.30 ma auguro possa abbattere, e non
nella piazza non c’è più nessuno: solo materialmente, quel “mula festa è già finita e il palco del- ro” che oggi chiude Betlemme e
l’orchestra smantellato. Anche il i suoi bambini in una prigione
paese è deserto, nessuno nei vi- a cielo aperto. A noi resta il temcoli, e gli esercizi commerciali po per visitare Gerusalemme
sono tutti chiusi. Non si respira con le sue genti dai culti così diun’aria serena. La mattina visi- versi e la sua old city, tra le cui
tiamo la chiesa della Natività, un mura albergano i maggiori simluogo magico dove comunque, a boli delle più importanti religiocausa dei troppi pellegrini, tro- ni. Una città che da sola vale un
vare un attimo di raccoglimento viaggio, ma anche una città doè difficile. Quando usciamo, sul ve la presenza di militari in stasagrato, ci aspetta suor Luisa che to di allerta è opprimente e osci accompagnerà all’asilo per il sessiva. Una presenza inquiequale abbiamo tanto lavorato. tante anziché tranquillizzante.
Siamo emozionati, il nostro lun- Sull’aereo che ci riporta a casa
go pellegrinaggio attraverso tut- Roberto ed io fantastichiamo
to il Medio Oriente è giunto al già nuove avventure: Etiopia,
termine. Finalmente conoscere- Messico, Uzbekistan e intanto,
mo i bambini e potremo donare nella mente, ringrazio Federica
loro i disegni e i braccialetti che e la mia piccola principessa Cabambini degli asili di Piacenza milla che mi permettono queste
hanno preparato. Mentre ci avvi- esperienze.