fortezze cosentino (M Z)

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fortezze cosentino (M Z)
MAIERÀ (castello-palazzo Ducale)
«Maierà è un piccolo centro della Provincia di Cosenza situato sul versante dell’Alto Tirreno.
Secondo alcuni documenti il borgo esisteva fin dal XII secolo. Per meglio approfondire la
conoscenza storica e culturale del centro è indispensabile una visita alle numerose chiese e
palazzi sparsi sul territorio. La Chiesa Matrice è dedicata a Santa Maria del Piano e fu ampliata nel
1534 grazie ad Alfonso di Loria. Nei secoli ha subito diversi rifacimenti e conserva al suo interno
affreschi rinascimentali. Di probabile epoca normanna è la Chiesa di Santa Maria del Casale
situata nel cimitero. Degni di nota anche le chiese di San Pietro a Carbonara, della Madonna del
Carmine e i ruderi della chiesa basiliana di San Giacomo. L’architettura civile trova la sua massima
espressione in diverse costruzioni importanti, ricordiamo: Palazzo Ducale realizzato tra il XIV e il
XV secolo incamerando parte del castello (XI-XII sec.); Palazzo Introini-Biondi che fu il primo
edificio costruito tra XI e il XII secolo; Palazzo Biondi che si sviluppa su tre livelli; Palazzo VaccaroBiondi di probabile origine ottocentesca; Palazzo Bruni con annessa un’antica cappella; Arco
longobardo risalente al IX secolo e appartenente forse ad una fortezza di epoca longobarda.
Numerose sono anche le zone di interesse archeologico».
http://www.mobitaly.it/Comune.aspx?id=184
MALITO (palazzi gentilizi)
«Questa località è situata in Calabria e fa parte della provincia di Cosenza; ha circa 1.000 abitanti.
Fonda le sue origini nel IX secolo, quando i Saraceni invasero la Calabria e molti popolani si
rifugiarono sulle montagne. Da un gruppo di questi popolani ha avuto origine Malito. I patroni del
paese sono sant'Elia e san Francesco di Paola. Il centro storico del paesino si presenta ancora
nella sua struttura originaria, con numerosi archi, gradinate e i molti palazzi gentilizi hanno dei
magnifici portali scolpiti in pietra locale. Sempre dal centro storico, si può godere di un
meraviglioso panorama della valle del Savuto».
http://www.paesionline.it/calabria/malito/comune_malito.asp
MALVITO (resti del castello feudale)
«Malvito, uno dei pochi centri calabresi a poter vantare origini Longobarde; come emerge da
alcuni documenti storici, fu sede di Gastaldato, ovvero ospitò un presidio longobardo, tra la fine del
VII sec. e gli inizi dell'VIII. Il Castello di Malvito è per l'appunto una fortezza longobardo-normanna,
costruita tra i secoli IX e XII; ubicato in cima alla collina, in una posizione inespugnabile, aveva
originariamente quattro torri. Di queste il Mastio è ancora pienamente fruibile; rimangono altresì
visibili due torri angolari: una circolare e l’altra quadrata. Il tratto di mura a ovest è quello meglio
conservato; vi si intravedono le feritoie usate in caso di attacco; la parete sud conserva invece
tracce di un forno. All'interno, un cortile con due cisterne per la raccolta dell'acqua piovana. La
cappella del Castello, dedicata a San Nicola, custodiva, per come ci informa un apprezzo del 1675
conservato nell’Archivio di Stato di Napoli, un dipinto della Vergine di Luca Giordano, di cui
purtroppo non si ha traccia. Dal Chronicon scritto da Riccardo di San Germano, siamo informati
che il Castello di Malvito fu al centro di un violento episodio di guerra civile tra Normanni e Svevi,
avvenuto intorno al 1197. Da questa cronaca si rileva che nel 1194 l’imperatore tedesco Enrico IV
conferì il Castello a Goffredo, abate di Montecassino e quest’ultimo, a sua volta, designò quale
castellano Mauro de Mira. Dopo la morte di Enrico IV, l’imperatrice normanna Costanza d’Altavilla,
nell’intento di conciliare alla casa sveva la nobiltà normanna, provocò la ribellione di alcuni
cavalieri tedeschi, fra i quali un certo Federico di Hohnstadt che riuscì ad impadronirsi del Castello
scacciandone Mauro de Mira. Né valse l’assedio posto al Castello, per ordine di Costanza
d’Altavilla, da parte di Anfuso de Rotis, conte di Tropea: poiché, come ricorda il cronista svevo
coevo agli avvenimenti, tratti in un tranello da Federico Hohnstadt furono da questi “puniti come
meglio a lui piacque”».
http://www.vhlab.itabc.cnr.it/esaro/itinerario7.htm#malvito
MANDATORICCIO (castello dell'Arso)
«Il castello o torre dell’Arso costituisce una delle emergenze architettoniche di maggior rilievo
presenti su tutto il territorio dell’Alto Jonio cosentino. L’edificio si caratterizza per le sue quattro
splendide facciate a vela in pietra. Le mura si presentano concave verso l’interno, il peso
dell’intero edificio viene scaricato interamente sugli angoli che costituiscono dei veri e propri
torrioni triangolari. Il primo nucleo risale alla seconda metà dell’anno mille ed era una torre di
vedetta normanna fatta innalzare dal Guiscardo dopo la resa di Cariati: l’originario elemento
normanno-bizantino è stato occultato con l’arrivo di Svevi, Angioini ed Aragonesi. I finestroni a
balconcino presenti sulla facciata che guarda il mare, sono di stile ottocentesco».
http://www.calabriaturistica.it/torri_e_castelli.php
MANDATORICCIO (castello feudale)
«Il castello di Mandatoriccio è ubicato nella zona più elevata del paese e rappresenta il nucleo
principale del centro storico; la sua costruzione viene fatta risalire intorno alla metà del 1400, inizi
del 1500, ma incerte e discordanti sono le vicende che hanno caratterizzato la storia dell’immobile
nel corso dei secoli. È presumibile che il primo nucleo abitato, formatosi attorno al Castello, fosse
anticamente munito di cinta muraria, così come si evince da alcuni resti di bastioni rinvenuti nelle
vicinanze. Il Castello è stato recentemente restaurato ed è ora diventato residenza municipale».
http://www.calabriaturistica.it/torri_e_castelli.php
MANDATORICCIO (castello neomedievale Flotta)
«Situato su di una collina in prossimità della costa jonica gode di una vista panoramica sullo
splendido mare. Castello multisala da ricevimento su stile barocco, dotato di quattro sale con
ampia capienza e di quattro suite di circa 70mq l'una posizionate nelle torri del castello. Si estende
su di una superficie totale di circa 30000 mq, riproducendo fedelmente nei minimi particolari un
vero "castello medievale". Inoltre il Castello Flotta viene caratterizzato, nonché reso unico, dalle
sue sculture in marmo pregiato di artisti internazionali e dai suoi affreschi meravigliosi. ...».
http://bettylafeaecomoda.forumcommunity.net/?t=49312683
MANGONE (borgo, palazzo Mauro, palazzo Montemurro)
«Conosciuto per le antiche tradizioni (culinarie e lavorative) che ancora coltiva e valorizza,
Mangone è uno dei centri della provincia di Cosenza tra i massimi produttori di ottimo pane; in
esso l’abitato è diviso in due parti: ‘nsusu (parte alta) e ‘mpede (parte bassa) e si caratterizza per
la presenza di palazzi signorili e residenze del clero, nella parte alta, e abitazioni più modeste
nell’altra. ... Nella parte alta del paese, sede della locale nobiltà di un tempo, si ergono ancora gli
antichi palazzi gentilizi tra i quali spiccano il palazzo Montemurro, probabilmente il più antico di
Mangone; il palazzo Mauro sotto il cui pavimento della stalla è stato trovato un cunicolo che
conduce alla chiesetta della Madonna dell’Arco (che verosimilmente risulta la cappella di
campagna della famiglia Mauro e, prima ancora, Mangone da cui, per cambiamenti etimologici,
essa deriva)».
http://www.retemuseale.provincia.cs.it/index.php?option=com_content&view=article&id=131&Itemi
d=386
MARANO MARCHESATO (borgo, palazzo Zupi)
«Le origini di Marano Marchesato, sebbene per alcuni studiosi affondino in epoca medievale, sono
certe a partire dal 1638 quando un terribile terremoto abbattutosi sulla Calabria settentrionale
provocò la fuga di numerose colonie di abitanti dalle cittadine del circondario. La comunità sorta
pertanto nell’attuale territorio di Marano era diventata presto numerosa e molto attiva nella
coltivazione dei campi perciò inevitabili furono le questioni legate alla giurisdizione del borgo;
questioni intercorse tra la casata dei Sersale, signori di Cerisano, e quella dei Mendoza, marchesi
di Rende. Il dominio fu affidato agli Alarçon y Mendoza e, verosimilmente per questa ragione, il
comune di Marano fu detto Marchesato per distinguerlo dal Principato. Il borgo seguì pertanto le
vicende feudali di Rende e ai tempi della Repubblica Napoletana (1799) quando il generale
Championnet intese concepire il riordinamento amministrativo delle contrade meridionali, fu
denominato “Marano grosso” aggregato al Cantone di Cosenza per poi divenire Universitas sotto il
governo di Rende durante il periodo napoleonico. Nel 1811 fu definitivamente sancito il nome di
Marano Marchesato. Un episodio terribile fu il terremoto del 1905 le cui rovine sono state
ricostruite dalle cronache coeve, una delle quali, recita: “(…) i maranesi furono vittima altre volte di
simili rovine ma il terremoto di venerdi, con le sue conseguenze, non si ricorda neanche dai più
vecchi cittadini. (…) Ci fu chi, dopo la scossa di struggitrice, volle correre alla chiesa parrocchiale
di M.S. del Carmine, altri alla chiesa dell’Assunta, di S. Francesco, di S. Antonio: ma si arrestarono
esterrefatti dinanzi alle rovine di quelle che poche ore prima potevano dirsi splendidi templi di
Marano (…)”. Templi che oggi, sebbene abbiano subito rifacimenti consistenti a causa dei
terremoti, costituiscono il patrimonio storico-artistico di Marano Marchesato. ... Anche i palazzi
sono numerosi e testimoniane la storia feudale e gentilizia di Marano; essi sono il palazzo Baratta,
il palazzo Fiumara, De Rose, il bellissimo palazzo Zupi oggi Tenuta».
http://www.retemuseale.provincia.cs.it/index.php?option=com_content&view=article&id=132&Itemi
d=389
MARANO PRINCIPATO (borgo, palazzi)
«Alcuni studiosi propongono l’ipotesi che l’attuale Marano Principato sorga sui resti dell’antica
Pandosia, di epoca bruzia, tuttavia le prime notizie documentarie sull’abitato si possiedono
relativamente al Seicento allorquando molteplici famiglie di Castelfranco (Castrolibero) e Rende ivi
si rifugiarono a seguito del terremoto del 1638 dando vita ad un nuovo borgo, in località Troiano.
Gli studi che promuovono l’eredità di Pandosia si fondano su approfondite ricerche e sulla
persistenza di alcuni toponimi pantosini nel territorio di Marano Principato e, seppure non siano
dimostrabili rigorosamente, essi consentono di ritenere che Marano, insieme ad altri territori,
rappresenti una delle eredi di Pandosia. Alcuni atti notarili evidenziano tuttavia l’esistenza del
borgo in epoca successiva e, già per gli inizi del XVII secolo, è segnalata la presenza di due
baronie distinte a Marano Principato e a Marano Marchesato, territori così suddivisi per
evidenziare la differente appartenenza ai Sersale, il primo, e agli Alarçon y Mendoza il secondo.
Ricaduto fino al 22 ottobre 1800 sotto la giurisdizione di Castelfranco, Marano Principato se ne
distaccò in questa data con Atto ufficiale di separazione. La caratteristica del sito è l’ampiezza
delle zone abitate: sulle colline, nella contrada Savagli e nelle campagne che circondano il
territorio. Nel centro storico meritano di essere visitate la chiesa matrice di Maria Santissima
Annunziata costruita tra il XVIII e il XIX secolo e la cappella di campagna intitolata a Sant’Antonio.
L’antica chiesa parrocchiale presenta una facciata sobria e severa, tripartita e con la navata
centrale notevolmente più elevata; essa presenta tre portali sormontati da altrettanti rosoni e un
campanile a cupola. Altrettanto importanti sono i palazzi nobiliari quali, in primis, il palazzo
Savaglio e quello Vincenzo Tenuta. ... La ricchezza e varietà del paesaggio di Marano Principato
va dai vicoli interni del borgo dove si avverte ancora il sapore di antico ai sentieri lungo la
travagliata geografie delle sue rocce fino alla ricca flora (faggi, querce, castagni e abeti) che
colorano il paesaggio montano principatese e giungono fino ai fitti boschi e alle radure per
l’allevamento».
http://www.retemuseale.provincia.cs.it/index.php?option=com_content&view=article&id=133&Itemi
d=392
MARINA DI VILLAPIANA (torre saracena)
«È ben visibile dalla strada provinciale (S.S. 106). Si trova vicina al mare,alla pineta 112, al centro
della piana di Sibari. Recentemente la torre è stata restaurata dall’architetto Mario Severini. La
torre è costruita per volere di Fabrizio Pignatelli, su ordine dell’imperatore Carlo V presso il
torrente Saraceno da cui prende il nome, nell’anno 1535. Ha una forma cilindrica con coronamento
a mensole con archetti di tipo aragonese».
http://www.lapanoramicavillapiana.it/villapiana_centro.html
MENDICINO (borgo, palazzo Campagna Del Gaudio)
«Nel centro storico, denominato Castello, si erge il palazzo che fu della nobile famiglia Del Gaudio,
oggi conosciuto come Palazzo Campagna. Fu costruito intorno al 1774 dalla famiglia Del Gaudio;
passò poi ai Campagna che lo restaurarono nel 1809 aggiungendo le arcate e le logge visibili sulla
parte laterale. Palazzo Campagna fu centro d’alta cultura nel corso dell’800 per la presenza del
poeta Giuseppe Campagna, che volle chiamare a Mendicino i migliori intelletti del tempo. ... Poco
lontano dall’attuale centro abitato, rimangono i resti dell’antico borgo di Mendicino che si sviluppa
su tre alture. In passato, uno di questi cozzi era dotato di una cinta muraria di cui rimangono
soltanto i resti. All’interno dell’area circoscritta dalle mura, sono visibili i resti di abitazioni
direttamente scavate nella roccia. Nel punto più alto sorge una torretta di avvistamento nota come
u casalinu. Proseguendo nella visita della zona interna alle mura, è possibile notare un insieme di
celle scavate nella roccia che, probabilmente, servivano come dimora agli eremiti in epoca
medievale. La presenza di questi religiosi è confermata anche dai resti di un complesso
monastico. Al di fuori della cinta muraria, presso l’attuale cimitero, sono visibili reperti di antiche
abitazioni raccolte intorno al rudere dell’antica chiesa di San Cristoforo».
http://www.cmserrecosentine.it/marketing/mendicino/storico.artistico.pdf
MIRTO (castello del barone Mandatoriccio)
«Durante il periodo feudale, Crosia fu dominio di 33 feudatari, tra i quali i più importanti furono i
Matteo, i Cariati e i Sambiase. Nel 1596 il Barone GiovanMichele Mandatoriccio (nato a Rossano
nel 1570 e 1° Barone di Crosia) acquistò da Laudomia Grisara anche il fondo Mirto, che insieme
alla Mastrodattia di Caloveto fruttava 800 ducati all'anno. Due anni dopo ingrandì il feudo con
l'acquisto da Vespasiano Spinelli della baronia di Calopezzati per 25.500 ducati. Al nobile sembra
dovuto il cambio di titolo dell'arcipretura, da lui dedicata a S. Michele Arcangelo, mentre,
certamente fino al 1596, come si evince da un Regesto Vaticano, era intitolata genericamente a S.
Angelo. Gli atti del notaio Francesco Greco di Bocchigliero, fanno riferimento a una torre di origine
normanna con frantoi, che costituiscono il primo nucleo dell'attuale masseria, meglio nota come
castello, ubicata sull'altura della frazione di Mirto e fatta edificare dal Mandatoriccio all'inizio del
1600. Le motivazioni che hanno portato il Barone ad edificare, se pur in diverse fasi, tutte quelle
strutture, sono da ricercare nelle esigenze del grosso feudo di Crosia (del quale facevano parte
Calopezzati, Caloveto, Campana, Mandatoriccio, Bocchigliero e Pietrapaola) le cui attività erano
prevalentemente agricole. La vastità dei territori impiantati ad uliveti, determinava una produzione
d'olio per centinaia di quintali, gran parte del quale veniva esportato ed ecco la necessità di
impiantare le strutture per lo stoccaggio oltre al frantoio per la molitura delle olive. La produzione
massiccia di cereali e la loro commercializzazione impose la costruzione di enormi magazzini non
solo sotto il palazzo baronale di Crosia ed a Calopezzati, ma soprattutto a Mirto, che era il cuore
delle attività. Tutto ciò, oltre alla mania delle cose in grande, che era caratteristica del barone, fece
nascere attorno alla vecchia torre diversi nuovi edifici: la dimora padronale ancora oggi visibile,
l'abitazione del fattore, le case per il personale di servizio e per gli operai salariati, le rimesse e le
stalle, i magazzini ed un grande locale dove trovavano posto i lavoratori stagionali. Venne costruita
anche la sala degli "ordini", così chiamata perchè vi venivano impartiti gli ordini per il giorno
successivo dal fattore. Il castello aveva una cappella all'interno del cortile padronale (ormai diruta),
presso la quale nel 1635 il Duca ottenne uno speciale indulto papale. Le necessità crescevano con
l'ingrandirsi del feudo e sorgevano nuove costruzioni attorno alla corte, finché la struttura assunse
le dimensioni e l'aspetto attuale, in fase di degrado. Presenta una pianta rettangolare e l'accesso è
garantito da due porte ad arco; una grande scalinata è sormontata dallo stemma nobiliare
caratterizzato dall'immagine del Drago; le stanze per la residenza sono venti. Morto Francesco
Mandatoriccio senza figli (1676), il feudo passo alla sorella Vittoria e per essa al marito Giuseppe
Sambiase. L'imponente struttura fu anche teatro dei tragici fatti della "restaurazione borbonica" del
1799. Nei pressi della "Cibbia" del giardino è ancora visibile il muro del martirio degli antiborbonici.
L'imponente torrione con la finestra dalla quale Francesco Ruffo assisteva all'esecuzione dei ribelli
(Pasqua 1799)».
http://castelliere.blogspot.it/2012/06/una-poderosa-masseria-fortificata-in.html
MONGRASSANO (palazzi)
«Palazzo del Municipio. Il Palazzo, oggi diviso in due ali, una anteriore e una posteriore, presenta
una notevole corte interna utilizzata probabilmente come chiostro. L’ala posteriore, la più antica, fu
l'ultima sede del Convento di Santa Maria dei Benedettini. Il convento, probabilmente fondato dai
Basiliani in contrada S. Maria (accanto alla cappella di S. Maria), cambiò possesso con l’avvento
di Roberto il Guiscardo e fu spostato in paese, appunto nell’ala posteriore dell’attuale palazzo
municipale, che l’ospitò fino al 1542. L'ingresso del convento era prospiciente alla Chiesa Madre
ed il convento stesso era collegato tramite un passaggio a ponte alla chiesa dei Carmelitani. L’ala
anteriore del Palazzo, invece, venne edificata nel 1630 ed ospitò, sin dal 1649, il Convento dei
Carmelitani di Antica Osservanza. campanile. Con decreto di Gioacchino Murat, dell'8 Agosto
1809, il convento fu soppresso. Il Palazzo oggi si affaccia su quella che è la piazza principale del
paese: Piazza Tavolaro. Palazzo Miceli. Nel rione Serra di Leo (Sardalia), venne edificato per il
barone omonimo nel 1750. Da analisi architettoniche è possibile ipotizzare che il palazzo già
esistesse, cosicché nel 1750 fu solamente ristrutturato e adattato alle esigenze dei nuovi
proprietari. Oggi il Palazzo è di proprietà del Comune e al suo interno hanno sede la Biblioteca
Comunale, il Centro Iconografico Arbëresh (C.I.AR.), lo Sportello Linguistico Comunale e la Mostra
permanente delle Tradizioni e Cultura Arbëreshe. Palazzo Sarri. Imponente complesso
architettonico del XVIII secolo, con un bellissimo portale scolpito a mano da artisti della scuola
fuscaldese e ringhiere di ferro battuto in stile spagnolo. Proprietà privata. Fu sede della famiglia
Sarri, tra le più importanti del centro mongrassanese».
http://mongrassano.asmenet.it/index.php?action=index&p=353 - 354 - 355
MONTALTO UFFUGO (centro storico)
«Il centro storico di Montalto Uffugo, ricco di vicoli, archi, possenti mura e magnifici portali, è
certamente uno dei luoghi più suggestivi e interessanti dell'intero paese. Una delle parti più
antiche è il rione Castello, al quale si giunge attraverso la caratteristica via Turano, e dove si può
ammirare l'imponente Torre Campanaria, che conserva ancora intatta la vecchia campana
fabbricata nel 1521 che fu fusa e riformata altre tre volte: nel 1781, nel 1924 e nell'Anno Mariano
del 1954 a spese del barone Alimena. Era proprio quest'ultima che chiamava a raccolta gli abitanti
di Montalto in caso di pericolo o li avvertiva del verificarsi di eventi straordinari. Risalente al XIVXV secolo, la torre era un tempo parte di un possente edificio, detto "castello novo", fatto costruire
dal conte Giordano Ruffo; la dimora, già gravemente danneggiata nella prima metà del XIX secolo,
venne infine addirittura demolita. Le strette viuzze, le ripide gradinate, i sottopassaggi si
intersecano creando un'atmosfera rarefatta, d'altri tempi; e così si giunge davanti al convento e
alla chiesa dei Carmelitani, con la loro sobria struttura architettonica, e subito dopo, in largo
Zavarrone, dinanzi al palazzo che fu dimora del casato d'Aragona, con il suo bel portale litico.
Numerose sono poi le altre residenze nobiliari di cui è disseminato il centro storico, come quella
Alimena, e quella Carelli, il cui portale in pietra proviene probabilmente dalla vecchia chiesa di
Santa Maria Maggiore. Assai suggestivo il panorama che si può godere dal belvedere di via
Petralta Foscarini che, posto tra la bella chiesa di S. Domenico e antiche abitazioni, spazia sulla
vallata sottostante fino ai monti dell'altopiano silano. Infine, nella zona periferica del centro storico,
si possono ammirare due pregevoli portali litici del XVI secolo».
http://www.montaltouffugobox.it/index.php?option=com_content&view=article&id=161:centrostoric
o&catid=153:centrostorico&Itemid=57
MONTALTO UFFUGO (resti del castello, porte)
«Fu fatto edificare dal conte Giordano Ruffo nel sec. XIV, sui resti di una preesistente
fortificazione. La rovina del castello iniziò nel sec. XVII e nel secolo successivo, quando i feudatari
di casa Moncada, decisero di risiedere in Sicilia. Già nell'800 era diventato quasi un rudere e, alla
fine del secolo, venne demolito per ricavarne materiali da costruzione. Dai resti e dalle ricerche
effettuate, risulta che il castello dovesse essere un imponente sistema difensivo, formato dalle
abitazioni del feudatario, da una torre quadrata e da una torre circolare rivolta verso mezzogiorno,
a Porta Pietralta (oggi via Petralta Foscarini) sulla quale si issava la bandiera di guerra. Vi erano le
prigioni sotterranee e la torre campanaria costruita tra il 1400 e il 1500. Nel 1300, con
l'edificazione del Castello, l'abitato incominciò ad assumere un preciso assetto: le casette erano
addossate le une alle altre, le stradine (vinelle) ripide e lastricate in selce, delle quali spravvivono
ancora oggi i nomi: Piazza, Manca, Crocevia, Campanaro, Ponticello, Timpone, Acqua della Corte,
Piano del Duca e cosi via. L'antico borgo, inoltre, era circondato dalle mura, erette a fortificazione:
alte, merlate turrite e di forma quasi trapezoidale, così come si può vedere salendo per via S.
Martino, dove si trova la Porta Superiore, con il portale e lo stemma degli Alimena ed un breve
tratto di mura merlate. Le porte erano: Petralta (supa Pitravutu) Santo Siprito o degli Ultramontani
(valdesi) nel rione Pirrerio ('a Pirrera), S. Nicola nel rione San Pasquale, della Cotissa, della
Manca e Porta Superiore presso il borgo San Martino. Ognuna di essa aveva una torretta circolare
di guardia. Attualmente se ne può ammirare una sola, quella di Pietralta, trasformata in
abitazione».
http://www.montaltouffugobox.it/index.php?option=com_content&view=article&id=161:centrostoric
o&catid=153:centrostorico&Itemid=57
MONTALTO UFFUGO (torre campanaria)
«L'imponente Torre Campanaria, che conserva ancora intatta la vecchia campana. Era proprio
quest'ultima che chiamava a raccolta gli abitanti di Montalto in caso di pericolo o li avvertiva del
verificarsi di eventi straordinari. Risalente al XIV-XV secolo, la torre era un tempo parte di un
possente edificio, detto "castello novo", fatto costruire dal conte Giordano Ruffo; la dimora, già
gravemente danneggiata nella prima metà del XIX secolo, venne infine addirittura demolita».
http://www.montaltouffugobox.it/index.php?option=com_content&view=article&id=117:torrecampan
aria&catid=110:ruderi&Itemid=57
MONTALTO UFFUGO (torre normanna)
«La torre normanna di Montalto Uffugo faceva parte dell'antico circuito murario che in epoca
medioevale circondava l'intero paese. Lungo la cinta si aprivano ben sei porte, difese da torri a
pianta circolare. Quella ancora visibile in via Petralta Foscarini, conosciuta come Torre Normanna
perché edificata nell'XI o XII secolo, è oggi in parte circondata da abitazioni. Probabilmente un
tempo le torri erano presidiate da sentinelle e, secondo uno storico locale, venivano annualmente
benedette in quanto determinanti per la difesa della cittadina».
http://www.calabriaturistica.it/torri_e_castelli.php
MONTEGIORDANO (castello)
«A Piano delle Rose (località Castello), che si trova sopra la Marina di Montegiordano, sorge un
castello seicentesco, costruito dai Pignone del Carretto, come residenza invernale e di caccia. Il
castello è dotato di vasti locali, una volta adibiti a stalle e magazzini, disposti attorno ad un bel
cortile pavimentato a massicciata, con pozzo centrale. Una scala ed un ampio arco a tutto sesto,
danno accesso al piano superiore. Poco più a valle del castello, sorge quella che una volta era la
cappella gentilizia dedicata alla Madonna del Carmine. Questa cappella, abbandonata perché
fatiscente, risale al principio del secolo scorso, e fu ricostruita in seguito allo sbancamento di
un'altra precedente, la quale ne sostituiva ancora un'altra. Le diverse riedificazioni, dovute ai
continui smottamenti del terreno, hanno portato ad un trapianto topografico radicale per cui
l'attuale Cappella del Carmine è stata posta molto più a nord del castello. Nella località Piano delle
Rose, alcuni studiosi, propongono di identificare il monastero di S. Anania e il castello di Petra
Ceci, nominati in una carta del 1015 relativa ai possessi della chiesa di S. Pietro di Brahalla,
presso Oriolo: in tale documento Nicone, monaco e il figlio Ursulo, turmarca di Oriolo, donano a
Luca, egumeno di S. Anania, il suddetto castello, perché, in caso di incursioni degli Infedeli
(incursioni saracene 916-1048), i monaci ed il popolo vi si possano ritirare. Se così fosse, sul
Piano delle Rose, già all'inizio dell'XI secolo, ci sarebbe stato un abitato accentrato attorno ad un
castello e a un monastero greco. L'attuale castello seicentesco, quindi, sarebbe stato ricostruito
sui resti di quello più antico. Nella sua Cronaca (scritta nel 1695), Giorgio Toscano, ricorda che in
questa località, vi era “un castello forte e munito di cui oggi non si riconoscono altre vestigia in
fuori di alcune mura dirute”. In un altro passo, egli sostiene che il Castello della Marina, dove i
Pignone solevano risiedere in alcuni mesi dell'anno per deliziarsi nelle bellissime cacce di fiere
selvatiche “era quasi del tutto diruto, ma poi rifatto e ristaurato dai suoi Posteri”. Purtroppo, il
Toscano non dà datazioni, ma, da quel che scrive si evince chiaramente che il castello, esistente
all'epoca sua, era stato ricostruito dai Pignone sui ruderi di uno precedente».
http://it.wikipedia.org/wiki/Montegiordano#Il_castello
MORANO CALABRO (castello)
«Col secolo XIII, in cui si ricorda il primo feudatario del luogo, Apollonio di Morano, i discendenti
del quale, come quella Signora di Morano che nel 1287 in questa fece prigioniero Manfredi di
Chiaromonte, si distinsero sotto Carlo I e II d’Anjou dovette elevarsi il castello. Allora alla primitiva
fortificazione, che forse, si componeva di un rude e possente torrione, è probabile si sostituisse il
castello vero e proprio dal quale partivano mura qua e là rinforzate da torri. Tre di queste, una
quadrata altissima e due cilindriche più tozze, e qualche porta rimaneggiata posteriormente si
vedono ancora, unici resti di una cintura murale, nel centro abitato. Tre cerchie di mura, sono
ricordate dal Tufarello, che scriveva nel 1599, ed anche l’ultima, alla quale si riferiscono le vestigia
nominate, è per lui una cosa remotissima. Dagli Aragonesi il castello, secondo un diploma
dell’Archivio L’Occaso di Castrovillari, era considerato regio, ed il primo maggio 1481 la carica di
castellano era data a Sansonetto Musitano di Castrovillari familiare della Corte. Al Castellano per
consuetudine, dice la Platea di Morano del 1546, il primo gennaio di ogni anno il Commendatario
di S. Giovanni da Castrovillari, doveva «portare et consegnare unum porcastrum rotulorum decem
ed octo thumulum unum panis boni ed albi et barili unum vini boni». Da Pietro Antonio
Sanseverino principe di Bisignano il castello fu poi riedificato tra il 1515 e il 1546. Dopo passò, nei
primi del 1600, agli Spinelli principi della Scalea fino a che, si dice, cominciò ad andare in rovina
perché bombardato dai francesi nel 1806. La tradizione sembra giusta, perché se Morano onorò in
più occasioni Giuseppe Bonaparte che passava per suo il territorio, nei primi giorni
dell’insurrezione calabrese, temeva non poco i francesi forse per la distruzione avvenuta. Ciò
appare da alcuni documenti contenuti in un registro di pagamenti del 1806 dell’Archivio
Municipale. Ma la vera distruzione del magnifico castello fu voluta dagli stessi principi proprietari,
che nel secolo scorso permisero di asportare dall’edificio travi e blocchi di tufo».
http://www.lavocedifiore.org/SPIP/article.php3?id_article=1158 (a cura di Mauro Diana)
MORANO CALABRO (centro storico, palazzi gentilizi)
«La bellezza di Morano sta nella delicata combinazione di arte e bellezze naturali: la pietra degli
archi, dei torrioni, dei contrafforti, delle case abbracciate le une alle altre, si sposa con la maestà
dei monti circostanti creando uno scenario davvero unico. La maglia urbana, fitta e intricata, fa di
Morano uno dei centri storici più suggestivi e integri dell'intera Calabria. La visione d'insieme è
quella di un presepe, con le case in architettura povera degradanti verso il basso, con i tetti rossi
dei coppi e il dedalo di viuzze che sale verso il Castello. ... Morano è anche ricca di palazzi
gentilizi, costruiti per lo più tra '700 e '800 dalle famiglie benestanti grazie alla proprietà della terra
o all'esercizio delle professioni liberali. Hanno prospetti regolari e simmetrici, portali in pietra,
scalinate ampie con grandi arcate, il seicentesco Palazzo Rocco, l'elegante Palazzo Salmena,
Palazzo Serranù, Palazzo Scorza-Aronne, Palazzo Cozza col suo loggiato angolare, il Palazzo dei
Cavalieri Marzano nel rione Giudea, con le facciate dal caratteristico colore rosso, il Palazzo
Lauria col bel portale barocco, e molti altri. Spesso bastionati sono invece i palazzi nati all'interno
del nucleo medievale accorpando o sopraelevando edifici adiacenti, come il Palazzo GuaragnaCappelli o Palazzo Coscia, sopraelevato nel 1793 su una struttura originaria del '400».
http://www.borghitalia.it/html/borgo_it.php?codice_borgo=671
MORMANNO (borgo)
«Il De Leo [P. De Leo, Mormanno, in Il Pollino, storia, arte, costume, ed. Editalia, Roma 1984, p.
148] dice che "La tradizione vuole che Mormanno sia sorta in età longobarda come saldo presidio
tra il ducato di Benevento e il territorio soggetto all'impero bizantino. Alcuni studiosi sostengono,
tuttavia, che esso abbia origini assai più remote, come avamposto bruzio a sorveglianza del passo
montano su cui sorge l'attuale abitato. Del resto il rinvenimento, nella vicina contrada di Donna
Bianca, di numerosi cocci di vasi ellenici, alcuni anche di eccellente fattura, lascia ragionevolmente
supporre una frequentazione greca e romana, probabilmente da mettere in relazione all'antico
percorso della via Annia. In questo quadro anche l'etimologia del toponimo Mormanno potrebbe
essere legato all'espressione Murum Anniae, ad indicare le caratteristiche impervie del sito verso il
quale si inerpicava l'antico percorso, dal fondo valle del Lao per Campo Tenese. In ogni caso il
centro si sviluppò soprattutto per essere, dal XII sec., un polo feudale ecclesiastico, (…). Il rione
denominato Costa raccolse il primo insediamento, come si può rilevare dalle costruzioni che dalla
Chiesa dell'Annunziata scendono sul fianco della collina e dai resti di una costruzione anche più
antica, di epoca da accertare, situata di fronte alla Chiesa, proprio sulla sommità del colle.
Scendendo verso il rione S. Anna si leggono gli ampliamenti subiti dal nucleo originario. Sono
infatti evidenti le tracce di diverse cerchie di mura e porte, in successione dalla sommità verso il
vallone". Troviamo registrato Mormanno in un documento medioevale greco del 1094, e nel secolo
XII riscontriamo i termini di Miromanum, Mirimanda, Miromanda, ... per l'anno 1324 è riportato
come Maromandi: "in castro Maromandi"».
http://www.parcopollino.it/index.php?option=com_content&view=article&id=84%3Amormanno&cati
d=42%3Aversante-calabro&Itemid=89&limitstart=1
MOTTAFOLLONE (castello feudale)
«Il castello di Mottafollone sorge sulla collina del centro storico, "La Motta" medievale. Viene
edificato nel medioevo come dimora del principe feudatario e a difesa del vasto e ricco territorio.
All'ombra del castello si è man mano formato il nucleo più antico dell'attuale abitato. Anche se è
stato sempre denominato "castello", segno di dominio e di ricchezza, non presenta carattere di
costruzione strategico-militare, come il castello di Malvito e la torre normanna di S. Marco
Argentano, di cui tuttavia è in vista, formando così un triangolo difensivo con le predette
costruzioni. La sua caratteristica rimane comunque quella di dimora fortificata del feudatario.
Conserva ancora sul lato sinistro del muro di cinta le torrette dei "rivellini" (da repello, respingere)
lungo il camminamento di difesa intorno al castello. C'era anche il fossato dalla parte dell'entrata al
maniero, ma è stato colmato da tempo ricavandone una rampa d'accesso. Restano ancora i muri
di contenimento. Il portale d'ingresso è ad arco in pietra intagliata ed era coperto con una volta a
mattoni. Sull'ingresso c'era la cappella. Segue un atrio quadrato intorno al quale sono disposti gli
appartamenti su due piani. Nel cortile si notano altri archi in pietra. A piano terra vi sono ampi
magazzini: servivano a contenere le provviste e a alloggiare i dipendenti. Vi era una grande cucina
con un'enorme cappa. AI piano superiore i saloni con i caminetti per il riscaldamento e gli alloggi
dei signori, disposti su tre ali attorno al cortile, con finestre prospicienti sull'atrio. L'intera ala
esposta a settentrione era invece adibita a soggiorno, con numerosi finestroni ad arco senza
infissi. L'elemento architettonico è appunto l'arco a tutto sesto. È usato pure per dividere gli
ambienti e renderli nello stesso tempo intercomunicanti. Anche le comuni porte di passaggio sono
ad arco. L'ala di nord-ovest è caduta da molto tempo e resta solo parte dei muri perimetrali. Le
stalle e le scuderie sono sul lato destro, nell'interrato ricavato dal dislivello tra il cortile d'ingresso e
la rampa d'accesso. Al centro d’una stalla è conservato un abbeveratoio in terra, intonacato.
Dopo l'eversione della feudalità avvenuta nel 1806, il castello è passato in mano ai privati che
hanno diviso tra loro i numerosi vani, chiudendo gran parte degli archi che rendevano
intercomunicanti le ali dell'edificio. Negli ultimi tempi, con precari adattamenti, è stato adibito a
scuola pubblica. Fortunatamente sono rimaste intatte e sgombre da rifiuti le ampie cisterne a volta,
intonacate, ricavate sotto l'acciottolato del cortile. Opera di gran pregio e molto funzionale, serviva
per una abbondante riserva di acqua e di altri liquidi. Le caratteristiche con cui si presenta oggi il
castello di Mottafollone lo fanno risalire intorno al XIV secolo, ma una finestrella romanica in pietra
lavorata, venuta fuori da sotto l'intonaco su una parete dell'ala di centro, lo riporta più indietro nel
tempo, o almeno vorrà indicare che un primo nucleo dell'edificio, quello centrale, sarà sorto in
concomitanza con l'abitato, verso il X-XI secolo. Sono in corso i lavori di recupero e restauro da
parte della Sovrintendenza di Cosenza. La presenza del castello è legata ovviamente al territorio e
al feudo. Già possedimento di una famiglia normanna omonima, cioè Motta Falone o Folone, nel
1343 veniva alienato ai Sangineto dai quali, per successione femminile, ai Sanseverino, da cui fu
subinfeudato alla famiglia Arcella. Nel 1580 veniva venduto ai Pescara, nel 1605 ai Firrao, nel
1611 ai Della Cava, nel 1616 ai Telesio che lo tennero fino al 1740. Comprato dai Van den Eyden
(1740 -1743) per successione femminile perveniva ai principi di Belvedere, che lo tennero fino alla
eversione delta feudalità (1806). (Cfr. G. Valente: Dizionario dei luoghi della Calabria). Infine è
opportuno tenere presente che il castello e il centro storico di Mottafollone sorgono su una
preesistente area di stanziamenti di epoca greca e romana. Sul retro del castello, nel declivio
settentrionale della collina, c'è ancora il borgo antico, che conla sua denominazione originale la
"Gorga" menzionata pure dai poeta greco-italiota Licofrone, IV sec. a.C., nel suo
poema Alesandra. È stato inoltre tramandato che il castello avesse un'uscita segreta sotterranea,
che portava fuori dalle mura di cinta. Sempre sul versante settentrionale disponeva dì un fossato
naturale costituito da! cosiddetto "Gafaro di Corcillo”».
http://www.comune.mottafollone.cs.it/Guidaalpaese/tabid/12734/Default.aspx?IDPagina=5058
NOCARA (resti del castello)
«L'antico centro abitato di Nocara si è sviluppato seguendo un asse tracciato tra la chiesa e il
castello, tra i due poli che regolavano tutte le manifestazioni della vita cittadina: Dio e il signore
locale. La conformazione urbana si deve, fondamentalmente, alle esigenza difensive. Il paese
sorge su una collina circondata da pendici ripidissime, difficilmente raggiungibile. Le fortificazioni
seguono l'andamento dei limiti naturali della cima collinare con qualche torre costruita sugli
speroni rocciosi. All'interno delle mura, negli spazi lasciati liberi dai due edifici principali, le
abitazioni si affacciano frontalmente sulle stradine strette e scoscese che seguono, a loro volta,
l'andamento naturale del terreno. Nello spazio che occupava il castello resta solo una piazza e
tracce di muri. Rimangono una torre poligonale, probabilmente trecentesca e una torre più antica
(XI-XII secolo). Le murature a blocchetti sono simili a quella della cinta bizantina di Presinace. Nel
Seicento furono costruiti fuori dall'asse medievale, contemporaneamente all'espansione
dell'abitato all'esterno dalle ridotta cerchia antica; in quest'epoca il centro storico prese l'aspetto
così come è arrivato fino ad oggi. Una diversa matrice insediativa caratterizzò le costruzioni che
sorsero a partire dalla metà di questo secolo, che generò spazi urbani diversi, immediatamente
riconoscibili come moderni L'espansione novecentesca si strutturò lungo la via che unisce il paese
alla marina, nuovo punto di attrazione e passaggio della strada statale e della ferrovia. Vi si
costruirono la sede municipale ed altri uffici pubblici, spostando il baricentro del paese dal nucleo
antico verso la periferia. Alla centralità dell'asse castello-chiesa, ubicati nei punti più alti e
difficilmente accessibili, subentrò l'apertura verso altri paesi. Così come successe allora per tutti gli
altri paesi calabresi, la nuova configurazione fisica rifletté la volontà di uscire dall'isolamento
secolare, la stessa che aveva provocato l'emigrazione di massa».
http://www.comune.nocara.cs.it/storia_territorio/beni_culturali.htm
ORIOLO (castello feudale)
«Nella rete delle torri di guardia e dei castelli, costruiti lungo la costa e nell'entroterra calabrese
dell'Alto Jonio, una delle più significative strutture, attualmente ben conservate, è certamente il
castello-fortezza di Oriolo (CS). Culmina il Centro storico di cui è il manufatto più importante
insieme alla Chiesa di S. Giorgio martire. Venne abbandonato in periodo barbarico per aver perso
la sua funzione di difesa delle vie commerciali e ricostruito in periodo bizantino sulla pianta del
primitivo impianto. La necessità della sua ricostruzione fu dettata dall'esigenza di difendersi da
eventuali invasioni saracene. La città fortificata, già di per sé sicura, aveva bisogno di un centro di
difesa che la rendesse inespugnabile. Inizialmente il castello aveva quattro torri angolari cilindriche
ed il mastio, attorno a cui si snodava il corpo di fabbrica. Oggi, insieme alla vecchia struttura,
restano tre torri,compreso il mastio. Dalla metà dell'800 manca un piano,come si evince da un
esame attento del sottotetto, come ancora è viva la memoria storica del crollo, negli anni trenta, di
un terzo del manufatto. L'abbassamento in altezza della struttura fu dettata da motivi sismici. Il
periodo normanno, maggiormente interessato alla costruzione di fortezze, fu quello di Roberto il
Guiscardo che, conquistata la Calabria, intorno al 1050 e dopo l'accordo di Melfi del 1059 con
papa Niccolò II, divenne duca di Puglia e di Calabria. Fino al 1085, anno della morte, Roberto
spese tutte le sue forze per fortificare il regno. Nel 1265 era già posseduto da Carlo II d'Angiò.
Dopo la rivolta dei baroni cui era parte integrante il Signore di Oriolo, Barnabò Sanseverino, il
castello passò ai Pignone. Nel 1647 giunse in Oriolo l'eco della rivolta di Masaniello e il castello,
trovatosi al centro della sommossa, venne assediato dai rivoltosi. ... Ripristinato l'ordine nel Regno
di Napoli, i Pignone tornarono e rimasero a Oriolo, con sede stabile nel castello».
http://www.comune.oriolo.cs.it/index.php?action=index&p=91
ORSOMARSO (resti del castello di Mercurio)
«In epoca medievale Orsomarso assunse particolare importanza per aver ospitato una miriade di
monaci italo-greci, a cui si deve la nascita e l’affermazione di una famosa eparchia (provincia)
monastica. Il monachesimo italo-greco, divenuto poi noto come monachesimo Basiliano, a seguito
dell’avanzata dell’Islam in Asia Minore e in Egitto e con la persecuzione iconoclasta da parte degli
Imperatori d’Oriente a partire dal VI secolo d.C., concentrò la sua presenza in Calabria e,
precipuamente in quello che oggi costituisce il territorio del Comune di Orsomarso. Tale fenomeno
andò sempre più sviluppandosi, tanto da interessare una vasta area geografica in territorio non
solo calabrese, ma anche lucano e campano, facendo sì che la famosa EPARCHIA MONASTICA
DEL MERCURION, nel XII secolo estendesse i propri confini fino al territorio cilentano, oggi
ricadente nel comune di Vallo della Lucania (SA). L’attuale centro abitato di Orsomarso ospitò
igumeni illustri, quali Fantino il Giovane, Giovanni soprannominato “il grande”, e Zaccaria, detto
“l’Angelico”, noti per aver accolto il giovane Nilo di Rossano, che dal 940 al 952/53 visse
prevalentemente da eremita nella grotta dell'Arcangelo S. Michele sul timpone della Simara,
dominante il centro abitato, e monaci famosi, quali Luca fratello di Fantino, Stefano, Giorgio e
Procolo, anch’essi di Rossano, Nicodemo di Mammola e i monaci siciliani Leoluca, Vitale,
Cristoforo, Macario e Saba, proclamati Santi da parte della Chiesa. Fonti storiche segnalano nel
1262 la fortezza ed il casale di Mercurio come facenti parte dei possedimenti di Martino e poi di
Bertuccio Vulcano, già signori del castello di Abatemarco nei pressi dell’attuale S. Maria del Cedro.
Mentre il feudo di Orsomarso appartiene a tal Costantino Minutolo in seguito nominato Generale
dei Balestrieri del re Carlo I d’Angiò. I due possedimenti resteranno a lungo separati, fino al 21
settembre 1439, quando Mercurio entra a far parte di Orsomarso. In tale data, infatti, esso viene
elencato tra le terre e i castelli compresi nella contea di Lauria che Alfonso d’Aragona conferma a
Francesco Sanseverino».
http://www.mpsrl.net/pubblicazioni/comunita-montana-alto-tirreno-appenninopaolano/orsomarso/90-cenni-storici.html
ORSOMARSO (torre dell'Orologio)
«Una torre medievale, un tempo ospitante probabilmente una porta di accesso al borgo fortificato
(forse Porta La Terra), costituisce la base del campanile. Se lo si guarda dal portone di ingresso
del palazzo baronale, si noterà che la parte culminante del campanile, è di costruzione più recente
della torre che le fa da base e la sua disposizione, forse a causa dei continui terremoti che hanno
interessato la regione, non è più corrispondente alla base ma ha subito una traslazione al punto
che il suo spigolo destro si distacca sensibilmente da quello della torre sottostante».
http://www.mpsrl.net/pubblicazioni/comunita-montana-alto-tirreno-appenninopaolano/orsomarso/91-uno-sguardo-alle-bellezze-naturalistiche-e-artistiche.html
PALUDI (fortificazioni di Castiglione di Paludi)
«Vincenzo Padula è il primo a ricordare nella propria opera (1860-1880) le rovine di Castiglione.
La documentazione d'archivio attesta che la presenza di resti antichi a Castiglione di Paludi fu
segnalata nel 1927 dall'Ispettore Onorario alle Antichità ed Arte Giacinto d'Ippolito. Esplorazioni
sistematiche furono condotte tra il 1950 ed il 1956, in seguito all'avvio di indagini non autorizzate
lungo un tratto della cinta muraria. I lavori, diretti dal Soprintendente Giulio Iacopi e seguiti
dall'Ispettore Giuseppe Procopio, interessarono ampi tratti del circuito murario di fortificazione del
colle, che subì parziali interventi di restauro. Si mise in luce l'area della monumentale Porta Est
con le due torri circolari, la torre ubicata sul versante Nord della collina, una seconda porta
d'accesso lungo il tratto Sud-Est delle mura (Porta Sud-Est). Nell'area interna al circuito murario
venne indagata un'area pubblica: vi furono sterrati una struttura a pianta semicircolare in cui si
riconobbe un teatro ed alcuni edifici vicini a pianta rettangolare; ad Est di essi fu messa in luce una
poderosa struttura muraria in blocchi, nota come " Lungo Muro". Ci si concentrò, inoltre, nella
ridotta spianata immediatamente esterna alla Porta Est, dove venne intercettata una stipe votiva.
Infine in località Piana Agretto, ubicata a valle della grande Porta Est, fu parzialmente scavata una
necropoli con sepolture databili al IV-III sec. a.C., le quali coprivano più antiche tombe enotrie
dell'età del Ferro (IX-VIII sec. a.C.). Dopo un ridotto saggio di verifica eseguito nel 1973 nell'area
antistante la Porta Est, la ricerca è proseguita dal 1978 sino al 1995. ...».
http://www.comunepaludi.it/Castiglione/storia_di_una_scoperta.html
PAOLA (castello aragonese)
«La Torre del Castello sorge su di una struttura rocciosa in declivio sovrastante la fascia costiera
tirrenica, in una delle zone paesisticamente e storicamente fra le più interessanti della Calabria. Di
forma cilindrica su bastione quadrilatero, costituiva l'elemento principale di un sistema collaborante
di fortificazioni, di cui le torri costiere rappresentavano gli estremi puntuali di controllo esterno,
garantiti dal presidio posto a monte e a difesa dell'abitato, destinato anche ad accogliere il
feudatario al quale offriva pertanto residenza ufficiale. Oscure sono le origini dell'impianto che, da
vaghe e limitate fonti desunte dalla storiografia locale verrebbero attribuite all'età normanna e
successivamente al periodo svevo. Di forma cilindrica con coronamento superiore, è
tipologicamente assimilabile ad altre strutture consimili come la Torre Drogone di San Marco
Argentano, di costruzione normanna, ed alla torre all'interno del Castello di Isola Capo Rizzuto,
ascritta al periodo angioino. La caratteristica assolutamente diversa ed unica, è rappresentata
dall'evidente ristrutturazione interna con il ridisegno totale della sala al primo piano a pianta
ottagonale, sulla quale si imposta una volta a "spicchi" dall'inedita impennata con accenno di
flesso di ispirazione islamica. Il "segno" architettonico denuncia una espressione culturale tipica
dell'età sveva. Se eventuali documenti storici dovessero confermare la già citata origine
normanna, il successivo apporto federiciano sarebbe confermato nell'attuale composizione
spaziale dell'interno, che in ogni caso registra, pur in assenza di verifiche ed ascrizioni storiche
certe, una espressione stilistica tra le più significative e valide dell'intero meridione d'Italia. Nel XV
e XVI secolo iniziarono le poderose aggiunte e innovazioni che determinarono l'attuale condizione
dell'impianto fortificato. Motivi di natura militare legati al controllo delle vie di collegamento e
necessità difensive ne stimolarono lo sviluppo e l'accrescimento, per rendere meglio adatto il
manufatto alle mutate esigenze delle diverse "gestioni" succedutesi nei secoli. ...».
http://www.vacanzeitinerari.it/schede/castello_normannoaragonese_sc_2437.htm (a cura di Fulvio
Terzi)
PAOLA (torre del Soffio)
«La Torre del Soffio è una costruzione militare tra le tante che sorsero sugli oltre 700 km di coste
della Calabria a partire dal Basso Medioevo. Sappiamo che si iniziò a costruirla nel 1530 e che
deve il suo nome (Torre del Soffio o del Sussio) alle forti raffiche di vento che sono spesso
presenti in quest’area. Si tratta di una tipica ‘Torre Cavallara’, così denominata perché al suo
interno vi erano delle milizie a cavallo con il compito di difendere la città ma soprattutto di correre
presso le mura a dare l’allarme non appena avessero scorto un pericolo dal loro osservatorio
privilegiato. Questo sistema di allerta permise a Paola di scongiurare in molte occasioni i violenti
attacchi dei turchi a cui furono invece soggette numerosi altri centri costieri della Calabria. A
partire dal secolo XVIII cadde in un progressivo stato di abbandono, anche a seguito delle mutate
condizioni socio-politiche, sino alla rivalutazione dell’edificio in tempi più recenti».
http://www.mobitaly.it/DettaglioPoI.aspx?IId=337
PAOLA (torre dell'Orologio, palazzo Valitutti)
«La Torre Civica, detta anche Torre dell’Orologio, si erge maestosa nel centro storico di Paola,
dando l’accesso ad un caratteristico dedalo di vicoli. La costruzione si sviluppa su tre livelli ed ha
alla base un arco a tutto sesto sorretto da colonne per il passaggio pedonale. Edificata nel XVII
secolo da maestranze locali appartenenti all’ordine gesuita, la Torre conserva ancora l’originale
sistema campanario e l’orologio a quadrante circolare ancora perfettamente funzionante. Le
campane sono invece di fattura più recente: su una di esse compare la datazione 1882. ... Il
Palazzo Valitutti di Paola sorge proprio accanto alla Torre dell’Orologio, nel centro storico della
città. Questo bel palazzo signorile, che prende il nome dall’importante famiglia che per secoli lo
abitò, fu edificato nel Settecento e fu a lungo sede dell’Università di Paola. Il Palazzo si sviluppa
su tre livelli e vi invitiamo a notare le due serie di archi triplici che incorniciano il primo piano: sono
interamente realizzati in blocchi tufo scolpito da maestranze locali».
http://www.mobitaly.it/DettaglioPoI.aspx?IId=355 http://www.mobitaly.it/DettaglioPoI.aspx?IId=354
PAPASIDERO (resti del castello, mura)
«Situato su uno sperone roccioso a 210 metri sul livello del mare, Papasidero è riserva naturale e
fa parte del Parco Nazionale del Pollino. Il centro storico si presenta con un impianto urbanistico
tipicamente medioevale, si è costituito all'incirca tra il XI e il XIII secolo prendendo avvio da una
rocca longobarda diventata Castello in epoca Normanno-Sveva (1190-1250) ampliato nel periodo
Angioino (1300) ed Aragonese (dal 1400 al 1500). ... Da vedere: i ruderi del Castello (XI-XIII sec.).
Di pianta all'incirca rettangolare con una sola torre semicircolare , doveva essere il punto di
raccordo di un'ampia cinta muraria; resti della cinta muraria (XI-XIII sec.), sono ancora visibili in
molti tratti, così come alcune porte d'ingresso al borgo».
http://adanazionale.viaggicalabria.it/localita-papasidero-140.aspx
PATERNO CALABRO (palazzo Spada)
«Dominio degli aragonesi fu, in seguito, feudo di Casa Firrao ma presto passò al dominio regio
sotto Cosenza. Divenne comune nel 1811. L'abitato vanta un panorama stupendo sulla Sila e sui
paesini situati sui primi contrafforti della Sila, tanto da consigliare fortemente escursioni e
passeggiate nei vicini monti alla ricerca di porcini, ovoli, rositi, prataioli. Il patrimonio artisticostorico ed archeologico è costituito dal Santuario di San Francesco di Paola, che dopo quello di
Paola è il secondo Santuario costruito dal Santo (1444 d.c.) e il Palazzo Spada, dichiarato
monumento nazionale in quanto è una rara testimonianza di complesso ambientale di tipo
"floridiano"».
http://www.paternopolionline.it/index.php?option=com_content&view=article&id=547:paternocalabro-cosenza-calabria&catid=181...
PETRINI (torrione)
«Il cosiddetto "Turriuni", o meglio la casa-torre, è una torre a pianta quadrata su base scarpata,
delimitata nell'interpiano mediante una cornice torica in pietra. Questo edificio contiene due
ambienti sovrapposti, collegati fra loro da una scala a chiocciola realizzata in pietra tufacea.
Questo singolare monumento del territorio di Luzzi è stato trascurato e sottovalutato per lungo
tempo dai luzzesi e dai responsabili ai Beni Artistici e Architettonici, cioè non ci si è resi conto che
questa casa-torre, dopo la Sambucina, rappresenta la costruzione più antica e più importante che
abbiamo oggi nel nostro territorio; tale edificio, pertanto, va salvaguardato e tutelato prima che sia
troppo tardi» «...il Torrione di Petrine, piccola località ricadente nel territorio luzzese, così descritto
dal Firrao nel 1694: Ne la mea proprietà de li Petrine havvi vicino a lo torrione uno conniculo
sotterraneo formato a lamia, alto sette parmo et largo quattro, havvi anco lastricato solido ma
humido con bastioncelle et autre cse sacre a li dei. Habere sondato brazza ottanta et quinci non
habere potuto più esaminare omnia cose ac lo pantanu et obscuritate».
http://www.comunediluzzi.it/psg.asp?id=6 http://www.retemuseale.provincia.cs.it/index.php?option=com_content&view=article&id=126&Item
id=369
PIANE CRATI (palazzi gentilizi)
«Palazzo ex Ciacco (ora Ivano). Imponente costruzione su tre livelli, circondata da una recinzione
in ferro battuto finemente lavorato che riprende il motivo geometrico dei balconi. Palazzo Serra.
Risale al XVII secolo. Si eleva su due livelli, ha un portale in pietra liscia, sovrastato da un balcone
in ferro battuto. Palazzo Cozza. Su due livelli, conserva un portale in pietra e balconi in ferro
battuto. Palazzo Barracco. Costruito nel XVII secolo, si eleva su tre livelli. Vi si accede tramite una
scala esterna balaustrata, sovrastata dallo stemma lapideo di famiglia. All’interno una serie di archi
creano un piccolo tunnel. Qui avrebbe soggiornato Mattia Preti. Palazzo Sisca. Conserva un
portale in pietra chiara con stemma. Palazzo Abenante. Su due livelli, ha un balcone lapideo
finemente scolpito. Il portale è in pietra chiara. Palazzo Quintieri. Si eleva su due livelli e ha un
portale in pietra chiara liscia».
http://xoomer.virgilio.it/64.ronin/chiese_monumenti.htm
PIETRAPAOLA (fortificazioni)
«Vista la sua posizione strategica Pietrapaola è stata un punto di grande importanza per il
controllo dei mari e questo si denota anche dallo stile architettonico della città vecchia, con
struttura fortificata ed arroccata intorno ad una rupe, con annessa cinta muraria. Tra Castiglione di
Paludi e Cariati, in localítà Muraglie di Pietrapaola, rimangono tracce consistenti della fortificazione
dell'altura. Non si hanno notizie storiche del centro, che faceva parte del sistema di fortificazione e
controllo brettio di questa fascia costiera dello Ionio, tra IV e III a.C. Nella tradizione popolare le
strutture difensive sono note come 'Muraglie di Annibale'. Dell'insediamento resta un tratto delle
mura, costruite con blocchi squadrati di arenaria, che difendevano la terrazza alta di una collina
nel suo versante marino; una sola porta, con architrave decorata da un listello a rilievo, ne
interrompeva il circuito».
http://www.italia-italia-hotels.com/Cosenza/7018-comune-pietrapaola.php
POLICASTRELLO (resti del castello normanno)
Del castello di Policastrello, posto a 453 sul livello del mare presso la strada statale 105, affacciato
su una roccia e per tre lati su uno strapiombo, si ignora quasi tutto. Ne rimangono alcuni resti, tra
cui il notevole arco d'onore posto all'ingresso della struttura. Si pensa che sia stato edificato dai
conquistatori normanni, ma non ci sono documenti scritti che possano attestarlo.
http://books.google.it/books... (tratto da Vincenzo Condino, I castelli della provincia di Cosenza:
itinerari tra i paesaggi castellani, Luigi Pellegrini editore)
PRAIA A MARE (Fortino o torre del Fumarulo)
«Il forte difensivo del Fumarulo di Praia, conosciuto come "Fortino", fu costruito nel XVI sec. dai
signori di Aieta e destinato alla difesa del litorale. Di forma rettangolare, oggi conserva integre le
mura merlate di cinta. Durante il periodo napoleonico fu ampliato e rifortificato. Il Fortino, una volta
disarmato dal governo borbonico, fu di proprietà del Comune di Aieta e del demanio statale.
Successivamente venduto a privati, dal 1935 fu sede del Ginnasio statale per più di trent'anni.
Oggi, ristrutturato, è residenza privata».
http://www.calabriaturistica.it/torri_e_castelli.php
PRAIA A MARE (rocca di Praia)
«È un edificio militare il cui impianto architettonico originale risalirebbe al XII-XIII secolo. Il castello
venne edificato su di una piccola altura di fronte al mare, in una posizione centrale nella baia di
Fiuzzi di Praia a Mare. Di fronte si trova l’isola Dino ed una delle numerose Torri di avvistamento
cinquecentesche che caratterizzano tutto il paesaggio del Golfo di Policastro. La planimetria è
tipica dei castelli medievali: pianta rettangolare con due torri cilindriche angolari collegate da
ampie mura e rifinite con merlature. La rocca normanna presenta, tuttavia, rifacimenti risalenti
all'età Sveva. Lo stemma gentilizio dei marchesi Cosentino d'Aieta è ancora visibile sul portale
d'ingresso. È di proprietà privata ed oggi destinato ad uso di accoglienza turistica. L’edificio è
circondato da tipica macchia mediterranea ed alti cipressi che rendono l’ambiente ombreggiato e
rilassante. All’esterno della costruzione si trova una piccola cappella che può essere utilizzata per
piccole cerimonie. Il castello si presta infatti molto bene ad essere utilizzato anche per matrimoni e
cerimonie private».
http://castelliere.blogspot.it/2011/03/il-castello-di-martedi-1-marzo.html
PRAIA A MARE (torre dell'Isola di Dino)
«La Torre dell’isola di Dino, di forma quadrangolare e di origine normanna, fu utilizzata in epoca
Angioina e Borbonica come punto di avvistamento contro le numerose invasioni della costa. Non è
da confondere con la Torre di Dine o Dina di Capo Scalea. Poteva ospitare un presidio di otto
uomini e un caporale. Fu costruita sulla punta occidentale dell’isola (denominata Frontone), a
quota 73 metri sul livello del mare, come torre di avvistamento, di comunicazione e di allarme.
Dalla torre si può ammirare lo splendido panorama del golfo e le nidificazioni degli aironi grigi e dei
falchi pellegrini, il tutto condito dai versi dei numerosissimi gabbiani reali».
http://www.isoladino.it/lisola
PRAIA A MARE (torre di Fiuzzi)
«Relativamente alle torri e al castello occorre precisare che Praia rientrò, nel XV-XVI secolo, nel
programma di fortificazioni che coinvolse la costa tirrenica per ovviare al pericolo delle incursioni
turche. La Torre di Fiuzzi era la migliore, alta 12 metri e attrezzata per ogni occorrenza. Era
collegata con la torre di avvistamento posta sull’estremità occidentale dell’Isola di Dino e con essa
comunicava in caso di pericolo».
http://www.retemuseale.provincia.cs.it/index.php?option=com_content&view=article&id=157&Itemi
d=488
REGINA (castello non più esistente)
«I cittadini di Regina ricordano, ancora oggi e con nostalgia, come qualche decennio addietro era
possibile scorgere parte delle mura dell’antico castello medievale.questa mura, infatti, si
innalzavano a strapiombo su un profondo vallone denominato “fosso della Regina”, sotto cui
scorre il torrente Boccetto. Il castello nel 1571 a.C. rappresentava la fortezza per gli Enotri. Nel
1117 fu distrutto da un forte terremoto e ricostruito sotto Ruggero il Normanno nel 1184, con una
torre circolare. Nel 1638 fu danneggiato e nuovamente restaurato. Da quel momento il castello
conobbe miseria e distruzione: nel febbraio del 1783 subì gravi lesioni. Dopo il terremoto del 1905
parti del castello crollarono e in seguito le mura rimaste vennero abbattute e le pietre riutilizzate
per costruire alcune case di regina. Anticamente il castello era un bastione che misurava mt. 20.50
di larghezza; mt. 35 di lunghezza, la torre, invece, presentava un diametro di mt. 7. Lungo il muro
esterno vi erano delle “spighe” rettangolari spesse mt. 1.50x2 di profondità, distanti l’una dall’altra
mt.3.50 per un totale di 9 “spighe”. Alcuni resti di questo importante monumento erano ancora
visibili negli anni ’80 e lasciavano immaginare quale doveva essere l’originaria struttura di un
tempo. Oggi non esistono neanche i ruderi».
http://www.incalabria.org/?option=com_xvalue&task=detailInfo&id=695
RENDE (castello di Boemondo)
«Il castello fu costruito nell’attuale sito nel 1095 per ordine di Boemondo d’Altavilla, che lo elesse
come propria base prima di partire per la prima crociata nell’agosto del 1096. La realizzazione del
maniero a Rende era l’inizio di un progetto più ampio ipotizzato anni prima da Roberto il
Guiscardo, padre di Boemondo, che desiderava realizzare una linea difensiva nella valle del Crati
con roccaforti a Bisignano, Montalto Uffugo, Rende e Cosenza. La particolare morfologia del colle
dove fu eretto il “Gigante di Pietra” garantiva una postazione estremamente facile da difendere; i
ripidi pendii, che si stagliano verso l’alto a formare un cuneo, garantirono una tale sicurezza che si
ritenne superflua la realizzazione di un fossato e del ponte levatoio. Il castello fu invece fornito di
piccole finestre e molte feritoie, dalle quali potevano essere usati archi e balestre; inoltre fu
realizzata sotto il cortile esterno una enorme cisterna per la raccolta dell’acqua piovana che
garantiva un sicuro approvvigionamento durante gli assedi. Invalicabili mura di cinta, spesse alla
base più di due metri, garantivano la protezione delle case, delle chiese, e delle altre strutture
difensive, in particolare il castello con la torre centrale e altre due torri, poste ai lati. Le tre torri
rappresentano lo stemma del comune, probabilmente la loro prima comparsa come gonfalone
comunale avvenne nel 1222 per l’inaugurazione del duomo di Cosenza alla presenza di Federico.
Tuttora nell’atrio del castello è possibile ammirare due stemmi araldici appartenenti a due delle
famiglie succedutesi nella proprietà del castello: i Magdalone e gli Alarçon de Mendoza. Il castello,
di proprietà del comune dal 1922, è oggi sede del Municipio. Di fronte, in alto, è visibile lo stemma
comunale, con sotto l'iscrizione: Urbs celebris, quondam sedes regalis, Arintha - Celebre città,
antica sede reale, Arintha».
http://www.comune.rende.cs.it/index.php?action=index&p=250
ROCCA IMPERIALE (castello di Federico II)
«Il Castello Svevo è posto sulla sommità di un colle che abbraccia il centro storico di Rocca
Imperiale che, con le sue abitazioni caratteristicamente disposte a gradini, si presenta come un
borgo dall’aspetto caratteristico di un paesaggio di presepe, specie di notte quando è illuminato.
La fortezza, costruita a partire dal 1221, è ubicata a circa 200 metri sul livello del mare e venne
fatta costruire per disposizione di Federico II di Svevia in un luogo di estrema importanza dal punto
di vista militare e strategico in quando posto praticamente sulla Via Pulbica Apulia , quindi , vista
l’ubicazione in altura, serviva da torre di guardia per il controllo della strada che costeggia il mar
Ionio. Dunque il ruolo principale del castello era quello difensivo, al quale però venne affiancato,
da Federico, anche quello di dare asilo alla Corte durante gli spostamenti e durante le campagne
venatorie alle quali il territorio rocchese era adattissimo. In seguito alla costruzione della fortezza,
si è sviluppato anche un fiorente centro abitato nel quale convogliorano le genti di una serie
d’insediamenti fortificati, distribuiti lungo il territorio. Alla morte di Federico II, avvenuta a Fiorentino
di puglia il 13 dicembre 1250, Rocca fu affidata ai cavalieri dell’Ordine Gerosolimitano guidati da
Carlo I d’Angiò, che nel 1271 soggiornò nel castello, accolto dalla popolazione Rocchese come
liberatore. Terminato il dominio angioino, nel 1487, Alfonso [II] d’Aragona rafforzò la struttura del
castello aggiungendo muri di cinta e torri merlate. Nei due secoli che seguirono molti feudatari, si
avvicendarono nella gestione del Castello e nel governo del territorio, continuamente tormentato
da incursioni barbariche. Nel 1664 la fortezza riuscì ad opporre ferma resistenza all’attacco di ben
4000 pirati saraceni che devastarono l’intero abitato di Rocca, distruggendo anche l’antica chiesa
del duecento di cui attualmente permane solo il bellissimo campanile romanico con bifore e
cornici. Nel 1717 il feudo passa ai duchi Crivelli ai quali si attribuiscono le ultime significative
alterazioni del maniero, con l’aggiunta del piano superiore cui fece seguito a partire dal 1835 un
periodo di totale abbandono e devastazione che ridusse il castello a cava di materiale edile.
Questo periodo buio per la fortezza, termina con l’inizio dei lavori di restauro fortemente voluti
dall’Amministrazione Comunale e tutt’ora in atto, che hanno e stanno restituendo all’intero
complesso l’antico volto affascinante e misterioso che da sempre lo ha caratterizzato.
Struttura del Castello. Il Castello presenta una pianta a forma quadrata costituita da un mastio
poligonale a scarpa, il quale si protrae fino al margine della collina sulla quale poggia l’intera
struttura. Ad ovest del castello si trova una torre a sezione cilindrica priva di scarpatura di sicura
attribuzione federiciana. Sul lato di nord-ovest è possibile osservare una torre amigdaloide (detta
torre frangivento) di età aragonese. Sul lato di nord-est si erge la torre “Polveriera”, avente base
troncoconica e sezione superiore cilindrica, conforme alla maestosa torre ubicata a sud-est,
finemente decorata da beccatelli e cinta da merli e caditoie. Il mastio è circondato da un muro di
cinta, provvisto di parapetto, che si dispone al limite di un fossato profondo circa otto metri. Un
primo ponte levatoio introduce i visitatori su di una via sopraelevata racchiusa in un bastione
merlato (la Cittadella), fino a condurli verso il secondo ponte levatoio e il portale di Federico, dal
quale è possibile osservare il panorama mozzafiato che mostra il mare e prosegue poi salendo
dolcemente verso le colline a sud. Una volta varcato l’arco d’ingresso, agli occhi dei visitatori
appare un imponente scalone decorato da archi a tutto sesto tipici dell’epoca barocca. Sulla destra
è possibile osservare una garitta con soffitto a botte e l’ingresso della così chiamata casamatta,
all’interno della quale trovavano rifugio i soldati. Il nome della struttura è sicuramente dovuto al
fatto che, dati gli spazi ridotti e anche l’ambiente claustrofobico, i soldati, ammassati l’uno sull’altro,
erano sottoposti ad uno stress tale che per molti di loro risultava fatale, portandoli alla pazzia. La
casamatta fa parte della torre di Sud-est, la quale conserva inalterato tutto il suo fascino
misterioso. Una volta giunti in cima allo scalone, ornato da preziosi capitelli e da splendide
colonne, la prima cosa che appare all’occhio del turista è il locale delle cucine, ancora dotate di
cisterna per l’acqua, lavatoi, fornelli di varia grandezza e forni adibiti alla cottura del pane.
Proseguendo da qui, sarà possibile accedere alla cortina merlata della torre di Sud-est e poi ai
piani superiori del palazzo settecentesco voluto dai duchi Crivelli. All’interno dell’ultima struttura
menzionata è possibile ammirare tracce ancora bene visibile che dava un tocco sfarzoso all’intero
palazzo.».
http://roccaimperiale.asmenet.it/index.php?action=index&p=404
ROCCA IMPERIALE (torre costiera)
«Bagnata dalle acque del mare Jonio per 7 Km. di spiaggia alternata da scogli, ciottoli e fine
sabbia dorata verso il confine Lucano la marina di Rocca Imperiale, distante appena 4 Km dal
centro storico, si pone come meta privilegiata per la balneazione, beneficiando di strutture balneari
d’ogni tipo. Di importante rilevanza storica l’imponente magazzino fatto costruire nel XVIII secolo
(1731) dal duca Fabio Crivelli a testimonianza dell’importanza marittima e commerciale di Rocca
Imperiale e la Torre di Guardia del XVI secolo (1563-69)».
http://comuni.360gradi-calabria.it/cs/rocca-imperiale/
ROSE (castello feudale)
«Il Castello di Rose è privo di torri e bastioni; la sua edificazione risale al XIII secolo. Il castello si
deve alla famiglia De Rose; costretta a fuggire da Parma, si rifugiò nel Regno di Napoli. Nel 1199,
l'imperatore Federico II dichiarò Riccardo I de Rose Barone della Val di Crati. Lo stemma della
famiglia De Rose è un leone rampante in campo azzurro. I Castelli di Rose, Luzzi e di Tarsia nel
periodo di Ruggero il Normanno costituivano un punto strategico per il controllo del territorio tra la
valle del Crati e la piana di Sibari … Il Castello sorge sulla parte più alta del centro Storico, sopra
un fossato che costituiva una protezione naturale alle incursioni nemiche. Il Castello negli anni ha
ospitato varie dinastie che ne hanno fatto gli usi più disparati. Il Castello ha un ampio cortile dal
quale tra l’altro partono due scale che portano al piano superiore. Negli ultimi anni è stato la sede
del municipio e della scuola elementare».
http://www.comune.rose.cs.it/index.php?option=com_content&task=view&id=160&Itemid=160
ROSETO CAPO SPULICO (castello svevo)
ROSSANO (centro storico, porte)
«Rossano sorge come borgo su di un'altura a 267 m s.l.m. e trae il suo nome probabilmente dal
greco "rusion" "acron" (altura che salva), successivamente diventato Roscianum per mano della
famiglia patrizia che amministrava la zona. Fondata circa nel XI secolo a.C. dagli Enotri, Rossano
ha conosciuto diverse dominazioni, molte delle quali hanno lasciato incredibili testimonianze
architettoniche. Dopo il dominio Greco che durò sei secoli (VII-II sec a.C.) Rossano divenne
avamposto Romano nella Piana di Sibari. Successivamente sotto la dominazione Bizantina (5041059 d.C.) Rossano conobbe un periodo di grande splendore sociale e Architettonico, tanto da
essere chiamata la Ravenna del sud (essendo Ravenna il centro della dominazione Bizantina in
Italia). La posizione privilegiata ne ha fatto l'obiettivo preferito da numerosi invasori, quali
Longobardi, Saraceni e Visigoti, ma non è mai stata espugnata. Nei secoli successivi passò prima
sotto il dominio dei Normanni e poi degli Svevi conservandosi città regia e quindi libera Università,
fino alla politica di infeudazione seguita dagli Angioini, e poi dagli Aragonesi e dagli Spagnoli,
quindi proseguita sotto il viceregno austriaco e con i Borbone fino al 1860. Dopo il 1860 la storia fa
arrivare a Rossano i tumulti che porteranno all'unità d'Italia, cui un nostro concittadino ha preso
parte in prima persona in qualità di soldato di Garibaldi nella Spedizione dei Mille. ... Piazza Steri è
il cuore pulsante del centro storico. La peculiarità della piazza è sicuramente il campanile che
svetta alto sopra gli edifici circostanti. Dotato sia di orologio che di meridiana ed oggetto di un
recente restauro presenta una piccola cupola sulla sommità. Da sempre piazza Steri è sede di
eventi speciali e del concerto di ferragosto che vede protagonisti artisti della scena internazionale.
... Punti di accesso alla città di Rossano, Le Porte ci proiettano indietro nel tempo sino al
medioevo, quando ancora per far entrare le merci era necessario pagare dazi doganali. Costruite
in pietra non possono essere escluse nel vostro itinerario; da qui sono passati per secoli genti,
storie ed il destino di questa città.Da vedere la Porta dell'Acqua, detta così per la vicinanza della
sorgente dell'Acqua di Vale».
http://www.visitrossano.it/Cosa-vedere-a-Rossano/il-centro-storico/piazza-steri - la-storia - ilcentro-storico/le-porte
ROSSANO (torre S. Angelo)
«Situata in località Lido S. Angelo, la "Torre" è uno splendido edificio in pietra edificato intorno alla
metà del XVI secolo. L'edificio, che in passato aveva funzione di difesa ed avvistamento è
caratterizzato da una pianta a stella. Le facciate sono povere di decorazioni, ma ricche di finestre
e feritoie che permettevano di avvistare il nemico e di rispondere ad un'eventuale invasione.
Intorno alla torre sono stati poi costruiti, intorno alla metà del 1800, numerosi fabbricati adibiti a
deposito, che attualmente ospitano numerosi locali e ristoranti. Oggi la torre è sede di mostre,
manifestazioni artistiche e convegni, che si tengono soprattutto nel periodo estivo».
http://www.visitrossano.it/Cosa-vedere-a-Rossano/Il-lungomare/la-torre
ROTA GRECA (palazzo Ricci)
«L'edificio fu costruito nel XVIII secolo ed è formato da cinquanta stanze. Conserva un portale in
pietra con motivi floreali e nella chiave di volta si nota lo stemma della famiglia cosentina. L’edificio
che si eleva su tre livelli conserva un cortile interno e una scalinata in pietra che porta fino al piano
nobiliare. Sul soffitto del primo piano è dipinto un enorme stemma familiare. Da segnalare i
bellissimi saloni delle feste interamente decorati con stampe colore oro e porpora, impreziositi da
uno splendido lampadario e da diversi specchi con cornice dorata».
http://www.valdicrati.it/index.php?option=com_xvalue&task=detailInfo&id=729&lang=it&Itemid=28
SAN DEMETRIO CORONE (collegio Corsini o di Sant'Adriano)
«Uno dei palazzi storici più rappresentativi della comunità arbёresch di San Demetrio Corone è il
Collegio Sant’Adriano, la cui istituzione risale al 1732 per volontà di papa Clemente XII: principale
centro di cultura e formazione per i giovani delle comunità albanofone del circondario e sede del
Liceo Classico Italo-Greco, nacque principalmente allo scopo di preparare i futuri sacerdoti di rito
greco-ortodosso. La prima sede del Collegio fu San Benedetto Ullano e solo oltre sessant’anni
dopo, nel 1794, venne trasferito nel vecchio convento di Sant’Adriano appositamente ristrutturato.
Il complesso architettonico è caratterizzato da linee decise e forme squadrate, a sottolineare la
sobrietà dell’istituto: tuttavia vi invitiamo a prestare attenzione alle cornici decorative che ornano il
perimetro delle finestre ad arco a tutto sesto, alcune delle quali utilizzate come balconcini. Il
portale, decisamente imponente, richiama le forme delle altre aperture ma con un arco quasi a
sesto acuto sormontato dal campanile».
http://www.mobitaly.it/DettaglioPoI.aspx?IId=46
SAN DONATO DI NINEA (fortificazioni)
«Denominato Ninea, presumibilmente in onore di Ninevo, capo dei colonizzatori enotri che si
stabilirono in questi luoghi, attratti dalla ricchezza mineraria del sottosuolo, assunse l'attuale nome
dopo l'anno 1000 d.C.. Ninea sorse molto più a valle rispetto all'ubicazione attuale, ma durante le
invasioni Saracene, gli abitanti cercarono una nuova sede per il Paese più facile da difendere. Lo
trovarono nel luogo la "Terra": una altura che permetteva un facile avvistamento di eventuali
nemici, per di più protetta alle spalle dai monti. Questa zona venne chiamata "Motta" che significa
rupe staccata da un monte: deriva da smotta, che vuol dire terreno franoso. Generalmente su
questi luoghi di difficile accesso venivano erette torri di osservazione e costruiti castelli fortificati;
da qui una nuova accezione della parola "Motta": altura fortificata. San Donato non fece eccezione
a questo uso: è presente ancora, in ottime condizioni, una parte del castello (adibito ad abitazione
privata), sono visibili i resti delle mura di recinzione e di una torre di osservazione (non in ottimo
stato di conservazione). Col passare del tempo la "Terra" si estese verso il "Casale" e, con
l'attenuarsi del pericolo di invasioni, leggermente più sotto nelle zone del "Giardino" e di "San
Cristofaro". La zona di San Cristofaro un tempo pianeggiante, in seguito ad abbondanti piogge e
all'erosione del terreno provocata anche dal torrente che vi scorre, presenta un burrone, Vallone di
San Donato, che si estende per tutto il territorio. L'alluvione del 1840 ingigantì il problema, tanto da
indurre quasi tutti gli abitanti ad abbandonare il paese: si creò una grossa voragine che risucchiò
anche alcune case (come testimoniano i resti dei muri di alcune case che precipitarono nel
burrone). In epoca medievale San Donato fu infeudato a più Casati: a Filippo Bretòn, a Gerardo
d'Arena, nel 1310 a Filippo Tardo da Pistoia. In seguito entrò a far parte del vasto Stato del
principe di Bisignano Sanseverino, che ne seguì la sorte per lungo tempo».
http://rete.comuni-italiani.it/wiki/San_Donato_di_Ninea/Storia
SAN FILI (palazzo Miceli, palazzo Gentile)
«Palazzo Miceli. Costruito nel XVII sec. fù di proprietà dei Baroni Miceli di Serra di Leo, si presenta
a tre piani sul prospetto che affaccia sulla strada principale, mentre si eleva di un livello sull’altro
fronte. Il portale d’ingresso, tufaceo, è ad arco. Palazzo Gentile. Attualmente di proprietà
comunale, il palazzo, risalente al XVIII sec., è impostato su tre livelli, il primo dei quali è
caratterizzato da diverse aperture che davano accesso a cantine, stalle e rimesse. Sulla facciata
principale si aprono balconi in ferro battuto e finestre incorniciate, il portale d’accesso è ad arco in
pietra».
http://www.comune.sanfili.cs.it/joomla/index.php?option=com_content&view=article&id=63&Itemid
=75
SAN GIORGIO ALBANESE (torre campanaria)
«San Giorgio Albanese, centro agricolo situato alle falde della serra Crista d’Acri, verso il mille era
un borgo contadino, semidistrutto dal terremoto e dalle malattie, verso la fine del 1400 fu
ripopolato da esuli albanesi di cui la famiglia egemone doveva essere quella dei Busa donde prese
il suo nome originario "Mbuzati o Mbuzat". Il paese ripopolato dagli Albanesi rimase sotto la
giurisdizione del Principe di Bisignano fino a quando non passò sotto il dominio della famiglia dei
Saluzzo di Corigliano. Sia sotto i Sanseverino che sotto i Saluzzo , la condizione degli abitanti fù
quella feudale, mal sopportata dagli abitanti , la quale anche con atti di violenza cercò di
conquistare maggiore libertà. La Comunità di San Giorgio Albanese conserva accora oggi la lingua
albanese "arbereshe", gli usi, i costumi tradizionali femminili, la tradizione e il rito religioso GrecoBizantino. ... Beni artistici. Chiesa parrocchiale dedicata al Megalomartire San Giorgio (sec. XVIII).
L’interno della chiesa è divisa in tre navate con due cappelle laterali sormontate da due magnifiche
cupole di stile Italo-Greco. Davanti all’altare è situata una bellissima iconostasi in legno. Nella
chiesa si possono ammirare anche alcune tele ad olio ed una statua lignea del 700, una ricca
collezione di icone di pregevole fattura. Imponente la torre campanaria con tipica cupola a giri
concentrici di tegole».
http://www.destracrati.it/sangiorgio.htm
SAN GIOVANNI IN FIORE (arco normanno)
«Realizzato nel periodo contemporaneo all'Abbazia Florense, l'Arco florense è oggi, insieme
all'abbazia stessa il simbolo della città di San Giovanni in Fiore, nonché uno dei monumenti della
cittadina. Venne realizzato agli inizi del XIII secolo, ed era la porta d'accesso dell'originario
impianto murario del complesso monastico florense, che oltre all'abbazia era formato da una serie
di edifici attigui ad essa, quali le officine, le cucine, la falegnameria e il ricovero degli attrezzi, oltre
alcuni edifici utilizzati per il riposo e per il ricovero di chi giungeva al monastero. Sono visibili resti
di un secondo arco posto dietro l'arco normanno, distante dal primo 9 metri circa. Vi sono infatti
ammorsamenti della base dell'arco, incamerati nelle mura esterne di un edificio privato. Gli archi
fatti erigere intorno al borgo monastico oltre a fungere da porte d’accesso di protezione,
marcavano l'intera zona abbadiale del "diritto d'asilo" concesso da Enrico VI prima, e Federico II
successivamente, a Gioacchino da Fiore e a tutti i monaci florensi, oltrepassando l'arco infatti, tali
diritti, concessioni e privilegia (sia economici che giurudici), venivano a mancare. L'Arco, di forma
ogivale, risale agli inizi del XIII secolo e faceva parte delle mura che cingevano il complesso
monastico. L'architetto Pasquale Lopetrone, attraverso uno studio di ricostruzione
storico/archeologica dell'Abbazia Florense, ha cercato di ricostruire, attraverso l'uso di un
georadar, il percorso delle vecchie mura di cinta, in parte ritrovate in piccole frazioni, in parte
completamente scomparse, rimosse nel tempo dagli abitanti perché non più necessarie, oppure
"inglobate" dalle edificazioni sorte dopo il 1530, quando l'intera area divenne civica. Dallo studio è
emerso come l'Arco probabilmente sia stata l'unica porta d'accesso al complesso monastico,
anche se altri studi riportono come vi possano essere state altre porte in vari punti della cinta
muraria. L'arco si trova a poche decine di metri dall'ingresso dell'Abbazia, lungo la scalinata che
da via Archi, sfocia in via Vallone, una delle prime arterie stradali realizzate in paese. Presenta
vistosi segni di incendio sulle proprie mura, proprio come il portale dell'Abbazia, segni residuali
degli scontri che i Florensi hanno avuto nel tempo con altri ordini religiosi».
http://it.wikipedia.org/wiki/Arco_normanno_%28San_Giovanni_in_Fiore%29
SAN LORENZO DEL VALLO (castello feudale)
«Il castello feudale di San Lorenzo del Vallo, cittadina che si estende su due colline prospicienti,
attraversate dal fiume Esaro, domina tutto il centro abitato e risale probabilmente al XVII sec.,
anche se potrebbe essere il risultato dell'ampliamento di un edificio preesistente; la pianta
quadrata e le quattro torri romboidali agli angoli, abbellite da una merlatura ghibellina detta a coda
di rondine, ne accrescono l'aspetto maestoso, dato sicuramente dalla grande volumetria, circa
6000 metri cubi, e dal gran numero di ambienti, circa 50, disposti su tre piani. Gli stipiti delle
aperture originarie sono in roccia arenaria mentre le feritoie presenti sulle mura laterali fanno
pensare che il maniero fosse stato utilizzato inizialmente come piazzaforte militare. In seguito
venne sicuramente riadattato a palazzo residenziale (fino al 1542) dagli Alarcon Mendoza della
Valle, feudatari del luogo, poi dai Pescara (fino al 1623), poi ancora dai Marchesi di Rende (fino al
1666), indi dai De' Buoi (fino al 1697) e infine nuovamente dai Marchesi di Rende (fino al crollo
dell'età feudale nel 1806). Il castello nel 1978 è stato dichiarato monumento di interesse storico
nazionale».
http://www.vhlab.itabc.cnr.it/esaro/itinerario7.htm#malvito
SAN LORENZO DEL VALLO (fortino o torre Jentilino)
«Molti storici identificano il castello "Scribla" (secondo alcuni erroneamente), con i ruderi che
sorgono tuttora sulla collina dominante lo scalo ferroviario di Spezzano Albanese: tutto lascia
supporre che tale identificazione sia giusta. Tuttavia, esiste, un altro castello, mai preso in
considerazione dagli storici, o perché rimasto ignorato o per trascuratezza di indagine: Il castello di
Jentilino, noto nelle carte medioevali col nome di "Castrum Jentilini". Questo castello, costruito su
uno strato di roccia arenaria, l'unico nei dintorni, con un sotterraneo ampio e profondo,adibito a
vari usi secondo la necessità, a prigione o a serbatoio di acqua, di forma poligonale, tipica delle
costruzioni normanne, con una torre di guardia alta più di quattro piani, difendeva l'antica via
Popilia. Secondo alcuni storici, il castello "Scribla" che ospitò Roberto Il Guiscardo quando venne
in Calabria Citeriore, sarebbe appunto il castello "Jentilino". Forse Roberto ne cambiò il nome da
"Scribla" a "Jentilini" per onorare la terra ospitale».
http://www.fedula.it/curiosita.htm
SAN LUCIDO (castello Ruffo)
«La sua fondazione fu voluta dall’arcivescovo di Cosenza Arnolfo II intorno al 1092 per scopi
difensivi contro eventuali attacchi provenienti dal mare. L'inaccessibile fortezza, circondata da un
ampio fossato, andò in gran parte distrutta durante il terremoto del 1905. Della struttura originaria
si conservano i rifugi interrati, le grotte di avvistamento nascoste nella roccia, le cisterne per il
rifornimento dell'acqua e delle vettovaglie, le feritoie, e un bel ponte in pietra che precedeva quello
levatoio, che collegava il castello alla chiesa di San Giovanni Battista. Nel 1500, per difendere la
cittadina dai ripetuti attacchi dei pirati, il sistema difensivo fu arricchito con la costruzione del
fortino di S. Cono. Di esso rimane soltanto il torrione semicircolare dotato di muraglie merlate. Il
castello di San Lucido è appartenuto ai principi Ruffo di Calabria antenati dell'attuale regina del
Belgio, nel 1744 vi nacque il Cardinale Fabrizio Ruffo, capo dell Armata della Santa Fede o
Sanfedista. Cercando con pazienza su internet si riesce a trovare qualche riproduzione del 1900 in
cui poter ammirare il castello com’era prima del terremoto».
http://castelliere.blogspot.it/2011/03/il-castello-di-lunedi-14-marzo.html
SAN MARCO ARGENTANO (torre di Drogone)
SAN NICOLA ARCELLA (palazzo dei Principi di Lanza)
«Il Palazzo del Principe fatto costruire alla fine del XVIII secolo, rappresentava la residenza estiva
dei signori di Scalea, la famiglia Spinelli che oltre ad essere famosa militarmente è conosciuta
anche per le opere letterarie del Principe Francesco Maria Spinelli nato da Antonio e Beatrice
Carafa. Il principe Antonio Spinelli, vissuto all’epoca dell’Inquisizione ampliò il feudo acquistando
nel 1768 anche quello di Aieta . Il palazzo fu costruito nella contrada Dino sulla probabile ex platea
di una villa romana. Il principe Scordia Pietro Lanza Branciforte, appartenente ad un ramo, quello
dei principi di Trabia dell’antica nobile famiglia siciliana dei Lanza di Palermo, ereditò tutto il feudo
sposando il 29 giugno 1832 Eleonora Caracciolo principessa di Scalea, Marchesa di Majorca
ultima erede degli Spinelli. Il palazzo si trova al margine settentrionale dell’altopiano che volge
verso capo Scalea. Si tratta di una struttura in stile barocco a pianta quadrata attualmente in
restauro, che serviva da residenza al piano superiore, e da deposito di derrate alimentari al piano
terra. Pur essendo adibito a tal uso, non mancano nell’imponente struttura ( lunghezza 30 metri,
larghezza 36 metri) elementi architettonici di grande pregio, ovvero il portale d’ingresso, dominato
da una superba serie di archi e il cortile, terminante con una scala adornata da simmetrici
elementi.
La tipologia planimetrica del palazzo segue un impianto di tipo regolare e simmetrico, costituito da
ambienti comunicanti attorno ad una corte interna. In essa è situato il corpo scala dall’andamento
curvilineo, con due simmetriche rampe, posto frontalmente all’ingresso ed innanzi ad un
avancorpo. Da esso si accede al piano superiore, adibito a zona residenziale, ove si notano tracce
di caminetti per il riscaldamento degli ambienti e quattro nicchie, poste simmetricamente come uso
di servizi igienici. In questo piano è inoltre situata una loggia con triplice arcata. Lo stato di rovina
in cui versava l’edificio ha reso tuttavia ugualmente possibile una sua lettura tipologica
architettonica. Il palazzo è stato costruito prevalentemente con pietre di roccia dello stesso terreno
roccioso circostante dalla parte del mare, pietre che venivano poi modellate e poste in opera
secondo la loro destinazione; come le mensole elemento portante dei balconi, le bocche di scarico
dell’acqua piovana scolpite a forma di maschera, svuotate all’interno, l’una diversa dall’altra ma di
uguale dimensione, poste a distanza regolare lungo il cornicione esterno e quello interno del
cortile. Nella muratura come elementi riempitivi si notano pezzi di cotto e di pietra tufacea. Il cotto,
in varie forme e tagli è posto soprattutto a definire gli architravi e gli stipiti dei balconi e dei
passaggi interni, inoltre, si ritrova nella pavimentazione interna e del cortile, nella definizione
rettilinea degli aggetti (sporgenze) dei basamenti e delle cornici, e come conci nelle aperture ad
arco della facciata principale e di quelle del corpo scala del cortile. La pietra tufacea, si trova nei
basamenti delle quattro soluzioni angolari esterne ed in quelli delle lesene della facciata del corpo
scala, ed inoltre sulle pedate della scala, nella soglia della loggia esterna e nelle soglie architravi e
stipiti delle finestre. Attualmente il palazzo è ancora in fase di restauro, pur essendo passati molti
anni dall’inizio dei lavori avvenuti nel 1991. Oggi è funzionante l’impianto idraulico, elettrico e il
sistema d’allarme; sono da ultimare gli infissi, la pavimentazione e la riqualificazione dello spazio
antistante l’edificio».
http://viadellaculturaedelsapere.blogspot.it/2008/04/palazzo-del-principe.html
SAN NICOLA ARCELLA (torre di Crowford, o del Saraceno o del Diavolo)
«Le torri di vedetta, numerose sulle nostre coste, furono costruite dal Viceregno Spagnolo sullo
scorcio del ‘500, per tentare una difesa dalle frequenti incursioni delle orde dei pirati. Oggi
costituiscono un patrimonio architettonico d’autentica bellezza, che racchiude spesso piacevoli
memorie d’ordine storico o talora letterario, com’è il caso, ad esempio, della Torre Saracena di S.
Nicola Arcella, situata sopra un contrafforte che protegge la baia del porto naturale del paese.
L’alta scalinata che porta al primo piano e al secondo piano della torre rappresenta uno degli
elementi più importanti di tutta la costruzione. I blocchi di pietra lunghi circa 50 cm e larghi 20 cm,
sono sorretti da due grandi archi sovrapposti. Il primo arco immette nel primo piano, il secondo
arco immette nel secondo piano. Sopra la torre, il terrazzo serviva per comunicare e avvertire le
altre torri di vedetta su eventuali incursione e ciò avveniva tramite grandi falò. In questa torre
dimorò ai primi del '900 Francis Marion Crawford (1854-1909), scrittore americano, famoso
soprattutto per i suoi romanzi storici e del terrore; egli, oltre che scrittore di successo, era
appassionato di vela. Mentre compiva un viaggio nelle acque del Tirreno Meridionale, sbarcò nella
baia di San Nicola Arcella e si innamorò del posto, soprattutto della torre cinquecentesca posta a
difesa delle incursioni saracene. La torre si erge solitaria su questa porzione di roccia ad uncino e
non c’è casa che si possa scorgere nel raggio di tre miglia … I periodi trascorsi da Crawford a San
Nicola Arcella sono ora oggetto di studi per una più precisa ricostruzione della sua vita e delle sue
opere. Ora la torre dopo aver cambiato parecchi proprietari ed aver rischiato di diventare un club
nautico ed un ristorante, è di proprietà dei signori Calia di Napoli che hanno presentato un progetto
per trasformarla in un museo».
http://viadellaculturaedelsapere.blogspot.it/2008/04/torre-crawford.html
SAN NICOLA ARCELLA (torre Dino)
«Nelle torri di avvistamento e difesa che punteggiano il litorale calabrese, c'è una radicale
differenziazione tipologica tra quelle di età vicereale: sul litorale tirrenico settentrionale, così come
sulla costa campana e lucana, sono quadrangolari, con tipici merli-caditoie; su quello jonico,
invece, si trovano quasi esclusivamente torri circolari a base troncoconica. Solo sporadicamente si
trovano piccoli fortilizi a pianta quadrangolare o poligonale con bastioncini angolari, per lo più
residenze fortificate (Castello Sabatini a Cirò Marina, Torre Melissa, Torre Scifa presso
Capocolonna, S. Fili a Stignano). La Torre Dino , pertanto, con la sua pianta circolare, si discosta
dalle altre strutture di avvistamento presenti sulla nostra costa. Di epoca angioina conosciuta dai
sannicolesi come “ U semafuru”, era una torre di segnalazione adibita nei secoli a faro ed a
sistema di comunicazione e sostituiva in parte l’attuale telegrafo ottico ancora in uso sulle navi. Nel
corso dei secoli l’originaria struttura è stata oggetto di rifacimenti, attualmente è di proprietà
privata».
http://viadellaculturaedelsapere.blogspot.it/2008/06/torre-dino.html
SAN PIETRO IN GUARANO (palazzo Collice)
«Il primo documento relativo al comune di San Pietro in Guarano risale al 1122 quando Rao di
Banterone e la moglie Auristella donarono al monastero di Montecassino la “Ecclesia Sancti Petri
sita in finibus Consentiae, in loco qui vocatur Gaurano”, notizia che spiegherebbe anche le origini
del toponimo. La bagliva di Guarano comprendeva il territorio attualmente suddiviso tra i comuni di
Castiglione e San Pietro e tale estensione rimase inalterata fino al 1806 sebbene abbia man mano
assunto la denominazione di “Bagliva di Castiglione” dal nome del maggiore centro limitrofo allora
abitato. Numerosi sono i documenti in cui è citato il luogo e la sua chiesa e quando, nel
Cinquecento, aumentano le descrizioni del Regno di Napoli “Guarano” è menzionato con le tre
ville sottostanti, ovvero Castiglione, San benedetto e San Pietro e, ancora oltre, Lappano. Le
baglive del demanio regio di Cosenza e Casali rimasero tali per 8 secoli vivendo la breve fase
dell’infeudamento e della rivolta al Granduca di Toscana (1647) tenutasi a Celico per riportare in
libertà questi territorio. Pur essendo sfuggiti ad una infeudazione vera e propria, tuttavia, i casali di
Cosenza non erano riusciti ad evitare, nel ‘400, che gli aragonesi affidassero l’amministrazione di
casali e baglive al napoletano Carlo Carafa, ai Sambiase, poi ai monaco, ai Sanseverino e infine ai
De Matera (1693). Poiché le baglive erano dotate di parlamento, dai documenti emerge che la
principale attività di quello di san Pietro era legato alla gestione finanziaria. ... Il patrimonio storicoartistico di San Pietro in Guarano annovera la chiesa parrocchiale di Santa Maria in Gerusalemme
e una serie di palazzi baronali tra cui, quello maggiore, del barone Collice caratterizzato da soffitti
lignei dipinti e da una struttura signorile».
http://www.retemuseale.provincia.cs.it/index.php?option=com_content&view=article&id=182&Itemi
d=593
SAN SOSTI (castello della Rocca)
«Il Castello della Rocca (m. 551 s.l.m.) è collocato su una rupe rocciosa, lungo le pendici del
Monte Mula (m. 1981 s.l.m.), che domina la gola del torrente Rosa, affluente dell'Esaro, ed il
Centro Storico di San Sosti. Nel corso della campagna sono stati effettuati dettagliati rilievi digitali
della struttura ed aperti cinque saggi di scavo con lo scopo di indagare le varie fasi della
complessa fortificazione. La rocca nasce probabilmente già nell'XI secolo d.C., come provano i
rinvenimenti monetali di età bizantina (Michele II), e cessa la sua funzione nella seconda metà del
XIII secolo. Particolarmente ricca è la documentazione numismatica di età sveva (Federico II) ed
angioina (Carlo I e Carlo II d'Angiò). La frequentazione del sito in età romana è attestata da
ceramiche sigillate del I-II secolo d.C., mentre quella di età greca è testimoniata, in più punti,
all'interno ed all'esterno del castello, da microceramiche votive di VI-V secolo a.C., in particolare
hydriskai con fondo piatto o con piede a tacco. Dove il saggio ha potuto raggiungere il banco
roccioso, è stata messa in luce parte di una capanna absidata con buchi di palo perimetrali. Le
ceramiche d'impasto qui rinvenute sono databili alla prima età del ferro e alla media età del
bronzo. Le indagini effettuate nel Castello della Rocca, insieme a quelle sviluppate nella Chiesa
del Carmine di San Sosti, aprono nuove prospettive alla lettura dell'archeologia dell'area e
all'individuazione del luogo di rinvenimento della nota ascia votiva in bronzo, scoperta in territorio
di San Sosti nel 1846, ora conservata al British Museum. È in programma la prosecuzione delle
indagini».
http://www.archeopollino.it/Castello_it.html (a c. di Domenico Marino)
SAN VINCENZO LA COSTA (palazzo Vercillo)
«Palazzo Vercillo (noto anche come “Palazzotto”) è un edificio baronale del XVI secolo a San
Sisto dei Valdesi, località nel cuore di San Vincenzo La Costa. La costruzione si sviluppa su due
piani: quello inferiore è caratterizzato da un portale costituito da un arco a tutto sesto ricavato da
due ante, sulla cui sommità è inciso lo stemma di famiglia; il piano superiore, invece, presenta una
serie di balconcini che guidano lo sguardo verso il terrazzo, protetto dal colonnato. All’interno è
possibile ammirare tutti gli ambienti in cui si svolgeva la vita dei nobili e della loro servitù fino a non
molti decenni fa: passeggiando per i lunghi corridoi si potranno visitare la zona giorno e la zona
notte del Palazzo, verificando personalmente le forti differenze tra le stanze dei baroni e quelle
della loro servitù».
http://www.mobitaly.it/DettaglioPoI.aspx?IId=80
SANGINETO (castello del Principe)
«Castello Angioino. Detto anche castello del "Principe", si eleva su un alto basamento naturale. Si
accedeva, dal lato monte, tramite un ponte levatoio, oggi sostituito da un ponte ligneo.E' a pianta
quadrangolare con quattro torri cilindriche sporgenti sui quattro angoli. Il maniero di origine
angioina fu edificato probabilmente dai conti Sangineto di Belvedere nel XV secolo, passò poi ai
Giunti, ai Sanseverino, ai Marchesi Majorana (1605), ai Firrao di Luzzi (1737) ed infine ai Principi
di S. Agata, che in parte lo restaurarono. Conserva ancora oggi una parte del fossato, l’arcata
monumentale dell’ingresso principale e un grande loggiato con quattro eleganti arcate del 1500.
Sugli altri tre lati del castello vi sono solamente finestre, disomogenee per dimensione. La torre
sud, fortemente degradata da gravi lesioni, è parzialmente crollata. Le coperture si conservano
solamente sui lati sud-ovest e sud-est, mentre tratti di merlatura sono superstiti sulle torri a nordovest. All’interno si possono ammirare il cortile delle armi dotato di una piccola costruzione di
guardia e, in un secondo cortile, un ulivo piantato dai prigionieri austriaci in segno di pace il giorno
dell'armistizio il 4 novembre 1918. Una visita meritano anche le cantine, le scuderie e la cappella
gentilizia, nonché il salone delle cerimonie collocato al piano superiore. Il castello è stato a lungo
abbandonato. Dagli anni '60, il castello è di proprietà privata ed è adibito a discoteca».
http://castelliere.blogspot.it/2011/02/il-castello-di-lunedi-14-febbraio.html
SANTA CATERINA ALBANESE (centro storico, palazzi nobiliari)
«Gli stretti vicoli in ciottolato, ingemmati dagli antichi e caratteristici archi, incardinano lo
scenografico ed eminentemente simbolico centro storico di Santa Caterina,che ha rappresentato
nell’avvicendarsi dei secoli il luogo privilegiato delle funzioni civili. Qui era collocato l’antico foro e
qui sono conservate le opere importanti connesse all’impianto urbanistico della cittadina ad iniziare
dalla fontana Croiati ( vicino), corredata da un singolo canale posizionato in un muro di
contenimento, che ricorda nel suo messaggio iconologico la morfologia civile e la sua
organizzazione storica, rappresentata da un’edilizia più minuta e modesta a causa delle tante e
complesse vicende politiche e sociali legate al ruolo del piccolo borgo sul territorio. In un convulso
succedersi di avvenimenti (tra questi la ferma volontà degli abitanti di lottare per la conquista
dell’autonomia, che fu il vero tallone d’Achille della città), l’intero territorio fu segnato da profonde
trasformazioni d’uso, che tuttavia hanno consentito la libera elaborazione di apporti storico-culturali
differenti,dai quali derivano i successivi interventi di riqualificazione e di espansione, e l’altrettanto
significativo patrimonio monumentale e d’arte di Santa Caterina. Sul lato nord del centro abitato si
impone con Campanile a torre quadrata cuspidata, la Chiesa Madre dedicata a S. Nicola Magno,
che conserva ancora nella sua struttura splendide decorazioni barocche e pregevoli statue
processionali; a dominio del colle di notevole impatto è altresì la visuale del Palazzo ducale dei
principi Sanseverino, accanto al quale spicca la sede comunale ristrutturata nel 1976 e l’antico
palazzo della famiglia Chiurco».
http://www.esarobusinessbook.it/comuni/valle_dell_esaro/santa_caterina_albanese_cs/monumenti
/i_monumenti.shtml
SANTA DOMENICA TALAO (borgo, palazzo Campagna)
«Il paese incominciò a formarsi agli inizi del '600, ma già nel secolo XIV si vuole che i fondatori
della zona venissero qui d'estate per godere il fresco delle colline, in una torre intorno alla quale
sorgevano modeste abitazioni di pastori e una cappella soggetta alla chiesa di Santa Maria di
Episcopia di Scalea e dedicata a Santa Domenica. Il Principe Ettore Maria Spinelli di Scalea volle
che sorgesse il Casale nel 1625, che poi divenne Municipio autonomo. Si svilupparono così le
attività agricole e il commercio, crebbe la popolazione e il tenore di vita raggiunse notevoli livelli.
Molte famiglie del Casale di Santa Domenica Talao rivestivano cariche importanti nel Regno di
Napoli ed il paese ne trasse indubbi vantaggi. Vennero edificati numerosi palazzi padronali, di cui
restano ancora gli artistici portali in pietra locale. Il Palazzo Campagna, con il suo maestoso
portale bugnato è quello meglio conservato: il loggiato è ad archi a tutto sesto e la facciata è
ornata da mascheroni e tasselli a forma di sirene».
http://www.parcopollino.it/index.php?option=com_content&view=article&id=96%3Asantadomenica-talao&catid=42%3Aversante-calabro...
SANTA MARIA DEL CEDRO (palazzo Gabriele Marino o di Carcere l'Impresa)
«Il carcere dell'Impresa è stato sottoposto ad un restauro, durato circa carcere impresa espositore
prodotti locali-percorso turistico da visitare quattro anni. Nello stesso tempo, è stato posto un
vincolo di destinazione, che vede il Carcere dell'Impresa come espositore dei prodotti delle attività
produttive locali. I lavori di restauro sono stati rallentati a causa della presenza di rinvenimenti di
interesse archeologico. Infatti, Il palazzo è definito da recenti studi come databile tra il 1500 e
1600. Pare però che le sue fondamenta risalgano ad epoche precedenti, anche classiche, come
indica la presenza di numerosi frammenti ceramici di epoca ellenistica e romana. la strutttura è
veramente suggestiva, con delle sale davvero stupende. Attualmente il carcere dell'impresa è
adibito come centro polivalente per il cedro. Al suo interno ha il museo del cedro e il laboratorio del
gusto. Il museo del cedro rappresenta in sintesi un spazio in cui si cerca di valorizzare la figura di
questo prodotto tipico calabrese che è il cedro con percorsi artistici culturali ed eventi e nello
stesso tempo di promuovere il territorio di santa maria del cedro.Venerdì 28 Maggio 2010 il
carcere dell'Impresa è stato intitolato a Gabriele Marino».
http://www.larivieradeicedri.com/it/santa-maria-del-cedro/96-santa-maria-del-cedro-mini-guidaturistica-cosa-visitare.html
SANTA MARIA DEL CEDRO (torre di Sant'Andrea)
«Nella cittadina sono anche presenti le testimoniane di alcune torri di avvistamento; reperti storici
molto importanti: la torre Nucito, la Torre Longa e la torre di Sant'Andrea. Quest'ultima, di evidente
fattura Normanna, è quella che si è mantenuta meglio nel tempo e la più vicina all'abitato; era
dunque la più importante, perché permetteva di avvisare la popolazione in caso di incursione dei
Saraceni e di mettersi in salvo. Le torri erano collegate tra di loro in modo da permettere
l'avvistamento degli invasori e di informarne il popolo tramite un particolare sistema di
comunicazione».
http://www.larivieradeicedri.com/it/santa-maria-del-cedro/96-santa-maria-del-cedro-mini-guidaturistica-cosa-visitare.html
SARACENA (castello baronale)
«Il Feudo di Saracena, valutato quarantamila ducati, appartenne ai Duchi di S. Marco e poi ai
Principi di Bisignano. Alla fine del 1600 fu acquistato all’asta pubblica, per 45.000 ducati, dal duca
Laurenzana Gaetani, il quale, intorno al 1613, lo cedette ai Signori Pescara di Diano. Dopo la
morte del duca Pescara, avvenuta nel 1515, il Feudo di Saracena passò sotto il dominio dei
Principi Spinelli di Scalea, dove vi rimase fino al 1806. Ma, il 14 Agosto di questo stesso anno, per
volere di Napoleone Bonaparte, fu emanata la legge eversiva della feudalità, con la quale questa
veniva abolita. I suoi feudatari abitarono il maestoso castello fino al XIII secolo. Edificato nel punto
migliore del paese, abbracciava con la sua imponenza un ampio scorcio paesaggistico: le rive
marine da quelle di Cerchiara fino a Capo dell’Alice, le montagne della Sila, la Valle di Cosenza e
tutti i paesi che vi stanno intorno. Questo castello, originariamente era dimora di illustri personaggi,
conteneva sale lussuosissime ricche di preziosi ornamenti; era bella a vedersi soprattutto la
cosiddetta “ministalla”, cioè un ampio locale per cavalli. Il Castello in seguito fu soggetto a
devastazione, le mura e le torri furono distrutte e per poco compenso ne furono vendute le pietre, i
mattoni e le travi. Un certo Leone Rotondaro acquistò l’intero edificio che fu restaurato ed adibito
ad abitazione. Un manoscritto rinvenuto all’interno dello stesso castello ci fornisce notizie
dettagliate sulla storia di quest’ultimo. Il manoscritto testimonia che il castello, di antichissima
costruzione, era munito di torri e di molte uscite sotterranee ed era chiamato “Castello di Sestio”
perché difendeva la città. Nel X secolo d.c. la città di Sestio, occupata dai Saraceni, fu presa dai
Costantinopolitani (inviata dall’Imperatore d’Oriente) che distrussero la città. Gli abitanti che
riuscirono a sfuggire all’assalto si rifugiarono ai piedi del castello e intorno ad esso costruirono
case; nacque così un piccolo paese chiamato “Saracina” in onore della donna saracina che aveva
tenuto le sorti della città. Questo paese fu fortificato, da mura e si fecero quattro porte con le torri,
simili a quelle del castello per difendere il paese dagli assalti dei nemici. Anton Sanseverino alla
fine dell’anno mille fece costruire il braccio che corrisponde all’attuale parrocchia di San Leone».
http://saracena.asmenet.it/index.php?action=index&p=76
SARTANO (palazzo baronale)
«Il Palazzo Baronale cui era annessa la vecchia chiesa di San Domenico esisteva già nel XVII
sec. Oggi è di proprietà della famiglia Maierà».
http://www.sartanoinmovimento.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1&Itemid=2
SAVUTO (ruderi del castello)
«Il Savuto è un corso d’acqua che ha le sorgenti in Sila. Nasce da un altopiano granitico, fresco e
cristallino; attraversa foreste di pino, faggio, cerro e castagno, diventa torrentizio, prosegue la sua
marcia fino a valle, si tuffa nella macchia mediterranea e nelle terre dei pascoli, e dopo un
percorso di 55 chilometri sparisce nel mar Tirreno. Da sempre il suo corso traccia il confine tra le
terre di San Mango e del vicino centro abitato di Savuto. Ma il fiume non ha mai diviso le due
comunità. Anzi, le ha unite attraverso i secoli, con gli abitanti di Savuto che vengono a popolare il
Casale di San Mango edificato dai d’Aquino sul versante sinistro della valle. ... Alzando gli occhi
sopra il fiume, si scorgono i resti di una costruzione medievale: è il castello di Savuto. Costruito dal
re Carlo I d’Angiò dopo la separazione della Sicilia dal regno di Napoli, a seguito della guerra dei
Vespri del 1282, il castello ha garantito un efficace controllo del territorio ed ha contribuito alla
difesa del Regno, soggetto al pericolo di invasioni esterne. Edificato sulla sponda settentrionale
del fiume, il maniero è posto a guardia delle vie di comunicazione che dal mare salgono verso
l’interno, quelle stesse vie percorse sotto le bandiere verdi dell’Islam dai guerrieri che puntavano
su Martirano, “tappa importantissima e ponte di passaggio delle grandi invasioni saracinesche
nella Calabria interna, durante il secolo X”, come testimonia Oreste Dito. Il feudo di Savuto ha
accolto genti provenienti da paesi diversi e grazie a quel flusso di popolazione, attorno al castello,
si è sviluppato un abitato che nel passato è arrivato a contare circa mille abitanti. Oggi il centro
storico, diventato frazione del Comune di Cleto, è popolato da poche famiglie. A testimonianza di
questa predisposizione all’accoglienza, resta una lastra di marmo fatta collocare sulle mura dalla
nobildonna Eliodora Sambiase, moglie di Ascanio Arnone, Regio Tesoriere di Calabria Citra dal
1555 al 1559, con un’iscrizione in latino che lo studioso Rocco Liberti ha così tradotto: “Eliodora
Sambiase, già giovane sposa unita al marito Arnone, offre templi a Dio, limpide acque e orti
verdeggianti alle ninfe e il castello di Savuto come albergo a chiunque ne abbia bisogno”».
http://www.agriturismomanfredi.com/i-dintorni
SCALA COELI (castello)
«Nel periodo bizantino, Scala Coeli fu aggregata nella Decima Circoscrizione dei domini bizantini.
È il periodo in cui i "signori" ebbero il problema di difendere i loro possedimenti quando ampie
zone dell'Europa furono esposte agli attacchi degli Arabi e dei Saraceni. Furono queste scorrerie a
far sorgere anche in questo centro palazzi e castelli come strumenti di difesa, che divennero più
tardi le dimore dei feudatari che, abitando in queste fortezze, ottenevano il doppio effetto di
intimorire i loro vassalli ed i feudatari vicini e aumentare il proprio prestigio. A Scala Coeli vengono
costruiti il Palazzo Vizza e quello Maiorano, da tutti stranamente denominato "Castello". L’accesso
al paese avveniva attraverso quattro porte che si aprivano all'alba e si chiudevano al tramonto:
"Portavavuza", "Portafischìa", "Portapiano" e "Portello" o "Portello della Timparella". ... L’impianto
del centro storico, pur essendo spontaneo, conserva la divisione in zone, che non presentano
caratteri comuni riconoscibili, ma conservano i nomi originari. Nello specifico si ritrovano le zone
identificate come: Porta Balzo, Porta Fischia, Porta Piano, Giudecca e lo Sperone. ... Il castello, di
impianto prettamente normanno, presenta una forma abbastanza regolare. La fortezza si trova
arroccata sulla parte alta della collina; risale al tempo di Niceforo (IX sec.), in seguito appartenne
alla famiglia dei Principi Spinelli. Si possono notare ancora elementi tipici delle costruzioni
fortificate, anche se le continue trasformazioni ne hanno cancellato molti aspetti, rendendolo più
somigliante ad un Palazzo nobiliare».
http://www.centristoricicalabria.it/csac/scheda/stampa?cid=147&s=CNS
SCALEA (ruderi del castello normanno)
«Costruito sui resti di una rocca longobarda, fu ingrandito da Ruggiero d'Altavilla verso il 1060 e in
seguito restaurato dagli Svevi, dagli Angioini e dagli Aragonesi. In esso fu firmato il "Patto di
Scalea" con il quale si doveva dividere la Calabria Conquistata e da conquistare tra Roberto il
Guiscardo e Ruggiero suo fratello. Verso il 1250 vi nacque Ruggiero di Loria (o di Lauria) che poi
sarà grande ammiraglio di Aragona ed in seguito del regno di Napoli conosciuto come il vincitore
della guerra dei Vespri Siciliani».
http://bedandbreakfastscalea.blogspot.it/p/da-visitare.html
SCALEA (palazzo dei Principi Spinelli)
«Il maestoso Palazzo dei Principi ricorda l'epoca feudale. All'inizio del XVII secolo i corsari,
all'improvviso, attaccano dal mare Scalea. Il Principe di Scalea, Francesco Spinelli li affronta sulla
spiaggia. Dopo una dura battaglia, gli assalitori fuggono. Ma da un’ imbarcazione dei fuggiaschi
parte un colpo di arma da fuoco che colpisce il Principe, che muore sulla spiaggia tra la
costernazione generale dei suoi sudditi. Gli Spinelli erano feudatari di Scalea dal 1526. Il palazzo
rimase proprietà degli Spinelli fino alla fine del periodo feudale; in seguito fu venduto dagli eredi
Spinelli agli attuali proprietari».
http://www.virtualmg.net/Reale/c_Interland/c_Interland%20Santa%20Maria%20del%20Cedro/c_Sc
alea/Palazzo%20Principi%20Spinelli.aspx
SCALEA (torre aragonese Cimalonga o del Carcere)
«Il lato sud del centro storico è caratterizzato dalla mole della Torre di Guardia aragonese,
conosciuta come torre Cimalonga. La torre fu costruita nel XV sec. Per migliorare il sistema
difensivo del paese. È a pianta circolare ed era a guardia di una delle 4 porte d'entrata a Scalea.
La torre ospitava le guardie e due cannoni per la difesa ed il controllo della porta Cimalonga. Nei
secoli scorsi per varcare le porte si pagava il "passo". Una tassa, imposta dal feudatario, per il
passaggio delle persone, animali o cose. Poi Torre Cimalonga è stata utilizzata per altri usi. Negli
ultimi anni ha ospitato anche le carceri mandamentali. All'interno di Scalea si passava anche per
altre porte. La porta Marina, Ponte e Castello o del Forte. La porta Marina e quella di Cimalonga
erano quelle più frequentate. La porta Ponte era riservata al passaggio del feudatario e della gente
di riguardo. Dalla porta del castello passavano il Principe, i suoi familiari e le persone al suo
servizio. All'interno di porta Marina, sul muro in alto, sono visibili ancora tracce di affreschi. Era il
posto dove il nuovo feudatario faceva dipingere il suo stemma. E così quello del nuovo feudatario
copriva il vecchio stemma del suo predecessore. L'abate Pacicchelli erudito giramondo e scrittore
nella sua visita a Scalea annotò di aver visto, tra l'altro, la "taverna", e la chiusura a sera delle
porte di accesso al paese. Le porte, inoltre, venivano chiuse di giorno solo in caso di pericolo. La
"taverna"era un locale di vendita. In quegli anni a nessuno del posto o forestiero era permesso
esercitare il commercio di generi alimentari senza il permesso del feudatario. La popolazione era
costretta a comperare i generi di prima necessità presso il tavernaro. Questi era il gestore della
taverna di proprietà del barone. Oggi delle caratteristiche delle 4 porte si conservano quelle di
porta Marina e, parzialmente, delle porte del Castello e di Cimalonga. Nei muri di difesa vicino alle
porte, inoltre, si notano le feritoie attraverso cui si sparava con i cannoni».
http://www.citywalk.it/monumenti_11.html (tratto da Scalea a Scalìa, di M. Manco e G. Cupido)
SCALEA (torre di Giuda o di Scalincella)
«Scalea da Nord è guadata dalla torre di guardia del castello, conosciuta come Torre di Giuda.
All'inizio del sec. XVII il guardiano della torre di guardia non avvertì il castello della presenza dei
corsari. I corsari attaccarono Scalea, che colta impreparata fu presa. Scalea, dopo aver subito il
saccheggio riuscì, dopo aspra lotta, a respingere i saraceni. Dopo la battaglia il guardiano traditor
, cercato e preso, fu impiccato ad un albero. Da allora la torre di guardia del castello fu detta Torre
di Giuda. Questa però è la versione popolare. Gli storici danno altre spiegazioni sul nome della
Torre. Alcuni sostengono che la torre fu detta di Giuda perché era vicino al ghetto degli Ebrei.
Infatti nei secoli scorsi le poche case che sorgevano all'inizio della piana della petrosa, poco più in
alto della torre, furono adibite ad olivi. Poi alla fine del secolo scorso, furono distrutte per far posto
alla costruzione dell'attuale Faro. Le torri di guardia all'epoca, venivano erette per motivi di
difesa.Dovevano ovviamente, rispondere a particolari esigenze. Dalla Torre doveva essere, cioè,
facile l'avvistamento e la comunicazione con il Castello. Anche la Torre di Giuda possedeva questi
requisiti. Infatti dalla Torre si dominava la baia. Inoltre dal Castello si sentiva distintamente la voce
di chi parlava vicino ad un muro della Torre. E dalla Torre si sentiva la voce di chi parlava dalla
torre d'angolo nord del Castello».
http://www.scalea.it/storia/giuda.htm (tratto da Scalea a Scalìa, di M. Manco e G. Cupido)
SCALEA (torre Talao)
«Dal belvedere di Napoleone, dove uno scoglio ricorda la testa dell'imperatore, si può ammirare la
lunga spiaggia interrotta da un imponente scoglio su cui sorge un'antica torre, Talao, oggi simbolo
di Scalea. In origine lo scoglio di Torre Talao era una isola. Poi in seguito ad un fenomeno
d'interramento è diventata penisola. Oggi è completamente all'asciutto. Le grotte dello scoglio di
Torre Talao furono abitate dagli uomini della preistoria 40.000 anni fa. Lo scoglio di Torre Talao
vide il passaggio di Enea e di Ulisse. Nei pressi morì il compagno di Ulisse Dracone. A ricordo
dell'amico del re di Itaca sorse un oracolo. Tempo dopo l'oracolo predisse:"presso Dracone Lajo
molto popolo sarà per perire". Infatti nel 389 a.C. avvenne, nella piana del Lao lo scontro tra
Lucani contro Laini e Thurini. Nella battaglia,una delle più terribili dell'antichità, persero la vita oltre
10.000 uomini tra fanti e cavalieri. Torre Talao fu costruita nel sec. XVI. Faceva parte del sistema
difensivo costiero, contro le incursioni dei turchi, voluto da Carlo V. Il sistema difensivo fu suggerito
a Carlo V da don Pedro di Toledo, viceré del Regno di Napoli nel 1573. Il sistema difensivo
costiero comprendeva 337 torri una in vista dell'altra. Torre Talao venne costruita a carico della
gente del posto. Ogni cittadino dovette contribuire all'edificazione della Torre o con una somma in
denaro o con la prestazione gratuita secondo le proprie capacità. Verso la fine del sec. XVII Torre
Talao venne privata dai suoi cannoni, in precedenza sistemati per la difesa della costa. All'inizio
del nostro secolo il proprietario del tempo, Del Giudice, imbottigliò l'acqua solfurea della sorgente
alla base dello scoglio di Torre Talao, e la mise in commercio con notevole successo: Negli stessi
anni soggiornò più volte nella Torre, ospite del proprietario del tempo Armentano, il maestro Enrico
Toselli, principessa Luisa d'Asburgo-Lorena, ex regina di Sassonia».
http://www.scalea.it/storia/talao.htm (tratto da Scalea a Scalìa, di M. Manco e G. Cupido)
SCHIAVONEA (torre e taverna del Cupo)
«La Torre del Cupo (XVII sec.) prende il nome dell’omonima zona litoranea col quale era comune
chiamare questa area e cioè il Cupo. Si tratta di una delle torri di guardia costruite lungo il litorale
calabrese nel tempo delle incursioni barbaresche. Da documenti storici si presume che la Torre
del Cupo ancora nel 1600 non esistesse e che venne edificata immediatamente dopo. L’edificio a
forma quadrangolare con cupolette orientaleggianti in sommità era di proprietà regia. Nel corso dei
secoli è stata interessata da alcuni lavori di sistemazione alcuni dei quali si sono conclusi negli
ultimi anni del novecento. È opportuno ricordare che nel 1810 l’edificio fu utilizzato dai Francesi
come sede di un ufficio doganale. Poco distante dalla chiesa è situato il Quadrato Compagna.
Imponente costruzione edificata nel 1859 per dare impulso alle due grandi fiere che si tenevano in
Corigliano il 1 novembre e il 15 maggio di ogni anno (manifestazioni che si ripetono ancora oggi da
oltre un secolo e mezzo). Di pianta rettangolare il fabbricato ha quattro porte, delimitate da cancelli
in ferro con lo stemma dei Compagna. Ai lati di tre cancelli vi sono quattro imponenti colonne. Ogni
porta ha un nome particolare, a seconda della posizione geografica che occupa: la principale è la
porta Corigliano; dalla parte opposta, la porta a mare; ai due lati, la porta Rossano e la porta
Cassano. Attualmente è di proprietà privata ed è adibito ad uso residenziale o come deposito. Tra
le più significative architetture di Schiavonea sono da visitare la Taverna e le Pile. La Taverna del
Cupo (XVII sec.) antica locanda, luogo di ritrovo e di ristoro, di competenza feudale e che
fiscalmente sovrintendeva all’attività ittica ed ai commerci marittimi. Si tratta di un grande edificio di
pianta rettangolare oggi sede della Scuola Elementare. ...».
http://www.prolococoriglianocalabro.it/?page_id=45
SCIGLIANO (ruderi del castello feudale)
«Le vestigie del castello, ad oggi appena visibili, di questo edificio medioevale si trovano sulla
collina che sovrasta il borgo Diano. Questa collina è strategicamente importante perché da essa si
domina tutta la meravigliosa vallata del fiume Savuto e il suo sbocco sul Mar Tirreno. In ogni modo
ben poco si sa delle origini e delle vicende del Castello. Le memorie manoscritte indicano, come
autore di questo edificio, un certo Marco Giunio Sillano, Duce delle Milizie Romane (di qui il
nomeSillanum - Scigliano) che, secondo Tito Livio, governò la Repubblica al tempo delle guerre di
Calabria tra i Romani e i Cartaginesi; poiché Scigliano era situata nell’estremità della terra dei
Bruzi (Cosenza) e confinava con Taverna, città della Magna Grecia, è pertanto, verosimile che i
Romani si fossero fortificati in questi luoghi, per resistere all’impeto dei Bruzi e Cartaginesi.Inoltre
si propende a ritenere valida l’ipotesi che collega la fondazione del castello con le origini stesse di
Scigliano. A tal proposito nel 1198 l’imperatrice Costanza, moglie di Enrico VI, ordina che siano
ricostruiti i castelli di Nicastro e Scigliano abbattuti durante la guerra tra Normanni e Svevi, al fine
di collocarvi un forte presidio. In questo caso l’ipotesi è che il Castello, così come la fondazione di
Scigliano, risalga a qualche secolo prima».
http://www.bedandbreakfastcalabria.it/scigliano.htm
SERRADIPIRO (palazzo baronale Serravalle)
«Nella frazione Serradipiro, si trova il Palazzo Baronale Serravalle del 600’, di proprietà degli eredi
Talamo. Maestoso e imponente, oggi non è abitato, è solo dimora occasionale ed estiva degli
eredi, che sono intenzionati a cederlo al Comune per un la creazione di una biblioteca di libri
antichi e per sale di lettura e di convegnistica. A fianco del Palazzo, si trova un ampio
appezzamento di terreno, degli stessi proprietari, che si presterebbe molto bene a parcheggio e a
giardino».
http://www.comunemoranocalabro.it/fiera100comuni/bianchi.htm
SPEZZANO ALBANESE (ruderi del castello di S. Antonio di Stridolo o di Stregola, castello di
Scribla)
«Nel 1044 Guaimaro,principe di Salerno e Guglielmo Braccio di Ferro, figlio di Tancredi d’Altavilla,
intraprendono insieme una spedizione in Calabria e gettano le basi per la costruzione di un fortecastello,chiamato Stridula, prospiciente l’imbocco della valle dell’Esaro.Ancora oggi, sull’ampio
spiazzo di una collina isolata che sovrasta la stazione ferroviaria di Spezzano Albanese, insistono i
ruderi del castrum attualmente chiamato Scribla, con tracce di fortificazioni dell’XI secolo circa, che
dagli scavi effettuati sembra essere stato frequentato anche anteriormente, ai tempi di Ottone I di
Sassonia ( 962-973). Poco più avanti è un vecchio mulino che porta il nome di Sant’Antonio e da
un documento di età sveva si rileva che i confini di Sant’Antonio di Stridula si estendevano da
questa parte fino alla terra di Conca, in tenimento Sagittae, l’odierna contrada Saetta nel comune
di Spezzano Albanese. In una carta latina del 1094 si ricorda la colonia di deportati saraceni, fatti
prigionieri da Roberto il Guiscardo in Sicilia e qui accolti e si riferisce che, morto il Guiscardo, il
duca Ruggero Borsa dona il castrum quod Stregola dicitur, unitamente a tutti i suoi vassalli,
cristiani e saraceni, al monastero della Trinità, cioè all’abbazia di Cava. Nel 1276 il villaggio di
Stridula conta 210 abitanti e negli itinerari di Carlo d’Angiò risulta come palatium il che indica la
sua perdita d’importanza come luogo fortificato. La vita del villaggio sembra spegnersi già nel XV
secolo e nel 1531 si ricorda di esso una torre e yglesia la qual està ruinada...».
http://www.sifeumcalabria.it/articoli-storia/38-articoli-storia/63-rocche-e-castelli-perduti.html
SPEZZANO ALBANESE (torre Mordillo)
«La Torre Mordillo è una costruzione che si trova su una collina, oggi nel territorio di Spezzano
Albanese (provincia di Cosenza), tra i fiumi Esaro e Coscile. Questo, a suo tempo, costituì un
luogo chiave per il controllo del territorio della piana di Sibari, fino al Mar Tirreno. I documenti
archeologici ritrovati attestano la presenza di vari cicli di insediamento avvenuti in un lungo arco di
tempo, dall'inizio dell'Età del Bronzo (XVII secolo a.C.) fino ad età ellenistica. All'interno di tale
arco di tempo si registra anche una interruzione, seppur breve, avvenuta con la fondazione di
Sibari (ultimo quarto dell'VIII secolo a.C.)».
http://it.wikipedia.org/wiki/Torre_Mordillo
TARSIA (resti del castello e della torre di età normanna)
«Tarsia è senz'altro tra i più antichi borghi della valle del Crati. Su uno sperone roccioso,
all'estremità dell'abitato, si trovano i resti di un castello normanno ed ancora piu a nord una torre
della stessa epoca, a guardia, verso i territori di Sibari e la foce del Crati. Ma le origini di tarsia
sono ben più lontane. Secondo il Barrio, il Fiore ed altri scrittori, Tarsia è l'antica Caprasya, o
Caprisia o Caprese. Per quanto riguarda il sito, quei tre nomi non hanno a che vedere con
l'odierna Tarsia. Lo Sforza, ritiene che quella città si trovasse nell'attuale frazione di Caselle. In
verità l'attuale Tarsia che domina a mezzogiorno la lunga valle del Crati e osserva di fronte anche i
contrafforti silani, ha caratteristiche strategiche medievali. Maestri nelle scelte di simili posizioni
che si affrettavano a fortificavano con torri e castelli erano i normanni, e all'epoca normanna deve
risalire Tarsia».
http://www.comune.tarsia.cs.it/storia/index.htm
TERRANOVA DA SIBARI (castello dei principi Spinelli)
«Posizionato al centro del paese, fu probabilmente edificato intorno al 1100 con scopi difensivi. Il
primo principe che vi ebbe dimora fu Boimondo di Tarsia (1160). Appartenne poi ai Ruffo, a Maso
Barrese, ai Sanseverino di Bisignano (sotto la titolarità del filoangioino Girolamo, che per aver
partecipato alla congiura dei Baroni fu chiuso in un sacco e gettato in mare a Napoli). Nel castello
il 21 novembre 1478, colto da malore per aver mangiato funghi rivelatisi velenosi, morì Enrico
d'Aragona, figlio spurio di Ferrante d'Aragona e marchese di Gerace. Ultimi proprietari furono i
Principi Spinelli di Tarsia. Il castello, di cui è rimasta soltanto la struttura esterna, è a pianta
quadrangolare, con torre centrale a pianta quadrata. In origine era circondato da un fossato
profondo e vi si accedeva per mezzo di un ponte levatoio. Gli Spinelli, nella prima metà del XVII
secolo ingrandirono e arricchirono il maniero. Nel 1620, infatti, il principe Vespasiano diede inizio
alla costruzione del “Palazzo del Principe”, adiacente al castello. Tale dimora ha conservato un
loggiato, suggestivi giardini pensili e l'imponente portale d'accesso con motivi a bugne e una
decorazione a ventaglio sotto l'arco a tutto sesto. Vi è anche un teatro di cui si può ancora
ammirare la facciata monumentale in cui si apre un artistico portale, con arco a tutto sesto,
impreziosito da colonne, capitelli corinzi, nicchie, mascheroni e trabeazioni di ispirazione
rinascimentale. Nel teatro, che sorge tra il castello e il succitato palazzo (insieme formano un
angolo), si davano rappresentazioni per allietare gli illustri ospiti del feudatario. Tra questi pare
anche Carlo III di Spagna, noto come Carlo di Borbone, re di Napoli (Madrid, 1716 – Madrid,
1788), durante un suo soggiorno terranovese di tre giorni nell'anno 1735. L'edificio oggi è di
proprietà privata ed è in parte abitato (al pianterreno ospita anche un pub-ristorante presente su
Facebook e chiamato "Castello dei Principi")».
http://castelliere.blogspot.it/2011/06/il-castello-di-venerdi-10-giugno.html
THURIO (torre del Ferro)
«Lungo tutta la costa della Sibaritide, esistono ancora una ventina di torri costruite ad una distanza
media di 8-9 km l'una dall'altra. Queste rivestono un grande valore monumentale sia sul piano
dell'architettura civile che su quello dell'architettura militare. All'interno del nostro territorio ricade,
oltre la torre del Cupo (Schiavonea), anche la torre del Ferro (Thurio). Edificate nel XVI secolo,
durante la dominazione spagnola, come torri di guardia per salvaguardare le coste dalle invasioni
dei Turchi. In esse risiedevano i torrieri che avevano il compito di vigilare e segnalare eventuali
incursioni».
http://www.icleonetti.it/ipertesti/schiavonea/torrecupo.html
TORANO CASTELLO (archi di Santa Barbara o castello, porte)
«Questi tre archi emblematici sorgono nella parte più alta del paese, dai quali si può ammirare uno
splendido panorama che mostra tutti i comuni limitrofi. Una costante tradizione li vuole ultimo
avanzo di un castello dagli incerti contorni e dai fumosi connotati. Ma solo scavi e sondaggi mirati
potranno portare qualche elemento nuovo per risolvere questo problema. Gli archi, intitolati a
santa Barbara protettrice degli artiglieri, appaiono muti nella loro consistenza storica: sono a tutto
sesto, forse con un leggero segno di chiusura in alto, e sono edificati con tecniche e materiali che
non consentono di stabilire alcuna datazione certa. ... Passeggiando per il paese è possibile
imbattersi in elementi architettonici dalla lunga storia, come le porte d’ingresso. Infatti giunti in via
Vaglio è possibile ammirare con tutta la sua bellezza la Porta detta appunto del Vaglio. La porta è
inclusa nel palazzo Ducale e funge anche da sottopasso sopra il quale si estende un terrazzo. La
porta è di sapore rinascimentale, costruita in bei conci di pietra con chiave di volta e due singolari
maschere: una apotropaica che si volge all’esterno, quindi verso chi entra, e mostra la lingua in
fuori, in un chiaro intento scaramantico sulle eventuali magarie che il visitatore potrebbe introdurre
nel centro abitato, e una seconda, teste barbuta, che si volge all’interno, verso chi esce. La porta
Ogliastro è giunta a noi solo come l’imposta di un arco, probabilmente crollato nel corso dei secoli.
Il suo nome si vuole derivato da un ulivo selvatico che doveva sorgere nei pressi».
http://www.sportividentro.it/formadoc/torano/monumenti.html
TORANO CASTELLO (palazzi nobiliari)
«Palazzo Baviera. Situato in via Borgo, palazzo Baviera costituisce un antico esempio di palazzo
rinascimentale, la sua datazione risale, infatti, al XVI secolo. Sul portale del palazzo è
rappresentata come chiave di volta una testa femminile. Non si conosce il significato di questa
testa, ma ci sono altri esempi nel centro storico dell’utilizzo di tale raffigurazione. Varcata la soglia
d’ingresso del palazzo si trova una piccola volte a botte con un meraviglioso affresco, sempre di
stile rinascimentale. In esso è raffigurato un pavone, con frutti, fiori e dei putti. Nell’androne del
palazzo si può ammirare l’antico stemma di famiglia che rappresenta l’albero della vita con il
grifone.
Palazzo Caputo. L’edificio nobiliare risalente al XIII sec. è ubicato in pieno centro storico
probabilmente di dimensioni maggiori delle attuali. Si caratterizza per lo stemma che si riallaccia in
certi particolari a quello di palazzo Cavalcanti. L’ arme araldico dovrebbe rappresentare una
colomba o un altro uccello, sopra un monte a tre cuspidi che racchiude tra le sue lunghe zampe
che si staccano dalle due cuspidi laterali, oppure di un solo monte a cuspide chiuso fra le zampe
dell’uccello che formano a loro volta le due cuspidi laterali, il tutto inscritto in un cerchio e
sovrastato da una corona simile a quella sovrastante in aggetto. Esaminando le due componenti
dello stemma ci si rende conto che non sono scolpite in un unico blocco ma probabilmente
assemblate in un momento successivo. L’edificio è articolato su due piani, in quello superiore
troviamo delle feritorie chiamate archibugiere; esse testimoniano, insieme al grande arco cieco,
che il palazzo originariamente si trovava in una posizione delicata per la difesa del borgo, inoltre
non mancano testimonianze di rifacimenti successivi nel corso degli anni. Degno di nota è il
portale che è caratterizzato da un rivestimento esterno in pietra a lacunari a punta di diamanti, con
chiave
di
volta
contenente
un
blasone
raffigurante
due
colombe.
Palazzo Cavalcante. Antico esempio di abitazione nobiliare è palazzo Cavalcante situato in via
Castello nel pieno centro storico di Torano Castello. C’è chi sostiene che questa struttura risalga al
XIII secolo, ma non siamo sicuri di questa datazione, anche se le sue fondamenta nascondono
strutture precedenti all’acquisizione del feudo da parte della famiglia Cavalcante, ma quali e di
quale epoca? Nel ducato di Torano la famiglia Cavalcante era comparsa nel 1327 proveniente
dall’Etruria, ossia da Firenze. Questo ducato rimase alla famiglia Cavalcante sino alla cessione di
Tommaso Bonaventura Cavalcante al barone Francesco Lupinacci con tutti gli annessi e connessi.
Si deve al Bellini la traduzione dell’atto originale di registrazione del relativo passaggio di proprietà.
In esso è detto che il ducato di Torano insieme a tutte le sue ricchezze comprese “case varie,
palazzi, huomini, suoi vassalli, redditi di vassalli et gabelle…..”, passò nelle mani del barone
Lupinacci, che a sua volta lo fa pervenire al duca Fabio Caputo di Paterno. Alla luce di ciò
possiamo dire che il nostro palazzo probabilmente, se era stato già realizzato, divenne proprietà
del duca Caputo, ma occorrerebbero sondaggi mirati sul palazzo per vedere a che epoca risale e
solo così si ha assoluta certezza di quanto detto. ...».
http://www.sportividentro.it/formadoc/torano/palazzi.html
TORANO CASTELLO (torre bizantina)
«L'antica torretta di avvistamento risale al XIII secolo è in stile bizantino costruito con pietra
tufacea e materiali di costruzioni di epoca antecedente. Caratteristiche sono le tegole a cerchi
concentrici che ricoprono la cupola del torrione. Fu adibita a carcere locale. Ristrutturata nel 1994
ospita il museo archeologico che conserva i resti dell'antica Dampetia. I reperti qui conservati sono
databili seconda metà del IV secolo inizio III secolo a.C.. I ritrovamenti fatti a Cozzo la Torre
riguardano oggetti in bronzo e ferro, ceramica e pezzi in terracotta nonché molto materiale fittile».
http://www3.asmenet.it/opencms/opencms/asmenet/toranocastello/Turismo_info/info_turistiche.jsp
?it_codice=3576&categoria...
TORREMEZZO (torre Misa)
«Di Falconara [Albanese] fa parte la frazione Torre Mezzo, ben nota ai turisti estivi e sorta
nell’ambito della realizzazione della rete di castelli e torri costiere del Meridione (nel corso del
Cinquecento), di cui faceva parte la torretta di guardia “Torre Misa”».
http://www.retemuseale.provincia.cs.it/index.php?option=com_content&view=article&id=108&Itemi
d=295
TORTORA (borgo, palazzo Lomonaco Melazzi)
«Tortora è un perfetto mix tra risorse naturali e cultura. Da qui parte la costa calabrese tirrenica,
con la spiaggia della "Marina" che ha permesso, attraverso la crescita del turismo, negli ultimi
decenni, lo sviluppo dell'omonima frazione. Tortora può fare affidamento su uno splendido Centro
Storico che è sito a 400 m. dal livello del mare e custodisce al suo interno numerosissimi reperti
archeologici che vanno dall’età preistorica sino alle più recenti che testimoniano la presenza
enotria, lucana e quella romana in questa area. Questi reperti sono (ben) custoditi nell’accogliente
museo nel centro storico. Una simpatica curiosità è data dall’origine del nome del Paese,infatti
Tortora prende il nome dall’uccello omonimo, che in questa zona ha trovato il suo habitat naturale
per vivere e riprodursi. Meritano una visita la Chiesa di San Pietro Apostolo,che fu costruita
inizialmente nel XIV secolo, per poi essere ricostruita nel XVII in stile barocco, il Mausoleo
Romano, che rappresenta la porta archeologica della Calabria , la splendida Chiesa di
Materdomini che sembra un gioiello incastonata tra antiche grotte, opera dei monaci basiliani, il
Palazzo Lomonaco Melazzi che è un antico palazzo nobiliare dove, peraltro, pernottò, di ritorno
dalla Sicilia, Giuseppe Garibaldi, la Chiesa del Purgatorio, che è la più antica chiesa del paese (XII
sec.) nella quale sono contenuti degli antichi dipinti raffiguranti alcune scene della Bibbia».
http://www.alticos.eu/localita-costiere/56-tortora-una-civilta-millenaria.html
TORTORA (torre Nava)
«Sulla rupe che domina il territorio circostante e affaccia direttamente sul mare, rimangono in piedi
i resti dell'antica torre di avvistamento chiamata "Nave". Sono ben visibili le mura perimetrali e una
struttura ad intonaco costruita in periodi successivi. La torre è sorta in tempi antichi con lo scopo di
difesa e di avvistamento dei nemici».
http://www.virtualmg.net/Reale/c_Interland/c_Interland%20Santa%20Maria%20del%20Cedro/c_To
rtora/Torre%20Nave.aspx
TREBISACCE (Bastione)
«Cinta muraria del XVI secolo costruita a difesa delle incursioni dei turchi, quattro erano le porte
che proteggevano l'antico borgo; le "mura" della città hanno avuto un ruolo importante nel sistema
difensivo della costa, insieme a Torre Saracena e alla Torre Piano dei Monaci, il Bastione è
considerato il "balcone dello Jonio" in virtù della sua panoramica posizione da cui è possibile
ammirare il Golfo, il Mar Jonio e le pianure di Sibari e Metaponto».
http://www.comune.trebisacce.cs.it/Guidaalpaese/tabid/12483/Default.aspx?IDPagina=5111
TREBISACCE (porta dell'Annunziata)
«Porta dell'Annunziata è l'unica porta del sistema difensivo, rimasta intatta nei secoli, attraverso
cui si accedeva al paese dopo la lunga scalinata. Le altre porte che difendevano Trebisacce sono
quella di San Leonardo, San Martino, S. Antonio (o Antuòno)».
http://www.comune.trebisacce.cs.it/Guidaalpaese/tabid/12483/Default.aspx?IDPagina=5113
TREBISACCE (torre del Saraceno)
«Questa torre di avvistamento a base cilindrica, che sorge quasi alla foce del Torrente Saraceno,
faceva parte, insieme alle altre torri costiere, del sistema di difesa adottato nel ‘500 contro le
scorrerie dei pirati. È dotata anche di un ponte levatoio, conserva intatte le sue caratteristiche
originali, che ne fanno un piccolo gioiello di architettura militare che ci rimanda l’eco di tempi
lontani».
http://www.letorrisaracene.it/alto-jonio-cosa-vedere.html
VACCARIZZO ALBANESE (palazzo Cumano)
«Palazzo Cumano fu costruito nel 1764 da Salvatore Cumano come sua residenza. Dato alle
fiamme dalle orde del Cardinale Ruffo nell’anno 1799, il palazzo fu ricostruito nel 1855 dai suoi
nipoti, Alessandro e Domenico Cumano, come ricorda la lapide in marmo apposta al suo ingresso.
Nel 1908 una parte di Palazzo Cumano venne acquistata dall’Amministrazione Comunale
dell’epoca e fu sede municipale fino al 1985. Sulla facciata principale di questo palazzo vi è la
lapide commemorativa di Pasquale Scura, apposta nel 1911 in occasione del cinquantenario dell’
unificazione del Regno d’Italia. La lapide, finanziata dai Vaccarizzioti emigrati negli Stati Uniti, reca
un’ iscrizione dettata da Federico Verdinois».
http://vaccarizzoalbanese.asmenet.it/index.php?action=index&p=85
VERBICARO (borgo, palazzo baronale)
«Il nome del paese è di origine incerta per le varianti etimologiche. In origine Aprustum Vergae,
poi Vervicarium nel Medioevo ed in seguito anche Berbicaro. La configurazione urbanistica del
primo centro storico, un agglomerato di modeste casupole, costruite a strapiombo sulla roccia, fa
ritenere che il paese sia sorto in epoca medievale-barbarica. Inizialmente Verbicaro fu un castello
che si estendeva dal palazzo antico baronale verso il Piano fino Buonifanti, era circondato da
grosse e alte mura dove vi erano tre portoni di entrata che la sera venivano chiusi. Buonifanti, il
primo nucleo abitato, è sorto in funzione difensiva, quando le popolazioni per proteggersi dalle
incursioni dei Saraceni, erano costrette a ritirarsi nell'entroterra in luoghi più sicuri. Buonifanti
deriva con molte probabilità dall'insediamento di alcuni monaci che vi fondarono il monastero dei
"tre fanciulli" (Boni infantes). Nel Medio Evo, Verbicaro appartenne a diversi feudatari. Ai
Cavalcanti si deve, nel '700, la costruzione del Palazzo baronale nuovo, sulla pianta dell'antico
castello. Con l'unità d'Italia Verbicaro divenne comune autonomo e capoluogo di Mandamento».
http://www.
VILLAPIANA (palazzi, porta dei Santi)
«Palazzo del Principe. Fatto costruire dai Sanseverino appartenne poi, per lungo tempo, alla
famiglia Bellosguardo Pignatelli. Presenta una facciata con strutture lapidee intagliate nella quale
si apre un ampio portale ad arco ribassato. All'interno ha un androne con volta a crociera che
ospita il piano nobiliare nel quale resistono ancora alcune antiche stanze in stile rinascimentale.
Palazzo Gentile. Si trova nel cuore del centro abitato. È un antico palazzo signorile che si eleva su
due livelli l'ultimo dei quali corredato da una lunga fila di balconi con ringhiere in ferro battuto. Il
portale principale è in pietra, ad arco, fiancheggiato da sottili lesene dotate di capitello decorativo.
All'interno si apre un ampio cortile che ospita una scala in pietra che conduce al piano superiore.
Palazzo La Regina. È del 1600; conserva bifore ed un portale con stemma gentilizio raffigurante
un gallo (appartenente ai Pinelli).
Porta dei Santi. Rustico grande porta ad arco, larga 3 metri ed alta 4 (costruita in pietra, in mattoni
e malta) attraverso la quale si accede in un atrio a cielo aperto che, a sua volta, con altre due
porte ad archi immette nei vicoli che si diramano nell'antico casale, detto Pizzo di Vascio. L'atrio
interno, a forma di cripta, è sostenuto da grossi travi lignee. Il grande spessore delle mura
dimostra che faceva parte della fortificazione di difesa del casale cresciuto attorno alla chiesa. Si
notano ancora oggi, all'interno della porta, due grossi buchi laterali che servivano per sprangarla
con una grossa trave per traverso allo scopo di difendere gli abitanti dagli attacchi dei Saraceni».
http://www.comune.villapiana.cs.it/
VILLAPIANA (resti del castello Sanseverino)
«Fondato nel Trecento in seguito alla ricostruzione di tutto l'abitato dopo le incursioni saracene,
appartenne a diversi signori, tra i quali i Sanseverino e i Pignatelli di Monteleone. Nel XVI secolo
subì notevoli rimaneggiamenti. Oggi ne rimangono solo alcuni ruderi delle mura merlate, di un
cinquecentesco torrione a pianta cilindrica, messo a rinforzo della cortina esterna, e di una torre a
pianta quadrata. Si intravedono inoltre alcune finestre e feritoie in tufo. Il rudere del castello
domina la piana sottostante (piana di Sibari) e il mare Ionio. Racchiuso nelle sue antiche mura su
piazza Dante, la piazza principale del paese, attorniata da vecchi palazzi, negozi, vie, piazzette,
alberi e fontane. Il tutto offre ai visitatori un quadro pittoresco dove il passato si mescola al
presente. Dopo decenni di abbandono e di incuria sono iniziati i lavori di restauro e messa in
sicurezza del maniero. L’erosione degli eventi atmosferici e l’incuria umana lo avevano ridotto in
uno stato di totale degrado, tanto che il suo torrione era diventato un pericolo pubblico a danno
delle persone che giornalmente transitano sotto le sue mura. A prendere l’iniziativa è stata
l’Amministrazione Comunale in carica che, mediante un’Ordinanza a firma del sindaco Luigi Bria,
ha intimato ai proprietari di prendere le iniziative più opportune ed urgenti per scongiurare rischi
all’incolumità pubblica. I lavori di restauro, iniziati di recente, interessano prioritariamente la parte
esterna del Castello. Poi saranno estesi alle altre parti dell’antico manufatto. Il Castello, che
rimane di proprietà privata, fa parte della lunga serie di castelli e di torri di guardia di cui almeno tre
nel solo comune di Villapiana: Torre Cerchiara, Torre Tripaoli e Torre Saracena. Una volta
restaurato e riportato alla sua antica possanza, il Castello potrà rappresentare un invidiabile
biglietto da visita per i visitatori e per i turisti che d’estate affollano le spiagge sabbiose e assolate
di Villapiana Lido e Villapiana Scalo».
http://castelliere.blogspot.it/2011/06/il-castello-di-giovedi-9-giugno.html
VILLAPIANA (ruderi del castello Tripaola)
«Il castello si trova nella zona di San Vito, tra gli uliveti di Plataci e Villapiana. Guarda dall’alto la
pianura di Sibari, il mare, i casolari sottostanti, i boschi, il Satanasso. Fu residenza estiva del
ultimo feudatario della città di Casalinovo, il quale amava, nel periodo estivo con la famiglia e d i
suoi gendarmi fedeli, trascorrere le vacanze. La zona si presenta ancora oggi, circondata dalla
natura tra alture, ruscelli e casette rurali che rendono il soggiorno estivo fresco e piacevole».
http://www.lapanoramicavillapiana.it/villapiana_centro.html
VILLAPIANA SCALO (torre di guardia Cerchiara)
«È ubicata a Villapiana Scalo che fa parte integrante del comune di Villapiana. Fu baluardo di
difesa e centro doganale. Oggi è diventato monumento privato per assenza dello Stato e del
Comune».
http://www.lapanoramicavillapiana.it/villapiana_centro.html
ZUMPANO (borgo, palazzo Ritacco)
«Le prime notizie storiche certe si hanno con l'invasione araba di Abulcassino nel 977 d.C. quando
molti cosentini fuggirono e si sistemarono stabilmente fondando l'odierna Zumpano. L'arrivo dei
Normanni nelle terre del Sud nel 1059 d.C. contrastò efficacemente gli attacchi arabi ed essi
assunsero in questo modo il controllo completo dell'intero territorio della valle del Crati. I Normanni
cercarono di sviluppare sul territorio un efficace sistema di protezione e di controllo, realizzando
castelli e torri lungo l'intero corso del fiume. Il loro scopo consisteva nel realizzare una struttura
difensiva con postazioni indipendenti l'una dall'altra, ma comunicanti fra di loro. In questo periodo
viene costruita la torre di Zumpano. Tuttora lo stemma del comune raffigura una torre con alla
base due leoni, simboli della forza normanna, rivolti uno verso destra e l'altro verso sinistra.
Secondo la tradizione popolare i due leoni rappresentano le frazioni di Motta e di Rovella, a difesa
del centro raffigurato dalla torre. Nella parte superiore è raffigurata, a forma di corona, che ne
identifica l'origine regale, una cinta muraria che indica l'appartenenza di Zumpano alla rete
difensiva di torri e castelli voluti dai Normanni. Sotto l'effigie si intrecciano un ramoscello d'ulivo ed
uno di quercia: l'ulivo è simbolo di pace e la quercia rappresenta la forza, il coraggio, la dignità e la
perseveranza. La presenza normanna a Zumpano è avvalorata dall'avere in San Giorgio il proprio
santo protettore. Nel Medioevo la lotta di San Giorgio contro il drago divenne il simbolo della lotta
del bene contro il male e per questo il mondo della cavalleria normanna vi vide incarnati i propri
ideali. ... Uno dei più illustri personaggi di Zumpano fu Angelo Ritacca, che vi fondò una delle
prime Vendite Carbonare della provincia di Cosenza. ... Palazzo Ritacca-Valentini si trova nella
piazza antistante la chiesa di San Giorgio Martire ed è attualmente la sede del Comune di
Zumpano. La costruzione attuale differisce notevolmente da quella originaria essendo stato il
palazzo rimaneggiato più volte ed avendo subito danneggiamenti in seguito ai numerosi terremoti
che nei tempi hanno colpito la nostra regione (molti edifici andarono in rovina nel terremoto del
1184, assai funesto per Cosenza ed in quello catastrofico del 27-28 marzo e dell'8 giugno 1638).
Da alcuni elementi architettonici e strutturali si può far risalire l'epoca dell'edificio intorno all'anno
1000. Sorto su precedenti fondazioni conserva tracce della primitiva struttura nell'attuale sala
polifunzionale e nel sottoportico che collegava il palazzo ad un vicoletto dell'odierna via Roma.
Solo intorno al XV secolo venne eretto il primo piano con un ordine di finestre ad arco ancora
visibile sulla muratura prospiciente via Roma, cominciando ad assumere la conformazione di
"palazzo". Nel secolo XVII si aggiunse il secondo piano e nel XVIII secolo, secondo la tradizione
popolare, un terzo piano attualmente non più esistente. ...».
http://it.wikipedia.org/wiki/Zumpano