Lava, cenere e terremoti - Provincia Regionale di Catania

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Lava, cenere e terremoti - Provincia Regionale di Catania
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EMERGENZA ETNA
Lava, cenere e terremoti
opo il risveglio, a fine ottobre, l’Etna continua ad
essere protagonista, ponendosi alla ribalta delle
cronache locali e non solo.
Già, perché come accade da qualche tempo a
questa parte, le scorribande del nostro vulcano
riescono a calamitare anche l’attenzione della
stampa e delle tv di mezzo mondo, attirate
dallo spettacolo drammatico e, come sempre,
suggestivo che l’evento porta con se.
Questa volta però la stessa frenetica attività eruttiva non si è limitata alla “semplice” e
pur sempre minacciosa fuoriuscita di magma.
No, questa volta la “Montagna” ha voluto far
sentire tutta la sua forza proponendo tutto il
proprio repertorio: fontane di lava, boati,
abbondanti nevicate di cenere, scosse di terremoto più o meno violente.
Dallo scorso 27 ottobre l’Etna ha dato
vita ad una doppia fase eruttiva: una, quella sul
versante sud, alimentata da un vero e proprio
serbatoio profondo ed indipendente da quello
centrale; l’altra, quello sul fianco nord, ha interessato il condotto del cratere nord-est andando a distruggere Piano Provenzana ed arrestando la propria marcia dopo appena una settimana. A continuare è, al momento, il sistema
D
Tra pause
e accelerazioni
prosegue l’attività
del nostro vulcano e
con essa aumentano
disagi, danni e paura
secondario che sta producendo una classica
attività eccentrica caratterizzata da forti esplosioni e colate laviche.
E’ curioso come l’emergenza si sia spostata gradualmente, per longitudine, da est
verso ovest, minacciando dapprima
Linguaglossa, poi Nicolosi, poi ancora facendo
scattare l’allarme tra i boschi della Milia.
A Nicolosi il Rifugio Sapienza torna ad
essere preda prediletta della colata. Lì, dove,
appena qualche mese prima, i piloni della funivia erano stati letteralmente inghiottiti dal flusso magmatico e dove si lavorò giorno e notte
per evitare una catastrofe dalle proporzioni ben
peggiori.
Si rivivono scene già viste e vissute un
anno addietro con le ruspe al lavoro nel disperato tentativo di arginare e deviare la discesa
della lava. La Strada provinciale 92, quella che
da Nicolosi porta al versante sud orientale del
vulcano, diviene anch’essa, inevitabilmente,
mira del passaggio del braccio lavico in questione. Dall’estate del 2001 ad oggi sono stati
aperti ben cinque cantieri, finanziati dalla
Provincia regionale di Catania, per la ricostruzione della stessa SP 92, parzialmente distrutta proprio in occasione dell’eruzione dello
scorso anno. Ma c’è, inoltre, da salvaguardare
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un intero settore di cui sono protagonisti gli
operatori economici che da decenni portano
avanti la propria attività a 2000 metri d’altezza.
Ancora una volta è Vanni Calì, responsabile della Protezione civile della Provincia
Regionale di Catania, a predisporre il piano di
sbarramento all’avanzata della lava. Gli argini
tengono ed alla fine la colata termina per essere scarsamente alimentata; il Rifugio Sapienza
può tirare un sospiro di sollievo ma lo stato di
allerta permane. Perché gli eventi tendono a
mutare, fatalmente, da un momento all’altro.
La prova di quanto detto è rappresentata
dal fronte lavico che fuoriesce dalla bocca di
quota 2750 metri. A rischiare di essere distrutto è un patrimonio boschivo di altissimo valore e che si estende tra i comuni di Biancavilla e
Ragalna. Qui vi sono alcune specie di piante
che attecchiscono solo alle quote più alte. I
pini larici sono quelli che contano più esemplari devastati. Tutta la zona viene costantemente monitorata nonostante un nemico in
più: il maltempo che di certo non aiuta.
Frattanto scoppia, inesorabile, la polemica. Il Governo nazionale decide, a tutt’oggi, di
non includere la città di Catania tra i comuni a
cui verrà sospeso il pagamento dei tributi che
lo stesso esecutivo aveva prima previsto ed poi
negato. E’ una doccia fredda perché parte dell’economia, soprattutto agrumicola, è in ginocchio e rischia il tracollo. La cenere che da settimane continua incessante a cadere, danneggia
in modo irrimediabile i frutti sugli alberi non
ancora giunti a maturazione.
Ma anche il normale vivere quotidiano
non è più lo stesso: diventa impossibile stendere i panni appena lavati, le strade sono meno
sicure a causa dell’asfalto reso viscido dalla
cenere, camminare a piedi senza una mascherina che protegga le vie respiratorie diventa
quasi un azzardo. A farne le spese è anche il
normale traffico aereo dell’aeroporto di
Fontarossa costretto a lavorare a singhiozzo
con partenze e scali dirottati verso Palermo e
Reggio Calabria.
Ci si è chiesti se l’Etna stia cambiando; se
non stia diventando più cattivo. Inutile, davvero, creare una sorta di psicosi. Gli esperti ci
dicono che in realtà fenomeni analoghi a questa eruzione sono accaduti in un passato
recente. Anche se, forse, quella che maggiormente ricalca le caratteristiche di quest’ultima
è quella del 1763 quando pure in quel frangente una enorme nube avvolse tutto il catanese di
uno spesso strato di cenere.
Tutto normale, dunque, nulla di nuovo;
insomma, si scopre che la “Montagna” è sempre stata così.
Semmai c’è da augurarsi che l’attività
eruttiva non continui ancora per molto. Perché
c’è subito da rimboccarsi le maniche e dare il
via a quell’opera di ricostruzione, comunque
già cominciata, che consenta di rimediare ai
danni finora causati da quest’eruzione di fine
2002. Come in tal senso ha lasciato intendere,
senza troppi giri di parole, il presidente Nello
Musumeci: “Non ho alcun dubbio; ripeteremo
il miracolo a cui abbiamo dato vita immediatamente dopo la fine della scorsa eruzione”.
Anthony Distefano