Voltaire Trattato sulla tolleranza 1763

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Voltaire Trattato sulla tolleranza 1763
Filosofia
Voltaire
Trattato sulla tolleranza
1763
PERCHÉ LEGGERE QUESTO LIBRO
Voltaire è un pensatore e uno scrittore brillante, capace di esporre il suo pensiero in
modo limpido e ironico, e di dare il meglio di sé quando si batte per una causa che
ritiene giusta o contro quello che gli appare un torto. È il caso del Trattato sulla
tolleranza, scritto nel 1763 sull’onda di un fatto di cronaca, per opporsi a un processo
farsesco e a una condanna ingiusta, dettati dal fanatismo religioso e dall’intolleranza. Da
illuminista quale è, non c’è nulla che Voltaire detesti più del fanatismo, che spegne la
ragione e porta a commettere gli atti più sconsiderati. Il fatto di cronaca si fa allora
occasione per allargare il discorso e perorare la causa della tolleranza e della ragione
contro ogni fanatismo. Voltaire sostiene che non tutto ciò che possiamo considerare
errore vada trasformato in un crimine. La tolleranza è ciò che rende possibile la
convivenza fra le persone e le religioni più diverse, anche se ciascuno crede che gli altri
sbaglino. La tolleranza è la possibilità di appartenere tutti alla stessa comunità politica e
civile, e nello stesso tempo avere appartenenze diverse, e fare ciascuno liberamente a
modo proprio, lasciandosi in pace vicendevolmente.
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PUNTI CHIAVE

Jean Calas fu accusato e condannato ingiustamente a causa del fanatismo e
dell’intolleranza

Il fanatismo e l’intolleranza sono il contrario della ragione e possono spingere ad
atti abominevoli

La tolleranza fra religioni e sette diverse è necessaria alla convivenza civile

Non tutto ciò che si ritiene sbagliato nella condotta o nel pensiero altrui deve
essere reso un crimine

Ogni religione dovrebbe essere ammessa sotto una stessa legge che vieti solo i
crimini veri e propri

La molteplicità delle religioni e delle sette è un antidoto al fanatismo e favorisce
la pace

Solo Dio può giudicare in materia di religione e condannare alla dannazione

Per essere davvero dei buoni cristiani bisognerebbe amare e soccorrere, non
odiare e perseguitare
RIASSUNTO
Breve storia della morte di Jean Calas
Jean Calas, commerciante ugonotto di Tolosa, viene arrestato nel 1762 e poi condannato
a morte con l’accusa di avere ucciso suo figlio Marc-Antoine, perché questi voleva
convertirsi al cattolicesimo. La sentenza viene eseguita in modo particolarmente
raccapricciante: da prima gli vengono spezzati gli arti con la ruota e poi, dopo averlo
lasciato alcune ore in agonia, viene strangolato e infine il corpo viene bruciato.
La famiglia si trovava a cena, c’erano il padre, la madre, i figli, la governante e un amico
di famiglia di nome Lavaisse. A un certo punto il padre fece per accompagnare alla porta
Lavaisse, ma al pian terreno trovarono il figlio impiccato. Usciti gridando, chiesero aiuto
e chiamarono la polizia
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Il popolo si raduna sentendo cosa accade, e non si sa bene chi inizia a gridare che
l’assassino è Jean Calas, e che la ragione è nella conversione al cattolicesimo del figlio.
Tutti subito credono a questa falsa accusa e la storia inventata di sana pianta, passando
di bocca in bocca, cresce e acquista particolari. Ci si immagina persino che la comunità
ugonotta abbia emesso una sentenza di morte per impedire la conversione, che Lavaisse
fosse venuto apposta a dare man forte per l’omicidio. In poco tempo Jean Calas è un
mostro e Marc-Antoine un santo. Il morto viene portato in chiesa, una confraternita di
penitenti celebra una solenne funzione per lui.
Il processo si svolge fuori da ogni procedura legale e da ogni logica, senza prove, e sulla
base di accuse del tutto inverosimili. Fin dall’inizio ad accusare Jean Calas sono solo voci
di popolo e dicerie. E tutto quel che si sa sembra contraddirle. Il padre andava d’accordo
col figlio nonostante questi non fosse protestante. Era persona mite e anche anziana.
Aveva una governante cattolica, la quale era assieme alla famiglia nel momento del
fatto. Ma ciò nonostante i giudici sentenziano la pena di morte.
Il fanatismo è assurdo, spezza tutti i legami sociali e umani, fa compiere atti del tutto
irrazionali, perverte l’uomo e lo spinge a compiere crimini e ingiustizie. In un caso un
caso tremendamente grave come quello in esame e con la pena di morte in gioco, si
sarebbero dovute pretendere prove chiare ed evidenti. Invece si emise una sentenza in
assenza di prove per via del fanatismo religioso che si era impossessato degli animi.
Contro ogni evidenza, ogni logica e ogni plausibilità e veridicità, fu condannato il padre
soltanto, che sessantottenne, dalle gambe deboli, mai avrebbe potuto strangolare, senza
nemmeno una lotta o un grido, il figlio di ventotto anni, sano e particolarmente robusto.
Dopo la condanna del padre gli altri vengono liberati, solo il secondo figlio fu messo al
bando, e le sorelle mandate in convento. La madre allora si lasciò convincere ad andare
a Parigi per appellarsi al trono. Parigi e l’Europa si commossero e chiesero pietà per lei.
Celebri avvocati intervennero in suo soccorso e stesero memorie gratuitamente. Le figlie
restituite alla madre.
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La tolleranza
Secondo alcuni la tolleranza è pericolosa, essere tolleranti con gli eretici porterebbe a
guerre di religione come già ve ne furono in tempi passati. Ma se in passato vi sono stati
scontri non è detto si debbano ripetere oggi, che molte condizioni sono cambiate, a
partire dalla diffusione di nuove idee e nuovi libri. Inoltre ad osservare gli scontri, le
guerre, gli stermini e le persecuzioni dovute all’intolleranza – ad esempio contro i valdesi
e gli ugonotti – c’è da dubitare la tolleranza avrebbe mai potuto produrre calamità simili.
Già in molti altri Stati come Olanda, Germania, Inghilterra, che pure nel passato hanno
conosciuto il fanatismo e i suoi spargimenti di sangue, le più diverse religioni e sette
religiose convivono: cattolici, ebrei, musulmani, luterani, calvinisti, anabattisti, sociniani
e molti altri ancora.
Le nuove idee, la nuova filosofia illuminista, sta battendo la superstizione, il mondo si
risveglia e ritrovata la ragione si stupisce di ciò che ha potuto compiere: molti orrori
commessi in passato nel nome della religione, male intesa, non possono più accadere.
Nella stessa Francia la provincia di Alsazia è luterana eppure non vi sono liti o disordini di
alcun tipo.
Non solo questo accade in Europa, ma in nei territori dell’Impero turco il Gran Sultano
governa molti popoli di religioni diversi, accetta un patriarca greco e uno latino, nomina i
vescovi, consente la presenza e la vita di molte sette diverse. Anche Pietro il Grande in
Russia ha applicato questa idea e ha favorito tutti i culti nel suo dominio: ne hanno
giovato i commerci e l’agricoltura.
E in tutti questi paesi la tolleranza non genera alcuna rivolta, anzi sembra proprio che
assicuri la pace. Non solo, ma si rivela anche un fattore di benessere economico, che
favorisce la crescita del commercio.
Anche in Cina la tolleranza è la norma, nonostante la cacciata dei gesuiti. I quali non
sono stati cacciati per intolleranza dei cinesi, ma perché intolleranti e intriganti loro
stessi. E anche in Giappone, dove si contavano dodici religioni praticate pacificamente, la
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repressione sanguinaria verso i cristiani fu in realtà dovuta al fatto che i
tredicesimi arrivati, i gesuiti, non volevano tollerare nessun’altra religione.
Anche
adottando uno sguardo non centrato esclusivamente sull’Europa e sul
cristianesimo, e guardando a cosa avviene nei territori turchi, cinesi, giapponesi, russi,
non si trovano che conferme al fatto che la tolleranza sia felicemente praticata fin
dall’antichità, senza causare problemi e anzi con grandi vantaggi, in primis per la pace
sociale.
Dall’altra parte del mondo in America, sotto l’egida di Locke la tolleranza è estrema:
bastano sette padri di famiglia per stabilire un culto approvato dalla legge, e tutta questa
tolleranza non ha fatto nascere alcun disordine.
Quando sono presenti molte sette ciascuna di esse è più debole, la molteplicità le tiene
sotto controllo. Tutte insieme possono poi essere regolate dalla legge, per evitare
disordini, tumulti, sedizioni. Le leggi più dolci e benevole sono quelle più rispettate,
perché vengono rispettate spontaneamente, anziché fatte valere con la forza. Esse sono
una barriera a che le sette commettano crimini, così come lo è il senso del ridicolo che
nei tempi odierni colpisce il fanatismo.
Guardando alla nostra storia, non sono poche le follie che una volta si usava
scomunicare e che oggi non ci preoccupano più. Oggi se qualcuno riesumasse tali follie
susciterebbe soltanto il riso e ridere del fanatismo è una potente barriera contro le
stravaganze di tutti i settari.
Dal lato opposto l’intolleranza può vantare molti insuccessi, guerre, eccidi, massacri e
crimini di ogni specie. Si pensi per esempio all’emanazione della bolla Unigenitus da
parte di Clemente XI nel 1713 e alle conseguenze che ebbe, colpendo i giansenisti e
venendo rifiutata dai vescovi parigini.
L’intolleranza è incompatibile col diritto naturale, infatti per il diritto naturale vige la
massima “non fare quello che non vorresti fosse fatto a te”, e l’intolleranza è
incompatibile con questa regola. Se chiunque avesse il diritto di essere intollerante
ognuno potrebbe aggredire chi non crede ciò che lui vuole che creda.
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Storia della tolleranza
Nell’antichità la tolleranza era ben conosciuta. Anche se un popolo aveva i propri dei e il
proprio culto, spesso adorava e pregava anche gli dei altrui. Per esempio quando si
combatteva contro qualcuno si facevano riti e sacrifici anche ai suoi dei per propiziarseli.
Inoltre si ammettevano un numero molto vario di divinità inferiori sotto la divinità
suprema, così che ce ne fossero “per tutti i gusti”.
I Greci tolleravano una pluralità di idee di tutti i tipi, e avevano persino altari per gli dei
che non conoscevano. Anche tra gli antichi romani da Romolo fino ai cristiani nessuno fu
perseguitato per le sue idee, neanche coloro che dubitarono di ogni cosa, come
Cicerone, o negarono completamente la religione, come Lucrezio. Tutti i culti erano
tollerati. A Roma si trovava un tempio egizio e diverse sinagoghe.
I cristiani furono sì fatti oggetto di alcune violenze, ma non da subito. I primi cristiani
ebbero come nemici gli ebrei e non i romani. Furono gli ebrei a perseguitarli,
chiedendone la condanna e l’uccisione ai tribunali romani o aggredendoli in prima
persona. Ciò è comprensibile se si pensa che il cristianesimo deriva dall’ebraismo.
Anche quando i romani se la presero effettivamente con i cristiani, non furono mossi da
intolleranza o da motivi religiosi. Le accuse ai romani sono false calunnie, i cristiani che
subirono condanne le subirono per motivi diversi, spesso dovuti alla ragion di stato.
Molti racconti sono poco attendibili e molte fonti smentiscono la persecuzione. È vero
che vi furono dei martiri, ma furono dovuti ad atti ritenuti criminali al di là della
religione, come rifiutarsi di pagare le tasse, o come causare scontri e tumulti.
Nessuna di queste antiche persecuzioni è paragonabile a quello che si è fatto ai tempi
contemporanei ad eretici, come valdesi e albigesi. Essi sono stati bruciati e sgozzati in
massa senza distinzioni d’età o di sesso. Moltissime persone sono state mandate alla
forza o bruciate con processi sommari e motivazioni ridicole. Quando c’è di mezzo la
religione, gli uomini spesso non ragionano più. Si pensi anche alla notte di San
Bartolomeo e non si troverà nulla di paragonabile nell’antichità. Sono i cristiani ad aver
fatto peggio di tutti.
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Se dovessimo considerare un crimine non credere alla religione dominante allora
dovremmo anche giustificare la messa a morte dei primi cristiani. Invece ogni cittadino
deve poter seguire la propria ragione e la propria coscienza purché nel farlo non turbi
l’ordine.
Sebbene vi siano molti passaggi contraddittori, anche nel Vecchio Testamento si trovano
tracce di tolleranza per dei stranieri e idolatri. Anche figure importanti di saggie
patriarchi come Noè o Salomone non sembrano rispettare l’ortodossia così alla lettera o
essere intolleranti. Sono molte le eccezioni, ad esempio i rapporti con infedeli, riportati
nella Bibbia senza che vi fosse scandalo. Persino gli ebrei, pur essendo un popolo
disprezzabile sotto mille aspetti, ammettevano e praticavano una grande tolleranza.
Provato che fra gli ebrei e nel Vecchio Testamento la tolleranza era normale, resta da
esaminare il Nuovo Testamento e la parola di Cristo. Vi sono alcuni passi dei Vangeli
normalmente interpretati come a favore dell’intolleranza e della violenza contro gli
eretici. Ma sono tutti interpretati in modo fazioso e poco credibile, a esaminarli in modo
accurato neppure questi passi possono essere coerentemente presi a fondamento
dell’intolleranza. Si tratta di allegorie, di brani da interpretare, che spesso riguardano il
regno dei cieli e non descrivono comportamenti da tenere letteralmente nella vita
terrena. Non c’è nessun rapporto fa questi brani e la persecuzione. Se ne conclude che
l’intolleranza si fonda su motivi futili, falsità, e pretesti.
Per assomigliare davvero a Cristo bisogna seguire la via del martirio non farsi carnefici: il
suo insegnamento è il contrario dell’intolleranza. Innumerevoli testimonianze contro
l’intolleranza ci giungono, come prova ulteriore, da moltissimi santi riconosciuti tali dalla
Chiesa. E l’indulgenza è un dovere sacro insegnato nei catechismi, nei sermoni, nelle
opere di morale.
Tutti gli uomini sono fratelli
La sola intolleranza che sembra ragionevole è quella contro il fanatismo. Ed essa non è in
realtà legata alla persecuzione di una particolare opinione religiosa, ma solo al
mantenimento dell’ordine e alla punizione dei normali crimini. Se questi crimini vengono
commessi da religiosi o fedeli in nome di una fede intesa e applicata in modo fanatico e
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criminale essi non devono essere tollerati. L’intolleranza non sarà allora verso i
cattolici in quanto tali, ma verso i cattolici in quanto omicidi, se essi si dimostrano tali.
La Terra è un piccolo corpo fra tanti altri corpi celesti nell’immensità dell’universo, gli
uomini sono poca cosa nella creazione, eppure si dividono in tribù e ciascuna di queste
pretende di essere la sola cara al creatore. L’uomo ha la presunzione di sostituirsi a Dio e
giudicare per lui chi merita la dannazione eterna.
Ad essere intransigenti non si dovrebbero allora avere neppure rapporti commerciali,
diplomatici, economici, con chi appartiene a una religione o a una setta diversa. Vale a
dire con moltissimi potenti regni, coi quali al contrario si mantengono normalmente
importanti rapporti, e che sono molto utili agli Stati. E sarebbe una follia fare altrimenti.
In verità esiste un Dio di tutti gli esseri, di tutti i mondi e di tutti i tempi, che vede gli
uomini dall’alto, senza dare peso a tante infinite e infinitesimali differenze che invece
agli uomini stessi paiono importantissime. Tutti gli uomini sono fratelli sotto questo Dio
e possono vivere in pace, qualsiasi sia il rito con cui lo onorano, il modo in cui si vestono
e le loro usanze.
CITAZIONI RILEVANTI
La filosofia è l’antidoto al fanatismo
“La filosofia, la sola filosofia, questa sorella della religione, ha disarmato mani che la
superstizione aveva così a lungo insanguinato; e lo spirito umano, destatosi dalla sua
ebbrezza, si è stupito degli eccessi a cui l’aveva trascinato il fanatismo.” (p. 52)
La presenza di tante sette diverse è utile alla pace
“Quante più sono le sette, tanto meno ognuna di esse è pericolosa; la molteplicità le
indebolisce; tutte sono regolate da giuste leggi che vietano le assemblee tumultuose, le
ingiurie, le sedizioni, e che rimangono sempre in vigore con la forza della coazione.” (p.
57)
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Gli antichi ci insegnano la tolleranza
“Posso sbagliarmi, ma mi sembra che di tutti gli antichi popoli civili, nessuno abbia
impedito la libertà di pensiero. Tutti avevano una religione; ma mi sembra che si
comportassero con gli uomini come con i loro dei: riconoscevamo tutti un dio supremo,
ma gli associavano un numero prodigioso di divinità inferiori; non avevano che un culto,
ma permettevano un gran numero di sistemi particolari.” (p. 63)
Si deve permettere a ogni cittadino di credere nella propria ragione
“Sarà permesso a ogni cittadino di non credere che alla propria ragione, e di pensare ciò
che questa ragione illuminata o ingannata che sia gli detterà? Certamente, a condizione
che non turbi l’ordine: perché credere o non credere non dipende dall’uomo, ma
dipende da lui rispettare gli usi della patria; e se voi diceste che è un crimine non credere
nella religione dominante, voi stessi accusereste anche i primi cristiani vostri padri, e
giustifichereste coloro che accusate di averli mandati al supplizio.” (p. 88)
Non tutti gli errori devono essere trattati come crimini
“Perché un governo non abbia il diritto di punire gli errori degli uomini è necessario che
questi errori non siano delitti; essi non sono delitti se non quando turbano la società:
turbano la società, non appena ispirano il fanatismo; bisogna dunque che gli uomini
comincino con non essere fanatici per meritare la tolleranza” (p. 131)
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L’AUTORE
Voltaire (Parigi, 1694 – Parigi, 1778), il cui vero nome era François-Marie Arouet, fu uno
scrittore e un drammaturgo, ma soprattutto un grande filosofo illuminista e un arguto
polemista. Costretto a lasciare la Francia (1726), per i contrasti con alcune potenti
famiglie, passò tre anni in Inghilterra. Fu qui, che avendo modo di vedere un paese più
libero e moderno e di conoscere personaggi come Swift, Pope e Berkeley, maturò le
proprie idee illuministe. Da questo momento, preso il soprannome di Voltaire, diventerà
la figura che tutti conoscono: il grande polemista, il nemico giurato del fanatismo e della
superstizione, l’animatore del movimento illuminista, l’acceso anticlericale, il consigliere
di Federico II di Prussia, l’enciclopedista, il filosofo conosciuto, ammirato e acclamato in
tutta Europa. Morì infine a Parigi, forse di cancro alla prostata e, leggenda vuole,
respingendo fino all’ultimo il prete che lo avvicinava.
NOTA BIBLIOGRAFICA
Voltaire, Trattato sulla tolleranza, Feltrinelli, Milano, 2014, prefazione di Salvatore Veca,
traduzione e cura di Lorenzo Bianchi.
Altre edizioni: Giunti, Firenze, 2007, a cura di Glauca Michelini; Utet, Torino, 2006, a cura
di Riccardo Fubini; Editori Riuniti, Roma, 2005, a cura di Palmiro Togliatti.
Titolo originale: Traité sur la Tolérance
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