pagina 3 - Genetica e Immunologia Pediatrica

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pagina 3 - Genetica e Immunologia Pediatrica
Rivista Italiana di Genetica e Immunologia Pediatrica - Italian Journal of Genetic and Pediatric Immunology
Anno I numero 3 - ottobre 2009 | direttore scientifico: Carmelo Salpietro - direttore responsabile: Giuseppe Micali
Malattie renali cistiche ereditarie
Hereditary cystic kidney diseases
Giovanni Conti, Roberto Chimenz, Lorena Silipigni, Valeria Chirico, Agata Vitale, Carmelo Fede
UO Nefrologia Pediatrica con Dialisi, AOU Policlinico “G. Martino”, Università di Messina, Italia
Abstract
Inherited renal cystic diseases are an important set of single gene disorders
that frequently progress to end stage renal disease (ESRD). Transmitted as
autosomal dominant or autosomal recessive, renal cystic diseases are
phenotypically different with respect to age at onset, rate of disease
progression, and associated extra renal manifestations. This review provides a
clinical and genetic overview of inherited renal cystic disease more frequent in
childhood.
Riassunto
Le malattie cistiche renali ereditarie sono un importante scenario di singoli
disordini genetici che frequentemente progrediscono verso l’insufficienza
renale terminale (IRT). Trasmesse in maniera autosomica dominante o
recessiva, le malattie cistiche renali sono fenotipicamente diverse per quanto
riguarda l’età di esordio, la velocità di progressione della malattia e la
possibile associazione con manifestazioni cliniche extra-renali.
Questa review fornisce una visione generale, clinica e genetica, delle malattie
cistiche renali ereditarie di più frequente riscontro in età pediatrica.
Introduzione
Il gruppo delle malattie renali cistiche ereditarie è composito ed eterogeneo. Sono
diverse le modalità di trasmissione, e le manifestazioni cliniche possono essere
confinate al rene oppure coinvolgere altri organi e apparati. Inoltre possono
presentarsi in un ampio range di età, dal periodo perinatale fino ai 70 anni.
Mentre lo sviluppo di cisti ripiene di liquido ed il progressivo danneggiamento della
funzione renale sono caratteristiche comuni, le malattie cistiche renali ereditarie si
distinguono per la diversa età di insorgenza, la differente velocità di progressione
della malattia renale ed un diverso coinvolgimento di organi extra-renali.
Ormai, le modalità di trasmissione di queste malattie è ben conosciuto, come pure
le caratteristiche della patologia renale. Invece solo recentemente, è stato
dimostrato che le cisto-proteine coinvolte nella patogenesi delle malattie cistiche
renali sono espresse nelle ciglia delle cellule tubulari renali e che mutazioni di
queste proteine provocano lo stesso tipo di malattie cistiche renali in uomini, topi ed
altre specie animali.
Il ciglio è una struttura simile ad un capello che emerge da uno dei due corpi basali
(cetrioli). Tale cigli primari differiscono da quelli mobili, presenti soprattutto
nell’epitelio respiratorio e che sono immobili. Tali cigli giocano ruoli importanti in
diverse funzioni cellulari, come nella regolazione embrionale sinistra-destra, nei
meccanismi di meccanico-sensibilità (epitelio tubulare renale), fotorecezione (epitelio
pigmentoso retinico) e chemosensibilità (neuroni dell’olfatto). Da cio deriva il fatto
che molte volte le malattie cistiche renali ereditarie sono in associazione ad altre
anomalie extra-renali.
La disfunzione del ciglio/centrosoma, pertanto, è il maggior fattore responsabile
dell’espansione tubulare e dello sviluppo delle cisti nelle malattie cistiche renali
ereditarie, prendendo così sviluppo la teoria unitaria della cistogenesi renale.
Questa review vuole fornire una panoramica sugli aspetti clinici e genetici delle
malattie cistiche renali ereditarie più frequenti in età pediatrica, come il rene
policistico autosomico dominante e recessivo e la nefronoftisi.
Malattia Policistica Autosomica Dominante
La malattia policistica autosomica dominante (ADPKD) è una delle più comuni
malattie a trasmissione dominante, con un’incidenza stimata di 1/1000. Nella
maggioranza dei casi le manifestazioni cliniche avvengono in età adulta e da ciò
deriva la denominazione di “malattia renale policistica dell’adulto”. Comunque, il
maggior uso ed il progressivo miglioramento delle indagini strumentali, in particolar
modo dell’ecografia, permettono una precoce identificazione dell’ADPKD in età
infantile ed anche in utero. Per cui anche i pediatri ed i neonatologi debbono
confrontarsi con questa malattia.
La familiarità viene dichiarata positiva solo nel 60% dei soggetti, ma recenti
casistiche ecografiche hanno dimostrato di identificare l’anomalia nel 90% delle
famiglie.
L’età in cui le cisti costituiscono malattia è tipicamente la 3^-5^ decade di vita. Il
segno clinico di sospetto è l’aumento di volume dei reni o di un rene, considerata la
possibile unilateralità delle lesioni, specie in fase precoce. La malattia può
presentarsi con ematuria, dovuta alla rottura della parete cistica, e dolore
addominale. L’ipertensione arteriosa è precoce e più frequente rispetto ad altre
nefropatie. L’insufficienza renale terminale è raggiunta nella 5^ e 6^ decade di vita,
ma alcuni studi epidemiologici hanno dimostrato che il 30% di soggetti affetti non ha
insufficienza renale terminale a 70 anni.
In età pediatrica l’ADPKD è generalmente asintomatica fino alla prima decade di
vita. Sono documentati casi di adolescenti con ipertensione, macroematuria o dolore
addominale all’esordio. L’ipertensione è il sintomo prevalente a questa età, molto
probabilmente da incrementata attività del sistema renina-angiotensina-aldosterone,
determinata dalla compressione cistica sul parenchima e la locale ischemia.
Pertanto, il regolare controllo della pressione arteriosa è importante in bambini con
riconosciuta ADPKD. Non è escluso che questi pazienti con ipertensione arteriosa in
età adolescenziale raggiungano l’insufficienza renale terminale più velocemente
rispetto alla forma usuale dell’età adulta.
Sono inoltre descritti casi di sospetta diagnosi di ADPKD in età pre-natale
confermata alla nascita. Pochissimi sono i casi letali, per lo più la maggioranza di
questi neonati sopravvive. Essi presentano più precocemente ipertensione ed
insufficienza renale.
L’ADPKD è una malattia sistemica ed il coinvolgimento clinico di molti organi può
accompagnare la nefropatia. Le manifestazioni extrarenali sono più rare nel bambino
e la loro presenza aumenta con l’aumentare dell’età. Gli aneurismi cerebrali sono
una ben nota complicanza, rilevati fino al 40% dei soggetti con le tecniche di
diagnostica per immagini. Le lesioni cardiovascolari (dilatazione aortica o
coartazione e prolasso della valvola mitrale) sono descritte nel 25% dei casi. Le
ernie inguinali sono 5 volte più frequenti rispetto alla popolazione normale. Le cisti
epatiche (30% dei casi) compaiono più tardivamente rispetto a quelle renali, così
come in altri organi.
Il gene responsabile dell’85% dei casi sul cromosoma 16 (16p13.3) è definito
PKD1. In seguito è stato identificato nel 10% dei casi un altro gene, il PKD2, sul
cromosoma 4 (4p21-p23). Vi è evidenza di un terzo gene, responsabile di un numero
ridotto di casi, ma la sua mappatura non è stata finora definita. Sebbene i tre tipi si
presentino con un identico aspetto clinico, la PKD1 è la forma più grave e più
precoce, con il più alto indice di progressione e la sopravvivenza più bassa. La
proteina codificata dal gene PKD1 è stata nominata policistina, una glicoproteina di
membrana che è probabilmente coinvolta nella regolazione delle interazioni fra
cellula e cellula, e cellula e matrice. La proteina e l’mRNA del gene PKD1 sono
espressi nel rene, polmone, fegato e altri tessuti; apparentemente diminuisce con
l’età, suggerendo un suo ruolo nello sviluppo. Il gene PKD2 codifica una proteina di
membrana, denominata policistina 2, che funziona come un canale o poro ionico e la
cui attività è regolata dalla policistina, codificata dal PKD1.
La diagnosi è possibile dalla combinazione genetica ed esame ecografico. La
presenza di almeno 2 cisti prima dei 30 anni, 2 cisti in ogni singolo rene tra i 30 e i
60 anni e 4 cisti in ogni rene dopo i 60 anni permette di accertare la diagnosi di
ADPKD.
Nella forma usuale collegata al gene PKD1, l’ecografia è capace di determinare il
60% di bambini affetti prima dei 5 anni di età e l’80% oltre questa età; mentre nella
forma collegata al gene PKD2, solo il 50% di bambini affetti erano determinabili
prima dei 15 anni; ma l’affidabilità dell’ecografia è del 100% ai 30 anni di età nelle
due forme.
Malattia Policistica Autosomica Recessiva
La malattia policistica autosomica recessiva (ARPKD) è una malattia rara con
un’incidenza approssimativa da 1/10.000 a 1/40.000. Le lesioni renali sono
caratterizzate da dilatazione dei tubuli collettori e sono sempre accompagnate da
fibrosi epatica e anomala proliferazione dei dotti biliari.
La malattia è stata distinta nel 1971 da Blyth e Ockenden in quattro entità cliniche,
definite forme perinatale, neonatale, infantile e giovanile, sulla base dell’età di
presentazione e della diversa entità di coinvolgimento renale ed epatico. L’ipotesi è
che lo stesso gene determini lesioni a livello renale ed epatico: nei casi in cui la
malattia si presenta nei più giovani vi è una predominanza delle lesioni renali,
mentre quando si presenta nei meno giovani vi è una più importante malattia
epatica.
La diagnosi è abitualmente ecografica. Addirittura l’ecografia gestazionale può
rilevare oligoidramnios, una vescica vuota, e reni aumentati di volume ed
iperecogeni con scarsa differenziazione cortico-midollare, che sono il reperto più
caratteristico nel neonato e nel bambino più piccolo. Talvolta l’ecogenicità della
midollare renale, in bambini più grandi, può dapprima suggerire una nefrocalcinosi.
L’esordio clinico varia a secondo dell’epoca di comparsa. Alcuni neonati, dato il
notevole aumento del volume dei reni ed il possibile oligoidramnios, possono
presentare problemi respiratori (ipoplasia polmonare, distress respiratorio,
atelettasie, pneumotorace) e rischio di morte. In questi neonati, spesso, la funzione
renale è molto compromessa con rapido decorso in insufficienza renale terminale.
Altri bambini possono avere una normale funzione renale durante il periodo
neonatale con progressivo deterioramento negli anni successivi. Il segno di
presentazione più comune è la presenza di masse addominali dovute all’aumento di
volume dei reni, che possono raggiungere dimensioni enormi. Occasionalmente il
bambino può presentare ematuria, proteinuria, ipertensione arteriosa o infezioni
delle vie urinarie: quest’ultima rappresenta una complicazione frequente. Dato il
coinvolgimento dei tubuli collettori, una perdita della capacità di concentrazione
urinaria con polidipsia può essere la caratteristica clinica iniziale, mentre la funzione
di acidificazione urinaria tende a danneggiarsi più tardi nel decorso della malattia.
L’insufficienza renale terminale normalmente si sviluppa prima dell’età adulta in circa
1/3 dei pazienti. Il trattamento dialitico preferito è quello peritoneale.
Occasionalmente, specialmente in bambini molto piccoli, la nefrectomia è necessaria
dato il volume dei reni che occupano lo spazio addominale, prima di intraprendere la
dialisi peritoneale.
Nel bambino più grande possono comparire i segni della fibrosi epatica;
epatomegalia, sanguinamento delle varici esofagee, trombosi portale. Abitualmente i
test di funzione epatica sono normali. Cisti epatiche sono presenti in circa il 10% dei
soggetti affetti.
Il quadro istologico renale è abbastanza caratteristico, almeno in fase iniziale.
Nell’ARPKD sono presenti numerose cisti fusiformi, che si estendono radialmente
dalla corticale alla midollare derivando dai tubuli distali e dai collettori, mentre nella
forma dominante le cisti derivano da ogni segmento del neurone.
Il gene della ARPKD è stato mappato sul braccio lungo del cromosoma 6 (6p21).
La proteina prodotta, fibrocistina è stato riscontrata nel ciglio primario e centrosoma
delle cellule epiteliali renali con il ruolo di mediare la differenziazione terminale dei
tubuli collettori. La stessa proteina regola la formazione dei dotti biliari intraepatici.
La diagnosi prenatale ecografica è possibile dalla 14^ settimana di gestazione, ma
spesso le alterazioni renali compaiono tardivamente dopo la 30^settimana. La
diagnosi precoce, tuttavia, non necessariamente predice un esito fatale. E’ possibile
effettuare diagnosi prenatale genetica in caso di anamnesi familiare positiva per
ARPKD.
Nefronoftisi
La nefronoftisi (NPH) è una malattia renale cronica che progredisce
inesorabilmente verso l’insufficienza renale terminale entro l’età adolescente e
abitualmente prima dei 25 anni. La malattia è quindi raramente osservata nell’adulto
rappresenta, pertanto, una delle più comuni cause di insufficienza renale terminale in
età pediatrica, con un’incidenza del 10-15%, ed è la terza malattia renale ereditaria
nelle casistiche pediatriche di dialisi e trapianto.
Uno dei problemi più significativi per la diagnosi precoce di questa malattia è che i
segni e i sintomi sono poco evidenti nei primi anni di vita, cosicchè pochi casi
vengono diagnosticati prima che si manifesti l’insufficienza renale. Poliuria,
polidipsia, enuresi compaiono intorno ai 6 anni e sono successivamente ma
rapidamente seguiti dalle complicanze tipiche dell’insufficienza renale, come il
ritardo staturale e/o l’anemia.
L’ecografia è il mezzo diagnostico strumentale migliore per porre un sospetto
diagnostico: nei casi in cui le cisti sono assenti sono indicative immagini di reni
iperecogeni, di dimensioni lievemente ridotte. Nel 70% dei casi sono visibili cisti di
diametro variabile da 1 a 15 mm, soprattutto alla giunzione corticomidollare e nella
midollare. Le cisti compaiono tardivamente, ma possono essere osservate anche in
fase precoce di malattia. Questa è una caratteristica che la distingue abbastanza
dalla malattia renale policistica dominante e recessiva, dove i reni sono ingranditi e
le cisti sono distribuite uniformemente.
L’esame istologico dimostra nell’interstizio infiltrazione di cellule linfoistiocitiche,
sclerosi, atrofia e dilatazione tubulare; accanto a glomeruli completamente sclerotici
si osservano glomeruli normali. Il quadro in MO è simile a quello di un’aspecifica
nefropatia tubulo interstiziale cronica, se si esclude un particolare ispessimento della
membrana tubulare. La ME conferma l’ispessimento della membrana basale dei
tubuli accompagnata da attenuazione, frammentazione e lamellazione della stessa.
La modalità di trasmissione della NPH è autosomica recessiva. Sono stati finora
identificati 6 locus genetici responsabili della nefronoftisi in maniera isolata o in
associazione ad altre anomalie extrarenali. Tuttavia, si distinguono al momento 3
differenti forme di nefronoftisi: giovanile (NPH1), infantile (NPH2), adolescenziale
(NPH3).
La Nefronoftisi giovanile, che è anche denominata nefronoftisi tipo 1 (NPH1),
costituisce la forma più frequente. Il locus del gene è localizzato al cromosoma
2q12-q13. Poliuria, polidipsia, diminuita capacità di concentrazione urinaria e
secondaria enuresi sono i sintomi di esordio nell’80% dei casi e si presentano tra i 4
e i 6 anni di età. Anemia e ritardo di crescita compaiono successivamente e sono
molto evidenti. L’ipertensione arteriosa è rara. L’insufficienza renale cronica
pre-terminale viene usualmente raggiunta in media a 13 anni.
Un secondo locus genetico (NPHP2) per la nefronoftisi è stato localizzato sul
cromosoma 9q22-q31. Questa forma di malattia è denominata nefronoftisi infantile
dovuto al suo possibile esordio prenatale, perinatale o infantile. In questa forma,
pertanto, il decorso verso l’insufficienza renale terminale è più rapido ed avviene
nella maggioranza dei casi nei primi 3 anni di vita.
Recentemente, un terzo locus genetico (NPHP3) per la nefronoftisi è stato
localizzato sul cromosoma 3q21-q22. Questa variante della malattia è denominata
nefronoftisi adolescenziale (NPH3), dato che l’esordio dell’insufficienza renale
cronica avviene circa 6 anni più tardi della forma giovanile NPH1, con
raggiungimento dell’insufficienza renale terminale in media a 19 anni.
Varie anomalie extrarenali sono state descritte in associazione alla nefronoftisi. Il
coinvolgimento di organi extrarenali è esclusivo della forma giovanile NPH1. Infatti la
nefronoftisi può avvenire in combinazione con l’aprassia motoria oculare tipo Cogan,
con la retinite pigmentosa nella sindrome Senior-Loken, con il coloboma del nervo
ottico e l’aplasia del verme cerebellare nella sindrome di Joubert, con la distrofia
toracica nella sindrome di Jeune, con alterazioni retiniche e polidattilia nella
sindrome di Bardet-Biedl, e con la fibrosi epatica isolata o in associazione alle
caratteristiche delle precedenti sindromi.
La diagnosi differenziale principale della nefronoftisi è con la malattia cistica della
midollare (MCKD). Un tempo le due malattie si ritenevano un unico complesso
nefronoftisi/malattia cistica della midollare, poiché sono istologicamente
indistinguibili. La localizzazione delle cisti è la stessa e, come nella NPH, le cisti
compaiono tardivamente. Però, la malattia cistica della midollare ha una
progressione lenta e l’insufficienza renale terminale è abitualmente raggiunta in età
adulta. Le associazioni extrarenali sono state raramente descritte. In alcune famiglie
è stata riportata presenza di iperuricemia e artrite gottosa.
La differente modalità di trasmissione, autosomica dominante per la malattia cistica
della midollare, differenzia chiaramente questa forma dalla NPH. Negli ultimi anni, un
locus genetico per la MCKD è stato localizzato sul cromosoma 1q21. In questa
forma di malattia, definita MCKD1, l’esordio dell’insufficienza renale cronica avviene
mediamente intorno ai 60 anni. Successivamente, un secondo locus genetico per la
malattia denominata MCKD2 è stato localizzato al cromosoma 16p12. In questa
variante, l’insufficienza renale cronica si sviluppa più precocemente, ad un’età media
di 32 anni.
Diagnosi precoce e prospettive terapeutiche
La diagnostica per immagini, in modo particolare la diffusione delle valutazioni
ecografiche, con il completamento di studi genetici di linkage, è certamente di aiuto
nel poter identificare i portatori di queste malattie cistiche renali ereditarie prima del
manifestarsi dei sintomi. Inoltre la ricerca e l’identificazione della malattia in fase
pre-sintomatica dà la possibilità di riconoscere e trattare precocemente le
complicanze (ipertensione, infezioni delle vie urinarie, riduzione della funzione
renale). Infatti al momento attuale non esiste un trattamento specifico.
Il rallentamento della progressione delle malattie cistiche renali ereditarie verso
l’insufficienza renale cronica è possibile con provvedimenti dietetici e controllo
dell’ipertensione. Numerosi trials sull’effetto degli ACE inibitori nel rallentamento
della progressione del danno renale sono in corso, però con risultati per ora dubbi.
Pertanto la terapia è sintomatica ed è diretta al trattamento dell’ipertensione, se
presente, alla correzione di squilibri elettrolitici e del metabolismo acido-base. Infatti
si può avere un’ipokaliemia per la poliuria che deve essere corretta con supplementi
di potassio. L’acidosi metabolica è corretta con supplementi di sodio bicarbonato, e
l’osteodistrofia e l’iperparatiroidismo secondario devono essere trattati con adeguato
apporto di calcio, restrizione o farmaci leganti fosforo e terapia con vitamina D.
L’anemia può essere corretta con l’eritropoietina ed il ritardo di crescita può
necessitare la somministrazione di ormone della crescita. Un adeguato supporto
calorico nutrizionale è necessario.
Il trattamento dialitico può essere effettuato sia con metodica dialitica peritoneale,
preferita abitualmente nei bambini molto piccoli, oppure con l’emodialisi. I risultati del
trapianto renale in bambini con malattie cistiche renali ereditarie sono buoni, senza
particolari complicanze significative rispetto ad altre patologie responsabili di
trapianto renale.
Studi sperimentali, i cui risultati non sono ancora definitivi, avrebbero dimostrato
una riduzione dell’evoluzione delle cisti mediante l’uso di inibitori del recettore
dell’Epithelial Growth Factor (EGF) e della tirosino-chinasi o del recettore della
vasopressina. Infatti recenti studi in modelli murini hanno indicato che un aumentato
accumulo cellulare di AMPc e sovraespressione del recettore V2 della vasopressina
sono caratteristiche comuni delle malattie cistiche renali.
Inoltre è stato riscontrato una riduzione del volume del fegato policistico in qualche
paziente trapianto di rene dopo terapia immunosoppressiva con rapamicina.
La terapia genica rappresenta lo sforzo culturale maggiore. E’ certamente una
strada difficile e ancora lunga, ma, almeno sperimentalmente in alcuni modelli
murini, è già una realtà, sebbene con dubbi risultati.
In conclusione le malattie cistiche renali ereditarie rappresentano un ampia
variabilità clinica ma con una possibile unitaria patogenesi. Non sono al momento
disponibili terapie specifiche. Pertanto è importante effettuare una precisa diagnosi
con un attento follow-up presso centri specialistici per eseguire la terapia più
appropriata ed evitare complicanze a lungo tempo.
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Trimestrale di divulgazione scientifica dell'Associazione Pediatrica di Immunologia e Genetica
Legge 7 marzo 2001, n. 62 - Registro della Stampa Tribunale di Messina n. 3/09 - 11 maggio 2009
Direttore scientifico Carmelo Salpietro - Direttore responsabile Giuseppe Micali - Segreteria redazione Basilia Piraino - Piera Vicchio
Direzione-Redazione: UOC Genetica e Immunologia Pediatrica - AOU Policlicnico Messina
www.geneticapediatrica.it/rigip