Una vita contro la tratta Isoke Aikpitanyi

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Una vita contro la tratta Isoke Aikpitanyi
IL PROBLEMA DI BASE: INFORMAZIONI E CONOSCENZE SULLA NIGERIA
Ogni volta che ho la possibilità di parlare davanti a studentesse e a studenti o di fronte a insegnanti,
docenti universitari, professionisti del "sociale", provo un forte imbarazzo.
Io non possiedo nessun titolo di studio valido in Italia e in Nigeria non ho completato neppure la
formazione scolastica di base, quindi sono ancora e sempre davvero solo me stessa e riprendo il
ruolo che nel mio villaggio africano aveva mio nonno, quello del narratore che preservava la storia e
la cultura e le trasmetteva oralmente.
Poter fare questo anche di fronte a scuole di ogni ordine e grado in Italia, e poterlo fare addirittura
per la formazione di insegnanti è...un onore, ma è anche una grande responsabilità.
Devo dire che mi aspetto molto dalla scuola, dagli insegnanti e dagli studenti.
Anzitutto mi aspetto la cosa basilare: che le notizie abbiano nrmale circolazione. Le notizie sul mio
paese fanno fatica ad esser diffuse o sono distorte a causa del fatto che il mio paese è molto grande e
molto ricco, soprattutto per via del petrolio e questo rende inspiegabile perchè migliaia di giovani lo
lascino in cerca di miglior fortuna.
Di questa ricchezza la popolazione non beneficia affatto e questa è la ragione basilare che spiega
perchè tante e tanti giovani decidano di emigrare, di cercare fortuna all'estero, di tentare di
migliorare la qualità della loro vita in Europa.
In Nigeria si parlano tantissime lingue, centinaia.
A queste lingue corrispondono popoli a volte molto diversi fra loro. La Nigeria è uno Stato federale
dove permangono forti diversità "nazionali".
E sono presenti tre grandi orientamenti religiosi: il cristianesimo, l'islam, l'animismo.
A volte si intrecciano e non pochi nigeriani della mia stessa zona di provenienza sono al tempo
stesso cristiani e animisti.
La cosa non deve sorprendere perchè è quanto è avvenuto anche con i milioni di schiavi deportati in
lontane terre, dove oggi sopravvivono i riti tribali africani, mescolati o cammuffati con quelli
cristiani. Mescolare e cammuffare le credenze è un modo per salvare quelle antiche sopraffatte da
quelle nuove.
Dalla scuola italiana non pretendo che conosca alla perfezione tutto ciò, ma che comprenda quanto
questa complessità si riproponga poi nella quotitidianità, nella vita delle persone che in un difficile
percorso migratorio, OGGI, in Italia e in Europa, sono ridotte in schiavitù.
E' solo a partire da questa triste verità che la scuola può capire il fenomeno della tratta degli esseri
umani che costringe giovani maschi a lavorare quasi senza paga e giovani donne a vendersi nei
mercati della prostituzione.
Quel che la scuola deve sapere e insegnare è che questa schiavitù moderna non ha catene vere, ma
catene invisibili che sono ancora più difficili da strappare di quelle vere.
La prima catena è il mancato sviluppo economico che ha ridotto tante popolazioni in povertà;
siccome, però, queste popolazioni vedono quotidianamente che gli occidentali traggono profitto
dalla ricchezze africane, queste popolazioni vorrebbero accedere a quelle ricchezze e siccome ne
sono escluse, inconsciamente hanno alimentato un senso di inferiorità e guardano con soggezione al
mondo bianco, ricco e felice, cercando di copiarlo per riprodurre mode e tendenze, credendo che
così si arriva alla ricchezza.
Tuttavia, poichè il mio paese è grande, come dicevo, questo processo avviene in modo diverso nelle
diverse zone.
Nel mio villaggio di origine non c'è ancora la luce tutto il giorno; fino a 25 anni fa la luce non c'era
proprio.
Pochissime persone avevano accesso alla tv. Ancora oggi non tutti hanno la tv.
Le informazioni che circolavano e circolano oggi sono minime e distorte, tutte sempre riferite
all'idea che in Europa la ricchezza sia accessibile a tutti e che basti coglierla con le proprie mani,
come a noi è facile in Nigeria raccogliere la frutta che cresce rigogliosa per il clima favorevole.
Questa non conoscenza rende facile a trafficanti e mestatori ingannare quelle e quelli che desiderano
viaggiare, rendendo così possibile la loro riduzione in schiavitù.
Le giovani nigeriane sono attratte in Europa con la promessa di una lavoro decoroso che permetterà
loro di vivere e di aiutare la famiglia rimasta in Africa.
Oggi si dice in Italia che le giovani che arrivano dalla Nigeria sanno che vengono per prostituirsi e
lo scelgono liberamente: ma è del tutto improbabile che ragazze tra i 14 e i 16 anni, vergini, prive di
istruzione, ecc. ecc. davvero possano liberamente scegliere di prostituirsi: scelgono di dire Si a
qualunque sacrificio sia loro richiesto pur di poter cogliere l'occasione di andare in Europa. O, più
semplicemente, obbediscono alla famiglia che impone loro di partire alla avventura.
Si affidano a trafficanti e donne del loro stesso paese e proprio non possono credere che questi le
costringeranno a fare cose brutte e pericolose; si affidano a donne che sono tornate a casa
dall'Europa piene di soldi... solo più tardi potranno capire che aguzzini e maman fanno soldi a
palate, mentre a loro sarà concesso di avere lo stesso risultato solo se si trasformeranno a loro volta
in aguzzine e maman, cosa che spesso succede. Altrimenti diventeranno solo davvero delle
prostitute, non avranno scampo, non avranno alternativa, non avranno via di uscita.
E' importante che tutto ciò sia chiaro alla scuola, agli insegnanti e agli studenti perchè se la scuola
formerà i quadri amministrativi e dirigenti del futuro dell'Italia e degli altri paesi europei, questa
conoscenza consentirà che nuove leggi e nuovi modi di approccio al problema della tratta possano
contribuire a risolverlo una volta per tutte.
Un tempo pensavo che i risultati della formazione scolastica si vedessero "solo" in futuro e mi davo
da fare per trovare soluzioni immediate; oggi prendo atto che io sono arrivata in Italia nel 2000, che
sono già passati 14 anni, che un cliclo scolastico già si è chiuso da tempo, ma poichè, quella
sensibilizzazione che auspico non è ancora partita, questi 14 anni, come quelli precedenti, non
hanno prodotto sostanzialmente altro che leggi sbagliate e modalità di intervento inadeguate.
Punto quindi sulla formazione a scuola, delle e degli insegnanti e dei giovani, forte anche del fatto
che ricevo notizie da giovani italiane/i che mi hanno incontrata dieci anni fa e che oggi si
impegnano nel sociale proprio perchè, così mi dicono, l'incontro con me le/i ha fortemente
sensibilizzati.
Punto sulla scuola.
E ritengo necessario, quindi, farlo in modo chiaro.
UN LIMITE OPERATIVO. LA MANCANZA DI DATI CERTI SULLA DIMENSIONE DEL
FENOMENO DELLA TRATTA
Ma questa chiarezza è difficilmente raggiungibile; ad esempio è difficile perfino capire l'entità del
fenomeno "tratta".
Non esistono dati certi riguardo al numero delle vittime della tratta che vivono in Italia: ci sono
soltanto delle stime che sono così diverse tra loro da essere ugualmente incredibili.
Secondo alcune associazioni le ragazze vittime della tratta sarebbe 30 mila; secondo altre
associazioni le ragazze vittime di tratta sarebbero 100 mila.
E i clienti? Secondo alcuni sarebbero 10 milioni, secondo altri 2 milioni e mezzo.
La sostanziale differenza dei numeri stimati non riesce a descriverci la gravità del problema.
Non è una questione ideologica: di fatto questa diversità rende impossibile attivare dinamiche che
siano davvero risolutive, proprio perchè non si riesce a indicare la reale dimensione del problema.
Le risorse umane ed economiche necessarie a dar sostegno a 30 mila, sono ben diverse da quelle
necessarie a dar sostegno a 100 mila.
C'è un dato corrispondente in tutte le stime: fino a poco tempo tutte le stime indicavano che il 50%
delle vittime erano nigeriane, mentre oggi dicono che le nigeriane sarebbero il 35%.
Sarebbe tuttavia un errore, credere che il numero delle nigeriane vittime della tratta sia diminuito; è
vero, invece, che è aumentato il numero di tutte le altre, cambiando di conseguenza la proporzione
dei dati sulle diverse provenienze.
Anche questo dato avrebbe bisogno di essere consolidato poichè non è proprio possibile attivare
risposte e modalità di intervento valide per tutte le ragazze, indipendentemente dalla loro
provenienza.
C'è anche un altro dato uguale in tutte le stime: solo a una ragazza su dieci è offerto un intervento
che le porta al conseguimento di un permesso di soggiorno che se non è la soluzione del loro
problema, almeno le pone in una condizione nella quale la soluzione è più vicina.
Il dato è riferito, però, a ragazze conosciute e avvicinate dagli enti che devono/dovrebbero
intervenire, non a tutte quelle esistenti. Per cui a una su dieci di quelle conosciute e avvicinate è
offerta una via di uscita, ma il rapporto cambia radicalmente se il ragionamento è riferito a tutte le
ragazze che stanno nella tratta.
Realizzando una indagine nazionale sulla realtà sommersa delle vittime della tratta, insieme ad altre
due ricercatrici non professionali nigeriane, potei avvicinare in giro per l'Italia, mille ragazze
nigeriane vittime della tratta. Ciascuna di queste ragazze dichiarò di conoscere molte altre ragazze,
fino a 15; il che porterebbe a stimare che le nigeriane vittime di tratta, sarebbero15 mila, cioè il 50%
della stima di quelle associazioni secondo le quali le vittime della tratta sarebbero 30 mila! Ma è del
tutto improbabile che tre ricercatrici nigeriane abbiano potuto aver modo di verificare tutta la realtà
sommersa; è più probabile che la loro indagine sia quanto di più approfondito sia mai stato
realizzato, ma è anche probabile che sul dato reale si possa dire una sola cosa: le nigeriane vittime
di tratta sarebbero un numero imprecisato comunque superiore a 15 mila.
Che ne è delle altre nove su dieci che non trovano via di uscita? Secondo quanto afferma la maggior
parte dei servizi che operano contro la tratta, queste nove su dieci fruiscono di servizi di "riduzione
del danno". Ma come ho detto prima, questo ci dice che i servizi stimano e contano solo le ragazze
con le quali entrano direttamente o indirettamente a contatto. Mancano, però, dati riferiti a tutte le
ragazze vittime della tratta e dati risultanti dalla interpolazione dei dati di tutte le associazioni
antitratta, dati che, forse, potrebbero avvicinarci di più alla verità vera.
Ci sono almeno tre grandi gruppi di associazioni che agiscono contro la tratta: la rete del Gruppo
Abele/Caritas, la rete di don Benzi, la mia "rete di Isoke". Se prendiamo per omogenei (ma spesso
non lo sono affatto) i dati forniti da tutte queste reti, possiamo dimostare risultati più positivi di
quelli indicati anche in questa prima parte della mia esposizione che indica solo i dati delle
associazioni accreditate: 3 o 4 ragazze su dieci beneficiano di un qualche intervento, e forse le
beneficiarie sono 5 o 6 su dieci se teniamo conto che anche la società civile, se pur fuori dagli
schemi delle reti accreditate antitratta, svolge una importante parte di sostegno spontaneo delle
vittime, al punto da rappresentare una quarta rete, disorganica ma molto efficace nel suo modo di
essere senza se e senza ma.
Moltissime ragazze che cercano una via di uscita, non fanno distinzione tra le associazioni; sentono
parlare di una e ci si rivolgono, chiedono aiuto, cercano sostegno; e se non lo trovano, si rivolgono
ad un'altra. Spesso fanno lo stesso percorso in città diverse, soprattutto quando sono spostate dai
trafficanti (che le spostano di continuano), quando si spostano per cercare zone più tranquille, o
quando hanno combinato qualche grave guaio e una associazione le abbandona per cui si rivolgono
ad un'altra conosciuta da una amica che vive in un'altra città. La mancanza di dialogo tra le
associazioni, le porta ad occuparsi a volte delle stesse ragazze.
Il numero delle vittime della tratta, non è quindi desumibile dal numero delle ragazze avvicinate e
conosciute da tutte le reti di servizi antitratta, poichè nei conteggi di ciascuna sono o potrebbero
essere contate le stesse.
Sarebbe più corretto, quindi, tirare le somme attraverso i risultati dichiarati da queste reti antitratta.
Dico "sarebbe", perchè talora le discordanze numeriche sono, come abbiamo visto, molto rilevanti.
Se prendiamo per buoni i risultati dichiarati dalla rete della Papa Giovanni, sarebbero state salvate
addirittura più ragazze di quelle che secondo le stime del Gruppo Abele, esistono.
Si innesca qui un altro problema: che cosa si intende per risultati? Secondo la logica di questa
aggregazione di dati, gli interventi di riduzione del danno non sono da considerare dei risultati ma
delle azioni, più o meno utili.
Quando diciamo che solo una su dieci trova una qualche via di uscita, diciamo comunque che nove
su dieci non la trovano, ma - come abbiamo visto - dovremmo dire meglio che la cercano altrove e
in parte la trovano.
Ho detto prima che fino a 5 o 6 ragazze su dieci trovano una qualche via di uscita e questo sarebbe
un risultato delle reti antitratta. Ma il problema che si pone a questo punto, allora, è che almeno la
metà di queste ragazze che hanno intravisto o visto una soluzione, in realtà restano nella tratta
perchè escono solo dalla clandestinità che è altra cosa rispetto alla uscita dalla tratta e ben presto,
troppo presto, ricadono nella clandestinità perchè non è facile per loro rinnovare i permesssi
ottenuti.
E se non ricadono nella clandestinità, restano comunque nelle maglie della prostituzione perchè non
hanno risorse per vivere.
A queste ragazze succede, così, di non aver più la possibilità di accedere ai servizi antitratta
accreditati poichè questi chiudono loro le porte in faccia, in quanto considerano di aver concluso
con loro il percorso di emancipazione, per il solo fatto che le hanno accompagnate al conseguimento
di un permesso di soggiorno.
La mia rete, la "rete di Isoke" opera in quanto rete antitratta, ma non essendo accreditata e non
dovendo quindi rispettare per forza protocolli operativi rigidi, accoglie ragazze vittime della tratta
senza se e senza ma, le riconosce vittime della tratta, le rappresenta e nel rappresentarle evidenzia
che in strada a prostituirsi ci sono molte ragazze con in tasca un permesso di soggiorno, il che
dimostra che uscire dalla clandestinità non vuol dire uscire dalla tratta.
La questione riguarda evidentemente, le difficoltà nell'operare concretamente per sostenere l'uscita
dalla tratta (e non dalla clandestinità) di un numero significativo di vittime, ma anche la totale
mancanza di interventi sul "dopo": che ne è di una ragazza vittima della tratta che arriva ad
acquisire un permesso di soggiorno, ma non ha un lavoro decoroso e bastevole al mantenimento suo
e, magari, dei figli? Che ne è di queste ragazze che senza lavoro e senza più l'appoggio di una
associazione, non riescono a rinnovare il permesso di soggiorno?
L'unico sostegno che le ragazze trovano quando la loro situazione diventa questa è...?
Facciamo un passo indietro e tentiamo di evidenziare come, per fortuna, la società civile diventa
spesso risorsa contro la tratta; a volte in sintonia con associazioni accreditate che giungono anche ad
affidar loro delle ragazze, a volte in modo spontaneo e diretto. La società civile che si pone al
servizio di enti accreditati, accoglie ragazze per il tempo necessario a completare il percorso di
uscita dalla clandestinità indicato dalla associazione; la società civile che accoglie ragazze senza se
e senza ma, affronta, invece, i bisogni complessivi delle ragazze e non si ferma alla soluzione del
problema del permesso di soggiorno.
Il fatto è che della società civile, e della società civile in qualto risorsa, fanno parte anche i clienti.
Più della metà di queste ragazze che vedono o intravedono la liberazione, sono sorrette da clienti
che rappresentano una risorsa positiva per molte. Che poi lo si riconosca oppure no è una questione
diversa: è troppo difficile ammettere che i clienti, certamente complici dello sfruttamento sessuale
di tante ragazze, siano potenzialmente positivi e, addirittura, possano essere una delle principali
risorse.
Un dato consolidato da un lavoro di anni della mia rete, ci dice che almeno il 50% dei clienti,
opportunamente informati, sensibilizzati, stimolati alla crescita, sono capaci di cambiare e di
diventare, se non proprio risorsa attiva contro la tratta, certamente ex clienti.
Quindi ammettere che i clienti possono essere e spesso lo sono, risorsa contro la tratta, non è poi
così assurdo, al punto che varrebbe davvero la pena di concretizzare progetti di informazione,
sensibilizzazione, crescita, rivolti ai clienti.
L'intreccio dei dati stimati, a questo punto ci dice altre cose interessanti anche sui clienti: nel
momento in cui ci interroghiamo su cosa bisogna fare nei loro confronti, dobbiamo sapere se
l'intervento riguarderà tre oppure dieci milioni di clienti.
Quale che sia il dato, l'esperienza ci dimostra che una sensibilizzazione dei maschi/clienti attuata da
ex clienti, può determinare il dimezzamento del numero complessivo dei clienti. Proviamo a
ragionare, allora, partendo dal potenziale dimezzamento del numero dei clienti, sapendo che, però,
sarà molto duro ottenere risultati con il restante 50%.
E diciamo anche che gli studi sui clienti indicano delle classi di età prevalenti e l'analisi di questa
particolarità ci dovrebbe accompagnare anche nel decidere quali sforzi indirizzare nelle scuole o
altrove, per non disperdere risorse ed energie.
Un lavoro serio nelle scuole produce/può produrre i risultati maggiori.
Diciamo anche che il potere dissuasivo di norme come quelle che prevedono la "punizione" dei
clienti, se sui grandi numeri riferiti alla stima di 10 milioni di clienti rischiano di essere
complessivamente inefficaci, su un numero molto più contenuto, ad esempio il numero dimezzato,
possono certamente essere utili. Ma crediamo anche, ad esempio, che su un numero contenuto di
persone clienti si potrebbero applicare modalità alternative alle multe o addirittura all'arresto, quali
ad esempio, l'obbligo di frequentazione di un gruppo di auto – mutuo aiuto per clienti compulsivi,
cosa che non sarebbe organizzabile per una massa informe.
In mezzo a tutta questa confusione di numeri, noi continuiamo ad operare prevalentemente con le
ragazze nigeriane e i nostri dati dicono cose diverse da quelle che stime di altri sembrano dire: il
primo dato dice che il numero delle ragazze nigeriane immesse nella tratta non diminuisce, ma
diminuisce la percentuale delle nigeriane rispetto al numero delle vittime provenienti da tutti i paesi,
perchè è aumentao il numero delle ragazze provenienti dai paesi dell'est.
Il problema della tratta delle nigeriane non è quindi diminuito e men che meno è diminuito il
numero complessivo delle vittime della tratta provenienti da tutte le diverse nazionalità. La
"diminuzione" del numero delle nigeriane è, quindi, solo apparente. Di contro bisognerebbe che le
stime considerassero appunto questa particolarità: le ragazze vittime della tratta aumentano di
numero, non c'è stato nessun arretramento del fenomeno: che siano 30 o 100 mila (e dovremmo
chiarire bene questo dato), non cambia il fatto che siano più di quante erano 5 anni fa.
Ci interessa, quindi, rilevare, che le ragazze vittime di tratta aumentano di numero e siccome il
fenomeno persiste da 15/20 anni, simulando anche solo una automatica rotazione delle ragazze che
arrivano ad una certa età ed escono dal mercato nel giro 5 anni (stima anche questa), vuol dire che
dobbiamo considerare che da quando il fenomeno esiste, il numero delle vittime è stato da 3 a 4
volte superiore alle stime sulla dimensione del fenomeno oggi: da 100 a 120 mila, oppure da 300 a
400 mila a seconda del dato base che si consideri.
Le nigeriane oggetto di tratta in Italia, sono state nel tempo da 50/60 mila a 150/200 mila.
Non abbiamo mai letto o ascoltato spiegazioni autocritiche ai dati da parte di servizi e studiosi dei
dati raccolti dai servizi; eppure è evidente che mille risultati positivi su 10 mila persone o su 100
mila sono un risultato ben diverso. Per migliorare l'immagine degli enti che hanno operato ed
operano contro la tratta, si tende quindi dire che si è intervenuti positivamente con mille su mille,
mentre le "altre" hanno beneficiato di positivi interventi di riduzione del danno, perchè non
sarebbero vittime ma sex workers.
Difficile districarsi un una jungla di numeri facilmente manipolabili o strumentalizzabili. Ma certo
questa distinzione tra vittime e sex workers è un falso problema e costringe a fare delle distinzioni
là dove non avrebbero ragione di essere fatte.
La realtà della prostituzione oggi in Italia è visibilmente costituita da una grandissima maggioranza
di donne straniere: è del tutto evidente che le ragioni per le quali queste donne stanno sulla strada,
non risiedono in una libera scelta, ma in forme più o meno raccapriccianti di costrizione.
L'invenzione delle sex workers, una categoria che comprenderebbe insieme quelle libere e quelle
costrette è, appunto, una invenzione.
Sono considerate sex workers anzitutto tutte quelle giovani alle quali i servizi antitratta hanno
riservato un intervento, ma non sono riusciti a togliere queste ragazze dalla tratta e, queste,
inevitabilmente restano nella tratta e nella prostituzione. Ma non hanno scelto, come non hanno
scelto quando, pur avendo acquisito i documenti e non essendo più clandestine, vanno ancora in
strada a prostituirsi. Il fallimento di un impegno sociale e umano, gestito e finanziato, affidato dallo
stato ad enti specifici, non può voler dire altro che c'è stato un fallimento e che moltissime giovani
donne costrette a prostituirsi, restano nella prosittuzione fino a quando si adattano a restarci e non
cercano neppure più una via di uscita, perchè non c'è.
Il fallimento dei servizi prestati alle vittime della tratta se non le spinge alla rassegnazione, le lascia
alla prostituzione.
A fronte di un simile fallimento è quanto meno ipocrita ricorrere ancora alla filosofia della riduzione
del danno e affermare "se sono prostitute, bisogna tutelarle in quanto tali, rivolgere loro attenzioni
sanitarie, ecc. ecc., magari fare leggi che le regolarizzino e permettano loro di prostituirsi".
Il fallimento non deve corrispondere ad una colpevolizzazione di chi non ha saputo evitarlo; il
problema è così complesso che può determinare anche dei fallimenti. Ma a noi è chiaro che non
ammettere il fallimento è aberrante.
Perchè il fallimento delle politiche antitratta lo paghiamo in prima persona noi, le vittime della
tratta. E mi pare legittimo non solo prendere la parola, ma evidenziarlo e chiedere un cambio di
rotta.
In che direzione deve orientarsi questo cambio?A mio avviso c'è una direzione primaria che consiste
nel riconoscimento delle vittime della tratta come soggetto attivo degli interventi o non come oggeto
al quale gli interventi sono riservati.
Se sono soggetto è evidente che le vittime della tratta hanno una soggettività nel proporsi come
soggetto attivo: per le nigeriane ho sperimentato e dimostrato è che possibile affidare a ragazze
nogerina una parte importnte della accoglienza, quella che prevede la necessità di avvicnanrle,
motivarle, sostenerle, accompagnarle in percorsi di autonomia. Da donna a donna, da pari a pari, da
ex vittime a vittima, l'impegno di ec vittime a favore delle vitte funziona e accresce di molto le
possibilità di successo.
CHE DIRE AGLI STUDENTI?
Oltre alle informazioni, alle notizie e alle riflessioni che il mondo insegnante può proporre agli
studenti, credo possa esser utile qualche considerazione su cio che io dico abitualmente agli
studenti.
Ragazze e ragazzi.
quando sono arrivata il Italia avevo 20 anni, oggi ne ho 35.
Avevo cominciato a sognare l'Europa quando avevo 16/17, più o meno la vostra età.
Sono gelosa di voi; lo dissi già alle ragazze e ai ragazzi che incontrari qui a Palermo circa due anni
fa e adesso lo ripeto a voi.
Sono gelosa perchè voi potete studiare.
Io non ho potuto.
La mia famiglia non aveva la possibilità di farmi studiare, eravano otto, 4 fratelli, 4 sorelle, mio
padre era un semplice impiegato e quando lui lasciò la famiglia, come spesso avviene in Africa,
cominciarono dei problemi ancora più gravi di prima.
Il sogno diventò una cosa che dovevo assolutamente concretizzare per migliorare la qualità della
mia vita e la qualità della vita della mia famiglia.
Per noi ragazze nigeriane che cerchiamo fortuna nel mondo, però, il sogno diventa sempre un
incubo.
Per viaggiare dobbiamo affidarci a degli....ORGANIZZATORI...e quando partiamo non sappiamo
che sono degli sfruttatori, degli schiavisti.
Io dovevo vendere frutta e verdura a Londra, poi mi hanno detto che avrei potuto lavorare in Italia e
quando sono arrivata in Italia sono stata costretta alla prostituzione.
Ogni volta che mi trovo di fronte a ragazze e ragazzi come voi, penso sempre a quante siete
fortunate e fortunati...POTETE STUDIARE.
Oggi io siedo qui, dalla parte dei professori, ma io non ho nessun titolo di studio.
Vado anche all'Università...chissà, magari un giorno mi danno un diploma al merito, o una laurea...
altrimenti credo che non avrò mai un titolo di studio.
Ho dovuto lottare contro i trafficanti che per costringere me e le altre non si sono accontentati di
ingannarci e di farci trovare sole, lontane da casa... ci hanno picchiate, spaventate e minacciate e per
evitare che scappassimo, alcune di noi sono state uccise, così, per dare un esempio a tutte le altre:
ecco cosa vi succede se vi ribellate!
In circa 15 anni oltre 500 ragazze nigeriane sono state uccise in Italia... di recente tre sono state
uccise a Palermo, si chiamavano Favour, Loveth e Bose... Ma altre sono state uccise in passato... Per
restare in Sicilia una è stata uccisa a Catania dove è sepolta con lo stesso nome che avevano dato a
me per farmi viaggiare con documenti falsi...o meglio con documenti veri ma che non riportavno il
mio vero nome.
Molte sono uccise non dai trafficanti, ma da italiani balordi, uomini crudeli che pensano a noi come
schiave alle quali si può fare qualunque cosa, compresa quella di ucciderci.
Molte muoiono durante il viaggio dalla Nigeria all'Europa, fatto magari attraversando il deserto e
poi il mare... dove tante, ma proprio tante sono scomparse.
Provo a raccontarvi una cosa molto brutta perchè se vi dico solo che siamo costrette, so bene che
voi pensate, come tutti i giovani, a me non può succedere, io sono più furba.
Joy arriva a Torino a 14 anni; dopo una settimana la sua maman, la donna che l'ha comperata e che
vuole da lei 80 mila euro le dice che lei deve andare in strada a fare la prostituta. Joy non capisce
bene, è vergine, non sa nulla di uomini e di sesso.
Ma la buttano in strada lo stesso: la prima sera lei prende botte dai clienti perchè non è capace di
fare quello che loro vorrebbero, poi arriva dalla maman che le da altre botte. Per settimane lei
continua a prendere botte. Anche se le mettono in testa una parrucca, lei è proprio piccolo di età e di
fisico.
Così la maman la chiude in casa e sono botte e botte; una sera Joy è buttata di nuovo in strada. Con
la solita parrucca. Solo che piange e urla, si butta in mezzo alla strada, passa un uomo che quasi la
mette sotto, si ferma, si avvicina, la fa salire in macchina e nota qualcosa di strano: sangue, capelli,
lacrime si mescolano. Così lui la porta al più vicino pronto soccorso.
Le tolgono la parrucca e scoprono che la maman l'ha presa per i capelli e ha tirato così forte da
strapparle il cuoio capelluto, da scalparla.
Non sono sicura che Joy riesca a superare tutto ciò, che possa vivere una vita normale anche ora che
è curata e aiutata, mentre la maman è in galera.
Ho voluto raccontarvi questa storia terribile perchè Joy l'ha vissuta alla vostra età, e tante, tante la
vivono alla vostra età.
Quello che succede alle ragazze vittime della tratta è terribile anche per quelle che hanno qualche
anno in più.
Se voi credete che queste siano storie come quelle che si vedono al cinema e in tv sugli schiavi,
avete ragione, sono storie di schiave e di schiavi, solo che succedono oggi.
Qui a Palermo sono successe di recente a Favour, a Loveth, a Bose.
Queste ragazze erano africane, nigeriane perchè la metà delle ragazze che sono portate in Europa e
in Italia per prostituirsi sono nigeriane. Ma le vittime della tratta arrivano anche dai paesi dell'est,
dall'America Latina, dalla Cina e qualcuno calcola che siano almeno 100 mila.
Per poter gestire questo traffico ci vuole una organizzazione: il traffico degli esseri umani è gestito
da potenti mafie internazionali.
In Italia, la mafia nigeriana e la mafia russo/ucraina hanno degi accordi con le mafie locali: le mafie
straniere pagano alle mafie locali, una sorta di permesso a svolgere le loro attività sul territorio
notoriamente gestito e controllato dalle mafie locali. Tra mafie si scambiano altri affari, come il
traffico di droga, il traffico di armi, il traffico di organi, il traffico di bambini. Se un giorno questo
equiibrio tra mafie salta, scoppia una guerra terribile.
A Castel Volturno alcuni anni or sono, la mafia locale sparò e uccise dei ragazzi senegalesi, ma in
realtà a essere uccisi dovevano essere dei nigeriani che non avevano pagato una partita di droga e
che avevano provocato l'intervento della polizia contro lo sfruttamento sessuale di giovani africane
che li avevano denunciati: la mafia vuole che nella società civile non ci siano degli allarmi sociali e
se ci sono problemi questi devono essere risolti con le armi e con la violenza, per dare un esempio a
chi sopravvive.
Conoscete la mafia e le sue storie in Sicilia, Bene, dovete pensare che ci sono, anche in Sicilia,
anche altre mafie.
Mi fermo qui non senza dirvi che quando sono stata costretta a prostituirmi, ad un certo punto ho
detto NO e per questo sono stata punita; chi si ribella deve essere punita per dare un esempio alle
altre del fatto che non ci si deve ribellare.
Io sono stata aggredita, volevano uccidermi, me la sono cavata con tre giorni di coma, salvata
perchè una donna che passava cn il cane nella trada dove ero stata aggredita, chiamò subito la
Polizia e i delinquenti non poterno finirmi.
Da allora cerco di aiutare altre ragazze che sono nella situazione nella quale mi sono trovata anche
io.
Ci sono tre libri che girano in Italia e raccontano la tratta delle donne nigeriane: il primo è IL
CORAGGIO DI GRACE, il secondo è IL NOME NON È WENDY e il terzo è LE RAGAZZE DI
BENIN CITY.
Ci sono anche altri libri, ma questi credo siano quelli basilari per capire bene il problma della tratta
delle donne a scopo di sfruttamento sessuale.
Oltre che per quel che raccontano, questi libri sono interessanti perchè sono usciti in epoche divere
e raccontano il dramma della tratta in Italia a distanza di dieci anni uno dall'altro.
Il mio, LE RAGAZZE DI BENIN CITY, è del 2007, ma sono già passati quasi altri dieci anni.
La situazione descritta in questi libri è sempre la stessa.
Quindi io torno qui e vi parlo della tratta e ripeto cose che ho già detto e che forse mi avete già
sentito dire perchè da quando il fenomeno della tratta esiste in Italia e in Europa, si presenta più o
meno allo stesso modo e con la stessa gravità.
In Sicilia è più grave che in passato perchè in poco tempo, quasi nell'ultimo anno o poco più, tre
ragazze nigeriane sono state assassinate proprio qui a Palermo.
E' nato un Coordinamento antitratta a Palermo perchè la gravità del fenomeno non può essere
trascurata.
In realtà che si tratti di Palermo o di Torino o di Verona o di Roma, il problema è sempre
gravissimo.
Provo a darvi qualche dato.
Si dice che il numero delle donne che stanno nella prostituzione e sono costrette a starci, sia circa 35
mila. E' una stima, non si può sapere esattamente quante sono.
C'è un dato sicuro, almeno in parte, ed è questo: la metà sono africane, nigeriane anche se spesso
loro stesse dicono di venire da altri paesi.
Secondo alcuni la stima è sbagliata e le ragazze sarebbero molto più numerose.
Si discute su quante sono, ma non si dice mai che queste ragazze non sono le stesse di 20 anni fa.
Una ragazza di solito resta in strada, costretta a prostituirsi, per circa 5 anni, è una media. E' un
tempo medio necessario a pagare il debito con i trafficanti che puà arrivare a 100 mila euro! Una
prestazione sessuale a pagamento vale 10 euro...fate voi i conti!
Ci vogliono circa 5 anni, comunque per avere il completo ricambio delle ragazze, il che vuol dire
che il numero delle vittime, di quelle che sono state vittime è 4 volte maggiore di quello che ci dice
quante sono le vittime.
Andiamo ben oltre le 100 mila.
Che si tratti di un affare colossale è chiaro.
Che non possa essere solo l'affare di qualche sfruttatore improvvisato, è evidente. Per reggere un
traffico così ci vuole organizzazione.
Una delle mafie più potenti e pericolose al mondo è la mafia nigeriana; è specializzata in traffico di
droga, di donne, di migranti, e di qualsiasi cosa possa alimentare un businnes.
La mafia nigeriana gestisce la metà, circa, di tutto il giro della prostituzione coatta in Italia e in
Europa.
Anche dimezzato l'affare è colossale.
E quando un affare fiorisce per 20 anni, senza trovare veri ostacoli, diventa un cancro sociale ma
rende solide le posizini di vertice che non occupate ma violenti marginali, ma da persone in
doppiopetto.
Da 20 anni le ragazze nigeriane arrivano in Italia e in Europa; alcune sono arrivate e arrivano a
Lampedusa, mescolate alle donne di altre nazionalità, altre arrivano attraverso la Spagna, ma le rotte
di arrivo cambiano spesso, a seconda di dove è al momento più facile passare.
Oltre 500 ragazze nigeriane sono morte in modo violento, assassinate da qualcuno, balordi o
sfruttatori nel conteggio non c'è differenza.
Ma è impossibile quante siano morte per arrivare in Europa e in Italia.
Nella mia città, Benin City, ci sono due locali notturni frequentati dai trafficanti: si chiamano
Spagna e Italia, a seconda delle località dove possono portare le ragazze.
Nella mia città i trafficanti che spesso si presentano alle famiglie come dei benefattori, o sono dei
parenti, sono chiamati Italos, perchè prometto lavoro e denaro in Italia.
A Benin City, quindi, e lungo il percorso che da Benin City, porta in Italia, c'è Italia e non sarebbe
sbagliato dire che quelle che muoiono durante il viaggio, è come se morissero in Italia.
Tra le vittime della tratta che recentemente ho incontrato in Sicilia, ne conoscevo alcune per averle
incontrate in altre regioni italiane: in Toscana, a Roma, in Veneto.
Quindi è difficile dire quante siano le ragazze in Sicilia, molte di loro potrebbero essere le stesse che
contiamo anche altrove.
Anche questo è sempre uguale, 20 anni fa come oggi.
E 20 anni fa come oggi non cambiano i clienti, uomini di ogni età, di ogni classe sociale, di ogni
livello, ecc. ecc.
Solo che il discorso brutto, ma proprio brutto, è che molti dei clienti di oggi 20 anni fa non erano
ancora nati o erano dei bambini e se sono diventati dei clienti, come lo sono stati i loro padri, i loro
fratelli, ecc. ecc., vuol dire che sul piano della informazione, della prevenzione, della
sensibilizzazione non è stato fatto praicamente nulla e il maschilismo è sempre dominante.
Sicuramente qui all'università vi sono fornite le basi culturali per poter conoscere il fenomeno della
tratta sotto tutti gli aspetti: libri, studi, ricerche, non mancano e domani toccherò anche a voi
produrne.
Il problema è che se il fenomeno esiste da 20 anni e ci sono una molteplicità di studi, vuol proprio
dire che tutti quegli studi non hanno portato da nessuna parte.
Dagli studi sono nate proposte di lotta alla tratta che si sono rivelate essere inefficaci:
Sapete come si fanno le stime? Si studiano insieme dati che vengono da fonti diverse. Il dato più
concreto, però, è riferito alla attività dei servizi antitratta, costituiti, finanziati e operativi con fondi
europei, statali, regionali, provinciali, comunali e privati. I servizi antitratta quando forniscono
numeri su ciò che hanno fatto ci dicono di aver potute sostenere concretamente una ragazza su dieci.
Quindi i numeri possomno esser messi insieme senza troppa difficoltà, anche i servizi antitratta non
si limitano a dire quante ragazze hanno potuto sostenere, ma anche a questo hanno offerto attività di
riduzione del danno: offerta di thè caldo, presentavi che non si spaccano come quelli forniiti dalle
maman o acquistabili nei negizi cinesi, ecc. ecc.
E' importante evidenziare questo aspetto perchè quello che porta ad una conclusione: siccome non si
riesce a sostenere davvero le vittime della tratta nella ricerca di vie di uscita, si cerca di migliorare le
considioni nelle quali sono costrette ad andare avanti in quanto prosittute, fino a quando queste
ragazze non si ribellano più, si adattano, diventano delle prostitute che poi l'opinione pubblica
considera libere.
Invece quelle che restano nella prostituzione senza ribellarsi o senza cercare vie di uscita o peggio
quelle che diventano complici degli sfruttatori, a mio avviso non più vittime delle altre.
Io mi sono ribellata, ho detto NO, ho detto basta, lorro contro la tratta, dico di essere una vittime
della tratta perchè devo provare parole per farmi capire, ma io non sono mai stata una vittima vera,
vittime sono quelle senza forza e consapevolezza, quelle schiaccisate dai trafficanti, distrutte
psicologicamente prima che fisicamente.
15 anni fa io non ho detto solo NO, basta, ho tentato di cambiare le cose e di dire che se non si trova
il modo di sostenere le ragazze, il traffico continuerà a fiorire e fiorirà ancora di più..
E ho dato vita a forme di autoaccoglienza autogestite e autofinanziate per dimostrare che la lotta alla
tratta, così come è stata studiata nelle università, adottata a livello politico, trasformata in leggi,
applica da enti e associazioni E' SBAGLIATA.
Io spero proprio che queste mie parole vi siano utili non solo ad avere più e nuove consocenze, ma
ad avvicinarvi alla realtà e agli studi con spirito critico.
Io vi descrivo l'esistenza di una SCHIAVITU' ma non voglio rischiare che voi pensiate alla schiavitù
in modo astratto, perchè è una cosa molto molto concreta, anche se le catene non servono più.
Vorrei avere il tempo di descrivervi quali sono la catene che trattengono noi vittime della tratta,
oggi. Il tempo non c'è, ma trovate qui a Palermo persone di riferimento che possono accompagnarvi
nell'approfondimento, se vorrete. Sono i promotori del Coordinamento antitratta Favour e Loveth,
intitolato alla memoria di due delle ultime ragazze assassinate a Palermo.
Mi piacerebbe riuscire a mettere in piedi un seminario per dirvi di più, a voi e ad altri ovviamente.
C'è tutto un lavoro da fare anche nelle scuole, anche nell Università; la professoressa Stella
Bertuglia ha ideato il Progetto "La scuola non tratta" per spiegare la tratta in modo adeguato. Sepro
vorrete e saprete approfittare della opportuntià che vi è offerta.
Quanto a me, essere in mezzo a voi mi imbarazza: io non ho potuto fare studi regolari; ma,
soprattutto, avevo 20 anni quando sono arrivata in Italia, ora ne ho 35... provate a guardare alla cosa
in prospettiva storica: le primevolte che sono andata nelle scuole ero quasi una coetanea e come tale
le giovani e i giovani mi accoglievano, mi ascoltavano. Oggi sono una donna nigeriana che cerca di
parlarvi di cosa ha vissuta 15 anni or sono, una vita fa.. ma non mostratemi affetto per quel che ho
vissuto, se volete ascoltatemi perchè vi dico che oggi è tutto come ieri e che bisogna cambiare molte
cose per cambiarne almeno alcune.