Scheda Didattica Piena di Vita
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Scheda Didattica Piena di Vita
Piena di Vita Scheda didattica Tematiche affrontate Enorme-Gigante-Grande Osservare le cose con lo sguardo de* bambin*, quando tutto intorno è scoperta e novità, quando i confini delle cose s’ingigantiscono o rimpiccioliscono a seconda dell’emozione che attraversa lo sguardo. Vita è una bimba che ancora non riesce a codificare il limite cui può spingere le sue esperienze, ha solo una bambola con sé per cercare un altro punto di vista; i tre sinonimi sono tre parole chiavi della drammaturgia che traccia i primi passi su come osservare le cose, su come un* bambin* può trovarsi in difetto o in sovraesposizione rispetto agli eventi o agli oggetti che utilizza se non ha un mondo adulto che codifica il valore delle “cose”, l’eccitazione o la paura che ne conseguono sono due degli stati emotivi che Vita e la sua bambola Givotta portano come emblema dell’infanzia. Rompere le regole imposte, con la consapevolezza che ad un certo punto gli altri, gli adulti, possano intervenire a punire quella mancanza di paradigma, come se non tutto fosse lecito quando sole devono auto determinare le scelte da compiere. La notte-Il Buio Tutto accade in una notte. Lo stato di veglia, il sonno e il sogno si rincorrono, non viene mai del tutto svelato in quale fase ci troviamo, si lascia alla visione la possibilità di scegliere, di decidere in quale condizione di autonomia la protagonista affronta l’essere nella sua stanza, così l’interno e l’esterno sono messi in contrapposizione di luce e buio di camera e casa dell’Orco. La notte come viatico per far accadere ciò che nella realtà sarebbe troppo estraneo e quindi non tollerabile. La notte dipana i fili dell’immaginazione, in cui una bambola può avere corpo, voce e anima; Givotta è la conducente emozionale di Vita, l’alter ego saggio e scanzonato, lo specchio che suggerisce la trama e si sacrifica nella paura per essere ciò che più spaventa la Bambina. Il Gioco Attraverso il gioco, Vita e Givotta sperimentano un’amicizia un po’ strampalata tra una Bimba non troppo femminile e un bambola marcatamente straniera; il gioco cerca l’accordo, il punto su cui incontrarsi per essere un coro di gaiezza e possibilità. La stanza diviene il luogo del proibito, del caos, del fare senza esser scoperti, ecco che il pavimento della stanza diviene un mare con una barchetta tutta per loro inseguita da un pescecane, ora un salotto inglese all’ora del thè delle cinque del mattino, ora un saloon futurista da parrucchiera. Tutti i giochi se pur tipici del femminile sono sviluppati con un accento d’intergenere, tanto da portare tutt* i bambin* a ridere molto. L’ironia che attraversa questa fase della drammaturgia va a far esaltare tutto quello che un adulto ricorda della propria infanzia, senza ammiccamenti il gioco diviene una valvola di sfogo alla paura di esser fuori posto. Lingua Madre-Lingua dell’infanzia Vita e Givotta parlano due lingue molte lontane, l’italiano e il serbo si alternano in scena, come se per comprendersi bisogna non avere orecchi ma cuore. Vita scopre la lingua di Givotta man mano che il legame con la bambola diviene più emotivo. Le due apprendono l’una dall’altra un alfabeto nuovo, fatto di piccole parole che muovono la drammaturgia verso una nuova identità culturale. Per essere me stesso devo conoscere l’altro da me e spesso questo altro può essere veicolato come una lingua che non è solo un segno un fonema, ma un corpo che mi permette di accostare le mie esperienze a quelle di un “diverso formale”, l’intenzione qui è di spiegare che ascoltare significa vedere. L’abbandono Vita scopre che stanno per abbandonarla, ma la sua reazione è molto differente da quella del suo “gemello diverso” fiabesco Pollicino; lei sceglie di andarsene autonomamente, sfida l’adultità non permettendo ai “burattini” genitori di avere voce in capitolo sulla sua esistenza. Questa presa di posizione diviene il nodo drammaturgico su cui verte la favola rappresentata, da qui la meglio conosciuta sorte di Pollicino viene man mano spiegata, con altri punti di vista: i sassolini, il temporale, la casa dell’orco ci sono, ma vengono riraccontati. È la bambola ad avere i sassolini: coriandoli di carta che si scioglieranno con il temporale; la stessa Givotta raccontando una favola, per far addormentare Vita, suggerirà a quest’ultima come trovare la strada di casa. Vita appare in cerca di direzioni e mappe, e confida nella sua bambola per non demordere e avere paura. Ribaltare la storia da questo punto di vista permette di osservare l’abbandono come un nuovo “diritto” della storia stessa, una nuova occasione perché il femminile possa predestinare il filo rosso della narrazione a suo favore; le bimbe, le orchesse hanno in mano una nuova possibilità di essere genitrici reali e future di nuovi destini. L’esser persi: a caccia di orchi Il perdersi come occasione di un limite da superare. Il folto del bosco come un “circo” di esseri nuovi e mostruosi se inizialmente rappresenta un luogo intatto dell’immaginazione, all’improvviso con il temporale diviene metafora di straniamento: come attraversarlo, come non piangere, come dormire, come ristabilire i rituali tipici della buona notte, come arrampicarsi, come scegliere il sentiero da seguire? A queste domande risponde la bambola, raccontando una favola di Rodari, L’omino che non riusciva a crescere, in cui si esprime la possibilità di riconoscere nelle proprie caratteristiche psicofisiche l’unico ideale di saggezza. Così, andare a caccia di Orchi diviene un canto iniziatico all’essere grande. Strategia di salvezza Come ci salviamo se tutto ci sembra perduto? La nostra Givotta, rivendicando la sua esistenza nella realtà della bambina, permetterà a Vita di credere che tutto sia possibile, anche tornare a casa rubando le chiavi e gli stivali all’Orco, grazie all’ascolto dei propri errori e riconoscendo le proprie debolezze e paure. Le fragilità diventano gli strumenti per affrontare qualsiasi esperienza; imparando a riconoscerle si impara che ogni emozione è lecita, come la rabbia, la rabbia per un mondo adulto che non legge i segnali dell’infanzia, non li sa codificare e li maltratta per assenza e superficialità. Vita diventerà grande quando, riconoscendo se stessa, lascerà la sua bambola e sarà pronta ad essere una gigantessa donna che non dimentica cosa è stato avere 5 anni. Per i bambini dai 2 anni in poi e per le famiglie. Ruotalibera Società Cooperativa Sociale O.N.L.U.S. - Via Alberto da Giussano, 58 - 00176 Roma Tel. 06.25393527 - Tel./Fax 06.27801063 - P.I. 01127741005 - C.F. 02868260585 E-mail: [email protected] – PEC: [email protected] Blog: centraleprenesteteatro.blogspot.com - Sito Internet: www.ruotalibera.eu