L`America non è la Grecia

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L'America non è la Grecia
Luigi Zingales
Il debito è molto alto anche negli Stati Uniti: ma qui il rischio è una impennata
dell'inflazione più che il default
Ben Bernanke
Nel 2008, durante la fase più acuta della crisi finanziaria, molti americani si
consolavano del collasso delle loro banche dicendo che quelle europee erano ancora
peggio. Oggi, di fronte all'espandersi della crisi greca, gli europei puntano il dito
sugli Stati Uniti. Forse che gli Stati Uniti sono molto meglio della Grecia? Con un
debito lordo sul Prodotto interno lordo del 98 per cento e un deficit corrente pari al
10,3 per cento del Pil, gli Stati Uniti non sembrano essere molto diversi dalla Grecia,
che ha un rapporto debito-Pil del 115 per cento e un deficit (prima delle ultime
misure) del 13,6 del cento del Pil. Ma allora perchè i titoli del governo americano
vantano ancora il tanto desiderato rating AAA (riservato ai titoli meno rischiosi),
mentre quelli del governo greco sono stati declassati a titoli "spazzatura"?
I più maligni potrebbero addirittura pensare che le agenzie di rating americane
abbiano un occhio di riguardo per i titoli emessi dal loro paese di origine. A pensare
che i titoli americani siano più sicuri non sono solo le agenzie di rating, ma il
mercato stesso. Il tasso sui famigerati credit default swap (Cds) ci dà un'indicazione
della probabilità di default che il mercato attribuisce a titoli dei vari paesi. Il tasso
dei Cds, per esempio, attribuisce una probabilità di bancarotta del governo inglese
pari al 2 per cento all'anno. Su questa base i titoli di Sua Maestà dovrebbero avere un
rating di AA e non AAA. Nel caso della Grecia il mercato anticipava una probabilità di
default pari al 23 per cento all'anno prima dell'intervento europeo e tuttora siamo al
18 per cento. Per i titoli americani, invece, si scende allo 0,9 per cento, coerente
con un rating AAA.
Come mai i titoli americani sono considerati più sicuri di quelli greci?
Il primo motivo è che il debito effettivo degli Stati Uniti è molto più basso. Circa il
30 per cento del debito non è detenuto dal pubblico, ma da altre agenzie
governative, portando il debito netto a "solo" il 70 per cento del Pil. Questa
differenza è ancor più rilevante quando il debito ha una struttura per scadenza
particolarmente ravvicinata. Un terzo del debito greco (quasi 40 percento del Pil)
scade nei prossimi tre anni. A questo si aggiungono i disavanzi di bilancio che devono
essere finanziati. In questa situazione un aumento temporaneo dei tassi si traduce in
un immediato e forte aumento delle spese per interesse su una grossa parte del
debito, che rappresenta una frazione ancora più elevata del Pil. Senza una pronta
manovra fiscale il deficit aumenta, aumentando il rischio di insolvenza, il quale a sua
volta fa lievitare i tassi. La Grecia è caduta in questo circolo vizioso a causa
dell'elevato livello del debito e della struttura delle scadenze troppo ravvicinata.
Il secondo motivo è la situazione economica di lungo periodo. Con una crescita
della popolazione dell'1 per cento e un aumento medio della produttività negli ultimi
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vent'anni dell'1,9 per cento, gli Stati Uniti hanno un tasso di crescita tendenziale del
3 per cento. Questo permette agli Stati Uniti di avere un deficit strutturale di
bilancio superiore al 2 per cento del Pil senza veder lievitare il rapporto tra debito e
Pil. La Grecia invece, con crescita della popolazione tendenzialmente negativa e un
bassissimo aumento della produttività, non può permettersi alcun deficit strutturale.
Anzi, ad Atene devono conseguire un avanzo di bilancio per ridurre un debito già
troppo elevato. Una contrazione fiscale, però, ha effetti negativi sul Pil e peggiora
ulteriormente il rapporto debito-Pil, mettendo in dubbio la capacità di fronteggiare
il peso del debito.
Non da ultimo, gli Stati Uniti dispongono della leva monetaria, di cui la Grecia non
dispone. A differenza della Banca centrale europea, la Federal reserve non ha la
proibizione di comprare titoli del Tesoro all'emissione. In sostanza, gli Stati Uniti
possono permettersi di monetizzare il debito, creando inflazione. La Grecia no.
L'unione monetaria europea è stata creata proprio per eliminare il rischio di
inflazione. Quello che non fu adeguatamente spiegato all'epoca è che il rischio di
inflazione è stato sostituito dal rischio di default. Possiamo discutere quale sia
peggio. Resta il fatto che la Grecia, il Portogallo e, in misura inferiore, la Spagna
hanno oggi un rischio elevato di insolvenza. Se non risistemano prontamente le loro
finanze, gli Stati Uniti non rischiano un default, ma un'impennata inflazionistica. Il
mercato non sembra temerlo ancora, ma ad ottobre il rischio Grecia sembrava
minimo. Di questi tempi il mercato cambia rapidamente. Sarebbe quindi meglio che
Obama facesse attenzione.
(20 maggio 2010)
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