rassegna di giurisprudenza
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01 2016 / RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA La rassegna delle principali sentenze in materia di diritto tributario, societario, penale, fallimentare e del lavoro. / RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA La Rassegna di giurisprudenza n. 1/2016 riporta le principali sentenze di interesse in materia di diritto tributario, societario, penale, fallimentare e del lavoro depositate nel corso del mese di dicembre 2015 © EUTEKNE 01/ Fisco 5 RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA 012016 INDICE 3 02/ Società, obbligazioni e contratti 14 03/ Attività finanziarie 17 04/ Procedure concorsuali 19 05/ Penale 21 06/ Lavoro 27 Accertamento e controlli Termini per i controlli - Proroga dei termini - Violazioni commesse dal socio di società di persone - Raddoppio dei termini per violazioni penali È fondato il ragionamento del giudice di merito, secondo cui il raddoppio dei termini per violazioni penali non può operare, in automatico, nei confronti del socio di società di persone, in quanto esso, specie se di minoranza, ben può essere estraneo all’amministrazione. Considerata, poi, la natura personale della responsabilità penale, “era a ritenersi infondata ed apodittica ogni affermazione sottesa a riversare in capo alla stessa [n.d.a la socia] eventuali responsabilità penali degli amministratori”. I giudici di Cassazione evidenziano che sarebbe stato necessario dimostrare il concreto operare gestionale del socio. Cass. 30.12.2015 n. 26068 Sanzioni amministrative Definizione agevolata - Definizione parziale - Ammissibilità Cass. 30.12.2015 n. 26061, a quanto risulta per la prima volta, afferma, in maniera implicita, che il contribuente può fruire della definizione al terzo della sanzione irrogata anche con riferimento ad una sola parte delle sanzioni. Quindi, la definizione in oggetto, che consente il ricorso limitatamente all’imposta, non deve necessariamente riguardare tutte le sanzioni contestate nell’avviso di accertamento. La soluzione illustrata era stata accolta anche da alcuna giurisprudenza di merito (C.T. Prov. Milano 18.6.2014 n. 5902/26/14). RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA 012016 01 / FISCO 5 Cass. 30.12.2015 n. 26061 IVA Operazioni imponibili - Compagnie aeree - Recupero dell’IVA sui biglietti emessi non utilizzati dai passeggeri (c.d. “no show”) - Esclusione La Corte di Giustizia UE, con sentenza del 23.12.2015, cause riunite C-250/14 e C-289/14, Air France - KLM e Hop!-Brit Air SAS, ha negato alle compagnie aeree la possibilità di recuperare l’IVA percepita sul prezzo di vendita dei biglietti emessi e non goduti dagli acquirenti (c.d. “no show”). La decisione della Corte si fonda sul principio che una prestazione di servizi è tale RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA 012016 quando effettuata a titolo oneroso e ciò avviene solo qualora tra fornitore e committente intercorra un rapporto giuridico nell’ambito del quale vi sia uno scambio di reciproche prestazioni (e il compenso ricevuto dal fornitore costituisca il controvalore del servizio reso). Nel caso in esame, quindi, la somma pagata dall’acquirente che non ha preso parte al volo non può qualificarsi come indennizzo. Difatti, la controprestazione relativa alla somma versata all’atto dell’acquisto del biglietto è costituita dal diritto di usufruire dell’esecuzione del contratto di trasporto, indipendentemente dal fatto che il passeggero si sia avvalso di tale diritto. 6 Corte di Giustizia UE 23.12.2015 cause riunite C-250/14 e C-289/14 tenza 22.12.2015, ha ritenuto possibile la stipula di un accordo tra due Stati, che impone agli istituti bancari la trasmissione dei dati dei correntisti a uno dei due Paesi. Infatti, tale accordo è conforme alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Più precisamente, secondo la Corte europea, pur rientrando i dati bancari tra i dati personali, risulta comunque legittima un’ingerenza prevista dalla legge, finalizzata alla tutela di un settore strategico per l’economia del Paese. Corte europea dei diritti dell’uomo 22.12.2015 ICI Immobili degli enti ecclesiastici concessi in comodato - Esenzione ICI Accordo fra Stati per la trasmissione dei dati bancari dei correntisti Contrasto con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo - Esclusione La Corte di Cassazione, con la sentenza 18.12.2015 n. 25508, è tornata sulla questione dell’esenzione ICI per gli immobili degli enti ecclesiastici. Nel caso di specie è stato deciso che gode del beneficio fiscale di cui all’art. 7 co. 1 lett. i) del DLgs. 504/92 l’immobile di proprietà di una Fondazione di Culto, concesso in comodato d’uso gratuito ad una ONLUS, per perseguire le finalità di promozione, educazione e assistenza in favore di studenti universitari. Secondo i giudici, la condizione necessaria perché spetti l’esenzione della “utilizzazione diretta del bene da parte dell’ente possessore” varrebbe soltanto nelle ipotesi di “locazione” del bene ad altro ente, o di “concessione di beni demaniali”. Nel caso di specie, inoltre, tra i due enti (comodante e comodatario) esiste un rapporto di stretta strumentalità nella realizzazione dei loro compiti istituzionali, motivo per cui secondo la Corte si configurerebbe una fattispecie simile a quella considerata nella ris. Min. Economia e Finanze 4.3.2013 n. 4/DF, in cui l’Amministrazione finanziaria ha ritenuto che l’esenzione di cui alla citata lett. i) spettasse nell’ipotesi in cui l’immobile è concesso in comodato a un altro ente non commerciale appartenente alla stessa struttura dell’ente concedente per lo svolgimento di un’attività meritevole prevista dalla norma agevolativa. La Corte europea dei diritti dell’uomo, nella sen- Cass. 18.12.2015 n. 25508 Processo tributario Procedimento dinanzi alla C.T. Provinciale - Spese processuali Condanna alle spese - Condanna ad una somma equitativamente determinata - Responsabilità di Equitalia L’Agente della riscossione è processualmente responsabile come qualsiasi altra parte processuale, non avendo nessuna rilevanza il fatto che esso, tecnicamente, agisce come mandatario, per riscuotere un credito facente capo all’ente impositore. A conforto di ciò, basta rammentare che, se ritiene, Equitalia può chiamare in causa l’ente creditore interessato, al fine di evitare di rispondere della lite. Opera quindi, pure nei suoi confronti, l’art. 96 co. 3 c.p.c., secondo cui il giudice può condannare la parte soccombente al versamento di una somma equitativamente determinata. Cass. 22.12.2015 n. 25852 Accertamento e controlli La Corte di Cassazione, nella sentenza 18.12.2015 n. 25478, ha illustrato il trattamento impositivo dell’atto di istituzione di trust operato prima dell’entrata in vigore del DL 262/2006, ovvero prima della “reistituzione” delle imposte sulle successioni e donazioni. Secondo la Corte, in particolare, l’atto istitutivo di trust andava assoggettato all’imposta di registro nella misura fissa. Nella motivazione della sentenza si legge, infatti, che non era corretto applicare l’imposta di registro proporzionale del 3%, a norma dell’art. 9 della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/86, atteso che all’atto di istituzione di trust mancherebbe il “contenuto patrimoniale” richiesto dall’art. 9 citato, non trattandosi di un atto oneroso. Infine, la Corte esclude anche la debenza delle imposte ipotecaria e catastale proporzionali al momento dell’istituzione, atteso che non si può ritenere che il trust sia “immediatamente produttivo di effetti traslativi”: solo il trasferimento finale di beni al beneficiario può essere assoggettato all’imposizione sui trasferimenti. Cass. 18.12.2015 n. 25473 Cass. 18.12.2015 n. 25480 Agevolazioni prima casa Accertamento e controlli Lungaggini per lo sfratto dell’inquilino - Decadenza dell’agevolazione Esclusione Redditometro - Aumento di capitale sociale - Sottoscrizione - Rilevanza Ai fini dell’accertamento sintetico basato sull’incremento della spesa patrimoniale, non ha, di per sé, valore la sottoscrizione di un aumento di capitale sociale, in quanto ciò non necessariamente comporta un esborso di denaro. Infatti, l’aumento può attuarsi anche mediante conferimento di servizi, assunzione di obblighi, come ad esempio l’accollo dei debiti della società conferitaria verso terzi. Se si tratta del caso da ultimo accennato, come già rilevato in termini generali (cfr. Cass. 10.9.2014 n. 19030), non rileva il solo dato relativo all’accollo, ma l’effettiva estinzione del debito accollato. Processo tributario Procedimento dinanzi alla C.T. Provinciale - Fase istruttoria - Poteri del giudice - Poteri istruttori ex art. 7 del DLgs. 546/92 - Limiti all’utilizzo I poteri del giudice tributario, specie a seguito del DL 203/2005, che ha espunto dall’art. 7 del DLgs. 546/92 l’ordine di esibizione di documenti, non possono sopperire alle carenze probatorie delle parti. Pertanto, va dichiarato nullo l’atto “successivo” emesso in assenza di notifica di quello “presupposto”, anche quando la prova della notifica di quest’ultimo sia stata depositata dalla parte a seguito di ordine giudiziale. Trattasi, nella specie, di utilizzo illegittimo dei poteri attribuiti al giudice dall’art. 7 del DLgs. 546/92. Cass. 18.12.2015 n. 25465 La Corte di Cassazione, nell’ordinanza 17.12.2015 n. 25437, chiarisce che può configurare un’ipotesi di “forza maggiore”, idonea ad impedire il perfezionarsi della decadenza dall’agevolazione “prima casa”, il fatto che la procedura di sfratto per morosità intentata nei confronti dell’inquilino occupante l’immobile acquistato si prolunghi oltre i tempi ordinari. In particolare, nel caso di specie, l’acquirente di un immobile, dopo aver goduto dell’agevolazione prima casa per l’acquisto, non trasferiva la residenza in esso nei 18 mesi successivi all’atto. Tuttavia, egli sosteneva che la decadenza non si fosse verificata in quanto il trasferimento era stato impedito dal prolun- 012016 Imposte ipotecaria e catastale - Atto di dotazione del trust - Imponibilità Misura fissa È dunque onere dell’Agenzia delle Entrate dimostrare che, nel caso di specie, l’aumento di capitale sociale ha causato un esborso monetario. RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA Imposte indirette 7 garsi della procedura di sfratto intentata nei confronti dell’inquilino che abitava l’immobile. Infatti, nel caso di specie, i termini dello sfratto dovevano scadere prima del termine di 18 mesi ma, a causa degli ostacoli frapposti dall’inquilino, la procedura si era prolungata per 10 mesi oltre quelli “ordinari”. In questo caso, secondo la Corte di Cassazione, non si può escludere la forza maggiore, atteso che la situazione verificatasi risulta effettivamente imprevedibile, non imputabile ed inevitabile dal contribuente. Cass. 17.12.2015 n. 25437 RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA 012016 Riscossione 8 Fermo dei beni mobili registrati - Giurisdizione - Fermo derivante da pretese rientranti in differenti giurisdizioni - Legittimità costituzionale - Manifesta inammissibilità Corte Cost. 17.12.2015 n. 269 ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale, tra gli altri, degli artt. 2 e 19 del DLgs. 546/92, relativamente alla giurisdizione in tema di ricorso contro il preavviso di fermo dei beni mobili registrati. Sulla questione, dunque, i giudici costituzionali non si sono pronunciati, per motivi di ordine processuale. Rimane così aperto il problema derivante dal fatto che, se mediante l’atto esattivo (cartella di pagamento, intimazione ad adempiere, preavviso di fermo ...) vengono richieste entrate di diversa natura, il debitore può dover essere costretto a presentare anche quattro ricorsi dinanzi a quattro giudici diversi, magari appartenenti a più giurisdizioni. L’ipotesi classica è la cartella di pagamento ove vengono esatti sia tributi che contributi INPS (per i tributi c’è la giurisdizione tributaria con ricorso da notificare entro i 60 giorni ex art. 21 del DLgs. 546/92, per i contributi, di contro, sussiste la giurisdizione ordinaria con ricorso da notificare entro 40 giorni ex art. 24 del DLgs. 46/99). Corte Cost. 17.12.2015 n. 269 IVA Presupposto oggettivo - Differenze tra aliquote IVA ordinarie applicate dagli Stati membri - Realizzazione di un’operazione che determina l’applicazione di un’aliquota IVA minore Secondo quanto stabilito dalla Corte di Giustizia UE, con sentenza del 17.12.2015 relativa alla causa C-419/14, la realizzazione di un’operazione che determini l’applicazione di un’aliquota IVA minore derivante dal differente livello di tassazione esistente in due Stati membri della UE non è di per se un vantaggio fiscale che possa far scattare un abuso contrario ai principi del tributo. La nozione di “luogo della prestazione di servizi” contenuta nella direttiva 2006/112/CE, agli effetti dell’IVA, ha un carattere obiettivo e, dunque, come evidenzia la Corte Ue, si applica indipendentemente dagli scopi e dai risultati delle operazioni, senza che l’Amministrazione tributaria sia obbligata a indagare sulla volontà del soggetto passivo. Per cui, considerato che le differenze tra le aliquote IVA ordinarie applicate dagli Stati membri derivano dall’assenza di armonizzazione completa attuata dalla direttiva 2006/112/CE, la Corte ritiene che il fatto che un contratto di licenza per la concessione di un know-how concluso con una società con sede inferiore rispetto a quella dello Stato membro in cui ha sede la società titolare della licenza non può, in mancanza di altri elementi, essere considerato come una pratica abusiva alla luce del diritto comunitario di libera prestazione di servizi. Corte di Giustizia UE 17.12.2015 causa C-419/14 Imposte dirette Controlled foreign company legislation - Costruzione di puro artificio - Libertà di stabilimento e stipula di convenzioni contro la doppia imposizione La Corte di Cassazione, richiamando la Corte di Giustizia Europea 12.9.2006 causa C-196/04, individua le seguenti condizioni al cui ricorrere la normativa CFC può essere considerata compatibile con i principi comunitari: da un lato, il fatto che la controllata non risulti “realmente impiantata nello Stato di stabilimento”, né ivi “eserciti attività economiche effettive”, dall’altro l’accertamento che si tratti di “costruzioni di puro artificio destinate ad eludere l’imposta nazionale normalmente dovuta”. Tale impostazione risulta sovrapponibile a quella adottata dall’art. 167 co. 5 del TUIR. Inoltre, nel ritenere infondata la dedotta violazione delle norme contenute nella Convezione contro le doppie imposizioni stipulata tra Italia e Cipro, la Corte ha sancito la possibilità, per lo Stato della fonte (nel caso di interesse, l’Italia), di tassare i proventi diretti a un residente cipriota nella misura in cui, diversamente operando, si avrebbe una distorsione delle norme “distributive” convenzionali, relative all’esercizio del potere impositivo degli Stati, e si consentirebbe una forma di pianificazione fiscale “aggressiva” oltre che lesiva della libera concorrenza tra gli operatori economici. L’obiettivo perseguito da uno Stato mediante la stipula della Convezione – prosegue la Cassazione – ovvero quello di eliminare la doppia imposizione, non può essere spinto al punto tale da consentire un abuso della Convenzione stessa che realizzerebbe un fenomeno di doppia non imposizione. dopo il trasferimento, fossero state assunte alcune delibere di distribuzione di dividendo, poi confluite in un bilancio infrannuale non regolarmente approvato. Infatti, da un lato, né le delibere di distribuzione di utili, né il bilancio infrannuale possono essere assimilate ad un “bilancio approvato”, come richiesto, invece, dall’art. 16 co. 1 lett. b) del DLgs. 346/90; d’altro canto, secondo la Corte, le delibere suddette non costituiscono “mutamenti sopravvenuti” da tenere in considerazione ai fini della determinazione del valore delle quote. Cass. 16.12.2015 n. 25281 L’acquisto separato di un secondo immobile da accorpare all’abitazione già acquistata con l’agevolazione prima casa può, a sua volta, godere del beneficio, purché i due immobili siano oggetto di “riunificazione per intercomunicazione fisica”. Ove l’accorpamento tra i due immobili, in concreto, non venga realizzato, si configura la decadenza dal beneficio e l’Amministrazione finanziaria è legittimata ad accertare le maggiori imposte di registro, ipotecaria e catastale, a meno che il mancato accorpamento non sia da imputare ad una causa di “forza maggiore”, da valutare in concreto. Nel caso di specie, il contribuente affermava che la riunificazione non si fosse realizzata a causa di un impedimento di “forza maggiore”, Imposte sulle successioni e donazioni Base imponibile - Quote di partecipazione in società di capitali Determinazione del valore - Valore di bilancio - Mutamenti sopravvenuti La Corte di Cassazione, nella sentenza 11.12.2015 n. 25007, ha affermato che la base imponibile dell’imposta sulle successioni, in relazione al trasferimento mortis causa delle quote di partecipazione in una spa, deve essere determinata con riferimento al valore di esse come desunto dall’ultimo bilancio regolarmente approvato, a nulla rilevando che, Cass. 11.12.2015 n. 25007 In caso di riqualificazione degli atti ex art. 20 del TUR, il termine triennale di decadenza entro cui va notificato l’avviso di liquidazione decorre dalla registrazione dell’ultimo atto della fattispecie complessa. Cass. 11.12.2015 n. 25001 Agevolazioni prima casa Acquisto di immobile contiguo alla “prima casa” - Mancata riunificazione Forza maggiore RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA Interpretazione degli atti - Termine triennale di decadenza - Decorrenza 012016 Imposte di registro 9 012016 RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA 10 costituito dal ritardo nella ristrutturazione dell’immobile, causato da “impedimenti frapposti dalla Soprintendenza ai beni ambientali ed architettonici”, atteso che gli immobili erano vincolati e siti nel centro storico. La Corte di Cassazione, in relazione alla verifica della sussistenza di un’ipotesi di “forza maggiore”, cassa le affermazioni della Commissione tributaria che aveva escluso la “forza maggiore” sulla base della considerazione di “massima” secondo cui la possibilità di complicanze e di imprevisti, nell’ambito della ristrutturazione di immobili storici ben potrebbe essere prevista “da chi opera nel campo dalle ristrutturazione di immobili vincolati”, senza aver neppure dimostrato che in concreto il contribuente operasse in tale settore. In particolare, secondo la Corte di Cassazione, la verifica della causa di “forza maggiore” va operata in concreto e non basandosi su “certezze private di incerta origine”: il giudice avrebbe, dunque, dovute verificare se, in concreto, nel caso di specie, il ritardo fosse “prevedibile” e, pertanto, rinvia la causa ad altro giudice. Cass. 10.12.2015 n. 24963 Riscossione Rimborsi d’imposta - Presentazione dell’istanza - Imposta ipotecaria e catastale dovute in misura fissa sul trasferimento dell’immobile strumentale in costruzione - Rimborso dell’imposta pagata in misura proporzionale - Termine di tre anni Decorrenza Il diritto al rimborso delle imposte ipotecaria e catastale, relative all’acquisto di un immobile strumentale in costruzione, erroneamente versate dal contribuente in misura proporzionale, decorre dal giorno del pagamento del tributo. In particolare, i giudici precisano che il termine dei tre anni (indicato all’art. 77 del DPR 131/86 e all’art. 17 co. 5 del DLgs. n. 347/90) per il rimborso decorre dal giorno del pagamento o dal giorno in cui è sorto il diritto alla restituzione e non dal giorno in cui è pubblicata la circolare con cui l’Amministrazione finan- ziaria chiarisce e specifica quanto contenuto nella normativa stessa (ossia che, alle cessioni di immobili strumentali non ultimati, devono applicarsi le imposte di registro, ipotecaria e catastale, in misura fissa). Cass. 10.12.2015 n. 24956 Accertamento e controlli Verifica fiscale - Contraddittorio preventivo - Obbligo generalizzato - Tributi “armonizzati” e non “armonizzati” Non esiste, nell’ordinamento tributario nazionale, un principio generale, nemmeno derivante dai precetti costituzionali, che impone all’Amministrazione finanziaria un obbligo generalizzato circa l’instaurazione del preventivo contraddittorio con il contribuente. Quindi, in linea generale, nelle c.d. “indagini a tavolino”, è legittima la notifica dell’avviso di accertamento o di altro atto impositivo senza la necessità che, in un momento antecedente, il contribuente sia convocato presso gli uffici o sia stato formato il verbale ex art. 24 della L. 4/29. Tuttavia, rimane la necessità del verbale ex art. 24 della L. 4/29 e del rispetto dei sessanta giorni ex art. 12 co. 7 della L. 212/2000 ove la verifica si svolga presso i locali dove è esercitata l’attività del contribuente. Il discorso è diverso nei tributi armonizzati (come ad esempio l’IVA), in cui il diritto al preventivo confronto discende in via diretta dal diritto comunitario. Nella menzionata fattispecie, dunque, l’Amministrazione finanziaria, prima di emettere l’atto impositivo, deve confrontarsi con il contribuente, ma l’omissione di ciò non sempre causa la nullità dell’atto. L’invalidazione, infatti, opera solo quando, come affermato nella sentenza Kamino (Corte di Giustizia 3.7.2014 causa C-129/13 e C-130/13), sia dimostrato che, se il contraddittorio fosse stato instaurato, il procedimento avrebbe avuto un esito diverso. Quest’ultimo requisito va però contestualizzato, per evitare che si concretizzi in un nulla di fatto. Il contribuente, in giudizio, deve addurre le ra- gioni che avrebbe potuto far valere nel contraddittorio, “e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa”. Quindi, esso, anche in Cassazione, può far valere la sopravvenienza del giudicato esterno, nella misura in cui l’accertamento della sentenza cui si invoca l’autorità del giudicato abbia esaminato nel merito la questione, ed abbia escluso la fondatezza dell’accertamento. Cass. SS.UU. 9.12.2015 n. 24823 Cass. 4.12.2015 n. 24793 Operazioni esenti - Attività di gestione dei fondi comuni di investimento immobiliare IRAP La Corte di Giustizia UE, con sentenza del 9.12.2015, relativa alla causa C-595/13, ha stabilito che anche la società che raccoglie capitali per l’acquisto, la detenzione, la gestione e la rivendita di beni immobili, per conseguirne un profitto, distribuito agli investitori sotto forma di dividendi, rientra nella nozione di “fondi comuni d’investimento”, se soggetta a vigilanza statale. Per la gestione dei “fondi comuni d’investimento” si applica il regime di esenzione IVA di cui all’art. 135, par. 1, lett. g) della direttiva 2006/112/CE. La Corte stabilisce, tuttavia, che la nozione di “gestione”, ai fini del regime di esenzione, non può applicarsi anche all’effettiva amministrazione dei beni immobili, la quale va al di là delle diverse attività connesse all’investimento collettivo dei capitali raccolti. La Corte di Cassazione, con la sentenza 4.12.2015 n. 24788, ha affermato che, al fine di desumere l’esistenza di un’autonoma organizzazione, non è sufficiente la circostanza di avvalersi di un agente e/o, per contratto, di una società organizzatrice di spettacoli, dovendosi estendere l’accertamento alla natura, ossia alla struttura e alla funzione, dei due rapporti giuridici. Pertanto, a nulla rileva che un attore spenda, per la sua attività professionale, più di quanto possa ragionevolmente ritenersi, dal momento che il denaro opera in sé come fattore di scambio monetario e non come fattore produttivo specifico. Corte di Giustizia UE 9.12.2015 causa C-595/13 Rimborso annuale - Spese sostenute su beni di terzi - Terreno in comodato - Costruzione di complesso turistico Rimborso IVA - Esclusione Accertamento e controlli Accertamento presuntivo Presunzione di distribuzione utili extracontabili nelle società di capitali Giudicato formatosi nei confronti della società - Riflesso nei confronti del socio Negli accertamenti basati sulla presunzione di distribuzione dei maggiori utili extrabilancio, la rettifica eseguita nei confronti del socio è una necessaria conseguenza di quella sociale. Pertanto, ove i processi instaurati dalla società e dai soci pendano in gradi diversi e, quindi, non siano stati riuniti, il giudicato di accoglimento del ricorso proposto dalla società ha un automatico effetto nei confronti del socio. Cass. 4.12.2015 n. 24788 IVA La Corte di Cassazione, con sentenza n. 24779 del 4.12.2015, ha chiarito che l’IVA assolta sulle spese sostenute sui beni di terzi non può essere chiesta a rimborso, essendo necessario non solo che il bene sia destinato all’esercizio dell’attività di impresa, ma anche che ne sia stata acquistata la proprietà o un altro diritto reale di godimento. Secondo la Cassazione il disposto dell’art. 30 co. 2 del DPR 633/72, facendo riferimento ai soli beni ammortizzabili per l’accesso al rimborso annuale del credito IVA, impone che i beni in questione costituiscano immobilizzazioni materiali o 012016 Autonoma organizzazione - Prestazioni di agenzia - Irrilevanza RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA IVA 11 immateriali. Per cui, non può ritenersi spettante il rimborso avente ad oggetto l’imposta assolta per ristrutturare beni di terzi, posto che i suddetti beni non rientrano tra i cespiti ammortizzabili che legittimano l’esercizio del diritto di rimborso. Cass. 4.12.2015 n. 24779 di distribuzione degli utili extracontabili, l’accertamento del socio è una necessaria conseguenza di quello emesso in capo alla società. Pertanto, ove possibile, il processo instaurato dal socio deve essere sospeso ai sensi dell’art. 295 c.p.c. in attesa che diventi definitivo l’accertamento notificato alla società, espressione di un processo pregiudiziale. IRAP Cass. 2.12.2015 n. 24572 RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA 012016 Determinazione della base imponibile - Esercenti attività d’impresa Cessione di calciatori - Imponibilità - Inapplicabilità delle sanzioni per obiettiva incertezza normativa 12 Con la sentenza 2.12.2015 n. 24588, la Corte di Cassazione conferma l’imponibilità, ai fini IRAP, delle plusvalenze derivanti dalla cessione di calciatori e di diritti di compartecipazione da parte delle società sportive professionistiche. Viene altresì riconosciuta, sulla questione oggetto di pronuncia, la sussistenza delle condizioni di obiettiva incertezza normativa. In particolare, i giudici di legittimità respingono il ricorso dell’Agenzia delle Entrate contro la sentenza della Commissione Tributaria Regionale che ha considerato non dovute le sanzioni a fronte dell’omessa dichiarazione delle suddette plusvalenze (e minusvalenze). Nel caso di specie, infatti, proprio a fronte dei citati contrasti giurisprudenziali, la Cassazione ritiene sussistente l’esimente dell’obiettiva incertezza normativa, almeno fino all’emanazione del parere del Consiglio di Stato n. 5285 dell’11.12.2012 (che si è pronunciato per la rilevanza di tali elementi reddituali). Cass. 2.12.2015 n. 24588 Accertamento e controlli Accertamento presuntivo - Presunzione di distribuzione utili extracontabili nelle società di capitali - Processi del socio e della società pendenti Sospensione del processo del socio Negli accertamenti basati sulla presunzione Accertamento e controlli Poteri degli Uffici - Rifiuto di esibizione dei documenti - Elemento soggettivo Necessità del dolo Il c.d. “rifiuto di esibizione” dei documenti opposto dal contribuente nella fase amministrativa comporta l’inutilizzabilità dei medesimi solo se connotato da dolo, e non da semplice colpa. Non ha, dunque, alcun effetto preclusivo la dichiarazione del contribuente di non possedere il documento richiesto, se dipende da forza maggiore, caso fortuito oppure colpa, “quale ad esempio la negligenza e imperizia nella custodia e conservazione”. Sono pertanto confermati i principi affermati nella sentenza delle Sezioni Unite 25.2.2000 n. 45, nonostante, almeno in apparenza, possa rinvenirsi, negli anni successivi al 2000, un orientamento difforme. Cass. 2.12.2015 n. 24503 Accertamento e controlli Avviso di accertamento Sottoscrizione - Mancata esibizione della delega - Conseguenze Ai sensi dell’art. 42 del DPR 600/73, l’avviso di accertamento è nullo se non sottoscritto dal capo dell’ufficio oppure da un soggetto da questi delegato, a condizione che sia appartenente alla carriera direttiva. Ciò opera anche per l’IVA, stante il rinvio alle disposizioni in tema di imposte sui redditi di cui all’art. 56 del DPR 633/72. L’orientamento secondo il quale l’atto è legit- IVA L’obbligo di regolarizzazione del cessionario/ committente ex art. 6 co. 8 del DLgs. 471/97 non comporta che questi, ricevuta la fattura dal cedente/prestatore, sia tenuto a sindacare le valutazioni giuridiche da esso effettuate. Infatti, non essendo il soggetto passivo d’imposta, il cessionario/committente è tenuto a censurare solo la regolarità formale della fattura, mentre ciò “non esige invece il controllo sostanziale della corretta qualificazione fiscale dell’operazione”. Nel caso di specie, i giudici hanno ritenuto che non rientra nell’obbligo di regolarizzazione la mancata applicazione dell’IVA ad opera del cedente/prestatore. Secondo quanto deciso da C.T. Prov. Milano, con sentenza n. 9553/25/15 del 26.11.2015, maturano gli interessi sul credito IVA richiesto a rimborso ai sensi dell’art. 38-bis del DPR 633/72 anche nel caso in cui la fideiussione sia presentata con ritardo. In sostanza, gli interessi maturano anche per il periodo che intercorre tra la data della richiesta della fideiussione e quella sua effettiva presentazione. La decisione dei giudici milanesi si fonda sul principio che la fideiussione sul credito a rimborso “costituisce una garanzia per l’erogazione del rimborso già liquidato, ma non ha funzione di accertamento della fondatezza del diritto al rimborso” già riconosciuto dall’Ufficio, che ha provveduto a comunicare l’esito positivo dell’erogazione del rimborso al termine della fase istruttoria. L’interpretazione dei giudici è suffragata dal dato letterale dell’art. 38-bis co. 1 del DPR 633/72 che prevede la sospensione degli interessi “per il periodo intercorrente tra la data di richiesta di documenti e la data della loro consegna”, con riferimento alla suddetta fase istruttoria della procedura di rimborso, tesa alla verifica della esistenza del credito e della spettanza del rimborso. C.T. Prov. Reggio Emilia 2.12.2015 n. 486/3/15 C.T. Prov. Milano 26.11.2015 n. 9553/25/15 Cass. 2.12.2015 n. 24492 IVA Obblighi dei contribuenti - Fattura omessa/irregolare ad opera del cedente - Omessa regolarizzazione del cessionario 012016 Rimborso annuale - Esecuzione del rimborso - Tardiva presentazione della garanzia patrimoniale - Maturazione degli interessi RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA timo a prescindere da ogni questione riferibile alla sottoscrizione nella misura in cui sia provata la sua riconducibilità all’Agenzia delle Entrate vale solo per diversi atti impositivi (ad esempio, cartella di pagamento, diniego di condono, avviso di mora), ove, nel sistema normativo di riferimento, non è presente una norma di tenore analogo all’art. 42 del DPR 600/73. 13 RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA 012016 02 / SOCIETÀ, OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 14 Beni immateriali Registrazione di marchio comunitario di prodotto - Capacità distintiva del marchio - Utilizzo del nome di un fiore Ammissibilità Il Tribunale UE, con sentenza del 16.12.2015 (relativa alle cause riunite T-381/13 e T382/13), ha statuito il diritto di una società di registrare un marchio comunitario di un prodotto che fa riferimento ad una determinata “forma” (nel caso di specie, il nome di un fiore). Secondo i giudici, infatti, l’utilizzo di un termine che fa riferimento ad un oggetto di conoscenza comune non fa perdere la forza distintiva del prodotto registrato con quel marchio. Più precisamente, i giudici, soffermandosi sull’art. 7 del Regolamento n. 207/2009, in base al quale sono esclusi dalla registrazione i marchi composti da segni o indicazioni, volti ad individuare determinate categorie di oggetti, hanno affermato che il fatto che i consumatori conoscano la forma a cui si riferisce il marchio comunitario del prodotto registrato, non comporta che gli stessi debbano ritenere necessariamente che i prodotti oggetto di tali domande avranno tale forma. Trib. UE 16.12.2015 cause riunite T-381/13 e T-382/13 Società in nome collettivo Amministrazione - Azioni di responsabilità contro gli amministratori - Termini di prescrizione - Sospensione fino alla cessazione della carica ex art. 2941 n. 7 c.c. - Inapplicabilità - Illegittimità costituzionale La Corte Costituzionale, nella sentenza 11.12.2015 n. 262, ha stabilito che è costituzionalmente illegittimo, per contrasto con l’art. 3 Cost., l’art. 2941 n. 7 c.c. nella parte in cui non prevede che la prescrizione quinquennale sia sospesa tra la snc ed i suoi amministratori, finché sono in carica, per le azioni di responsabilità contro di essi. Ed, infatti, anche dopo Corte Cost. n. 322/98 – che ha dichiarato l’illegittimità della norma in questione nella parte in cui non Corte Cost. 11.12.2015 n. 262 Procedura civile Notificazioni - Consegna all’ufficiale giudiziario per la notifica - Interruzione della prescrizione Con la sentenza n. 24822 del 9.12.2015, la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, ha statuito che la prescrizione del diritto esercitato con l’atto processuale è interrotta con la consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario. La questione riguarda il principio della diversa decorrenza degli effetti della notificazione per il notificante e il notificato. Più precisamente, secondo i giudici anche per gli atti processuali vale il principio della certezza giuridica, tutelata, attraverso l’applicazione della tecnica del bilanciamento, con la consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario. Infatti, la pronuncia mette in evidenza la necessità di allocare il vantaggio sulla parte incolpevole (notificante). Successioni Erede legittimario - Lesione della quota di legittima - Reintegrazione della quota di legittima e qualità di erede pro quota Con la sentenza n. 24755 del 4.12.2015 la Cassazione ha riconosciuto all’erede legittimario, che, vedendo lesa la sua quota di legittima, agisce in riduzione delle disposizioni testamentarie, il diritto di ottenere dal giudice una sentenza che definisca l’entità della quota che gli spetta sulla massa ereditaria. Più precisamente, il giudice, nell’accogliere la domanda di riduzione, deve indicare i beni ereditari e la quota di partecipazione del legittimario sui beni stessi e non limitarsi a liquidare in denaro il controvalore della quota di eredità. Cass. 4.12.2015 n. 24755 Persone e famiglia Accordi patrimoniali in sede di separazione - Mancanza di omologa giudiziale La Cassazione con sentenza n. 24621 del 3.12.2015 ha statuito la validità dell’accordo a contenuto patrimoniale stipulato tra coniugi, non destinato a essere omologato dal giudice e finalizzato, di fatto, a transigere il giudizio di separazione coniugale. In particolare, i giudici, 012016 Cass. SS.UU. 9.12.2015 n. 24822 RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA prevede che la prescrizione rimanga sospesa tra la “sas” ed i suoi amministratori, finché sono in carica, per le azioni di responsabilità contro di essi – per le azioni di responsabilità intraprese dalle snc contro gli amministratori non opera la sospensione della prescrizione, sancita per le persone giuridiche e per le sas. Ed, allora, il contrasto con il principio di eguaglianza appare stridente. Ciò, in particolare, tra snc e sas; dal momento che quest’ultima è assoggettata alle disposizioni della snc nei limiti di compatibilità con il tipo sociale (art. 2315 c.c.). Seppure accomunate da una disciplina omogenea nei tratti salienti, tali società differiscono nel regime di sospensione della prescrizione delle azioni di responsabilità, realizzandosi una disparità di trattamento priva di una plausibile giustificazione, al pari di quanto accade tra snc e persone giuridiche. Peraltro, le motivazioni che hanno condotto ad estendere alle sas la sospensione della prescrizione vigente per le persone giuridiche “prescindono” dalla peculiare composizione delle sas e dalla distinzione tra accomandanti e accomandatari che ne condiziona alcune specificità di disciplina. Esse, in quanto dotate di valenza generale, si raccordano alla ratio della causa di sospensione della prescrizione e sono riferibili anche alle snc. La causa di sospensione in discussione si correla al rapporto gestorio e si atteggia in termini unitari con riguardo alle esigenze di tutela della società. Durante la permanenza in carica degli amministratori è più difficile per la società acquisire compiuta conoscenza degli illeciti da essi commessi e determinarsi verso azioni di responsabilità, e la contrapposizione di interessi tra società e amministratori – che ostacola un’azione efficace e tempestiva della società – non ha alcuna attinenza con la personalità giuridica. 15 discostandosi dall’orientamento tradizionale (che considerava nulli, per illiceità della causa, i patti stipulati prima del matrimonio o in sede di separazione, in quanto ritenuti avere a oggetto materie non negoziabili senza l’intervento del giudice, quali lo status di coniuge e l’assegno di divorzio), ritengono che possa escludersi che “l’interesse della famiglia” sia superiore e trascendente rispetto a quello dei singoli componenti, per cui si deve ritenere ammissibile un’ampia autonomia negoziale (seppur adottando talune cautele laddove sia necessario tutelare i diritti dei minori e, in genere, i diritti dei soggetti più deboli). RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA 012016 Cass. 3.12.2015 n. 24621 16 Espropri e risarcimenti Permute di terreni - Attuazione di progetti di interesse generale Indennizzo Il TAR Puglia, con la sentenza 3.12.2015 n. 1590, ha esaminato un caso di esproprio relativo a un consorzio. Nel caso di specie, il titolare di un lotto era stato espropriato ricevendo come indennizzo un’area, in permuta. Il Comune, infatti, su richiesta di altri proprietari consorziati che intendevano realizzare un ampio piano urbanistico, aveva fatto applicazione dell’art. 27 della L. 166/2001 che consente alla maggioranza assoluta dei proprietari di espropriare aree dei consorziati in disaccordo, ricorrendo a permute per gli indennizzi. A seguito del ricorso dell’espropriato, il TAR, con interpretazione restrittiva, ha ritenuto la norma sulle permute applicabile solo nel caso di piani di riabilitazione urbana, ovvero solo ove si tenda alla riqualificazione di immobili ed attrezzature, al miglioramento dell’accessibilità e mobilità urbana, riordinando reti di trasporto e infrastrutture. Negli altri casi, invece, chi è espropriato ha diritto a ricevere un corrispettivo in denaro. TAR Puglia 3.12.2015 n. 1590 Società a responsabilità limitata Circolazione delle quote - Clausola di prelazione - Violazione - Conseguenze La Corte di Cassazione, nella sentenza 2.12.2015 n. 24559, ha ribadito che la violazione della clausola statutaria di prelazione ha “efficacia reale” e, pertanto, è opponibile rispetto al terzo acquirente in caso di cessione della quota effettuata in violazione della clausola stessa, nel senso che il cessionario non entra a far parte della compagine sociale. La clausola in questione, tuttavia, non attribuisce alcun diritto di riscattare la partecipazione nei confronti dell’acquirente, riconoscendo solo quello al risarcimento dei danni eventualmente prodotti. Non sussiste, peraltro, un danno “in re ipsa” in caso di violazione della clausola statutaria attributiva di un diritto di prelazione, poiché la stessa assolve ad una funzione organizzativa per un interesse sociale e non del singolo socio. Di conseguenza, grava su quest’ultimo l’onere di allegare e dimostrare un suo specifico interesse all’acquisto della partecipazione societaria rimasto pregiudicato dalla condotta violativa, potendo solo in tal caso giustificarsi l’eventuale liquidazione equitativa del danno, ex art. 1226 c.c., in ragione dell’impossibilità o notevole difficoltà di una precisa quantificazione (cfr. Cass. n. 12370/2014). Cass. 2.12.2015 n. 24559 Antiriciclaggio Fattispecie di riciclaggio - Elementi distintivi rispetto al reato di ricettazione Il delitto di riciclaggio (art. 648-bis c.p.) si distingue da quello di ricettazione (art. 648 c.p.) non con riferimento ai reati presupposto, ma in base agli elementi strutturali, quali l’elemento soggettivo – che implica il dolo specifico dello scopo di lucro nella ricettazione e il dolo generico nel delitto di riciclaggio – e l’elemento materiale, con particolare riguardo alla idoneità ad ostacolare l’identificazione della provenienza del bene, quale indice caratteristico delle condotte di cui all’art. 648-bis c.p. Cass. 7.12.2015 n. 48316 Antiriciclaggio Fattispecie di riciclaggio Accertamento della provenienza delittuosa - Condotte idonee a renderlo solo difficoltoso - Confisca di prevenzione Integra il delitto di riciclaggio il compimento di operazioni volte non solo ad impedire in modo definitivo, ma anche a rendere difficile l’accertamento della provenienza delittuosa del denaro, dei beni o delle altre utilità, attraverso un qualsiasi espediente che consista nell’aggirare la libera e normale esecuzione dell’attività posta in essere. E ciò appare da configurare nel caso, corrispondente a quello di specie, in cui la condotta consista nella ricezione di somme di provenienza illecita su conti correnti personali e nella successiva effettuazione di operazioni bancarie comportanti ripetuti passaggi di denaro di importo corrispondente su conti di diverse società, oggettivamente finalizzate alla schermatura dell’origine delle disponibilità (cfr. Cass. n. 3397/2013, che ha ravvisato riciclaggio anche con riferimento a fattispecie concernenti la effettuazione di versamenti di denaro di illecita provenienza in favore di varie società controllate dall’imputato, attraverso il temporaneo utilizzo di “conti di sponda” su cui affluiva in modo da non conservare traccia delle operazioni, mancando gli elementi identificativi della provenienza delle somme confluite nelle società, sia della destinazione di quelle dalle stesse defluite). In relazione alla confiscabilità del denaro ex art. 12-sexies del DL 306/92, inoltre, occorre considerare che, alla accertata sproporzione tra guadagni (desumibili dal reddito dichiarato RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA 012016 03 / ATTIVITÀ FINANZIARIE 17 012016 RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA 18 ai fini delle imposte) e patrimonio, scatta una presunzione “iuris tantum” di illecita accumulazione patrimoniale che può essere superata dall’interessato sulla base di specifiche e verificate allegazioni dalle quali si possa desumere la legittima provenienza del bene sequestrato in quanto acquistato con proventi proporzionati alla propria capacità reddituale lecita e, quindi, anche attingendo al patrimonio legittimamente accumulato (cfr. Cass. n. 29554/2015). A fronte di ciò, è corretto reputare generica e non rilevante la documentazione che, seppure utile a dimostrare l’attività professionale all’estero del titolare dei beni, non ne dimostri la provenienza lecita. Che il soggetto fosse produttivo di reddito all’estero e non tenuto a presentare denuncia dei redditi in Italia, in quanto iscritto all’AIRE, è un “non fatto” inidoneo a superare la presunzione di illecita accumulazione dovuta alla carenza di specifiche giustificazioni circa la provenienza lecita del patrimonio. La giustificazione credibile attiene alla positiva liceità della provenienza e non si risolve nella prova negativa della non provenienza dal reato per cui vi è stata condanna. La sproporzione, quindi, va calcolata avendo come punto di riferimento per il primo parametro il reddito netto (o l’attività economica) ossia la capacità reddituale. Intermediari finanziari Negoziazione in derivati con la clientela retail - Restituzione dell’indebito Con sentenza n. 23717 del 25.11.2015, il Tribunale di Roma ha confermato la natura indebita delle c.d. “commissioni implicite” in un contratto derivato IRS del tipo Collar. Infatti, secondo il Tribunale, tali commissioni: •• non sono previste dall’ordinamento; •• non sono contenute in clausole contrattuali; •• sono escluse dall’art. 23 co. 2 del TUF (che stabilisce la nullità della pattuizione di rinvio agli usi per la determinazione del corrispettivo, dei costi e degli oneri dovuti dai clienti alle banche). La Corte d’Appello di Milano, nella sentenza 11.11.2015 n. 4303, illustra le principali tematiche sottese alla negoziazione in derivati con la clientela retail. Tra l’altro, si afferma che: •• non ha valore l’autodichiarazione di operatore qualificato resa dal rappresentante di un Comune, ai sensi dell’art. 31 dell’ormai superato Regolamento intermediari di Consob, vigente all’epoca dei fatti. L’autodichiarazione costituisce soltanto una presunzione, che può essere vinta dalla prova positiva della insussistenza dei requisiti cumulativamente richiesti dal Regolamento e dalla prova della conoscenza, ovvero della conoscibilità in concreto della loro mancanza da parte dell’intermediario; •• se anche l’autodichiarazione fosse stata valida, non per questo sarebbero venuti meno gli obblighi a cui l’art. 21 del TUF tiene vincolato l’intermediario nei confronti di qualsiasi cliente. Essi consistono nel “dovere inderogabile di agire in qualità di cooperatore del cliente e nel suo esclusivo e miglior interesse”. Tali obblighi sono richiesti a maggior ragione nel caso di contratti OTC, cioè conclusi al di fuori dei mercati regolamentati, dove l’intermediario si trova in spiccato conflitto di interessi con la clientela, poiché contemporaneamente esso struttura geneticamente e propone il derivato; •• essendo i derivati contratti aleatori, gli elementi dell’alea e gli scenari ad essa conseguenti costituiscono la causa del contratto. È ovvio che, per loro natura, i derivati non incorporano la certezza di un determinato risultato a scadenza, né l’alea deve essere perfettamente bilanciata tra le parti. Nondimeno, rileva in maniera essenziale, costitutiva, la circostanza che l’alea sia conosciuta ex ante dalle parti con i suoi scenari probabilistici. Trib. Roma 25.11.2015 n. 23717 App. Milano 11.11.2015 n. 4303 Cass. 7.12.2015 n. 48288 Intermediari finanziari Derivati - Commissioni implicite Indebito Fallimento Chiusura della procedura di fallimento - Effetti La Corte di Cassazione, con la sentenza 14.12.2015 n. 25135, ha stabilito che: •• non possono essere chiamati in causa gli organi della procedura dal momento in cui viene chiuso il fallimento; gli organi stessi non possono neanche assumere provvedimenti o compiere atti (art. 120 del RD 267/42); •• qualunque provvedimento eventualmente emesso dal tribunale fallimentare dopo la chiusura del fallimento va considerato giuridicamente inesistente per assoluta carenza di potere. Cass. 14.12.2015 n. 25135 Fallimento Azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori - Esercizio da parte del curatore Caratteristiche - Decorrenza dei termini di prescrizione L’azione di responsabilità nei confronti dell’amministratore di società di capitali esercitata dal curatore fallimentare ex art. 146 del RD 267/42 compendia in sé le azioni di responsabilità della società (art. 2393 c.c.) e dei creditori sociali (art. 2394 c.c.) ed è diretta alla reintegrazione del patrimonio della società fallita, visto unitariamente come garanzia dei soci e dei creditori sociali. Essa, pur avendo contenuto inscindibile, offre al titolare la possibilità di scegliere quale in concreto esercitare e formulare istanze risarcitorie tanto con riferimento ai presupposti della responsabilità contrattuale verso la società, quanto a quelli della responsabilità extracontrattuale verso i creditori sociali. Tale scelta non è di poco conto, dal momento che tra le due azioni sussistono notevoli divergenze, non solo per quanto riguarda la decorrenza del termine di prescrizione, ma anche in relazione al diverso atteggiarsi dell’onere della prova e all’ammontare dei danni risarcibili (Cass. n. 15955/2012). Tuttavia, la scelta rappresenta evidentemente una facoltà, ben potendo il curatore scegliere di esercitare entrambe le azioni (anzi, come precisato da Cass. n. 10378/2012, laddove il curatore non abbia specificato il titolo sottostante, RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA 012016 04 / PROCEDURE CONCORSUALI 19 012016 RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA 20 deve presumersi che abbia inteso esercitare congiuntamente entrambe le azioni). Ai fini della decorrenza del termine quinquennale di prescrizione dell’azione dei creditori sociali occorre avere riguardo non al momento in cui essi abbiano avuto effettiva conoscenza dell’insufficienza patrimoniale, ma al momento, che può essere posteriore o anteriore al fallimento, in cui essi siano stati in grado di venire a conoscenza della situazione di grave e definitivo squilibrio patrimoniale della società (cfr. Cass. n. 9619/2009). L’onerosità della prova a carico del curatore ha indotto la giurisprudenza a introdurre una presunzione relativa (iuris tantum) di coincidenza del “dies a quo” con la dichiarazione di fallimento. Salva la prova contraria, a carico dell’amministratore, della diversa data anteriore di insorgenza dello stato di incapienza patrimoniale (Cass. n. 13378/2014). Tale prova, se è vero che può desumersi anche dal bilancio d’esercizio (Cass. n. 20476/2008), deve comunque avere ad oggetto fatti sintomatici di assoluta evidenza, nell’ambito di una valutazione che è riservata al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se non per vizi motivazionali che la rendano del tutto illogica o lacunosa. Cass. 4.12.2015 n. 24715 Concordato preventivo Dichiarazione di inammissibilità della proposta concordataria - Contenuto e limiti del sindacato del giudice Il Tribunale di Savona, con la pronuncia del 24.11.2015, nel dichiarare l’inammissibilità della proposta concordataria, ha ribadito alcuni principi già affermati da precedenti giurisprudenziali ed ha affermato, fra l’altro, che spetta ai creditori il sindacato sulla convenienza economica; il giudice, però, ha comunque il controllo sulla legittimità della procedura e sulla legalità della proposta. Il giudice, cioè, esamina l’esistenza/fattibilità della causa del negozio, quale possibilità della sua effettiva realizzazione in senso logico e giuridico. Trib. Savona 24.11.2015 Tenuità del fatto - Non punibilità Prescrizione - Abuso edilizio Nei reati permanenti (come la contravvenzione edilizia di cui all’art. 44 lett. b) del DPR. 380/2001) è preclusa, quando la permanenza non sia cessata, l’applicazione della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis c.p. Non si può considerare tenue un’offesa all’interesse penalmente tutelato che continua a protrarsi nel tempo; mentre l’eliminazione dell’opera abusiva può, sussistendo gli altri requisiti, consentire la non punibilità. Nel giudizio di rinvio per una nuova valutazione della particolare tenuità del fatto non può essere dichiarato prescritto il reato quando la causa estintiva sia sopravvenuta alla sentenza di annullamento parziale. può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore, che non sia stato in grado di porvi rimedio per cause estranee alla sua volontà o che sfuggono al suo dominio finalistico. È, quindi, irrilevante la c.d. “crisi di liquidità” del debitore alla scadenza del termine fissato per legge per operare il versamento, avendo l’obbligo, il debitore, per un verso, di accantonare le risorse necessarie per il soddisfacimento dell’obbligo tributario prioritario e, per altro, verso, di adottare tutte le iniziative per provvedere alla corresponsione del tributo. Il soggetto che subentri ad altri nella carica di liquidatore di una società di capitali dopo la presentazione della dichiarazione IVA e prima della scadenza del versamento, senza compiere il previo controllo di natura puramente contabile sugli ultimi adempimenti fiscali, risponde del reato di cui all’art. 10-ter del DLgs. 74/2000 quantomeno a titolo di dolo eventuale. Cass. 22.12.2015 n. 50215 Cass. 22.12.2015 n. 50209 Penale tributario Omesso versamento IVA - Mancanza di liquidità - Forza maggiore - Soggetto che subentra dopo la presentazione della dichiarazione e prima della scadenza dei termini di versamento Penale tributario L’inadempimento dell’obbligazione tributaria Con riferimento al delitto di dichiarazione in- Dichiarazione infedele - Responsabilità penale del socio amministratore Estensione agli altri soci a cui compete l’attività gestoria RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA Principi generali 012016 05 / PENALE 21 012016 RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA 22 fedele (art. 4 del DLgs. 74/2000), pur non trattandosi di reato proprio (in quanto realizzabile da chiunque), il soggetto attivo del reato è colui che inserisce all’interno della dichiarazione fiscale per l’anno di riferimento elementi passivi fittizi o comunque dati che rendono quella dichiarazione infedele. Non è, però, escluso che altri soggetti diversi dal materiale sottoscrittore della dichiarazione possano concorrere nel reato, come per esempio accade nella ipotesi in cui la dichiarazione infedele venga materialmente compilata dal consulente fiscale su incarico del contribuente. La sottoscrizione da parte di un socio amministratore di una società in nome collettivo non esonera, dunque, automaticamente gli altri soci amministratori dalle responsabilità fiscali, occorrendo invece accertare in concreto se gli altri soci svolgano attività gestionali in quella specifica materia e quale sia l’apporto concorsuale penalmente rilevante nella gestione della materia fiscale da parte dell’altro (o altri) socio. Cass. 22.12.2015 n. 50201 Responsabilità parapenale delle persone giuridiche Costituzione nel processo Rappresentante legale Conflitto di interessi Annullamento senza rinvio Il legale rappresentante di una società, indagato o imputato nel medesimo procedimento avverso l’ente, non è legittimato ad esprimere la volontà di quest’ultimo né a nominare il difensore di fiducia per lo stesso, ai sensi di quanto previsto dall’art. 39 del DLgs. 231/2001. Nel caso in cui si riscontri la sussistenza di un tale conflitto di interessi, deve dichiararsi la nullità assoluta di tutti i gradi di giudizio; nullità che può estendersi fino a travolgere l’udienza preliminare e il decreto che ha disposto il rinvio a giudizio dell’ente. Cass. 21.12.2015 n. 50102 Penale tributario Reati tributari del rappresentante legale - Profitto del reato - Sequestro e confisca del denaro presente sul conto corrente della società Nei confronti di una persona giuridica, per reati tributari commessi dal legale rappresentante della stessa, è possibile operare il sequestro preventivo finalizzato alla confisca; sequestro da intendere operato non già per equivalente bensì in via diretta; e, dunque, legittimo, laddove avente ad oggetto beni che, come le somme di denaro, rappresentano beni fungibili. Qualora il prezzo o il profitto derivante dal reato sia costituito da denaro, la confisca delle somme di cui il soggetto abbia comunque la disponibilità deve essere sempre qualificata come confisca diretta, ed in tal caso, tenuto conto appunto della particolare natura del bene, non occorre la prova del nesso di derivazione diretta tra la somma materialmente oggetto della confisca ed il reato. E se è ben vero che, specie ove si tratti di reati tributari – il cui profitto consistente nel mancato pagamento di imposta è certamente caratterizzato non già da un accrescimento del patrimonio bensì da una non diminuzione dello stesso – la mancata individuazione, naturalisticamente non possibile, del profitto direttamente derivato dal reato potrebbe, sotto tale profilo, comportare che la confisca sia in realtà più propriamente considerabile come una confisca per equivalente, una diversa conclusione, nel senso della natura diretta della confisca, si impone, a monte, in ragione appunto della natura fungibile dei bene appreso. Cass. 17.12.2015 n. 49673 Penale tributario Sequestro anche per equivalente del profitto del reato - Rateizzazione del debito - Pagamento delle prime rate Procedura per ottenere la riduzione Non può attribuirsi rilievo, in sede di riesame del provvedimento di sequestro finalizzato Cass. 17.12.2015 n. 49666 Penale fallimentare Bancarotta fraudolenta per distrazione - Concorso del sindaco - Presupposti In relazione al concorso del sindaco nel reato di bancarotta fraudolenta per distrazione dell’amministratore, occorre considerare che le regole ed i principi utilizzabili nell’ambito della responsabilità contrattuale non possono essere automaticamente trasferiti nel campo della responsabilità penale. In tale ultimo contesto, in particolare, occorre che il sindaco abbia dato un contributo giuridicamente rilevante, sotto l’aspetto causale, alla verificazione dell’evento e che abbia avuto la coscienza e la volontà di quel contributo, anche se solo a livello di dolo eventuale (a parte i casi in cui è richiesto l’elemento soggettivo del dolo specifico). Vale a dire che, in campo penale, non basta imputare e provare comportamenti di negligenza o imperizia, anche gravi, del sindaco, ma occorre la prova, anche indiziaria, del fatto che la sua condotta abbia determinato o favorito, consapevolmente, la commissione di fatti di bancarotta da parte dell’amministratore. Si deve, inoltre, considerare, da un lato, che non Cass. 16.12.2015 n. 49628 Penale fallimentare Bancarotta fraudolenta patrimoniale Reato di pericolo - Conseguenze La condotta sanzionata dall’art. 216 del RD 267/42 – e, per le società, dal successivo art. 223 co. 1 – non è quella di avere cagionato lo stato di insolvenza o di avere provocato il fallimento, bensì – assai prima – quella di depauperamento dell’impresa, consistente nell’averne destinato le risorse ad impieghi estranei all’attività dell’impresa medesima. La rappresentazione e la volontà dell’agente debbono perciò inerire alla “deminutio patrimonii” (semmai, occorre la consapevolezza che quell’impoverimento dipenda da iniziative non giustificabili con il fisiologico esercizio dell’attività imprenditoriale). Tanto basta per giungere all’affermazione del rilievo penale della condotta, per sanzionare la quale è sì necessario il successivo fallimen- 012016 è necessaria la prova di un preventivo accordo tra amministratore e sindaco, e, dall’altro, che l’inerzia di quest’ultimo, quale sinonimo di omissione, come può essere frutto di mera negligenza, può anche essere animata dal dolo, in tutte le sue possibili graduazioni, ed essa, al pari dell’azione, costituisce una modalità esecutiva di un reato. È reputata, quindi, corretta la decisione di merito nella parte in cui apprezza l’inerzia dell’imputato rispetto alla situazione complessiva e non con riguardo a singole operazioni distrattive. Ciò che gli viene addebitato, cioè, non è il previo concerto con l’amministratore, ma l’inerzia (pluriennale), consapevole e voluta, quale “condizione” degli eventi conseguiti a quelle condotte. Atteggiamento che non può non avere avuto, come effetto, il rafforzamento del proposito criminoso dell’amministratore, rassicurato dalla certezza che non sarebbero state sollevate questioni dal controllore dinanzi ai soggetti legittimati a reagire (gli altri soci, i creditori o il Pubblico Ministero). Il tutto integrando una forma di compartecipazione nel reato rilevante ex art. 110 c.p. RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA alla confisca per equivalente, all’accordo per la rateizzazione e ai conseguenti pagamenti parziali effettuati dall’indagato (cfr. Cass. n. 10826/2013, secondo la quale tali pagamenti possono, al più, essere posti a fondamento di una richiesta di revoca parziale ai sensi dell’art. 321 co. 3 c.p.p., potendo configurarsi come quei fatti sopravvenuti idonei a far mancare le condizioni di applicabilità del sequestro, sotto il profilo della non corrispondenza fra la somma sequestrata e il profitto effettivamente conseguito. In sede di riesame, invece, può essere data rilevanza alle sole condizioni di applicabilità originarie della misura, con la conseguenza che la corrispondenza fra il quantum sequestrato e il profitto deve essere valutata con riferimento al profitto inizialmente conseguito dall’indagato e, di regola, corrispondente all’entità dell’imposta evasa). 23 012016 RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA 24 to, ma non già che questo sia oggetto di rappresentazione e volontà – sia pure in termini di semplice accettazione del rischio di una sua verificazione – da parte dell’autore. È del resto innegabile che ci si trovi dinanzi ad una fattispecie disegnata come reato di pericolo. Anzi, la bancarotta fraudolenta patrimoniale è, più propriamente, reato di pericolo concreto, dove la concretezza del pericolo assume una sua dimensione effettiva soltanto nel momento in cui interviene la dichiarazione di fallimento, condizione peraltro neppure indispensabile per l’esercizio dell’azione penale o per l’adozione di provvedimenti “de libertate”, ai sensi del combinato disposto degli artt. 7 e 238 del RD 267/42. Ecco spiegato perché rimane esente da pena il soggetto che impoverisca una società di risorse enormi, quando questa può comunque continuare a disporne di ben più rilevanti, idonee a fornire garanzia per le possibili pretese creditorie: in quel caso, a differenza dell’ipotesi dell’imprenditore che si renda responsabile di una distrazione modesta (ma a fronte di un patrimonio suscettibile di risentirne significativamente), il pericolo di un pregiudizio per i creditori non avrà assunto la concretezza richiesta dal dato normativo. In sostanza, e in definitiva, l’imprenditore deve considerarsi sempre tenuto ad evitare l’assunzione di condotte tali da esporre a possibile pregiudizio le ragioni dei creditori, non nel senso di doversi astenere da comportamenti che abbiano in sé margini di potenziale perdita economica, ma da quelli che comportino diminuzione patrimoniale senza trovare giustificazione nella fisiologica gestione dell’impresa. Cass. 16.12.2015 n. 49622 Penale tributario Dichiarazione fraudolenta - Documenti falsi - Momento consumativo Tentativo - Mera registrazione in contabilità - Irrilevanza La fattispecie di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture o altri documen- ti per operazioni inesistenti (art. 2 del DLgs. 74/2000) si consuma con la presentazione della dichiarazione nella quale sono effettivamente inseriti o esposti elementi contabili fittizi, senza che abbiano rilievo le condotte prodromiche dell’agente, ivi comprese l’acquisizione e la registrazione nelle scritture contabili di fatture o documenti falsi o artificiosi (cfr., tra le altre, Cass. n. 32348/2015 e Cass. n. 52752/2014). L’opzione legislativa trova ulteriore conferma nel disposto dell’art. 6 del DLgs. 74/2000, che esclude, per il reato in esame, la configurabilità del tentativo. Deve, quindi, essere annullata la sentenza di condanna per tale fattispecie che si “accontenti” del dato neutro della registrazione delle fatture nelle scritture contabili, senza dare conto per nulla dell’avvenuta indicazione delle stesse in dichiarazione. Cass. 16.12.2015 n. 49570 Reati comuni Truffa - Fatto tipico - Comportamento patrimonialmente rilevante - Nozione di artifici e raggiri - Danno Il fatto tipico del delitto di truffa è costituito dalla induzione in errore, mediante artifici e raggiri, e dalla conseguente causazione di un duplice evento materiale rappresentato dall’ingiusto profitto e dall’altrui danno. Vi è poi un ulteriore elemento tacito: il comportamento patrimonialmente rilevante che, sebbene non richiesto espressamente, è desumibile agevolmente dal fatto che l’errore, in quanto semplice stato psicologico, non può, di per sé, produrre alcun danno e vantaggio patrimoniale se non è seguito da un comportamento materiale e patrimonialmente rilevante del “deceptus”. Per artifizio si intende comunemente una simulazione di circostanze inesistenti o una dissimulazione di circostanze esistenti che genera una trasfigurazione della realtà esterna, camuffandola. I raggiri consistono, invece, in qualunque “avvolgimento subdolo dell’altrui psiche” con parole od argomentazioni. Cass. 9.12.2015 n. 48630 Penale tributario Omesso versamento di ritenute certificate - Riforma diritto penale tributario - Innalzamento soglia di punibilità - Retroattività - Non punibilità A seguito delle modifiche apportate dal DLgs. 158/2015, la soglia di punibilità prevista in relazione all’art. 10-bis del DLgs. 74/2000 è di euro 150.000 (antecedentemente al 22.10.2015 era di euro 50.000). Tale modifica legislativa trova applicazione, in ordine ai procedimenti pendenti, a norma dell’art. 2 c.p. Nel caso in cui la contestazione delle ritenute omesse si riferisca ad una somma inferiore alla nuova soglia, va pertanto emessa immediata declaratoria di non punibilità per insussistenza del fatto, ai sensi dell’art. 129 co. 1 c.p.p. Cass. 4.12.2015 n. 48228 Indebita compensazione - Crediti non spettanti - Nozione - Crediti utilizzati in eccedenza rispetto ai limiti legali Rilevanza La nozione di crediti “non spettanti”, contenuta nella fattispecie di indebita compensazione, comprende anche il caso di utilizzo di un credito certamente esistente ma non utilizzabile per la parte eccedente il limite stabilito dalla legge. La soluzione che colloca tra i crediti non spettanti (in senso oggettivo) sia quelli che, formatisi in riferimento ad un determinato anno, possono essere utilizzati solo nell’anno successivo, che quelli derivanti da una compensazione oltre i limiti di legge, è infatti reputata corretta sotto il profilo astratto perché: •• il concetto di non spettanza include, dal punto di vista logico, tutto ciò che non spetta, ovviamente dal punto di vista tributario; •• il legislatore tributario, pur differenziando tra condotte fraudolente o meno, continua a riferire il concetto di non spettanza anche a crediti che abbiano attinenza al rapporto tributario tra contribuente ed Amministrazione finanziaria. Nel medesimo senso si veda anche Cass. n. 36393/2015, dove si è sottolineato come il credito ultra limite, seppure certo e determinato, per la parte “eccedente” non è ancora “esigibile”. Per essere tale occorre attendere la liquidazione della pratica di rimborso o il periodo d’imposta successivo (cfr. anche, seppure con indicazioni più generiche, Cass. n. 3367/2015). Cass. 4.12.2015 n. 48211 012016 Penale tributario RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA La condotta fraudolenta deve avere determinato l’errore. La norma richiede un vero e proprio nesso di causalità. Considerato che la norma non richiede il requisito della attitudine del mezzo ad ingannare o sorprendere la altrui buona fede non è richiesta una particolare idoneità del mezzo medesimo. Basta che in concreto il mezzo usato abbia cagionato l’inganno. È perciò irrilevante che l’ignoranza o la leggerezza dell’ingannato abbiano agevolato l’errore. Il danno, elemento costitutivo del reato di truffa, può risolversi sia nel danno emergente per la perdita di un bene patrimoniale e sia nel lucro cessante per il mancato acquisto di una utilità economica. Nella consapevolezza che con riguardo al concetto di patrimonio esistono due concezioni – quella giuridica, secondo la quale è essenziale l’aspetto giuridico formale del rapporto tra il soggetto ed i suoi beni ed il danno può realizzarsi nel momento in cui si è costituito un rapporto giuridico svantaggioso per il soggetto passivo, e quella economica che intende il patrimonio come complesso dei beni economici di un soggetto, attribuendo rilievo all’aspetto materiale, al valore economico apprezzato o sulla base di criteri oggettivi ed astratti o sulla base di criteri personali e concreti, con la conseguenza che il danno consiste nell’effettiva diminuzione del patrimonio – non può che rilevarsi che è indubbio che la truffa sussiste quando si verifica un danno, cioè quando viene violato l’equilibrio patrimoniale del soggetto passivo, che subisce un’effettiva perdita economica. 25 Reati speciali RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA 012016 Trasferimento fraudolento di valori Natura - Pluralità di atti - Momento consumativo 26 Quando l’attribuzione fittizia di una società si articola in una serie di condotte culminate con il rilascio di una procura generale, da parte dell’amministratore unico della società ad un dipendente della stessa, è a quest’ultima attività che occorre guardare per l’individuazione del momento consumativo della fattispecie di trasferimento fraudolento di valori, di cui all’art. 12-quinquies del DL 306/92. Ed infatti, quando la condotta di attribuzione fittizia della società si articola in una serie di atti che culminano nel conferimento di una procura generale, il reato viene ad assumere la natura di fattispecie a condotta plurima o frazionata, in ordine alla quale la serie concatenata di atti trasformativi realizza un’azione unitaria che si esaurisce e si qualifica, sul piano dell’individuazione del relativo momento consumativo, con il raggiungimento dell’assetto stabile e definitivo della nuova apparenza della compagine sociale. E detto momento di stabile e definitivo assetto di nuova apparenza è individuabile nella data del conferimento della procura generale, a nulla rilevando, ai fini dell’individuazione del momento consumativo del reato, le precedenti date in cui la società era stata costituita e l’imputato era stato assunto nella stessa (come invece prospettato nel ricorso, al fine di invocare l’intervenuta prescrizione). Cass. 1.12.2015 n. 47452 Licenziamento individuale Cass. 29.12.2015 n. 26005 una discriminazione basata sul sesso deve essere risarcito in modo integrale. In particolare, la Corte UE ha affermato che: •• i cambiamenti introdotti dalla direttiva 2006/54, recepita in Italia con il DLgs. n. 5/2010, rispetto alla precedente normativa, puntano proprio ad assicurare una maggiore efficacia punitiva e a determinare un effetto dissuasivo reale nei confronti del datore di lavoro; •• gli Stati non sono obbligati a prevedere nel proprio ordinamento i danni punitivi, ma nei casi di violazione del principio di parità tra uomo e donna in cui si realizza un licenziamento discriminatorio, gli ordinamenti nazionali devono prevedere la riassunzione del soggetto discriminato o un risarcimento monetario del danno. Licenziamento individuale Corte di Giustizia UE 17.12.2015 causa C-407/14 Licenziamento a fronte di una discriminazione basata sul sesso Risarcimento del danno - Modalità Previdenza Superamento del periodo di comporto Errore del datore di lavoro La Corte di Cassazione, con la sentenza 29.12.2015 n. 26005, ha stabilito che, ai fini del licenziamento, è irrilevante l’incolpevole ignoranza del datore di lavoro circa l’effettivo superamento del periodo di comporto. Nel caso di specie, un dipendente era stato licenziato dopo 185 giorni di assenza effettuati per un infortunio sul lavoro, ove parte dell’assenza del dipendente era stata imputata ad infortunio e una parte riferita a malattia. La disciplina contrattuale collettiva del settore terziario prevedeva la conservazione del posto di lavoro per due diversi e distinti periodi di tempo. Con la sentenza del 17.12.2015 (C-407/14), la Corte di Giustizia dell’Unione europea (in linea con la direttiva UE 2006/54) ha statuito che il danno subito da una lavoratrice licenziata per Contributi di lavoro dipendente Termini di prescrizione dei contributi versati Con riguardo alla disciplina introdotta dall’art. 3, co. 9 della L. 8.8.95 n. 335, che riduce a cin- RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA 012016 06 / LAVORO 27 que anni, a decorrere dal 1.1.96, il termine di prescrizione per le contribuzioni di previdenza e assistenza sociale obbligatoria, salvi i casi di denuncia del lavoratore e dei suoi superstiti, ai fini dell’applicazione del termine di prescrizione ordinaria decennale è sufficiente che il lavoratore abbia presentato una propria denuncia all’INPS, relativa all’omissione contributiva del datore di lavoro, non essendo necessario che, ai fini del più lungo termine di prescrizione, la denuncia abbia un contenuto specifico e tecnicamente precisato. Cass. 10.12.2015 n. 24946 RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA 012016 Licenziamento individuale 28 Procedimento disciplinare nei confronti di un dipendente - Modalità di contestazione dell’addebito La Corte di Cassazione interviene in tema di procedimento disciplinare nei confronti di un dipendente di un datore di lavoro privato, ribadendo che la regola desumibile dall’art. 7 della L. 20.5.1970 n. 300, secondo cui l’addebito deve essere contestato immediatamente, va intesa in un’accezione relativa, ossia tenendo conto delle ragioni oggettive che possono ritardare la percezione o il definitivo accertamento e valutazione dei fatti contestati – “da effettuarsi in modo ponderato e responsabile anche nell’interesse del lavoratore a non vedersi colpito da incolpazioni avventate” – soprattutto quando il comportamento del lavoratore consista in una serie di fatti che, convergendo a comporre un’unica condotta, esigono una valutazione unitaria, sicché l’intimazione del licenziamento può seguire l’ultimo di questi fatti, anche ad una certa distanza temporale da quelli precedenti. In altri termini, il principio della immediatezza della contestazione disciplinare può considerarsi violato soltanto quando il datore di lavoro prolunghi le indagini in assenza di una obbiettiva ragione, pur essendo in possesso di tutti gli elementi per una compiuta valutazione del comportamento del dipendente e così non consenta al lavoratore di esercitare il proprio diritto ad una pronta ed effettiva difesa, ma non quando la mancata immediatezza della contestazione sia giustificata da ragioni obiettive che impediscono una piena valutazione della condotta del dipendente e quindi una ponderata e responsabile contestazione degli addebiti, che risponde anche nell’interesse del lavoratore a non vedersi colpito da incolpazioni avventate. Cass. 10.12.2015 n. 24941 Lavoro subordinato Diritti e doveri del lavoratore Sciopero - Assenza collettiva dal lavoro per malattia - Verifica dell’attendibilità del certificato medico La Cassazione, con la pronuncia 7.12.2015 n. 48328, ha affermato che l’assenza collettiva dal lavoro per malattia non esclude la configurabilità di fattispecie di reato, ancorché le assenze siano giustificate da certificazioni mediche. L’esistenza del fondato sospetto che le assenze per malattia celino un’azione di protesta attuata con metodi illeciti rende necessario lo svolgimento del processo penale, nel corso del quale saranno svolti tutti gli accertamenti necessari a valutare l’attendibilità delle fonti di prova (segnatamente, la veridicità delle certificazioni mediche).Il caso specifico verteva sull’assenza per malattia dei dipendenti di un’azienda di trasporti, i quali erano stati accusati di truffa e interruzione di pubblico servizio per essersi assentati tutti insieme in due giorni consecutivi. Cass. 7.12.2015 n. 48328 Lavoro subordinato Diritti e doveri del lavoratore Modalità di esecuzione dello sciopero - Casi di illegittimità L’astensione dal lavoro per sciopero è da ritenersi illegittima laddove i tempi e le modalità di esecuzione siano rimessi totalmente alla discrezione dei singoli lavoratori interessati, senza alcuna predeterminazione. In tale situazione, precisa la Corte di Cassazione, può venir compromessa la capacità produttiva e organiz- Cass. 3.12.2015 n. 24653 012016 prevenire i rischi sulla produttività aziendale con riferimento ai singoli reparti ove di volta in volta sarebbe stata attuata – anche all’improvviso – l’astensione dei lavoratori, con l’inevitabile insorgere di pericoli di vario genere, quali, ad esempio, la sottrazione della merce o il suo mancato pagamento o l’assenza di controllo delle condizioni di igiene e di sicurezza sul lavoro all’interno dei vari reparti, anche in considerazione della presenza di pubblico. In definitiva, per i giudici di legittimità, quelle particolari modalità di attuazione della proclamata astensione dal lavoro sono da ritenersi illegittime in quanto esorbitano dai limiti del diritto di sciopero, ne snaturano la forma e le finalità tipicamente collettive e pongono in serio pericolo la produttività e l’organizzazione gestionale dell’azienda. RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA zativa dell’azienda, dal momento che il datore di lavoro non è nelle condizioni di organizzarsi per porre rimedio alle improvvise mancanze di personale. Nel caso in esame, viene pertanto cassata la sentenza d’appello che, decidendo a favore delle rappresentanze sindacali, aveva ritenuto che le predette modalità di attuazione di un’astensione dal lavoro, indetta presso la sede di un’azienda della grande distribuzione, la riconducessero alla tipologia del cosiddetto sciopero “a singhiozzo” o “a scacchiera”, caratterizzata da interruzioni o sospensioni del lavoro parziali o temporanee. Con riferimento al caso di specie, i giudici di legittimità osservano che attraverso l’attuazione di uno sciopero le cui modalità di esecuzione erano rimesse totalmente ai singoli lavoratori interessati, senza una loro predeterminazione, il datore di lavoro era seriamente esposto ai pregiudizi derivanti dall’impossibilità di 29