LE VIE della RASCHERA LE VIE della RASCHERA

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LE VIE della RASCHERA LE VIE della RASCHERA
LE VIE
della RASCHERA
Otto tappe lungo gli alti pascoli
delle Liguri monregalesi
TESTO DI ROBERTO POCKAJ ED ERIKA UGO
Itinerari di Granda 4
Le Vie della Raschera
Le Vie della Raschera
In apertura:
bestiame
al pascolo
alle pendici
del Mondolè
(foto di
Enrica
Raviola).
Grangia
nella conca
di Casera
Vecchia
(foto di
Roberto
Pockaj).
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I contesi confini delle Alpi Liguri
Dei tre settori dell’arco alpino compresi
all’interno della provincia di Cuneo,
quello delle Alpi Liguri è sicuramente il
meno noto e meno frequentato, almeno a
livello escursionistico.
Certo esistono eccezioni, si pensi innanzitutto al Parco del Marguareis (già Parco
Naturale Alta Valle Pesio e Tanaro), dove
sentieri ben segnalati e confortevoli rifugi
gestiti hanno contribuito alla conoscenza
e alla frequentazione dei luoghi.
Ma quanti di voi sono stati nella conca
di Casera Vecchia in Valle Corsaglia, o
hanno raggiunto la vetta del Monte Baussetti sulla displuviale Casotto-Corsaglia,
o ancora chi sa dove si trovano le Stalle
Calvetto in Valle Tanaro?
È fin troppo facile ricordare, a coloro
hanno passato gli “anta”, la filastrocca che
veniva insegnata a scuola per memorizzare
i vari settori delle Alpi: “ma con gran
pena le reca giù”.
Il ma iniziale indicava le Alpi Marittime,
estese dal Colle di Cadibona, nell’entroterra savonese, al Colle della Maddalena,
in Valle Stura di Demonte.
Anni dopo, a ragione, viene ufficializzata una distinzione che, nella mente
di escursionisti e alpinisti, era già ben
chiara: al Colle di Tenda si pone il confine che separa le Alpi Liguri dalle Alpi
Marittime.
La divisione è più che giustificata dalla rilevante diversità, in termini geomorfologici, di questi due settori dell’arco alpino.
Nelle Alpi Liguri una prevalenza di rocce
sedimentarie, fenomeni carsici, rilievi
spesso arrotondati o caratterizzati da un
versante a strapiombo e dolci pendii prativi sul versante opposto, quasi totale assenza di acque superficiali, laghi effimeri
che si riempono solo in primavera allo
scioglimento delle nevi, conche pascolive
che si estendono a perdita d’occhio.
Rocce cristalline, pareti verticali su tutti
i versanti e vette acuminate, un fitto reticolo idrografico superficiale con centinaia
di laghi di origine glaciale, scarsità di pascoli, nelle Alpi Marittime.
Ma se sul confine del Colle di Tenda non
si è quasi mai discusso (è il colle stesso che,
negli anni, si è “spostato” più volte...), diversa storia riguarda il Colle di Cadibona.
In questo caso, infatti, non si tratta di stabilire dove incominciano le Alpi Liguri, ma
dove sia l’inizio dell’intero arco alpino, che
qui si “fonde” con l’Appennino Ligure.
È indubbio che al Colle di Cadibona (sempre più spesso indicato con il toponimo,
probabilmente più corretto, di Bocchetta
d’Altare) si verifichi un generale “abbassamento” delle cime della cresta spartiacque
principale, ma è anche vero che è un po’
la mania che abbiamo noi uomini di inserire tutto in schemi e tabelle che porta a
forzature che non sempre rispecchiano la
natura e le sue manifestazioni.
A tal riguardo vale la pena di riportare una
riflessione dell’antropologo e past president
generale del Club Alpino Italiano Annibale
Salsa (Alp Vacanze, Alpi Liguri, supplemento al n. 222 di Alp, pagg. 20-21).
Salsa nota come il confine tra Alpi e
Appennini possa essere spostato in base
all’aspetto che si prende in esame: il luogo
in cui compaiono piante tipicamente alpine, ad esempio, non coincide con il luogo
in cui compaiono specie faunistiche tipicamente alpine. Per definire la separazione tra
Alpi e Appennini, perfino la cultura e le
tradizioni delle popolazioni che su queste
montagne vivono da secoli possono essere
presi come riferimento: i comportamenti e
le abitudini di queste genti, evidentemente
influenzati dal clima oltreché dalla morfologia del territorio, possono presentare dif-
ferenze tali da poter individuare un confine,
seppur ideale.
Sul nome stesso delle “Liguri” ci sono
state proposte e discussioni: nel già citato
numero di Alp viene riportata una proposta di Silvano Gregoli, che riterrebbe più
appropriata la denominazione di “Alpi
Monregalesi”, visto che la piccola cittadina rappresenta un po’ il fulcro da cui paiono dipartirsi tutte le vallate delle Liguri.
E perché allora non chiamare “Marittime”
le “Liguri”, visto che proprio in questo settore l’influenza del clima mediterraneo si
fa sentire in maniera così invadente?
Considerazioni che, forse, sono esse stesse
indice della minor conoscenza delle Alpi
Liguri rispetto alle Marittime o alle Cozie
Meridionali, se si discute ancora sui loro
confini o sulla loro denominazione...
Ma se per un attimo dimentichiamo questi
due aspetti, limitandoci a considerare come
parte integrante delle Alpi Liguri le vallate
cuneesi comprese tra la Valle Tanaro e (il
versante destro orografico de) la Valle Vermenagna, allora possiamo chiudere la nostra discussione con un’unica certezza: care
maestre e cari maestri, dal prossimo anno
dovrete aggiornare così la filastrocca: “lì,
ma con gran pena le reca giù”.
Panorama
sulle Alpi
Liguri
dal colletto
ai piedi
del Mondolè
(foto di
Roberto
Pockaj).
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Le Vie della Raschera
Le Vie dellaElogio
Raschera
della selvaticità
Raschera d’alpeggio: un trionfo di profumi di montagna
La Comunità Montana Alto Tanaro Cebano Monregalese comprende
nel suo territorio uno dei più vasti complessi pascolivi della provincia di
Cuneo. In questo tratto della catena alpina le cime raggiungono quote
modeste e i rilievi hanno una morfologia più dolce: i pascoli d’alpeggio
arrivano così alle maggiori altezze.
Queste superfici sono ancora intensamente utilizzate nel periodo estivo dalle mandrie di bovini, mentre gli
ovini pascolano nelle aree più povere ed elevate. Da sempre, su queste
cime del Monregalese, viene prodotto un formaggio particolare che ha
il nome di un lago e di un pascolo sito alle falde del Monte Mongioie: il
formaggio Raschera.
Storicamente si hanno i primi accenni all’esistenza di questo formaggio in un contratto d’affitto
della fine del Quattrocento rinvenuto nell’archivio comunale di Pamparato, in cui il signorotto locale pretendeva dai
pastori che «menano le loro mucche a pascolar l’erba del prato Raschera», per il pagamento dell’affitto, alcune
forme di «quel buon formaggio che lassù su fa».
All’inizio degli anni Settanta, per problemi di mercato e in conseguenza allo spopolamento della montagna, si rischiava di perdere irrimediabilmente questo gioiello di produzione
casearia-artigianale.
Una coraggiosa iniziativa di alcuni abitanti di Fabrosa Soprana (cuore della produzione estiva
di Raschera), da sempre innamorati della tradizione locale e dei prodotti genuini e legati alla cultura contadina della
montagna, scongiurò questa eventualità. Non solo: si verificò, a livello della produzione, una inversione di tendenza
con un netto aumento sul mercato di Raschera d’Alpeggio. Venne costituita la “Confraternita del Raschera e del Brus”
(altro tipico prodotto caseario locale), i cui “cavalieri” avevano e hanno il compito di propagandare, far conoscere e
sostenere la produzione, il consumo, la conoscenza e la vendita “della Raschera” (seguendo la tradizione montanara,
localmente, si usa anche in italiano il femminile per indicare questo formaggio).
All’inizio degli anni Ottanta la Camera
di Commercio di Cuneo e l’allora Comunità Montana delle Valli Monregalesi presentarono lo studio e tutte le pratiche
necessarie al Ministero dell’Agricoltura e Foreste atte al riconoscimento della DO
(Denominazione d’Origine) del
formaggio Raschera, poi sancita nel 1982 con decreto del presidente della Repubblica.
Il Raschera è un ottimo formaggio da taglio, prodotto e stagionato senza conservanti, con almeno un mese di
stagionatura. È di pasta cruda, pressata, semidura, piuttosto consistente, elastica, con piccolissime occhiature
sparse e irregolari. Il suo colore è bianco o bianco avorio, il sapore è fine e delicato, profumato, moderatamente
piccante e sapido se stagionato. Esitono due distinti tipi di Raschera a Denominazione d’Origine, e precisamente
il
”Raschera d’Alpeggio”, prodotto e stagionato al di sopra dei 900 metri nei territori dei Comuni di Frabosa Soprana, Frabosa Sottana, Garessio per quanto attiene la Val Casotto, Magliano Alpi per la parte che confina con il
Comune di Ormea, Montaldo Mondovì, Ormea, Pamparato, Roburent, e Roccaforte Mondovì;
e il “Raschera”, che
si può produrre su tutto il territorio della provincia di Cuneo.
Il motivo di questa doppia possibilità ha anch’esso
un’origine storica: da sempre i malgari nel periodo estivo portano i loro armenti a pascolare sugli alti pascoli
(detti “malghe”, di qui i “malgari”) delle montagne monregalesi, pascoli che, per la loro caratteristica geografica
di essere a cavallo tra il Mar Ligure e la Pianura Padana, usufruiscono di un clima piuttosto piovoso. Questo motivo, oltre al fatto che la vicinanza del mare addolcisce il clima, determina una considerevole ricchezza vegetale
che dà a questi alpeggi uno spiccato interesse botanico grazie alle varie specie erbacee presenti. La ricchezza e
la varietà di queste erbe fa sì che anche il latte munto dagli animali pascolanti assuma sapori e profumi tipici e
caratteristici solo di questo areale.
Conseguentemente, il formaggio prodotto da siffatta materia prima assume
sapori e profumi inconfondibili e irripetibili.
La tradizione casearia artigianale locale ha imposto al formaggio Raschera la forma rotonda e/o quadrata.
Quest’ultima si è affermata negli anni per sua la maggiore praticità di trasporto: un tempo, infatti, il formaggio
doveva essere trasportato a valle dalle “selle” (locali tipici ricavati direttamente nella terra in cui l’umidità e la
temperatura costanti nel tempo determinano un ambiente altamente adatto alla stagionatura), usando, come
unico mezzo di trasporto, il mulo; le forme “quadrate” assumevano così una maggiore stabilità e facilitavano
l'accatastamento sul dorso del quadrupede.
Approfondimenti e info: www.raschera.com.
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Un terreno di gioco
con alcuni contro e molti pro…
Alcuni aspetti, legati al clima, probabilmente contribuiscono a una minor
frequentazione delle Liguri. In estate, stagione principe per turisti ed escursionismo
in montagna, le Alpi Liguri non offrono
vette particolarmente elevate.
Come abbiamo detto, la vicinanza al mare
e l’influenza del clima temperato causano
alcuni “effetti collaterali” che spesso dissuadono l’escursionista dal frequentare
questo settore delle Alpi.
In estate le temperature sono elevate,
anche in montagna, e spesso la scarsità
d’acqua impedisce di trovare fontane o
sorgenti, o anche solo un piccolo ruscello
per rinfrescarsi. L’incontro tra l’aria calda
e umida marina con aria più fresca dà origine a un fenomeno che si presenta con
indisponente puntualità: già dalla tarda
mattinata ci si può trovare immersi in un
mare di nuvole che, oltre a impedire di
godersi i panorami una volta raggiunta
una vetta (unico rimedio: alzatacce e
partenza alle prime luci dell’alba per essere in quota prima che il sole inizi a scaldare l’aria), talvolta crea seri problemi di
orientamento.
I ricchi pascoli, in estate, sono frequentati da centinaia di capi di bestiame e,
di conseguenza, dove si trovano animali
in alpeggio si trovano anche noiosissime
mosche e tafani che – per citare Andrea
Parodi – «tolgono ogni poesia anche ai
luoghi più belli».
Come ciliegina sulla torta, infine, si può
menzionare la carente – e talvolta assente
– segnaletica escursionistica (sia orizzontale che verticale) che, unita a una diffusa
incompletezza e imprecisione di molta
della cartografia esistente, non favorisce
di certo la fruizione della rete sentieristica.
Che cosa spinge allora a frequentare le
Alpi Liguri? Il fatto che, a ben guardare, i
pro sono decisamente più dei contro...
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Sotto:
la catena
alpina
vista dal
Pilone
di San
Bernardo,
Val Corsaglia
(foto di
Roberto
Pockaj).
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Innanzitutto, i sentieri delle Liguri si percorrono sia in primavera sia in autunno. In
queste stagioni altre vallate sono ancora, o
già, coperte di neve, e il freddo pungente
si fa sentire. Sulle Liguri, in tardo autunno, una giornata soleggiata e un itinerario scelto con cura permettono di girare
tranquillamente in maniche di camicia
quando, in altre vallate, si ricorre a maglione e giacca a vento. In autunno, faggi,
aceri e ciliegi incendiano di colori i boschi, mentre in primavera si possono attraversare versanti interamente rivestiti dal
rosso vivo della fioritura dei rododendri o
ci si può perdere a censire le centinaia di
specie di fiori che sbocciano in ogni dove.
Poi la tranquillità, che continuerà a sussistere almeno finché sussisterà la scarsa
frequentazione di queste vallate: se è difficile incontrare escursionisti in estate,
quando le numerose località turistiche
sono comunque affollate, è quasi impossibile incontrare qualcuno in primavera
o in autunno. Fatti salvi, ovviamente, i
pochi residenti delle decine di frazioni e
borgate che qui permeano il territorio ben
più che, ad esempio, sulle Marittime. Ci
sono inoltre i panorami mozzafiato che le
seppur non elevate vette (ricordiamo che
la cima più alta delle Liguri supera appena
i 2650 metri) possono offrire: con il mare
spesso ben visibile all’orizzonte – quante
volte capita di scorgere distintamente la
Corsica – e altrettanto spesso colorato
d’oro dai riflessi del sole, e con l’intera
cerchia dell’arco alpino alle spalle, laggiù
fino al Monte Rosa e oltre, che emerge da
una distesa grigia di smog (nebbia e inquinamento, mai termine fu più appropriato).
E ancora, la possibilità di “esplorare” liberamente valli, crinali, colli e vette, grazie alla
conformazione del terreno, che permette
spesso di spostarsi senza percorsi obbligati,
guidati solo dalla propria curiosità.
Bisogna anche onestamente riconoscere
che, talvolta, questa nostra curiosità è “indotta” dalla scarsa segnaletica escursionistica, che ci “guida” inconsapevolmente in
luoghi ben diversi dalle mete che ci si era
prefissati...
Girovagando per le Liguri, alle medie
quote si incontra sovente una fitta rete
di sentieri e mulattiere, in genere non riportati sulle carte e nemmeno oggetto di
manutenzione; percorsi che consentono,
tuttavia, di collegare un luogo con un
qualsiasi altro nei dintorni, inventando
ogni volta nuove escursioni, frenati solo
da cespugli di rosa selvatica e piante di
nocciolo quando prendono il sopravvento
sulle antiche vie. Alle quote più elevate,
la quasi totale scomparsa della vegetazione
arborea permette invece di spostarsi a piacere, fatta salva la diffusissima presenza di
distese di rododendri che spesso ostacola
il cammino.
Infine, l’ultima considerazione a favore
delle Alpi Liguri, per sottolineare come
quasi tutte le principali vette siano accessibili con itinerari escursionistici, rendendo
di fatto fruibile il territorio a qualunque
◢
frequentatore della montagna.
LE VIE DELLA CASEIFICAZIONE
LE TAPPE
Tra le tante proposte di esplorazione possibili
delle Alpi Liguri, per il loro interesse paeseggistico, culturale e, naturalmente, escursionistico, di seguito pubblichiamo le otto tappe
dell’itinerario denominato Le Vie della Caseificazione, incluse, insieme alle cinque tappe
delle cosiddette Vie della Monticazione, nel
territorio delle Vie della Raschera, la cui rete
senteristica, con la relativa predisposizione
della segnaletica verticale e orizzontale, è in
fase di sistemazione e ripristino nell’ambito
del Piano di Sviluppo Rurale 2007-2013. I
lavori dovrebbero concludersi entro il 2012.
L’area interessata dall’iniziativa comprende
il territorio di competenza della Comunità
Montana Alto Tanaro Cebano Monregalese.
Essa si sviluppa su quattordici comuni: Briaglia,
Frabosa Soprana, Frabosa Sottana, Monastero
di Vasco, Monasterolo Casotto, Montaldo di
Mondovì, Niella Tanaro, Pamparato, Roburent,
Roccaforte Mondovì, San Michele Mondovì,
Torre Mondovì, Vicoforte, Villanova Mondovì.
La rete presenta una continuità territoriale operata mediante collegamenti intervallivi con la
Valle Pesio a nord e la Valle Tanaro a sud e a est.
I principali punti di accesso di fondovalle
sono tredici, di seguito elencati procedendo
da ovest verso est.
Valle Ellero: località Prea, località Norea, località Rastello, località Baracco. Valle Maudagna:
località Artesina, località Prato Nevoso. Valle
Corsaglia: concentrico di Frabosa Soprana,
località Bossea, località Fontane, località Pra
di Roburent, località Stalla Rossa, concentrico
di San Giacomo di Roburent. Valle Casotto:
località Valcasotto.
In prossimità di tali centri è prevista un’opportuna
cartellonistica con indicazioni esaurienti sull’intera rete denominata “Le Vie della Raschera”. La
rete sentieristica individuata permette in quasi
tutto il circuito la percorrenza in mountain bike
nonché l’escursionismo a cavallo.
Il progetto si propone di potenziare l’offerta
turistica della zona mediante la promozione
del comprensorio. Il tema portante dell’intera
rete è, come accennato, la grande tradizione
alpicola legata appunto alla caseificazione
del formaggio Raschera.
■ Prima tappa
Valle Ellero
Rastello – Rifugio Mondovì
Partenza: Rastello (906 m).
Arrivo: Rifugio Mondovì (1766 m).
Sviluppo: 11,5 km.
Difficoltà: E.
◢
Nella pagina
precedente,
dall’alto:
il famoso
“mare
di nebbia” che,
in estate,
dal fondovalle
arriva
a lambire
le cime
delle Liguri;
dai prati
che cicondano
l’Alpet, uno
sguardo verso
i rilievi
della Valle
Tanaro;
Case Roarin,
Val Corsaglia
(foto di Enrica
Raviola).
Le Vie della Raschera
scheda tecnica
Le Vie della Raschera
Il Rifugio Mondovì.
Dal concentrico di Rastello si imbocca l’antico
sentiero (Via del Sale) che percorre la destra
idrografica del Torrente Ellero attraversando
un’area boschiva sino a giungere all’ampia
radura delle rocce montonate.
Si continua nella medesima direzione attraversando ampie zone a pietraia sino a
giungere alla località Casa del Sale, zona di
intersezione con la strada asfaltata principale
del fondovalle Ellero. Si imbocca quest’ultima e, mantenendosi prossimi al fondovalle,
dopo alcuni tornanti si giunge alla località
Ponte Murato, in corrispondenza di un netto
restringimento della vallata. Si attraversa
il corso dell’Ellero e, percorrendo sempre
la medesima strada, si risale il fondovalle
mantenendosi sulla sinistra idrografica sino
a giungere all’intersezione con il sentiero di
accesso all’Alpe Cars, in località Fontana del
Cars. Si risale ulteriormente il fondovalle e
dopo un lungo traversone di costa si giunge
alla località Ponte Ciappa, inizio del vasto
pianoro denominato Pian Marchisa.
Al termine del pianoro (poche centinaia di
metri a monte della località Sella Ciappa) si
percorrono alcuni tornanti che consentono di
giungere al bivio per il Rifugio Mondovì.
La descrizione
delle tappe
riportate
in queste
pagine
è tratta
dal progetto
predisposto
dall’architetto
Erika Ugo
per conto
della Comunità
Montana
Alto Tanaro
Cebano
Monregalese
e, dalla
Regione
Piemonte,
ammesso
ai finanziamenti
previsti
dal
Piano
di Sviluppo
Rurale.
Le foto
che
corredano
la scheda
tecnica,
salvo
diversa
indicazione,
sono di
Roberto
Pockaj.
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sul pianoro denominato Tura. Si percorre
quest’ultimo in discesa sino a raggiungere il
Rifugio Mettolo Castellino in località Trucca
della Tura (sentiero G02).
■ Terza tappa
Valle Maudagna
Rifugio Mettolo Castellino – Rifugio Balma
Partenza: Rifugio Mettolo Castellino (1752 m).
Arrivo: Rifugio Balma (1886 m).
Sviluppo: 7,3 km.
Difficoltà: E.
Dal rifugio si procede su pista pastorale percorrendo l’ampio crinale pascolivo (Alpe Tura)
sino a lambirne la sommità (Cima Durand). A
quota 1959 si abbandona il tracciato sterrato
svoltando a sinistra sul sentiero che impegna
con pendenza decrescente il versante est di
Cima Durand sino a giungere alla Colla Bauzano. Dal qui si prosegue sul versante ovest del
Monte Mondolè superando un ampio pendio
erboso sino a raggiungere la sommità del
Monte Mondolè.
Dalla vetta si percorre la cresta sud (sentiero
F03) sino a giungere all’intersezione con il
sentiero F03C (colletto secondario) quindi
si svolta a sinistra percorrendo di costa il
versante est del Monte Mondolè sino alla
località Rocche Giardina.
Da qui si segue in discesa il displuvio principale sino alla Balma.
■ Quarta tappa
Valle Maudagna – Valle Corsaglia
Rifugio Balma – Bossea
Partenza: Rifugio Balma (1886 m).
Arrivo: Bossea (815 m).
Sviluppo: 10,5 km.
Difficoltà: E.
Panoramica
dal Monte Mongioie (a sinistra)
alla Cima della Brignola (a destra).
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scheda tecnica
■ Seconda tappa
Valle Ellero – Valle Maudagna
Rifugio Mondovì – Rifugio Mettolo Castellino
Partenza: Rifugio Mondovì (1766 m).
Arrivo: Rifugio Mettolo Castellino (1752 m).
Sviluppo: 18,8 km.
Difficoltà: E.
Dal Rifugio Mondovì si percorre il sentiero
G03 e si solca il fondovalle pascolivo sino
alla località Gias Pra Canton. Da qui si svolta
a sinistra imboccando il tracciato G09 che è
rappresentato da una pista pastorale che si
snoda lungo la destra idrografica (Alpe PizzoBellino) e dopo alcuni tornanti conduce sino ai
gias soprani dell’alpeggio. La pista pastorale
termina in corrispondenza del gias superiore
posto in prossimità della porzione sommitale
del Vallone delle Moglie.
Da qui si prosegue su sentiero sino al colle
secondario (Valle Ellero/Valle Corsaglia) e,
procedendo su ampi ripiani pascolivi, si
giunge sino al Lago della Brignola. Dal lago si
percorre il fondovalle sino a giungere su una
pista pastorale sterrata (tracciato E09). La
pista viene seguita sino al bivio per l’Alpe Seirasso (tracciato E10). Quest’ultimo si sviluppa
sulla pista pastorale dell’omonimo alpeggio
e termina in prossimità del gias superiore.
Da qui tra ampi pascoli si imbocca il sentiero
che conduce sino alla Colletta del Seirasso.
Dalla Colletta del Seirasso si svolta a destra
procedendo a mezzacosta sul tracciato F03C
sino a giungere sulla vetta del Monte Mondolè
(tracciato F03).
Dalla cima del Mondolè si percorre in discesa
il versante ovest del rilievo (sentiero F03B)
sino a giungere alla Colla Bauzano. Da qui
si percorre di costa il versante est del rilievo
denominato Cima Durand sino a giungere
Le Vie della Raschera
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◢
scheda tecnica
Le Vie della Raschera
Salendo verso il Mondolè dalla Balma:
sullo fondo a sinistra, Prato Nevoso
(foto di Enrica Raviola).
Dalla strada di collegamento Prato NevosoBalma, in prossimità del pianoro denominato
Pian dei Gorgh, si svolta a sinistra imboccando una pista pastorale sterrata che conduce
sino al caseggiato dei malgari dell’Alpe Mezzarina. Un centinaio di metri a monte del
fabbricato, si svolta a sinistra imboccando
un sentiero che interessa il versante sud dei
rilievi denominati Trucca delle Piè e Monte
Merdenzone e sviluppandosi su superfici
pascolive conduce sino alla splendida località
denominata Casera Vecchia. Da Casera Vecchia il sentiero si mantiene su una mulattiera
che percorre il versante est del Monte Merdenzone sovrapponendosi per alcune centinaia di metri alla strada asfaltata che collega
Fontane con Prato Nevoso. Immediatamente
a monte della località Case Sorie si ritorna su
mulattiera sui versanti sovrastanti l’abitato
di Fontane toccando numerosi nuclei rurali e
sviluppandosi verso sud sino al lambire le
Case Ubbè, splendido nucleo rurale di media
valle posto sul versante in sinistra idrografica
del Torrente Corsaglia all’altezza della frazione di Bossea. Dalle Case Ubbè il sentiero
compie un ampio tornante dirigendosi con
andamento discendente sino alla località
Revelli, quindi con un ultimo tornante ritorna verso sud sino a raggiungere l’abitato di
Bossea.
■ Quinta tappa
Valle Corsaglia
Bossea – Bivacco Cavarero
Partenza: Bossea (815 m).
Arrivo: Bivacco Cavarero (2183 m).
Sviluppo: 13,9 km.
Difficoltà: E.
Da Bossea, su strada provinciale di fondovalle
si raggiunge la località Scarrone. Da qui si
imbocca la strada sterrata che si inoltra nel
vallone di fianco al Torrente Corsaglia. Lasciata la diramazione per la Borgata Borello, si
giunge al bivio che precede il Ponte Murao. Il
ramo di destra si inoltra nel vallone del Rio
Sbornina sino ai fabbricati in pietra della
Stalla Buorch (1058 m). Sul fondo di questo
vallone si snodava il sentiero del Malpasso,
al momento di precaria percorribilità. Verso
sinistra, invece, una ripida pista forestale si
accompagna al Rio Sotto Crosa elevandosi nel
bosco. Superato l’omonimo gias (1247 m), la
pista termina a un ponticello (1351 m). Sulla
sponda opposta del rio, il sentiero sale alla
Sella Piagna (1390 m). Oltre un prato acquitrinoso il sentiero supera una balza rocciosa
sempre di fianco al rio, che da questo punto
prende il nome di Rio Raschera. Sulla destra
si stacca invece la diramazione che risale il
valloncello del Rio della Spa fino al colletto
a quota 1933 (qui si dirama verso nord il
Finalmente
al Laus!
Nella pagina
a fianco:
sulla vetta
del Clapier.
chi fosse
interessato
ad avere
maggiori
informazioni,
può scrivere
all’indirizzo
e-mail
degli autori,
graziamarcobike
@tiscali.it.
33
25
del colle si svolta a sinistra imboccando una
traccia che si mantiene alla base della parete
ovest della Cima Revelli sino a raggiungere
il colletto sud. Da qui, procedendo sui pendii
facenti capo al Vallone Revelli, si raggiunge
il bivacco.
■ Sesta tappa
Valle Corsaglia
Bivacco Cavarero – Bossea
Partenza: Bivacco Cavarero (2183 m).
Arrivo: Bossea (815 m).
Sviluppo: 16 km.
Difficoltà: E.
Dal bivacco si ripercorre il sentiero che conduce al Bocchino dell’Aseo, poi il fondovalle
Raschera sino a quota 1886. Da qui si abbandona il sentiero del fondovalle Raschera
imboccando il bivio che solca il versante
denominato Costa dello Zucco. Su tale tratto
il sentiero interseca uno splendido lariceto
spontaneo che si sviluppa in purezza sino alle
formazioni pascolive in località Costa del Prel
(Alpe Zucco).
Da qui il tracciato si sviluppa su una pista
pastorale che raggiunge il caseggiato dei malgari dell’Alpe Zucco e, procedendo in discesa,
dopo alcuni tornanti (faggete) giunge sino
alla radura pascoliva facente capo al Gias
Ruggeri. Dal gias, procedendo sempre sulla
medesima pista, si solca il versante nord del
rilievo denominato Trucca delle Lose sino a
giungere al fondovalle del Rio Raschera. Da
qui si imbocca la strada sterrata di fondovalle
e, procedendo in discesa, si oltrepassa la località Stalla Rossa per giungere all’intersezione
con il tracciato che conduce al Lago Raschera
in località Ponte Murao.
Dal Ponte Murao attraverso la strada di fondovalle si raggiunge la località Scarrone; di qui,
imboccando la strada asfaltata, si prosegue
fino a Bossea.
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scheda tecnica
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sentiero che raggiunge il Piano della Camozzera) e si congiunge con l’E9 nei pressi della
Sella Brignola (1930 m). Con lungo percorso,
il sentiero E1 giunge al ripiano che ospita il
Gias Pisciasso (1697 m), transita presso la
bella omonima cascata e tra pascoli e rocce
montonate sale agevolmente alla Sella Raschera (1986 m), dove sparisce. Occorre qui
tagliare sulla destra per andare a collegarsi
con il sentiero E9 che discende dal Bocchino
della Brignola. Il sentiero E1 costeggia quindi
il Lago Raschera (2108 m) e sale al Bocchino
dell’Aseo (2292 m) sullo spartiacque con la
Valle Tanaro. Alcune centinaia di metri prima
scheda tecnica
Le Vie della Raschera
Le Vie della Raschera
I forni del Monte Alpet
Le pendici del Monte Alpet, con la loro favorevole esposizione a sud-ovest, i pendii non troppo ripidi e la
presenza di acqua hanno favorito, nei decenni passati, il fiorire di una miriade di piccole borgate. A poca distanza le une dalle altre, alcune formate solo
da poche case, molte ormai in stato di abbandono, erano di sicuro unite da una fitta rete di
mulattiere e sentieri. In tempi ben più recenti,
con la sistemazione di una strada (in parte
asfaltata) a mezzacosta che collega San Giacomo di Roburent a Pra di Roburent e prosegue oltre, la rete di vie di collegamento tra le
borgate è andata scomparendo, ed è rimasta
una struttura per così dire “a lisca di pesce”:
varie diramazioni si staccano dalla strada
principale e vanno a raggiungere di volta in
volta questa o quella borgata, al servizio ora
di chi svolge ancora attività agro-silvo-pastorali, ora di chi sta lentamente recuperando le
vecchie abitazioni.
Ci troviamo in Val Corsaglia, nel regno del
“tetto racchiuso”, tipologia costruttiva tipica
delle vallate monregalesi, nella quale il frontespizio delle costruzioni si eleva di alcune decine di centimetri oltre il colmo del tetto. Sul
perché di questa tecnica costruttiva si è detto
e scritto molto; in realtà è difficile trovare
una spiegazione che non possa essere poi
confutata con esempi “sul campo”, dunque
ci asteniamo dall’elencare le diverse teorie.
Ancora pochi anni fa era comunque possibile
rintracciare, in alcuni casi, i resti delle originali
Case Patelle dai pressi
coperture in paglia di segale dei tetti: oggi, i
di Case Bertolotti.
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tetti rimasti sono coperti da ondulati metallici o sono crollati definitivamente sotto il peso dell’abbandono
e della neve. Sui versanti del Monte Alpet che sovrastano Pra di Roburent, circa una dozzina di anni fa, il
GAL Mongioie e il Comune di Roburent hanno
eseguito il restauro di alcuni dei forni comunitari
presenti nelle varie borgate: Barberis, Roarin,
Gore, Bertolotti, Funde, Potitta.
I forni erano edifici a uso civico, la cui costruzione e manutenzione era a carico dell’intera
borgata. Il loro utilizzo in comune consentiva di
risparmiare sulla legna necessaria a portare in
temperatura il forno, operazione che poteva richiedere anche molte ore per i forni più grandi
e che, proprio per queste ragioni, non avveniva
con molta frequenza.
Caratteristica di alcuni di questi forni è la praesenza di un piccolo locale nel quale, suo malgrado, veniva allevato un maiale per essere poi
Il forno di Case Gore.
macellato e diviso tra le famiglie della borgata.
Tutte le borgate sono facilmente raggiungibili con deviazioni, più o meno lunghe, dalla
strada principale summenzionata. Sventuratamente, quasi tutte le carrarecce di accesso
alle borgate sono chiuse da catene o sbarre
e da cartelli di “Proprietà privata”, il che lascia sempre un poco interdetti gli escursionisti che vorrebbero vedere da vicino il risultato
dell’opera di restauro. Questo fatto, unito alla
segnaletica assai scarsa e alla mancanza di
un itinerario ad anello segnalato che colleghi
le varie borgate, rende purtroppo poco fruibile
il meritevole lavoro di recupero.
Il forno di Case Funde.
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scheda tecnica
Le Vie della Raschera
■ Settima tappa
Valle Corsaglia
Bossea – San Giacomo di Roburent
Partenza: Bossea (815 m).
Arrivo: San Giacomo di Roburent (1000 m).
Sviluppo: 18,7 km.
Difficoltà: E.
Dall’abitato di Bossea si risale il Rio dei
Mondini superando numerosi tornanti su
strada sterrata sino a giungere alla Borgata
Costacalda. A monte di quest’ultima si svolta
a sinistra sempre su strada sterrata che procede di costa intersecando i versanti ovest,
nord ed est del rilievo denominato Rocca
Lumazzao, superando il vallone del Rio Zitella
sino a giungere all’intersezione con il tracciato che conduce al Colle della Navonera
in località Case Potitta. Dalle Case Potitta il
tracciato si sovrappone alla pista forestale
che conduce, procedendo di costa, sino alla
località Pra di Roburent sviluppandosi in un
ambiente ampiamente panoramico (vista
sulla media Valle Corsaglia e sulle principali
cime delle Alpi Liguri).
La chiesa di Pra di Roburent.
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Dal bivio per la località Pra di Roburent,
sempre procedendo su pista sterrata a bassa
pendenza, si intersecano versanti interessati
da castagneti a struttura irregolare sino a
raggiungere, in prossimità del rilievo denominato Bric Vernaglio, un nucleo rurale
(La Maddalena) in buona parte ristrutturato.
Dalla Maddalena si procede a mezzacosta
sempre su castagneti con pendenza leggermente ascendente e, dopo aver superato
alcuni valloni secondari, si giunge in prossimità della località Groppignano. All’altezza
dell’intersezione del sentiero con il Rio Groppignano, procedendo di costa con andamento
semipianeggiante, si raggiunge il concentrico
della frazione di San Giacomo. Il tracciato si
sviluppa in coincidenza con la strada sterrata
San Giacomo di Roburent-La Pra.
■ Ottava tappa
Valle Corsaglia – Valle Casotto
San Giacomo di Roburent – Valcasotto
Partenza: San Giacomo di Roburent (1000 m).
Arrivo: Valcasotto (940 m).
Sviluppo: 12 km.
Difficoltà: E.
Da San Giacomo si imbocca una strada sterrata (la Via dei Cannoni) che deve il suo nome
alle vicende legate all’invasione napoleonica.
La strada sterrata, attraversando ampie radure
prative, procede di costa sino a intersecare il
versante nord del Bric Colmè, interamente
colonizzato da vegetazione arborea (principalmente boschi di faggio), sino a raggiungere la
località Croce dei Cardini. Da qui si imbocca
la pista che si sviluppa frontalmente e che
procede impegnando il versante nord del
Monte Alpet. La strada, in buono stato di
manutenzione, dopo alcuni tornanti giunge
alla sommità del rilievo consentendo uno
splendido colpo d’occhio sull’alta Val Corsaglia e sulla pianura monregalese. Dal Monte
Alpet si ritorna indietro di cresta percorrendo
nuovamente la Via dei Cannoni, che solca di
costa il versante del Monte Alpet sino a raggiungere il Colle della Navonera. Dal colle si
imbocca la strada sterrata in buono stato di
manutenzione che, in costante discesa, procede verso valle sino a Valcasotto, splendida
località sul fondovalle Casotto.
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