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IMPORTANTE SOLTANTO GLI ASSOCIATI AGLI AMICI DELLA FONDAZIONE GIULIETTI POTRANNO CONTINUARE A RICEVERE LA RIVISTA La quota di iscrizione è stata fissata in € 20,00 per l’anno 2005 da versarsi sul C/C postale n. 18025502 intestato alla «Rivista degli Stenografi» Piazzale Donatello 25 50132 Firenze o di € 50,00 come «Sostenitore della Fondazione Giulietti». In omaggio, come premio di fedeltà, il volume «Storia della scrittura» con CD-ROM, edito dalla Fondazione Giulietti, e numerosi sconti sulle pubblicazioni Giunti. In copertina: z La Scala e il centro di Milano devastati dai bombardamenti del 1943 e un’immagine di sinistrati sui marciapiedi z Mussolini lascia Campo Imperatore sul Gran Sasso z La fucilazione di Ciano e dei «traditori» del Gran Consiglio Rivista degli Stenografi fondata a Firenze nel 1877 n. 67, gennaio/marzo 2005 Organo trimestrale della Fondazione Francesco e Zaira Giulietti di cultura stenografica, calligrafica, grafica e linguistica Redazione e Amministrazione Piazzale Donatello 25 - 50132 Firenze Tel. 055.5000042 - Fax 055.576128 www.fondazionegiulietti.it E-mail: [email protected] Direttore responsabile Paolo A. Paganini Direttore editoriale Nerio Neri Collaboratori Ferruccio Annibale, Francesco Ascoli Giuseppe Capezzuoli, Indro Neri Attilio Ottanelli, Patrizia Pedrazzini Angelo Quitadamo, Mimmo Spina Gian Paolo Trivulzio Anna Maria Trombetti Massimo Ugliano Stampa Litografia Piccardi S. & C. Strada in Chianti (FI) Copia non commerciabile C/C postale N. 18025502 Autorizzazione del Tribunale di Firenze n. 3604 del 22/7/1987 Fondazione Francesco e Zaira Giulietti per lo studio, la promozione e la divulgazione delle scritture comuni e della stenografia Gabelsberger-Noe Riconosciuta con D.P.R. n. 310 del 19-1-1983 Sede legale Piazzale Donatello 25 - 50132 Firenze Tel. 055.5000042 - Fax 055.576128 Codice fiscale 94010970484 Trib. Firenze Reg. P.G. n. 65 Consiglio di Amministrazione Presidente Dr. Gianluca Formichi Vice Presidente Dr. Sergio Giunti Segretario Cav. Bruno Piazzesi Consiglieri Prof. Paolo Galluzzi Prof. Andrea Innocenzi, Nerio Neri Prof. Paolo A. Paganini Prof. Aldo Patritti, Prof. Giorgio Spellucci Dr. Federico Sposato Collegio Revisori Dr. Salvatore Proto Dr. Gianluca Borrani, Dr. Enzo Rook SOMMARIO 1 Giuseppe Capezzuoli I documenti segreti della Repubblica Sociale Italiana che la Prefettura di Milano mandava al Duce 7 Insomma, San Cassiano, patrono degli scrittori e degli stenografi, era di Tangeri o di Imola? 12 Anna Maria Trombetti L’orgoglio stenografico di avere come patrono il martire San Cassiano da Imola 13 Ferruccio Annibale Internet, banca universale di dati, ma chi ne controlla i contenuti? 14 Paolo A. Paganini Un libro che non può mancare nello scaffale dei cultori del «giallo» 15 Mario Spigoli, un vuoto incolmabile 16-17 Mimmo Spina Notizie-informazioni-appuntamenti 18 Francesco Ascoli Calligrafia e stenografia, una bella storia d’amore durata quasi un secolo 21 Massimo Ugliano ...E con due soli segni, un punto e un trattino, Morse collegò il mondo 26 Per la CIA John Le Carré e Graham Greene erano “due imbecilli”. E gli intellettuali italiani? In preda a «un letargo alla Silone» 29 Indro Neri Il sogno di una biblioteca mondiale 31 Paolo A. Paganini Fuori la lingua 32 Lettere in redazione 33 Giuseppe Capezzuoli L’angolo dei giochi La Rivista viene distribuita esclusivamente agli «Amici della Fondazione Giulietti». I documenti segreti ! SIVO U L C ES della Repubblica Sociale Italiana che la Prefettura di Milano mandava al Duce A cominciare da questo numero della «Rivista degli Stenografi», pubblichiamo una serie di documenti storici, assolutamente inediti, che gettano nuova luce su uno dei periodi più foschi dell’ultima guerra: i due anni che vanno dal drammatico 8 settembre 1943 (data dell’ambiguo annuncio dell’armistizio con gli anglo-americani da parte del maresciallo Badoglio, succeduto a Mussolini a capo del governo, e conseguente sbandamento dell’esercito) fino alla caduta della Repubblica Sociale Italiana, il 25 aprile 1945. Le tragiche testimonianze che pubblichiamo sono dovute allo stenografo giornalista Giuseppe Capezzuoli, che qui ringraziamo per averci concesso questi preziosi documenti. Dopo la nascita della Repubblica Sociale, Capezzuoli, in qualità di stenografo, fu assunto, dal gennaio 1944, come attaché di Franco Fuscà, capo ufficio stampa della Prefettura di Milano. Sulla base di quanto riferivano gli attenti informatori della polizia, incaricati di seguire in incognito i commenti dei milanesi nei luoghi pubblici della città, il particolare settore della Prefettura, diretto da Fuscà, elaborava sintetiche note informative che, ogni quindici giorni, erano spedite a Mussolini, a Salò, sede del governo della Repubblica Sociale Italiana. Si trattava di notizie riservatissime, riguardanti in particolare gli umori dei milanesi: uno spaccato di vita vissuta, colta con l’immediatezza della cronaca. Consegnate al duce, capo del governo, queste note gli avreb- bero fornito costantemente il polso della situazione nella capitale lombarda. Dopo la caduta della Repubblica Sociale Italiana, il 25 aprile 1945, alcuni funzionari degli uffici milanesi di Palazzo Clerici, sede del ministero della cultura popolare (Minculpop), prelevarono e distrussero gran parte dei documenti ritenuti compromettenti. Capezzuoli, presente negli uffici, poté salvare le copie delle informazioni inviate, nell’arco di circa un anno e mezzo, a Salò, fino cioè al marzo 1945. Ora, dopo sessant’anni, questi preziosi documenti, di eccezionale importanza storica, gentilmente concessi da Giuseppe Capezzuoli in esclusiva per «La rivista degli Stenografi», vedono per la prima volta la luce. Una drammatica immagine del centro di Milano dopo il bombardamento notturno del 13 agosto 1943, il più pesante mai sferrato su una città italiana In questo numero della Rivista pubblichiamo un’ampia introduzione di carattere generale, che tratteggia a grandi linee, con drammatica efficacia testimoniale, il periodo storico in questione, a firma di Giuseppe Capezzuoli. Pubblicheremo quindi nei prossimi numeri, in successione cronologica, le varie «veline», così come sono state stilate dalla Prefettura di Milano, a firma Franco Fuscà, e inviate a Mussolini, fino al tragico epilogo della sciagurata avventura fascista. Paolo A. Paganini QUEI TRAGICI SEICENTO GIORNI DAL SETTEMBRE 1943 ALL’APRILE 1945 di GIUSEPPE CAPEZZUOLI Gli albori della RSI L ’esercito italiano ha capitolato senza condizioni»: questo l’inizio della dichiarazione con cui Eisenhower annunciava al mondo la conclusione delle trattative che il Governo di Badoglio e il Consiglio della Corona tentavano ancora di mercanteggiare per ottenere un ritardo di qualche giorno. Erano le 18.30 dell’8 settembre 1943. Alle 19.45, all’ora del Giornale-radio, arrivava agli Italiani l’annuncio di Badoglio: «Il Governo italiano... ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower. La richiesta è stata accolta». Per le strade, anche a Milano, comin- « Fuori dalla Stazione Centrale di Milano un eloquente cartellone fa il bilancio delle distruzioni aeree 2 ciarono manifestazioni di esultanza al grido «La guerra è finita», ma non mancò chi gettava acqua su tali entusiasmi: « Forse il peggio deve ancora arrivare». E fu così. Mentre il Re e Badoglio fuggivano a Brindisi, i soldati italiani – e dicendo soldati si intende, ahimè, anche gli ufficiali – privi di ordini, abbandonavano le caserme per tornare alle proprie abitazioni, o per rifugiarsi in Svizzera, in vecchi abiti borghesi, spesso abbondanti, generosamente offerti dalla popolazione. A Roma si costituiva, dopo l’8 settembre, il «Comitato di Liberazione Nazionale», per opporsi a una ricostituzione del fascismo. Quasi contemporaneamente usciva il proclama di un «posticcio» governo fascista, in cui si annunciava: «Italiani, combattenti, il tradimento non si compirà. Si è costituito un governo nazionale fascista che opera nel nome di Mussolini». I tedeschi non trovarono grandi resistenze all’occupazione delle posizioni strategiche in Lombardia. Si segnala solo l’attività di un gruppo di comunisti che, il 9, prese le armi gettate dai soldati, aveva respinto un plotone tedesco mandato ad occupare la stazione centrale. Il Gen. Ruggero, allora a capo della difesa delle città di Milano, Como e Varese, privo di direttive, cercate invano a Roma, e constatata l’impossibilità di un successo e la certezza di grandi, inutili rovine e massacri, stipulò, nella notte fra il 10 e l’11 settembre, un accordo con i tedeschi. Si evitò così il disarmo, la cattura dei soldati non ancora dispersi e l’occupazione dell’intera area di Milano. Il gen. Ruggero, per assicurare l’ordine, stabiliva il coprifuoco dalle 21 alle 5, divieto severissimo di assembramenti di più di tre persone, chiusura dei locali pubblici, consegna da parte dei cittadini alle caserme e ai RRCC di tutte le armi non da caccia. Queste misure evitarono grandi manifestazioni, sommosse, scioperi, insurrezioni. La popolazione milanese partecipò all’avvenimento, non indifferente, ma come tranquilla spettatrice. E indifferente restava la popolazione ai manifesti dei partiti antifascisti che invitavano alla resistenza e alla difesa della patria. Mussolini, l’8 settembre, era ancora prigioniero a Campo Imperatore, sul Gran quarto dichiarò ripristinate tutte le istituzioni del partito, col compito di appoggiare l’esercito germanico, di dare al popolo immediata effettiva assistenza morale e materiale e di punire esemplarmente i vili e i traditori; con l’ultimo ricostituì la milizia volontaria per la sicurezza dello stato. Seguirono altri due «ordini del giorno», uno per nominare il luogotenente generale Renato Ricci comandante in capo della milizia e l’altro per liberare gli ufficiali delle forze armate dal vincolo del giuramento prestato al re, accusato di aver consegnato la nazione al nemico. Infine il 18 settembre, da Monaco, Mussolini fece un lungo discorso per invitare a riprendere le armi a fianco della Germania e del Giappone, a preparare la riorganizzazione delle forze armate, ad eliminare i traditori, per annientare le plutocrazie e fare del lavoro il soggetto dell’economia e la base infrangibile dello stato. Mussolini, liberato dagli uomini del tenente colonnello delle SS, Otto Skorzeny, sta lasciando, su un apparecchio tedesco «Cicogna», Campo Imperatore, sul Gran Sasso, dove era stato relegato dopo la sua caduta da capo del governo I l 23 settembre i giornali davano la seguente notizia con la formazione del nuovo Ministero. Nella sua qualità di Capo del Governo repubblicano fascista, Mussolini ha nominato i seguenti ministri e sottosegretari di Stato, dopo aver assunto in proprio il portafoglio del Ministero degli Esteri: Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Francesco Maria Barracu, Medaglia d’oro al valor militare; Ministro agli Interni, avv. Guido Buffarini Guidi; Ministro di Grazia e Giustizia, avv. Antonio Tringali Casanuova; RIVISTA DEGLI STENOGRAFI Sasso. Il 12 settembre, rivelato non si sa da chi il luogo del confino, otto alianti al comando del maggiore delle SS Skorzeny, partirono da Pratica di Mare trainati da alcuni trimotori. Sbarcati negli ampi spazi di Campo Imperatore e senza trovare resistenza da parte dei responsabili della custodia, prelevarono Mussolini che, a bordo di una «cicogna» (tipo di aereo da ricognizione leggero e maneggevole usato dall’aviazione tedesca - N.d.R.), fu portato a Pratica di Mare e quindi trasferito con un aereo a Vienna. Il 14 il Duce era a Monaco, dove incontrava Ciano e la figlia Edda, prima di raggiungere il quartier generale germanico, dove aveva due colloqui con Hitler. Tali colloqui indussero Mussolini «a prendere sulle spalle una croce, che sperava di avere da sé allontanata», come scrive Attilio Tamaro. («Due anni di storia - 1943/45», 3 voll., Tosi Editore in Roma, 1948-1950). Pare che a convincerlo sia stata una dichiarazione di Hitler: «La Germania si considera in guerra con l’Italia; stava a Mussolini mutare la situazione» (op. cit.). Dinanzi alla prospettiva che l’Italia rimanesse «un Paese soggetto ad occupazione militare, governato da Rommel, con tutte le disastrose conseguenze inerenti», Mussolini si piegò al ricatto di Hitler «per salvare quanto era salvabile» e, col fare della sua persona schermo all’Italia occupata, accettò quanto non molto prima gli era sembrata «la più grande umiliazione, cioè la ripresa del Governo con l’appoggio dei tedeschi». Nel primo colloquio che ebbe con fascisti presenti al quartier generale germanico, Mussolini mostrò apertamente di non voler saperne più di fascismo: «repubblica sociale» non «fascista», perché fascismo è divenuto sinonimo di disastro. Il fascismo riapparve per volere tassativo di Hitler. Il 15 settembre vennero diramati cinque brevi «ordini del giorno» che costituiscono l’atto di nascita «della Repubblica Sociale Italiana». Nel primo Mussolini annunciò che riprendeva la suprema direzione del fascismo; col secondo nominò Pavolini provvisorio segretario del partito fascista repubblicano; col terzo ordinò a tutte le autorità militari e civili (politiche, amministrative e scolastiche), anche agli «epurati» dal governo Badoglio, di riprendere i loro posti; col 3 Mussolini saluta sorridendo l’albergatore che l’ha ospitato, a Campo Imperatore, sul Gran Sasso Ministro alle Finanze e Divise, prof. Domenico Pellegrini Giampietro; Ministro alla Difesa nazionale, Maresciallo Rodolfo Graziani; Sottosegretario alla Marina, ammiraglio Antonio Legnani; Sottosegretario all’Aeronautica, comandante Carlo Botto; Ministro per l’Economia corporativa, ing. Silvio Gaj; Ministro per l’Agricoltura, dott. Edoardo Moroni; Ministro all’Educazione nazionale, prof. Carlo Alberto Biggini; Ministro alle Comunicazioni, prof. Arcidiacono; Ministro ai Lavori pubblici, ing. Giuseppe Peverelli; Ministro per la Cultura popolare, dott. Fernando Mezzasoma. In tutto dieci ministri e tre sottosegretari la cui scelta dovette risultare particolarmente faticosa e influenzata dalle ingerenze tedesche. Gli Esteri furono assunti personalmente da Mussolini dopo il rifiuto del Console generale Camillo Giuriati. Patetica e presaga l’accettazione di Mezzasoma che confidava a un amico: «So che è un’avventura e che ci rimetterò la pelle, ma non so dire di no a Mussolini». Lo stesso 23 settembre, all’Adriano di Roma e trasmesso per radio, Graziani lanciava un invito a collaborare per riscattare l’onore della nazione. RIVISTA DEGLI STENOGRAFI I 4 l 27 prima riunione del nuovo Governo alla Rocca delle Camminate e assunzione ufficiale delle funzioni di Capo del nuovo Stato fascista repubblicano da parte del Duce. Il giorno successivo Hitler telegrafava il riconoscimento del Governo. Intanto i Ministeri si trasferivano al Nord e i muri delle città si riempivano di manifesti. Sempre il 23 settembre è un proclama del Comando tedesco che impegna i milanesi alla protezione delle truppe e al mantenimento dell’ordine; vieta l’aumento dei prezzi e dei pagamenti di qualsiasi genere, inclusi i salari. «Le truppe germaniche hanno l’ordine di rispettare la popolazione, se questa si mantiene pacifica, e di avere riguardo alla sua proprietà»; «vengono garantite le attuali razioni di viveri». Nel giro di un mese, sia pure lentamente, si usciva dal caos seguito alla ca- pitolazione e, anche se non mancavano ingerenze e prevaricazioni da parte dei comandi germanici, nelle grandi città e specialmente a Milano l’ordinamento fascista repubblicano incominciava a svolgersi regolarmente. Intorno ai tedeschi non si vedeva né il servilismo né la cortigianeria, né il rufianismo, né la prostituzione, né il rigurgito di miserie umane, che avvolgevano gli angloamericani al sud. La popolazione manteneva un riserbo freddo e tranquillo. Continuavano invece i bombardamenti aerei e gli aviatori americani inseguivano con le mitragliatrici i cittadini nei campi, i viandanti sulle strade, i treni. Ma il lavoro riprendeva. Fecero una fugace apparizione i «marchi d’occupazione» (Reichskredit-Kassenscheine) ma non ebbero larga diffusione e durarono poco: per un accordo fra i due governi, in data 25 ottobre, «i marchi d’occupazione perdevano il carattere di mezzi di pagamento legale sul territorio italiano e le truppe germaniche eseguiranno i pagamenti esclusivamente con lire». Il 29 settembre «La Provincia di Como» (ma è capitato anche ad altri giornali) pubblica un’ordinanza del comandante superiore Rommel in tedesco e in italiano: prevede la condanna a morte per chiunque commetta un’aggressione alla vita di un appartenente alle forze armate germaniche, ed anche per violenze contro le stesse forze, i loro impianti e istituzioni. Gennaio 1944 I l 1943 finisce – come era iniziato – di venerdì. La gente attende nelle case l’anno nuovo, ma è tenuta desta dai militari germanici che sparano per le vie di Milano. Anche troppo. Il primo giorno del nuovo anno si apre con un messaggio di Hitler: «Questa mostruosa guerra si avvicina in quest’anno alla sua conclusione», che, naturalmente, ritiene vittoriosa. Intanto a Milano si vive la vita di tutti i giorni, fra oscuramento e coprifuoco. E ciononostante i milanesi vogliono divertirsi. Sono aperti, fino all’ora del coprifuoco (21) naturalmente, oltre a quattro cinema di prima visione, altri 44 locali. Fra questi uno in via Cassiodoro conserva il nome di «Savoia»; per poco; P ochi gli edifici scolastici esenti da danni per i bombardamenti dell’agosto. Tuttavia si aprono le iscrizioni per corsi che inizieranno a metà gennaio. Alla stessa data riapriranno le scuole serali (dalle 17 alle 20). I giornali escono a due facciate; 4 la domenica. Domenica 2 gennaio, tredici colonne, per una facciata e mezza, sono occupate da annunci economici: si cercano o offrono lavori e case in affitto, ma anche gli annunci matrimoniali non scherzano: quel 2 gennaio ne comparivano ben 42. I teatri non facevano ancora festa il lunedì: erano aperti il Nuovo («Una notte a Madera»); l’Odeon («Tristi amori»); al Mediolanum agiva la compagnia di Nuto Navarrini con «Il diavolo nella giarrettiera». All’Olimpia (poi sede della Standa di Largo Cairoli) era in corso una stagione d’opera che vedrà, il giorno dell’Epifania, addirittura due spettacoli: «Barbiere di Siviglia» alle 14; «Rigoletto» alle 17.30. Il 4 gennaio Giuseppe Spinelli (che sarà poi Podestà) assume la carica di Commissario dei lavoratori dell’industria. Il 5 i giornali pubblicano un comunicato della Questura: «Fucilazione sul posto per chi sarà trovato in possesso di armi senza che ne sia regolarmente autorizzato». Il «Corriere della Sera», dal 6 al 10 gennaio, pubblicherà di spalla, in cinque puntate, «La tragedia italiana» del giornalista svizzero Paul Gentizon. Nuovo orario di oscuramento dal 9 gennaio: dalle 18 alle 6.30. Risente del tragico 1943 anche l’esattoria civica; quasi umoristico il titolo del «Corriere»: «Quest’anno la cartella delle imposte sarà a lungo attesa da molti contribuenti». E intanto procede, in pieno silenzio stampa, il processo di Verona. Solo il 12 gennaio, ad esecuzioni avvenute, un titolo a tutta pagina: «I traditori del Gran Consiglio condannati a morte. De Bono, Ciano, Gottardi, Marinelli e Pareschi fucilati». Il bilancio demografico di Milano per il 1943 porta un titolo allarmistico: si segnala un’inversione di tendenza per il prevalere dei decessi sulle nascite. Ma nel testo si esaminano più serenamente le cause: in settembre solo 91 nati (ma quasi tutte le puerpere erano andate a partorire nell’hinterland). Sempre in gennaio è istituita la Polizia repubblicana (nata, probabilmente, Una delle ultime apparizioni pubbliche di Mussolini, al Teatro Lirico, il 20 dicembre 1944, dove tiene un infiammato discorso Anche la Scala, il teatro lirico più famoso al mondo, nella notte fra il 15 e il 16 agosto 1943, venne sventrata dai micidiali bombardamenti americani RIVISTA DEGLI STENOGRAFI dal 14 gennaio sarà «Giulio Cesare» (ex Savoia); ma il futuro gli riserva altre peripezie: epurato Giulio Cesare, nel dopoguerra assumerà il nome di «Abanera» e qualche anno dopo «Tiziano»; ora è chiuso, dopo un breve periodo di pellicole «a luci rosse». A San Siro, corse al trotto; all’Arena, per la prima domenica dell’anno, una partita amichevole di calcio: Milano (con la «o») - Juventus. Difficile la vita degli sfollati che hanno ancora il lavoro in città (o viceversa). Finora se arrivavano a coprifuoco iniziato, dovevano passare la notte in stazione; al mattino non potevano usufruire dei primi treni. Rimedia un’ordinanza: «Per i viaggiatori in partenza coi primi treni del mattino, durante le ore di coprifuoco, ha valore di lasciapassare, nel tragitto dall’abitazione alla stazione, il biglietto di viaggio acquistato il giorno precedente. Per i viaggiatori in arrivo durante il coprifuoco, al cancello di uscita, presentando il biglietto di viaggio, riceveranno, dal personale ferroviario, un tagliando con la scritta in italiano e tedesco: «vale per circolare dalla stazione ferroviaria all’abitazione (o albergo) fino alle ore... (per poco più di un’ora)». Diversi colori per i lasciapassare: bianco (valido dalle 21 alle 23), rosso (fino alle 24) e verde valido fino alle 2». 5 RIVISTA DEGLI STENOGRAFI È tempo di ristrettezze, si fa la spesa con la tessera annonaria, ci si arrangia con «gli orti di guerra». E anche Piazza del Duomo, a Milano, diventa un campo da coltivare 6 con l’illusione di porre un po’ d’ordine nel settore, finirà per diventare uno dei tanti organi di polizia della RSI); è annunciata anche la socializzazione delle aziende; si precisa che le requisizioni di alloggi a favore dei sinistrati non costituiscono sublocazione, ma sospensione del contratto di affitto. Sempre più complessa la distribuzione dei viveri: diversi i tipi di tessera per i vari prodotti; date di prenotazioni da effettuare secondo le lettere dell’alfabeto del titolare e altrettanto per i prelievi; sfogliando i giornali dell’epoca torna alla mente quanto era difficile anche procurarsi il minimo indispensabile per sopravvivere. I l 18 gennaio ammaina la bandiera, dopo 22 anni, «L’Ambrosiano», il primo quotidiano di Milano ad aver ospitato una intera pagina di fotografie; il primo ad adottare il formato tabloid. Cede il posto a «La Repubblica Fascista» diretto dalla Medaglia d’Oro Carlo Borsani, cieco di guerra. Nel suo articolo di fondo, il 23 gennaio, dal titolo «L’ora dello spirito», Borsani scrive: «Alziamo una bandiera antica come la stirpe, nuova come l’avvenire che sul deserto dell’avventura e del disonore porta nel suo palpito auspici di redenzione». Difficile circolare in bicicletta: occorre uno speciale permesso, dapprima soltanto per le ore di oscuramento, ma dal 10 febbraio anche di giorno. Cambiano i nomi delle vie: il «Principe Umberto» lascia il posto ad «Albania», a ricordo dei 27.000 soldati italiani morti e sepolti nelle montagne albanesi, nella guerra contro la Grecia, e piazza Albania diventa piazza Tirana. Nel dopo guerra scompariranno la via Albania e il ricordo dei 27.000 soldati italiani, per lasciare il posto a Filippo Turati. Il 19 gennaio Salvatore Riccobono e Ugo Ojetti sono nominati vicepresidenti dell’Accademia d’Italia. Presidente era Giovanni Gentile, che sarà assassinato a metà marzo. Alcuni ristoranti vengono sospesi dall’esercizio «per accertate infrazioni annonarie» (spesso nei giorni in cui era vietata la somministrazione di carne, questa veniva nascosta sotto le verdure) e cinque agricoltori arrestati per sottrazione di latte al consumo. Ma intanto c’è anche chi si arrangia per ricostituirsi un minimo di stoviglie: una signora (?) è fermata in piazza Duomo perché «rubava le tazzine nel bar», cioè, bevuta la cioccolata (autarchica) faceva finire la tazza (di Alemagna) nella sua borsa. I l 26 gennaio Piero Parini assume la carica di Capo della Provincia, subentrando al prefetto Oscar Uccelli, chiamato al Ministero. Si è appena commemorato Aldo Resega, nel trigesimo dell’assassinio, ed ecco la notizia di una nuova vittima: a Bologna è la volta del Commissario federale Eugenio Facchini. Contestato l’orario di erogazione del gas: dalle 7.15 alle 7.45; dalle 10.45 alle 13 e dalle 18.15 alle 19.30, mentre dal 1° febbraio saranno adottati criteri più restrittivi per i supplementi di generi alimentari per gli ammalati. Vengono deferiti al Tribunale Speciale quattro generali e cinque ammiragli, fra i quali Campioni e Mascherpa che verranno più tardi condannati a morte e fucilati. L’esecuzione sul posto dei ciclisti e pedoni sorpresi in possesso di armi non autorizzate, già annunciata il 5 gennaio dalla Questura di Milano, a fine mese diventa un «bando del Ministero dell’Interno». Il gennaio si chiude con un discorso del Duce ai comandanti militari regionali: «Imperativo categorico: ritornare al combattimento, passare dallo stato di guerra-martirio, che l’Italia oggi soffre attraverso la distruzione delle sue città grandi e minori, allo stato di guerra guerreggiata». Sul prossimo numero: le prime «veline» inviate a Mussolini a cominciare dal gennaio 1944 © 2005 by «Rivista degli Stenografi» - Fondazione Francesco e Zaira Giulietti, Firenze - Tutti i diritti sono riservati: nessuna parte di questo articolo può essere riportata sotto alcuna forma, sia elettronica che meccanica, compresa la fotocopiatura e la registrazione su qualsiasi tipo di supporto concellabile o permanente, senza la preventiva autorizzazione della Direzione della Rivista. Insomma San Cassiano patrono degli scrittori e degli stenografi era di Tangeri o di Imola? enerdì 7 dicembre u.s. nello spazio di un’ora e cinquantaquattro minuti (dalle 9.52 alle 11.46), s’è incrociato, via internet, un mirato fuoco di fila di notizie in uno scambio di corrispondenze tra l’Italia (Gian Paolo Trivulzio), gli Stati Uniti (Bill Parsons *) e la Svizzera (Mauro Panzera e Gabrielle Fasnacht), che hanno così formato un composito quadro di rilevanti contenuti storici. Siamo così abituati alla velocità che non facciamo nemmeno più caso ai «miracoli» della moderna tecnologia. Ma, a pensarci, si rimane sbalorditi davanti alle stupefacenti ed infinite possibilità che offre l’utilizzo della Rete. I testi qui riportati, nati da una curiosità di Bill Parsons, sono il contributo di un concorso di conoscenze storiche, tese a delineare e ad approfondire la figura di San Cassiano, patrono degli stenografi. In non lontani tempi sarebbero occorse settimane per coordinare un simile lavoro. I vari interventi, che pubblichiamo secondo la loro reale successione cronologica, sono stati solo parzialmente adattati alle necessità della Rivista. A fare opera di attenta revisione, cucitura e riduzione è stata la nostra stenografapoetessa Anna Maria Trombetti, la quale propone anche un suo ulteriore contributo, con un’intensa versione poetica, alata preghiera di mistico e sincero afflato lirico. A mo’ di commento, Gian Paolo Trivulzio ha giustamente annotato: «Una scintilla, nata duemila anni fa, ritorna in Italia tramite l’America e la lingua inglese, diventando poesia di alto valore linguistico e religioso...». In margine alla questione trattata, va fatta, inoltre, una non inutile annotazione, che qui vale come personale e modesto contributo «fra cotanto senno». L’equivoco di San Cassiano, santo conteso tra Tangeri e Imola, sarebbe nato da una imprecisione di Pietro de Natalibus (non nuovo peraltro alle imprecisioni). Nel suo «Catalogus Sanctorum» (1369-1372) confonde Cassiano di Tangeri (celebrato il 3 dicembre) con il martire omonimo venerato a Imola (celebrato il 13 agosto), affermando romanzescamente che il corpo di Cassiano, sepolto a Tangeri, sarebbe stato portato dopo qualche tempo nella città romagnola. Si tratta d’una affermazione fantasiosa, che non poggia su nessuna prova storica. Ma è valsa comunque ad alimentare in alcuni la non verificata certezza che Cassiano di Imola non fosse altri che Cassiano di Tangeri, traslato poi ad Imola. Ma l’uno e l’altro, anche se la ricostruzione storica si fa spesso nebulosa, rimangono, a parer nostro, due Santi separati e distinti. Conclusione alla quale è giunto anche Gian Paolo Trivulzio. * Bill Parsons è un resocontista giudiziario del Superior Court (Tribunale) del Connecticut. Vive a Meriden, Connecticut e per 43 anni si è occupato di resocontazione giudiziaria. Ha iniziato ad interessarsi alla resocontazione giudiziaria, come impiegato nel servizio legale della Marina degli Stati uniti e successivamente studiò per diventare resocontista con la stenotipia. Bill Parsons è venuto a conoscenza del quasi sconosciuto santo patrono degli stenografi, attraverso il forum dei resocontisti degli Stati Uniti. Ha pensato che fosse magnifico che gli stenografi avessero un loro patrono, ed ha iniziato a scambiare informazioni con altri colleghi, contattando successivamente Padre Nadolny (decano della chiesa cattolica di San Stanislao a Meridien, dove guida la comunità ed è direttore della scuola parrocchiale). Al reverendo ha chiesto di preparare una immaginetta (vedi pagina 8) di San Cassiano da Tangeri, in collaborazione con l’artista Joe Roy, il quale ha anche scritto la poesia in inglese che riportiamo più avanti. Martirio di San Cassiano, quadro di Pietro Tedeschi nella Cattedrale di Imola RIVISTA DEGLI STENOGRAFI V 7 L’argomento, ovviamente, rimane aperto all’apporto di ulteriori aggiornamenti. Un’ultima precisazione: dove, più avanti, nelle corrispondenze da noi riportate, si parla di «San» Prudenzio, va in realtà chiarito che Prudenzio , nato in Spagna nel 348, fu «solo» un poeta, anzi il massimo poeta latino cristiano dell’epoca, autore di opere in difesa delle fede («Apotheosis») e di canti in lode di Dio («Cathemerinon liber», di uso liturgico giornaliero). Tra altre opere, tutte di carattere religioso o ispirate alle Scritture o allegorico-morali, scrisse un ciclo di quattordici carmi in onore dei martiri cristiani («Peristephanon liber», Il libro delle Corone), uno dei quali (IX) è appunto dedicato a Cassiano. (Paolo A. Paganini) ECCO I MESSAGGI SCAMBIATI VIA INTERNET TRA USA, ITALIA E SVIZZERA (Le traduzioni dall’inglese sono di Madina Abati Verrengia) D ear Folks at InterSteno:mmmmmmm For the first-time ever stenographers all over the world have their first saint’s card for St. Cassian of Tangiers, patron saint of court reporters. A court reporter, priest and artist/poet have worked together to produce the first-ever saint’s card of St. Cassian of Tangiers for the profession of court reporting. The saint’s card contains a drawn picture of St. Cassian of Tangiers writing shorthand before a Greek Temple. On the reverse side of the card is the following prayer/blessing for court reporters: St. Cassian of Tangiers Patron Saint of Court Reporters Bless the hands and the skills of those who record with accuracy the facts of the spoken word. They assure that honor and justice prevail, performing their duties with a devotion that never fails. What greater mission on earth than to engage in a duty to record the word of truth on history’s every page? RIVISTA DEGLI STENOGRAFI Would InterSteno be interested in making this saint’s card for the patron saint available to the profession of court reporting around the world? Bill Parsons, American Court Reporter 8 Cari Amici dell’Intersteno, per la prima volta tutti gli stenografi in tutto il mondo avranno il loro primo santino di San Cassiano da Tangeri, santo patrono dei resocontisti. Uno stenografo, un prete ed un artista/poeta hanno lavorato alla produzione di questo santino di San Cassiano da Tangeri, protettore della professione dei resocontisti. Questo santino contiene la raffigurazione di San Cassiano da Tangeri mentre stenografa di fronte ad un tempio greco. Sulla parte opposta del santino c’è la seguente preghiera/benedizione per gli stenografi: San Cassiano da Tangeri Santo Patrono dei Resocontisti Benedette siano le mani e l’abilità di D ear Mr. Parsons,mmmmmmmmnnnnm thank you very much for your info. I have sent it out to the Board of Intersteno so that a decision can be made. In Italy we have San Cassiano da Imola as protector of stenographers. There is another San Cassiano, named San Cassiano d’Arles (Arles as you know is an historical tow in France) but his relics are in a small town near Novara in Italy. Also this Saint used shorthand. May be Saint Cassiano of Tangiers is the same of one of these two, but I have no sound document, so I am sending your information to Mr. Mauro Panzera (Switzerland) who has good connections with the Holy See and may be he can give a sound judgment. The same from Prof. Anna Maria Trombetti who leaves in Rome and also has good connections in the church’s activity. Thanks, congratulations for your work and best regards Gian Paolo Trivulzio D ear Mr. Trivulzio:mmmmmmmmnnnm Thank you so very much for your quick e-mail response. I am going to include in this e-mail the story of St. Cassian of Tangiers so you can see if it is the same as one of the saint’s you mentioned. The saint’s card picture of St. Cassian was drawn by a renowned Catholic artist who has done art work for churches and Catholic publications. If you send me your mailing address, I will send you copies of the actual saint’s card. Then if you wanted to, you could translate the prayer/blessing into Italian and other languages. Bill Parsons l’onere di registrare la parola della verità su ogni singola pagina della storia? Vorrei sapere, l’associazione Intersteno sarebbe interessata nel rendere disponibile a livello mondiale questi santini del Santo Patrono alla professione dei resocontisti? Bill Parsons, Resocontista Americano Egr. Sig. Parsons, La ringrazio molto per le sue informazioni. Le ho inviate all’Associazione dell’Intersteno perché si possa prendere una decisione in merito. In Italia noi abbiamo San Cassiano da Imola come protettore degli stenografi. Esiste un altro San Cassiano, chiamato San Cassiano di Arles (Arles, come Lei sa, è una città storica della Francia) ma le sue reliquie si trovano in una cittadina vicina a Novara in Italia. Anche questo Santo usava la stenografia. Forse San Cassiano da Tangeri è lo stesso di uno di questi due, ma non ho valide documentazioni in proposito, per questo invierò le sue informazioni al Sig. Mauro Panzera (Svizzera) che è in buoni rapporti con la Santa Sede e forse può esprimere un solido giudizio in merito. Ugualmente riguardo alla Prof.ssa Anna Maria Trombetti, che abita a Roma ed è anche lei ben inserita nelle attività ecclesiastiche. RingraziandoLa, Le invio congratulazioni vive per il suo lavoro e i migliori saluti Gian Paolo Trivulzio Egr. Sig. Trivulzio La ringrazio moltissimo per la sua pronta risposta e-mail. Includerò in questa e-mail la storia di San Cassiano da Tangeri in modo che Lei possa valutare se si tratti dello stesso di uno dei Santi da Lei citati. L’immagine del santino è stata disegnata da un celebre artista cattolico che ha realizzato lavori artistici per chiese e pubblicazioni cattoliche. Se Lei mi vorrà inviare il Suo indirizzo postale, Le invierò alcune copie del santino attuale. Poi, se vorrà, potrà tradurre la preghiera/benedizione in italiano e in altre lingue. Bill Parsons Per Mauro Panzera C ome capirai facilmente viene proposta un’immaginetta di San Cassiano da Tangeri, dove viene raffigurato il santo che scrive in stenografia di fronte ad un tempio greco. Sul retro c’è la supplica al santo, per gli stenografi. La rapida traduzione è più o meno la seguente: (La traduzione di Trivulzio è analoga a Martirio di San Cassiano, Vescovo e Martire RIVISTA DEGLI STENOGRAFI coloro che registrano con accuratezza i fatti della parola detta. Essi assicurano che l’onore e la giustizia prevalgano, attendendo ai loro doveri con devozione mai disattesa. Quale missione è più grande sulla terra che assumersi 9 quella riportata più sopra, tradotta a cura della Redazione, tuttavia viene ugualmente riproposta per la sua ottima qualità) Benedici le mani e le abilità di coloro che stenografano con precisione i fatti delle parole pronunciate. Esse assicurano che l’onore A Mr. Parsons La chiesa di S. Cassiano a Imola T hank you for your additional information. I have made a quick research in the list of Saints and in fact your Saint is different from Sant Cassiano da Imola, whose feastday is the 13th of August. Their history are different since San Cassiano da Imola was a teacher of shorthand and was killed by his students with stylus. (May be there is a foresight of modern age). According to my historical record, it was San Cassiano da Imola who was proclamed protector of stenographers from Pius XII, but may be something has changed in the meantime. In any case it is better to have one saint more, we need help in these days. I will appreciate you sending me one of this card, to my address Via Caldera, 126, 20153 Milano (Italy). I will eventually put this image and translations into our Web-side if you do not mind. Friendly regards Gian Paolo Trivulzio e la giustizia prevalgano, svolgendo i loro compiti con devozione che non viene mai meno. Quale missione più grande al mondo di impegnarsi nel compito di registrare la parola della verità in ogni pagina della storia? Gian Paolo Trivulzio Al Sig. Parsons La ringrazio per le Sue ulteriori informazioni. Ho fatto una veloce ricerca nella lista dei Santi ed effettivamente il vostro Santo è differente da San Cassiano da Imola, la cui festa cade il 13 Agosto. Anche le loro storie sono differenti poiché San Cassiano da Imola era un insegnante di stenografia e fu ucciso dai suoi studenti con gli stili. (Forse si tratta di una premonizione dei tempi moderni). In conformità con la mia documentazione storica, fu San Cassiano da Imola ad essere proclamato protettore degli stenografi da Pio XII (il 23 dicembre 1952, N.d.R.), ma forse qualcosa è cambiato nel frattempo. Ad ogni buon conto è miglior cosa avere un santo in più, abbiamo bisogno di aiuto di questi tempi. Gradirei molto se Lei volesse inviarmi uno di questi santini al mio indirizzo Via Caldera, 126, 20153 Milano (Italia) Eventualmente inserirò questa immagine e la traduzione nel sito Web se Lei non ha nulla in contrario. Affettuosi saluti Gian Paolo Trivulzio Per gli italiani N RIVISTA DEGLI STENOGRAFI on si tratta dello stesso santo in quanto San Cassiano da Imola è celebrato il 13 di agosto e le loro storie sono differenti. Ho ovviamente citato che San Cassiano è stato un precursore dei molti martiri di insegnanti uccisi dai loro allievi. Vi do la traduzione interlineare del testo seguente 10 St. Cassian of Tangiers San Cassiano da Tangeri Patron Saint of Court Reporters Santo protettore dei resocontisti Death: Year 298 Feastday: December 3rd Morto nel 298 - si celebra la festa il 3 dicembre St. Cassian is a martyr mentioned in a hymn by St. Prudentius, also called Cassian of Tangiers. San Cassiano è un martire citato in un inno di San Prudenzio, ed è anche detto Cassiano da Tangeri. He was a court recorder at the trial of St. Marcellus, the Centurian. Era resocontista di tribunale al processo di San Marcello, il Centurione. Aurelius Agricola, deputy prefect in the Roman province in North Africa, conducted the trial. Aurelio Agricola, prefetto deputato nella provincia Romana del Nord Africa, presiedeva il giudizio. When the death penalty was imposed on St. Marcellus, Cassian threw down his pen and declared that he was a Christian. Quando fu decisa la condanna a morte di San Marcello, Cassiano depose la penna e dichiarò di essere cristiano. He was arrested immediately and put to death. Cassian is patron saint of modern stenographers. Egli fu immediatamente arrestato e messo a morte. Cassiano è il santo patrono degli stenografi moderni. © 2000, Catholic Online. All rights reserved L’affermazione finale è giusta, ma il Santo, a mio giudizio, non è quello. Ma attendiamo notizie... dall’Alto. Semmai aiuteremo i confratelli americani a rettificare la notizia. Nello stesso errore è incorso anche qualcun altro - potete controllare l’elenco dei Santi nel seguente link: http://www.trivulzio.com/santo.htm (senza alcuna mia responsabilità né di mio fratello Alberto che ha queste informazioni sul suo sito). Gian Paolo Trivulzio Un ulteriore contributo storico di Gabrielle Fasnacht maestro, gli altri conficcandogli gli stili scrittorii nelle viscere o servendosene per incidere sulla sua pelle caratteri insanguinati. Cassiano spirò dopo questo lungo e doloroso supplizio. Triste storia! Ma ecco il mio contributo alla riconoscenza degli stenografi lungo i secoli. Fortuna che, fisicamente, noi non abbiamo dovuto subire trattamenti di questo genere da parte dei nostri scolari! Coi miei più cordiali saluti Gabrielle Fasnacht D ans son Histoire Générale de la Sténographie, Albert Navarre (édition de 1909) cite Saint Cassien, patron des sténographes qui subit le martyre au IVe siècle. Une peinture le représente dans la basilique d’Imola, au-dessus de son tombeau. Cassien, maître d’école à Imola, enseignait les notes. Après avoir été sacré évêque, il fut chassé par les fidèles; il se retira à Rome, puis à Imola où il ouvrit une école publique. Sa sévérité avait irrité et révolté contre lui ses élèves, lorsqu’il fut arrêté comme chrétien. Le juge le condamna à un supplice d’un genre nouveau et abandonna Cassien à ses écoliers, nu, les mains liées, les autorisant à le tourmenter jusqu’à la mort. Chacun épuisa sur lui sa rancune et sa méchanceté, les uns brisant leurs tablettes sur le front du vieux maître, les autres lui enfonçant leur stylet à écrire dans les entrailles, ou s’en servant pour sillonner sa peau de caractères sanglants. Cassien expira après ce long et douloureux supplice. Triste histoire ! Mais voilà ma contribution à la reconnaissance des sténographes tout au long des siècles. Heureusement que, physiquement, nous n’avons pas eu à subir de tels traitements de la part de nos élèves ! Avec mes bien cordiaux messages. Gabrielle Fasnacht —————— Nella sua Storia Generale della Stenografia, Albert Navarre (ed. del 1909) cita S. Cassiano, Patrono degli Stenografi, che subì il martirio nel IV secolo. Una pittura lo rappresenta nella Basilica di Imola, al di sotto della sua sepoltura. Cassiano, maestro di scuola ad Imola, insegnava le Note. Dopo essere stato consacrato Vescovo, egli fu cacciato dai fedeli e si ritirò a Roma, poi ad Imola dove aprì una scuola pubblica. La sua severità aveva irritato e rivoltato contro di lui gli allievi, quando egli fu arrestato come cristiano. Il giudice lo condannò ad un supplizio di genere nuovo e abbandonò Cassiano ai suoi scolari, nudo e con le braccia legate, autorizzando quelli a torturarlo fino alla morte. Ciascuno riversò su di lui tutto il proprio rancore e la propria cattiveria, gli uni spezzando le tavolette sulla fronte del vecchio I San Cassiano trovati in Internet La ricerca ha evidenziato 7 Links: 1. San Cassiano Abate di San Saba, 20 luglio 2. San Cassiano di Imola, Martire, 13 agosto 3. San Cassiano di Novellara, Vescovo e martire, 4 maggio 4. San Cassiano di Tangeri, Martire, 3 dicembre 5. San Cassiano di Todi, Vescovo e martire, 13 agosto - Comune 6. Beato Cassiano Lopez-Netto, Martire, 7 agosto 7. San Giovanni Cassiano, 23 luglio Preghiera degli Stenografi Versione poetica di Anna Maria Trombetti 1. O nostro protettore San Cassiano, 2. che l’Arte stenografica e i suoi fasti 3. avevi in somma cura e ci ispirasti 4. a far tesoro della nostra mano, 5. rendici degni della professione 6. che più d’ogni altra pone in sintonia 7. celerità scrittoria e trilogia 8. d’ «amore al vero – serietà – passione». 9. Fa’ che nei segni resa sia giustizia 10. completa alla parola pronunciata, 11. che questa sia raccolta, venerata, 12. serbata come autentica primizia. 13. Concedi che altre pagine di Storia 14. s’aggiungano alle Note millenarie 15. degli Stenografi, contro la barbarie 16. dell’incultura… A Tua Perpetua Gloria! Un’altra riproduzione di San Cassiano, Vescovo e Martire L’ORGOGLIO STENOGRAFICO DI AVERE COME PATRONO IL MARTIRE SAN CASSIANO DA IMOLA ... Anche i nostri insegnanti hanno dovuto subire lo sterminio programmatico di una classe intera di docenti, condannati a sparire senza processo nell’anno 1996… di Anna Maria Trombetti L a ricerca su San Cassiano, pur ispirata dall’orgoglio agiografico di noi stenografi che vediamo, nella figura di questo Santo-Martire del 3° secolo dell’era cristiana, impreziosito il motivo di appartenenza alla categoria dei celeres scriptores, conduce necessariamente a riflettere sul senso profondo della «protezione» che ad ogni titolare di culto liturgico si attribuisce e si richiede. Patrono, sinonimo di protettore, è parola latina derivante da pater, la figura riconosciuta come centrale, per autorità e ruolo sociale, nell’antica Roma, ma che, al di là della storia e dei pur vasti confini dell’impero, riassumeva in sé i valori più elevati dal punto di vista civile e sacrale, dei popoli evoluti di tutto il mondo. Ovunque, questa parola è stata e continua ad essere recepita nella sua accezione di capacità generativa non soltanto fisica, ma legata a funzioni e comportamenti di altissimo e diffuso rispetto. Tra questi, il ruolo di guida, di sostegno, e di riferimento, elementi fondamentali per ogni cammino umano che inizia e per ogni crescita spirituale a questo collegata. Dio è colui che, nella tradizione ebraico-cristiana, ha avocato a sé, nel senso più influente ed esteso, il Nome di «Padre» divenuto, per i fedeli, sinonimo stesso di concreta, provvida ed amorosa presenza nel passaggio terreno verso il Cielo (Cielo come contemplazione eterna del Volto di Dio scoperto già nella dimensione temporale e fatto motivo di felicità esistenziale sopra ogni cosa). Chi è, dunque, il Santo, se non uno di quei figli cresciuti nell’abbondanza dei doni ricevuti dal loro Signore, e che dimostrano, lungo i secoli, come, di questi beni, possa pienamente sostanziarsi la vita di ciascuno? La più bella, a mio avviso, definizione di santità è stata data da Blaise Pascal (Pensieri): «Il Santo è colui al quale Dio solo basta». Si inserisce, San Cassiano, in questa pura e vera visione di santità? Sì, alla luce non soltanto del suo cruento martirio (circa il quale le notizie sono incerte), ma di quella intuibile, quotidiana dedizione alle virtù, che il suo insegnamento comportava. Il valore religioso degli esercizi scrittori, silenziosi e solitari – attestatomi a scuola dall’esperienza diretta, ma anche da qualche confidenza di genitori che avevano osservato il mutamento dei loro figlioli passati da un’indolente svagatezza ad un atteggiamento meditativo consapevole e dagli esiti quanto mai positivi – non può essere sfuggito a colui che conosceva bene le possibilità della mano di procurare all’intera persona il nutrimento psichico e culturale necessario per il suo sviluppo. Per un Dio senza mani, affidarsi a quelle del maestro Cassiano deve essere stato un investimento prezioso, al di là della manifestazione d’ingratitudine offerta dall’ultima generazione di scolari che, secondo la leggenda, trafissero con gli stili il loro vecchio docente determinandone, però, anche l’ufficiale inserimento nel martirologio. Se, diceva Tertulliano, il sangue dei martiri è seme di cristiani, il sacrificio della vita dell’antico stenografo ha marcato di un connotato indelebile la professione dei suoi discendenti: professione elevata, di estremo rigore morale in ogni sua applicazione, e dai tangibili, utilissimi risultati. Non sempre capìta, anzi avversata nell’ambito stesso dell’istituzione scolastica ufficiale che non ha ancora fatto ammenda dello sterminio programmatico di una classe intera di docenti condannati a sparire senza processo nell’anno 1996… Avere come Santo Protettore San Cassiano non è come procurarsi un distintivo di facciata: significa aumentare l’orgoglio di portare avanti, nell’epoca delle tecnologie sempre più perfezionate, un qualificato servizio alla parola, aprendosi a tutte le possibilità di aumentarne la resa e la diffusione. I verbalizzatori alle udienze tribunalizie o i resocontisti alle pubbliche assemblee, gli addetti alla registrazione di qualsivoglia intervento orale nell’ambito della convegnistica, tutti gli operatori impegnati in diverso modo nella ripresa del parlato, e chiunque altro si riconosca nel ruolo di moderno stenografo, troveranno, nella storia di San Cassiano da Imola «la dimostrazione che, quando si vuole, si può veramente comunicare con i mezzi moderni». Sono le parole di G. P. Trivulzio, ottimo commento alle iniziative che, da Europa e Stati Uniti d’America, vanno coordinandosi per dare maggiore plasticità storica alla figura del nostro Patrono e ricavare, da essa, le indicazioni per le linee di una professione continuamente al passo con i tempi. (Nell’illustrazione: San Cassiano con gli allievi, affresco di Giovanni Passoni, chiesa parrocchiale di Breccia, Diocesi di Como) romani contavano gli anni partendo ab urbe condita e la tradizione fissa l’anno di nascita al 21 aprile del 753 avanti Cristo. Noi, dell’età volgare, cosa possiamo dire di preciso sulla nascita del computer? Può cominciare la sua storia nel 1623 con l’invenzione della prima calcolatrice meccanica, o nel 1939 con la sperimentazione per accelerare le capacità di calcolo dei primi computer? Tuttavia è l’invenzione del circuito integrato che apre la strada al microprocessore che permette di costruire computer capaci di velocità, potenza e precisione. Ma dal convegno, che si è tenuto il 19 gennaio scorso alla Società Umanitaria di Milano, indetto dal Pen Club Italiano, sul tema “La scrittura nell’età del computer”, sembra proprio che ormai il computer abbia un’età adulta tanto da avere il sopravvento su qualsiasi altra scrittura, sia con la macchina per scrivere o a mano, sia in senso letterario che giornalistico. Per quanto riguarda la scrittura, la giornalista e scrittrice Isabella Bossi Fedrigotti ritiene il computer un miracolo, in negativo o in positivo. “Ah, le correzioni sul foglio dattiloscritto. Il computer mi ha alleggerito la vita! Correggo tranquillamente, anche coi richiami automatici, finché la frase mi diventa fluida: Ebbene, ne sono una fans”. Per quanto si attiene al senso giornalistico Lucio Lami, giornalista e scrittore e Presidente del Pen, si richiama anche ad Internet, “che è diventata la banca dati universale della quale nessuno si cura molto di chiedersi chi abbia messo dentro le notizie”. Internet, inoltre, “è stata capace di porre fine alla mia categoria, quella degli inviati” e ritiene che ci siano dei mutamenti in corso. “Questa globalizzazione derivata dal computer, da un lato è qualcosa di splendido e miracoloso e, dall’altro, pone dei problemi, come, d’altra parte, tutte le scoperte scientifiche. È l’utilizzo dello strumento che è in discussione, non il suo progresso. Adesso la scienza offre mezzi meravigliosi...”. E ha citato un aneddoto che lo coinvolse in Afghanistan, quando dovette fare 700 chilometri a piedi e scrivere il pezzo dopo 40 giorni. “Sarei stato un uomo che camminava sulle nuvole se avessi avuto a disposizione il satellitare”. Internet banca universale di dati, ma chi ne controlla i contenuti? Il filosofo Carlo Sini ha accennato al fatto che discussioni non dissimili possono essere accadute in tempo remoto, nei popoli che instaurarono la scrittura, ovvero l’innovazione di una cultura scritta. Ma se il supporto elettronico, come tutte le innovazioni, potrà modificare anche le nostre anime “non si deve pensare che venga meno l’originalità della mente umana semplicemente perché noi disporremo di una massa di informazioni”. Che il computer modifichi la scrittura lo afferma lo scrittore e giornalista Armando Torno, dicendo che non si può avere lo stesso ritmo di fronte alla carta bianca o allo schermo bianco. “Io dico che ogni epoca ha il suo tipo di scrittura per poter comunicare”. Ogni epoca esibisce il massimo delle possibilità. E lo sottolinea affermando che “un tempo c’era chi si impegnava con la penna e in seguito coloro che si applicavano con la macchina per scrivere…” Infine una curiosità, che ha sapore di… macabro progresso: nel cimitero di una cittadina degli Stati Uniti, sulle tombe c’è il nome senza frasi di circostanza e, accanto, un piccolo video preparato in precedenza dallo stesso defunto... Ha concluso quest’incontro Maurizio Cucchi che, nella sua veste di poeta, ha avuto una visione globale del problema, osservando che “L’universo è un immenso computer che si programma e si modifica da sé ”, sottolineando il fatto che tra poeti suoi coetanei “c’è ancora una forma di resistenza che secondo me è irrazionale, in ragione dei cambiamenti, perché qualcosa cambia, qualcosa si trasforma” e aggiunge: “…è chiaro che, se il mondo muta, muta anche la percezione che ne ha il poeta”. di FERRUCCIO ANNIBALE RIVISTA DEGLI STENOGRAFI I 13 Un libro che non può mancare nello scaffale dei cultori del giallo di PAOLO A. PAGANINI I l giallo italiano come nuovo romanzo sociale”, a cura di Marco Sangiorgi e Luca Telò (Longo Editore, Ravenna, 2004, pagg. 280, € 14.00), già mi era stato annunciato dalla collega Paola Pilotti come il risultato d’un progetto, nato dal corso di formazione per docenti sulla didattica della letteratura poliziesca in Italia, organizzato dall’ISIS “Callegari-Olivetti” di Ravenna. A quel primo annuncio si era insinuato un atteggiamento vagamente diffidente, sospettando, per troppo amore, un abuso o un’invadenza, da parte della didattica in quanto scienza, nei confronti di un genere vivo e appassionante come il giallo in quanto arte. Un freddo lavoro di laboratorio avrebbe mortificato o deluso le oneste sicurezze di un fanatico lettore di romanzi gialli? Un manipolo di supponenti manigoldi avrebbe compromesso un’orgogliosa autonomia faticosamente conquistata, ripiombando il genere poliziesco a un antico complesso di inferiorità nei confronti della cosiddetta letteratura “seria”? Sospetti inutili ed ingiusti, destinati a crollare fin dalle prime pagine. Il genere poliziesco occupa, in realtà, una posizione ormai consacrata e di uguale dignità, nel campo delle lettere, primo perché, da Simenon a Chandler, da Stout a Le Carrè, ma anche dai nostrani Sciascia a Fruttero&Lucentini, da Scerbanenco a Camilleri, a Lucarelli, a Pinketts, a Carlotto, a Faletti eccetera, il “giallo”, nelle librerie, ha la stessa importanza della saggistica o della narrativa (con la piccola differenza che il poliziesco vende di più!); secondo, perché si è finalmente capito che la filigrana del genere è data dall’ambientazione socio-politica dove alligna il crimine e dove si « svolgono le indagini, e, pertanto, diventa un documento di costume e uno spaccato di storia locale, dalla Sicilia a Bologna, a Milano; terzo, perché si avvale di leggi e di regole dalle quali è impossibile derogare, proibito barare, pena la squalifica dal genere. Sull’aspetto sociale del giallo già aveva trattato Carlo Oliva (“Storia sociale del giallo”, Todaro Editore, Lugano, 2003, pagg. 224, € 16.90), scritto in stretta relazione allo sviluppo delle problematiche socioculturali degli ultimi due secoli, nella storia della letteratura europea e americana. Non è dunque una novità addentrarsi in questa nuova prospettiva critica. La vera novità, appena ricevuto e sfogliato (avidamente) il libro ora in questione, a cura di Sangiorgi e Telò, è che il sociale non è più un’ipotesi, un accessorio, un optional rispetto allo specifico del mistery (la trama, la suspence, la costruzione logica delle indagini, la liberatoria catarsi finale con la punizione del colpevole, che, a volte, può esser addirittura morale, vedasi Simenon). La domanda accademica, se il giallo può anche essere un romanzo sociale, non è più una tesi da dimostrare. Il giallo è anche legittimato come romanzo sociale. Ed è vera letteratura, partecipando con essa al fine ultimo di capire se stessi, gli altri e la realtà. Senza più nessuna diffidenza, dunque, il lettore s’impossessa della materia, conscio di trovarsi di fronte a un sorprendente “laboratorio letterario”, il quale, senza complessi, anatomizza il genere poliziesco italiano, smontandone gli elementi costitutivi, evidenziandone le leggi interne, svelandone le tecniche di scrittura e di sviluppo logico, non trascurando altre strette parentele come l’enigmistica, come le scritture segrete, studiando le espressioni idiomatiche, gli spessori psicologici dei personaggi e gli intrinseci elementi storici (tracce e contenuti), dalla civiltà rurale a quella metropolitana, dal fascismo alla realtà contemporanea. Si tratta, insomma, d’un libro che non sfigura tra i classici del mistery, e che, anzi, aiuta e conduce il lettore a una maggiore comprensione del genere poliziesco. MARIO SPIGOLI UN VUOTO INCOLMABILE S e si potesse assegnare un attestato di benemerenza alla simpatia, alla bonomia, alla capacità conciliativa di smussare le angolose asperità che tanto incrinano e compromettono i rapporti umani, Mario Spigoli sarebbe stato il primo ad averne diritto. Il sorriso di Mario era di per sé un’istituzione. La sua presenza rasserenava gli animi e creava subito intorno a sé quel senso di benessere, che promana istintivamente dalle anime limpide, dai cuori generosi. Nel nostro mezzo secolo di incontri, Mario Spigoli, sempre pronto alla battuta intelligente, a un’ironia sorniona, mai irrispettosa, era una contagiosa for- za della natura, che gli faceva occupare sempre i posti d’onore nei consessi accademici (e in quelli conviviali!). Ora, lascia un posto difficilmente sostituibile. Un altro tassello di quella vecchia guardia che sempre più viene meno, scoprendo, nel mosaico del nostro presente e nei disegni del futuro, il vuoto abissale in cui sta precipitando una società senza cultura, senza memoria. Tu, Mario, per tutti noi e in quanti ti conobbero e ti vollero bene, rimarrai non immemore presenza di valori sempiterni e, per i più giovani, un esempio da non dimenticare. (P.A.P.) DA TRENTACINQUE ANNI UNA COLONNA DELL’EUSI abilitato all’insegnamento della dattilografia da vari decenni, ed aveva fatto parte di varie Commissioni giudicatrici. Era autore di libri di testo in proprio e con altri colleghi. Aveva partecipato ai corsi di aggiornamento, come discente, poi come docente sempre attento, preciso e colloquiale. Aveva sposato la causa dell’EUSI quando, sulla scia di Mario Marchesi, era entrato prima nelle Commissioni esaminatrici, poi nei consigli direttivi, dove per lunghi anni aveva donato la sua saggezza e la sua lungimiranza per la risoluzione dei vari problemi. Aveva una profonda conoscenza della stenografia Meschini, mentre la moglie Elena, già preside ed ispettrice centrale, aveva studiato il sistema Gabelsberger-Noe che prediligeva. Eclettico, multiforme, artista, sapeva farsi amare da tutti, e soprattutto amava tutti. In questi ultimi tempi, facile alla commozione, ci eravamo scambiati gli auguri per propiziare – ahimè – l’anno nuovo! Il tratto saliente della sua opera e del suo carattere era costituito dai Campionati nazionali EUSI, con cui aveva collaborato da oltre trentacinque anni, gradualmente assumendosi responsabilità ed oneri e riuscendo sempre a risolvere i problemi portando i Campionati stessi a sempre rinnovati successi, fornendo una configurazione organizzativa di assoluta eccellenza, indipendentemente dalla sede prescelta. Chi ha proseguito nella sua opera ha trovato gli elementi fondamentali su cui costruire le nuove edizioni agonistiche. Mario Spigoli era anche questo: un modesto ma preciso organizzatore, appassionato ma disinteressato, oculato ma ricco di idee. Noi lo ricordiamo per tutto quello che ha fatto e soprattutto per la sua elegante modestia. S ono frastornato dalla notizia ed ancora non so ammettere che Mario Spigoli ci abbia lasciato. Quanto è dura la condizione umana secondo cui l’uomo nasce per vivere, possibilmente prosperare. E poi, deve lasciare tutti e tutto. È, soprattutto, nel distacco che si manifesta il grande dolore che lacera tutto l’interno di noi stessi. Mario aveva superato il 15 settembre scorso 85 anni. Negli ultimi anni aveva subìto vari infortuni, con operazioni medico-chirurgiche. Con la solita bonomia accettava tutto con serenità pur di non angustiare la famiglia, alla quale era attaccatissimo. Gran lavoratore, tecnico impareggiabile, aveva sempre dotato le sue relazioni tecniche di una assoluta consapevolezza critica, accoppiata ad una lucidità espressiva e di linguaggio. Proveniva dall’industria aerea, poi, dopo le vicende belliche, dovette riciclarsi scoprendo un nuovo mondo, quello dei giovani, che l’appassionò entusiasticamente, ed al quale, anche dopo il collocamento a riposo, continuava ad offrire consigli ed utili insegnamenti, nonostante le grandi trasformazioni tecnologiche. Nel frenetico alternarsi di normative e di cambiamenti scolastici, egli si era guadagnato l’apprezzamento dei funzionari ministeriali, perché sapeva trovare ed indicare sempre la linea idonea da seguire. Durante la Seconda guerra, addetto agli stabilimenti aeronavali militari, si adoperò attivamente per salvarli dai tedeschi, militando nelle brigate partigiane dei «cristiano sociali» con il senatore prof. Adriano Ossicini, cui si legò con affetto. Mario era un vecchio geometra, iscritto al Collegio provinciale di Roma. Recentemente gli era stata attribuita una medaglia per i 50 anni di professione, quale consulente tecnico nelle aule della Giustizia civile. Era Angelo Quitadamo (presidente dell’EUSI) NOTIZIE z INFORMAZIONI z APPUNTAMENTI z NOTIZIE z INFORMAZIONI z APPUNTAMENTI z NOTIZIE z INFORMAZIONI z APPUNTAMENTIn Il Vaticano aprirà anche gli archivi segreti riguardanti Pio XII A partire dagli inizi del 2006 gli studiosi potranno consultare i documenti dell’Archivio Segreto del Vaticano riguardanti l’intero periodo del pontificato di Pio XI, che vanno dal 1922 al 1939. La notizia è stata confermata da autorevoli fonti vaticane, le quali hanno precisato che la data di apertura esatta sarà resa nota nel prossimo autunno. Questa nuova disposizione sarà possibile grazie alla volontà di Giovanni Paolo II, il quale ha poi intenzione di accelerare la messa a disposizione degli storici delle fonti documentarie vaticano-tedesche relative al periodo della seconda guerra mondiale, sotto il pontificato di Pio XII, il quale, i mesi scorsi, è stato al centro di accese polemiche circa un suo presunto atteggiamento antisemita. Ad oggi la consultazione delle fonti degli archivi vaticani è ferma al 1922, termine del pontificato di Benedetto XV. (AdnKronos) Le novanta primavere dell’ermetico Parronchi I l poeta fiorentino Alessandro Parronchi, che ha compiuto novant’anni il 26 dicembre scorso, annuncia l’uscita di un libro di versi, edito da Interlinea, a cui ha voluto dare un titolo significativo e simbolico: “Poesie dei 90”. Parronchi, insieme al coetaneo Mario Luzi, è l’ultimo testimone della stagione storica dell’Ermetismo fiorentino. “Da giovane non ho mai pensato di arrivare a 90 anni. Ora sono lieto di aver tagliato questo traguardo”, confessa Parronchi, che non esita tuttavia a definirsi “un sopravvissuto”. “La mia mente è lucida, mi sento bene, sono capace di orientarmi nello spazio e nel tempo. Qualche problema me lo dà il fisico, ma nel complesso non posso lamentarmi”. L’ultima opera di Alessandro Parronchi, “Un tacito mistero”, ovvero il suo carteggio con Vittorio Sereni, è stata da poco pubblicata da Feltrinelli. Tecnica digitale per scoprire quadri falsi U na nuova tecnica digitale sarà in grado di stabilire se un quadro è autentico, se si tratta di un falso, se è opera della stessa mano oppure se altri sono intervenuti sulla tela. Messo a punto al Dartmouth College di Hanover, negli Stati Uniti, il programma è basato su un sistema digitale che evidenzia in formato tridimensionale le principali caratteristiche della tela, come la luce e il colore. Un team del College americano, riporta la rivista “The new Scientist”, ha comparato con la camera digitale alcune tele del pittore fiammingo Peter Bruegel con altre non attribuibili a lui, e la “Madonna con bambino” del Perugino, che alcuni critici ritengono non sia stata interamente dipinta dall’artista, ma che vi abbiano contribuito altri pittori della sua cerchia, incluso Raffaello. Il computer ha evidenziato che tre delle sei teste della tela sono state realizzate dalla stessa mano, probabilmente quella del Perugino, mentre le altre sono opera di tre artisti diversi. Prezzo record per un manoscritto di Verlaine Peter Pan, il bambino che non voleva crescere, avrà un seguito i è svolta a Parigi una delle aste letterarie più combattute da alcuni decenni a questa parte: in ballo c’era un manoscritto di 32 componimenti poetici del poeta Paul Verlaine (1844-1896), in gran parte inediti o con versioni differenti rispetto a quelle finora conosciute. La raccolta in versi autografi del “poeta maledetto”, disposta su 69 pagine di piccolo formato, è stata battuta ad un’asta di Sotheby’s a Parigi per 300.000 euro. Per l’aggiudicazione del lotto, che partiva da una stima di 150.000 euro, si è presentata una folla di acquirenti, collezionisti e mercanti di antiquariato. Alla fine di un’accesa gara al rialzo, un collezionista privato è riuscito a portarsi a casa il manoscritto per 299.200 euro, il doppio del prezzo stimato. ’ospedale Great Ormond Street di Londra, che detiene i diritti mondiali sulla celebre favola, ha annunciato infatti di rivelare nel corso del 2005 il nome del romanziere che scriverà la seconda parte della storia. L’iniziativa è stata resa nota in occasione delle celebrazioni londinesi per festeggiare i cento anni di Peter Pan, il bambino volante creato dalla fantasia dello scrittore inglese James Matthew Barrie (1860-1937). Peter Pan fece infatti il suo debutto il 27 dicembre 1904 durante uno spettacolo teatrale al Duke of York di Londra. Barrie pubblicò in volume la storia di Peter Pan solo nel 1911 e nel 1953 Walt Disney realizzò la famosissima versione animata. L’ospedale pediatrico di Londra, che da settant’anni riceve i diritti di ogni versione cinematografica, teatrale e letteraria di Peter Pan che si pubblica nel mondo, ha chiesto ad alcuni scrittori di fama di realizzare “Peter Pan 2”, con l’obiettivo di far arrivare il libro nei negozi per il Natale 2005. Anche in questo caso i diritti serviranno per scopi sanitari, in particolare per realizzare un nuovo centro medico per bambini a Londra. Tra i diversi nomi che circolano per scrivere la seconda parte della storia del bambino che non voleva diventare adulto, figurerebbe anche la scrittrice scozzese, Joanne K. Rowling, la creatrice delle avventure del maghetto Harry Potter. (AdnKronos) S L A disposizione dei non vedenti 5600 opere in 37 lingue Il cristianesimo senza ombre di Francesco Petrarca a Biblioteca Digitale IntraText (www.intratext.com) ha attivato una nuova funzione che permette di ridurre ulteriormente le barriere elettroniche per i non vedenti. Grazie a questo aggiornamento della tecnologia IntraText, gli utenti che utilizzano la barra braille e il sistema di lettura vocale potranno leggere le oltre 5600 opere in 37 lingue, presenti nella biblioteca. IntraText è un’idea progettuale dell’azienda romana Eulogos. Alla base del progetto è l’ipertestualizzazione lessicale e il collegamento testo-concordanze che consentono di leggere un testo come un ipertesto. La biblioteca è affiliata all’Associazione Italiana Biblioteche. I Cataloghi sono impostati rispettando l’intenzione multilinguistica del progetto stesso e consentono di navigare tra autori, opere, schede delle opere e indici per lingua in modo rapido e continuo. In evidenza sono le raccolte (Collections) relative alle cinque aree tematiche dei documenti (Religiosa, Latina, Italiana, Scientifica e Varia), i cataloghi multilingue (Catalogues), la sezione Opera Omnia e la sezione Download. Tra le raccolte di documenti più ricche, segnaliamo la “Bibliotheca Religiosa IntraText” (BRI) e le sezioni Latina e Italiana. l poeta Francesco Petrarca (Arezzo 1304 – Arquà 1374) non è stato solo il sommo lirico, il cantore di Laura che fa musica dei suoi sentimenti. È stato anche un “cattolico” a tutti gli effetti, che ha vissuto una fede profonda. È pertanto sbagliato e fuorviante sostenere che Petrarca fu meno credente di Dante Alighieri. È quanto afferma il padre gesuita Pietro Millefiorini nell’articolo “Francesco Petrarca tra Medioevo e modernità”, sulla rivista “Civiltà Cattolica”, numero di dicembre 2004. Per il periodico della Compagnia di Gesù, l’occasione del settimo centenario della nascita di Petrarca può essere un’occasione per rivalutare l’autore del “Canzoniere” non soltanto come grande lirico, ma anche come iniziatore di una nuova cultura cristianamente ispirata. E può anche essere l’occasione per spazzar via alcuni giudizi divulgati dai manuali scolastici di letteratura, secondo i quali il sentimento religioso petrarchesco non sarebbe stato dogmaticamente sicuro come quello di Dante. L Il 90% degli idiomi umani destinato a scomparire I l 96% della popolazione mondiale utilizza soprattutto quattro lingue: il cinese mandarino o putonghua, parlato da un miliardo di persone, l’inglese (un miliardo), l’Hindi/Urdu (900 milioni) e lo spagnolo (450), seguite da russo, arabo, bengali, portoghese, giapponese, francese, tedesco, italiano. Il restante quattro per cento parla le altre 6.800 lingue. Una ricchezza linguistica destinata a scomparire. Ogni quindici giorni spariscono due lingue e con esse muoiono antiche culture, usi, costumi, tradizioni, leggende, riti, medicine naturali. Si teme che, entro il 2100, il 90 per cento di tutti gli idiomi umani sparirà per sempre. I Capezzuoli, non 98 ma “solo” 93 anni R ivoglio i miei anni, ci ha ingiunto Giuseppe Capezzuoli, protestando energicamente per l’indebito numero di primavere da noi abusivamente pubblicato (v. “Rivista degli Stenografi” n. 67, pag. 16). In realtà, nella nostra augurale fotonotizia, in occasione dei festeggiamenti per suoi 65 anni di matrimonio, scrivevamo che il nostro carissimo amico e prezioso collaboratore è del 1907 (notizia erroneamente desunta dal “Corriere della Sera”), quando invece è del 1912. Quindi Capezzuoli non ha 98 anni, ma “solo” 93. Rimediamo con piacere all’inesattezza, rinnovando gli auguri al caro amico, affinché, non cinque anni in più, ma tanti tanti altri ancora la vita gli elargisca anche senza... il nostro aiuto. Ricci nuovo sovrintendente dell’Archivio Centrale dello Stato I l sessantunenne Aldo Giovanni Ricci, storico e studioso del periodo di transizione dal fascismo alla Repubblica, è il nuovo sovrintendente dell’Archivio Centrale dello Stato, l’istituzione del ministero dei Beni culturali, con sede nel quartiere Eur di Roma, che custodisce i più importanti documenti storici dall’Unità d’Italia ad oggi. Ricci prende il posto di Maurizio Fallace, chiamato a guidare la Direzione generale degli Archivi di Stato. (AdnKronos) RUBRICA A CURA DI MIMMO SPINA di FRANCESCO ASCOLI calligrafia e stenografia una bella storia d’amore durata quasi un secolo D Frontespizio del libro di Delpino edito a Milano alla seconda metà dell’Ottocento e per un po’ di tempo calligrafia e stenografia sono andati a braccetto sostenendosi vicendevolmente. La pratica stenografica risultava utile alla calligrafia e viceversa. Numerosi sono i calligrafi che si sono cimentati nella stenografia e stenografi che si sono occupati anche di calligrafia. Forse il primo in ordine cronologico è Filippo Delpino, che fu capo stenografo al parlamento subalpino negli anni in cui Torino era capitale d’Italia. Il Delpino è un personaggio decisamente interessante: massone, stenografo, calligrafo, fu uno dei traduttori dell’opera di Joseph Carstairs, un innovatore nel campo della didattica della scrittura, e pubblicata a Londra nella prima metà dell’Ottocento ed in Italia tradotta e pubblicata nel 1829. La scelta di Carstairs, non era del tutto casuale; fu anche quest’ultimo stenografo e inventore di un suo sistema (v. la bibliografia di Gibson). Come calligrafo ebbe una notevole fama; il suo più importante trattato Lectures on the Art of Writing fu tradotto in diverse lingue e si diffuse in gran parte d’Europa anche attraverso edizioni pirata che l’autore cercò invano di contrastare. Il suo metodo, esportato e riproposto in America, ebbe un grande successo e fu alla base di quei sistemi che furono poi detti “americani” anche per la diffusa anglofobia dei francesi del tempo. Il Delpino fu a sua volta creatore di un proprio sistema stenografico che impiegò nel parlamento subalpino e che pubblicò in diverse edizioni dal 1819 fino al 1848. (v. Aliprandi). Il Delpino fu anche l’autore di manuali di scrittura dedicati alla scuola primaria che furono approvati dalle autorità. Suo il Metodo di scrittura inglese e corsiva in cui cercava fra l’altro di far valere qualche principio della scuola di Carstairs dichiarandolo come uno fra i metodi migliori esistenti. Sul fronte stenografico, anche il suo manuale ebbe un discreto successo; non si scostava comunque molto da quello, celeberrimo, dell’Amanti. Praticamente contemporaneo di Filippo Delpino, Antonio Milanesio, intendente militare nella importantissima regia Accademia Militare di Torino, dove insegnava calligrafia, già dal 1815 eresse una scuola di stenografia inventando un sistema che pubblicò nello stesso anno in cui il Delpino pubblicava il suo (1819). I suoi interessi non si fermavano comunque qui: si occupò infatti di fortificazioni, di topografia e fu impegnato anche nel problema della sostituzione dei vecchi sistemi di misurazione con il sistema metrico decimale. Appena la stenografia cominciò a diffondersi, qualcuno si chiese se il suo esercizio potesse essere d’ostacolo alla pratica calligrafica. Luigi De Antoni Varini pubblicò a Pavia nel 1891 il testo di due conferenze, una sull’utilità della stenografia e un’altra su stenografia e calligrafia. In questa seconda conferenza, “Lettura di A tal proposito osservava: “anzitutto dunque la stenografia di Gabelsberger non può guastare la mano allo scrivere colle lettere comuni, anzi io sono persuaso che debba migliorare la calligrafia comune, perché dovendo i segni stenografici essere tracciati con tutta esattezza per la semplice ragione che, essendo l’arte nostra fonetica, ogni leggiera mutazione del segno implica variazione del suono, ne segue che bisogna curarne la precisione e la mano così si abitua alla esattezza, alla precisione, nel che consiste appunto la calligrafia.” Inoltre, i segni gabelsbergeriani sono tratti dalla scrittura comune, quindi, non possono essere d’ostacolo alla calligrafia: “e poiché i segni gabelsbergeriani di altro non sono formati che di rette e curve come i segni alfabetici comuni, non v’ha proprio ragione perché chi sa ben tracciare le rette e le curve appartenenti al carattere comune non possa tracciare egualmente bene quando appartengono al carattere stenografico.” Sì, d’accordo, ma la velocità di scrittura stenografica non guasta la mano? L’autore obietta: “non è che lo stenografo scriva più in fretta di quanto non scrivano così gli studenti di una lezione che prendano appunti con la normale scrittura; anzi, lo stenografo risparmia forse, perché scrive di meno e in meno tempo. Inoltre la visione comune della gente secondo la quale lo stenografo scrive velocissimo, è quella oratoria, di chi vuol registrare la parola di un’orazione, di un discorso, ma quante persone lo fanno? La stenografia non è soltanto questa, ma è soprattutto un mezzo per poter scrivere normalmente più cose in meno tempo e con meno fatica. La stenografia guasta la calligrafia? Gabelsberger era maestro di calligrafia; Noë è calligrafo per eccellenza. Chi scrive bene o male in caratteri comuni scrive bene o male in caratteri stenografici.” Molti furono comunque gli esempi di calligrafi attivi anche nel campo stenografico; occorre anche dire che spesso gli insegnanti di calligrafia, come per esempio Adalgiso Tommasoli di Verona, figlio del più celebre Filippo, optavano per un’ulteriore abilitazione in altre materie (stenografia, ma non solo: dattilografia, lingue straniere, geografia ecc.) semplicemente per avere più possibilità di trovare un impiego, specialmente dopo la riforma Gentile del 1923 che aveva ridotto drasticamente l’insegnamento calligrafico (da 7 a 2 ore settimanali) e invece dato inizio ufficialmente a quello stenografico e dattilografico. Marco Vegezzi, di Bergamo, insegnò calligrafia e disegno ma fu anche stenografo intelligente e capace. Pubblicò nel 1876 la Penna volante. Stenografia italiana derivata dalla scrittura corsiva comune; tuttavia il suo sistema non ebbe il tempo di diffondersi sia per l’immatura scomparsa del suo creatore sia per l’avanzata impetuosa del Gabelsberger-Noe. Carlo Valizone insegnava calligrafia nella seconda metà dell’Ottocento ad Alessandria, presso il collegio nazionale. È autore dell’Ape della scrittura, sistema teorico pratico di calligrafia e stenografia pubblicato ad Alessandria nel 1856. Ildebrando Ambrosi attivo a Perugia dove nacque nel 1850. Diplomato a pieni voti in calligrafia nel 1879 fu però conosciuto ed apprezzato soprattutto come attivista e organizzatore di iniziative stenografiche. Socio del circolo stenografico veronese, direttore della “Lettura Stenografica”, fondatore dell’Istituto Stenografico Toscano. Morì a Livorno nel 1915. Antonio Magnaron fu un celebre calligrafo triestino vissuto in pieno Ottocento (nacque nel 1807 e morì nel 1878) e che pubblicò un magnifico album di 42 tavole litografate in folio fra il 1847 e il 1860. Come stenografo fu altrettanto apprezzato: diede alle stampe nel 1848 (in seconda edizione nel 1862) La stenografia ossia metodo teorico-pratico per scrivere colla stessa celerità con cui si parla. Il Magnaron prestava servizio stenografico al Comune di Trieste e fu il Frontespizio de «La Penna Volante» edita a Bergamo nel 1876 RIVISTA DEGLI STENOGRAFI prolusione a corsi di stenografia secondo il sistema Gabelsberger-Noë” il Varini si chiedeva se l’esercizio della stenografia potesse essere d’ostacolo alla calligrafia. 19 primo a tenere scuola privata di stenografia nel suo comune. Paolo Fiorenzo Colombetti di Torino fu stenografo, calligrafo, grafologo. Come calligrafo pubblicò a Torino nella seconda metà dell’Ottocento una Serie completa di esemplari di calligrafia commerciale; cercò anche di fondare nella stessa città, ma senza successo, una Accademia dei calligrafi italiani. Come stenografo pubblicò sempre a Torino fra il 1873 e il 1876 alcuni testi dai titoli oscuri e prolissi come la Chiave metodica dei vari rudimenti della moderna stenografia tachigrafia fonografia criptografia fonetica a tipo anglo-italico perfezionato… o il Nuovissimo almanacco perpetuo cripto-steno-tachigrafico contenente le 365 sigle dei soliti nomi del calendario stenoscritti a cifratura stenografica. Nel 1876 pubblicò un libro di grafologia dal titolo Saggio di grafologia diagnostica sui reconditi ed inavvertiti misteri della scrittura. Giuseppe Tempia, calligrafo, pubblicò a Ivrea alla fine dell’Ottocento L’arte scritturale manualetto di regole teorico-pratiche indispensabile per l’apprendimento della scrittura inglese, rotondo-bastarda, gotica italiana, goticoinglese e stampatella, precedute dai cenni storici sull’origine, e considerazioni sull’utilità delle arti scritturali, (calligrafia, stenografia stenofonografia e grafologia) ad uso delle scuole tecni- RIVISTA DEGLI STENOGRAFI Una pagina calligrafica tratta dall’«Antologia Calligrafica» di Luigi Soliani edita da Petrini di Torino 20 che, normali e speciali di commercio. Alfonso Sautto, originario di Vasto (Ch) fu supplente di calligrafia nel suo paese e successivamente a Ferrara. Nel 1910 pubblicò a Vasto la Stenografia elementare. Sistema semplice e razionale, ripubblicata più volte (fino al 1927). Nel 1928 pubblicò anche nel Bollettino dell’Accademia Italiana di Stenografia a Padova un articolo sulle “Perizie di scrittura stenografiche”. Nicola D’Urso, attivo a Roma nella prima metà del secolo scorso, fu pergamenista e calligrafo celeberrimo e autore di numerose pubblicazioni didattiche di calligrafia; fu però anche autore di un sistema stenografico che pubblicò per primo nel 1908, la Stenografia moderna. Metodo alfabetico basato sui segni della scrittura ordinaria. Nel 1909 pubblicò anche una rivista dal titolo “Lo studente artista e stenografo”. Fu in contatto con Giuseppe Aliprandi. Luigi Soliani, di Montagnana (Padova), fu calligrafo eclettico ed originale nonché stenografo, ottenendo i diplomi per le abilitazioni ai diversi sistemi italiani. Pubblicò a Milano nel 1951 la Stenografia, sistema nazionale Meschini. Grammatica e antologia. Fu in corrispondenza, come il D’Urso, con Giuseppe Aliprandi, il maggior storiografo della stenografia italiana. ... E con due soli segni punto e un trattino Morse collegò il mondo un di MASSIMO UGLIANO (terza ed ultima parte) ornando al secolo precedente ed al problema della trasmissione delle informazioni, sicuramente il personaggio più conosciuto è stato Samuel Morse che in un viaggio di ritorno dall’Europa nel 1832, in seguito a dimostrazioni e discussioni intorno agli esperimenti sull’elettromagnetismo di Ampère, ebbe la geniale idea del telegrafo che realizzò coadiuvato dal fratello Sidney E., da L. Gale (professore di chimica), da J. Henry (fisico) e da A. Vail (altro inventore americano) e brevettò nel 1840. Nel 1837 cominciò ad effettuare le prime dimostrazioni del suo apparecchio al quale il Governo americano si interessò ben poco ed anche alcuni tentativi in Europa (1839) non ebbero inizialmente miglior esito62. Per la realizzazione ed attuazione pratica della propria invenzione, il Morse ottenne solo nel marzo del 1843 fondi e sovvenzioni e riuscì finalmente a trasmettere un messaggio da Washington a Baltimora il 24 maggio 1844. Dal 1845 si associò con il giornalista A. Kendall abilissimo nel trasmettere e decodificare le combinazioni di trattini e puntini63. Nel 1861, le due coste degli Stati Uniti furono unite dall’apparato di ricetrasmissione. I paesi che adottarono subito il telegrafo furono l’Austria, la Prussia e la Svizzera. L’affermazione fu quasi immediata e da quel momento l’estensione e l’allargamento rapidissimi ovunque. Nella stessa epoca, come abbiamo visto, altri studiosi si interessarono di telegrafia, mentre per la telefonia si deve aspettare ancora qualche tempo. Il Morse fu sicuramente tra i primi a comprendere la possibilità di inviare informazioni per mezzo di impulsi elettrici, ma l’apparecchio da lui ideato si rivelò il più pratico tra i molti costruiti in quegli stessi anni grazie alla semplicità del codice impiegato che comprende solamente due segnali64 con i quali si può codificare qualsiasi comunicato in qualunque lingua secondo precisi criteri di ordinamento predefiniti e che ad ogni simbolo fa corrispondere sequenze ed abbinamenti di indicazioni derivanti da semplici variazioni di corrente65. Bisogna, infatti, tener presente che l’importanza del ritrovato è rappresentata in particolar modo dal fatto che le espressioni possono essere non soltanto inviate 62 Cfr. S. MORSE, Magnetic Telegraph Controversy; Mémoire présenté aux Gouvernements Européens; Examination of the Telegraphic Apparatus and the Processes in Telegraphy (Paris Universal Exposition). 63 Cfr. S. MORSE, The Memorial of S. F. B. Morse, Alfred Vail and Amos Kendall. 64 Ad una attenta osservazione, si deduce che il ‘punto’ altro non è che un trattino, piccolo ma ben definito; ingrandendo ed analizzando un tracciato e tenendo presente il funzionamento del meccanismo ed il modo in cui riusciva a scrivere l’apparecchiatura del Morse, si vede chiaramente che anche se di dimensioni ridotte, il contorno non è a macchia o comunque tondeggiante, perché nel pur breve tempo impiegato a disegnarlo, il nastro continua ad avanzare nella direzione di rotazione. Proprio per tale motivo, più precisamente si dice che il ‘punto’ corrisponde ad un passo ed il ‘tratto’ a tre passi.. 65 Cfr. M. UGLIANO, Variante a rilievo dell’International Morse Code; Morse e Braille a confronto. RIVISTA DEGLI STENOGRAFI T 21 erano non solo accettabili, ma praticamente ottimali. L’attenuazione subita durante il percorso ed altri problemi di decadenza, distorsione e degradazione furono abbastanza rapidamente risolti con accorgimenti vari (vedi RdS/65, note 30, 34 e 39)68. Nel 1865 fu fondata l’Unione Internazionale Telegrafica. Glidden, Sholes e Soul nel 1868 brevettarono e commercializzarono un prototipo di macchina da scrivere; un altro artigianale della Remington risale al 1878; nel 1912 la Olivetti produsse una apparecchiatura analoga69 e settanta anni dopo (1982) il primo PC italiano. La Telescrivente è del 1906 ad opera di due uomini d’affari americani Joy Morton e Charles Krum70 ma la speriL’inventore del telegrafo Samuel Finley Breese Morse 1791-1872 RIVISTA DEGLI STENOGRAFI Il Codice Morse 22 I codici dei sistemi telegrafici sono basati sulla divisione e scansione del tempo in intervalli uguali o multipli di uno campione, durante i quali il ricevitore deve assumere l’una o l’altra delle posizioni possibili. Tale periodo elementare dalla cui durata dipende la rapidità e quindi la velocità di trasmissione, si definisce passo o unità di modulazione. Nel Morse, quale lunghezza media fu assunta quella della parola PARIS con 48 spaziature complessive, compresa la distanza con la parola che segue. 67 L’esame approfondito del System Morse e di alcune delle apparecchiature citate, insieme agli studi svolti in tale direzione, ci hanno portati alla stesura ed alla formulazione di un particolare Sistema di codifica e comunicazione, cfr. M. UGLIANO, Metodo ‘M’; Progetto ‘V’; Acusmetria ed effetto ‘V’; La Vibrazione. 68 In quello a 5 unità ogni segno, lettera o cifra sono costituiti da 5 impulsi di corrente di uguale durata positivi o negativi, la cui combinazione corrisponde al codice del segnale da trasferire eliminando, in tal modo, anche parte della distorsione. Funzionamento aritmico (Start-Stop), filtri separatori, amplificatori di segnale, immissione e smistamento su differenti circuiti (canali), etc. migliorano a mano a mano la ricezione e velocizzano le trasmissioni. 69 Per riferimenti precedenti cfr. H. DUPONTL. CANET, Les machines à écrire; K. Lang-H. Krüger, Handbuch des Maschinenschreibens. Per l’Associazione Italiana Collezionisti: www.typewriter.net e http://web.tiscali.it/dragonettia/. L’architetto Nizzoli Marcello (18871969) dal 1938 collaborò con la Olivetti disegnando pezzi famosi: SUMMA 40 (1940), LEXICON 80 (1948) esposta al Museo di Arte Moderna di N. Y., LETTERA 22 e DIASPRON 89 (1959). Lo stesso architetto disegnò l’accendisigari RONSON (1959) ed alcuni modelli di macchine per cucire della NECCHI (1954, 1957, 1961). 70 Detta anche Teletype writerr è un dispositivo per ricevere e trasmettere informazioni sotto forma di segnali elettrici. È costituita da una tastiera simile a quella delle comuni macchine da scrivere 66 e/o ricevute ma soprattutto riprodotte graficamente, acusticamente o visivamente nel medesimo istante66. Con il System Morse67, per la prima volta, i messaggi cominciavano non solo a viaggiare più in fretta del ‘messaggero’, quanto poi potevano essere razionali, precisi ed addirittura integrali lettera per lettera, parola per parola, frase per frase con l’aggiunta dei numeri e di segni di interpunzione. In origine non c’era alcuna trasformazione in “bit” e le indicazioni venivano composte una per una ed inviate contemporaneamente e direttamente con il famoso tasto (manipolatore). Piccoli disturbi o inconvenienti erano – all’inizio – tollerati perché raramente provocavano errori di interpretazione se non su lunghe distanze. La situazione di compromesso fra la rapidità (relativa) con cui il segnale poteva essere trasmesso, la potenza impiegata ed i tempi per tradurre in linguaggio comprensibile, 1933 E. H. Armstrong introdusse la Modulazione di Frequenza. Mentre con la fototelegrafia si riuscì e da una testina stampante. I vari tasti, quando vengono attivati, generano e codificano una serie di impulsi di corrente corrispondenti ai caratteri alfanumerici. La stessa testina può essere comandata da segnali provenienti da un’altra telescrivente realizzando in tal modo il servizio telex. Fu utilizzata come uno dei primi terminali di un calcolatore, sia come dispositivo di ingresso per l’inserimento di dati, che di uscita ed a tutt’oggi rappresenta la più importante periferica di colloquio operatore/calcolatore. La sua velocità si aggira sui 75 Baud/sec. Naturalmente in questo caso i caratteri vengono normalizzati secondo il codice ASCII. Tecnologie recentissime di trasferimento delle informazioni hanno consentito di arrivare ai videotelefoni fissi o portatili ed all’innovativo apparato in Fibra Ottica (FastWeb). Cfr. M. UGLIANO, I Dati. 71 Ci riporta ai moderni sistemi per il riconoscimento della firma. Un problema di grandissima attualità è, infatti, quello della sottoscrizione digitale. Sono stati inventati dei metodi che consentono di ‘firmare’ ed ‘autenticare’ un messaggio: chi lo riceve è pressoché sicuro della identità del trasmettitore il quale, a sua volta, non potrà negare di averlo trasmesso. Uno dei criteri è il DES (Data Encryption Standard) della IBM ed adottato dall’NBS (National Bureau of Standards) degli USA. I principali problemi riguardano oltre alla trasmissibilità ed all’attendibilità, le Norme Tecniche relative, i Protocolli informatici necessari e le Normative, le Specifiche R.U.P.A., gli Algoritmi di criptazione. Cfr. P. RIDOLFI, Firma elettronica: Tecniche, Norme, Applicazioni; C. GALLOTTI, Sicurezza delle Informazioni; G. PASCUZZI, Il diritto dell’era digitale. 72 Bell Alexander Graham (1847-1922) il 6 febbraio 1876 presentò domanda di brevetto per il telefono (nota la sua controversia con Antonio Meucci e la Western Telegraph Co.); era un esperto e valente professore di fisiologia degli organi vocali. Dalle nostre ricerche (cfr. M. UGLIANO, Nuovo Sistema di comunicazione per disabili plurihandicappati; Metodo speciale per insegnare la musica a menomati della vista, dell’udito e della voce) è emerso che nel 1886 visitò la piccola cieca e sordomuta H. Keller - la quale all’epoca aveva circa sei anni - e ne individuò subito le grandissime capacità indirizzandola verso studi specifici. Cfr. C. MACKENZIE, Alexander Graham Bell; R. V. BRUCE, Alexander Graham Bell and the Conquest of Solitude. 73 Riferimento alle Onde Hertziane (vedi nota 51). 74 A Pittsburgh ad opera della Società Westinghouse. 75 Il servizio fu avviato da URI (Unione Radiofonica Italiana) fondata da due società private, la Radiofono di G. Marconi ma con capitale inglese e la Sirac della Western Electric. Nel 1927 per difficoltà finanziarie divenne EIAR (Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche) con una nuova concessione poi passata al controllo prima della SIP e successivamente (1933) dell’IRI. Nel 1951 ci fu la riforma delle emissioni radiofoniche e la concessione alla RAI. l primo modello di telefono presentato da A. Meucci nel 1871 l primo modello di telefono presentato da A. G. Bell nel 1876 RIVISTA DEGLI STENOGRAFI mentazione è parecchio successiva (1915) ad opera dell’Associated Press. L’idea di trasmettere anche la voce ed i suoni per mezzo dell’elettricità risale al 1837 con G. Page (vedi RdS 65 nota 31), ma si deve attendere fino al 1876 quando contemporaneamente (a due ore di distanza) un altro americano Elisha Gray (1835-1901) inventore anche del ‘teleautografo’ per inviare a distanza testi manoscritti a mezzo filo71 e lo scozzese Graham Bell72 brevettarono due esemplari di telefono. Qualche anno prima (1871) Antonio Meucci (1808-1889) aveva ideato lo stesso congegno, ma il riconoscimento ufficiale da parte della Corte Suprema degli U.S.A. – in seguito a celebri e movimentati processi contro la Bell Co. – è del 1876. Intanto nel 1878 in Gran Bretagna veniva costituita la prima Società di Esercizio Telefonico. Un impianto di telefonia automatica fu istallato nella Biblioteca Vaticana nel 1886 da G. B. Marzi, seguito da quello di A. C. Strowger in America del 1891 e da quello della Siemens in Germania nel 1900. Poco dopo (1906), sempre la Siemens ne presentò un differente modello all’Esposizione di Milano, mentre a Roma, nel quartiere Prati, fu attivato nel 1913. Ancora automatici, ma di altro genere, quelli di Standard, Ericsson, Rotary, Panel. Per la grande telefonia interurbana, lo studio dei fenomeni elettrici associati e le difficoltà di trasmissione telefonica (molte linee su lunghe distanze), ricordiamo oltre al già menzionato inglese Heaviside, l’americano Pupin (1899) ed il danese Krarup (1902). Nel 1892 i fratelli Lumière inventarono il cinematografo; nel 1902 fu prodotto il Film (Viaggio nella Luna) di Méliès; i cartoni animati sono del 1906, mentre il primo film sonoro è del 1927. Per le Radiocomunicazioni si utilizzano onde elettromagnetiche di frequenza compresa fra qualche kHz73 e circa 300 Ghz. Le trasmissioni radiofoniche nacquero in Gran Bretagna e negli U.S.A.74 intorno al 1920 (Onde Medie Modulate), poi in Olanda; la prima emittente italiana da Roma fu installata nel 1924 con una potenza di 1,5 kW75. Nel 23 RIVISTA DEGLI STENOGRAFI 24 ad inviare soltanto immagini fisse, per la trasmissione di scene in movimento gli esperimenti partono dall’invenzione della cellula fotoelettrica del 1875 e dagli studi di W. Hallwachs e A. C. Becquerel. Fondamentali per la Televisione si rivelarono le esperienze compiute nel 1880 da Leblanc, nel 1884 da Nipkow e poi nel 1923 da J. Logie Baird (1888-1946)76 il quale nel settembre del 1929 (dopo aver ottenuto discrete immagini sperimentali nel 1925) con la British Broadcasting Corporation diede il via ad un servizio pubblico di diffusione che però dopo poco tempo mostrò i suoi limiti. Nel 1936 a Londra iniziarono con la BBC nuove trasmissioni e solo la messa a punto del tubo catodico (Cinescopio CRT acronimo di Cathode Ray Tube) oggi ancora in produzione – affiancato da sistemi a cristalli liquidi LCD (Liquid Crystal Display) ed al plasma più perfezionati ed a bassissima emissione – consentì gli sviluppi e l’espansione su vasta scala. A tale scopo ricordiamo Zworykin (1938 e 1950), Jams e Rose (1939), Rose e Weimac (1946). Per la diffusione a livello mondiale nel 1964 fu mandato in orbita il Syncom III e nel 1967 ci fu la prima trasmissione in Mondovisione. V. Bush (1890-1974) 77 ingegnere elettrotecnico nel 1930 insieme con H. Caldwell sudiò un prototipo di moderno calcolatore analogico mentre nel 1940 il fisico J. Atanasoff presso l’Università di Jowa preparò un modello di calcolatore binario78; nel 1944 fu completato il Mark I costituito da organi elettromeccanici; l’E.N.I.A.C. (Electronic Numerical Integrator and Calculator), commissionato dall’Esercito degli Stati Uniti è del 1946 realizzato da J. W. Mauchly e J. P. Eckert dell’Università della Pennsylvania 79 . L’EDVAC, derivazione del precedente di J. Von Neumann (1903-1957) era a programma memorizzato80. Nel 1953 l’IBM commercializzò il modello ‘650’, primo esemplare di computer costruito in serie. 76 Di sua invenzione il Televisor (1925), il Nortovisor (1936) ed il Telecrom (1944) per trasmettere immagini colorate con effetto stereoscopico. 77 Cfr. V. BUSH, Operational Circuit Analysis. In precedenza B. Pascal (1623-1662) per aiutare il padre a fare conteggi, inventò una delle prime calcolatrici automatiche meccaniche, la famosa Pascaline che faceva somme e sottrazioni con numeri fino ad 8 cifre. Anche G. W. Leibniz (1646- 1716) mise a punto una macchina simile ma i limiti della tecnologia e della meccanica erano all’epoca insuperabili. Nell’800 ci sarà l’apparecchiatura di C. Babbage di cui alle note 53 e 78. 78 Storicamente l’idea di un calcolatore nel significato moderno del termine, risale alla ‘macchina analitica’ di cui alla nota 53 che già aveva i seguenti presupposti: 1) suddivisione del lavoro in sequenze di operazioni elementari (addizione e sottrazione) automatizzate e velocizzate al massimo; 2) funzionamento tramite programmi (allora schede perforate) che oggi possono essere anche di particolare complessità preparati utilizzando appositi Linguaggi di Programmazione. La rappresentazione di ogni tipo di informazione è generalmente in forma digitale binaria e viene elaborata tramite l’algebra di Boole. Esistono anche apparecchiature analogiche (dirette o differenziali) meno precise e più lente che però presentano il vantaggio di operare su grandezze o valori fisici continui e non discreti (0 - 1) come nel caso del digitale. Il Linguaggio di Programmazione denominato ADA, sviluppato nei primi anni ‘80 su commissione del Ministero della Difesa degli Stati Uniti, fu così chiamato in onore di Lady Augusta Ada Lovelace Byron (1815-1852) - indirizzata dalla madre alla matematica ed alle scienze naturali figlia del grande poeta George Byron. La giovane nobildonna intuì subito le grandi potenzialità della macchina del Babbage e la descrisse con inediti ragguagli tecnici, particolari e precise previsioni, traducendo ed integrando dettagliatamente, nel 1843 (dieci anni dopo aver conosciuto il matematico inglese), un articolo dell’ingegnere italiano Luigi Federico Menabrea (1809-1896) sull’argomento. Il Menabrea in quegli anni era professore di meccanica e scienza delle costruzioni all’Accademia Militare di Torino e oltre che uomo politico fu illustre scienziato introducendo il principio del lavoro minimo e studiando la teoria dell’elasticità. Nel saggio, fra le altre cose, vi compariva, appunto, una approfondita spiegazione su come ‘programmare’ l’apparecchiatura per il calcolo dei numeri [coefficienti di indice pari B2m dello sviluppo in serie di potenze della funzione y = xex/(ex 1) dove “ e ” è la base dei logaritmi naturali] di Bernoulli (Jakob 1654-1705); cfr. J. BERNOULLI, Ars conjectandi. Dalle nostre ricerche volte ad approfondire il problema della comunicazione con e fra non vedenti anche sordomuti e cercare di addivenire ad un metodo che riuscisse a risolvere il difficile quesito (vedi note 67 e 72), è emerso che proprio J. Bernoulli, appartenente ad una celebre famiglia di matematici svizzeri (Jakob, Johan, Nicola, Daniele, Giovanni II, Nicola II, Giovanni III, Giacomo II, ai quali si devono importanti opere di matematica, di fisica, astronomia, idraulica, idrodinamica, statistica, calcolo infinitesimale), scrisse verso il 1679, un Sistema per insegnare la matematica ai ciechi. Il libro narra la sua esperienza di istitutore privato a Ginevra quando fra i suoi allievi c’era una ragazza cieca. Cfr. M. UGLIANO, Ricerche di Archivio. 79 La Univac Division, che per qualche anno fu azienda leader dei calcolatori americani, fu costituita proprio da Eckert e Mauchly dopo la controversia con Von Neumann ed acquisita dalla Remington Rand Division della Sperry Rand Corporation. 80 Cfr. J. NEUMANN, First Draft of a Report on the EDVAC. In un prossimo articolo ci occuperemo proprio degli sviluppi successivi e di come le informazioni possono essere ‘misurate’, ‘manipolate’ o ‘trattate’, della capacità e rapidità di un ‘canale’ e della trasmissione di ‘dati’ siano essi costituiti da suoni, immagini, simboli o parole. 81 L’Università di Pisa realizzò su suggerimento del Fermi il primo calcolatore italiano a tutt’oggi visibile presso il Museo dell’Istituto di calcolo elettronico dell’Ateneo. 82 Per Informazione si intende ogni comando dal trasmettitore al ricevitore; l’insieme di più Informazioni costituisce il ‘messaggio’. 83 Cfr. M. UGLIANO, Dai “caratteruzzi” di Galileo all’“entropia” di Shannon passando per Morse; Le vie della Comunicazione; Bit e Parole; I Dati. 84 Per quanto riguarda il discorso, l’influsso e la pressione dei media e dei mezzi di ‘comunicazione’ sui modelli di pensiero e di comportamento della vita contemporanea, la nuova forma di cultura (E. Morin, H. Marcuse, F. Alberoni), nonché la circolazione di dette informazioni in maniera sempre più veloce, cfr. M. BALDINI, Storia della Comunicazione; G. BETTETINI-F. COLOMBO, Le nuove tecnologie della Comunicazione; P. FLICHY, Storia della Comunicazione Moderna; E. A. HAVELOCK, Arte e comunicazione nel mondo antico; D. JACKSON, La Scrittura nei secoli; G. LOSITO, Il potere dei media; A. MATTELART-M. MATTELART, La Comunicazione nel Mondo; H. M. MCLUHAN, The Gutemberg Galaxy: Gli strumenti del comunicare. Il motivo del primo film comico della storia del cinema, «L’innaffiatore innaffiato», fu utilizzato da Lumière per la pubblicità della sua invenzione RIVISTA DEGLI STENOGRAFI La Cep suggerita da E. Fermi fu realizzata qualche anno più tardi81. Nel 1948 F. H. Land elabora il sistema Polaroid di fotografia a sviluppo istantaneo. Il primo ripetitore attivo a carattere commerciale installato su un satellite artificiale fu il Telstar I, lanciato nel 1962. Il sistema di avvistamento e di segnalazione denominato Radar Ottico (prototipo Colidar = COherent LIght Detection And Ranging) che al posto delle onde elettromagnetiche utilizza ‘luce coerente’ ossia laser, è del 1961. Il satellite COBE (Cosmic Background Experiment) capace di misurare con grande precisione l’intensità delle radiazioni cosmiche fu messo in orbita nel 1989. Lo studio e la quantificazione del ‘movimento’ di informazioni82 basato su complesse teorie matematiche di probabilità e di statistica fu iniziato nel 1924 da H. Nyquist e continuato successivamente da R. V. Hartley, N. Wiener, W. Weaver e C. E. Shannon83. La teoria della comunicazione84 è volta a migliorarne il rendimento, renderla più efficiente e veloce, valutare l’aspetto economico e creare nuove configurazioni dei sistemi. 25 John Le Carré e Graham Greene erano «due imbecilli» Per la CIA E gli intellettuali italiani? In preda a «un letargo alla Silone» J Lo scrittore inglese John Le Carré Graham Greene (1904-1991) ohn Le Carré e Graham Greene? «Due imbecilli malintenzionati e rancorosi». Questa la definizione che diede la CIA negli anni Sessanta dei due scrittori inglesi. L’Agenzia investigativa americana stava allora combattendo una battaglia occulta sul fronte della «conquista delle menti» al fine di orientare la vita culturale dell’Occidente in piena Guerra Fredda e l’atteggiamento dei due romanzieri mandò su tutte le furie la comunità dell’intelligence americana che riteneva, inoltre, «apatici» gli intellettuali italiani quanto a impegno su questo fronte. È quanto emerge dal libro di Frances Stonor Saunders, «La guerra fredda culturale - La Cia e il mondo delle lettere e delle arti» (pp. 500, ottobre 2004, Fazi Editore, € 25,00) che documenta il sostegno finanziario profuso senza risparmio dal Servizio Segreto statunitense nei confronti dell’intellighenzia anticomunista occidentale. Le Carré, giovane diplomatico dell’ambasciata britannica a Bonn, aveva pubblicato nel 1965 «La spia che venne dal freddo», vendendo in USA due milioni e mezzo di copie, facendo risalire l’origine del romanzo alla sua «persistente amarezza per il punto morto ideologico cui era giunto il confronto tra Est e Ovest». Richard Helms, responsabile delle operazioni segrete della CIA, “lo detestava”. Così fu catalogato tra gli autori che l’Agenzia aveva in odio. Insieme a Le Carré venne iscritto nella «lista nera» anche Graham Greene. Il suo romanzo «Un americano tranquillo», pubblicato nel 1955, aveva quantomeno frastornato l’establishment dell’intelligence perché lo scrittore aveva narrato, nella Saigon della guerra franco-indocinese, lo scontro tra uno scettico e anziano giornalista inglese e un giovane americano sostenitore di una «terza forza», indipendente dai comunisti e dagli americani. A turbare i sonni della CIA arrivò anche Stanley Kubrick con «Il dottor Stranamore», satira feroce dell’ideologia della Guerra Fredda. In una lettera sul «New York Times», Lewis Munford lo definì «la prima interruzione della trance catatonica da Guerra Fredda che da molto tempo tiene il nostro paese in una ferrea morsa». Q uanto all’Italia, dai documenti raccolti dell’autrice, emerge che gli ispettori della CIA faticarono non poco a mobilitare intellettuali ed artisti del nostro paese sul fronte della lotta ideologica contro “gli oppressori dello spirito” del regime totalitario. Il pragmatismo americano si scontrò con “il provincialismo e l’antiamericanismo” dei nostri scrittori, come sottolineò in un rapporto il delegato Michael Josselson. Fu Ignazio Silone ad istituire negli ultimi mesi del 1951 la «Associazione italiana per la liberà della cultura», che divenne centro di circa cento gruppi culturali indipendenti, ai quali l’associazione forniva conferenzieri, libri, film. E inoltre pubblicava il bollettino «Libertà della Cultura» e successivamente la rivista «Tempo Presente», diretto dallo stesso Silone e Nicola Chiaromonte. Ma l’associazione italiana si sfilacciò ben presto, tanto da suscitare critiche da parte dei committenti stranieri sul “letargo alla Silone del gruppo italiano”. Nicolas Nabokov, uno dei più attivi animatori del progetto, si lamentava così in una lettera ai suoi superiori: «Silone troneggia invisibile in cielo e impedisce ai ragazzi dell’ufficio di fare il loro lavoro. Gli ho scritto due lettere, gli ho telegrafato per chiedergli di rientrare per un giorno dalla sua vacanza estiva in modo da poterci incontrare a Roma… nessuna risposta. Vedo decine di persone, ogni giorno. La maggior parte si dice pronta a partecipare, a lavorare (incluso Moravia), ma tutti mi dicono che finché Silone sarà l’unico leader qui non sarà fatto nulla». «Tempo Presente» apparve in Italia nell’aprile del 1956 come sfida a «Nuovi Argomenti», rivista fondata da Alberto Moravia nel 1954 sul modello di «Les temps modernes» di Sartre. Ospitò scrittori come Italo Calvino, Vasco Pratolini, Libero de Libero ed articoli di intellettuali dissidenti del blocco orientale. «Secondo i critici – annota l’autrice del volume dedicato alla Guerra Fredda culturale – si era trattato di un furto culturale che rendeva manifesta una delle più diffuse tattiche della CIA: creare e sostenere organizzazioni parallele che si presentavano come alternative al radicalismo, sul quale non era in grado di esercitare alcun controllo». I n America, il quartiere generale degli antistalinisti “professionisti” era la «Partisan Review», creata negli anni Trenta da un gruppo di trotskisti del City College ed alla quale collaborò attivamente per anni Mary McCarthy. Quando nel 1952 era sul punto di chiudere perché il Tesoro americano minacciava di revocarle l’esonero fiscale, ottenne 10 mila dollari da Henry Luce e 2.500 dollari dal «conto festival» del Comitato americano che era, spiega Frances Stonor, il canale utilizzato per far transitare i dollari della CIA attraverso la Fondazione Fairfield, copertura della stessa Agenzia. Intanto, a parte il capitolo che vede Silone al centro di una letargica accidia, continua a tutt’oggi il mistero sul presunto ruolo di Ignazio Silone come spia dell’OVRA (Organizzazione per la Vigi- I TENTACOLI DELL’OVRA DAL 1927 AL 1945 L a polizia politica del regime fascista, OVRA, Organizzazione per la Vigilanza e la Repressione dell’Antifascismo, nasceva nel 1927 come Ispettorato speciale di polizia, organo esecutivo della neonata Divisione polizia politica. Emblematica la circolare di Bocchini del luglio 1936 ai questori ed ai prefetti del Regno che regolava i reciproci rapporti tra queste istituzioni e l’OVRA. Quest’ultima, vi si ribadiva, rappresentava l’avanguardia nella prevenzione e repressione dell’attività sovversiva ed in particolare di quella comunista (in Archivio Centrale dello Stato, Min. Int., Dir. Gen. di PS, K/R OVRA, b. 6). Il primo direttore della Divisione Polizia politica fu Ernesto Gulì (1926-1929), seguito da Michelangelo Di Stefano (1929-38) e, infine, da Guido Leto (1938-1945). L’Ispettorato speciale assumeva il nome di OVRA (sigla mai chiarita compiutamente nel suo significato) solo nel dicembre del 1930, all’atto degli arresti che travolgevano gli antifascisti di Giustizia e Libertà milanese. Il capo della prima zona OVRA, la più importante di tutte, era l’ispettore generale di PS Nudi (sostituito dal Peruzzi sul finire degli anni 30 a causa di uno scandalo commerciale che rischiava di coinvolgere lo stesso Nudi e suo figlio). Secondo Mimmo Franzinelli («I tentacoli dell’Ovra», Boringhieri, Torino, 1999, pagg. 30-31), la Divisione polizia politica rappresentò l’evoluzione dell’ufficio di coordinamento informativo istituito in seno alla segreteria del capo della polizia, con fisionomia propria dall’inizio del 1928. Essa svolgeva un’attività essenzialmente conoscitiva e forniva ai governanti e ai comparti repressivi dello Stato notizie di estrema utilità per la stabilità del regime, adempiendo a funzioni di servizio fiduciario della Direzione generale della PS. L’OVRA estese in Italia, ma anche all’estero, una fitta rete di informatori e delatori con lo scopo di reperire ogni genere di notizie su qualsiasi tipo di attività antifascista. Agiva in stretta collaborazione con il tribunale speciale per la difesa dello Stato. Nel 1945 vengono sciolte la Divisione Polizia politica e l’OVRA. Restano attivi gli Uffici Politici delle Questure che svolgono funzioni di organi informativi periferici. Nel dopoguerra, gran parte della rete dell’OVRA veniva riconvertita ai fini della guerra fredda, rinnovandone la funzione di contrasto al comunismo. Decisiva, in questo senso, era la collaborazione di Guido Leto, contattato nel 1945 dai servizi segreti americani tramite un giovanissimo funzionario di polizia, destinato ad una brillante carriera negli apparati di sicurezza della nuova repubblica democratica italiana: Federico Umberto D’Amato, il futuro capo dell’Ufficio Affari Riservati del Ministero dell’Interno. lanza e la Repressione dell’Antifascismo). I dibattiti sull’argomento restano sempre accesi e alimentano il «giallo storico-giudiziario senza fine e contraddittorio…», come lo definisce Dario Fertillo sulla pagina culturale del «Corriere della Sera», di martedì 28 dicembre 2004. RIVISTA DEGLI STENOGRAFI I 28 Ignazio Silone (1900-1978) l titolo dell’articolo «Silone spia dell’Ovra, la sentenza a un giurì di storici», preannuncia un verdetto che sarà pronunciato da un collegio di “giurati” autorevoli storici, e sopra le parti: Mimmo Franzinelli, Piero Cravieri, Francesco Paolo Casavola, ex presidente della Corte Costituzionale, e Paolo Mieli. In veste di pubblico ministero Mauro Canali (autore de «Le spie del regime», pubblicato da Mulino) che rivela – secondo quanto riportato nell’articolo di Dario Fertilio – l’esistenza di una cartolina spedita da Locarno, durante l’esilio Svizzero di Silone: un documento che inchioderebbe lo scrittore alla sua responsabilità di spia dei fascisti. Nel libro si segnala, inoltre, l’apertura nell’Archivio centrale dello Stato, di un elenco di confidenti del regime mussoliniano: fra gli 815 da considerare «fiduciari reclutati» e non occasionali, il numero 73 corrisponderebbe, oltre all’ambigua sigla «Silvestri», proprio a Secondino Tranquilli, alias Ignazio Silone. Secondo la difesa, rappresentata da Giuseppe Tamburano, presidente della Fondazione Nenni, «l’esistenza di questo Silvestri in realtà non prova nulla, dal momento che di confidenti con quel nome in realtà ne esistevano parecchi e certe altre annotazioni dei funzionari (ad esempio il fatto che il Silvestri in questione vivesse a Roma) rendono improbabile l’identificazione con Silone». Insomma, la sentenza del tribunale della storia, potrebbe arrivare tra non molto a un definitivo giudizio, e finalmente sapremo se Ignazio Silone era una spia oppure vittima di una serie di bizzar- ri equivoci. Uno dei tanti, forse, è riportato da un curioso articolo di una pagina WEB, a firma Maria Pia Simonelli, dove si legge: «Fontamara è sicuramente un paesetto della Marsica, ma ancora non siamo riusciti a localizzarlo». Fu questa la grottesca e involontaria risposta che un funzionario dell’OVRA dette al suo superiore romano, dopo che gli era stato chiesto di individuare con precisione la località omonima che dava il titolo al celebre romanzo di Ignazio Silone. La dirigenza della polizia fascista, che non aveva ancora letto il romanzo, sembra che non avesse valutato affatto la possibilità che quello fosse solo un nome di fantasia. Le ricerche su Fontamara scattarono verso giugno del 1933 dopo che i funzionari dell’Ufficio Affari generali e riservati del Viminale cominciarono a ricevere numerosi rapporti dagli informatori stranieri sullo straordinario e immediato successo europeo del romanzo (…). Così le autorità pubbliche dell’Abruzzo furono incaricate di fare ricerche per localizzare il villaggio visitato – nella finzione letteraria – da una squadra di fascisti. Com’era nato l’equivoco? Gli informatori stranieri avevano preso alla lettera la prefazione che accompagnava la prima edizione tedesca del romanzo, dove il narratore scriveva: «i fatti che sto per raccontare si svolsero nell’estate dell’anno scorso a Fontamara». Gli agenti dell’OVRA residenti nelle città europee informarono i loro capi a Roma delle continue traduzioni (in dodici lingue dopo appena sei mesi) di «Fontamara». Le ricerche continuarono per sette mesi, fino a quando i funzionari fascisti dovettero prendere atto che Fontamara era nientemeno che «un paesetto dell’Abruzzo». Ma la vicenda non finì lì. Un informatore assicurava che «Fontamara è lo pseudonimo di uno scrittore che ha pubblicato altri romanzi». Subito i capi dell’OVRA ordinarono allo zelante informatore: “Si prega fornire notizie di certo Simone Fontamara, che risiederebbe in codesta città», cioè l’Aquila. L’agente abruzzese a cui furono chieste notizie non seppe ovviamente individuarlo. La curiosa vicenda emerge dalla lettura del fascicolo della polizia mussoliniana sullo scrittore conservato all’Archivio Centrale dello Stato a Roma… (M. S. da AdnKronos) a storia delle biblioteche affonda le proprie radici alle origini della civiltà. Da sempre la loro funzione è stata quella di conservare e tramandare memorie, saggezza, fantasie, e cultura, realizzando di fatto il sogno di ogni uomo di assicurarsi l’immortalità grazie alla trasmissione scritta del proprio sapere alle generazioni future. Le prime biblioteche risalgono a cinquemila anni orsono. Se ne trova traccia nei templi della Mesopotamia, e la loro cura era affidata alla casta sacerdotale che custodiva decine di migliaia di tavolette di argilla, utilizzate per tramandare non solo storia e mitologia locale, ma anche veri e propri «contratti» commerciali. All’inizio del terzo secolo avanti Cristo, il faraone Tolomeo I, grande cultore delle arti letterarie, si avvale della collaborazione di un illustre letterato dell’epoca, il greco Dimetro Falereo, per fondare la biblioteca di Alessandria di Egitto, che la tradizione vuole custodisse l’intero scibile umano del tempo, e che era basata sulla raccolta sistematica dei testi secondo un’idea concepita dal filosofo greco Aristotele. Motivo di orgoglio e di invidia, nonché tappa obbligata per gli studiosi del tempo, la biblioteca di Alessandria venne data alle fiamme dall’esercito romano nel 47 a. C., quindi dalle truppe della regina Zenobia di Paimyra, ancora dall’esercito romano dell’imperatore Diocleziano nel 295 d. C., ed infine completamente distrutta nel 646 d. C. dai soldati del califfo Omar I guidati dal generale Amr Ibnel-as. La seconda biblioteca più importante dell’antichità fu senza dubbio quella della città greca di Pergamo, in Asia Minore, ricca di oltre duecentomila opere, principalmente papiri provenienti dall’Egitto. Fu qui che nacque il libro come oggi lo conosciamo: i papiri della biblioteca di Pergamo anziché essere arrotolati, venivano tagliati e rilegati. Anche l’introduzione della pergamena (che da qui prende il proprio nome) è una delle innovazioni di questo centro culturale dell’antichità che utilizzò questo supporto scrittorio per sopperire alla mancanza del papiro in Asia Minore. N el nostro excursus storico sulle biblioteche dall’antichità ai giorni nostri, va ricordata la collezione di opere contenuta nel Tempio di Gerusalemme (citata nel Libro dei Maccabei del Vecchio Testamento) e quella di Qumran (di cui ne viene fatta menzione nei «Dead Sea Scrolls» ritrovati nel 1947 all’interno di anfore, nascoste in numerose grotte, nella zona del Mar Morto) prima che la città fosse distrutta durante la rivolta di Giudea del 66 d. C., mentre con l’avvento dell’Islam si moltiplicano biblioteche, le più rinomate delle quali sono quelle di Baghdad, Cairo, Alessandria, Toledo, Cordova, e Granada. Gli anni bui del Medioevo non ostacolano l’istituzione di nuovi centri del sapere e, a fianco delle università del tredicesimo e quattordicesimo secolo, troviamo le collezioni librarie del Vaticano, della Sorbona di Parigi, di Oxford, Praga ed Heidelberg. Le più importanti biblioteche del Rinascimento sono quelle dell’Escorial di Madrid, la Herzog August Bibliothek in Germania, la Uppsala Universitetsbibliotek in Svezia, e la biblioteca nazionale di Prussia. Nel diciassettesimo e diciottesimo secolo nascono importanti biblioteche in Un copista all’opera di INDRO NERI navig@ndo L Terza in ordine di importanza storica, è la Biliotheca Ulpia, fondata nel secondo secolo dopo Cristo nel foro Traiano a Roma, che rappresenta il modello ideale di biblioteca romana di età imperiale e che sancisce fra i romani la «cultura del libro» quale valore sociale. Vero e proprio edificio adibito al servizio pubblico, è rimasta in funzione fino al quinto secolo, quando ormai le biblioteche pubbliche in Roma erano ormai una trentina. Il sogno di una biblioteca mondiale INTERNET RENDERÀ IL SAPERE ACCESSIBILE A TUTTI Francia, Germania, Austria, Russia ed Inghilterra (le raccolte del Corpus Christi College a Cambridge, la Bibliotheca Bodleiana ad Oxford e la collezione del British Museum). Se in principio furono gli scribi e i copisti che – con un minuzioso lavoro di trascrittura – permisero la diffusione della cultura riproducendo pazientemente testo dopo testo, nel quindicesimo secolo l’invenzione della stampa a caratteri mobili ad opera di Gutenberg amplificò questo processo, rendendo di fatto più semplice e meno costosa la pubblicazione delle opere e permettendo dunque ad un numero sempre maggiore di persone la fruizione del sapere. Uno scanner professionale che sfoglia automaticamente le pagine dei volumi da memorizzare C on il passare del tempo ed il continuo evolversi della tecnologia, la riproduzione su larga scala delle opere si è semplificata ulteriormente. Ma è stato soprattutto Internet a cambiare in modo radicale il modo in cui comunichiamo e il nostro accesso al sapere. Grazie a sofisticati sistemi di Optical Character Recognition (sistema di riconoscimento caratteri) e scanner ad alta risoluzione, in pratica «macchine fotocopiatrici» accoppiate ad un computer, è oggi possibile memorizzare pagine di libri trasformandole direttamente in testo. Esistono addirittura macchine specifiche che sfogliano automaticamente i volumi e che permettono di digitalizzare fino a milleduecento pagine all’ora. La biblioteca pubblica americana di Rochester ha scannerizzato oltre un milione e mezzo di pagine di documenti storici e rari, mentre la casa editrice scientifica tedesca Springer ha messo a disposizione su Internet tutti i vecchi numeri dei suoi oltre mille titoli, memorizzando un milione di pagine al giorno. Ma la notizia che ha destato più clamore è stato il recente annuncio che il più noto fra i motori di ricerca Internet, Google (www.google.com), ha stretto accordi con le biblioteche di Harvard, Stanford, delle università di Oxford e del Michigan, nonché della prestigiosa New York Public Library per digitalizzare le importanti collezioni di volumi contenute in queste biblioteche al fine di aumentare i risultati di chi scandaglia Internet utilizzando il motore di ricerca per antonomasia. L arry Page, uno dei fondatori di Google Inc., ha aggiunto che «Anche prima che Google raggiungesse il successo odierno, sognavamo di rendere un giorno accessibile una simile quantità di dati in maniera istantanea». La digitalizzazione dei volumi permetterà insomma di organizzare e rendere fruibile il sapere semplicemente effettuando una ricerca per parola chiave. Se oggi cerchiamo per esempio il termine «scrittura» su Internet, il motore di ricerca ci restituisce una serie di collegamenti a siti Internet che trattano di grafia, ortografia, calligrafia, e segni grafici in generale. Un domani invece, grazie a questa iniziativa senza precedenti, fra i risultati avremo anche la possibilità di accedere direttamente al contenuto di volumi che parlano di scrittura. Il sogno di una biblioteca mondiale, del sapere veramente alla portata di tutti dunque, è sempre più vicino. Giornalisti e “frasi civetta” U na “frase civetta” è, in genere, un titolo balordo di giornale, che serve solo ad attirare l’attenzione. Dialettismi, barbarismi, anglismi, neologismi: tutto fa brodo, pur di incuriosire. Per esempio, il numero di «Panorama» del 5 agosto 2004, a pag. 69, porta il titolo: “Vittò, datte ‘na calmata, please”, scrivendo una frase anglo-romanesca, che nessuno si è mai sognato di pronunciare, ma che, comunque, dà un’idea colorita ed estremamente espressiva, in maniera molto più incisiva dell’equivalente frase italiana, “Vittorio Sgarbi, devi darti una calmata, prego”. Il titolo, che si riferiva al contestato involucro dell’Ara Pacis, in centro a Roma, fornisce interessanti connotazioni, esprimendo subito che si parla di Roma (v. dialetto) e tirando in ballo, in maniera immediata, l’architetto inglese Richard Meier (v. “please”). Il romanesco, in realtà, grazie a radio, cinema e televisione, ha imposto nuovi, originali (e discutibili) modi espressivi, entrati or- Fedeltà al parlato oppure va corretto? o on è possibile che l’Ulivo prima « definisce il suo programma e poi contratta...». La frase, riportata con evidenza in sommario («Corriere della Sera», sabato 25 settembre 2004, pag. 13), è desunta da un’intervista a Fausto Bertinotti, che sottolineava la necessità che l’Ulivo prima discutesse con tutte le forze politiche interessate e poi venisse fissato un programma unitario. La frase del segretario di Rifondazione comunista è con molta probabilità riportata fedelmente, ma propone un quesito di deontologia professionale (oltre che linguistico). Quando uno parla, si sa, non è tenuto a una ortodossia sintattica. La foga, la passionalità, l’enfasi passano attraverso anacoluti, sospensioni sintattiche, anche gravi errori di costruzione e di “consecutio” strampalate. Il giornalista, o il resocontista, le deve correggere o ne deve rispettare la fedeltà contestuale? Personalmente, in linea di principio, le ho sempre corrette, ma non è detto che fossi nel giusto. A volte, si pone forse anche un problema di simpatia o antipatia con il personaggio intervistato. Come dire: se ne condivido le idee, lo correggo per non fargli fare brutta figura. Se invece mi sta sullo stomaco, la frase l’ha detta e che se la tenga! Con ciò, rimango però dell’idea che il giornalista del «Corriere» avrebbe dovuto correggere la frase di Bertinotti («Non è possibile che l’Ulivo, ancor prima di contrattare, voglia definire il programma...»). O no? N di PAOLO A. PAGANINI RIVISTA DEGLI STENOGRAFI ell’ultimo Festival del cinema di Venezia, il settembre scorso, l’autorevole critico cinematografico del «Corriere della Sera», Tullio Kezich, nell’esaltazione per un film, sul quale egli puntava, si è lasciato travolgere dall’entusiasmo, scivolando su un tragico e raccapricciante svarione. Nel suo corsivo di pag. 37 (venerdì 10 settembre 2004), ancor prima che uscisse il verdetto della giuria per l’assegnazione del Leone d’Oro, Kezich, nell’elogiare il film di Gianni Amelio, «Le chiavi di casa», attaccava l’articolo con un audace interrogativo: “Habemus Leo?” Ma “Leo” qui non è soggetto (caso nominativo), come potrebbe essere “Est Leo?” (cioè: “È il Leone?”); è invece complemento oggetto, che va tradotto con l’accusativo, cioè: “Habemus Leonem?” (“Abbiamo il Leone?”), come dire “Habemus... asinum?” lingua N mai nell’uso comune (inutile scandalizzarci!). “Aridatece...” (il nome che segue indica il rimpianto per un personaggio che non c’è più); “Anvedi (guarda) come piove!”. E poi le versioni scritte di un inglese largamente usato (anche se nessuno in Italia lo parla correttamente): “occhèi”, “pràivasi”, “tìcchete”, “maxistore”, e poi i già trattati “scannare”, “fassare”... E che ne dite di “imellare” per “mandare un email”? Fuori la Il latinorum di Tullio Kezich 31 INDOVINELLI IN CONCORSO 1 - Professore d’italiano Alle prove d’esame si mostrava sempre largo con i punti, ma allorquando spiegava il metro e discuteva Orlando, che bottoni attaccava!... (Il Valletto) 2 - Mia moglie gelosa A sollevar lo spirito non serve la pianta solo quando me la stringo; 6 - Arrivano le reclute Si presentano avanti al Reggimento – da sole – coi riflessi un po’ appannati: ma se bisogno v’è d’un chiarimento ci son – tirati a lustro – i graduati. (Buffalmacco) SOLUZIONI DEI GIOCHI N. 66 1 – Il matrimonio 2 – Il mare 3 – La manomorta 4 – La luna 5 – Le mani 6 – La lingua Gli indovinelli del numero scorso erano in verità abbastanza facili... ma tutti i nostri concorrenti sono scivolati su quella «canagliesca» Manomorta (n° 3). Rimandiamo dunque la rivincita al prossimo numero. I PREMI A quanti risolveranno tutti e sei gli indovinelli sarà inviato uno storico libro di stenografia. Le soluzioni di questa puntata di giochi dovranno pervenire alla Redazione entro il 10 maggio 2005. Crittografie dantesche (Soluzioni) quando Tirone incontra Edipo 5 - La donna Se vacillante e in lacrime vien talvolta un bacino ad implorare, potete star certissimi che ha un fallo femminil da riparare! (Il Valletto) giochi 4 - La dura strada del divo Le prime pose, i risultati vani: ecco il travaglio di chi è alfin riuscito, dopo le carrellate e i primi piani, a toccar proprio il cielo con un dito! (Il Bulgaro) a cura di GIUSEPPE CAPEZZUOLI L’angolo dei CRITTOGRAFIE DANTESCHE (Soluzioni capovolte in fondo alla pagina) 1 - Vero è che più o meno eran contratti (Purgatorio X – 136) 2 - E paiono sì al vento esser leggeri (Inferno 5 – 75) 3 - Di qua di là su per lo sasso tetro (Inferno XVII – 34) Noi salivam per entro il sasso rotto (Purgatorio IV – 31) 4 - Che segno fu ch’io dovessi posarmi (Paradiso VI – 27) 5 - Né fiamma d’esto incendio non m’assale (Inferno II – 93) 6 - E nel suo giro tutta non si volse (Paradiso XIII – 4) 7 - Nè de’ primi appetibili l’affetto (Purgatorio XVIII – 57) 3 - Un grande amore Sento la tua mancanza ogni qualvolta non sei alla mia portata, perciò decido che io non avrò un secondo senza te (Il Nano Ligure) 5 - Amianto 6 - Ansa 7 - Antipasto Va solo spiegato che quello strano interò è voce in disuso del verbo interare, che vuol dire: rendere intero, perfetto. È sopravvissuto soltanto l’avverbio, da tutti conosciuto: interamente. Divertente, no? ma, andando avanti poi di questo passo, finirà sola per andare a spasso. (Il Frasca) 1 - Accordi 2 - Alianti 3 - Alpinisti 4 - Alt C ome si divertivano... un secolo fa? Prima di proporvi le nostre consuete Crittografie dantesche (con le soluzioni capovolte in fondo alla pagina), e i sei Indovinelli in concorso, vi presentiamo, a cominciare da questo numero della rivista, alcuni giochi storici, rebus e sciarade che, all’inizio del secolo scorso, venivano pubblicati sulle tante (e belle) riviste stenografiche. Cominciamo con una Sciarada stenografica (che, ovviamente, presuppone la conoscenza del sistema Gabelsberger-Noe):