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per l’anno 2005
da versarsi sul
C/C postale
n. 18025502
intestato alla
«Rivista degli
Stenografi»
Piazzale
Donatello 25
50132 Firenze
o di € 50,00
come
«Sostenitore
della Fondazione
Giulietti».
In omaggio,
come premio di
fedeltà, il volume
«Storia della
scrittura»
con CD-ROM,
edito dalla
Fondazione
Giulietti,
e numerosi
sconti sulle
pubblicazioni
Giunti.
In copertina:
z La Scala e il
centro di Milano
devastati dai
bombardamenti
del 1943 e
un’immagine di
sinistrati sui
marciapiedi
z Mussolini lascia
Campo Imperatore
sul Gran Sasso
z La fucilazione di
Ciano e dei
«traditori» del
Gran Consiglio
Rivista degli Stenografi
fondata a Firenze nel 1877
n. 67, gennaio/marzo 2005
Organo trimestrale della
Fondazione Francesco e Zaira Giulietti
di cultura stenografica, calligrafica,
grafica e linguistica
Redazione e Amministrazione
Piazzale Donatello 25 - 50132 Firenze
Tel. 055.5000042 - Fax 055.576128
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E-mail: [email protected]
Direttore responsabile
Paolo A. Paganini
Direttore editoriale
Nerio Neri
Collaboratori
Ferruccio Annibale, Francesco Ascoli
Giuseppe Capezzuoli, Indro Neri
Attilio Ottanelli, Patrizia Pedrazzini
Angelo Quitadamo, Mimmo Spina
Gian Paolo Trivulzio
Anna Maria Trombetti
Massimo Ugliano
Stampa
Litografia Piccardi S. & C.
Strada in Chianti (FI)
Copia non commerciabile
C/C postale N. 18025502
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n. 3604 del 22/7/1987
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per lo studio, la promozione e la divulgazione
delle scritture comuni e della stenografia
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Consiglio di Amministrazione
Presidente
Dr. Gianluca Formichi
Vice Presidente
Dr. Sergio Giunti
Segretario
Cav. Bruno Piazzesi
Consiglieri
Prof. Paolo Galluzzi
Prof. Andrea Innocenzi, Nerio Neri
Prof. Paolo A. Paganini
Prof. Aldo Patritti, Prof. Giorgio Spellucci
Dr. Federico Sposato
Collegio Revisori
Dr. Salvatore Proto
Dr. Gianluca Borrani, Dr. Enzo Rook
SOMMARIO
1
Giuseppe Capezzuoli
I documenti segreti della Repubblica Sociale
Italiana che la Prefettura di Milano
mandava al Duce
7
Insomma, San Cassiano, patrono degli
scrittori e degli stenografi, era di Tangeri
o di Imola?
12
Anna Maria Trombetti
L’orgoglio stenografico di avere come
patrono il martire San Cassiano da Imola
13
Ferruccio Annibale
Internet, banca universale di dati,
ma chi ne controlla i contenuti?
14
Paolo A. Paganini
Un libro che non può mancare nello scaffale
dei cultori del «giallo»
15
Mario Spigoli, un vuoto incolmabile
16-17
Mimmo Spina
Notizie-informazioni-appuntamenti
18
Francesco Ascoli
Calligrafia e stenografia, una bella storia
d’amore durata quasi un secolo
21
Massimo Ugliano
...E con due soli segni, un punto
e un trattino, Morse collegò il mondo
26
Per la CIA John Le Carré e Graham Greene
erano “due imbecilli”.
E gli intellettuali italiani? In preda
a «un letargo alla Silone»
29
Indro Neri
Il sogno di una biblioteca mondiale
31
Paolo A. Paganini
Fuori la lingua
32
Lettere in redazione
33
Giuseppe Capezzuoli
L’angolo dei giochi
La Rivista viene distribuita esclusivamente agli
«Amici della Fondazione Giulietti».
I documenti
segreti
!
SIVO
U
L
C
ES
della Repubblica Sociale Italiana
che la Prefettura di Milano
mandava al Duce
A
cominciare da questo numero
della «Rivista degli Stenografi»,
pubblichiamo una serie di documenti
storici, assolutamente inediti, che gettano nuova luce su uno dei periodi più foschi dell’ultima guerra: i due anni che
vanno dal drammatico 8 settembre 1943
(data dell’ambiguo annuncio dell’armistizio con gli anglo-americani da parte
del maresciallo Badoglio, succeduto a
Mussolini a capo del governo, e conseguente sbandamento dell’esercito) fino
alla caduta della Repubblica Sociale
Italiana, il 25 aprile 1945.
Le tragiche testimonianze che pubblichiamo sono dovute allo stenografo
giornalista Giuseppe Capezzuoli, che
qui ringraziamo per averci concesso
questi preziosi documenti.
Dopo la nascita della Repubblica
Sociale, Capezzuoli, in qualità di stenografo, fu assunto, dal gennaio 1944,
come attaché di Franco Fuscà, capo ufficio stampa della Prefettura di Milano.
Sulla base di quanto riferivano gli attenti informatori della polizia, incaricati di seguire in incognito i commenti dei
milanesi nei luoghi pubblici della città,
il particolare settore della Prefettura,
diretto da Fuscà, elaborava sintetiche
note informative che, ogni quindici
giorni, erano spedite a Mussolini, a
Salò, sede del governo della Repubblica
Sociale Italiana. Si trattava di notizie
riservatissime, riguardanti in particolare gli umori dei milanesi: uno spaccato
di vita vissuta, colta con l’immediatezza
della cronaca. Consegnate al duce,
capo del governo, queste note gli avreb-
bero fornito costantemente il polso della situazione nella capitale lombarda.
Dopo la caduta della Repubblica Sociale Italiana, il 25 aprile 1945, alcuni
funzionari degli uffici milanesi di Palazzo Clerici, sede del ministero della
cultura popolare (Minculpop), prelevarono e distrussero gran parte dei documenti ritenuti compromettenti.
Capezzuoli, presente negli uffici,
poté salvare le copie delle informazioni
inviate, nell’arco di circa un anno e
mezzo, a Salò, fino cioè al marzo 1945.
Ora, dopo sessant’anni, questi preziosi documenti, di eccezionale importanza storica, gentilmente concessi da
Giuseppe Capezzuoli in esclusiva per
«La rivista degli Stenografi», vedono
per la prima volta la luce.
Una drammatica
immagine del
centro di Milano
dopo il
bombardamento
notturno del
13 agosto 1943,
il più pesante mai
sferrato su una
città italiana
In questo numero della Rivista pubblichiamo un’ampia introduzione di carattere generale, che tratteggia a grandi
linee, con drammatica efficacia testimoniale, il periodo storico in questione,
a firma di Giuseppe Capezzuoli.
Pubblicheremo quindi nei prossimi
numeri, in successione cronologica, le
varie «veline», così come sono state stilate dalla Prefettura di Milano, a firma
Franco Fuscà, e inviate a Mussolini,
fino al tragico epilogo della sciagurata
avventura fascista.
Paolo A. Paganini
QUEI TRAGICI
SEICENTO GIORNI
DAL SETTEMBRE 1943
ALL’APRILE 1945
di GIUSEPPE CAPEZZUOLI
Gli albori della RSI
L
’esercito italiano ha capitolato senza condizioni»: questo l’inizio della
dichiarazione con cui Eisenhower annunciava al mondo la conclusione delle
trattative che il Governo di Badoglio e il
Consiglio della Corona tentavano ancora
di mercanteggiare per ottenere un ritardo
di qualche giorno. Erano le 18.30 dell’8
settembre 1943. Alle 19.45, all’ora del
Giornale-radio, arrivava agli Italiani
l’annuncio di Badoglio: «Il Governo italiano... ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower. La richiesta è stata accolta».
Per le strade, anche a Milano, comin-
«
Fuori dalla
Stazione Centrale
di Milano
un eloquente
cartellone fa il
bilancio delle
distruzioni aeree
2
ciarono manifestazioni di esultanza al
grido «La guerra è finita», ma non
mancò chi gettava acqua su tali entusiasmi: « Forse il peggio deve ancora arrivare». E fu così.
Mentre il Re e Badoglio fuggivano a
Brindisi, i soldati italiani – e dicendo
soldati si intende, ahimè, anche gli ufficiali – privi di ordini, abbandonavano le
caserme per tornare alle proprie abitazioni, o per rifugiarsi in Svizzera, in vecchi
abiti borghesi, spesso abbondanti, generosamente offerti dalla popolazione.
A Roma si costituiva, dopo l’8 settembre, il «Comitato di Liberazione Nazionale», per opporsi a una ricostituzione del fascismo. Quasi contemporaneamente usciva il proclama di un «posticcio» governo fascista, in cui si annunciava: «Italiani, combattenti, il tradimento
non si compirà. Si è costituito un governo nazionale fascista che opera nel nome
di Mussolini».
I tedeschi non trovarono grandi resistenze all’occupazione delle posizioni
strategiche in Lombardia. Si segnala solo
l’attività di un gruppo di comunisti che,
il 9, prese le armi gettate dai soldati, aveva respinto un plotone tedesco mandato
ad occupare la stazione centrale. Il Gen.
Ruggero, allora a capo della difesa delle
città di Milano, Como e Varese, privo di
direttive, cercate invano a Roma, e constatata l’impossibilità di un successo e la
certezza di grandi, inutili rovine e massacri, stipulò, nella notte fra il 10 e l’11
settembre, un accordo con i tedeschi. Si
evitò così il disarmo, la cattura dei soldati non ancora dispersi e l’occupazione
dell’intera area di Milano.
Il gen. Ruggero, per assicurare l’ordine, stabiliva il coprifuoco dalle 21 alle
5, divieto severissimo di assembramenti
di più di tre persone, chiusura dei locali
pubblici, consegna da parte dei cittadini
alle caserme e ai RRCC di tutte le armi
non da caccia.
Queste misure evitarono grandi manifestazioni, sommosse, scioperi, insurrezioni. La popolazione milanese partecipò all’avvenimento, non indifferente,
ma come tranquilla spettatrice. E indifferente restava la popolazione ai manifesti
dei partiti antifascisti che invitavano alla
resistenza e alla difesa della patria.
Mussolini, l’8 settembre, era ancora
prigioniero a Campo Imperatore, sul Gran
quarto dichiarò ripristinate tutte le istituzioni del partito, col compito di appoggiare l’esercito germanico, di dare al popolo immediata effettiva assistenza morale e materiale e di punire esemplarmente i vili e i traditori; con l’ultimo ricostituì la milizia volontaria per la sicurezza dello stato.
Seguirono altri due «ordini del giorno», uno per nominare il luogotenente
generale Renato Ricci comandante in
capo della milizia e l’altro per liberare
gli ufficiali delle forze armate dal vincolo del giuramento prestato al re, accusato
di aver consegnato la nazione al nemico.
Infine il 18 settembre, da Monaco,
Mussolini fece un lungo discorso per invitare a riprendere le armi a fianco della
Germania e del Giappone, a preparare la
riorganizzazione delle forze armate, ad
eliminare i traditori, per annientare le plutocrazie e fare del lavoro il soggetto dell’economia e la base infrangibile dello stato.
Mussolini,
liberato dagli
uomini del
tenente colonnello
delle SS,
Otto Skorzeny,
sta lasciando,
su un apparecchio
tedesco «Cicogna»,
Campo
Imperatore, sul
Gran Sasso, dove
era stato relegato
dopo la sua
caduta da capo
del governo
I
l 23 settembre i giornali davano la seguente notizia con la formazione del
nuovo Ministero.
Nella sua qualità di Capo del Governo repubblicano fascista, Mussolini ha
nominato i seguenti ministri e sottosegretari di Stato, dopo aver assunto in
proprio il portafoglio del Ministero degli
Esteri:
Sottosegretario alla Presidenza del
Consiglio, Francesco Maria Barracu,
Medaglia d’oro al valor militare;
Ministro agli Interni, avv. Guido
Buffarini Guidi;
Ministro di Grazia e Giustizia, avv.
Antonio Tringali Casanuova;
RIVISTA DEGLI STENOGRAFI
Sasso. Il 12 settembre, rivelato non si sa
da chi il luogo del confino, otto alianti al
comando del maggiore delle SS Skorzeny, partirono da Pratica di Mare trainati
da alcuni trimotori. Sbarcati negli ampi
spazi di Campo Imperatore e senza trovare resistenza da parte dei responsabili della custodia, prelevarono Mussolini che, a
bordo di una «cicogna» (tipo di aereo da
ricognizione leggero e maneggevole usato
dall’aviazione tedesca - N.d.R.), fu portato a Pratica di Mare e quindi trasferito con
un aereo a Vienna. Il 14 il Duce era a Monaco, dove incontrava Ciano e la figlia
Edda, prima di raggiungere il quartier generale germanico, dove aveva due colloqui con Hitler. Tali colloqui indussero
Mussolini «a prendere sulle spalle una
croce, che sperava di avere da sé allontanata», come scrive Attilio Tamaro. («Due
anni di storia - 1943/45», 3 voll., Tosi
Editore in Roma, 1948-1950).
Pare che a convincerlo sia stata una
dichiarazione di Hitler: «La Germania si
considera in guerra con l’Italia; stava a
Mussolini mutare la situazione» (op.
cit.). Dinanzi alla prospettiva che l’Italia
rimanesse «un Paese soggetto ad occupazione militare, governato da Rommel,
con tutte le disastrose conseguenze inerenti», Mussolini si piegò al ricatto di
Hitler «per salvare quanto era salvabile»
e, col fare della sua persona schermo all’Italia occupata, accettò quanto non
molto prima gli era sembrata «la più
grande umiliazione, cioè la ripresa del
Governo con l’appoggio dei tedeschi».
Nel primo colloquio che ebbe con fascisti presenti al quartier generale germanico, Mussolini mostrò apertamente
di non voler saperne più di fascismo:
«repubblica sociale» non «fascista», perché fascismo è divenuto sinonimo di disastro. Il fascismo riapparve per volere
tassativo di Hitler.
Il 15 settembre vennero diramati cinque brevi «ordini del giorno» che costituiscono l’atto di nascita «della Repubblica Sociale Italiana». Nel primo Mussolini annunciò che riprendeva la suprema direzione del fascismo; col secondo
nominò Pavolini provvisorio segretario
del partito fascista repubblicano; col terzo ordinò a tutte le autorità militari e civili (politiche, amministrative e scolastiche), anche agli «epurati» dal governo
Badoglio, di riprendere i loro posti; col
3
Mussolini saluta
sorridendo
l’albergatore che
l’ha ospitato, a
Campo
Imperatore,
sul Gran Sasso
Ministro alle Finanze e Divise, prof.
Domenico Pellegrini Giampietro;
Ministro alla Difesa nazionale, Maresciallo Rodolfo Graziani;
Sottosegretario alla Marina, ammiraglio Antonio Legnani;
Sottosegretario all’Aeronautica, comandante Carlo Botto;
Ministro per l’Economia corporativa, ing. Silvio Gaj;
Ministro per l’Agricoltura, dott.
Edoardo Moroni;
Ministro all’Educazione nazionale,
prof. Carlo Alberto Biggini;
Ministro alle Comunicazioni, prof.
Arcidiacono;
Ministro ai Lavori pubblici, ing.
Giuseppe Peverelli;
Ministro per la Cultura popolare,
dott. Fernando Mezzasoma.
In tutto dieci ministri e tre sottosegretari la cui scelta dovette risultare particolarmente faticosa e influenzata dalle
ingerenze tedesche. Gli Esteri furono assunti personalmente da Mussolini dopo
il rifiuto del Console generale Camillo
Giuriati. Patetica e presaga l’accettazione di Mezzasoma che confidava a un
amico: «So che è un’avventura e che ci
rimetterò la pelle, ma non so dire di no a
Mussolini».
Lo stesso 23 settembre, all’Adriano
di Roma e trasmesso per radio, Graziani
lanciava un invito a collaborare per riscattare l’onore della nazione.
RIVISTA DEGLI STENOGRAFI
I
4
l 27 prima riunione del nuovo Governo
alla Rocca delle Camminate e assunzione ufficiale delle funzioni di Capo del
nuovo Stato fascista repubblicano da parte del Duce. Il giorno successivo Hitler telegrafava il riconoscimento del Governo.
Intanto i Ministeri si trasferivano al
Nord e i muri delle città si riempivano di
manifesti. Sempre il 23 settembre è un
proclama del Comando tedesco che impegna i milanesi alla protezione delle
truppe e al mantenimento dell’ordine;
vieta l’aumento dei prezzi e dei pagamenti di qualsiasi genere, inclusi i salari.
«Le truppe germaniche hanno l’ordine di
rispettare la popolazione, se questa si
mantiene pacifica, e di avere riguardo
alla sua proprietà»; «vengono garantite
le attuali razioni di viveri».
Nel giro di un mese, sia pure lentamente, si usciva dal caos seguito alla ca-
pitolazione e, anche se non mancavano
ingerenze e prevaricazioni da parte dei
comandi germanici, nelle grandi città e
specialmente a Milano l’ordinamento
fascista repubblicano incominciava a
svolgersi regolarmente. Intorno ai tedeschi non si vedeva né il servilismo né la
cortigianeria, né il rufianismo, né la prostituzione, né il rigurgito di miserie
umane, che avvolgevano gli angloamericani al sud. La popolazione manteneva
un riserbo freddo e tranquillo. Continuavano invece i bombardamenti aerei e gli
aviatori americani inseguivano con le
mitragliatrici i cittadini nei campi, i
viandanti sulle strade, i treni. Ma il lavoro riprendeva.
Fecero una fugace apparizione i «marchi d’occupazione» (Reichskredit-Kassenscheine) ma non ebbero larga diffusione e
durarono poco: per un accordo fra i due
governi, in data 25 ottobre, «i marchi
d’occupazione perdevano il carattere di
mezzi di pagamento legale sul territorio
italiano e le truppe germaniche eseguiranno i pagamenti esclusivamente con lire».
Il 29 settembre «La Provincia di
Como» (ma è capitato anche ad altri
giornali) pubblica un’ordinanza del comandante superiore Rommel in tedesco
e in italiano: prevede la condanna a morte per chiunque commetta un’aggressione alla vita di un appartenente alle forze
armate germaniche, ed anche per violenze contro le stesse forze, i loro impianti e
istituzioni.
Gennaio 1944
I
l 1943 finisce – come era iniziato – di
venerdì. La gente attende nelle case
l’anno nuovo, ma è tenuta desta dai militari germanici che sparano per le vie di
Milano. Anche troppo.
Il primo giorno del nuovo anno si
apre con un messaggio di Hitler: «Questa mostruosa guerra si avvicina in quest’anno alla sua conclusione», che, naturalmente, ritiene vittoriosa.
Intanto a Milano si vive la vita di tutti i giorni, fra oscuramento e coprifuoco.
E ciononostante i milanesi vogliono divertirsi. Sono aperti, fino all’ora del coprifuoco (21) naturalmente, oltre a quattro cinema di prima visione, altri 44 locali. Fra questi uno in via Cassiodoro
conserva il nome di «Savoia»; per poco;
P
ochi gli edifici scolastici esenti da
danni per i bombardamenti dell’agosto. Tuttavia si aprono le iscrizioni per
corsi che inizieranno a metà gennaio.
Alla stessa data riapriranno le scuole serali (dalle 17 alle 20).
I giornali escono a due facciate; 4 la
domenica. Domenica 2 gennaio, tredici
colonne, per una facciata e mezza, sono
occupate da annunci economici: si cercano o offrono lavori e case in affitto, ma
anche gli annunci matrimoniali non
scherzano: quel 2 gennaio ne comparivano ben 42.
I teatri non facevano ancora festa il
lunedì: erano aperti il Nuovo («Una notte a Madera»); l’Odeon («Tristi amori»);
al Mediolanum agiva la compagnia di
Nuto Navarrini con «Il diavolo nella
giarrettiera». All’Olimpia (poi sede della
Standa di Largo Cairoli) era in corso una
stagione d’opera che vedrà, il giorno dell’Epifania, addirittura due spettacoli:
«Barbiere di Siviglia» alle 14; «Rigoletto» alle 17.30.
Il 4 gennaio Giuseppe Spinelli (che
sarà poi Podestà) assume la carica di
Commissario dei lavoratori dell’industria.
Il 5 i giornali pubblicano un comunicato della Questura: «Fucilazione sul posto per chi sarà trovato in possesso di
armi senza che ne sia regolarmente autorizzato».
Il «Corriere della Sera», dal 6 al 10
gennaio, pubblicherà di spalla, in cinque
puntate, «La tragedia italiana» del giornalista svizzero Paul Gentizon.
Nuovo orario di oscuramento dal 9
gennaio: dalle 18 alle 6.30.
Risente del tragico 1943 anche l’esattoria civica; quasi umoristico il titolo
del «Corriere»: «Quest’anno la cartella
delle imposte sarà a lungo attesa da molti contribuenti».
E intanto procede, in pieno silenzio
stampa, il processo di Verona. Solo il 12
gennaio, ad esecuzioni avvenute, un titolo a tutta pagina: «I traditori del Gran
Consiglio condannati a morte. De Bono,
Ciano, Gottardi, Marinelli e Pareschi fucilati».
Il bilancio demografico di Milano
per il 1943 porta un titolo allarmistico: si
segnala un’inversione di tendenza per il
prevalere dei decessi sulle nascite. Ma
nel testo si esaminano più serenamente
le cause: in settembre solo 91 nati (ma
quasi tutte le puerpere erano andate a
partorire nell’hinterland).
Sempre in gennaio è istituita la Polizia repubblicana (nata, probabilmente,
Una delle ultime
apparizioni
pubbliche
di Mussolini,
al Teatro Lirico, il
20 dicembre 1944,
dove tiene un
infiammato
discorso
Anche la Scala,
il teatro lirico più
famoso al mondo,
nella notte fra il
15 e il 16 agosto
1943, venne
sventrata dai
micidiali
bombardamenti
americani
RIVISTA DEGLI STENOGRAFI
dal 14 gennaio sarà «Giulio Cesare» (ex
Savoia); ma il futuro gli riserva altre peripezie: epurato Giulio Cesare, nel dopoguerra assumerà il nome di «Abanera» e
qualche anno dopo «Tiziano»; ora è
chiuso, dopo un breve periodo di pellicole «a luci rosse».
A San Siro, corse al trotto; all’Arena,
per la prima domenica dell’anno, una
partita amichevole di calcio: Milano (con
la «o») - Juventus.
Difficile la vita degli sfollati che
hanno ancora il lavoro in città (o viceversa). Finora se arrivavano a coprifuoco
iniziato, dovevano passare la notte in stazione; al mattino non potevano usufruire
dei primi treni. Rimedia un’ordinanza:
«Per i viaggiatori in partenza coi primi
treni del mattino, durante le ore di coprifuoco, ha valore di lasciapassare, nel tragitto dall’abitazione alla stazione, il biglietto di viaggio acquistato il giorno
precedente. Per i viaggiatori in arrivo durante il coprifuoco, al cancello di uscita,
presentando il biglietto di viaggio, riceveranno, dal personale ferroviario, un tagliando con la scritta in italiano e tedesco: «vale per circolare dalla stazione
ferroviaria all’abitazione (o albergo) fino
alle ore... (per poco più di un’ora)». Diversi colori per i lasciapassare: bianco
(valido dalle 21 alle 23), rosso (fino alle
24) e verde valido fino alle 2».
5
RIVISTA DEGLI STENOGRAFI
È tempo di
ristrettezze, si fa
la spesa con la
tessera annonaria,
ci si arrangia con
«gli orti di
guerra». E anche
Piazza del Duomo,
a Milano, diventa
un campo da
coltivare
6
con l’illusione di porre un po’ d’ordine
nel settore, finirà per diventare uno dei
tanti organi di polizia della RSI); è annunciata anche la socializzazione delle
aziende; si precisa che le requisizioni di
alloggi a favore dei sinistrati non costituiscono sublocazione, ma sospensione
del contratto di affitto.
Sempre più complessa la distribuzione dei viveri: diversi i tipi di tessera per i
vari prodotti; date di prenotazioni da effettuare secondo le lettere dell’alfabeto
del titolare e altrettanto per i prelievi;
sfogliando i giornali dell’epoca torna
alla mente quanto era difficile anche procurarsi il minimo indispensabile per sopravvivere.
I
l 18 gennaio ammaina la bandiera,
dopo 22 anni, «L’Ambrosiano», il primo quotidiano di Milano ad aver ospitato una intera pagina di fotografie; il primo ad adottare il formato tabloid. Cede
il posto a «La Repubblica Fascista» diretto dalla Medaglia d’Oro Carlo Borsani, cieco di guerra. Nel suo articolo di
fondo, il 23 gennaio, dal titolo «L’ora
dello spirito», Borsani scrive: «Alziamo
una bandiera antica come la stirpe, nuova come l’avvenire che sul deserto dell’avventura e del disonore porta nel suo
palpito auspici di redenzione».
Difficile circolare in bicicletta: occorre uno speciale permesso, dapprima
soltanto per le ore di oscuramento, ma
dal 10 febbraio anche di giorno.
Cambiano i nomi delle vie: il «Principe Umberto» lascia il posto ad «Albania», a ricordo dei 27.000 soldati italiani
morti e sepolti nelle montagne albanesi,
nella guerra contro la Grecia, e piazza
Albania diventa piazza Tirana. Nel dopo
guerra scompariranno la via Albania e il
ricordo dei 27.000 soldati italiani, per lasciare il posto a Filippo Turati.
Il 19 gennaio Salvatore Riccobono e
Ugo Ojetti sono nominati vicepresidenti
dell’Accademia d’Italia. Presidente era
Giovanni Gentile, che sarà assassinato a
metà marzo.
Alcuni ristoranti vengono sospesi
dall’esercizio «per accertate infrazioni
annonarie» (spesso nei giorni in cui era
vietata la somministrazione di carne,
questa veniva nascosta sotto le verdure)
e cinque agricoltori arrestati per sottrazione di latte al consumo. Ma intanto
c’è anche chi si arrangia per ricostituirsi un minimo di stoviglie: una signora
(?) è fermata in piazza Duomo perché
«rubava le tazzine nel bar», cioè, bevuta la cioccolata (autarchica) faceva
finire la tazza (di Alemagna) nella sua
borsa.
I
l 26 gennaio Piero Parini assume la carica di Capo della Provincia, subentrando al prefetto Oscar Uccelli, chiamato al Ministero.
Si è appena commemorato Aldo Resega, nel trigesimo dell’assassinio, ed
ecco la notizia di una nuova vittima: a
Bologna è la volta del Commissario federale Eugenio Facchini.
Contestato l’orario di erogazione del
gas: dalle 7.15 alle 7.45; dalle 10.45 alle
13 e dalle 18.15 alle 19.30, mentre dal
1° febbraio saranno adottati criteri più
restrittivi per i supplementi di generi alimentari per gli ammalati.
Vengono deferiti al Tribunale Speciale quattro generali e cinque ammiragli, fra i quali Campioni e Mascherpa
che verranno più tardi condannati a morte e fucilati.
L’esecuzione sul posto dei ciclisti e
pedoni sorpresi in possesso di armi non
autorizzate, già annunciata il 5 gennaio
dalla Questura di Milano, a fine mese diventa un «bando del Ministero dell’Interno».
Il gennaio si chiude con un discorso
del Duce ai comandanti militari regionali: «Imperativo categorico: ritornare al
combattimento, passare dallo stato di
guerra-martirio, che l’Italia oggi soffre
attraverso la distruzione delle sue città
grandi e minori, allo stato di guerra guerreggiata».
Sul prossimo numero: le prime
«veline» inviate a Mussolini a cominciare dal gennaio 1944
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e la registrazione su qualsiasi tipo di supporto
concellabile o permanente, senza la preventiva
autorizzazione della Direzione della Rivista.
Insomma
San
Cassiano
patrono degli scrittori e degli stenografi
era di Tangeri o di Imola?
enerdì 7 dicembre u.s. nello spazio di un’ora e cinquantaquattro
minuti (dalle 9.52 alle 11.46), s’è incrociato, via internet, un mirato fuoco di
fila di notizie in uno scambio di corrispondenze tra l’Italia (Gian Paolo Trivulzio), gli Stati Uniti (Bill Parsons *) e
la Svizzera (Mauro Panzera e Gabrielle
Fasnacht), che hanno così formato un
composito quadro di rilevanti contenuti
storici.
Siamo così abituati alla velocità che
non facciamo nemmeno più caso ai «miracoli» della moderna tecnologia. Ma, a
pensarci, si rimane sbalorditi davanti
alle stupefacenti ed infinite possibilità
che offre l’utilizzo della Rete. I testi qui
riportati, nati da una curiosità di Bill
Parsons, sono il contributo di un concorso di conoscenze storiche, tese a delineare e ad approfondire la figura di San
Cassiano, patrono degli stenografi. In
non lontani tempi sarebbero occorse settimane per coordinare un simile lavoro.
I vari interventi, che pubblichiamo
secondo la loro reale successione cronologica, sono stati solo parzialmente
adattati alle necessità della Rivista. A
fare opera di attenta revisione, cucitura
e riduzione è stata la nostra stenografapoetessa Anna Maria Trombetti, la quale propone anche un suo ulteriore contributo, con un’intensa versione poetica,
alata preghiera di mistico e sincero afflato lirico. A mo’ di commento, Gian
Paolo Trivulzio ha giustamente annotato: «Una scintilla, nata duemila anni fa,
ritorna in Italia tramite l’America e la
lingua inglese, diventando poesia di alto
valore linguistico e religioso...».
In margine alla questione trattata, va
fatta, inoltre, una non inutile annotazione, che qui vale come personale e modesto contributo «fra cotanto senno».
L’equivoco di San Cassiano, santo
conteso tra Tangeri e Imola, sarebbe
nato da una imprecisione di Pietro de
Natalibus (non nuovo peraltro alle imprecisioni). Nel suo «Catalogus Sanctorum» (1369-1372) confonde Cassiano di
Tangeri (celebrato il 3 dicembre) con il
martire omonimo venerato a Imola (celebrato il 13 agosto), affermando romanzescamente che il corpo di Cassiano, sepolto a Tangeri, sarebbe stato portato dopo qualche tempo nella città romagnola. Si tratta d’una affermazione
fantasiosa, che non poggia su nessuna
prova storica. Ma è valsa comunque ad
alimentare in alcuni la non verificata
certezza che Cassiano di Imola non fosse
altri che Cassiano di Tangeri, traslato
poi ad Imola. Ma l’uno e l’altro, anche
se la ricostruzione storica si fa spesso
nebulosa, rimangono, a parer nostro,
due Santi separati e distinti. Conclusione alla quale è giunto anche Gian Paolo
Trivulzio.
* Bill Parsons è un resocontista giudiziario del
Superior Court (Tribunale) del Connecticut. Vive
a Meriden, Connecticut e per 43 anni si è occupato di resocontazione giudiziaria. Ha iniziato ad
interessarsi alla resocontazione giudiziaria, come
impiegato nel servizio legale della Marina degli
Stati uniti e successivamente studiò per diventare
resocontista con la stenotipia. Bill Parsons è
venuto a conoscenza del quasi sconosciuto santo
patrono degli stenografi, attraverso il forum dei
resocontisti degli Stati Uniti. Ha pensato che
fosse magnifico che gli stenografi avessero un
loro patrono, ed ha iniziato a scambiare informazioni con altri colleghi, contattando successivamente Padre Nadolny (decano della chiesa cattolica di San Stanislao a Meridien, dove guida la
comunità ed è direttore della scuola parrocchiale). Al reverendo ha chiesto di preparare una
immaginetta (vedi pagina 8) di San Cassiano da
Tangeri, in collaborazione con l’artista Joe Roy,
il quale ha anche scritto la poesia in inglese che
riportiamo più avanti.
Martirio
di San Cassiano,
quadro di
Pietro Tedeschi
nella Cattedrale
di Imola
RIVISTA DEGLI STENOGRAFI
V
7
L’argomento, ovviamente, rimane
aperto all’apporto di ulteriori aggiornamenti.
Un’ultima precisazione: dove, più
avanti, nelle corrispondenze da noi riportate, si parla di «San» Prudenzio, va
in realtà chiarito che Prudenzio , nato in
Spagna nel 348, fu «solo» un poeta, anzi
il massimo poeta latino cristiano dell’epoca, autore di opere in difesa delle fede
(«Apotheosis») e di canti in lode di Dio
(«Cathemerinon liber», di uso liturgico
giornaliero). Tra altre opere, tutte di carattere religioso o ispirate alle Scritture
o allegorico-morali, scrisse un ciclo di
quattordici carmi in onore dei martiri
cristiani («Peristephanon liber», Il libro
delle Corone), uno dei quali (IX) è appunto dedicato a Cassiano.
(Paolo A. Paganini)
ECCO I MESSAGGI SCAMBIATI VIA INTERNET
TRA USA, ITALIA E SVIZZERA
(Le traduzioni dall’inglese sono di Madina Abati Verrengia)
D
ear Folks at InterSteno:mmmmmmm
For the first-time ever stenographers
all over the world have their first saint’s card
for St. Cassian of Tangiers, patron saint of
court reporters.
A court reporter, priest and artist/poet have
worked together to produce the first-ever
saint’s card of St. Cassian of Tangiers for
the profession of court reporting.
The saint’s card contains a drawn picture of
St. Cassian of Tangiers writing shorthand
before a Greek Temple.
On the reverse side of the card is the following prayer/blessing for court reporters:
St. Cassian of Tangiers
Patron Saint of Court Reporters
Bless the hands
and the skills of
those who record
with accuracy the facts
of the spoken word.
They assure that honor
and justice prevail,
performing their duties
with a devotion
that never fails.
What greater mission
on earth than to engage
in a duty to record
the word of truth
on history’s every page?
RIVISTA DEGLI STENOGRAFI
Would InterSteno be interested in making
this saint’s card for the patron saint available
to the profession of court reporting around
the world?
Bill Parsons, American Court Reporter
8
Cari Amici dell’Intersteno,
per la prima volta tutti gli stenografi in tutto
il mondo avranno il loro primo santino di
San Cassiano da Tangeri, santo patrono dei
resocontisti.
Uno stenografo, un prete ed un artista/poeta
hanno lavorato alla produzione di questo
santino di San Cassiano da Tangeri, protettore della professione dei resocontisti.
Questo santino contiene la raffigurazione di
San Cassiano da Tangeri mentre stenografa
di fronte ad un tempio greco.
Sulla parte opposta del santino c’è la
seguente preghiera/benedizione per gli stenografi:
San Cassiano da Tangeri
Santo Patrono dei Resocontisti
Benedette siano le mani
e l’abilità di
D
ear Mr. Parsons,mmmmmmmmnnnnm
thank you very much for your info. I
have sent it out to the Board of Intersteno so
that a decision can be made.
In Italy we have San Cassiano da Imola as
protector of stenographers. There is another
San Cassiano, named San Cassiano d’Arles
(Arles as you know is an historical tow in
France) but his relics are in a small town
near Novara in Italy. Also this Saint used
shorthand. May be Saint Cassiano of
Tangiers is the same of one of these two, but
I have no sound document, so I am sending
your information to Mr. Mauro Panzera
(Switzerland) who has good connections
with the Holy See and may be he can give a
sound judgment. The same from Prof. Anna
Maria Trombetti who leaves in Rome and
also has good connections in the church’s
activity.
Thanks, congratulations for your work and
best regards
Gian Paolo Trivulzio
D
ear Mr. Trivulzio:mmmmmmmmnnnm
Thank you so very much for your
quick e-mail response.
I am going to include in this e-mail the story
of St. Cassian of Tangiers so you can see if
it is the same as one of the saint’s you mentioned.
The saint’s card picture of St. Cassian was
drawn by a renowned Catholic artist who
has done art work for churches and Catholic
publications. If you send me your mailing
address, I will send you copies of the actual
saint’s card. Then if you wanted to, you
could translate the prayer/blessing into
Italian and other languages.
Bill Parsons
l’onere di registrare
la parola della verità
su ogni singola pagina della storia?
Vorrei sapere, l’associazione Intersteno
sarebbe interessata nel rendere disponibile
a livello mondiale questi santini del Santo
Patrono alla professione dei resocontisti?
Bill Parsons, Resocontista Americano
Egr. Sig. Parsons,
La ringrazio molto per le sue informazioni.
Le ho inviate all’Associazione dell’Intersteno perché si possa prendere una decisione in merito.
In Italia noi abbiamo San Cassiano da
Imola come protettore degli stenografi.
Esiste un altro San Cassiano, chiamato San
Cassiano di Arles (Arles, come Lei sa, è una
città storica della Francia) ma le sue reliquie si trovano in una cittadina vicina a
Novara in Italia. Anche questo Santo usava
la stenografia. Forse San Cassiano da
Tangeri è lo stesso di uno di questi due, ma
non ho valide documentazioni in proposito,
per questo invierò le sue informazioni al
Sig. Mauro Panzera (Svizzera) che è in
buoni rapporti con la Santa Sede e forse può
esprimere un solido giudizio in merito.
Ugualmente riguardo alla Prof.ssa Anna
Maria Trombetti, che abita a Roma ed è
anche lei ben inserita nelle attività ecclesiastiche.
RingraziandoLa, Le invio congratulazioni
vive per il suo lavoro e i migliori saluti
Gian Paolo Trivulzio
Egr. Sig. Trivulzio
La ringrazio moltissimo per la sua pronta
risposta e-mail.
Includerò in questa e-mail la storia di San
Cassiano da Tangeri in modo che Lei possa
valutare se si tratti dello stesso di uno dei
Santi da Lei citati.
L’immagine del santino è stata disegnata da
un celebre artista cattolico che ha realizzato
lavori artistici per chiese e pubblicazioni
cattoliche. Se Lei mi vorrà inviare il Suo
indirizzo postale, Le invierò alcune copie
del santino attuale. Poi, se vorrà, potrà tradurre la preghiera/benedizione in italiano e
in altre lingue.
Bill Parsons
Per Mauro Panzera
C
ome capirai facilmente viene proposta
un’immaginetta di San Cassiano da
Tangeri, dove viene raffigurato il santo che
scrive in stenografia di fronte ad un tempio
greco. Sul retro c’è la supplica al santo, per
gli stenografi.
La rapida traduzione è più o meno la
seguente:
(La traduzione di Trivulzio è analoga a
Martirio di
San Cassiano,
Vescovo e Martire
RIVISTA DEGLI STENOGRAFI
coloro che registrano
con accuratezza i fatti
della parola detta.
Essi assicurano che l’onore
e la giustizia prevalgano,
attendendo ai loro doveri
con devozione
mai disattesa.
Quale missione è più grande
sulla terra che assumersi
9
quella riportata più sopra, tradotta a cura
della Redazione, tuttavia viene ugualmente
riproposta per la sua ottima qualità)
Benedici le mani
e le abilità di
coloro che stenografano
con precisione i fatti
delle parole pronunciate.
Esse assicurano che l’onore
A Mr. Parsons
La chiesa
di S. Cassiano
a Imola
T
hank you for your additional information. I have made a quick research in the
list of Saints and in fact your Saint is different from Sant Cassiano da Imola, whose
feastday is the 13th of August. Their history
are different since San Cassiano da Imola
was a teacher of shorthand and was killed by
his students with stylus. (May be there is a
foresight of modern age). According to my
historical record, it was San Cassiano da
Imola who was proclamed protector of stenographers from Pius XII, but may be
something has changed in the meantime.
In any case it is better to have one saint
more, we need help in these days.
I will appreciate you sending me one of this
card, to my address
Via Caldera, 126, 20153 Milano (Italy).
I will eventually put this image and translations into our Web-side if you do not mind.
Friendly regards
Gian Paolo Trivulzio
e la giustizia prevalgano,
svolgendo i loro compiti
con devozione
che non viene mai meno.
Quale missione più grande
al mondo di impegnarsi
nel compito di registrare
la parola della verità
in ogni pagina della storia?
Gian Paolo Trivulzio
Al Sig. Parsons
La ringrazio per le Sue ulteriori informazioni. Ho fatto una veloce ricerca nella lista dei
Santi ed effettivamente il vostro Santo è differente da San Cassiano da Imola, la cui
festa cade il 13 Agosto. Anche le loro storie
sono differenti poiché San Cassiano da
Imola era un insegnante di stenografia e fu
ucciso dai suoi studenti con gli stili. (Forse
si tratta di una premonizione dei tempi
moderni). In conformità con la mia documentazione storica, fu San Cassiano da
Imola ad essere proclamato protettore degli
stenografi da Pio XII (il 23 dicembre 1952,
N.d.R.), ma forse qualcosa è cambiato nel
frattempo.
Ad ogni buon conto è miglior cosa avere un
santo in più, abbiamo bisogno di aiuto di
questi tempi.
Gradirei molto se Lei volesse inviarmi uno
di questi santini al mio indirizzo
Via Caldera, 126, 20153 Milano (Italia)
Eventualmente inserirò questa immagine e
la traduzione nel sito Web se Lei non ha
nulla in contrario.
Affettuosi saluti
Gian Paolo Trivulzio
Per gli italiani
N
RIVISTA DEGLI STENOGRAFI
on si tratta dello stesso santo in quanto San Cassiano da Imola è celebrato
il 13 di agosto e le loro storie sono differenti. Ho ovviamente citato che San Cassiano è
stato un precursore dei molti martiri di insegnanti uccisi dai loro allievi.
Vi do la traduzione interlineare del testo
seguente
10
St. Cassian of Tangiers
San Cassiano da Tangeri
Patron Saint of Court Reporters
Santo protettore dei resocontisti
Death: Year 298 Feastday: December 3rd
Morto nel 298 - si celebra la festa il 3
dicembre
St. Cassian is a martyr mentioned in a hymn
by St. Prudentius, also called Cassian of
Tangiers.
San Cassiano è un martire citato in un inno
di San Prudenzio, ed è anche detto Cassiano
da Tangeri.
He was a court recorder at the trial of St.
Marcellus, the Centurian.
Era resocontista di tribunale al processo di
San Marcello, il Centurione.
Aurelius Agricola, deputy prefect in the
Roman province in North Africa, conducted
the trial.
Aurelio Agricola, prefetto deputato nella
provincia Romana del Nord Africa, presiedeva il giudizio.
When the death penalty was imposed on St.
Marcellus, Cassian threw down his pen and
declared that he was a Christian.
Quando fu decisa la condanna a morte di
San Marcello, Cassiano depose la penna e
dichiarò di essere cristiano.
He was arrested immediately and put to
death. Cassian is patron saint of modern stenographers.
Egli fu immediatamente arrestato e messo a
morte. Cassiano è il santo patrono degli stenografi moderni.
© 2000, Catholic Online. All rights reserved
L’affermazione finale è giusta, ma il Santo,
a mio giudizio, non è quello. Ma attendiamo
notizie... dall’Alto. Semmai aiuteremo i confratelli americani a rettificare la notizia.
Nello stesso errore è incorso anche qualcun
altro - potete controllare l’elenco dei Santi
nel seguente link:
http://www.trivulzio.com/santo.htm
(senza alcuna mia responsabilità né di mio
fratello Alberto che ha queste informazioni
sul suo sito).
Gian Paolo Trivulzio
Un ulteriore contributo storico
di Gabrielle Fasnacht
maestro, gli altri conficcandogli gli stili
scrittorii nelle viscere o servendosene per
incidere sulla sua pelle caratteri insanguinati. Cassiano spirò dopo questo lungo e
doloroso supplizio.
Triste storia! Ma ecco il mio contributo alla
riconoscenza degli stenografi lungo i secoli.
Fortuna che, fisicamente, noi non abbiamo
dovuto subire trattamenti di questo genere
da parte dei nostri scolari!
Coi miei più cordiali saluti
Gabrielle Fasnacht
D
ans son Histoire Générale de la
Sténographie, Albert Navarre (édition
de 1909) cite Saint Cassien, patron des sténographes qui subit le martyre au IVe siècle.
Une peinture le représente dans la basilique
d’Imola, au-dessus de son tombeau.
Cassien, maître d’école à Imola, enseignait
les notes. Après avoir été sacré évêque, il fut
chassé par les fidèles; il se retira à Rome,
puis à Imola où il ouvrit une école publique.
Sa sévérité avait irrité et révolté contre lui
ses élèves, lorsqu’il fut arrêté comme chrétien. Le juge le condamna à un supplice d’un
genre nouveau et abandonna Cassien à ses
écoliers, nu, les mains liées, les autorisant à
le tourmenter jusqu’à la mort. Chacun épuisa sur lui sa rancune et sa méchanceté, les
uns brisant leurs tablettes sur le front du
vieux maître, les autres lui enfonçant leur
stylet à écrire dans les entrailles, ou s’en servant pour sillonner sa peau de caractères
sanglants. Cassien expira après ce long et
douloureux supplice.
Triste histoire !
Mais voilà ma contribution à la reconnaissance des sténographes tout au long des siècles. Heureusement que, physiquement,
nous n’avons pas eu à subir de tels traitements de la part de nos élèves !
Avec mes bien cordiaux messages.
Gabrielle Fasnacht
——————
Nella sua Storia Generale della Stenografia,
Albert Navarre (ed. del 1909) cita S.
Cassiano, Patrono degli Stenografi, che subì
il martirio nel IV secolo. Una pittura lo rappresenta nella Basilica di Imola, al di sotto
della sua sepoltura.
Cassiano, maestro di scuola ad Imola, insegnava le Note. Dopo essere stato consacrato
Vescovo, egli fu cacciato dai fedeli e si ritirò
a Roma, poi ad Imola dove aprì una scuola
pubblica. La sua severità aveva irritato e
rivoltato contro di lui gli allievi, quando egli
fu arrestato come cristiano.
Il giudice lo condannò ad un supplizio di
genere nuovo e abbandonò Cassiano ai suoi
scolari, nudo e con le braccia legate, autorizzando quelli a torturarlo fino alla morte.
Ciascuno riversò su di lui tutto il proprio
rancore e la propria cattiveria, gli uni spezzando le tavolette sulla fronte del vecchio
I San Cassiano trovati in Internet
La ricerca ha evidenziato 7 Links:
1. San Cassiano Abate di San Saba,
20 luglio
2. San Cassiano di Imola,
Martire, 13 agosto
3. San Cassiano di Novellara,
Vescovo e martire, 4 maggio
4. San Cassiano di Tangeri,
Martire, 3 dicembre
5. San Cassiano di Todi,
Vescovo e martire, 13 agosto - Comune
6. Beato Cassiano Lopez-Netto,
Martire, 7 agosto
7. San Giovanni Cassiano, 23 luglio
Preghiera degli Stenografi
Versione poetica di Anna Maria Trombetti
1. O nostro protettore San Cassiano,
2. che l’Arte stenografica e i suoi fasti
3. avevi in somma cura e ci ispirasti
4. a far tesoro della nostra mano,
5. rendici degni della professione
6. che più d’ogni altra pone in sintonia
7. celerità scrittoria e trilogia
8. d’ «amore al vero – serietà – passione».
9. Fa’ che nei segni resa sia giustizia
10. completa alla parola pronunciata,
11. che questa sia raccolta, venerata,
12. serbata come autentica primizia.
13. Concedi che altre pagine di Storia
14. s’aggiungano alle Note millenarie
15. degli Stenografi, contro la barbarie
16. dell’incultura… A Tua Perpetua Gloria!
Un’altra
riproduzione
di San Cassiano,
Vescovo e
Martire
L’ORGOGLIO STENOGRAFICO DI AVERE COME PATRONO
IL MARTIRE SAN CASSIANO DA IMOLA
... Anche i nostri insegnanti hanno dovuto subire lo sterminio programmatico di una classe intera
di docenti, condannati a sparire senza processo nell’anno 1996…
di Anna Maria Trombetti
L
a ricerca su San Cassiano, pur ispirata dall’orgoglio agiografico di noi stenografi che vediamo,
nella figura di questo Santo-Martire del 3° secolo dell’era cristiana, impreziosito il motivo di appartenenza
alla categoria dei celeres scriptores, conduce necessariamente a riflettere sul senso profondo della «protezione» che ad ogni titolare di culto liturgico si attribuisce e si richiede.
Patrono, sinonimo di protettore, è parola latina derivante da pater, la figura riconosciuta come centrale,
per autorità e ruolo sociale, nell’antica Roma, ma che,
al di là della storia e dei pur vasti confini dell’impero,
riassumeva in sé i valori più elevati dal punto di vista
civile e sacrale, dei popoli evoluti di tutto il mondo.
Ovunque, questa parola è stata e continua ad essere recepita nella sua accezione di capacità generativa non
soltanto fisica, ma legata a funzioni e comportamenti di altissimo e
diffuso rispetto. Tra questi, il ruolo
di guida, di sostegno, e di riferimento, elementi fondamentali per
ogni cammino umano che inizia e
per ogni crescita spirituale a questo
collegata.
Dio è colui che, nella tradizione ebraico-cristiana, ha avocato a
sé, nel senso più influente ed esteso, il Nome di «Padre» divenuto,
per i fedeli, sinonimo stesso di
concreta, provvida ed amorosa
presenza nel passaggio terreno
verso il Cielo (Cielo come contemplazione eterna del Volto di
Dio scoperto già nella dimensione
temporale e fatto motivo di felicità esistenziale sopra
ogni cosa).
Chi è, dunque, il Santo, se non uno di quei figli
cresciuti nell’abbondanza dei doni ricevuti dal loro Signore, e che dimostrano, lungo i secoli, come, di questi beni, possa pienamente sostanziarsi la vita di ciascuno? La più bella, a mio avviso, definizione di santità è stata data da Blaise Pascal (Pensieri): «Il Santo è
colui al quale Dio solo basta».
Si inserisce, San Cassiano, in questa pura e vera visione di santità? Sì, alla luce non soltanto del suo cruento
martirio (circa il quale le notizie sono incerte), ma di
quella intuibile, quotidiana dedizione alle virtù, che il
suo insegnamento comportava. Il valore religioso degli
esercizi scrittori, silenziosi e solitari – attestatomi a scuola dall’esperienza diretta, ma anche da qualche confidenza di genitori che avevano osservato il mutamento dei
loro figlioli passati da un’indolente svagatezza ad un atteggiamento meditativo consapevole e dagli esiti quanto
mai positivi – non può essere sfuggito a colui che conosceva bene le possibilità della mano di procurare all’intera persona il nutrimento psichico e culturale necessario
per il suo sviluppo. Per un Dio senza mani, affidarsi a
quelle del maestro Cassiano deve essere stato un investimento prezioso, al di là della manifestazione d’ingratitudine offerta dall’ultima generazione di scolari che, secondo la leggenda, trafissero con gli stili il loro vecchio
docente determinandone, però, anche l’ufficiale inserimento nel martirologio. Se, diceva Tertulliano, il sangue
dei martiri è seme di cristiani, il sacrificio della vita dell’antico stenografo ha marcato di un connotato indelebile
la professione dei suoi discendenti: professione elevata,
di estremo rigore morale in ogni sua applicazione, e dai
tangibili, utilissimi risultati. Non
sempre capìta, anzi avversata nell’ambito stesso dell’istituzione scolastica ufficiale che non ha ancora
fatto ammenda dello sterminio programmatico di una classe intera di
docenti condannati a sparire senza
processo nell’anno 1996…
Avere come Santo Protettore
San Cassiano non è come procurarsi un distintivo di facciata: significa
aumentare l’orgoglio di portare
avanti, nell’epoca delle tecnologie
sempre più perfezionate, un qualificato servizio alla parola, aprendosi
a tutte le possibilità di aumentarne
la resa e la diffusione. I verbalizzatori alle udienze tribunalizie o i resocontisti alle pubbliche assemblee, gli addetti alla registrazione di qualsivoglia intervento orale nell’ambito
della convegnistica, tutti gli operatori impegnati in diverso modo nella ripresa del parlato, e chiunque altro si
riconosca nel ruolo di moderno stenografo, troveranno,
nella storia di San Cassiano da Imola «la dimostrazione
che, quando si vuole, si può veramente comunicare con
i mezzi moderni». Sono le parole di G. P. Trivulzio, ottimo commento alle iniziative che, da Europa e Stati Uniti d’America, vanno coordinandosi per dare maggiore
plasticità storica alla figura del nostro Patrono e ricavare, da essa, le indicazioni per le linee di una professione
continuamente al passo con i tempi.
(Nell’illustrazione: San Cassiano con gli allievi, affresco
di Giovanni Passoni, chiesa parrocchiale di Breccia,
Diocesi di Como)
romani contavano gli anni partendo
ab urbe condita e la tradizione fissa
l’anno di nascita al 21 aprile del 753
avanti Cristo. Noi, dell’età volgare, cosa
possiamo dire di preciso sulla nascita del
computer? Può cominciare la sua storia
nel 1623 con l’invenzione della prima
calcolatrice meccanica, o nel 1939 con la
sperimentazione per accelerare le capacità di calcolo dei primi computer? Tuttavia è l’invenzione del circuito integrato
che apre la strada al microprocessore che
permette di costruire computer capaci di
velocità, potenza e precisione.
Ma dal convegno, che si è tenuto il 19
gennaio scorso alla Società Umanitaria
di Milano, indetto dal Pen Club Italiano,
sul tema “La scrittura nell’età del computer”, sembra proprio che ormai il computer abbia un’età adulta tanto da avere
il sopravvento su qualsiasi altra scrittura,
sia con la macchina per scrivere o a
mano, sia in senso letterario che giornalistico.
Per quanto riguarda la scrittura, la
giornalista e scrittrice Isabella Bossi Fedrigotti ritiene il computer un miracolo,
in negativo o in positivo. “Ah, le correzioni sul foglio dattiloscritto. Il computer mi ha alleggerito la vita! Correggo
tranquillamente, anche coi richiami automatici, finché la frase mi diventa fluida: Ebbene, ne sono una fans”.
Per quanto si attiene al senso giornalistico Lucio Lami, giornalista e scrittore e
Presidente del Pen, si richiama anche ad
Internet, “che è diventata la banca dati
universale della quale nessuno si cura
molto di chiedersi chi abbia messo dentro
le notizie”. Internet, inoltre, “è stata capace di porre fine alla mia categoria,
quella degli inviati” e ritiene che ci siano
dei mutamenti in corso. “Questa globalizzazione derivata dal computer, da un
lato è qualcosa di splendido e miracoloso
e, dall’altro, pone dei problemi, come,
d’altra parte, tutte le scoperte scientifiche. È l’utilizzo dello strumento che è in
discussione, non il suo progresso. Adesso
la scienza offre mezzi meravigliosi...”. E
ha citato un aneddoto che lo coinvolse in
Afghanistan, quando dovette fare 700
chilometri a piedi e scrivere il pezzo
dopo 40 giorni. “Sarei stato un uomo che
camminava sulle nuvole se avessi avuto a
disposizione il satellitare”.
Internet
banca universale di dati,
ma chi ne controlla i contenuti?
Il filosofo Carlo Sini ha accennato al
fatto che discussioni non dissimili possono essere accadute in tempo remoto,
nei popoli che instaurarono la scrittura,
ovvero l’innovazione di una cultura
scritta. Ma se il supporto elettronico,
come tutte le innovazioni, potrà modificare anche le nostre anime “non si deve
pensare che venga meno l’originalità
della mente umana semplicemente perché noi disporremo di una massa di
informazioni”.
Che il computer modifichi la scrittura
lo afferma lo scrittore e giornalista Armando Torno, dicendo che non si può
avere lo stesso ritmo di fronte alla carta
bianca o allo schermo bianco. “Io dico
che ogni epoca ha il suo tipo di scrittura
per poter comunicare”. Ogni epoca esibisce il massimo delle possibilità. E lo
sottolinea affermando che “un tempo
c’era chi si impegnava con la penna e in
seguito coloro che si applicavano con la
macchina per scrivere…” Infine una curiosità, che ha sapore di… macabro progresso: nel cimitero di una cittadina degli Stati Uniti, sulle tombe c’è il nome
senza frasi di circostanza e, accanto, un
piccolo video preparato in precedenza
dallo stesso defunto...
Ha concluso quest’incontro Maurizio
Cucchi che, nella sua veste di poeta, ha
avuto una visione globale del problema,
osservando che “L’universo è un immenso computer che si programma e si modifica da sé ”, sottolineando il fatto che
tra poeti suoi coetanei “c’è ancora una
forma di resistenza che secondo me è irrazionale, in ragione dei cambiamenti,
perché qualcosa cambia, qualcosa si
trasforma” e aggiunge: “…è chiaro che,
se il mondo muta, muta anche la percezione che ne ha il poeta”.
di FERRUCCIO
ANNIBALE
RIVISTA DEGLI STENOGRAFI
I
13
Un libro che non può mancare
nello scaffale dei cultori
del
giallo
di PAOLO
A. PAGANINI
I
l giallo italiano come nuovo romanzo sociale”, a cura di Marco Sangiorgi e Luca Telò (Longo Editore, Ravenna, 2004, pagg. 280, € 14.00), già mi
era stato annunciato dalla collega Paola
Pilotti come il risultato d’un progetto,
nato dal corso di formazione per docenti
sulla didattica della letteratura poliziesca
in Italia, organizzato dall’ISIS “Callegari-Olivetti” di Ravenna.
A quel primo annuncio si era insinuato un atteggiamento vagamente diffidente, sospettando, per troppo amore, un
abuso o un’invadenza, da parte della didattica in quanto scienza, nei confronti
di un genere vivo e appassionante come
il giallo in quanto arte.
Un freddo lavoro di laboratorio avrebbe mortificato o deluso le oneste sicurezze di un fanatico lettore di romanzi gialli?
Un manipolo di supponenti manigoldi
avrebbe compromesso un’orgogliosa autonomia faticosamente conquistata, ripiombando il genere poliziesco a un antico complesso di inferiorità nei confronti
della cosiddetta letteratura “seria”?
Sospetti inutili ed ingiusti, destinati a
crollare fin dalle prime pagine.
Il genere poliziesco occupa, in
realtà, una posizione ormai consacrata e di uguale dignità, nel campo delle lettere, primo perché, da
Simenon a Chandler, da Stout a
Le Carrè, ma anche dai nostrani
Sciascia a Fruttero&Lucentini, da
Scerbanenco a Camilleri, a Lucarelli, a Pinketts, a Carlotto, a Faletti eccetera, il “giallo”, nelle librerie, ha la stessa importanza
della saggistica o della narrativa
(con la piccola differenza che il
poliziesco vende di più!); secondo, perché si è finalmente capito
che la filigrana del genere è data
dall’ambientazione socio-politica
dove alligna il crimine e dove si
«
svolgono le indagini, e, pertanto, diventa
un documento di costume e uno spaccato
di storia locale, dalla Sicilia a Bologna, a
Milano; terzo, perché si avvale di leggi e
di regole dalle quali è impossibile derogare, proibito barare, pena la squalifica
dal genere.
Sull’aspetto sociale del giallo già
aveva trattato Carlo Oliva (“Storia sociale del giallo”, Todaro Editore, Lugano,
2003, pagg. 224, € 16.90), scritto in
stretta relazione allo sviluppo delle problematiche socioculturali degli ultimi
due secoli, nella storia della letteratura
europea e americana.
Non è dunque una novità addentrarsi
in questa nuova prospettiva critica. La
vera novità, appena ricevuto e sfogliato
(avidamente) il libro ora in questione, a
cura di Sangiorgi e Telò, è che il sociale
non è più un’ipotesi, un accessorio, un
optional rispetto allo specifico del mistery (la trama, la suspence, la costruzione logica delle indagini, la liberatoria catarsi finale con la punizione del colpevole, che, a volte, può esser addirittura morale, vedasi Simenon).
La domanda accademica, se il giallo
può anche essere un romanzo sociale,
non è più una tesi da dimostrare. Il giallo
è anche legittimato come romanzo sociale. Ed è vera letteratura, partecipando
con essa al fine ultimo di capire se stessi,
gli altri e la realtà.
Senza più nessuna diffidenza, dunque, il lettore s’impossessa della materia,
conscio di trovarsi di fronte a un sorprendente “laboratorio letterario”, il quale, senza complessi, anatomizza il genere
poliziesco italiano, smontandone gli elementi costitutivi, evidenziandone le leggi interne, svelandone le tecniche di
scrittura e di sviluppo logico, non trascurando altre strette parentele come l’enigmistica, come le scritture segrete, studiando le espressioni idiomatiche, gli
spessori psicologici dei personaggi e gli
intrinseci elementi storici (tracce e contenuti), dalla civiltà rurale a quella metropolitana, dal fascismo alla realtà contemporanea.
Si tratta, insomma, d’un libro che non
sfigura tra i classici del mistery, e che,
anzi, aiuta e conduce il lettore a una
maggiore comprensione del genere poliziesco.
MARIO SPIGOLI UN VUOTO INCOLMABILE
S
e si potesse assegnare un attestato di benemerenza alla simpatia, alla bonomia, alla capacità
conciliativa di smussare le angolose asperità che
tanto incrinano e compromettono i rapporti umani,
Mario Spigoli sarebbe stato il primo ad averne diritto. Il sorriso di Mario era di per sé un’istituzione. La
sua presenza rasserenava gli animi e
creava subito intorno a sé quel senso di
benessere, che promana istintivamente
dalle anime limpide, dai cuori generosi.
Nel nostro mezzo secolo di incontri,
Mario Spigoli, sempre pronto alla battuta intelligente, a un’ironia sorniona,
mai irrispettosa, era una contagiosa for-
za della natura, che gli faceva occupare sempre i posti d’onore nei consessi accademici (e in quelli conviviali!). Ora, lascia un posto difficilmente sostituibile. Un altro tassello di quella vecchia guardia che
sempre più viene meno, scoprendo, nel mosaico del
nostro presente e nei disegni del futuro, il vuoto
abissale in cui sta precipitando una società senza cultura, senza memoria. Tu,
Mario, per tutti noi e in quanti ti conobbero e ti vollero bene, rimarrai non immemore presenza di valori sempiterni
e, per i più giovani, un esempio da non
dimenticare.
(P.A.P.)
DA TRENTACINQUE ANNI
UNA COLONNA DELL’EUSI
abilitato all’insegnamento della dattilografia da vari decenni, ed aveva fatto
parte di varie Commissioni giudicatrici.
Era autore di libri di testo in proprio e
con altri colleghi. Aveva partecipato ai
corsi di aggiornamento, come discente, poi come
docente sempre attento, preciso e colloquiale. Aveva
sposato la causa dell’EUSI quando, sulla scia di
Mario Marchesi, era entrato prima nelle Commissioni esaminatrici, poi nei consigli direttivi, dove
per lunghi anni aveva donato la sua saggezza e la
sua lungimiranza per la risoluzione dei vari problemi.
Aveva una profonda conoscenza della stenografia Meschini, mentre la moglie Elena, già preside ed
ispettrice centrale, aveva studiato il sistema Gabelsberger-Noe che prediligeva. Eclettico, multiforme,
artista, sapeva farsi amare da tutti, e soprattutto
amava tutti. In questi ultimi tempi, facile alla commozione, ci eravamo scambiati gli auguri per propiziare – ahimè – l’anno nuovo!
Il tratto saliente della sua opera e del suo carattere era costituito dai Campionati nazionali EUSI, con
cui aveva collaborato da oltre trentacinque anni,
gradualmente assumendosi responsabilità ed oneri e
riuscendo sempre a risolvere i problemi portando i
Campionati stessi a sempre rinnovati successi, fornendo una configurazione organizzativa di assoluta
eccellenza, indipendentemente dalla sede prescelta.
Chi ha proseguito nella sua opera ha trovato gli elementi fondamentali su cui costruire le nuove edizioni agonistiche. Mario Spigoli era anche questo: un
modesto ma preciso organizzatore, appassionato ma
disinteressato, oculato ma ricco di idee. Noi lo ricordiamo per tutto quello che ha fatto e soprattutto
per la sua elegante modestia.
S
ono frastornato dalla notizia ed
ancora non so ammettere che Mario Spigoli ci abbia lasciato. Quanto è dura la condizione umana secondo cui l’uomo nasce per vivere, possibilmente prosperare. E poi, deve lasciare
tutti e tutto. È, soprattutto, nel distacco che si manifesta il grande dolore che lacera tutto l’interno di
noi stessi.
Mario aveva superato il 15 settembre scorso 85
anni. Negli ultimi anni aveva subìto vari infortuni,
con operazioni medico-chirurgiche. Con la solita
bonomia accettava tutto con serenità pur di non angustiare la famiglia, alla quale era attaccatissimo.
Gran lavoratore, tecnico impareggiabile, aveva sempre dotato le sue relazioni tecniche di una assoluta
consapevolezza critica, accoppiata ad una lucidità
espressiva e di linguaggio. Proveniva dall’industria
aerea, poi, dopo le vicende belliche, dovette riciclarsi scoprendo un nuovo mondo, quello dei giovani,
che l’appassionò entusiasticamente, ed al quale, anche dopo il collocamento a riposo, continuava ad offrire consigli ed utili insegnamenti, nonostante le
grandi trasformazioni tecnologiche. Nel frenetico
alternarsi di normative e di cambiamenti scolastici,
egli si era guadagnato l’apprezzamento dei funzionari ministeriali, perché sapeva trovare ed indicare
sempre la linea idonea da seguire.
Durante la Seconda guerra, addetto agli stabilimenti aeronavali militari, si adoperò attivamente per
salvarli dai tedeschi, militando nelle brigate partigiane dei «cristiano sociali» con il senatore prof.
Adriano Ossicini, cui si legò con affetto. Mario era
un vecchio geometra, iscritto al Collegio provinciale di Roma. Recentemente gli era stata attribuita una
medaglia per i 50 anni di professione, quale consulente tecnico nelle aule della Giustizia civile. Era
Angelo Quitadamo
(presidente dell’EUSI)
NOTIZIE z INFORMAZIONI z APPUNTAMENTI z NOTIZIE z INFORMAZIONI z APPUNTAMENTI z NOTIZIE z INFORMAZIONI z APPUNTAMENTIn
Il Vaticano aprirà anche gli archivi
segreti riguardanti Pio XII
A
partire dagli inizi del 2006 gli studiosi potranno consultare i documenti dell’Archivio Segreto del Vaticano
riguardanti l’intero periodo del pontificato di Pio XI, che vanno dal 1922 al 1939.
La notizia è stata confermata da autorevoli fonti vaticane, le quali hanno precisato che la data di apertura esatta sarà
resa nota nel prossimo autunno. Questa
nuova disposizione sarà possibile grazie
alla volontà di Giovanni Paolo II, il quale
ha poi intenzione di accelerare la messa a
disposizione degli storici delle fonti documentarie vaticano-tedesche relative al
periodo della seconda guerra mondiale,
sotto il pontificato di Pio XII, il quale, i
mesi scorsi, è stato al centro di accese polemiche circa un suo presunto atteggiamento antisemita. Ad oggi la consultazione delle fonti degli archivi vaticani è ferma al 1922, termine del pontificato di
Benedetto XV. (AdnKronos)
Le novanta primavere
dell’ermetico Parronchi
I
l poeta fiorentino Alessandro Parronchi, che ha compiuto novant’anni il 26
dicembre scorso, annuncia l’uscita di un
libro di versi, edito da Interlinea, a cui ha
voluto dare un titolo significativo e simbolico: “Poesie dei 90”. Parronchi, insieme al coetaneo Mario Luzi, è l’ultimo testimone della stagione storica dell’Ermetismo fiorentino. “Da giovane non ho mai
pensato di arrivare a 90 anni. Ora sono
lieto di aver tagliato questo traguardo”,
confessa Parronchi, che non esita tuttavia
a definirsi “un sopravvissuto”. “La mia
mente è lucida, mi sento bene, sono capace di orientarmi nello spazio e nel tempo.
Qualche problema me lo dà il fisico, ma
nel complesso non posso lamentarmi”.
L’ultima opera di Alessandro Parronchi,
“Un tacito mistero”, ovvero il suo carteggio con Vittorio Sereni, è stata da poco
pubblicata da Feltrinelli.
Tecnica digitale per scoprire quadri falsi
U
na nuova tecnica digitale sarà in grado di stabilire se un
quadro è autentico, se si tratta di un falso, se è opera della stessa mano oppure se altri sono intervenuti sulla tela. Messo
a punto al Dartmouth College di Hanover, negli Stati Uniti, il
programma è basato su un sistema digitale che evidenzia in formato tridimensionale le principali caratteristiche della tela,
come la luce e il colore. Un team del College americano, riporta la rivista “The new Scientist”, ha comparato con la camera
digitale alcune tele del pittore fiammingo Peter Bruegel con altre non attribuibili a lui, e la “Madonna con bambino” del Perugino, che alcuni critici ritengono non sia stata interamente dipinta dall’artista, ma che vi abbiano contribuito altri pittori della sua cerchia, incluso Raffaello. Il computer ha evidenziato
che tre delle sei teste della tela sono state realizzate dalla stessa
mano, probabilmente quella del Perugino, mentre le altre sono
opera di tre artisti diversi.
Prezzo record
per un manoscritto
di Verlaine
Peter Pan, il bambino
che non voleva crescere,
avrà un seguito
i è svolta a Parigi
una delle aste letterarie più combattute
da alcuni decenni a
questa parte: in ballo
c’era un manoscritto di
32 componimenti poetici del poeta Paul Verlaine (1844-1896), in
gran parte inediti o con
versioni differenti rispetto a quelle finora
conosciute. La raccolta
in versi autografi del
“poeta maledetto”, disposta su 69 pagine di
piccolo formato, è stata battuta ad un’asta di
Sotheby’s a Parigi per
300.000 euro. Per l’aggiudicazione del lotto,
che partiva da una stima di 150.000 euro, si
è presentata una folla
di acquirenti, collezionisti e mercanti di antiquariato. Alla fine di
un’accesa gara al rialzo, un collezionista
privato è riuscito a portarsi a casa il manoscritto per 299.200
euro, il doppio del
prezzo stimato.
’ospedale Great Ormond Street di
Londra, che detiene i diritti mondiali sulla celebre favola, ha annunciato infatti di rivelare nel corso del 2005
il nome del romanziere che scriverà la
seconda parte della storia. L’iniziativa
è stata resa nota in occasione delle celebrazioni londinesi per festeggiare i
cento anni di Peter Pan, il bambino volante creato dalla fantasia dello scrittore inglese James Matthew Barrie
(1860-1937). Peter Pan fece infatti il
suo debutto il 27 dicembre 1904 durante uno spettacolo teatrale al Duke
of York di Londra. Barrie pubblicò in
volume la storia di Peter Pan solo nel
1911 e nel 1953 Walt Disney realizzò
la famosissima versione animata. L’ospedale pediatrico di Londra, che da
settant’anni riceve i diritti di ogni versione cinematografica, teatrale e letteraria di Peter Pan che si pubblica nel
mondo, ha chiesto ad alcuni scrittori
di fama di realizzare “Peter Pan 2”,
con l’obiettivo di far arrivare il libro
nei negozi per il Natale 2005. Anche
in questo caso i diritti serviranno per
scopi sanitari, in particolare per realizzare un nuovo centro medico per bambini a Londra. Tra i diversi nomi che
circolano per scrivere la seconda parte
della storia del bambino che non voleva diventare adulto, figurerebbe anche
la scrittrice scozzese, Joanne K. Rowling, la creatrice delle avventure del
maghetto Harry Potter. (AdnKronos)
S
L
A disposizione dei non vedenti
5600 opere in 37 lingue
Il cristianesimo senza ombre
di Francesco Petrarca
a Biblioteca Digitale IntraText
(www.intratext.com) ha attivato
una nuova funzione che permette di ridurre ulteriormente le barriere elettroniche per i non vedenti. Grazie a questo
aggiornamento della tecnologia IntraText, gli utenti che utilizzano la barra
braille e il sistema di lettura vocale potranno leggere le oltre 5600 opere in 37
lingue, presenti nella biblioteca. IntraText è un’idea progettuale dell’azienda
romana Eulogos. Alla base del progetto
è l’ipertestualizzazione lessicale e il
collegamento testo-concordanze che
consentono di leggere un testo come un
ipertesto. La biblioteca è affiliata all’Associazione Italiana Biblioteche. I
Cataloghi sono impostati rispettando
l’intenzione multilinguistica del progetto stesso e consentono di navigare
tra autori, opere, schede delle opere e
indici per lingua in modo rapido e continuo. In evidenza sono le raccolte
(Collections) relative alle cinque aree
tematiche dei documenti (Religiosa,
Latina, Italiana, Scientifica e Varia), i
cataloghi multilingue (Catalogues), la
sezione Opera Omnia e la sezione
Download. Tra le raccolte di documenti più ricche, segnaliamo la “Bibliotheca Religiosa IntraText” (BRI) e le sezioni Latina e Italiana.
l poeta Francesco Petrarca (Arezzo 1304 – Arquà 1374)
non è stato solo il sommo lirico, il cantore di Laura che fa
musica dei suoi sentimenti. È stato anche un “cattolico” a
tutti gli effetti, che ha vissuto una fede profonda. È pertanto
sbagliato e fuorviante sostenere che Petrarca fu meno credente di Dante Alighieri. È quanto afferma il padre gesuita
Pietro Millefiorini nell’articolo “Francesco Petrarca tra Medioevo e modernità”, sulla rivista “Civiltà Cattolica”, numero
di dicembre 2004. Per il periodico della Compagnia di Gesù,
l’occasione del settimo centenario della nascita di Petrarca
può essere un’occasione per rivalutare l’autore del “Canzoniere” non soltanto come grande lirico, ma anche come iniziatore di una nuova cultura cristianamente ispirata. E può
anche essere l’occasione per spazzar via alcuni giudizi divulgati dai manuali scolastici di letteratura, secondo i quali il
sentimento religioso petrarchesco non sarebbe stato dogmaticamente sicuro come quello di Dante.
L
Il 90% degli idiomi umani
destinato a scomparire
I
l 96% della popolazione mondiale
utilizza soprattutto quattro lingue: il
cinese mandarino o putonghua, parlato
da un miliardo di persone, l’inglese (un
miliardo), l’Hindi/Urdu (900 milioni) e
lo spagnolo (450), seguite da russo, arabo, bengali, portoghese, giapponese,
francese, tedesco, italiano. Il restante
quattro per cento parla le altre 6.800 lingue. Una ricchezza linguistica destinata
a scomparire. Ogni quindici giorni spariscono due lingue e con esse muoiono
antiche culture, usi, costumi, tradizioni,
leggende, riti, medicine naturali. Si teme
che, entro il 2100, il 90 per cento di tutti
gli idiomi umani sparirà per sempre.
I
Capezzuoli, non 98 ma “solo” 93 anni
R
ivoglio i miei anni, ci ha ingiunto Giuseppe Capezzuoli, protestando energicamente per l’indebito numero di
primavere da noi abusivamente pubblicato (v. “Rivista degli
Stenografi” n. 67, pag. 16). In realtà, nella nostra augurale
fotonotizia, in occasione dei festeggiamenti per suoi 65 anni
di matrimonio, scrivevamo che il nostro carissimo amico e
prezioso collaboratore è del 1907 (notizia erroneamente desunta dal “Corriere della Sera”), quando invece è del 1912.
Quindi Capezzuoli non ha 98 anni, ma “solo” 93. Rimediamo con piacere all’inesattezza, rinnovando gli auguri al caro
amico, affinché, non cinque anni in più, ma tanti tanti altri
ancora la vita gli elargisca anche senza... il nostro aiuto.
Ricci nuovo sovrintendente
dell’Archivio Centrale dello Stato
I
l sessantunenne Aldo Giovanni Ricci, storico e studioso del periodo di transizione dal
fascismo alla Repubblica, è il nuovo sovrintendente dell’Archivio Centrale dello Stato, l’istituzione del ministero dei Beni culturali, con
sede nel quartiere Eur di Roma, che custodisce
i più importanti documenti storici dall’Unità
d’Italia ad oggi. Ricci prende il posto di Maurizio Fallace, chiamato a guidare la Direzione
generale degli Archivi di Stato. (AdnKronos)
RUBRICA
A CURA DI
MIMMO
SPINA
di FRANCESCO
ASCOLI
calligrafia
e stenografia
una bella storia d’amore
durata quasi un secolo
D
Frontespizio del
libro di Delpino
edito a Milano
alla seconda metà dell’Ottocento e
per un po’ di tempo calligrafia e
stenografia sono andati a braccetto sostenendosi vicendevolmente. La pratica stenografica risultava utile alla calligrafia e
viceversa. Numerosi sono i calligrafi che
si sono cimentati nella stenografia e stenografi che si sono occupati anche di
calligrafia. Forse il primo in ordine cronologico è Filippo Delpino, che fu capo
stenografo al parlamento subalpino negli
anni in cui Torino era capitale d’Italia.
Il Delpino è un personaggio decisamente interessante: massone, stenografo,
calligrafo, fu uno dei traduttori dell’opera di Joseph Carstairs, un innovatore nel
campo della didattica della scrittura, e
pubblicata a Londra nella prima metà
dell’Ottocento ed in Italia tradotta e pubblicata nel 1829.
La scelta di Carstairs, non era del tutto casuale; fu anche quest’ultimo stenografo e inventore di un suo sistema (v. la
bibliografia di Gibson). Come calligrafo
ebbe una notevole fama; il
suo più importante trattato
Lectures on the Art of Writing
fu tradotto in diverse lingue e
si diffuse in gran parte d’Europa anche attraverso edizioni
pirata che l’autore cercò invano di contrastare. Il suo metodo, esportato e riproposto in
America, ebbe un grande successo e fu alla base di quei sistemi che furono poi detti
“americani” anche per la diffusa anglofobia dei francesi
del tempo.
Il Delpino fu a sua volta creatore di
un proprio sistema stenografico che impiegò nel parlamento subalpino e che
pubblicò in diverse edizioni dal 1819
fino al 1848. (v. Aliprandi). Il Delpino fu
anche l’autore di manuali di scrittura dedicati alla scuola primaria che furono approvati dalle autorità. Suo il Metodo di
scrittura inglese e corsiva in cui cercava
fra l’altro di far valere qualche principio
della scuola di Carstairs dichiarandolo
come uno fra i metodi migliori esistenti.
Sul fronte stenografico, anche il suo manuale ebbe un discreto successo; non si
scostava comunque molto da quello, celeberrimo, dell’Amanti.
Praticamente contemporaneo di Filippo Delpino, Antonio Milanesio, intendente militare nella importantissima regia Accademia Militare di Torino, dove
insegnava calligrafia, già dal 1815 eresse
una scuola di stenografia inventando un
sistema che pubblicò nello stesso anno in
cui il Delpino pubblicava il suo (1819). I
suoi interessi non si fermavano comunque qui: si occupò infatti di fortificazioni, di topografia e fu impegnato anche
nel problema della sostituzione dei vecchi sistemi di misurazione con il sistema
metrico decimale.
Appena la stenografia cominciò a
diffondersi, qualcuno si chiese se il suo
esercizio potesse essere d’ostacolo alla
pratica calligrafica.
Luigi De Antoni Varini pubblicò a
Pavia nel 1891 il testo di due conferenze, una sull’utilità della stenografia e
un’altra su stenografia e calligrafia. In
questa seconda conferenza, “Lettura di
A
tal proposito osservava: “anzitutto
dunque la stenografia di Gabelsberger non può guastare la mano allo
scrivere colle lettere comuni, anzi io
sono persuaso che debba migliorare la
calligrafia comune, perché dovendo i segni stenografici essere tracciati con tutta
esattezza per la semplice ragione che,
essendo l’arte nostra fonetica, ogni leggiera mutazione del segno implica variazione del suono, ne segue che bisogna
curarne la precisione e la mano così si
abitua alla esattezza, alla precisione, nel
che consiste appunto la calligrafia.”
Inoltre, i segni gabelsbergeriani sono
tratti dalla scrittura comune, quindi, non
possono essere d’ostacolo alla calligrafia: “e poiché i segni gabelsbergeriani di
altro non sono formati che di rette e curve come i segni alfabetici comuni, non
v’ha proprio ragione perché chi sa ben
tracciare le rette e le curve appartenenti
al carattere comune non possa tracciare
egualmente bene quando appartengono
al carattere stenografico.”
Sì, d’accordo, ma la velocità di scrittura stenografica non guasta la mano?
L’autore obietta: “non è che lo stenografo scriva più in fretta di quanto non
scrivano così gli studenti di una lezione
che prendano appunti con la normale
scrittura; anzi, lo stenografo risparmia
forse, perché scrive di meno e in meno
tempo. Inoltre la visione comune della
gente secondo la quale lo stenografo
scrive velocissimo, è quella oratoria, di
chi vuol registrare la parola di un’orazione, di un discorso, ma quante persone
lo fanno? La stenografia non è soltanto
questa, ma è soprattutto un mezzo per
poter scrivere normalmente più cose in
meno tempo e con meno fatica. La stenografia guasta la calligrafia? Gabelsberger era maestro di calligrafia; Noë è calligrafo per eccellenza. Chi scrive bene o
male in caratteri comuni scrive bene o
male in caratteri stenografici.”
Molti furono comunque gli esempi di
calligrafi attivi anche nel campo stenografico; occorre anche dire che spesso
gli insegnanti di calligrafia, come per
esempio Adalgiso Tommasoli di Verona,
figlio del più celebre Filippo, optavano
per un’ulteriore abilitazione in altre materie (stenografia, ma non solo: dattilografia, lingue straniere, geografia ecc.)
semplicemente per avere più possibilità
di trovare un impiego, specialmente
dopo la riforma Gentile del 1923 che
aveva ridotto drasticamente l’insegnamento calligrafico (da 7 a 2 ore settimanali) e invece dato inizio ufficialmente a
quello stenografico e dattilografico.
Marco Vegezzi, di Bergamo, insegnò calligrafia e
disegno ma fu anche stenografo intelligente e capace. Pubblicò nel 1876 la
Penna volante. Stenografia
italiana derivata dalla scrittura corsiva comune; tuttavia il suo sistema non ebbe il
tempo di diffondersi sia per
l’immatura scomparsa del
suo creatore sia per l’avanzata impetuosa del Gabelsberger-Noe.
Carlo Valizone insegnava calligrafia
nella seconda metà dell’Ottocento ad
Alessandria, presso il collegio nazionale.
È autore dell’Ape della scrittura, sistema
teorico pratico di calligrafia e stenografia pubblicato ad Alessandria nel 1856.
Ildebrando Ambrosi attivo a Perugia
dove nacque nel 1850. Diplomato a pieni
voti in calligrafia nel 1879 fu però conosciuto ed apprezzato soprattutto come attivista e organizzatore di iniziative stenografiche. Socio del circolo stenografico
veronese, direttore della “Lettura Stenografica”, fondatore dell’Istituto Stenografico Toscano. Morì a Livorno nel
1915.
Antonio Magnaron fu un celebre
calligrafo triestino vissuto in pieno Ottocento (nacque nel 1807 e morì nel 1878)
e che pubblicò un magnifico album di 42
tavole litografate in folio fra il 1847 e il
1860. Come stenografo fu altrettanto apprezzato: diede alle stampe nel 1848 (in
seconda edizione nel 1862) La stenografia ossia metodo teorico-pratico per
scrivere colla stessa celerità con cui si
parla. Il Magnaron prestava servizio stenografico al Comune di Trieste e fu il
Frontespizio de
«La Penna
Volante»
edita a
Bergamo
nel 1876
RIVISTA DEGLI STENOGRAFI
prolusione a corsi di stenografia secondo il sistema Gabelsberger-Noë” il Varini si chiedeva se l’esercizio della stenografia potesse essere d’ostacolo alla calligrafia.
19
primo a tenere scuola privata di stenografia nel suo comune.
Paolo Fiorenzo Colombetti di Torino fu stenografo, calligrafo, grafologo.
Come calligrafo pubblicò a Torino nella
seconda metà dell’Ottocento una Serie
completa di esemplari di calligrafia
commerciale; cercò anche di fondare
nella stessa città, ma senza successo, una
Accademia dei calligrafi italiani. Come
stenografo pubblicò sempre a Torino fra
il 1873 e il 1876 alcuni testi dai titoli
oscuri e prolissi come la Chiave metodica dei vari rudimenti della moderna stenografia tachigrafia fonografia criptografia fonetica a tipo anglo-italico perfezionato… o il Nuovissimo almanacco
perpetuo cripto-steno-tachigrafico contenente le 365 sigle dei soliti nomi del
calendario stenoscritti a cifratura stenografica. Nel 1876 pubblicò un libro di
grafologia dal titolo Saggio di grafologia
diagnostica sui reconditi ed inavvertiti
misteri della scrittura.
Giuseppe Tempia, calligrafo, pubblicò a Ivrea alla fine dell’Ottocento
L’arte scritturale manualetto di regole
teorico-pratiche indispensabile per l’apprendimento della scrittura inglese, rotondo-bastarda, gotica italiana, goticoinglese e stampatella, precedute dai cenni storici sull’origine, e considerazioni
sull’utilità delle arti scritturali, (calligrafia, stenografia stenofonografia e
grafologia) ad uso delle scuole tecni-
RIVISTA DEGLI STENOGRAFI
Una pagina
calligrafica tratta
dall’«Antologia
Calligrafica»
di Luigi Soliani
edita da
Petrini di Torino
20
che, normali e speciali di commercio.
Alfonso Sautto, originario di Vasto
(Ch) fu supplente di calligrafia nel suo
paese e successivamente a Ferrara. Nel
1910 pubblicò a Vasto la Stenografia elementare. Sistema semplice e razionale,
ripubblicata più volte (fino al 1927). Nel
1928 pubblicò anche nel Bollettino dell’Accademia Italiana di Stenografia a Padova un articolo sulle “Perizie di scrittura stenografiche”.
Nicola D’Urso, attivo a Roma nella
prima metà del secolo scorso, fu pergamenista e calligrafo celeberrimo e autore
di numerose pubblicazioni didattiche di
calligrafia; fu però anche autore di un sistema stenografico che pubblicò per primo nel 1908, la Stenografia moderna.
Metodo alfabetico basato sui segni della
scrittura ordinaria. Nel 1909 pubblicò
anche una rivista dal titolo “Lo studente
artista e stenografo”. Fu in contatto con
Giuseppe Aliprandi.
Luigi Soliani, di Montagnana (Padova), fu calligrafo eclettico ed originale
nonché stenografo, ottenendo i diplomi
per le abilitazioni ai diversi sistemi italiani. Pubblicò a Milano nel 1951 la Stenografia, sistema nazionale Meschini.
Grammatica e antologia. Fu in corrispondenza, come il D’Urso, con Giuseppe Aliprandi, il maggior storiografo della
stenografia italiana.
... E con due soli segni
punto e un
trattino
Morse collegò il mondo
un
di MASSIMO
UGLIANO
(terza ed ultima parte)
ornando al secolo precedente ed al
problema della trasmissione delle
informazioni, sicuramente il personaggio più conosciuto è stato Samuel Morse
che in un viaggio di ritorno dall’Europa
nel 1832, in seguito a dimostrazioni e discussioni intorno agli esperimenti sull’elettromagnetismo di Ampère, ebbe la geniale idea del telegrafo che realizzò coadiuvato dal fratello Sidney E., da L. Gale
(professore di chimica), da J. Henry (fisico) e da A. Vail (altro inventore americano) e brevettò nel 1840.
Nel 1837 cominciò ad effettuare le
prime dimostrazioni del suo apparecchio
al quale il Governo americano si interessò ben poco ed anche alcuni tentativi in
Europa (1839) non ebbero inizialmente
miglior esito62.
Per la realizzazione ed attuazione
pratica della propria invenzione, il Morse ottenne solo nel marzo del 1843 fondi
e sovvenzioni e riuscì finalmente a trasmettere un messaggio da Washington a
Baltimora il 24 maggio 1844. Dal 1845
si associò con il giornalista A. Kendall
abilissimo nel trasmettere e decodificare
le combinazioni di trattini e puntini63.
Nel 1861, le due coste degli Stati Uniti
furono unite dall’apparato di ricetrasmissione. I paesi che adottarono subito il telegrafo furono l’Austria, la Prussia e la
Svizzera. L’affermazione fu quasi immediata e da quel momento l’estensione e
l’allargamento rapidissimi ovunque.
Nella stessa epoca, come abbiamo visto, altri studiosi si interessarono di telegrafia, mentre per la telefonia si deve
aspettare ancora qualche tempo. Il Morse
fu sicuramente tra i primi a comprendere
la possibilità di inviare informazioni per
mezzo di impulsi elettrici, ma l’apparecchio da lui ideato si rivelò il più pratico tra
i molti costruiti in quegli stessi anni grazie alla semplicità del codice impiegato
che comprende solamente due segnali64
con i quali si può codificare qualsiasi comunicato in qualunque lingua secondo
precisi criteri di ordinamento predefiniti e
che ad ogni simbolo fa corrispondere sequenze ed abbinamenti di indicazioni derivanti da semplici variazioni di corrente65. Bisogna, infatti, tener presente che
l’importanza del ritrovato è rappresentata
in particolar modo dal fatto che le espressioni possono essere non soltanto inviate
62 Cfr. S. MORSE, Magnetic Telegraph Controversy; Mémoire présenté aux Gouvernements Européens; Examination of the Telegraphic Apparatus and the Processes in Telegraphy (Paris Universal Exposition).
63 Cfr. S. MORSE, The Memorial of S. F. B.
Morse, Alfred Vail and Amos Kendall.
64 Ad una attenta osservazione, si deduce che il
‘punto’ altro non è che un trattino, piccolo ma ben
definito; ingrandendo ed analizzando un tracciato
e tenendo presente il funzionamento del meccanismo ed il modo in cui riusciva a scrivere l’apparecchiatura del Morse, si vede chiaramente che
anche se di dimensioni ridotte, il contorno non è a
macchia o comunque tondeggiante, perché nel pur
breve tempo impiegato a disegnarlo, il nastro continua ad avanzare nella direzione di rotazione.
Proprio per tale motivo, più precisamente si dice
che il ‘punto’ corrisponde ad un passo ed il ‘tratto’ a tre passi..
65 Cfr. M. UGLIANO, Variante a rilievo dell’International Morse Code; Morse e Braille a confronto.
RIVISTA DEGLI STENOGRAFI
T
21
erano non solo accettabili, ma praticamente ottimali. L’attenuazione subita durante il percorso ed altri problemi di decadenza, distorsione e degradazione furono abbastanza rapidamente risolti con
accorgimenti vari (vedi RdS/65, note 30,
34 e 39)68.
Nel 1865 fu fondata l’Unione Internazionale Telegrafica.
Glidden, Sholes e Soul nel 1868 brevettarono e commercializzarono un prototipo di macchina da scrivere; un altro
artigianale della Remington risale al
1878; nel 1912 la Olivetti produsse una
apparecchiatura analoga69 e settanta anni
dopo (1982) il primo PC italiano.
La Telescrivente è del 1906 ad opera
di due uomini d’affari americani Joy
Morton e Charles Krum70 ma la speriL’inventore
del telegrafo
Samuel Finley
Breese Morse
1791-1872
RIVISTA DEGLI STENOGRAFI
Il Codice Morse
22
I codici dei sistemi telegrafici sono basati sulla
divisione e scansione del tempo in intervalli uguali o multipli di uno campione, durante i quali il ricevitore deve assumere l’una o l’altra delle posizioni possibili. Tale periodo elementare dalla cui
durata dipende la rapidità e quindi la velocità di
trasmissione, si definisce passo o unità di modulazione. Nel Morse, quale lunghezza media fu assunta quella della parola PARIS con 48 spaziature
complessive, compresa la distanza con la parola
che segue.
67 L’esame approfondito del System Morse e di
alcune delle apparecchiature citate, insieme agli
studi svolti in tale direzione, ci hanno portati alla
stesura ed alla formulazione di un particolare Sistema di codifica e comunicazione, cfr. M.
UGLIANO, Metodo ‘M’; Progetto ‘V’; Acusmetria ed effetto ‘V’; La Vibrazione.
68 In quello a 5 unità ogni segno, lettera o cifra
sono costituiti da 5 impulsi di corrente di uguale
durata positivi o negativi, la cui combinazione
corrisponde al codice del segnale da trasferire eliminando, in tal modo, anche parte della distorsione. Funzionamento aritmico (Start-Stop), filtri separatori, amplificatori di segnale, immissione e
smistamento su differenti circuiti (canali), etc.
migliorano a mano a mano la ricezione e velocizzano le trasmissioni.
69 Per riferimenti precedenti cfr. H. DUPONTL. CANET, Les machines à écrire; K. Lang-H.
Krüger, Handbuch des Maschinenschreibens.
Per l’Associazione Italiana Collezionisti:
www.typewriter.net e http://web.tiscali.it/dragonettia/. L’architetto Nizzoli Marcello (18871969) dal 1938 collaborò con la Olivetti disegnando pezzi famosi: SUMMA 40 (1940),
LEXICON 80 (1948) esposta al Museo di Arte
Moderna di N. Y., LETTERA 22 e DIASPRON
89 (1959). Lo stesso architetto disegnò l’accendisigari RONSON (1959) ed alcuni modelli di
macchine per cucire della NECCHI (1954, 1957,
1961).
70 Detta anche Teletype writerr è un dispositivo
per ricevere e trasmettere informazioni sotto forma di segnali elettrici. È costituita da una tastiera
simile a quella delle comuni macchine da scrivere
66
e/o ricevute ma soprattutto riprodotte graficamente, acusticamente o visivamente
nel medesimo istante66. Con il System
Morse67, per la prima volta, i messaggi
cominciavano non solo a viaggiare più in
fretta del ‘messaggero’, quanto poi potevano essere razionali, precisi ed addirittura integrali lettera per lettera, parola per
parola, frase per frase con l’aggiunta dei
numeri e di segni di interpunzione.
In origine non c’era alcuna trasformazione in “bit” e le indicazioni venivano
composte una per una ed inviate contemporaneamente e direttamente con il famoso tasto (manipolatore).
Piccoli disturbi o inconvenienti erano
– all’inizio – tollerati perché raramente
provocavano errori di interpretazione se
non su lunghe distanze. La situazione di
compromesso fra la rapidità (relativa)
con cui il segnale poteva essere trasmesso, la potenza impiegata ed i tempi per
tradurre in linguaggio comprensibile,
1933 E. H. Armstrong introdusse la Modulazione di Frequenza.
Mentre con la fototelegrafia si riuscì
e da una testina stampante. I vari tasti, quando
vengono attivati, generano e codificano una serie
di impulsi di corrente corrispondenti ai caratteri
alfanumerici. La stessa testina può essere comandata da segnali provenienti da un’altra telescrivente realizzando in tal modo il servizio telex. Fu
utilizzata come uno dei primi terminali di un calcolatore, sia come dispositivo di ingresso per l’inserimento di dati, che di uscita ed a tutt’oggi rappresenta la più importante periferica di colloquio
operatore/calcolatore. La sua velocità si aggira sui
75 Baud/sec. Naturalmente in questo caso i caratteri vengono normalizzati secondo il codice
ASCII. Tecnologie recentissime di trasferimento
delle informazioni hanno consentito di arrivare ai
videotelefoni fissi o portatili ed all’innovativo apparato in Fibra Ottica (FastWeb). Cfr. M.
UGLIANO, I Dati.
71 Ci riporta ai moderni sistemi per il riconoscimento della firma. Un problema di grandissima
attualità è, infatti, quello della sottoscrizione digitale. Sono stati inventati dei metodi che consentono di ‘firmare’ ed ‘autenticare’ un messaggio: chi
lo riceve è pressoché sicuro della identità del trasmettitore il quale, a sua volta, non potrà negare
di averlo trasmesso. Uno dei criteri è il DES (Data
Encryption Standard) della IBM ed adottato dall’NBS (National Bureau of Standards) degli USA.
I principali problemi riguardano oltre alla trasmissibilità ed all’attendibilità, le Norme Tecniche relative, i Protocolli informatici necessari e le Normative, le Specifiche R.U.P.A., gli Algoritmi di
criptazione. Cfr. P. RIDOLFI, Firma elettronica:
Tecniche, Norme, Applicazioni; C. GALLOTTI,
Sicurezza delle Informazioni; G. PASCUZZI, Il
diritto dell’era digitale.
72 Bell Alexander Graham (1847-1922) il 6 febbraio 1876 presentò domanda di brevetto per il
telefono (nota la sua controversia con Antonio
Meucci e la Western Telegraph Co.); era un
esperto e valente professore di fisiologia degli
organi vocali. Dalle nostre ricerche (cfr. M.
UGLIANO, Nuovo Sistema di comunicazione
per disabili plurihandicappati; Metodo speciale
per insegnare la musica a menomati della vista,
dell’udito e della voce) è emerso che nel 1886
visitò la piccola cieca e sordomuta H. Keller - la
quale all’epoca aveva circa sei anni - e ne individuò subito le grandissime capacità indirizzandola verso studi specifici. Cfr. C. MACKENZIE, Alexander Graham Bell; R. V. BRUCE,
Alexander Graham Bell and the Conquest of Solitude.
73 Riferimento alle Onde Hertziane (vedi nota
51).
74 A Pittsburgh ad opera della Società Westinghouse.
75 Il servizio fu avviato da URI (Unione Radiofonica Italiana) fondata da due società private, la
Radiofono di G. Marconi ma con capitale inglese
e la Sirac della Western Electric. Nel 1927 per
difficoltà finanziarie divenne EIAR (Ente Italiano
per le Audizioni Radiofoniche) con una nuova
concessione poi passata al controllo prima della
SIP e successivamente (1933) dell’IRI. Nel 1951
ci fu la riforma delle emissioni radiofoniche e la
concessione alla RAI.
l primo modello
di telefono
presentato da
A. Meucci
nel 1871
l primo modello
di telefono
presentato da
A. G. Bell
nel 1876
RIVISTA DEGLI STENOGRAFI
mentazione è parecchio successiva
(1915) ad opera dell’Associated Press.
L’idea di trasmettere anche la voce
ed i suoni per mezzo dell’elettricità risale al 1837 con G. Page (vedi RdS 65 nota 31), ma si deve attendere fino al
1876 quando contemporaneamente (a
due ore di distanza) un altro americano
Elisha Gray (1835-1901) inventore anche del ‘teleautografo’ per inviare a distanza testi manoscritti a mezzo filo71 e
lo scozzese Graham Bell72 brevettarono
due esemplari di telefono. Qualche
anno prima (1871) Antonio Meucci
(1808-1889) aveva ideato lo stesso congegno, ma il riconoscimento ufficiale
da parte della Corte Suprema degli
U.S.A. – in seguito a celebri e movimentati processi contro la Bell Co. – è
del 1876. Intanto nel 1878 in Gran Bretagna veniva costituita la prima Società
di Esercizio Telefonico.
Un impianto di telefonia automatica
fu istallato nella Biblioteca Vaticana nel
1886 da G. B. Marzi, seguito da quello
di A. C. Strowger in America del 1891 e
da quello della Siemens in Germania nel
1900. Poco dopo (1906), sempre la Siemens ne presentò un differente modello
all’Esposizione di Milano, mentre a
Roma, nel quartiere Prati, fu attivato nel
1913.
Ancora automatici, ma di altro genere, quelli di Standard, Ericsson, Rotary,
Panel.
Per la grande telefonia interurbana, lo
studio dei fenomeni elettrici associati e
le difficoltà di trasmissione telefonica
(molte linee su lunghe distanze), ricordiamo oltre al già menzionato inglese
Heaviside, l’americano Pupin (1899) ed
il danese Krarup (1902).
Nel 1892 i fratelli Lumière inventarono il cinematografo; nel 1902 fu prodotto il Film (Viaggio nella Luna) di Méliès;
i cartoni animati sono del 1906, mentre
il primo film sonoro è del 1927.
Per le Radiocomunicazioni si utilizzano onde elettromagnetiche di frequenza compresa fra qualche kHz73 e circa
300 Ghz. Le trasmissioni radiofoniche
nacquero in Gran Bretagna e negli
U.S.A.74 intorno al 1920 (Onde Medie
Modulate), poi in Olanda; la prima emittente italiana da Roma fu installata nel
1924 con una potenza di 1,5 kW75. Nel
23
RIVISTA DEGLI STENOGRAFI
24
ad inviare soltanto immagini fisse, per la
trasmissione di scene in movimento gli
esperimenti partono dall’invenzione della cellula fotoelettrica del 1875 e dagli
studi di W. Hallwachs e A. C. Becquerel.
Fondamentali per la Televisione si rivelarono le esperienze compiute nel 1880 da
Leblanc, nel 1884 da Nipkow e poi nel
1923 da J. Logie Baird (1888-1946)76 il
quale nel settembre del 1929 (dopo aver
ottenuto discrete immagini sperimentali
nel 1925) con la British Broadcasting
Corporation diede il via ad un servizio
pubblico di diffusione che però dopo
poco tempo mostrò i suoi limiti. Nel
1936 a Londra iniziarono con la BBC
nuove trasmissioni e solo la messa a
punto del tubo catodico (Cinescopio
CRT acronimo di Cathode Ray Tube)
oggi ancora in produzione – affiancato
da sistemi a cristalli liquidi LCD (Liquid
Crystal Display) ed al plasma più perfezionati ed a bassissima emissione – consentì gli sviluppi e l’espansione su vasta
scala. A tale scopo ricordiamo Zworykin
(1938 e 1950), Jams e Rose (1939), Rose
e Weimac (1946). Per la diffusione a livello mondiale nel 1964 fu mandato in
orbita il Syncom III e nel 1967 ci fu la
prima trasmissione in Mondovisione.
V. Bush (1890-1974) 77 ingegnere
elettrotecnico nel 1930 insieme con H.
Caldwell sudiò un prototipo di moderno
calcolatore analogico mentre nel 1940 il
fisico J. Atanasoff presso l’Università di
Jowa preparò un modello di calcolatore
binario78; nel 1944 fu completato il Mark
I costituito da organi elettromeccanici;
l’E.N.I.A.C. (Electronic Numerical Integrator and Calculator), commissionato
dall’Esercito degli Stati Uniti è del 1946
realizzato da J. W. Mauchly e J. P. Eckert
dell’Università della Pennsylvania 79 .
L’EDVAC, derivazione del precedente di
J. Von Neumann (1903-1957) era a programma memorizzato80. Nel 1953 l’IBM
commercializzò il modello ‘650’, primo
esemplare di computer costruito in serie.
76 Di sua invenzione il Televisor (1925), il Nortovisor (1936) ed il Telecrom (1944) per trasmettere
immagini colorate con effetto stereoscopico.
77 Cfr. V. BUSH, Operational Circuit Analysis.
In precedenza B. Pascal (1623-1662) per aiutare il
padre a fare conteggi, inventò una delle prime calcolatrici automatiche meccaniche, la famosa Pascaline che faceva somme e sottrazioni con numeri fino ad 8 cifre. Anche G. W. Leibniz (1646-
1716) mise a punto una macchina simile ma i limiti della tecnologia e della meccanica erano all’epoca insuperabili. Nell’800 ci sarà l’apparecchiatura di C. Babbage di cui alle note 53 e 78.
78 Storicamente l’idea di un calcolatore nel significato moderno del termine, risale alla ‘macchina
analitica’ di cui alla nota 53 che già aveva i seguenti presupposti: 1) suddivisione del lavoro in
sequenze di operazioni elementari (addizione e
sottrazione) automatizzate e velocizzate al massimo; 2) funzionamento tramite programmi (allora
schede perforate) che oggi possono essere anche
di particolare complessità preparati utilizzando
appositi Linguaggi di Programmazione. La rappresentazione di ogni tipo di informazione è generalmente in forma digitale binaria e viene elaborata tramite l’algebra di Boole. Esistono anche
apparecchiature analogiche (dirette o differenziali) meno precise e più lente che però presentano il
vantaggio di operare su grandezze o valori fisici
continui e non discreti (0 - 1) come nel caso del
digitale.
Il Linguaggio di Programmazione denominato
ADA, sviluppato nei primi anni ‘80 su commissione del Ministero della Difesa degli Stati Uniti,
fu così chiamato in onore di Lady Augusta Ada
Lovelace Byron (1815-1852) - indirizzata dalla
madre alla matematica ed alle scienze naturali figlia del grande poeta George Byron. La giovane
nobildonna intuì subito le grandi potenzialità della macchina del Babbage e la descrisse con inediti
ragguagli tecnici, particolari e precise previsioni,
traducendo ed integrando dettagliatamente, nel
1843 (dieci anni dopo aver conosciuto il matematico inglese), un articolo dell’ingegnere italiano
Luigi Federico Menabrea (1809-1896) sull’argomento. Il Menabrea in quegli anni era professore
di meccanica e scienza delle costruzioni all’Accademia Militare di Torino e oltre che uomo politico
fu illustre scienziato introducendo il principio del
lavoro minimo e studiando la teoria dell’elasticità.
Nel saggio, fra le altre cose, vi compariva, appunto, una approfondita spiegazione su come ‘programmare’ l’apparecchiatura per il calcolo dei numeri [coefficienti di indice pari B2m dello sviluppo in serie di potenze della funzione y = xex/(ex 1) dove “ e ” è la base dei logaritmi naturali] di
Bernoulli (Jakob 1654-1705); cfr. J. BERNOULLI, Ars conjectandi.
Dalle nostre ricerche volte ad approfondire il problema della comunicazione con e fra non vedenti
anche sordomuti e cercare di addivenire ad un
metodo che riuscisse a risolvere il difficile quesito
(vedi note 67 e 72), è emerso che proprio J. Bernoulli, appartenente ad una celebre famiglia di
matematici svizzeri (Jakob, Johan, Nicola, Daniele, Giovanni II, Nicola II, Giovanni III, Giacomo
II, ai quali si devono importanti opere di matematica, di fisica, astronomia, idraulica, idrodinamica,
statistica, calcolo infinitesimale), scrisse verso il
1679, un Sistema per insegnare la matematica ai
ciechi. Il libro narra la sua esperienza di istitutore
privato a Ginevra quando fra i suoi allievi c’era
una ragazza cieca. Cfr. M. UGLIANO, Ricerche
di Archivio.
79 La Univac Division, che per qualche anno fu
azienda leader dei calcolatori americani, fu costituita proprio da Eckert e Mauchly dopo la controversia con Von Neumann ed acquisita dalla Remington Rand Division della Sperry Rand Corporation.
80 Cfr. J. NEUMANN, First Draft of a Report on
the EDVAC.
In un prossimo articolo ci occuperemo proprio degli sviluppi successivi e di
come le informazioni possono essere
‘misurate’, ‘manipolate’ o ‘trattate’, della capacità e rapidità di un ‘canale’ e della trasmissione di ‘dati’ siano essi costituiti da suoni, immagini, simboli o parole.
81 L’Università di Pisa realizzò su suggerimento
del Fermi il primo calcolatore italiano a tutt’oggi
visibile presso il Museo dell’Istituto di calcolo
elettronico dell’Ateneo.
82 Per Informazione si intende ogni comando dal
trasmettitore al ricevitore; l’insieme di più Informazioni costituisce il ‘messaggio’.
83 Cfr. M. UGLIANO, Dai “caratteruzzi” di Galileo all’“entropia” di Shannon passando per Morse;
Le vie della Comunicazione; Bit e Parole; I Dati.
84 Per quanto riguarda il discorso, l’influsso e la
pressione dei media e dei mezzi di ‘comunicazione’ sui modelli di pensiero e di comportamento
della vita contemporanea, la nuova forma di cultura (E. Morin, H. Marcuse, F. Alberoni), nonché
la circolazione di dette informazioni in maniera
sempre più veloce, cfr. M. BALDINI, Storia della
Comunicazione; G. BETTETINI-F. COLOMBO,
Le nuove tecnologie della Comunicazione; P.
FLICHY, Storia della Comunicazione Moderna;
E. A. HAVELOCK, Arte e comunicazione nel
mondo antico; D. JACKSON, La Scrittura nei secoli; G. LOSITO, Il potere dei media; A. MATTELART-M. MATTELART, La Comunicazione
nel Mondo; H. M. MCLUHAN, The Gutemberg
Galaxy: Gli strumenti del comunicare.
Il motivo del
primo film comico
della storia del
cinema,
«L’innaffiatore
innaffiato»,
fu utilizzato da
Lumière per la
pubblicità della
sua invenzione
RIVISTA DEGLI STENOGRAFI
La Cep suggerita da E. Fermi fu realizzata qualche anno più tardi81.
Nel 1948 F. H. Land elabora il sistema Polaroid di fotografia a sviluppo
istantaneo.
Il primo ripetitore attivo a carattere
commerciale installato su un satellite
artificiale fu il Telstar I, lanciato nel
1962.
Il sistema di avvistamento e di segnalazione denominato Radar Ottico
(prototipo Colidar = COherent LIght
Detection And Ranging) che al posto
delle onde elettromagnetiche utilizza
‘luce coerente’ ossia laser, è del 1961.
Il satellite COBE (Cosmic Background
Experiment) capace di misurare con
grande precisione l’intensità delle radiazioni cosmiche fu messo in orbita
nel 1989.
Lo studio e la quantificazione del
‘movimento’ di informazioni82 basato su
complesse teorie matematiche di probabilità e di statistica fu iniziato nel 1924
da H. Nyquist e continuato successivamente da R. V. Hartley, N. Wiener, W.
Weaver e C. E. Shannon83. La teoria della comunicazione84 è volta a migliorarne
il rendimento, renderla più efficiente e
veloce, valutare l’aspetto economico e
creare nuove configurazioni dei sistemi.
25
John Le Carré
e Graham Greene
erano «due imbecilli»
Per la CIA
E gli intellettuali italiani?
In preda a «un letargo alla Silone»
J
Lo scrittore
inglese
John Le Carré
Graham Greene
(1904-1991)
ohn Le Carré e Graham Greene?
«Due imbecilli malintenzionati e
rancorosi». Questa la definizione che
diede la CIA negli anni Sessanta dei due
scrittori inglesi. L’Agenzia investigativa
americana stava allora combattendo una
battaglia occulta sul fronte della «conquista delle menti» al fine di orientare la
vita culturale dell’Occidente in piena
Guerra Fredda e l’atteggiamento dei due
romanzieri mandò su tutte le furie la comunità dell’intelligence americana che
riteneva, inoltre, «apatici» gli intellettuali italiani quanto a impegno su questo
fronte. È quanto emerge dal libro di
Frances Stonor Saunders, «La guerra
fredda culturale - La Cia e il mondo delle
lettere e delle arti» (pp. 500, ottobre
2004, Fazi Editore, € 25,00) che documenta il sostegno finanziario profuso
senza risparmio dal Servizio Segreto statunitense nei confronti dell’intellighenzia anticomunista occidentale.
Le Carré, giovane diplomatico dell’ambasciata britannica a Bonn, aveva
pubblicato nel 1965 «La spia che venne
dal freddo», vendendo in USA due milioni e mezzo di copie, facendo risalire l’origine del romanzo alla sua «persistente
amarezza per il punto morto ideologico
cui era giunto il confronto tra Est e Ovest». Richard Helms, responsabile delle
operazioni segrete della CIA, “lo detestava”. Così fu catalogato tra gli autori che
l’Agenzia aveva in odio. Insieme a Le
Carré venne iscritto nella «lista nera» anche Graham Greene. Il suo romanzo «Un
americano tranquillo», pubblicato nel
1955, aveva quantomeno frastornato l’establishment dell’intelligence perché lo
scrittore aveva narrato, nella Saigon della
guerra franco-indocinese, lo scontro tra
uno scettico e anziano giornalista inglese
e un giovane americano sostenitore di
una «terza forza», indipendente dai comunisti e dagli americani.
A turbare i sonni della CIA arrivò anche Stanley Kubrick con «Il dottor Stranamore», satira feroce dell’ideologia
della Guerra Fredda. In una lettera sul
«New York Times», Lewis Munford lo
definì «la prima interruzione della trance catatonica da Guerra Fredda che da
molto tempo tiene il nostro paese in una
ferrea morsa».
Q
uanto all’Italia, dai documenti
raccolti dell’autrice, emerge che
gli ispettori della CIA faticarono non
poco a mobilitare intellettuali ed artisti
del nostro paese sul fronte della lotta
ideologica contro “gli oppressori dello
spirito” del regime totalitario. Il pragmatismo americano si scontrò con “il provincialismo e l’antiamericanismo” dei
nostri scrittori, come sottolineò in un
rapporto il delegato Michael Josselson.
Fu Ignazio Silone ad istituire negli ultimi
mesi del 1951 la «Associazione italiana
per la liberà della cultura», che divenne
centro di circa cento gruppi culturali indipendenti, ai quali l’associazione forniva conferenzieri, libri, film. E inoltre
pubblicava il bollettino «Libertà della
Cultura» e successivamente la rivista
«Tempo Presente», diretto dallo stesso
Silone e Nicola Chiaromonte. Ma l’associazione italiana si sfilacciò ben presto,
tanto da suscitare critiche da parte dei
committenti stranieri sul “letargo alla Silone del gruppo italiano”. Nicolas Nabokov, uno dei più attivi animatori del
progetto, si lamentava così in una lettera
ai suoi superiori: «Silone troneggia invisibile in cielo e impedisce ai ragazzi dell’ufficio di fare il loro lavoro. Gli ho
scritto due lettere, gli ho telegrafato per
chiedergli di rientrare per un giorno dalla sua vacanza estiva in modo da poterci
incontrare a Roma… nessuna risposta.
Vedo decine di persone, ogni giorno. La
maggior parte si dice pronta a partecipare, a lavorare (incluso Moravia), ma
tutti mi dicono che finché Silone sarà
l’unico leader qui non sarà fatto nulla».
«Tempo Presente» apparve in Italia
nell’aprile del 1956 come sfida a «Nuovi
Argomenti», rivista fondata da Alberto
Moravia nel 1954 sul modello di «Les
temps modernes» di Sartre. Ospitò scrittori come Italo Calvino, Vasco Pratolini,
Libero de Libero ed articoli di intellettuali dissidenti del blocco orientale.
«Secondo i critici – annota l’autrice
del volume dedicato alla Guerra Fredda
culturale – si era trattato di un furto culturale che rendeva manifesta una delle
più diffuse tattiche della CIA: creare e
sostenere organizzazioni parallele che si
presentavano come alternative al radicalismo, sul quale non era in grado di
esercitare alcun controllo».
I
n America, il quartiere generale degli
antistalinisti “professionisti” era la
«Partisan Review», creata negli anni
Trenta da un gruppo di trotskisti del City
College ed alla quale collaborò attivamente per anni Mary McCarthy. Quando
nel 1952 era sul punto di chiudere perché
il Tesoro americano minacciava di revocarle l’esonero fiscale, ottenne 10 mila
dollari da Henry Luce e 2.500 dollari dal
«conto festival» del Comitato americano
che era, spiega Frances Stonor, il canale
utilizzato per far transitare i dollari della
CIA attraverso la Fondazione Fairfield,
copertura della stessa Agenzia.
Intanto, a parte il capitolo che vede
Silone al centro di una letargica accidia,
continua a tutt’oggi il mistero sul presunto ruolo di Ignazio Silone come spia
dell’OVRA (Organizzazione per la Vigi-
I TENTACOLI DELL’OVRA
DAL 1927 AL 1945
L
a polizia politica del regime fascista, OVRA, Organizzazione per la Vigilanza e la Repressione dell’Antifascismo, nasceva nel 1927 come Ispettorato speciale di polizia, organo esecutivo della neonata Divisione polizia politica. Emblematica la circolare di Bocchini del luglio
1936 ai questori ed ai prefetti del Regno che regolava i reciproci rapporti tra queste istituzioni e l’OVRA. Quest’ultima, vi si ribadiva, rappresentava l’avanguardia nella
prevenzione e repressione dell’attività sovversiva ed in
particolare di quella comunista (in Archivio Centrale dello Stato, Min. Int., Dir. Gen. di PS, K/R OVRA, b. 6). Il
primo direttore della Divisione Polizia politica fu Ernesto
Gulì (1926-1929), seguito da Michelangelo Di Stefano
(1929-38) e, infine, da Guido Leto (1938-1945). L’Ispettorato speciale assumeva il nome di OVRA (sigla mai
chiarita compiutamente nel suo significato) solo nel dicembre del 1930, all’atto degli arresti che travolgevano
gli antifascisti di Giustizia e Libertà milanese. Il capo della prima zona OVRA, la più importante di tutte, era l’ispettore generale di PS Nudi (sostituito dal Peruzzi sul finire degli anni 30 a causa di uno scandalo commerciale
che rischiava di coinvolgere lo stesso Nudi e suo figlio).
Secondo Mimmo Franzinelli («I tentacoli dell’Ovra»,
Boringhieri, Torino, 1999, pagg. 30-31), la Divisione polizia politica rappresentò l’evoluzione dell’ufficio di
coordinamento informativo istituito in seno alla segreteria
del capo della polizia, con fisionomia propria dall’inizio
del 1928. Essa svolgeva un’attività essenzialmente conoscitiva e forniva ai governanti e ai comparti repressivi dello Stato notizie di estrema utilità per la stabilità del regime, adempiendo a funzioni di servizio fiduciario della
Direzione generale della PS. L’OVRA estese in Italia, ma
anche all’estero, una fitta rete di informatori e delatori
con lo scopo di reperire ogni genere di notizie su qualsiasi tipo di attività antifascista. Agiva in stretta collaborazione con il tribunale speciale per la difesa dello Stato.
Nel 1945 vengono sciolte la Divisione Polizia politica e
l’OVRA. Restano attivi gli Uffici Politici delle Questure
che svolgono funzioni di organi informativi periferici.
Nel dopoguerra, gran parte della rete dell’OVRA veniva
riconvertita ai fini della guerra fredda, rinnovandone la
funzione di contrasto al comunismo. Decisiva, in questo
senso, era la collaborazione di Guido Leto, contattato nel
1945 dai servizi segreti americani tramite un giovanissimo funzionario di polizia, destinato ad una brillante carriera negli apparati di sicurezza della nuova repubblica
democratica italiana: Federico Umberto D’Amato, il futuro capo dell’Ufficio Affari Riservati del Ministero dell’Interno.
lanza e la Repressione dell’Antifascismo). I dibattiti sull’argomento restano
sempre accesi e alimentano il «giallo
storico-giudiziario senza fine e contraddittorio…», come lo definisce Dario Fertillo sulla pagina culturale del «Corriere
della Sera», di martedì 28 dicembre
2004.
RIVISTA DEGLI STENOGRAFI
I
28
Ignazio
Silone
(1900-1978)
l titolo dell’articolo «Silone spia dell’Ovra, la sentenza a un giurì di storici», preannuncia un verdetto che sarà
pronunciato da un collegio di “giurati” autorevoli storici, e sopra le parti: Mimmo Franzinelli, Piero Cravieri, Francesco Paolo Casavola, ex presidente della
Corte Costituzionale, e Paolo Mieli. In
veste di pubblico ministero Mauro Canali (autore de «Le spie del regime», pubblicato da Mulino) che rivela – secondo
quanto riportato nell’articolo di Dario
Fertilio – l’esistenza di una cartolina
spedita da Locarno, durante l’esilio
Svizzero di Silone: un documento che
inchioderebbe lo scrittore alla sua responsabilità di spia dei fascisti. Nel libro
si segnala, inoltre, l’apertura nell’Archivio centrale dello Stato, di un elenco di
confidenti del regime mussoliniano: fra
gli 815 da considerare «fiduciari reclutati» e non occasionali, il numero 73 corrisponderebbe, oltre all’ambigua sigla
«Silvestri», proprio a Secondino Tranquilli, alias Ignazio Silone.
Secondo la difesa, rappresentata da
Giuseppe Tamburano, presidente della
Fondazione Nenni, «l’esistenza di questo
Silvestri in realtà non prova nulla, dal
momento che di confidenti con quel
nome in realtà ne esistevano parecchi e
certe altre annotazioni dei funzionari (ad
esempio il fatto che il Silvestri in questione vivesse a Roma) rendono improbabile l’identificazione con Silone».
Insomma, la sentenza del tribunale
della storia, potrebbe arrivare tra non
molto a un definitivo giudizio, e finalmente sapremo se
Ignazio
Silone
era una
spia oppure vittima di
una serie
di bizzar-
ri equivoci. Uno dei tanti, forse, è riportato da un curioso articolo di una pagina
WEB, a firma Maria Pia Simonelli, dove
si legge: «Fontamara è sicuramente un
paesetto della Marsica, ma ancora non
siamo riusciti a localizzarlo». Fu questa
la grottesca e involontaria risposta che
un funzionario dell’OVRA dette al suo
superiore romano, dopo che gli era stato
chiesto di individuare con precisione la
località omonima che dava il titolo al celebre romanzo di Ignazio Silone. La dirigenza della polizia fascista, che non aveva ancora letto il romanzo, sembra che
non avesse valutato affatto la possibilità
che quello fosse solo un nome di fantasia. Le ricerche su Fontamara scattarono
verso giugno del 1933 dopo che i funzionari dell’Ufficio Affari generali e riservati del Viminale cominciarono a ricevere numerosi rapporti dagli informatori
stranieri sullo straordinario e immediato
successo europeo del romanzo (…). Così
le autorità pubbliche dell’Abruzzo furono incaricate di fare ricerche per localizzare il villaggio visitato – nella finzione
letteraria – da una squadra di fascisti.
Com’era nato l’equivoco? Gli informatori stranieri avevano preso alla lettera la
prefazione che accompagnava la prima
edizione tedesca del romanzo, dove il
narratore scriveva: «i fatti che sto per
raccontare si svolsero nell’estate dell’anno scorso a Fontamara». Gli agenti dell’OVRA residenti nelle città europee
informarono i loro capi a Roma delle
continue traduzioni (in dodici lingue
dopo appena sei mesi) di «Fontamara».
Le ricerche continuarono per sette mesi,
fino a quando i funzionari fascisti dovettero prendere atto che Fontamara era
nientemeno che «un paesetto dell’Abruzzo». Ma la vicenda non finì lì. Un
informatore assicurava che «Fontamara
è lo pseudonimo di uno scrittore che ha
pubblicato altri romanzi». Subito i capi
dell’OVRA ordinarono allo zelante
informatore: “Si prega fornire notizie di
certo Simone Fontamara, che risiederebbe in codesta città», cioè l’Aquila. L’agente abruzzese a cui furono chieste notizie non seppe ovviamente individuarlo.
La curiosa vicenda emerge dalla lettura
del fascicolo della polizia mussoliniana
sullo scrittore conservato all’Archivio
Centrale dello Stato a Roma…
(M. S. da AdnKronos)
a storia delle biblioteche affonda le
proprie radici alle origini della civiltà. Da sempre la loro funzione è stata
quella di conservare e tramandare memorie, saggezza, fantasie, e cultura, realizzando di fatto il sogno di ogni uomo di
assicurarsi l’immortalità grazie alla trasmissione scritta del proprio sapere alle
generazioni future.
Le prime biblioteche risalgono a cinquemila anni orsono. Se ne trova traccia
nei templi della Mesopotamia, e la loro
cura era affidata alla casta sacerdotale
che custodiva decine di migliaia di tavolette di argilla, utilizzate per tramandare
non solo storia e mitologia locale, ma anche veri e propri «contratti» commerciali.
All’inizio del terzo secolo avanti Cristo, il faraone Tolomeo I, grande cultore
delle arti letterarie, si avvale della collaborazione di un illustre letterato dell’epoca, il greco Dimetro Falereo, per fondare la biblioteca di Alessandria di Egitto, che la tradizione vuole custodisse
l’intero scibile umano del tempo, e che
era basata sulla raccolta sistematica dei
testi secondo un’idea concepita dal filosofo greco Aristotele. Motivo di orgoglio
e di invidia, nonché tappa obbligata per
gli studiosi del tempo, la biblioteca di
Alessandria venne data alle fiamme dall’esercito romano nel 47 a. C., quindi
dalle truppe della regina Zenobia di
Paimyra, ancora dall’esercito romano
dell’imperatore Diocleziano nel 295
d. C., ed infine completamente distrutta
nel 646 d. C. dai soldati del califfo Omar
I guidati dal generale Amr Ibnel-as.
La seconda biblioteca più importante
dell’antichità fu senza dubbio quella della città greca di Pergamo, in Asia Minore, ricca di oltre duecentomila opere,
principalmente papiri provenienti dall’Egitto. Fu qui che nacque il libro come
oggi lo conosciamo: i papiri della biblioteca di Pergamo anziché essere arrotolati, venivano tagliati e rilegati. Anche l’introduzione della pergamena (che da qui
prende il proprio nome) è una delle innovazioni di questo centro culturale dell’antichità che utilizzò questo supporto
scrittorio per sopperire alla mancanza
del papiro in Asia Minore.
N
el nostro excursus storico sulle
biblioteche dall’antichità ai giorni nostri, va ricordata la collezione di
opere contenuta nel Tempio di Gerusalemme (citata nel Libro dei Maccabei del
Vecchio Testamento) e quella di Qumran
(di cui ne viene fatta menzione nei
«Dead Sea Scrolls» ritrovati nel 1947 all’interno di anfore, nascoste in numerose
grotte, nella zona del Mar Morto) prima
che la città fosse distrutta durante la rivolta di Giudea del 66 d. C., mentre con
l’avvento dell’Islam si moltiplicano biblioteche, le più rinomate delle quali
sono quelle di Baghdad, Cairo, Alessandria, Toledo, Cordova, e Granada.
Gli anni bui del Medioevo non ostacolano l’istituzione di nuovi centri del
sapere e, a fianco delle università del tredicesimo e quattordicesimo secolo, troviamo le collezioni librarie del Vaticano,
della Sorbona di Parigi, di Oxford, Praga
ed Heidelberg. Le più importanti biblioteche del Rinascimento sono quelle dell’Escorial di Madrid, la Herzog August
Bibliothek in Germania, la Uppsala Universitetsbibliotek in Svezia, e la biblioteca nazionale di Prussia.
Nel diciassettesimo e diciottesimo secolo nascono importanti biblioteche in
Un copista all’opera
di INDRO NERI
navig@ndo
L
Terza in ordine di importanza storica,
è la Biliotheca Ulpia, fondata nel secondo secolo dopo Cristo nel foro Traiano a
Roma, che rappresenta il modello ideale
di biblioteca romana di età imperiale e
che sancisce fra i romani la «cultura del
libro» quale valore sociale. Vero e proprio edificio adibito al servizio pubblico,
è rimasta in funzione fino al quinto secolo, quando ormai le biblioteche pubbliche in Roma erano ormai una trentina.
Il sogno di una
biblioteca mondiale
INTERNET RENDERÀ IL SAPERE
ACCESSIBILE A TUTTI
Francia, Germania, Austria, Russia ed
Inghilterra (le raccolte del Corpus Christi College a Cambridge, la Bibliotheca
Bodleiana ad Oxford e la collezione del
British Museum).
Se in principio furono gli scribi e i
copisti che – con un minuzioso lavoro di
trascrittura – permisero la diffusione della cultura riproducendo pazientemente
testo dopo testo, nel quindicesimo secolo
l’invenzione della stampa a caratteri mobili ad opera di Gutenberg amplificò
questo processo, rendendo di fatto più
semplice e meno costosa la pubblicazione delle opere e permettendo dunque ad
un numero sempre maggiore di persone
la fruizione del sapere.
Uno scanner
professionale
che sfoglia
automaticamente
le pagine dei
volumi da
memorizzare
C
on il passare del tempo ed il continuo evolversi della tecnologia, la
riproduzione su larga scala delle opere si
è semplificata ulteriormente. Ma è stato
soprattutto Internet a cambiare in modo
radicale il modo in cui comunichiamo e
il nostro accesso al sapere.
Grazie a sofisticati sistemi di Optical
Character Recognition (sistema di riconoscimento caratteri) e scanner ad alta
risoluzione, in pratica «macchine fotocopiatrici» accoppiate ad un computer, è
oggi possibile memorizzare pagine di libri trasformandole direttamente in testo.
Esistono addirittura macchine specifiche
che sfogliano automaticamente i volumi
e che permettono di digitalizzare fino a
milleduecento pagine all’ora.
La biblioteca pubblica americana di
Rochester ha scannerizzato oltre un milione e mezzo di pagine di documenti storici e rari, mentre la casa editrice scientifica tedesca Springer ha messo a disposizione su Internet tutti i vecchi numeri dei
suoi oltre mille titoli, memorizzando un
milione di pagine al giorno. Ma la notizia
che ha destato più clamore è stato il recente annuncio che il più noto fra i motori
di ricerca Internet, Google (www.google.com), ha stretto accordi con le biblioteche di Harvard, Stanford, delle università di Oxford e del Michigan, nonché
della prestigiosa New York Public Library
per digitalizzare le importanti collezioni
di volumi contenute in queste biblioteche
al fine di aumentare i risultati di chi scandaglia Internet utilizzando il motore di ricerca per antonomasia.
L
arry Page, uno dei fondatori di Google Inc., ha aggiunto che «Anche prima che Google raggiungesse il successo
odierno, sognavamo di rendere un giorno
accessibile una simile quantità di dati in
maniera istantanea». La digitalizzazione
dei volumi permetterà insomma di organizzare e rendere fruibile il sapere semplicemente effettuando una ricerca per
parola chiave. Se oggi cerchiamo per
esempio il termine «scrittura» su Internet, il motore di ricerca ci restituisce una
serie di collegamenti a siti Internet che
trattano di grafia, ortografia, calligrafia,
e segni grafici in generale. Un domani
invece, grazie a questa iniziativa senza
precedenti, fra i risultati avremo anche la
possibilità di accedere direttamente al
contenuto di volumi che parlano di scrittura.
Il sogno di una biblioteca mondiale,
del sapere veramente alla portata di tutti
dunque, è sempre più vicino.
Giornalisti
e “frasi civetta”
U
na “frase civetta” è, in genere, un
titolo balordo di giornale, che serve solo ad attirare l’attenzione. Dialettismi, barbarismi, anglismi, neologismi:
tutto fa brodo, pur di incuriosire. Per
esempio, il numero di «Panorama» del 5
agosto 2004, a pag. 69, porta il titolo:
“Vittò, datte ‘na calmata, please”, scrivendo una frase anglo-romanesca, che
nessuno si è mai sognato di pronunciare,
ma che, comunque, dà un’idea colorita
ed estremamente espressiva, in maniera
molto più incisiva dell’equivalente frase
italiana, “Vittorio Sgarbi, devi darti una
calmata, prego”. Il titolo, che si riferiva
al contestato involucro dell’Ara Pacis, in
centro a Roma, fornisce interessanti connotazioni, esprimendo subito che si parla
di Roma (v. dialetto) e tirando in ballo,
in maniera immediata, l’architetto inglese Richard Meier (v. “please”). Il romanesco, in realtà, grazie a radio, cinema e
televisione, ha imposto nuovi, originali
(e discutibili) modi espressivi, entrati or-
Fedeltà al parlato
oppure va corretto?
o
on è possibile che l’Ulivo prima
«
definisce il suo programma e
poi contratta...». La frase, riportata con
evidenza in sommario («Corriere della
Sera», sabato 25 settembre 2004, pag.
13), è desunta da un’intervista a Fausto
Bertinotti, che sottolineava la necessità
che l’Ulivo prima discutesse con tutte le
forze politiche interessate e poi venisse
fissato un programma unitario. La frase
del segretario di Rifondazione comunista
è con molta probabilità riportata fedelmente, ma propone un quesito di deontologia professionale (oltre che linguistico). Quando uno parla, si sa, non è tenuto a una ortodossia sintattica. La foga, la
passionalità, l’enfasi passano attraverso
anacoluti, sospensioni sintattiche, anche
gravi errori di costruzione e di “consecutio” strampalate. Il giornalista, o il resocontista, le deve correggere o ne deve rispettare la fedeltà contestuale? Personalmente, in linea di principio, le ho sempre
corrette, ma non è detto che fossi nel
giusto. A volte, si pone forse anche un
problema di simpatia o antipatia con il
personaggio intervistato. Come dire: se
ne condivido le idee, lo correggo per non
fargli fare brutta figura. Se invece mi sta
sullo stomaco, la frase l’ha detta e che se
la tenga! Con ciò, rimango però dell’idea
che il giornalista del «Corriere» avrebbe
dovuto correggere la frase di Bertinotti
(«Non è possibile che l’Ulivo, ancor prima di contrattare, voglia definire il programma...»). O no?
N
di PAOLO
A. PAGANINI
RIVISTA DEGLI STENOGRAFI
ell’ultimo Festival del cinema di
Venezia, il settembre scorso,
l’autorevole critico cinematografico del
«Corriere della Sera», Tullio Kezich,
nell’esaltazione per un film, sul quale
egli puntava, si è lasciato travolgere dall’entusiasmo, scivolando su un tragico e
raccapricciante svarione. Nel suo corsivo
di pag. 37 (venerdì 10 settembre 2004),
ancor prima che uscisse il verdetto della
giuria per l’assegnazione del Leone d’Oro, Kezich, nell’elogiare il film di Gianni
Amelio, «Le chiavi di casa», attaccava
l’articolo con un audace interrogativo:
“Habemus Leo?” Ma “Leo” qui non è
soggetto (caso nominativo), come potrebbe essere “Est Leo?” (cioè: “È il
Leone?”); è invece complemento oggetto, che va tradotto con l’accusativo, cioè:
“Habemus Leonem?” (“Abbiamo il Leone?”), come dire “Habemus... asinum?”
lingua
N
mai nell’uso comune (inutile scandalizzarci!). “Aridatece...” (il nome che segue
indica il rimpianto per un personaggio
che non c’è più); “Anvedi (guarda) come
piove!”. E poi le versioni scritte di un inglese largamente usato (anche se nessuno in Italia lo parla correttamente): “occhèi”, “pràivasi”, “tìcchete”, “maxistore”, e poi i già trattati “scannare”, “fassare”... E che ne dite di “imellare” per
“mandare un email”?
Fuori la
Il latinorum
di Tullio Kezich
31
INDOVINELLI IN CONCORSO
1 - Professore d’italiano
Alle prove d’esame si mostrava
sempre largo con i punti, ma allorquando
spiegava il metro e discuteva Orlando,
che bottoni attaccava!...
(Il Valletto)
2 - Mia moglie gelosa
A sollevar lo spirito non serve
la pianta solo quando me la stringo;
6 - Arrivano le reclute
Si presentano avanti al Reggimento
– da sole – coi riflessi un po’ appannati:
ma se bisogno v’è d’un chiarimento
ci son – tirati a lustro – i graduati.
(Buffalmacco)
SOLUZIONI DEI GIOCHI N. 66
1 – Il matrimonio
2 – Il mare
3 – La manomorta
4 – La luna
5 – Le mani
6 – La lingua
Gli indovinelli del numero scorso erano in verità
abbastanza facili... ma tutti i nostri concorrenti
sono scivolati su quella «canagliesca» Manomorta (n° 3). Rimandiamo dunque la rivincita al prossimo numero.
I PREMI
A quanti risolveranno tutti e sei gli indovinelli sarà
inviato uno storico libro di stenografia. Le soluzioni di questa puntata di giochi dovranno pervenire
alla Redazione entro il 10 maggio 2005.
Crittografie dantesche (Soluzioni)
quando Tirone incontra Edipo
5 - La donna
Se vacillante e in lacrime
vien talvolta un bacino ad implorare,
potete star certissimi
che ha un fallo femminil da riparare!
(Il Valletto)
giochi
4 - La dura strada del divo
Le prime pose, i risultati vani:
ecco il travaglio di chi è alfin riuscito,
dopo le carrellate e i primi piani,
a toccar proprio il cielo con un dito!
(Il Bulgaro)
a cura di
GIUSEPPE
CAPEZZUOLI
L’angolo dei
CRITTOGRAFIE DANTESCHE
(Soluzioni capovolte in fondo alla pagina)
1 - Vero è che più o meno eran contratti
(Purgatorio X – 136)
2 - E paiono sì al vento esser leggeri
(Inferno 5 – 75)
3 - Di qua di là su per lo sasso tetro
(Inferno XVII – 34)
Noi salivam per entro il sasso rotto
(Purgatorio IV – 31)
4 - Che segno fu ch’io dovessi posarmi
(Paradiso VI – 27)
5 - Né fiamma d’esto incendio non m’assale
(Inferno II – 93)
6 - E nel suo giro tutta non si volse
(Paradiso XIII – 4)
7 - Nè de’ primi appetibili l’affetto
(Purgatorio XVIII – 57)
3 - Un grande amore
Sento la tua mancanza ogni qualvolta
non sei alla mia portata,
perciò decido che
io non avrò un secondo senza te
(Il Nano Ligure)
5 - Amianto
6 - Ansa
7 - Antipasto
Va solo spiegato che quello strano interò è voce in disuso del verbo interare,
che vuol dire: rendere intero, perfetto. È
sopravvissuto soltanto l’avverbio, da tutti conosciuto: interamente.
Divertente, no?
ma, andando avanti poi di questo passo,
finirà sola per andare a spasso. (Il Frasca)
1 - Accordi
2 - Alianti
3 - Alpinisti
4 - Alt
C
ome si divertivano... un secolo
fa? Prima di proporvi le nostre
consuete Crittografie dantesche (con le
soluzioni capovolte in fondo alla pagina), e i sei Indovinelli in concorso, vi
presentiamo, a cominciare da questo numero della rivista, alcuni giochi storici,
rebus e sciarade che, all’inizio del secolo
scorso, venivano pubblicati sulle tante (e
belle) riviste stenografiche. Cominciamo
con una Sciarada stenografica (che, ovviamente, presuppone la conoscenza del
sistema Gabelsberger-Noe):