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Tracce d’eternità Rivista elettronica di Storia Antica, Archeologia, Mitologia, Esoterismo ed Ufologia Riservata agli utenti del portale Tracce d’eternità Numero 4 (settembre 2009) STRANGE di eSQueL XAARAAN di Antonella Beccaria DREAMLAND di Gianluca Rampini LO SPAZIO DELL’OTTAVA di Michele Proclamato GLI ANELLI MANCANTI di Ines Curzio LUOGHI MISTERIOSI di Isabella Dalla Vecchia LIBRARSI di Simonetta Santandrea CONFESSO, HO VIAGGIATO di Noemi Stefani ANGOLO PRIVATO di Giovanna Triolo URBIS HISTORIA di Simonetta Santandrea LIFE AFTER LIFE di Noemi Stefani ARCHEOLOGIA DI CONFINE di Yuri Leveratto LE INTERVISTE DI GIANLUCA RAMPINI UFOLOGIA di Roberto La Paglia MISTERI di Enrico Baccarini MASSIMO TEODORANI CORRISPONDENTE INTERVISTA A MICHELE PROCLAMATO Questa rivista telematica, in formato pdf, non è una testata giornalistica, infatti non ha alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale, ai sensi della legge n. 62/2001. Viene fornita in download gratuito solamente agli utenti registrati del portale Tracce d’eternità e una copia è inviata agli autori e ai collaboratori. Per l’eventuale utilizzo di testi e immagini è necessario contattare i rispettivi autori. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Note a margine pag.2 Un’anima inquieta Simone Barcelli Simone Barcelli ha 45 anni ed è un ricercatore indipendente di Storia Antica, Mitologia e Archeologia di confine. Collabora con Storia in Network, Tuttostoria, InStoria, Edicolaweb, Acam, Esonet, OOPArt.it, Paleoseti e ArcheoMedia, sui cui portali sono pubblicati i suoi studi tematici. Cari amici, dal 25 settembre 2009 “Tracce d’eternità” www.simonebarcelli.org è il portale che ospiterà tutte le iniziative dello staff redazionale dell'omonima rivista elettronica. Ringraziamo il web master di Paleoseti.it, Teodoro Di Stasi, che ci ha finora ospitati per il download dei primi tre numeri: con pazienza e disponibilità ci ha aiutato a crescere, indicandoci spesso la strada da seguire. Grazie Teo! La redazione E’ notte fonda. D’accordo con l’amica Antonella che queste sono le ore migliori per scrivere. Qualche ultimo ritocco e Tracce si avvia alla sua stesura definitiva, pronto per il download libero e gratuito per gli utenti del nuovo portale. Siamo già al quarto numero ma non è ancora tempo di bilanci, troppo presto. Questa ‘creatura’, lo avrete notato, si evolve, seppur con immensa fatica, ad ogni sua uscita. E’ quindi difficile, in questo momento, comprendere quale strada le riserverà il futuro. Non abbiamo dubbi che la via sarà, in ogni modo, in salita, eccome. Questa rivista elettronica ha infatti un’anima inquieta, assetata di conoscenza che insegue con frenesia. Tracce, nella nicchia che si sta costruendo, è il frutto di numerose collaborazioni, certamente ‘trasversali’. Su queste pagine gli autori, non solamente quelli già affermati, esternano teorie, ipotesi, pensieri, anche congetture. L’obiettivo è confrontarsi in maniera pacata, senza “alzare la voce”, TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà consentendo a tutti di esprimere la propria opinione e dar luogo, quanto possibile, al contraddittorio. I contenuti che andrete a leggere vanno chiaramente in questa direzione e non poteva essere diversamente. Si comincia con Teodoro Di Stasi, web master di Paleoseti.it, praticamente una vita dedicata allo studio dei Cerchi nel grano, che ha più di un fastidioso ‘sassolino’ nelle scarpe: è stato strattonato, malamente, per la camicia e ha deciso di mettere nero su bianco qualche utile precisazione. ESQuel propone uno studio che, assieme ai precedenti già pubblicati, merita particolare attenzione, se non altro per i risvolti che le sue teorie potrebbero avere in un prossimo futuro, quando finalmente qualcuno si degnerà di dibatterne, senza preconcetti. A seguire, un’altra esclusiva intervista di Gianluca Rampini, stavolta faccia a faccia con Massimo Teodorani. Il nostro collaboratore dalla Colombia, Yuri Leveratto, ci parla dei misteriosi petroglifi di Quiaca, da lui rinvenuti dopo la solita estenuante escursione. E noi, comodamente in poltrona, cercheremo di metterci nei suoi panni, ben sapendo che non si tratta di una “fiction”. Roberto La Paglia propone una tematica sempre dibattura, quella dei numerosi segnali che provengono dal nostro passato e che spesso non riusciamo a cogliere nella giusta maniera. Su Mothman, l’Uomo Falena, è incentrata l’attenzione di Enrico Baccarini, come sempre oltremodo preciso anche nella documentazione a supporto di quel che scrive. Simonetta Santandrea prosegue il suo viaggio per città, facendo tappa a Pontremoli e ponendo la sua attenzione sul labirinto. Abbiamo riesumato dal web un prezioso report a cura di Alessia Maineri, riferito alla conferenza “UFO e Paranormale”, svoltasi in quel di Pavia il 10 aprile 2003. Tra i relatori, in tempi davvero non sospetti, anche il nostro web master. E’ un piacere avere tra noi Isabella Dalla Vecchia, responsabile del portale Luoghi Misteriosi, www.luoghimisteriosi.it, con un prezioso contributo dedicato al mistero insito nelle Rotonde. Abbiamo cercato, con tutti i limiti che ci riconosciamo, di raccontarvi il convegno ALCHIMIA ALCHIMIE, una manifestazione fuori dall’ordinario, giunta quest’anno alla quarta edizione nella magica San Leo. Gli incontri in programma erano veramente tanti (a volte concomitanti) ed è stato necessario, nostro malgrado, operare delle scelte. Ecco che la nostra attenzione è andata alla conferenza di Giovanni Francesco Carpeoro, direttore di Hera ma soprattutto grande studioso di simbolismo, e a quella di Michele Proclamato, che ha presentato al pubblico le sue innovative teorie e noi lo abbiamo “interrogato” per i nostri lettori. Da par suo, Antonella Beccaria ci mostra come si può ‘raccontare’ questa misteriosa città medievale da un punto di vista molto personale (la copertina vi dovrebbe già aver messo la pulce all’orecchio). Da circa un mese è possibile leggere il volume “Gli anelli mancanti”, scritto d’esordio di Ines Curzio: l’autrice ce lo presenta nell’omonima rubrica. Gianluca Rampini, nella sua Dreamland, parla di Alieni buoni e ci sottopone la lettura di uno scritto di Nikola Duper, La Storia di “Amicizia”. Simonetta Santandrea, in Librarsi (stavolta la rubrica è in veste ridotta per comprensibli motivi di spazio) consiglia ai lettori “Il Santo Graal”, un sempreverde di Franco Cardini & Company, reperibile anche in versione economica. Ed ecco, a seguire, il bel racconto di Giovanna TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Triolo, “La città dei viandanti”. Michele Proclamato inizia, da questo numero, ad illustrarci le sue rivoluzionarie teorie nella rubrica “Lo Spazio dell’OTTAVA”. E’ Noemi Stefani che, nello spazio dedicato ai resoconti di viaggio, ci racconta della sua ultima visita in Tunisia, con belle fotografie scattate anche al celeberrimo Museo del Bardo. La ritroviamo, che scrive di sfere di luce, nella sua rubrica Life after Life. C’è anche un suo resoconto da Cattolica per un convegno tenutosi qualche giorno fa. La corrispondenza di Antonella Beccaria chiude in bellezza il numero 4 di Tracce d’eternità. Con questo è tutto, appuntamento sul nuovo portale Tracce d’eternità www.simonebarcelli.org per le tante iniziative che vedranno la luce prossimamente. Simone Barcelli [email protected] ADDENDA di Simonetta Santandrea Queste righe portano una precisazione relativa alle foto del doppio articolo per la sezione Urbis Historia “L’enigma degli occhi” e “Da qui partirono i Messaggeri celesti?”, nel num.3 di Tracce d’eternità: le foto sono tratte dal sito www.luoghimisteriosi.it. Me ne scuso innanzitutto con Isabella, responsabile del portale e con i lettori per la mancata, ma assolutamente dovuta, citazione. Colgo inoltre l’occasione per salutare con affetto proprio Isabella, che inizia da questo numero una preziosa collaborazione con tutti noi di Tracce d’eternità. Benvenuta! Tracce d’eternità Rivista elettronica di Storia Antica, Archeologia, Mitologia, Esoterismo ed Ufologia Riservata agli utenti del portale Tracce d’eternità Numero 4 (settembre 2009) Portale www.simonebarcelli.org Indirizzi di posta elettronica: [email protected] [email protected] [email protected] REDAZIONE COLLABORATORI ED AUTORI Simonetta Santandrea [email protected] Gianluca Rampini [email protected] Simone Barcelli [email protected] eSQueL [email protected] Dall’estero Christopher Dunn [email protected] Michael Seabrook [email protected] Marisol Roldàn Sànchez [email protected] José Antonio Roldàn [email protected] Yuri Leveratto [email protected] Dall’Italia Antonella Beccaria [email protected] Simone Barcelli [email protected] Teodoro Di Stasi [email protected] eSQueL [email protected] Enrico Baccarini [email protected] Gianluca Rampini [email protected] Simonetta Santandrea [email protected] Sergio Coppola [email protected] Antonio Crasto [email protected] Maurizio Giudice [email protected] Stefano Panizza [email protected] Giovanna Triolo http://blog.libero.it/Angoloprivato Noemi Stefani [email protected] Ines Curzio [email protected] David Sabiu [email protected] Massimo Pietroselli [email protected] Alessio Margutta urgiddi.wordpress.com Roberto La Paglia [email protected] Isabella Dalla Vecchia www.luoghimisteriosi.it Alessia Maineri [email protected] Michele Proclamato [email protected] Questa rivista telematica, in formato pdf, non è una testata giornalistica, infatti non ha alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale, ai sensi della legge n. 62/2001. Viene fornita in download gratuito solamente agli utenti registrati del portale e una copia è inviata agli autori e ai collaboratori. Per l’eventuale utilizzo di testi e immagini è necessario contattare i rispettivi autori. This electronic magazine, in pdf format, is not a newspaper, it has no periodicity. It can not be considered an editorial, under Law No. 62/2001. Is provided in a free download only for registered users of the portal and a copy is sent to the authors and collaborators. For the possible use of texts and images please contact the respective authors. Esta revista electrónica, en formato pdf, no es un periódico, no tiene periodicidad. Por tanto, no puede considerarse como un producto editorial, en virtud de la Ley N º 62/2001. Se ofrece en una descarga gratuita solo para usuarios registrados del portal y se remita copia a los autores y colaboradores. Para la posible utilización de los textos y las imágenes pueden ponerse en contacto con los espectivos autores. I primi tre numeri di “Tracce d'eternità” sono ancora disponibili, in download gratuito, sul portale www.simonebarcelli.org TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Contenuti NOTE A MARGINE Simone Barcelli Un’anima inquieta pag.2 CROP CIRCLE Teodoro Di Stasi Quando un messaggio è frainteso, quando l'Uomo non si capacita della bravura dei suoi consimili pag.6 STRANGE Esquel Il cappello del mago pag.14 LE INTERVISTE DI GIANLUCA RAMPINI Gianluca Rampini Massimo Teodorani pag.25 ARCHEOLOGIA DI CONFINE Yuri Leveratto El misterio de los petroglifos de Quiaca pag.40 Il mistero dei petroglifi di Quiaca pag.43 URBIS HISTORIA Simonetta Santandrea Il labirinto di Pontremoli (una via per scegliere) pag.59 DOCUMENTI Alessia Maineri Report Conferenza 10 aprile 2003 “UFO e Paranormale” pag.66 COLLABORAZIONI LUOGHI MISTERIOSI Isabella Dalla Vecchia Il mistero delle Rotonde pag.77 CORRISPONDENZE ALCHIMIA ALCHIMIE Simone Barcelli Simbolismo dell’anima pag.83 Simone Barcelli Chi cerca, trova pag.85 Simone Barcelli L’uomo dell’OTTAVA pag.88 Antonella Beccaria San Leo… in bianco e nero pag.92 UFOLOGIA Roberto La Paglia Segnali dal passato pag.46 GLI ANELLI MANCANTI Ines Curzio Gli anelli mancanti pag.93 MISTERI Enrico Baccarini Mothman, l’Uomo Falena DREAMLAND Gianluca Rampini Gli alieni buoni pag.95 pag.50 TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Nikola Duper La storia di “Amicizia” pag.97 LIBRARSI Simonetta Santandrea Il Santo Graal pag.104 ANGOLO PRIVATO Giovanna Triolo La città dei viandanti pag.106 LO SPAZIO DELL’OTTAVA Michele Proclamato Un Guerriero del Futuro pag.108 CONFESSO, HO VIAGGIATO Noemi Stefani La Tunisia pag.116 XAARAN Antonella Beccarla La teoria del complotto: miti e ragioni per credere e non credere pag.118 LIFE AFTER LIFE Noemi Stefani Sfere di luce pag.121 ULTIM’ORA Noemi Stefani XXIII Convegno Internazionale 2009 “Movimento della speranza” - Cattolica pag.123 Crop Circles pag.6 Crop Circles "Atlas Project": Quando un messaggio è frainteso, quando l'Uomo non si capacita della bravura dei suoi consimili Teodoro Di Stasi E' il mese di Agosto 2009, quando rimbalza in tutta la rete la notizia del ritrovamento di un Crop Circles dalle proporzioni che ne decretano "il più grande Crop Circles mai comparso su un campo TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà coltivato a grano", 530x450 metri. Oltre alle sue misure, che già da sole lasciano presagire la magnificenza di questa opera, ci si trova a contemplare un'immagine che lascia attoniti: ad acchito la si associa all'opera di Leonardo chiamata "L'uomo Vetruviano", per poi dovere constatare che vi è un elemento in più, le ali, che quindi lo fanno associare a "Mothman" ovvero l'Uomo Falena. Questa l'immagine (nella pagina precedente a dimensioni maggiori) creazione, che ha chiamato "Progetto Atlas". Gli autori, dichiaratisi tali, sono un gruppo attivo dal 1997 e che hanno un sito dove potrete visionare le loro realizzazioni, compresa quest'ultima: http://www.xld-sign.com A parte le interpretazioni, quello che si crea sin da subito è l'eterno, quanto acceso in termini di toni, scontro/confronto tra chi pensa che un opera simile sia impossibile essere stata creata da esseri umani e i sostenitori della spiegazione invece per opera umana. Chi scrive è da almeno cinque anni che sostiene la seconda ipotesi suggerita, ovvero quella umana. Condivisibile o meno questa è la mia posizione, frutto (come più volte scritto in altri contesti) di un percorso fatto di approfondimenti, comparazioni, studio e sperimentazione. Tornando all'oggetto, o meglio, al Crop Circles di questo articolo, lo scontro si è fatto più acceso dopo che qualcuno ha rivendicato la paternità della sua Il gruppo di Circlemakers Xld-Sign, tra le sue opere, annovera anche una che è stata ripresa dal fisico Eltjo Haselhoff, per i suoi studi sul fenomeno dei Crop Circles e che è considerato (a torto o a ragione, io propendo per la prima) uno dei massimi esperti mondiali sul fenomeno. Era la formazione del 1997 chiamata "De gulden tunnel" http://www.xldsign.com/projecten/bekijk/D e-gulden-tunnel Non è servita tale dichiarazione di paternità a "qualcuno" (vedi Box a pag.10), che ha ritenuto impossibile che un uomo sia in grado di creare un opera simile e dal contenuto/messaggio come quello rappresentato in questo disegno. Uno di questi "qualcuno" è il simpatico Adriano Forgione che, nel suo Blog http://ilblogdiadrianoforgione .myblog.it TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà cosi intitola la notizia: "La più grande formazione di sempre" http://ilblogdiadrianoforgione .myblog.it/archive/2009/09/0 7/la-piu-grande-formazionedi-sempre.html Ai commenti già presenti sulla pagina correlata all'articolo, chi scrive (Teodoro Di Stasi) ne aggiungeva uno suo, che qui riporto per esteso, non prima però di aggiungere una piccola prefazione per fare meglio comprendere quello che poi è stato il mio commento. Adriano Forgione, in risposta ad un commento in particolare, scritto dall'utente Schweinsteiger che gli diceva semplicemente di informarsi quanto era stato sino ad ora discusso e detto su questo Crop Circles nei forums, nei newgroups e nei luoghi dove ci si scambia informazioni e pareri sul fenomeno stesso, risponde stizzito e infastidito. Il commento, che può essere letto assieme all'articolo ed a tutti gli altri commenti scritti dagli utenti che accedono al Blog, era questo: “Allora, dato che per voi tutti i cerchi nel grano sono fasulli, non portatemi le prove solo di questo. Attendo anche il resto. Forza, attendo. Io non faccio silenzio, la mia assenza è stata dovuta alle meritate vacanze. P.S. Puoi portarmi qualsiasi tipo di prova...devi prima dimostrarmi che non si tratta di prova costruita e inoltre, tale prova la ESIGO per TUTTI e ripeto TUTTI i cerchi nel grano sinora apparsi. Altrimenti, fate silenzio, lo sanno tutti da vent'anni che parte del fenomeno è umano!!!! Dunque attendo un apporto SERIO.” (Scritto da : adriano forgione | 07/09/2009 in risposta all'utente Schweinsteiger) Eccoci giunti, dopo la dovuta premessa, al commento che inserivo: “Caro Forgione, nonostante tu mi stia simpatico (e lo dico perchè ti ho potuto conoscere di persona e parlarti in almeno due occasioni, Bergamo e Stresa) mi chiedo come fai ad uscirtene fuori per l'ennesima volta con una tua interpretazione che vuoi imporre "costi quel che costi". Chiedi che ti vengano fornite le prove che tutti i CC siano fatti dall'uomo, e qui mi deludi per quello che tu dovresti rappresentare ma che tradisci: "una persona che conosce il fenomeno e ne può parlare con cognizione, affrontando serenamente ogni critica ad ipotesi esposte". Cosi non è e mi dispiace per te, sei uno dei rari ricercatori che sistematicamente quando gli viene offerta una risposta la ignora bellamente. Servirebbe a qualcosa risponderti che è impossibile soddisfare la tua richiesta, quanto inutile? Impossibile perchè non a tutti i circlemakers interessa documentare quello che fanno, ed inutile perchè nella migliore delle ipotesi tu saresti capace di inventarti qualcosa di nuovo pur di non ammettere la semplice realtà. In questo specifico caso però hai un modo concreto di accertarti della natura umana del CC... contatta gli autori (di cui si conosce il sito ed i nomi http: www.xldsign.com) e commissiona loro un Crop Circles che abbia le caratteristiche come quello di quello di cui tu pensi impossibile potere essere stato TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà fatto da essere umano :-) Poi però prenditi l'impegno di scrivere sul tuo blog la verità1. Non volermene a male per quanto ti ho scritto, è solo per metterti davanti al fatto che stai collezionando un po’ di figuracce ultimamente (dalla urlata richiesta, arrivata poi con un articolo di Grassi2, C'è chi sospetta che l'autore dell'articolo in cui si ipotizza una spiegazione non antropica, Adriano Forgione, abbia troppi interessi e che la sua scelta di negare qualsiasi evidenza è solo dettata da tali interessi che comprendono: riviste, conferenze, consulenze per programmi televisivi, libri...e non per ultimo la propria reputazione... 2 Adriano Forgione, in un suo precedente articolo dedicato ad un Crop Circles comparso a East Field il 7/7/2009 poneva una richiesta su un particolare del Crop Circles che riguardava "intrecci delle spighe", ritenuti da lui "impossibili da realizzare dall'uomo". Non sono tardate le risposte, una su un forum, ad opera di Roberto L. che nel post inserito l’08/08/2009 alle 14:13:04 offre la sua spiegazione. Ed un'altra ad opera di Francesco Grassi (studioso del fenomeno e circlemakers, nonché coautore di uno dei contributi più importanti sul fenomeno dei Crop Circles ). La risposta alla domanda di Forgione su come sia possibile realizzare gli intrecci delle spighe comparsi a East Field. Da notare che Adriano Forgione, nonostante abbia avuto una risposta a ciò che chiedeva, sembra non intenzionato ad ammettere di avere, ancora una volta, 1 alla spiegazione di intrecci, a questa, dove ti si veniva semplicemente detto di fare una ricerca in rete prima di lasciarti andare all'ennesimo ed immotivato stupore mistico/misterioso/ esoterico. Teodoro Di Stasi (sai, non mi piace che poi qualcuno commenti dicendo che chi ti critica si nasconde dietro pseudonimi o nickname, sono assolutamente sereno e cosciente di quanto ti ho scritto).” Scritto da : Teodoro | 07/09/2009 La discussione è proseguita con una serie di "botta e risposta", sino a quando Adriano Forgione finalmente mi risponde (anzi, risponde indirettamente, poichè è un rispondere a tutti i commenti non allineati con il suo pensiero che gli hanno scritto altri) Riporto la parte che qui interessa e mi riguarda: “…2 - Non mi interessa commissionare nessuna formazione. Ti ringrazio Teodoro, ma a nulla servirà. dimostrato di non conoscere e nemmeno voler approfondire gli aspetti correlati ai Crop Circles ed alla loro realizzazione ad opera degli uomini. Cosa dovrebbe farmi capire? Come si realizza un falso? No grazie” Scritto da : adriano forgione | 08/09/2009 Bene, avuta la risposta non credo che vi fosse altro da aggiungere, se non un ultimo commento rivolto a Forgione dove scrivevo: “Ciao Adriano, grazie per avermi risposto, mi è sufficiente quanto scrivi in questa parte: …2 - Non mi interessa commissionare nessuna formazione. Ti ringrazio Teodoro, ma a nulla servirà. Cosa dovrebbe farmi capire? Come si realizza un falso? No grazie.-… Pemettimi però di farti un solo appunto: se tu ritieni impossibile da parte di esseri umani realizzare una figura così complessa, come puoi dopo rispondermi che NON ti servirebbe a nulla commissionare agli stessi circlemakers, che si sono attribuiti la paternità di questo disegno, di ricreartelo, perchè sarebbe un falso!!! Allora, o l'essere umano non è in grado oppure lo è. Vabbè, lasciamo perdere. Ti sei infilato, tu e tal Mike Plato, in un vicolo TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà cieco e continuate ostinatamente a volere difendere la gaffes fatta. Per me è chiusa qui. Ti saluto amichevolmente e spero di poterti incontrare in giro per offrirti un caffè. Mi sei simpatico e lo confermo ancora: ti ho conosciuto e posso dire che tu sei realmente così, una persona che crede in quel che dice e quel che fa, senza inganno e senza vergogna. Scritto da : Teodoro | 08/09/2009 Quello che però doveva accadere ancora era sulla soglia della porta, quando eccolo dirompente arrivare, per opera di tal Mike Plato... che così si esprime sul suo Blog http://mikeplato.myblog.it (SIC!) VEDO CHE SUL BLOG LA DISCUSSIONE IMPAZZA. NON SO SE I VARI DENIGRATORI E MESTATORI QUI E SUL BLOG DI ADRIANO SIANO I MEDESIMI. MA HO QUALCOSA DA DIRE A COSTORO, AI TEODORO E AGLI SCHWEINSTEIGE. VOI VENITE QUI, SPARATE A ZERO SULLE GERARCHIE CELESTI, CI DATE DEI FACILI CREDULONI, OFFRITE UNA PATERNITA' UMANA A QUESTE FORMAZIONI. CI VENITE A DIRE CHE NON APPENA SCOPRIAMO UNA FORMAZIONE COME QUELLA OLANDESE, CE LA BEVIAMO E DIMOSTRIAMO TUTTA LA NOSTRA INGENUITA', DIMOSTRIAMO DI ESSERE SOGNATORI INFANTILI. VOI INVECE SIETE DEGLI IPOCRITI, DELLA PEGGIOR SPECIE. Buongiorno Mike, Guardi (le do del "lei" perchè NON ho il piacere né di conoscerla né di avere mai condiviso il mio pensiero) si tolga semplicemente i suoi dubbi nella maniera più semplice possibile: contatti gli autori e chieda loro di replicargli la formazione. Poi, però, abbia il coraggio di scrivere che lei è un insultatore a fondo perso. La saluto Teodoro Di Stasi Scritto da : Teodoro | 08/09/2009 Tratto da: http://mikeplato.myblog.it/ar chive/2009/09/08/aggiornam enti-sul-crop-olandese.html Chiamato in causa mi è parso quanto meno indispensabile intervenire, con questo commento: A differenza del precedente, questo tal Mike Plato si esibisce in quello che io ritengo uno degli spettacoli più indegni dell'essere umano: continua a insultare e a fare Ci sono due dati dichiarati dagli autori del Crop Circles, uno vede la partecipazione di 60 persone per la realizzazione, mentre un altro ne indica 52. Chi ne ha voglia si può divertire a contare in questa foto (scattata la sera prima alla realizzazione del Crop Circles) quanti sono… ragionamenti che non hanno né capo né coda, racchiudendo nelle sue risposte deliri, vaneggiamenti, picchi di inaudita perdita di controllo, anche se da parte mia la richiesta di scendere alla discussione con toni meno accesi è continuata, invana. Lascio al lettore leggersi tutto lo scambio avuto. Lascio al lettore scoprire che questa persona mi ha onorato con l'apertura di una nuova notizia dal titolo "PER ME LA QUESTIONE E' CHIUSA". http://mikeplato.myblog.it/ar chive/2009/09/08/per-me-laquestione-e-chiusa.html Eh no, per me invece "la questione non è chiusa", e visto che mi risulta impossibile proseguire e sopportare l'atteggiamento di questa persona intendo ora dimostrare perché quel bellissimo Crop Circles è opera di chi ne rivendica la paternità. In mio aiuto ci sono al momento delle immagini ad alta risoluzione, poche ma sufficienti, che sono state inserite sul sito: http://defotograaf.smugmug.c om/gallery/9196806_CYoie#6 14269856_wRA3a http://1.bp.blogspot.com/_WUnGHF3a91w/SqaH672ZBmI/AAAAA AAABCY/Pq8i-21eZh8/s1600/atlas1.jpg TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà La prima immagine che prendo ad esempio è quella scattata il 7/08/09 alle ore 6:24 scaricata in alta risoluzione sono evidentissime le linee di costruzione, dove? Eccole! Non serve evidenziarle, sono ben visibili, vi pare? Lo stesso particolare lo si nota in un’altra immagine, quella scattata pochi minuti dopo da altra angolazione... TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Queste linee, se seguite, portano ai centri dei cerchi del del disegno Non pretendo che, sull'esempio di quanto sopra riportato, io possa ancora essere convincente, d'altronde chi non ha mai realizzato un disegno in un campo ignora cosa siano le linee di costruzione, cosi come ignora molto altro del fenomeno. Ok, proviamo allora a vedere un altro esempio... avviciniamoci un po’ di più all'interno del disegno... ...le spighe. Oh già, le spighe, perché è da anni che ogni volta devo leggermi di spighe spezzate come autenticità di un disegno "creato dall'uomo", di bordi del disegno "non puliti" e di altre particolarità...ed eccole allora :-) TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Non credo che serva al lettore, ma aggiungo una nota: da questo particolare dell'immagine si vede anche come il grano è stato allettato (ovvero… "pressato") e come presenti le stesse caratteristiche che esperti (o pseudo/esperti, dipende dai punti di vista) hanno più volte utilizzato per "attaccare" i circlemakers... un disordine, un'armonia caotica, mentre, sempre per questi esperti o presunti tali, i disegni nei campi genuini presentano le spighe adagiate dolcemente al suolo, armonicamente come se un pettine le avesse accarezzate, senza creare sbavature (SIC!) o altre caratteristiche ritenute "importanti" per la valutazione. Mi fermo qui, perché non credo sia necessario andare a sottolineare con delle immagini tutti i particolari che ho potuto notare in meno di 10 minuti. Giusto per accennarvene e poi incuriosirvi e andarveli a cercare questi segni di costruzione- provate ad andare al "cuore" della formazione (sempre con le immagini ad alta risoluzione... notate qualcosa? Oppure, sempre dalle immagini, provate a cercare la "traccia" che segue “tutti" i cerchi delle ali... Ora, però, giungo al termine di questo mio intervento: credete che Adriano Forgione, o tal Mike Plato, nel momento in cui sarà disponibile il "Making Of", come preannunciato da uno dei circlemakers autori allo stesso Forgione3 in risposta ad un suo interessamento, avrà modo di ammettere pubblicamente... mi sono sbagliato e chiedo scusa a tutti (soprattutto il tal Mike Plato…?) IO credo proprio di NO! Teodoro Di Stasi [email protected] 3 Adriano Forgione riporta in un commento la risposta avuta in seguito al suo contatto con il gruppo di circlemakers autore del Progetto Atlas, queste le parole: “Hi Adriano, Thank you for your reaction. We are right now working on a "making of" documentary which will answer your questions. The fact that you doubt whether we would be able to make this is in fact the biggest compliment you could give us. Best regards and take care, Remko Delfgaauw -- XL D-SIGN”. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Strange pag.14 Il cappello del mago eSQuel Il conflitto psiche/materia In fisica classica con materia si indica qualsiasi cosa che abbia massa e occupi spazio o alternativamente la sostanza di cui gli oggetti fisici sono composti4. La psiche è un termine con cui tradizionalmente si usa individuare l'insieme di quelle funzioni cerebrali, emotive, affettive e relazionali dell'individuo, che esulano dalla sua dimensione corporea e materiale5. Uno dei pilastri della posizione dominante in ordine al rapporto psiche/materia è la netta, monolitica divisione fra oggettività e soggettività. In forza di tale divisione, si afferma che qualsiasi fenomeno per potersi dire reale deve essere 4http://it.wikipedia.org/wiki/ Materia_(fisica ) 5http://it.wikipedia.org/wiki/ Psiche TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà oggettivo, ossia deve fondarsi su dati o fatti concreti, veri, sperimentabili. Dati o fatti direttamente connessi al mondo reale e tangibile della materia. Tutto ciò che non può in qualche modo essere ricondotto alla materia è, di conseguenza, definito come ‘soggettività’. Il mondo delle idee, delle emozioni, delle intuizioni, delle sensazioni, l’intero ambito onirico e qualsiasi altra cosa riconducibile alla vita psichica ricade, senza eccezioni, nell’ambito della suddetta soggettività, ossia in un regno sostanzialmente precluso all’indagine scientifica (i.e. alla vera conoscenza). Non a caso la c.d. psicologia non rientra nel novero delle ‘scienze’ ed è descritta, piuttosto, come una disciplina che studia il comportamento degli individui e dei loro processi mentali ma che giunge a conclusioni per le quali, data la dubbia applicabilità del metodo scientifico, è sostanzialmente non rendibile un giudizio di verità. Sotto questo profilo, lo psicologo più che ad uno scienziato assomiglia ad un artigiano (un artista se è molto bravo) che, come tale, armeggia (con tanto di ‘mestiere’) con fenomeni destinati a rimanere in gran parte oscuri e sostanzialmente incompresi. Non m’interessa qui discutere i guai della psicologia occidentale. Tuttavia, se questi esistono sono persuaso che derivino proprio dalla premessa sopra esposta. Per più di cent’anni gli psicologi sono partiti dall’assunto che tutto quanto andavano investigando fosse recluso nel mondo della soggettività e questo li ha portati a trattare ogni singolo fenomeno osservato come un sostanziale parto della mente del singolo, una storia personale, magari drammatica, ma sempre chiusa fra gli spalti della mente. Da qui alla scelta della chimica come panacea di tutti i ‘disturbi psichici’ non c’è stato nemmeno bisogno di fare un passo (sic!). Tuttavia e durante lo stesso periodo nel quale la psicologia ufficiale evolveva (si fa per dire), il mondo ha conosciuto e sperimentato un’altra realtà. Una realtà parallela, per molti aspetti disturbante e che si pensava morta e sepolta sotto secoli di razionalismo, s’è nuovamente presentata all’uomo occidentale ed è cresciuta viepiù, nonostante lo sguardo dei sapienti fosse pervicacemente rivolto altrove. Sto parlando di tutti quegli aspetti attribuiti al sovrannaturale dalla ‘cultura popolare’ e che hanno condito (e seguitano a condire) l’esistenza di molti. Fra questi certamente l’ESP, ma anche le out of the body experiences (oobe), i sogni lucidi e, infine, l’intero fenomeno UFO (con la sua brava coda fatta di abduction). In altre parole, una serie d’eventi inspiegabili o anche solamente strani che s’infilano nell’esistenza (di veglia e non) delle persone il più delle volte senza chiedere permesso. Il presente lavoro si basa su due articoli precedenti6 nei quali 6“IM-Teoria” scaricabile qui: http://www.paleoseti.it/e107_ plugins/content/content.php? content.167 e “Vita-Ombra e struttura del Multiverso” scaricabile qui: http://www.paleoseti.it/e107_ plugins/content/content.php? content.173 TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà ipotizzavo l’esistenza del Multiverso (cosa per niente nuova, in effetti) e per il quale avevo abbozzato anche un’ipotesi di struttura. L’idea di fondo era, oltre l’esistenza di creazioni diverse dalla nostra, poiché basate su un corredo dimensionale diverso, quella di quattro ambiti psichici in rapporto progressivo di contenuto a contenente: Inconscio Personale (IP, coincidente con la singola consapevolezza7) contenuto in un Inconscio Collettivo (IC, relativo a tutti i terrestri e coincidente con il nostro pianeta), Inconscio Universale (IU, relativo a tutte le consapevolezze esistenti nel nostro universo, ne consegue che ogni ipotetica ‘razza’ esistente nel nostro universo avrà un suo IC contenuto dell’IU di quell’universo) e Inconscio Multiversale (IM, relativo a tutte le consapevolezze esistenti nell’intero multiverso, perciò ad ogni creazione è attribuito un proprio IU). L’idea progrediva nella formulazione dell’ipotesi d’esistenza di un network psichico, trasversale a tutte le creazioni, capace di permettere fra queste 7Per consapevolezza s’intende una singola coscienza separata dal tutto, come può essere il sig. Mario Rossi oppure un alieno abitante su un diverso pianeta in quest’universo o in un altro universo. una comunicazione di tipo, appunto, psichico. Ciò che, quindi, si renderebbe responsabile di una tale comunicazione non sarebbero le “strutture” dei singoli universi (cosa esplicitamente esclusa dalla M-teoria), bensì le consapevolezze eventualmente esistenti in tali universi, assumendo che alcune di queste consapevolezze abbiano imparato a viaggiare nell’IM. Stiamo parlando di ipotetici viaggiatori dimensionali, ossia di ‘individui’ che hanno appreso il modo per spostarsi fra le diverse creazioni esistenti per motivi che, almeno per il momento, non c’interessa investigare. Ora, assunta l’esistenza di altri universi e, all’interno di questi, di altre consapevolezze diverse da noi, è facile concepire l’insieme di tutte le creazioni come un tutto unico dotato di consapevolezza, nonché e di conseguenza la ‘materia’ che costituisce questo tutto come espressione della stessa matrice. Il punto centrale, dunque e per quel che ci riguarda, sarebbe non tanto di stabilire un primato fra psiche e materia. Quanto, piuttosto, di presupporre l'esistenza di un 'mattone' capace di descrivere il Multiverso in ogni sua parte. Forse proprio ciò che i fisici hanno chiamato Bosone di Higgs8. Ora e senza entrare nelle specifiche fisiche del bosone (un po’ perché me ne manca la competenza, un po’ per una sorta di timido pudore), quando immagino questa particella penso ad un componente talmente flessibile e dinamico da porsi come costituente primario di qualsiasi creazione esistente sia che questa si basi su una sola dimensione, oppure su undici dimensioni. Una particella capace di descrivere qualsiasi ‘stato della materia’ solo cambiando opportunamente il proprio stato vibrazionale (in sostanza, quel che farebbero le stringhe nella M-Teoria). Materia, abbiamo detto. E il significante, nel caso del nostro universo, ci indica con una certa precisione il suo significato: qualcosa che occupa uno spazio, che ha una massa, un colore, una temperatura, oltre a talune specifiche proprietà meccaniche e fisiche. Insomma qualcosa che se ti cade in testa te n’accorgi, senza meno. Tuttavia, se il riferimento per ciò che chiamiamo ‘materia’ è un universo basato su di un corredo dimensionale diverso da 8http://it.wikipedia.org/wiki/ Bosone_di_Higgs TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà quello che caratterizza il nostro (intendo dimensioni diverse in tipo e in numero) mi chiedo se abbia ancora un senso pensare la ‘materia’ nei termini nei quali l’abbiamo descritta. Non sarebbe più ‘logico’ pensare che, presupposto un diverso stato vibrazionale del mitico bosone (o delle stringhe, fate voi), anche la ‘consistenza’ e, più in generale, tutte le proprietà della materia sono destinate a cambiare? Ancora, sarebbe eccessivamente ardito ipotizzare che una simile particella sia in grado di esprimere il tipo di materia che normalmente chiamiamo psiche? In tal caso 'psiche' e 'materia' non sarebbero che diverse manifestazioni del medesimo componente fondamentale. In generale, quindi e nell’ipotesi prospettata, stati vibrazionali diversi genererebbero densità diverse della ‘materia’ e (perché no?) diversi stati dell’essere. Undici dimensioni la cui esistenza è stata dimostrata matematicamente (magari tra un po’ scopriremo che sono di più ma, per il momento, va bene così) e che, in base al calcolo combinatorio semplice, possono generare 2048 creazioni9, tutte espresse dal medesimo ‘mattone’ che, per ciascuna creazione, esiste ad uno specifico stato vibrazionale e che, per questo, è capace di esprimere mondi a noi incomprensibili e nei quali la ‘materia’ continua ad esistere anche se in modo profondamente diverso da come siamo abituati a pensarla. E, in ciascuna creazione, altre consapevolezze. Consapevolezze aliene, appunto10. Mentre qui, da noi, quello stesso mattone costruisce indifferentemente sassi e sogni. Materia fisica e Psiche. Due mondi in apparenza separati ma, in realtà, frutto della stessa fonte. Due mondi all’interno dei quali il singolo ‘percettore’ può provare a sperimentare lo stesso, identico livello di oggettività. Niente più soggettività ed oggettività, dunque? Non è necessario estremizzare in questo modo. Un ambito soggettivo verosimilmente permane anche se solo in una dimensione concettuale decisamente ridotta 9Vedi: Vita-Ombra e struttura del Multiverso 10Qui il bestiario malanghiano rischia di allargarsi un tantino perché ci vuol poco a vedere che proprio questa potrebbe essere la fonte della realtà ‘altra’ che è con l’uomo sin dalla sua origine. rispetto a come siamo stati abituati a pensare. In questo modo, tuttavia, molte difficoltà scompaiono. Magari sostituite da altre, come no. Il punto è, però, che se solo ciò che è fisico è 'reale' mentre tutto il resto è irreale ogni porta si chiude e una grande parte fenomenica è semplicemente perduta perché concettualmente non conveniente da investigare. Fenomeni come l’ESP, le c.d. oobe, i sogni lucidi, gli ufo, le abduction e il ‘sogno Michele’ sono relegati in una soggettività che, nella migliore delle ipotesi, comporta un vero suicidio speculativo, tagliando fuori l’uomo da uno spettro di possibilità di conoscenza potenzialmente sconfinato. Ma vediamolo, questo ‘sogno’. Il sogno di Michele.11 Il sogno inizia con me che cammino per strada, in direzione di casa. Sono solo, ed è tardo pomeriggio, ma c'è ancora sole, quindi il periodo dell'anno è quello attuale. Ad un certo 11Su concessione della stessa persona che lo ha sognato. Il sogno è stato postato dall’utente ‘Michele’ sul News Group ‘it.discussioni.sogni’, gerarchia ‘usenet’, in data 21 giugno 2009. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà punto sento qualcuno alle mie spalle. Mi volto, e a poca distanza da me, c'è una donna, dall'aspetto giovane, che spinge un passeggino, che mi sembra vuoto. Guardo meglio, ed effettivamente non c'è nessun bambino, né sulla carrozzina, né in braccio alla ragazza. Non credo di conoscerla, però inizio a provare una brutta sensazione, molto strana, tanto che faccio fatica a descriverla. E’ un misto di paura e ansia, insieme a quella che potrei definire come la percezione del male, che dai miei sensi viene tradotta con una sensazione di freddo, quasi gelo. Avvertito questo forte disagio, che per quanto ne so poteva anche non essere mio, ma della donna, volto immediatamente lo sguardo e proseguo per la mia strada. Sono quasi arrivato a casa, quando la scena cambia bruscamente, uno stacco insomma. Mi trovo all'interno di una stanza, ma è completamente buio, non filtra neanche il più piccolo spiraglio di luce, tanto che non sono in grado di orientarmi. Ma c'è qualcun altro con me e maneggia qualcosa di metallico. Mi rendo anche conto di essere nudo, almeno fino alla cintola dei pantaloni. L'altra persona mi si avvicina, è dietro di me. Non è la donna di prima, direi che si tratta di una presenza maschile. Ho paura. Qualcosa di freddo si poggia sulla mia pelle, all'altezza dei reni. Non è una lama, si tratta di una superficie piatta. Inizio ad agitarmi, e contemporaneamente mi sveglio. Ci ho messo qualche secondo per capire che era notte fonda, e che mi trovavo nel mio letto. Poi mi sono riaddormentato, ed al mattino seguente, non mi ricordavo più del sogno. Tutta la giornata scorre tranquillamente, fino alla sera, quando torno a casa e mio padre mi chiama per dirmi che qualcuno mi ha cercato. Gli chiedo chi fosse, e lui inizia con la descrizione che mi ha fatto tornare alla mente il sogno della notte. Era una donna, con un passeggino, che dal punto in cui si trovava lui (stava lavorando in cortile), sembrava vuoto. Pare abbia chiesto di me, pronunciando proprio il mio nome, e mio padre, non sapendo se io fossi in casa o no, l'ha invitata a bussare. Io non c'ero, ma dentro casa era presente mia madre, che però non ha visto né sentito bussare nessuno. Al che mi si è gelato il sangue, e sono corso in camera, per chiamare tutte le ragazze che conosco, che hanno un bambino piccolo, e che quindi potessero andare in giro con un passeggino. Fortunatamente non sono tante, quindi ho dovuto fare solo 5 telefonate, e manco a dirlo, nessuna era passata a casa mia. Non sono uno psicologo professionista (tanto meno uno psichiatra), ma interpreto sogni da molti anni12 e quando ho letto il post di Michele ho escluso subito che si trattasse di un sogno ordinario. Sul punto, mi rendo conto, le opinioni potranno essere le più diverse. Ma io parto dal presupposto, per me fondamentale, che un sogno è sempre vero, . Vero perché verificabile in relazione alla storia personale del sognatore, autonomo perché si presenta come un’unità compiuta e capace da sola di incidere sulla psiche del singolo e coerente perché totalmente autoesplicativo, ossia qualcosa che è possibile leggere in modo del tutto 12http://www.paleoseti.it/e10 7_plugins/content/content.ph p?content.175 Qui potete trovare un nuovo approccio all’interpretazione onirica TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà consequenziale senza, cioè, poter rilevare contraddizioni logiche al suo interno. Ecco, il sogno di Michele mancava, almeno in prima lettura, di coerenza. Mi riferisco alla ‘percezione del male’ e all’incoerenza di questo elemento con il resto della scena onirica. L’elemento appariva posticcio, slegato dal contesto se non per il fatto che, come elemento disturbante, proseguiva nella seconda parte del racconto (ancorché in forma diversa). Certo, la donna con la carrozzina vuota avrebbe potuto simboleggiare la madre del sognatore e la carrozzina vuota, in specifico, avrebbe potuto far pensare al trauma dell’abbandono. Ma questa ipotesi, parlando con Michele, non sembrava giustificata dalla sua storia personale. Il sogno, quindi, oltre che incoerente non sembrava nemmeno vero. Tuttavia, ciò che spiazzava era la coda della vicenda, tutta vissuta in real-life, con il padre che riferisce di quello strano episodio e che scatena in Michele il ricordo del sogno che aveva completamente dimenticato (probabilmente, censurato). Eliminato il possibile, restava l’impossibile. Restava l’ipotesi che l’avventura onirica di Michele fosse stato l’incontro con un visitatore multidimensionale (o multiversale). Una consapevolezza aliena, venuta da chissà dove, in cerca di lui e che il padre, verosimilmente grazie al profondo rapporto che ha con il figlio, aveva ‘visto’. Certo, vi è un buco temporale dato che Michele sogna la notte precedente e il padre vede la donna il pomeriggio successivo. Ma questo non credo abbia grande peso perché il padre, per ‘vedere’ la donna e sempre ammesso che tutto ciò abbia un senso, aveva dovuto modificare la sua percezione. In altre parole, si era dovuto mettere (inconsciamente e a sua volta) in uno stato ‘onirico’ giacché l’immagine che aveva percepito esiste ed agisce in quella dimensione, proprio grazie all’ausilio della ‘materia psichica’. Una dimensione nella quale il tempo (e chi ha dimestichezza con i propri sogni lo sa bene) spesso sembra non esistere affatto. In effetti, si potrebbe anche pensare che il sogno sia stato premonitore e che Michele abbia visto in sogno quel che sarebbe accaduto solo il giorno successivo. Tuttavia, la seconda parte dell’evento onirico mi fa dubitare di questo perché lì il sognatore sperimenta un contatto drammaticamente diretto con la presenza sconosciuta. Sembra, quindi, che ciò sia avvenuto realmente durante il sogno. Tuttavia e anche qualora l’episodio del contatto nella stanza buia fosse stato generato dalla paura sperimentata alla vista della donna, resta l’episodio narrato dal padre e del quale gli unici testimoni furono il padre stesso e i suoi cani (particolare soggiunto solo in seguito da Michele) non avendo la madre, pur essendo presente, visto né sentito alcunché. Il fatto è che eventi onirici come quello di Michele sono tutt’altro che infrequenti e l’ho scelto solo perché è l’ultimo in ordine di tempo fra tutti quelli, e non sono pochi, di cui sono venuto a conoscenza nel corso degli anni. Senza contare l’intera casistica in tema di abduction che, ad oggi, appare talmente vasta da essere persino preoccupante. Ruggeri, nella quale passa un’intervista13 a Giovanna, un’addotta presumo d’origine sarda. Il documento, almeno in Italia, mi sembra una novità assoluta se non nel fatto in sé14 almeno per il modo con il quale è stato presentato. In ogni caso, si tratta di una testimonianza drammatica sulla quale credo valga la pena di spendere qualche parola. Giovanna, questa la mia impressione, appare una persona autentica. Sotto un profilo strettamente psicologico, Giovanna non si pone mai come un’eletta o una prescelta. In altre parole, sembra assente anche la più piccola traccia d’inflazione psichica. Il suo tono di voce è sempre contenuto, mai isterico o troppo carico. La donna proferisce frasi semplici che descrivono concetti altrettanto semplici. Anche quando riferisce fatti o considerazioni relative a questioni verosimilmente molto complesse (biocompatibilità, Giovanna l’addotta Proprio mentre sto scrivendo, Mediaset manda in onda la prima puntata di ‘Misteri’ (1/7/2009), programma condotto da Enrico TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà 13Visibile qui: http://it.youtube.com/watch? v=NFBu4997IMk http://it.youtube.com/watch? v=0pm2FGWMpx0 14In passato, altri casi di rapimenti sono assurti all’onore delle cronache, Lonzi e Zanfretta per fare un paio di nomi. ibridazione, etc.) lo fa in modo estremamente lineare, come a dire ‘io questo ho capito e non posso dirvi di più’. Non vi è traccia di tinte imbonitrici, anche se un aspetto interessante è il coinvolgimento emotivo profondo che Giovanna mostra di provare a seguito di una domanda relativa al presunto aborto di un ovulo impiantato dagli alieni. Questo è un fatto che interviene verso la fine della prima parte e che riequilibra sostanzialmente l’unico atteggiamento non convincente della donna. Per alcuni minuti, infatti, Giovanna parla senza apparente stress emotivo di numerose gravidanze (o presunte tali) risultato dell’impianto nel suo utero di ovuli ibridi. Gravidanze interrotte sistematicamente intorno al secondo mese quando, a seguito di rapimento, i feti erano prelevati dal suo grembo. Da solo, questo fatto potrebbe facilmente creare seri problemi a qualsiasi donna. Per questo, il distacco rilevabile in Giovanna mentre racconta i fatti appare sospetto. Il crollo successivo, tuttavia, suggerisce che quella distanza fosse solo un modo per proteggere se stessa da una ‘realtà’ troppo dura da accettare. In altre parole, la freddezza di Giovanna non nascondeva alcunché, piuttosto serviva a lei come filtro per una sofferenza potenzialmente devastante. Fin qui la soggettività che, tuttavia e in questo caso, sembra essere corroborata da interessanti elementi ‘oggettivi’ quali: - Presenza di evidentissime cicatrici sul corpo della presunta addotta (braccia e gambe); - Tracce sull’epidermide di una sostanza luminescente di natura allo stato sconosciuta; - Presenza, rilevata tramite Tomografia Assiale Computerizzata (TAC), di un oggetto probabilmente metallico posizionato nell’ipofisi del soggetto. Il referto segnala qui ed esplicitamente “l’anomala presenza di un oggetto non qualificabile”; - Diversi referti di gravidanze (diagnosticate come ‘isteriche’) con costante montata lattea e tracciato eco-cardio del nascituro (ancorché l’ecografo non mostri la presenza di alcun esserino nel grembo della donna); - Documentazione fotografica relativa ad oggetti volanti non identificati e, per quello che si è potuto vedere, TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà anche ad una figura biancastra forse identificabile come entità extraterrestre (fotografie realizzata dalla stessa addotta); - La salma di un feto, probabilmente l’aborto del quale parla Giovanna durante l’intervista. C’è poco da fare, tutto questo ha dell’incredibile e se il punto di vista è quello di colui che vede una separazione netta fra psiche e materia, le possibilità di comprendere sia il sogno di Michele, sia i rapimenti di Giovanna in termini diversi dal disturbo psichico sono pari a zero. Se, invece, provassimo per un attimo a ragionare nei termini proposti più sopra, allora le cose potrebbero andare diversamente. Procedendo per gradi, potremmo anzitutto dividere i nostri visitatori in due grandi categorie: quelli che provengono da quest’universo e quelli che provengono da creazioni diverse dalla nostra (con corredo dimensionale diverso dal nostro). Nel primo caso, il soggetto vedrebbe l’alieno sostanzialmente per ciò che è, giacché l’immagine percepita avrebbe avuto comunque origine in quest’universo. Nel secondo, è chiaro che le cose starebbero in modo diverso poiché un’entità che proviene da un mondo, ad esempio, a cinque dimensioni, quando prende a scorrazzare per il Multiverso se le porta dietro tutte quelle dimensioni. Ne consegue che la nostra mente, mancando di una o più dimensioni (non è detto che le quattro di base siano uguali alle nostre), sarebbe costretta a ricostruire l’immagine dell’alieno in modo coerente almeno rispetto al nostro corredo dimensionale. Da qui, le forme più strane ancorché perfettamente coerenti con i c.d. pattern attivazione, ossia una libreria di immagini residenti e alle quali fare riferimento per risolvere l’input sensoriale. Da qui immagini quali il ‘sauroide’, il ‘rettiloide’, il ‘testa a cuore’, il ‘grigio’, il ‘biondo a sei dita’ le quali non sarebbero che l’adattamento migliore disponibile al brain per visualizzare qualcosa che è in gran parte al di fuori della sua portata. Michele vede una donna che, in quella precisa fase onirica, è una ricostruzione inconscia di qualcosa che si sta avvicinando e che lo sta cercando. Il suo inconscio lo ha percepito e il suo cervello gli restituisce quell’immagine. Magari quella cosa conosce già Michele, magari sa già che se si presenta in modo da sollecitare il suo istinto paterno per lei sarà più facile avvicinarlo e, in base a questo, invia segnali precisi che la mente di Michele traduce nella donna con passeggino vuoto. Qualcosa, però, va storto perché Michele è messo in allarme da uno specifico senso di pericolo. Forse un’essenza predatoria che la donna non riesce a mascherare completamente. Così, la scena cambia in modo repentino e Michele, ora che i sotterfugi sono diventati inutili, si trova a stretto contatto con l’alieno che letteralmente lo ghermisce da tergo. Se, poi, la dimensione tempo fosse perfettamente sconosciuta all’alieno, per noi quel che l’alieno fa si svolgerebbe in ogni tempo. In questo modo il padre, il pomeriggio successivo, è in grado di ‘vivere’ la stessa scena dell’avvicinamento e di farlo talmente bene da non rendersi affatto conto che, in realtà, ‘stava sognando’, ossia stava facendo funzionare la sua percezione ad un livello diverso da quello che tutti usiamo normalmente e che TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà ‘costruisce’ (è letterale) il mondo intorno a noi. Qui, tra l’altro, c’è da sottolineare il fatto che il padre non ha alcuna consapevolezza del ‘pericolo’ avvertito dal figlio. Questo è interessante, giacché potrebbe rafforzare l’idea dell’atto ‘attentivo’ come atto specificamente direzionato. L’attenzione dell’alieno era puntata esclusivamente su Michele il quale e per questo motivo è stato capace di rilevarne la vera essenza (sostanzialmente predatoria), mentre il padre ne ha avuto una visione incompleta per il fatto che, non essendo lui il bersaglio, non si trovava nelle condizioni per poter percepire le reali intenzioni di quella cosa. Se Michele riduce la sua esperienza ad un sogno e, forse, ad alcuni fatti isolati nel corso della sua vita, Giovanna è rapita, impiantata, ingravidata, scippata dei feti che accoglie, sottoposta ad ogni sorta di vessazione e questa sorta di calvario sembra durare a lungo nel tempo, saturando in modo importante la sua stessa esistenza. La domanda, quindi, è se sia possibile trattare il suo caso come abbiamo fatto con quello di Michele. In fondo qui esistono segni fisici evidenti che qualcosa è accaduto e, in effetti, i rapitori di Giovanna potrebbero provenire da questo stesso universo ed essere giunti qui ‘fisicamente’. Il fatto è che, su questo punto, condivido con gli scettici più di una perplessità. Su tutte il limite della velocità della luce, superabile solo ipotizzando che eventuali visitatori appartengano ad una razza che ha una vita media di qualche migliaio di anni. In tal caso, un viaggio di cinquant’anni sarebbe per loro poco più di una passeggiata e resterebbe loro tutto il tempo per fare ciò che son venuti a fare (qualsiasi cosa possa essere). Tuttavia, c’è un’altra considerazione che mi rende perplesso. Anche ammettendo che vivano tremila anni e siano giunti qui da una stella lontana cinquant’anni luce, quanti sarebbero? Pochi, immagino. Certamente non abbastanza per riuscire a giustificare le gigantesche dimensioni alle quali il fenomeno UFO è giunto negli ultimi decenni. E tutto questo senza tenere conto di tutti i problemi di logistica che ogni esploratore dello spazio incontra qualora approdi su di un pianeta diverso dal suo (ricordo, in proposito, un’osservazione di Corrado Malanga relativa al fatto che, ad esempio, nessun terrestre sarebbe mai in grado di digerire fagioli marziani, ecco, non vedo perché ciò, se è vero, non debba esserlo anche per chi si trova sulla Terra provenendo da Sirio). Insomma, il fatto che questi ‘saltafossi’ siano qui ‘fisicamente’ mi trova alquanto dubbioso. Altro paio di maniche, invece, è trattare i rapitori di Giovanna come esseri multidimensionali. L’unico scoglio sarebbe rappresentato dai ‘residui fisici’ che, tuttavia e in termini psicologici possono trovare, a mio modesto avviso, adeguata spiegazione. Il punto sta nell’esigenza, riscontrabile in qualsiasi individuo, di una lettura coerente del proprio stato complessivo. In altre parole, se accade un fatto che involge la psiche di una persona, tranquilli che, di lì a poco, il corpo in qualche modo seguirà. E’ esattamente lo stesso meccanismo che sta alla base delle malattie psicosomatiche e che tende a portare nel soma ciò che il soggetto ha costruito nella sfera psichica. In altre parole, le cicatrici, lo stesso TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà impianto, le gravidanze, etc. sarebbero sostanzialmente autoprodotte. Non a caso, l’ecografo non può mostrare ciò che fisicamente non sta lì. Se Giovanna è rapita, il rapimento (così come tutte le vessazioni che subisce) accade in una dimensione diversa da quella propriamente ‘fisica’. Siccome, poi, la cosa si prolunga nel tempo, l’intero corpo impara ad adeguarsi (producendo le cicatrici e persino lo stesso impianto), arrivando a farlo praticamente in tempo reale. Sembrerebbe buona. Peccato che rimanga il feto morto ad incasinare tutto. Juan Matus e il problema del feto morto. Si è ipotizzato che esistano delle consapevolezze capaci di compiere il viaggio multidimensionale e che, in forza di tale conoscenza, queste vengano a farci visita. In realtà, sembrerebbe scontato che si siano intese consapevolezze aliene (in tal caso qualsiasi consapevolezza che non appartiene al nostro pianeta, sia che provenga da Sirio, sia che provenga da un universo parallelo sarebbe considerata ‘aliena’). che stanno all’esterno (in alto come in basso). Ma dove sta scritto che a noi sia preclusa una manovra di tale portata? Possiamo legittimamente escludere che qualcuno di noi l’abbia già fatto o lo stia facendo? Ora, gli antichi stregoni toltechi avevano imparato il trucco per viaggiare attraverso le emanazioni, ‘allineando’ alle emanazioni della creatura quelle che avevano in sé. In fondo, cosa fanno realmente i proiettori astrali o i gruppi di sognatori lucidi che condividono il medesimo spazio onirico o, ancora, uno sciamano che viaggia nell’al di là se non propriamente un viaggio multidimensionale? L’argomento è troppo interessante per essere esaurito in questa sede e, quindi, mi riprometto di affrontarlo in modo più approfondito in un altro lavoro. Per quel che qui rileva, atteniamoci all’ipotetico meccanismo che potrebbe stare alla base del viaggio. E, per farlo, chiederò aiuto a Juan Matus e alla sua teoria dell’allineamento. ‘El viejo nagual’, così era chiamato dai suoi apprendisti, un giorno aveva detto loro che l’Aquila (la Creatura, il Multiverso) è fatta di indescrivibili ‘emanazioni’ organizzate in ‘fasci’ e che ciascun fascio corrisponde ad un determinato piano di realtà, un mondo a sé. El viejo nagual disse anche che tutti gli esseri hanno dentro di sé gran parte delle emanazioni Lo stregone non faceva altro che spostare la sua attenzione al suo interno e agganciare le emanazioni di uno specifico fascio esterno, allineando le proprie emanazioni con queste. Questo faceva si che lo stregone spesso scomparisse da questo mondo per ricomparire in un mondo alieno. Scompariva da qui per comparire lì, con tutto il corpo, cappello compreso. V’è da dire che Juan Matus era un nagual e per lui queste cose dovevano apparire del tutto scontate. Al di là, però, della posizione di ciascuno su ciò che fu (o non fu) Carlos Castaneda, proviamo, al fine di risolvere il problema del feto morto, a ragionare in termini di ‘allineamento’. Ossia, ipotizziamo che la consapevolezza ‘C’ esista in un universo parallelo al nostro, che sia abituata da molto tempo a venire proprio qui e che per venirci usi la tecnica dell’allineamento. Per C né il tempo, né lo spazio costituiscono un problema perché la TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà ‘materia’ della quale è costituito non è ‘materia fisica’, ma assomiglia di più a quella dei nostri sogni. Per lui passato e futuro non esistono e tutto avviene nel medesimo istante e nel medesimo luogo. Così, egli sa che sarà in grado di coprire qualsiasi distanza a tempo zero. L’unico vero problema per C è di allineare esattamente il mondo che intende raggiungere e, una volta lì, di mantenere l’esatto allineamento fino a quando non tornerà indietro. Problema, a quanto pare, tutt’altro che semplice e la cui errata soluzione potrebbe dar conto dei fenomeni più strani come ufo che cambiano colore, forma, dimensione, che appaiono e scompaiono … ufo-crash. Tutti eventi frutto di possibili errori d’allineamento. Un gruppo di consapevolezze si mette in movimento, destinazione Terra e, a seguito di uno di questi errori, si ritrova a mal partito dalle parti di una cittadina chiamata Roswell. Quando hanno iniziato il viaggio erano qualcosa che non possiamo nemmeno provare ad immaginare, ma quando hanno toccato violentemente il suolo del deserto del Nuovo Messico erano una navicella aliena. Eh, un bel mistero. Immaginiamo adesso i nostri saltafossi alle prese con Giovanna. La ingravidano una prima volta (psichicamente che, in questo caso, non significa affatto soggettivamente) e, facendo questo, rischiano qualcosa perché è chiaro che la donna dovrà farsi carico, in qualche modo, di mantenere l’esatto allineamento per l’ovulo che le hanno parcheggiato in grembo. Probabilmente, giocano su meccanismi naturali, propri d’ogni femmina, tesi a proteggere in ogni modo la vita del nascituro. E gli dice bene. Infatti e per diverse volte ripetono l’operazione con successo. Tuttavia, anche per Giovanna viene il momento sbagliato. Qualcosa va storto, l’allineamento si sfasa e il feto è attirato fatalmente nella realtà fisica con la forma che il video mostra. Forma che forse non ha alcunché di simile a ciò che sarebbe diventato quell’essere se fosse sopravvissuto, ma che probabilmente è l’unica forma che un’informazione di quel tipo può acquisire una volta che il suo stato vibrazionale degrada a livello della nostra realtà. In sostanza, gli ‘alieni’ sarebbero qui da sempre ed anche in numero rilevante ma sarebbero percepibili solo in una dimensione che, per noi, è essenzialmente onirica. Ciononostante, essi sarebbero capaci di rendersi visibili adeguando in modo opportuno il loro stato vibrazionale a quel che chiamiamo ‘realtà fisica’. Viaggiatori multidimensionali (‘esploratori’ per usare il linguaggio castanediano) che si accompagnano alla razza umana sin dagli albori della coscienza e che, con il passare delle epoche, l’uomo stesso ha percepito in modo diverso adeguandone l’immagine ai pattern cognitivi che la mente acquisiva/costruiva nel corso dei secoli. Durante la veglia noi non li vediamo solo perché facciamo lavorare la nostra percezione in modo estremamente selettivo, tanto da ‘degradare’ l’input sensoriale al ‘segnale consueto’, molto ben conosciuto e, in definitiva, molto rassicurante del ‘mondo dei sassi’. Ma spesso è sufficiente un lieve cambiamento nel c.d. niveau mental perché queste immagini si manifestino (con grande soddisfazione di psichiatri e psicologi, naturalmente). Perché siano qui e cosa vogliano da noi potrebbe non essere un grande mistero, ma questo è TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà argomento che sarà parte di un altro lavoro. Credo sia il caso di sottolineare come tutto questo sia sostanzialmente un’ipotesi, ancorché un’ipotesi di lavoro. Ora, se è vero che, come dice il mio amico Leonardo, un’ipotesi non ha grande bisogno di elementi a favore (al contrario di quel che si richiede alla sua confutazione), credo che quella qui prospettata presenti alcuni aspetti che, almeno a mio avviso, si concretano in una certa consistenza e, perché no, anche in una sostanziale coerenza. Sul fatto, poi, che si tratti di un’ipotesi anche convincente non è giudizio che spetta a me dare. Tuttavia, chi la ritenga tale può, anche da subito, provare a verificarla di persona. eSQueL [email protected] Bibliografia minima - IM Teoria http://www.paleoseti.it/e107_plugins /content/content.php?content.167 - Vita-Ombra e struttura del Multiverso http://www.paleoseti.it/e107_plugins /content/content.php?content.173 Alien Cicatrix http://www.sentistoria.org/Artic oli/malanga/ALIEN_CICATRIX. pdf Le interviste di Gianluca Rampini pag.25 Massimo Teodorani 2009 © Gianluca Rampini Nella foto, al centro, Massimo Teodorani Gianluca Rampini Massimo Teodorani è un astrofisico che ho avuto l'opportunità di ascoltare ad alcune conferenze organizzate dal Centro Ufologica Nazionale. Quindi già il fatto che fosse oratore in quella sede TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà denota la sua apertura mentale, pur essendo uno scienziato di tutto punto. Questa sua predisposizione per determinati argomenti gli si è però rivoltata contro, poiché molte persone gli hanno attribuito idee e pensieri che non gli appartengono. Non è uno scienziato che crede agli ufo, ma è una mente brillante che vuole studiare il fenomeno e non solo a parole, ma sul campo. Ecco perché ha deciso di dedicarsi allo studio di un fenomeno noto come le “luci di Hessdalen”. Hessdalen è una piccola città della Norvegia, dove per molti anni sono ricorsi dei fenomeni luminosi apparentemente inspiegabili. Ho colto inoltre l'occasione per chiedere la sua opinione su questioni che riguardano le ultime evoluzioni della fisica come l'entalgelment o lo sfuggente Bosone di Higgs. Da questi argomenti pragmatici ne sono derivati altri più “olistici”, più sfuggenti ed in qualche modo più personali. Teodorani non si è risparmiato, le sue risposte sono quasi degli articoli a sé stanti, che ci danno la misura delle sue competenze e della voglia di comunicare determinati argomenti. Parallelamente alla ricerca astrofisica tradizionale lei ha portato avanti ricerche in ambiti che tendono ad allontanarsi dal recinto della scienza ufficiale, per lo meno per come ci viene presentata. L'abbiamo vista, ad esempio, alle conferenze organizzate dal Cun a San Marino, sappiamo che si occupa di Seti, il che spesso non è ben visto nella comunità accademica e che si è occupato dei fenomeni luminosi notturni come quelli di Hessdalen. Qual è stato il motivo, la scintilla che l'ha portata ad aprire un canale di comunicazione tra le due realtà? Due esempi del fenomeno che si manifesta in Norvegia e non solo Per la verità nello svolgere certe ricerche non ho mai inteso allontanarmi dalla cosiddetta "scienza ufficiale" ma solo cercare di stimolare proprio la scienza ufficiale ad aprire un pò di più i suoi orizzonti al fine di espandere lo spettro delle ricerche TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà (anche in termini di fondi elargiti: alcuni di noi sono stanchi di veder elargite cattedre per insegnare discipline inutili e futili) che deve essere condotto proprio dentro le istituzioni accettate e non in recinti o "riserve speciali", manco fossimo degli appestati! Sono e resto un difensore della metodologia standard di fare ricerca in fisica, quella che ci ha donato Newton (e sono stanco di dover fare per forza il nome di Galileo solo perchè fa moda nei miei ambienti così politically correct). Le mie critiche non sono rivolte in alcun modo alla scienza che conosciamo, ma alla *politica* che la governa, la alimenta e la guida. Il progetto SETI comunque non è mai stato avversato dalla scienza ufficiale, anzi ha rappresentato per molto tempo e rappresenta tuttora una specie di "alibi" per evitare che i ricercatori si addentrino troppo in metodologie più concrete del SETI e più pragmaticamente e scientificamente efficienti, almeno nelle sue potenzialità, come ad esempio i progetti SETT (Search for Extraterrestrial Technology) e SETV (Search for Extraterrestrial Visitation), anch'essi astronomici nelle metodologie. Devo purtroppo ammettere che, seppur appoggiando per diverso tempo anche le procedure standard del SETI (ovvero l'aspetto della ricezione di segnali Radio e Laser), questo progetto si è dimostrato completamente fallimentare sotto quasi tutti i profili. Non la vedo una strada percorribile, in tutta franchezza. E questo senza rinnegare l'enorme quantità di lavoro profusa da alcuni fra i propugnatori del SETI: conosco persone che hanno dato l'anima per questa ricerca. Ma proprio per il suo fin troppo conclamato antropomorfismo vedo il SETI come una iniziativa decisamente infantile al fine di cercare le evidenze di civiltà aliene, indipendentemente dal fatto che svariati ingegneri hanno avuto il genio di riuscire a mettere a punto spettrometri in grado di rilevare simultaneamente fino a un miliardo di canali, o che informatici molto ferrati siano riusciti a creare un network di acquisizione dati per ottimizzare l'analisi dei segnali ricevuti. Niente è perso e tutto questo sforzo avrà una ricaduta in svariati rami della tecnologia, ma anche nell'ambito della stessa astrofisica standard: ad esempio grazie agli spettrometri radio multicanale, nati e sviluppati appositamente per il Progetto SETI, siamo ora in grado di mappare con una precisione un tempo impensabile l'idrogeno neutro nella galassia, nonchè di monitorare i detriti spaziali che circondano la Terra o anche la rotta di sonde come la Voyager. Lode dunque agli ingegneri, e compatimento invece nei confronti di alcuni colleghi del SETI e relativi portavoce di oltre oceano (quasi tutti, eccetto che la grande e tenace Jill Tarter), quelli che ancora non sanno andare al di là del loro naso in merito alla modalità con cui una data civiltà extraterrestre dovrebbe essere rilevata. Ma veramente le eventuali civiltà extraterrestri dovrebbero adattarsi alla limitazione con cui noi guardiamo il mondo e il concetto di intelligenza? Oppure è vero il contrario? E poi, a parte il SETI tradizionale (radio e ottico) esistono anche altri progetti, purtroppo ben poco sponsorizzati, che fanno ampio ricorso alle conoscenze e alle metodologie astronomiche. Tanto per citare solo un esempio di questi progetti (il SETT), si tratterebbe di cercare la segnatura infrarossa di ipotetici giganteschi "manufatti aliene" sia attorno ad altre stelle che all'interno del nostro sistema solare sulla base di un eccesso infrarosso previsto in questi casi. Ma gli astronomi hanno paura di imbarcarsi in progetti del genere, per quanto fondati su basi rigorose, per paura poi di lavorare moltissimo senza ottenere risultati di rilievo e quindi di pubblicare poco, il che avrebbe un riflesso sulla loro carriera. Credo di essermi spiegato abbastanza su questo punto. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Quanto alla "scintilla" che mi ha portato a svolgere le ricerche che ho condotto a Hessdalen e in altre 8 località (sia in Italia che altrove nel mondo, e anche adesso che sto per partire per il Canada) che presentano similari fenomeni di luce, posso solo dire che questa scintilla non è nata dal mio desiderio di andare a cercare i piloti alieni dentro agli UFO ma solo quella di applicare i metodi astrofisici per studiare fenomeni anomali ricorrenti che si verificano sul nostro pianeta. La speranza era di riuscire ad estrarre dati probanti scientificamente qualunque cosa fosse il fenomeno: noi lavoriamo coi numeri, mentre le parole ci servono solo per discutere i risultati. E non esiste solo Hessdalen, nel mondo. Comunque da molto tempo ho un forte sentore che lo studio delle anomalie potrebbe dischiuderci una porta a nuove forme di energia. Hessdalen è stata per lungo tempo una mecca per gli ufologi, la frequenza e la ripetitività dei fenomeni luminosi ha solleticato molte fantasie. Come si è svolta la vostra ricerca, il progetto EMBLA, e quali risultati avete ottenuto? Innanzitutto per mia esperienza personale devo dirle che il team internazionale che si è venuto a formare attorno alla ricerca di Hessdalen ha dato, anche se non fin da subito, prova di scarsa coesione nonchè comunione di intenti tra i vari ricercatori che vi hanno preso parte. Ma c'è stato comunque molto lavoro, sia scientifico che tecnologico, anche se il più delle volte mal focalizzato. Si tratta in questo caso di fenomeni anomali di plasma (gas ionizzato) di origine probabilmente naturale, altrimenti denominati come "earthlights". Abbiamo ipotesi fisiche piuttosto ben fondate in merito alla natura di queste luci e ai meccanismi che le mantengono coerenti per tempi molto lunghi, ma queste ipotesi non sono ancora del tutto dimostrate sperimentalmente. Si parla oggi soprattutto di un meccanismo di "confinamento elettrochimico" per luci del tipo di quelle di Hessdalen, e proprio su questo modello ho lavorato recentemente assieme al chimico-fisico britannico David Turner. Il modello in oggetto prevede che il plasma, che in via naturale tenderebbe ad espandersi rapidamente e per raffreddamento, in condizioni di elevata umidità possa invece rimanere contenuto in uno spazio molto ristretto e per un certo tempo per via di forze elettrochimiche che lo comprimono nella direzione opposta. Ci sono poi altri modelli, come ad esempio quello dei plasmi a confinamento magnetico, anche questo un modello molto valido anche per spiegare fenomeni come i fulmini globulari. Nel caso di entrambi i modelli i fenomeni di luce appaiono come "ministelle", ovvero come condensazioni di plasma tenute assieme da un equilibrio di due forze contrapposte. In ogni caso con ragionevole certezza posso asserire che non esiste un modello unificante per tutti i fenomeni di luce, ma che possono essere all'opera meccanismi differenti a seconda delle condizioni geofisiche e meteorologiche dove certi fenomeni si formano. Sappiamo con certezza che le cause scatenanti di questi fenomeni hanno origine dal terreno, ed effetti come la piezoelettricità, la triboluminescenza e la recentissima "P-Hole Theory" del geofisico Friedmann Freund, hanno un notevole impatto nell'indirizzare la nostra ricerca. Dal punto di vista prettamente osservativoquantitativo, conosciamo invece piuttosto bene e in grande dettaglio il comportamento dei TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà fenomeni di luce, la loro struttura e la loro dinamica e in questo sono stati ottenuti ragguardevoli risultati, anche grazie ad ingegneri, informatici e sponsors che hanno reso possibile una parte di questa ricerca che comunque è stato condotta dai fisici, utilizzando sostanzialmente gli stessi strumenti di misura (come ad esempio la fotometria e la spettroscopia) che utilizziamo in astrofisica e in fisica fondamentale. Risultati di rilievo sono stati pubblicati sul Journal of Scientific Exploration, ad esempio. Allo stato attuale è in corso una campagna osservativa particolarmente concentrata in alcune zone italiane dove si presentano fenomeni in tutto simili a quello di Hessdalen, e in questo ambito negli ultimi 6 anni dal gruppo di cui faccio parte sono state effettuate una decina di missioni con utilizzo di strumenti. Ma è anche mio dovere segnalare l'ottimo lavoro effettuato (tuttora in corso) da alcuni "skywatcher" seri e ben attrezzati, come ad esempio il gruppo G.R.U. 45° nell'area del Polesine, il Progetto Sassalbo nell'area della Lunigiana, il Cross Project di Gian Franco Lollino nell'area attorno a Gabicce tra Romagna e Montefeltro, Nicola Tosi nell'area dell'Appennino Emiliano, e anche il CIPH per quanto riguarda l'implementazione della camera automatica SOSO. Segnalo anche il prestigioso lavoro del geologo Valentino Straser, il quale è riuscito a trovare importanti correlazioni tra i fenomeni di luce e gli eventi sismici. Eccetto che il CIPH, si tratta di persone con cui sono in contatto più o meno stretto. Allo stato attuale la strumentazione di rilevazione usata da me e dai ricercatori con cui collaboro si avvale di camere fotografiche ad alta risoluzione utilizzate sia in ottico che in infrarosso, reticoli di dispersione per spettroscopia ottica, videocamere professionali, ricevitori-spettrometri nella banda VLF-ELF, magnetometri, contatori Geiger, telescopi, sistemi di amplificazione di luminescenza, sistemi EEG per il monitoraggio dell'attività bioelettrica cerebrale, e da poco tempo disponiamo anche di un Laser di elevata potenza (300 mW). E' imminente una missione internazionale di carattere strategico in Nord America, per la quale ho appena ultimato i calcoli preparatori estrapolati da svariati database (da questi calcoli sarà presto estratto un ponderoso articolo): questa missione ha per oggetto non solo le "earthlights" ma anche quelli che le credenze popolari chiamano ancora con il nome naive di "UFO". E infatti studiando a fondo il problema io e i miei collaboratori anglosassoni abbiamo smascherato di recente un falso clamoroso, e moltissimi altri verranno a galla: stiamo monitorando con attenzione chi propaga "hoax" e "fake" e chi muove questa gente a diffondere disinformazione, cosa che succede anche in Italia. Ma non ci sono solo i falsi, e i numeri che emergono dai miei calcoli recenti lo dimostrano, perlomeno in parte. Se può interessare si può per ora consultare questo sito web: http://xposeufotruth.com/, dove in forma anonima c'è anche un mio articolo di metodologia, e dove nel breve-medio termine apparirà un lungo articolo tecnico con il risultato dei miei calcoli effettuato su database opportunamente scelti e selezionati. Allo stato attuale mi sto interessando più di "UFO" che di "earthlights", e in parallelo ho studiato a fondo anche la tecnologia aerospaziale, per lo meno come metro di riferimento per l'analisi di alcuni casi di presunti "UFO". Tuttavia, su certi argomenti ho per ora scelto la massima riservatezza, anche perchè nè io nè i miei collaboratori desideriamo strumentalizz azioni di alcun genere nè storpiature del nostro pensiero da chi persiste nel non stare con i piedi per terra o di chi tenta di tirare l'acqua al suo mulino usando il lavoro degli altri. Inoltre non è il momento di parlare di certi argomenti con il pubblico: per ora, ci limitiamo solamente ad analisi tecniche e missioni sul campo. Nessuna TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà apertura alla divulgazione in questo aspetto specifico, almeno per il momento. Per quel che mi riguarda, perlomeno in Italia, dopo un certo numero di libri, DVD e conferenze divulgative, da un anno e mezzo ho deciso di chiudere completamente le porte al pubblico per quello che riguarda "ricerche di frontiera" di qualunque tipo. A parte un certo numero di lodevoli eccezioni (molte di natura accademica, ma non solo), una non trascurabile parte del pubblico, evidentemente abusando della mia disponibilità nonchè mia probabile ingenuità nel trattare con il grande pubblico, ha completamente stravolto, storpiato e in alcuni casi specifici perfino infangato il mio pensiero, in parte per sconcertante ignoranza in materia di metodologia scientifica e in parte per strumentalizzazione deliberata. Limito ora le mie conferenze pubbliche esclusivamente a temi standard come l'astronomia e l'astrofisica. Tutto il resto viene condotto solo tra 4 pareti, e solo tecnicamente, con i collaboratori appropriati. Parlare di UFO, di entanglement quantistico e di altri argomenti particolarmente innovativi ad un pubblico totalmente impreparato sia nelle tematiche che nella metodologia, è davvero come lasciare in mano una pistola carica ad un bambino che non sa quello che fa. Comunque il mio è stato davvero un esperimento illuminante, che mi è servito per tastare il polso delle masse, e la conclusione che ne ho ricavato è la seguente: solo 5 persone su 100 sono pronte a recepire un certo tipo di informazione con il necessario equilibrio, distacco, preparazione scientifica e maturità. Ha accennato al fenomeno fisico dell'entanglement. Dal mio punto di vista, interessato ma profano, la sua scoperta è stata uno di quegli eventi che hanno aperto importanti orizzonti alla ricerca fisica. Potrebbe brevemente, per quanto possibile, descrivercelo e spiegarne le implicazioni immediate e future che questa scoperta ha prodotto e potrebbe produrre? L'entanglement è un fenomeno eminentemente quantistico, e la sua esistenza è stata dimostrata sia teoricamente che sperimentalmente nel caso delle particelle elementari, come ad esempio gli elettroni. Esso rappresenta una connessione indissolubile tra due o più particelle che hanno avuto modo di interagire tra loro almeno una volta. Questo legame si esplica in una maniera che viene definita "non-locale", ovvero indipendente sia dallo spazio che dal tempo. Ciò significa che se due particelle sono legate tra di loro ed esse vengono poi separate anche a grandissima distanza l'una dall'altra esse si comporteranno comunque come una sola particella. Ad esempio se la prima si trova in laboratorio e l'altra a 1000 anni luce di distanza, se noi osserviamo la prima particella con un microscopio elettronico il fotone utilizzato per osservarla la perturba cambiando il suo stato quantistico. Ad esempio se quella particella è un elettrone, l'atto dell'osservazione (che in questo caso è una misura a tutti gli effetti) ne invertirà il segno dello "spin" (che è il momento angolare dell'elettrone con due soli valori quantizzati e di segno opposto), oppure se quella particella è un fotone l'atto dell'osservazione ne cambierà la polarizzazione da orizzontale a verticale. Questi sono gli effetti che avvengono quando vengono effettuate misure su particelle quantistiche, e TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà ciò significa che non potremo mai osservare con interezza un sistema quantistico perché l'atto dell'osservazione, che si esplica come una misura, ne perturba lo stato immediatamente. Da qui nasce il principio di indeterminazione di Heisenberg. Ora, a questo punto cosa succede all'altra particella che si trova a 1000 anni luce di distanza mentre viene effettuata una misura sulla sua gemella che si trova nel nostro laboratorio? L'altra particella subirà istantaneamente lo stesso effetto della sua gemella (ovvero l'inversione del segno dello spin oppure della polarizzazione), e questo nonostante la distanza che separa le due particelle. Ovviamente questo viola il postulato di Einstein in merito alla velocità finita della luce, ma il mondo quantistico segue leggi completamente diverse. Sta di fatto che le due particelle è come se fossero una cosa sola: tecnicamente si dice che esse sono un solo sistema quantistico descritto dalla stessa "funzione d'onda". Grazie al meccanismo dell'entanglement, pienamente dimostrato sperimentalmente nel 1982, negli ultimi 10 anni è stato possibile realizzare il teletrasporto quantistico di particelle elementari, che non è un trasporto fisico di un oggetto da un punto all'altro dello spazio ma un trasferimento di informazione, che in sè avviene istantaneamente, ma che comunque necessita una conferma del ricevente il quale potrà però comunicare solo con il vincolo della velocità della luce. L'entanglement è dunque una realtà sperimentalmente assodata nel regno delle particelle elementari. Tuttavia ci sono fisici che ritengono che questo principio di non-località possa realizzarsi, in condizioni tutte particolari, anche nell'ambito di sistemi molto più grandi di quello delle particelle elementari, come ad esempio i microtubuli all'interno dei neuroni nel cervello, o addirittura due ipotetici universi paralleli. Sembra fantascienza, e infatti non esiste di questo ancora nessuna dimostrazione sperimentale, ma posso confermare comunque che esistono ipotesi scientificamente coerenti e ben fondate e talora anche modelli matematici che prevedono che in particolari condizioni l'entanglement possa realizzarsi anche in sistemi più o meno macroscopici, in sistemi cioè dove possa essere evitato il fenomeno della "decoerenza" ovvero della perdita dell'informazione quantistica. E ci sono anche frontiere ancora più spinte su cui si sta investigando, la più sconcertante delle quali ha a che vedere con effetti legati alla "coscienza". In base a controlli empirici (anche molto stringenti) sembra davvero che due o più coscienze legate tra di loro da un legame sottile come ad esempio la "telepatia" si comportino esattamente come le particelle elementari descritte con l'esempio riportato prima, e questo potrebbe valere anche per il misterioso e non casuale meccanismo della "sincronicità" studiata a fondo dallo psicologo analitico Carl Jung, in cui un pensiero ed un evento sono all'improvviso misteriosamente collegati tra loro da un legame non causale. In tal modo si ritiene che la coscienza e tutti i fenomeni ad essa collegati (inclusi quelli definiti un pò infantilmente come "paranormali") possano obbedire a leggi che si rifanno più o meno direttamente alla teoria quantistica o ad una sua "variante nascosta" che ancora non conosciamo quantitativamente e che avrebbe a che vedere con i sistemi viventi. Esistono anche apparenti evidenze che perfino gli stessi "fenomeni di luce" del tipo di quelli di Hessdalen possano essere legati tra loro da effetti macroquantistici: infatti tantissime sono le testimonianze relative all'avvistamento di almeno due fenomeni di luce assieme separati da un certo spazio tra loro i quali sembrano avere molto spesso una relazione sincronica tra loro. E non solo, ma esistono anche evidenze di fenomeni di luce che sembrano interagire con la mente TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà degli osservatori, come se il nostro cervello e il plasma che costituisce questi fenomeni fossero tra loro uniti da un legame non-locale. Ponderosa è la documentazione relativa a testimonianze di sincronismi tra un pensiero degli osservatori e reazioni istantanee di queste palle di luce, e qui - per quanto la cosa possa sembrare davvero esotica - non si tratta di disinformazione ufologica, anche perchè a descrivere effetti del genere sono stati spesso fisici di svariate nazioni e altri scienziati che hanno diretto campagne osservative in alcune località del mondo dove fenomeni anomali di luce appaiono in maniera ricorrente. A questo proposito, da due anni ho messo a punto un esperimento che potrebbe dimostrare quantitativamente (per lo meno sul piano empirico) questo sincronismo: l'idea è di colpire con un fascio Laser una di queste palle di luce e al contempo misurare il tracciato EEG (elettroencefalografico) dell 'osservatore per vedere se da entrambe le parti ci sono relazioni misurabili e quantificabili e con quale sincronismo. E' un esperimento molto difficile da effettuare, ma in linea di principio fattibile. Del resto non esiste altra via per dimostrare l'esistenza di questi fenomeni, in mancanza della quale ci troviamo ancora nel terreno delle pure ipotesi. E comunque dopo una dimostrazione del genere occorrerebbe anche una infrastruttura matematica relativa al modello fisico che deve essere in grado di descrivere queste possibili evidenze sperimentali. Dunque, non ci sono dubbi che anche nel mondo macroscopico (ovvero in sistemi, come ad esempio, certe strutture di plasma simili a quelle sopra menzionate) e perfino in quello apparentemente impenetra bile relativo ai meccanismi della coscienza, *sembrano esistere* sincronismi sconcertanti, che per ora possiamo descrivere solo qualitativamente. Ma al momento ciò certamente *non basta per farne una scienza assodata*: siamo ancora ai primordi di questa ricerca. Eppure io ritengo che anche questi effetti così esotici potranno essere presto misurati e spiegati con modelli quantitativi adeguati. E comunque devo qui ricordare che, per quanto certe teorie possano affascinare, qualunque tipo di sperimentazione ci può permettere non solo di provare ma anche di confutare certe ipotesi di lavoro. Non esiste nessuna scienza senza i numeri: a me interessano particolarmente quelli che emergono dalle sperimentazioni. Ma se un giorno otterremo quei numeri ci troveremo in mano non solo una scienza ma anche una tecnologia potentissima, e sono tutto sommato abbastanza fiducioso in tal senso. Il meccanismo dell'entanglement quantistico, in base ad una recentissima teoria pubblicata da un fisico quantistico statunitense, potrebbe anche essere applicato alla ricerca SETI, assumendo che i microtubuli che costituiscono il nostro cervello e quello degli alieni siano tra loro legati in maniera non-locale da una "connessione nascosta". I microtubuli come tutte le cellule e relativi agglomerati sono a loro volta agglomerati di particelle elementari, le quali potrebbero contenere tra loro un antico legame che risale a quando l'universo era grande come un atomo, e dove tutte le particelle elementari (almeno nella forma di quel tempo) interagivano per forza tra loro. Secondo questa ipotesi tale legame sarebbe stato mantenuto anche dopo che l'universo ha assunto la forma espansa che ha adesso. Dunque, si suppone che per via di questo ipotetico legame di entanglement tra cervelli - ma non si tratta in questo caso specifico di telepatia - sia in linea di principio possibile ricevere e trasmettere messaggi istantanei da un cervello all'altro. E' un'ipotesi davvero fantascientifica, ma ciò che sconvolge non è tanto questa ipotesi, quanto il fatto che essa può essere dimostrata o confutata sperimentalmente proprio TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà con i mezzi di cui disponiamo adesso. In che modo? Analizzando il tracciato EEG del nostro cervello, ad esempio, se ci aspettiamo segnali in ricezione da altrove. E qui non si intendono le 4 onde cerebrali, ma qualche segnale codificato che si trovi eventualmente all'interno del "noise" stesso del tracciato cerebrale. Sembrerà strano, ma se noi utilizziamo uno strumento analizzatore del tipo di quelli utilizzati per il SETI standard, ovvero un algoritmo in grado di estrarre il segnale dalla foresta di rumore accoppiato ad un software matematico di analisi di serie temporali, potenzialmente questo segnale potrebbe essere rilevato, seppure con grande difficoltà. Come vede anche questa ipotesi di lavoro può di fatto essere dimostrata o confutata sperimentalmente e abbiamo tutti i mezzi per farlo da subito. Quelle appena descritte sono tutte ipotesi piuttosto ben fondate ma prima di farle diventare realtà occorre effettuare una sperimentazione rigorosissima. Purtroppo - e mi riallaccio al discorso che facevo in una precedente mia risposta - se si parla alla gente comune di queste prospettive della scienza, essa scambierà sistematicamente le ipotesi per delle tesi già dimostrate. Ecco perchè divulgare questi argomenti (peraltro ancora controversi all'interno dello stesso establishment accademico) ad un pubblico marcatamente immaturo e, soprattutto, globalmente impreparato in fatto di metodologia scientifica, è davvero un grosso rischio. Rischio che decisi comunque di correre io stesso per tre anni, non foss'altro che per fare un "test" che servisse a monitorare il polso del grande pubblico. Posso ora confermare con la massima certezza che il pubblico (molti giornalisti inclusi) tende a storpiare quasi sempre e completamente certe affermazioni (che sono sempre bilanciate e ponderate), cogliendone acriticamente solo l'aspetto sensazionalistico, facendo accostamenti completamente sbagliati o impropri e poi trasformando quella che è di fatto informazione in totale disinformazione, e relativo discredito. Purtroppo i concetti che ho qui sopra esposto attraggono molto gli adepti della "new age", i quali, globalmente privi quali essi sono di qualunque capacità critica e di discernimento, dogmatizza no tutto quello che leggono e che li attrae facendone già una loro "verità dimostrata" e storpiando i concetti descritti dagli scienziati che in buona fede hanno deciso di informare su questi nuovi orizzonti della scienza. Per queste ragioni ho deciso di non comunicare più con il pubblico su questi temi specifici. Il pubblico ha invece un impellente bisogno di imparare le basi elementari della metodologia scientifica e della fisica in particolare, e infatti, dopo il mio precedente "test", è solo così che mi interfaccio col pubblico negli ultimi 1-2 anni. Confermo che entrambi gli esperimenti che ho descritto (sia quello relativo alle palle di luce che quello sul "SETI nonlocale") sono a fasi alterne in corso da almeno un anno, ma se ci saranno risultati gli unici ad essere informati saranno i referee delle riviste su cui spereremmo di pubblicare (il che non sarà facile). Comunque penso che occorreranno ancora molti anni per riuscire a venirne a capo, e potrebbe anche succedere che queste ipotesi possano essere confutate, ma questo è il gioco della Scienza, che tutti i ricercatori di formazione accademica devono assolutamente accettare. Innamorarsi invece di una ipotesi particolare e poi ricercare solo quella ignorando tutto il resto, non è affatto un protocollo scientifico, e certamente io e i miei collaboratori critichiamo e rifiutiamo recisamente questo approccio. Cito dal suo libro "Entanglement": "...sembra che l'umanità nella sua globalità non si sia accorta di meccanismi di entanglement che la TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà legano a fattori negativi, in primis la sua stessa paura." Può spiegarci cosa intendeva con questa frase? Intendevo ricordare che quella che chiamiamo "paura" è un fatto obiettivamente e socialmente contagioso, e questa è una evidenza inconfutabile. Io sono intimamente convinto che esista da qualche parte una spiegazione scientifica del perchè di questo fatto contagioso, sulla base della possibilità (per ora non ancora dimostrata) che in qualche modo noi siamo tutti legati, anche se al momento non ne siamo consapevoli. Proprio per questa ragione è nostro dovere credere in noi stessi e non farci sopraffare dalle paure, e soprattutto credere nel nostro potenziale umano e intellettivo, e in quella "lampada" che è la Scienza, ovvero l'unico strumento in grado di fornirci vere certezze. E la Scienza per essere considerata veramente tale non può fare a meno della Esplorazione, senza la quale non c'è reale evoluzione della conoscenza. Io ritengo che prima o poi la scienza arriverà ovunque, seppur attraverso una sua inevitabile trasformazione, e che presto avremo in mano non solo la formula della "paura" ma anche una funzione d'onda che descriva in che modo la paura si propaga attraverso le masse in base ad un meccanismo nonlocale. Ovviamente anche questa è per ora solo una ipotesi di lavoro, ma certamente se riuscirò a convincere alcuni miei colleghi a fare ricerca (ovvero a investire fondi) anche su questo aspetto e a lasciarsi alle spalle tematiche di indagine ormai vecchie e inutili, una certa ipotesi potrà diventare non solo una tesi dimostrata, ma anche una tecnologia che ci avvicinerà a quella di eventuali alieni che vivono da qualche altra parte. Anche e soprattutto per colpa delle religioni istituzionali si è voluto far credere che alcuni aspetti dell'esistenza siano "trascendenti" e non spiegabili dalla scienza: io credo (e penso che i fatti lo dimostreranno in 10 anni al massimo) che non ci sia niente di più sbagliato. A certe conoscenze ci arriveremo solo quando capiremo che noi non siamo i burattini di un "Dio" immanente ma semplicemente i protagonisti del nostro destino per il fatto di avere il vero Dio dentro e non fuori di noi. Dalla sua ultima risposta sorgono due questioni sostanziali. La prima è l'idea dell'universo olografico, dell'illusorietà della realtà per come la si intende normalmente, l'idea che noi, esseri umani, non si sia (o non si sia più) in grado di cogliere tutti i livelli della realtà. Ma quale senso avrebbe che l'uomo abbia sviluppato delle capacità incomplete di cogliere la propria realtà? Non è un po' come nel caso dell'albero che cade nella foresta? Karl Pribram A parte alcune interessanti considerazioni teoriche del neurofisiologo Karl Pribram sulla teoria dell'universo olografico e alcune altre di applicazione cosmologica, confesso che trovo l'idea della "illusorietà della realtà" niente affatto convincente e decisamente troppo inflazionata, soprattutto quando veicolata da ben note sette New Age, che in maniera più che dogmatica, e talvolta anche coercitiva, abbindolano il pubblico ripetendo in maniera ossessiva e catatonica nenie tipo: "crea la tua realtà". Dietro questa idea dell'universo olografico in sè interessante e così ricca di pensiero, penso che ci sia qualcos'altro che si diverte a sviare le persone, ad allontanarle dalla realtà. Non dimentichiamo che questi comodi guanciali su cui dormire o sognare deresponsabilizzano le TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà persone e le rendono fin troppo manipolabili (anche ipnoticamente) da parte di *chi* ha l'interesse a controllare la nostra società. Meno una persona è ben piantata con i piedi per terra e più facilmente quella persona è manipolabile dai vari pifferi che suonano. Per cui quale mezzo migliore per abbindolare la gente se non dandogli in pillole ben somministrate quello che le sue necessità inconscie cercano? Dietro la storia dell'universo olografico (ovvero la versione a fumetti che gira tra la gente comune), a "Matrix" e idee similari sono stati scritti oceani di sciocchezze e sono perfino nati gruppi (del tipo di taluni Meetup) che in maniera completamente distorta propagano pericolosa disinformazione. E ovviamente dietro tutto questo c'è chi ci guadagna fiumi di denaro, specie quando in vacui vademecum di 100 o più pagine si pretenderebbe di dire alla gente come fare per "percepire meglio la propria realtà" e "costruire la propria esistenza". Su questo punto posso confermare che sono totalmente allineato con il CICAP, pur non facendone parte. E' invece probabile che noi non si sia del tutto capaci di cogliere la realtà nella sua interezza (il che non vuol dire che la realtà non esiste), ma questo è un altro discorso che prescinde completamente da quanto riporto sopra. Ma si riallaccia al discorso iniziato da filosofi greci come ad esempio Euripide. Potrei anche ipotizzare una qualche forma di "cospirazione" esterna all'uomo (che sicuramente non ha nulla a che fare con l'allucinazione delle "scie chimiche" o con l'opera dei "cattivi massoni"), mirata ad impedirgli di sviluppare in maniera completa le sue potenzialità, al fine di dominarlo e usarlo meglio come una specie di burattino. Non ci sono dubbi che l'entità umana è profondamente divisa, e basta guardare come è strutturato il cervello dell'uomo per capirlo. Sembra veramente che quando si applica a fondo l'analisi razionale delle cose l'emisfero cerebrale destro si chiuda del tutto, oppure che quando si sia ispirati poeticamente o artisticamente si chiuda l'emisfero sinistro, come se ci fosse una specie di barriera che impedisce ai due emisferi di comunicare. Se veramente l'uomo fosse un "progetto divino" questo non dovrebbe succedere. Guardando anche come si articola la società occidentale odierna si potrebbe confortevolmente attribuire a "come è diventata la società" la ragione di questa scissione all'interno dell'uomo. E dunque si attribuisce alla società la colpa di tutta questa incompletezza dell'uomo e della sua perdita di comunicazione con "Dio". Io ne dubito, perchè ritengo che l'uomo non sia, globalmente parlando, una creatura libera nè di agire nè di pensare. Percepisco semmai - lo devo proprio confessare l'esistenza di "un'altra forza" che ha deliberatamento bloccato il potenziale di completezza dell'uomo, magari abbindolandolo, senza che se ne accorgesse, aiutandolo a potenziare le meraviglie (solo effimere) della tecnologia, e forse attuando in un'epoca che non riusciamo a localizzare una manipolazione a livello genetico che ha agito anche sulla cosiddetta "anima" dell'uomo. A parte l'aspetto solo apparentemente fantascientifico, potrebbe sembrare una considerazione di carattere religioso la mia: non lo è, anche se ammetto un riferimento con certi concetti biblici. Comunque, sia l'astronomia che la fisica delle superstringhe ci insegnano che altre intelligenze possono in linea di principio albergare sia nel normale spaziotempo che in altre dimensioni. Non ho prove per dire quanto affermo in queste mie considerazioni di natura prettamente filosofica e speculativa, ma ho la forte sensazione che l'uomo sia stato e sia tuttora manipolato a livello globale. Perfino il progetto creativo della Natura stessa mostra che c'è qualcosa che non TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà funziona del tutto nel frutto della creazione. Di qui a dire che noi siamo figli di una Matrix o vittime di demoniaci "rettiliani", o che "la nostra esistenza è solo un'illusione", ce ne corre alquanto. Altro discorso è invece ipotizzare che la coscienza e la materia siano intimamente legate da un continuum che noi ancora non conosciamo, ma che forse potremmo ipotizzare nel campo di Planck. Ma la materia, quella che pesa, quella che orbita, o quella che in forma elementare viene rilevata negli acceleratori nucleari è materia che esiste e basta. Non si può, a mio parere confondere la coscienza con l'illusione della realtà. Ciò non toglie che io veda qualcosa che non funziona come dovrebbe nella struttura umana in generale. In generale il progetto della vita sul nostro pianeta non mi sembra affatto l'opera di un Dio, nella forma in cui si presenta adesso. Interessante invece è il meccanismo della "genialità" in alcune persone (soprattutto scienziati e musicisti), dove sembra che si verifichi una perfetta fusione e armonizzazione dei due emisferi cerebrali, tramite un quid che non conosciamo bene. Sicuramente non si tratta del numero di circonvoluzioni cerebrali, sarei più portato a pensare alla scarsa conoscenza che tuttoggi abbiamo della ghiandola pineale, ad esempio. Queste persone, unitamente a individui di grande valore morale, a grandi artisti, o a grandi eroi della storia, sembrano veramente cogliere tutta la realtà ed essere in armonia con un reale progetto creativo. Allora chi sono *tutte le altre persone* che abitano il pianeta, a quale scopo sono nate e vissute, se non per prestarsi come burattini di altre forze che hanno tutto l'interesse a usare la "massa umana" per perpetrare scopi che si oppongono al progetto creativo originale? Ne concludo dicendo che la mia sensazione è che accanto al software creativo originale, si sia insinuato una specie di "virus informatico" il cui scopo è di deviare altrove il progetto originale, e di inserire delle copie o parodie di esseri umani, che non sono veri esseri umani se non solo nell'apparenza. Ciò che accade ogni giorno nel mondo dimostra puntualmente e ogni momento che il genere umano è nella sua globalità una aberrazione. L'uomo lo vedo responsabile in tutto questo nella misura in cui egli tende a non porsi domande su se stesso e sulla società, come se fosse completamente incapace di farlo, mentre si presta molto bene a sorbirsi in maniera mnemonica ma acritica tutto quanto gli viene propinato, a cominciare dal mito di Matrix o le ipnotiche direttive di improbabili profeti che prolificano nelle cosiddette "neo-religioni". E il mio timore è che solo alcuni sono in grado di riflettere con attenzione, per la semplice ragione che tutti gli altri non ne sono geneticamente in grado, ovvero mancano del software che gli permette di farlo. La seconda questione, che si riallaccia alla prima, è la paura. Molte persone, anche molto accreditate, ritengono che la paura sia lo strumento principale utilizzato proprio per tarpare le possibilità degli uomini di accedere a determinati livelli della realtà, come invece fanno gli sciamani, ad esempio. Dal suo punto di vista ritiene possibile che la paura che, come lei dice, affligge l'umanità sia in qualche modo somministrata di proposito? Sì, direi che una prospettiva del genere è altamente probabile. La paura, specie quella indotta dall'esterno, ha un enorme potenziale manipolativo. Essa acceca letteralmente ogni capacità di osservazione, sia razionale TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà che intuitiva, e questo dietro le quinte alcuni lo sanno e operano di conseguenza. Si tratterebbe semmai di capire se questi "alcuni" siano l'ultimo anello della catena di comando oppure se costoro non siano altro che burattini di forze le quali agiscono utilizzando alcuni nei posti di comando, nei partiti politici (di qualunque colore) e nel sistema economicoindustriale. In sostanza, il fatto che noi vediamo all'opera una bambolina non significa che dentro (letteralmente, intendo) non ce ne sia un'altra che noi non vediamo. Forse questo lo capiremo quando avremo migliore padronanza di concetti fisici per oggi ancora esotici, come ad esempio le onde scalari. Ancora una volta, io vedo nella Scienza la soluzione di problemi come quelli discussi, e nella Fisica in particolare. Ci sono ancora orizzonti aperti. E soprattutto, riuscire a conoscere in particolare una parte di questi nuovi orizzonti del *capire le cose* (più che conoscerle), potrebbe anche fornirci uno *scudo* in grado di difenderci ogni momento da qualunque tentativo di intrusione in una sfera di esistenza che è nostra e non di altri. Per quello che riguarda gli sciamani, non sono invece d'accordo che essi abbiano un "libero accesso" a determinati livelli di realtà, ma che essi siano invece l'equivalente di un pezzo di legno che si fa incoscientemente trascinare dalla corrente, dalle rapide o dai vortici del fiume. Questa è perdita di controllo. Una conoscenza che comporta la perdita del controllo razionale di qualunque situazione, anche la più esotica, mi lascia estremamente dubbioso. Anzi, su svariati piani, ritengo che alcuni (ma non tutti) che si considerano "sciamani" siano un possibile pericolo sia per se stessi che per la società nella sua interezza. Società che si sono basate solo sullo sciamanesimo, se si fa eccezione per il nobile popolo Tibetano, per i nativi Indiani o per pochi individui sufficientemente illuminati e dotati di controllo da non farsi trascinare nei vortici di una "certa corrente", hanno portato solo a fame e tristezza in svariate società, società che non sono mai cresciute nè hanno sviluppato una evoluzione scientifico-tecnologica. Con questo non intendo dire che le società tecnologiche siano migliori delle altre nella forma che hanno adesso, al contrario. Ritengo - e qui concludo che occorre educare le persone (dopo averne ben testato il potenziale, e fatta una precisa selezione) ad un uso bilanciato della razionalità e dell'intuizione, in maniera tale da tentare di costruire "società bucoliche" e moralmente pulite, in grado sia di vivere la vita nel senso più lato del termine che di solcare i cieli ben oltre il sistema solare. Abbiamo attorno a noi e fin oltre a 18 miliardi di anni-luce, un numero incommensurabile di pianeti, pianeti fatti di materia, non di etere. Quella *materia* che costituisce i pianeti è lì per noi, ovvero per la nostra esplorazione, e per viverci una vita piena e appagante. Al contrario, "fare dei trip nel mondo delle idee" ritengo che, a parte alcune eccezioni come taluni momenti ispiranti prima dell'azione, ci esponga ad ogni genere di pericoli. La Vita in un corpo di carne e ossa, qui e ovunque, è infinitamente più interessante, e il pensiero e la coscienza servono solo per animarla, non come oggetti fini a se stessi. Si stanno costruendo acceleratori sempre più grandi nella speranza di scoprire sperimentalmente l'esistenza del fantomatico bosone di Higgs. Secondo lei lo si troverà? TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà E se non lo si dovesse trovare bisogna rivedere il modello standard? Per concludere, quali sono le prospettive della ricerca fisica nel futuro recente? Il bosone di Higgs può effettivamente fornire una risposta ultima sulle proprietà fondamentali della materia, e in particolare può spiegare perché la materia ha una massa. Siccome sappiamo che il bosone associato al campo di Higgs deve avere una massa corrispondente ad un’energia molto elevata, attorno a 200 GeV, per riuscire a rilevarlo abbiamo bisogno di acceleratori in grado di produrre energie del genere nel processo collisionale tra particelle. Oggi al mondo proprio l'acceleratore LHC del CERN, una volta completamente a punto e risolti i problemi di "dentizione", potrà dimostrare o meno l'esistenza del bosone di Higgs. Il large Hedron Collider Dunque l’unica vera grande lacuna del Modello Standard delle particelle elementari è la scoperta ancora mancante di questa particella. Infatti, se si introduce il meccanismo di Higgs nelle equazioni del Modello Standard, esse vengono impostate in maniera tale da permettere alle particelle di avere la massa che effettivamente hanno. LHC ci fornirà la risposta. Certamente se si scoprirà che il bosone di Higgs non esiste, il Modello Standard potrebbe andare anche drasticamente riveduto. Forse la Teoria delle Superstringhe - dove le particelle non sono più intese come puntiformi bensì come corde vibranti - oltre a risolvere l'incompatibilità tra la relatività generale e la meccanica quantistica, potrebbe colmare da sola queste lacune, e assieme ad esse risolvere alcune incognite ancora aperte come ad esempio quella della possibile esistenza di particelle esotiche altamente energetiche come le superparticelle, i monopoli magnetici e i mini buchi neri, che sono state previste da alcuni modelli ma mai trovate. La teoria delle superstringhe è una teoria matematica molto raffinata, ma rivoluziona completamente il modello delle particelle elementari, nel senso che si pone in un certo senso in antagonismo con il modello standard, come modello di grande unificazione delle forze. Uno degli aspetti che rendono questa teoria affascinante è che essa comporta l'esistenza di un universo a 11 dimensioni, offrendo quindi una prospettiva più ampia dell'Universo di quanto si potesse concepire un tempo. Tuttavia è per ora quasi impossibile rilevare riscontri sperimentali diretti di questa teoria. Ma se, grazie alle grandi energie permesse da LHC, si scopriranno le fantomatiche superparticelle, i monopoli magnetici e i mini buchineri, ne avremo una prova indiretta. Alla luce della teoria delle superstringhe larga parte della forza di gravità si espande su dimensioni superiori alla terza, mentre sulle scale molto grandi dell’universo essa sarebbe molto diluita: in tal modo un potenziamento della gravità fino ad agire efficacemente sulla scala delle particelle elementari può provenire solo da altre dimensioni. Una dimostrazione indiretta di questo fatto potrebbe provenire proprio dalla creazione di mini-buchi neri in laboratorio. Il che non deve invocare lo spauracchio di fagocitare la Terra come è stato ventilato mesi fa da uno scienziato che fa parte del mondo della chimica e non della fisica, e i fisici nucleari sanno quello che fanno, dal momento che, lacune o meno, le loro previsioni sono esatte su quello che dovremmo aspettarci di vedere. Su TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà questo tema, per chi desiderasse approfondire, vorrei segnalare questo mio libro pubblicato due anni fa: Teodorani, M. (2008) L'Atomo e le Particelle Elementari. Macro Edizioni (214 pp.) http://www.macrolibrarsi.it/lib ri/__atomo_e_le_particelle_ele mentari.php Per quello che riguarda le prospettive della ricerca fisica fondamentale che personalmente vedo nel futuro prossimo potrei menzionarne giusto alcune che mi stanno particolarmente a cuore: 1) La materia oscura e l'energia oscura, studiate con i metodi incrociati sia della fisica particellare che dell'astrofisica: abbiamo bisogno di lavorare ancora a lungo su questo tema; 2) La natura del "vuoto", il riesame del concetto di "etere" visto in una nuova luce e un approfondimento del concetto di "Energia di Punto Zero"; 3) Una teoria solida che spieghi l'origine dello "spin" delle particelle elementari e la sua connessione diretta con lo spazio-tempo; 4) Uno studio più approfondito del possibile ruolo dei tanto trascurati "campi elettrici" nel cosmo sulle piccole e grandi scale: svariate osservazioni astronomiche ed esperimenti nonchè simulazioni in scala di fisica dei plasmi mostrano fenomenologie di natura apparentemente elettrica che non solo non sono spiegabili dai "modelli standard" dell'astrofisica e della cosmologia ma li mettono anche in discussione; 5) Una rivistazione del concetto di "campo magnetico" e un approfondimento di come lo stesso agisce nelle strutture sia stellari che galattiche, anche in connessione con la rotazione. 6) La natura e il ruolo delle "onde scalari" (se veramente esistono) nell'Universo, riprendendo in esame idee di Nikola Tesla, che ora hanno bisogno di una trattazione matematica coerente, per chi volesse avventurarsi in un terreno così esotico. 7) La possibilità di produrre "energia negativa" e di utilizzarla come metodo di teletrasporto di oggetti molto più grandi delle particelle elementari. 8) Il modo in cui la Coscienza (Ordine Implicato) si interfaccia con la Materia (Ordine Esplicato): qui, sulla scia del lavoro iniziato da David Bohm, occorre ora ricavare una trattazione matematica più avanzata. Probabilmente proprio questa sarà la vera "Grande Unificazione". In sintesi, pur valorizzandone al massimo grado i grandi risultati ottenuti negli ultimi 20 anni, ritengo comunque che esistano rami sia della Micro-Fisica che della Macro-Fisica in cui siamo ancora particolarmente ignoranti, mentre sono convinto che in altri settori ci siano ancora delle lacune o incompletezze più o meno gravi su cui occorrono maggiori approfondimenti. Infatti, spesso per "far tornare i conti" di una data teoria particolarmente di moda (e quindi consensualmente accettata dall'establishment scientifico), e cioè per renderla coerente e autoconsistente, si finiscono per trascurare altri aspetti importanti. Non sempre il requisito di completezza viene rispettato, e questo nonostante il rigore matematico delle teorie e dei modelli effettivamente messi a punto. Come dice Fritjof Capra, la mappa e il territorio non sono la stessa cosa, e l'evoluzione ottimale della scienza deve portare ad avvicinarsi sempre più all'essenza del territorio. Proprio per questo a mio parere occorre - per riportare ancora una volta il pensiero di Bohm avvicinarsi di più all'aspetto ontologico (e non solo epistemologico) delle Leggi di Natura. Gianluca Rampini gianluca.rampini@fastwebnet. Massimo Teodorani è un astrofisico di Cesena. Dopo essersi laureato in astronomia con una tesi teorico-matematica sulla evoluzione fluidodinamica di un residuo di supernova, ha successivamente conseguito il dottorato di ricerca in fisica stellare con una tesi osservativa sulle stelle binarie strette di grande massa e relativi trasferimenti esplosivi di massa. Ha lavorato presso gli osservatori di Bologna e Napoli e al radiotelescopio del CNR di Medicina (BO). In parallelo alla ricerca astrofisica ha condotto ricerche in fisica dei plasmi atmosferici con particolare interesse per il “fenomeno luminoso di Hessdalen”, dove come direttore scientifico ha svolto diverse missioni sul campo. Svolge tuttora ricerche teoriche nel campo del progetto SETI e prosegue la sua ricerca sulla fisica dei fenomeni luminosi anomali. http://www.macrolibrarsi.it/autori/_massimo_teodorani.php?pn=35 TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Archeologia di confine pag.40 El misterio de los petroglifos de Quiaca 2009 © Yuri Leveratto Yuri Leveratto Yuri Leveratto, nato a Genova quarantuno anni fa, dopo aver conseguito la laurea in Economia ha iniziato il suo peregrinare per il mondo a bordo di navi da crociera. Ha vissuto a New York, lavorando come guida turistica e dal 2005 si trova in Colombia. Autore di racconti e romanzi, appassionato di Storia e fantascienza, viaggia per venire in contatto con culture autoctone e studiarne cultura e modo di vita. Tra i suoi libri ricordiamo “La ricerca dell’El Dorado” (Infinito Edizioni, 2008); a settembre uscirà “1542 I primi navigatori del Rio delle Amazzoni”. Después de haber pasado dos días en La Rinconada, el pueblomina de oro, el cual, situado a 5200 metros de altura, es el poblado más alto del mundo, mi amigo arqueólogo Ricardo Conde Villavicencio y yo decidimos continuar nuestro viaje para iniciar la exploración arqueológica del valle de Quiaca. En base a varios conocimientos que teníamos en común, sospechábamos que en el TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà distrito de Quiaca encontraríamos importantes restos de culturas pre-incaicas tanto de la sierra como de la selva, o bien provenientes de la Amazonía. Entonces, montamos nuestro equipaje en un camión y partimos hacia Untuca, el primer pueblo del valle de Quiaca. Untuca está justo detrás del glaciar Ananea (5829 m.s.n.m.), el cual rodea a La Rinconada, pero para llegar hasta allí en vehículo se tiene que dar una vuelta muy larga, pasando por Ananea y atravesando desolados altiplanos. Después de costear un maravilloso lago incrustado entre rocas, se entra en el estrecho valle que conduce a Untuca. Durante el trayecto se ven muchas llamas y alpacas pastar tranquilas, y también muchas liebres que corretean temerosas entre las piedras. No éramos los únicos que iban a Untuca, había también grandes camiones de marca Mercedes y enormes Caterpillar que se dirigían a sus alrededores, donde hay otra mina de oro, la cual, según lo que me contó el conductor, le fue dada en concesión a una empresa chilena y yo me pregunto si se tomarán las precauciones necesarias para no contaminar los ríos y lagos con el mercurio, puesto que de no ser así, se trataría de otro gigantesco desastre ambiental. Hacia las 11 llegamos a Untuca, donde tomamos una ligera comida a base de huevos y camote. Untuca se encuentra a aproximadamente 4000 metros sobre el nivel del mar y aunque no hace tanto frío como en La Rinconada, sopla un viento más bien helado. Poco después conocimos a dos muchachos fuertes y ágiles, llamados Eloy y Henry, quienes nos guiaron en nuestra caminata de los días siguientes. A eso de la una partimos y comenzamos a caminar en dirección al pueblo de Poquera Grande. Se anda por el estrecho valle bordeando la impetuosa quebrada, acercándose a menudo a las llamas y alpacas que pastan serenamente. Después de unas dos horas, se llega a Poquera Grande, una aldea de más o menos 200 familias incrustada en una fría curva de la montaña. Nos contactamos de inmediato con las autoridades del pueblo, las cuales nos permitieron acampar en la plaza principal. Algunos de estos oficiales nos acompañaron, a la mañana siguiente, a un lugar cercano al pueblo donde queríamos ver un extraño petroglifo, muy similar a un mapa antiguo. La primera impresión que tuvimos fue la de encontrarnos frente a incisiones hechas por antiguos pueblos amazónicos que tal vez viajaban hacia la sierra, pero, no estando aún seguros de esta tesis, decidimos proseguir el viaje para buscar otros indicios que pudieran apoyarla. Caminando hacia el poblado de Poquera Chico, situado a aproximadamente una hora más abajo, pudimos observar de cerca una chullpa (urna funeraria) típica de culturas preincaicas de la sierra, TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà probablemente Lupaca o Pukara. En el interior de una de estas urnas hallamos intacta todavía la mandíbula de un ser humano, probablemente del que fue allí sepultado hace unos 1200 años atrás. En efecto, éstas servían como mausoleos de los jefes tribales o caciques de las culturas pre-incaicas, en las cuales, por lo general, se colocaban los huesos de los dirigentes del pueblo después de haber sido exhumados en una ceremonia sagrada donde se les hacía ofrendas a los Dioses. Junto a los huesos del difunto se ponían hojas de coca, de chicha, maíz y quinua, además de piezas de jade, piedras semipreciosas y otros objetos rituales. Luego de tomar algunas fotos decidimos continuar el recorrido. Caminamos durante dos horas aproximadamente hasta llegar al río, donde nos detuvimos a almorzar. Poco después resolvimos explorar estos alrededores, dado que algunos campesinos nos habían dicho que justo en la parte derecha de la quebrada encontraríamos el petroglifo más importante. Efectivamente, después de una hora de búsqueda, abriéndonos camino con los machetes a través de la intricada vegetación, hallamos el petroglifo de Quiaca, enigmático indicio de antiguas culturas amazónicas. Es una pared de unos tres metros tanto de ancho como de alto donde hay varios signos abstractos y antropomorfos, pero lo que más me interesó fueron dos rostros estilizados, los clásicos semblantes amazónicos, muy similares a los que se pueden apreciar en Pusharo, en el Río Shinkibeni (brazo del Palotoa, afluente del Madre de Dios). El arqueólogo Ricardo Conde Villavicencio y yo llegamos a la conclusión de que los artífices del petroglifo de Quiaca pertenecieron a la misma etnia de los que grabaron magistralmente el petroglifo de Pusharo, situado a aproximadamente trescientos kilómetros de distancia. La incisión de los famosos rostros de Pusharo y de los no tan conocidos semblantes de Quiaca simboliza, en nuestra opinión, la pertenencia a la misma etnia amazónica que en un lejano pasado estaba desplazándose de la selva a la sierra. De hecho, nos parece que cuando todavía estaba en curso la glaciación hace unos 11.5 milenios, mucha agua estaba concentrada en los glaciares andinos, siendo los ríos amazónicos menos voluminosos. La vegetación no era tan densa y los pueblos tribales podían moverse con mucha más facilidad. Algunas de estas etnias buscaban intercambiar sus productos típicos de la selva (coca, fruta, oro, pescado) por otros que se hallaban sólo en la sierra (quinua, quihuicha, maca, patatas y también animales como llamas y alpacas). Esta fue la razón de aquellas antiguas migraciones y esta es la clave para comprender esos viajes, los cuales fueron descritos en los petroglifos de la zona donde se tallaron antiguos mapas en piedra, varios de ellos marcados con el símbolo de la etnia, “el rostro amazónico”. Pero, ¿quiénes eran aquellos antiguos viajeros amazónicos? Y sobre todo, ¿quiénes son sus descendientes? Hay dos teorías al respecto. La primera teoría afirma que ellos se mezclaron con pueblos de lengua Aimara y Quechua, dando inicio a la cultura Pukara (antecedente de Tiwanacu). En efecto, los términos Pusharo, Poquera y Pukara son extrañamente similares. En cambio, la segunda teoría sostiene que los descendientes de los pueblos amazónicos que atravesaron el valle de Quiaca en épocas remotas no son otros que los Uros del lago Titicaca, pueblos de lengua Arawak, cuyo origen amazónico está comprobado lingüísticamente. El hecho de el valle del Río Quiaca esté TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà prácticamente inexplorado incluso en la parte más baja, donde el río asume la denominación de Río Huari Huari (llamado luego Río Iñabari), hace pensar que es posible que existan otros importantes indicios de esta antigua etnia amazónica. Sin embargo, la expedición al Río Huari Huari requeriría de muchos días y de considerables recursos económicos. Toda la tarde continuamos nuestro camino hacia el pueblo de Quiaca. En el trayecto observamos otras urnas funerarias, hasta que llegamos al poblado por la noche, donde dormimos. En Quiaca, pueblito de aproximadamente 500 personas, situado a unos tres mil metros de altura, termina el sendero. Para ir más allá se necesitaría organizar una expedición en grande, con víveres suficientes para al menos siete días. El amigo Conde Villavicencio y yo nos propusimos regresar el próximo año, si el tiempo y los recursos nos lo permiten, con el fin de explorar el Río Huari Huari. Nuestro viaje de regreso se llevó a cabo en dos etapas: primero, caminamos hasta Sandía, la capital de la provincia, y al día siguiente regresamos a Juliaca en bus de línea. Yuri Leveratto [email protected] Il mistero dei petroglifi di Quiaca Dopo aver passato due giorni nel paese-miniera d’oro de La Rinconada, il centro abitato più alto del mondo con i suoi 5200 metri d’altezza, io e il mio amico archeologo Ricardo Conde Villavicencio abbiamo deciso di proseguire il nostro viaggio per iniziare l’esplorazione archeologica della valle di Quiaca (pronuncia: chiaca). Da alcune conoscenze comuni avevamo avuto alcuni indizi che nel distretto di Quiaca avremmo potuto trovare importanti resti di culture pre-incaiche sia della sierra che della selva, ovvero provenienti dall’Amazzonia. Così abbiamo caricato i nostri bagagli su un camion e siamo partiti in direzione di Untuca, il primo paese della valle di Quiaca. Untuca sta proprio alle spalle del ghiacciaio Ananea (5829 m.s.l.m.), che domina La Rinconada, ma per raggiungerla con mezzi motorizzati si deve fare un giro abbastanza largo che passa da Ananea e attraversa desolati altipiani. Quindi, dopo aver costeggiato un lago meraviglioso, incastonato tra la roccia, si entra nella stretta valle che conduce ad Untuca. Durante il percorso si notano molti lama e alpaca pascolare tranquilli e anche molte lepri, che zampettano timide tra i massi. Non siamo i soli a percorrere la strada per Untuca, vi sono anche grossi camion Mercedes ed enormi Caterpillar, che si dirigono nei pressi del villaggio, dove c’è un’altra miniera d’oro. L’autista mi racconta che è stata data in concessione ad una impresa cilena ed io mi domando se saranno prese le necessarie precauzioni per non inquinare fiumi e laghi con il mercurio, sarebbe un altro immane disastro ambientale. Verso le 11 siamo giunti ad Untuca, dove abbiamo consumato un pasto frugale a base di uova e camote. Untuca si trova a circa 4000 metri s.l.d.m. e, anche se non fa freddo come a La Rinconada, tira un’aria piuttosto frizzante. Poco dopo TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà abbiamo conosciuto due ragazzi, forti e agili, che ci hanno fatto da guida nella nostra camminata nei giorni seguenti. Si chiamano Eloy e Henry. Verso l’una siamo partiti e abbiamo iniziato a camminare in direzione del villaggio di Poquera Grande. Si cammina nella stretta valle bordeggiando il torrente impetuoso e spesso ci si avvicina ai lama e alpaca che pascolano indisturbati. Dopo circa due ore si giunge a Poquera grande, un villaggio di circa 100 famiglie incastonato in una fredda ansa della montagna. Abbiamo subito fatto conoscenza con le autorità del villaggio, che ci hanno permesso di accampare nella piazza principale. L’indomani mattina alcuni di loro ci hanno accompagnato non lontano dal villaggio per vedere uno strano petroglifo, molto simile ad una antica mappa. La prima impressione è stata di trovarsi di fronte a incisioni fatte da antichi popoli amazzonici, forse in viaggio verso la sierra, ma non essendo ancora sicuri di questa tesi, abbiamo deciso di proseguire il viaggio per cercare altri indizi di questa teoria. Camminando verso il villaggio di Poquera Chico, situato a circa un ora più a valle, abbiamo potuto osservare da vicino una chullpa (urna funeraria), tipica di culture pre-incaiche della sierra, probabilmente Lupaca o Pukara. Nell’interno di una di queste urne abbiamo trovato ancora intatta la mandibola di un essere umano, probabilmente colui che vi fu tumulato, circa 1200 anni fa. Queste urne funerarie infatti servivano come mausolei dei capi tribù o cacique delle culture preincaiche. Di solito le ossa dei capi-villaggio vi venivano posizionate dopo essere state disotterrate, in una cerimonia sacra, dove venivano fatte delle offerte agli Dei. Vicino alle ossa del defunto venivano sitemate delle foglie di coca, della chicha, mais e quinua, oltre a oggetti di giada, pietre semi-preziose e altri oggetti rituali. Dopo alcune foto decidiamo di continuare il viaggio. Abbiamo camminato per due ore circa prima di giungere al fiume, dove ci siamo fermati per pranzare. Poco dopo abbiamo deciso di esplorare le vicinanze del fiume, perchè alcuni contadini ci avevano detto che proprio nella parte destra del torrente avremmo potuto trovare il petroglifo più importante. In effetti dopo circa un’ora di ricerche, aprendoci la strada con i machete attraverso la fitta vegetazione, abbiamo trovato il petroglifo di Quiaca, enigmatico indizio di antiche culture amazzoniche. E’ una parete di circa tre metri dove vi sono vari segni astratti e antropomorfi, ma ciò che più mi ha interessato sono due volti stilizzati, le classiche faccie amazzoniche, molto simili a quelle che si possono apprezzare a Pusharo, nel Rio Shinkibeni (braccio del Palotoa, affluente del Madre de Dios). Insieme all’archeologo Ricardo Conde Villavicencio, siamo venuti alla conclusione che gli artefici del petroglifo di Quiaca, appartennero alla stessa etnia di coloro che incisero magistralmente il petroglifo di Pusharo, situato a circa trecento chilometri di distanza. L’incisione delle famose faccie di Pusharo e dei meno conosciuti volti di Quiaca simboleggiano a nostro parere l’appartenenza alla stessa etnia amazzonica, che in un lontano passato stava spostandosi dalla selva alla sierra. A nostro avviso infatti, quando era ancora in TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà corso la glaciazione, circa 11,5 millenni fa, molta acqua era intrappolata nei ghiacci andini e i fiumi amazzonici erano meno voluminosi. La vegetazione era meno densa e i popoli tribali potevano muoversi con molta più facilità. Alcuni di queste etnie cercavano di intercambiare i loro prodotti, tipici della selva (coca, frutta, oro, pesce), con altri che si trovavano solo nella sierra (quinua, quiwicha, maca, patate, e anche animali come lama e alpaca). Questa fu la ragione di queste antiche migrazioni e questa è la chiave per comprendere questi viaggi, che sono stati descritti nei petroglifi della zona dove sono state incise delle antiche mappe nella pietra, alcuni di essi marchiati dal simbolo dell’etnia, il “volto amazzonico”. Ma chi erano quegli antichi viaggiatori amazzonici? E soprattutto chi sono i loro discendenti? Vi sono due teorie al riguardo. La prima teoria sostiene che essi si mischiarono con popoli di lingua Aymara e Quechua, dando inizio alla cultura Pukara (antecedente di Tiwanacu). I termini Pusharo, Poquera e Pukara sono infatti stranamente simili. La seconda teoria invece sostiene che i discendenti dei popoli amazzonici che risalirono la valle di Quiaca in epoche remote, non sono altro che gli Uros del lago Titicaca, popoli di lingua Arawak, la cui origine amazzonica è provata linguisticamente. Il fatto che la valle del Rio Quiaca sia praticamente inesplorata anche più in basso, dove il fiume assume la denominazione di Rio Huari Huari (detto poi Rio Iñabari), fa pensare che vi possano essere altri importanti indizi di questa antica etnia amazzonica. La spedizione nel Rio Huari Huari richiederebbe però molti giorni e notevoli risorse economiche. Durante il pomeriggio abbiamo continuato il nostro cammino verso il villaggio di Quiaca. Nel percorso abbiamo osservato altre urne funerarie e siamo giunti al paese verso sera, dove abbiamo dormito. A Quiaca, paesello di circa 500 persone a circa tremila metri d’altezza, termina il sentiero. Per procedere oltre bisognerebbe organizzare una spedizione in grande stile, con viveri sufficienti per almeno sette giorni. Con il Conde Villavicencio ci siamo riproposti di tornare il prossimo anno, tempo e risorse permettendo, per esplorare il Rio Huari Huari. Il nostro viaggio di Yuri Leveratto 1542 I primi navigatori del Rio delle Amazzoni www.lulu.com ritorno si è svolto in due tappe, inizialmente abbiamo camminato fino a Sandia, il capoluogo di provincia, e quindi il giorno seguente siamo tornati a Juliaca con un autobus di linea. Yuri Leveratto [email protected] E' possibile riprodurre questo articolo indicando chiaramente il nome dell'autore e la fonte www.yurileveratto.com Se vuoi scrivere un commento sull'articolo clicca qui www.yurileveratto.com E’ un libro storico e d'attualità nello stesso tempo. Nella prima parte l'autore racconta l'incredibile avventura di Francisco de Orellana, il primo europeo che esplorò il grande fiume, nel 1542. La seconda parte, la cronaca, è il resoconto del suo viaggio, terminato nel 2009, attraverso seimila chilometri di fiume, navigando da Puerto Ocopa (Perú), fino a Belem do Pará (Brasile). E' una guida particolareggiata, ma anche un'analisi di un mondo spesso dimenticato, ma di fondamentale importanza per il futuro del nostro pianeta. Prefazione di Lorenza Mazzetti, la celebre autrice de “Il cielo cade”. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Ufologia pag.46 Segnali dal passato 2009 © Roberto La Paglia Roberto La Paglia Roberto La Paglia, oltre ad essere giornalista freelance, è scrittore e ricercatore. Mente fervida, alimentata da un intenso ed inesauribile desiderio di ricerca, attraverso le sue opere, accompagna i lettori in un viaggio verso l'ignoto, guidandoli nei meandri più nascosti delle dottrine occulte ed esoteriche. Uno dei suoi ultimi libri è “Archeologia Aliena” (Ed. Cerchio della Luna, 2008). Nonostante si faccia comunemente riferimento al 1947 come data di inizio della moderna ufologia, è fuor di dubbio che già da molto tempo si continuavano a registrare alcuni misteriosi “segnali celesti” direttamente connessi con quelli che sono oggi gli studi e le ricerche sugli Ovni. Spesso, scorrendo le ormai molteplici fonti relative allo studio degli Ufo, ci si è imbattuti in articoli che riportano antiche storie di macchine volanti, fantastiche e futuribili armi da guerra, oltre che apocalittiche battaglie nei cieli. Tutto questo materiale, pur in apparenza di matrice abbastanza recente o riconducibile a racconti fantascientifici, è invece quasi totalmente raccolto nelle tradizioni dell’India. Cosa sappiamo esattamente di questi antichi piloti indiani, quale fonte ispirò i testi che ne tramandano le gesta e, soprattutto, perché ci appaiono così TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà futuristicamente vicini ad una realtà che oggi riusciamo soltanto ad immaginare con la fantasia? Per quanto molti dei testi presi in esame siano frutto di rielaborazioni e interpretazioni personali di avvenimenti al tempo sconosciuti, resta il fatto che la restante parte è sicuramente autentica e non contaminata da tradizioni e convinzioni occidentali; molti dei testi tradotti per la prima volta dal sanscrito in inglese hanno portato scompiglio negli ambienti scientifici, ma sono passati del tutto inosservati in quelli dei mass media. Alcuni anni fa, un modesto trafiletto in un quotidiano cinese, relegato quasi in ultima pagina, raccontava della scoperta da parte di alcuni ricercatori di documenti redatti in sanscrito nei pressi di Lhasa, in Tibet. I documenti vennero spediti per i controlli di rito all’università di Chandrigarh, nel Punjab; successivamente il dottor Ruth Reyna, della stessa università, durante una conferenza stampa, rese noto lo sconvolgente contenuto: direzioni, suggerimenti e schemi per costruire navi spaziali interstellari con propulsione antigravitazionale! I documenti, vecchi di migliaia d’anni, chiamavano queste navi “Astras”; nessuno ovviamente prese sul serio queste parole, almeno fino a quando il Governo cinese non annunciò che stava includendo alcune parti della traduzione di Ruth Reyna nel proprio programma spaziale. Soltanto allora i ricercatori indiani decisero di andare più a fondo, e i risultati, o quanto meno le strane coincidenze, non si fecero attendere. Il Ramayana, uno dei più grandi poemi epici dell’India, racconta la storia estremamente particolareggiata di un viaggio verso la Luna a bordo di un Vimana o Astras, oltre che una epica battaglia che si consumò proprio in quell’occasione; il Vimana in questione era di forma circolare, con dei portelli e una cupola, in pratica il classico Ufo descritto in migliaia di testimonianze moderne. Il Samara Sutradhara, altro trattato scientifico indiano, tratta con estrema dovizia di particolari il viaggio di un Vimana; la descrizione occupa ben duecentotrenta pagine nelle quali si parla della sua costruzione, del decollo, velocità di crociera, sbarchi normali e forzati, possibili collisioni. Nel 1875, viene ritrovato il Vaimanika Sastra, scritto da Bharadvajy il Saggio un quarto di secolo a.C.; anche in questo caso si parla di Vimanas, di precauzione durante i voli, di protezione delle aeronavi. Il Vaimanika Sastra (o Vymaanika-Shaastra) contiene otto capitoli con relativi diagrammi, all’interno vengono descritti tre tipi di aereo, trentuno parti essenziali e sedici materiali utilizzati per la costruzione. Questo documento venne tradotto in inglese da G. R. Josyer nel 1979; Josyer è il direttore dell'Accademia Internazionale di Investigazione sulla lingua sanscrita che si trova a Mysore, nello stato federato del Karnataka, in India. I Vimanas descritti nel Vaimanika Sastra erano capaci di decollare verticalmente e di compiere evoluzioni che fino ad oggi si sono registrate soltanto nei moderni avvistamenti Ufo. E’ interessante a questo punto annotare che durante il regime Nazista, e più precisamente in occasione della progettazione dei famosi V-8, si registrò un notevole aumento delle spedizioni scientifiche in India, probabilmente in cerca di informazioni che potrebbero essere contenute nei libri appena descritti. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Il Dronaparva descrive un Vimana a forma sferica, dotato di una cupola e in grado di compiere impossibili evoluzioni aeree ad una velocità inimmaginabile; l’aspetto era di metallo liscio al tatto, con un sistema di guida e propulsione basato sul mercurio. Nel Mahavira di Bhavabhuti, un testo risalente all'ottavo secolo, tra le altre cose si legge: “…un carro aereo, il Pushpaka porta molte persone alla capitale di Ayodhya…il cielo è pieno di stupefacenti macchine volanti, scure come la notte, che emettono giallastre folgori”. Ma non soltanto l’India è patria di inesplicabili misteri; l’osservazione di strane luci, strane forme e macchine volanti ha trovato anche in Europa e nel resto del mondo centinaia di osservatori, il tutto in tempi ancora lontani dagli avvistamenti di Arnold. Egitto: dagli annali di Tuthmosi III, 1504 – 1450 a.C.: “…l’anno 22 del 3 mese di inverno, alla stesta ora del giorno, gli scrivani della Casa della Vita osservarono un cerchio di fuoco nel cielo…non aveva testa, l’alito della sua bocca era nauseante, il suo corpo era lungo una verga e una verga largo, non aveva voce. Passarono alcuni giorni e i cerchi si fecero più numerosi nel cielo, quindi sparirono verso sud”. Lo storico latino Giulio Ossequiente, vissuto nel quarto secolo d.C., raccolse dopo una lunga indagine, numerosi fenomeni che oggi risultano stranamente simili ai moderni avvistamenti: 216 A.C.: oggetti simili a navi furono avvistate nel cielo; ad Arpi, (180 miglia romane ad est di Roma, in Apulia), un scudo rotondo fu visto nel cielo. A Capua, il cielo divenne simile al fuoco e molti videro delle navi volanti sfrecciare ad altissima velocità. 99 A.C.: a Tarquinia, delle torce fiammeggianti caddero improvvisamente dal cielo. Verso tramonto, un oggetto rotondo come un globo, o come uno scudo, sfrecciò nel cielo da ovest ad est. 90 A.C.: nel territorio di Spoletium un globo di fuoco, di colore dorato, precipitò improvvisamente mentre era in rotazione. Subito dopo l’impatto iniziò a cambiare di colore, quindi si rialzò improvvisamente e quasi sembrò oscurare il sole con il suo bagliore. Konrad Wolffhart, conosciuto con il suo pseudonimo latinizzato di Licostene, fu professore di grammatica e dialettica, ma forse è più conosciuto per la sua opera “Prodigiorum”, pubblicata nel 1567. Tra le tante strane cose descritte nel volume ricordiamo un fatto accaduto nel 393 d.C.; in quel periodo, durante il regno di Teodosio, vennero avvistate strane luci nel cielo e un globo brillante che improvvisamente apparve intorno alla mezzanotte. Al globo, pian piano, se ne unirono altri, quasi a sembrare uno sciame d’api in volo; i globi sembravano quasi scontrarsi, mescolarsi tra loro, formando un disegno nel cielo simile ad una grande spada fiammeggiante. Altro misterioso fenomeno viene riportato in un libro edito nel 1493 ed oggi conservato presso il museo di Verdun, in Francia, Hartmann Schedel, l’autore, descrive una sfera ardente avvistata nel 1034 mentre si dirigeva a grande velocità da sud ad est, per poi virare verso il sole. L’illustrazione che accompagna il resoconto riporta un oggetto a forma di sigaro allungato sagomato da fiamme. Questo episodio viene riportato anche in uno dei libri di Jacques Vallee, Ufo nello spazio. Un termine molto simile a quello usato in tempi relativamente moderni per indicare i “Dischi Volanti” venne coniato dai giapponesi approssimativamente settecento anni prima che venisse usato in occidente; documenti antichi descrivono infatti un oggetto volante avvistato durante la notte del 27 TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà ottobre 1180, identificandolo con lo strano ma quanto mai azzeccato nome di “terracotta volante”. Dopo aver compiuto varie evoluzioni in direzione nord est, l’oggetto cambiò bruscamente direzione e scomparve all’orizzonte lasciando una scia luminosa. Altro classico avvistamento paragonabile a quelli che quasi quotidianamente vengono registrati oggi, avvenne in Inghilterra intorno alla fine del XII secolo. Nei pressi dell’Abbazia cistercense di Begland, nel nord dello Yorkshire, mentre l’abate e i monaci si trovavano nel refettorio, un oggetto di forma discoidale e di colore argenteo sorvolò l’Abbazia destando enorme clamore tra i monaci. Avendo trovato e riportato alcuni episodi eclatanti avvenuti molto prima della nascita ufficiale dell’ufologia, non possiamo non segnalare quella che fu, probabilmente, la prima investigazione condotta in questo campo, e che non avvenne subito prima o dopo il 1947 ma in Giappone durante il 1235. Durante la notte del 24 settembre, mentre il Generale Yoritsume e il suo esercito si trovavano nel loro accampamento, osservarono delle luci misteriose nei cieli. Le luci furono viste in direzione sud-ovest per molte ore, mentre si muovevano velocemente e si mescolavano tra loro quasi a formare dei nodi. I generali ordinarono subito una investigazione “scientifica" e “completa" di questi strani eventi. Sempre in Giappone, il 12 settembre 1271, durante una esecuzione sommaria, apparve in cielo un oggetto grande e lucente come la luna piena; gli ufficiali furono colti dal panico e l’esecuzione non fu eseguita. Nel 1361, un oggetto descritto come un enorme tamburo di venti piedi di diametro, emerse dal Mare del Giappone. I fenomeni aerei riconducibili a degli avvistamenti di Ufo non si fermarono, ma continuarono per tutto il 1500 e il 1600. Nel 1322 d.C., durante le prime ore della notte del 4 novembre, venne avvistato in Inghilterra un palo di fuoco, o pilastro a seconda delle testimonianze. L’apparizione colorò il cielo di rosa partendo da sud e spostandosi rapidamente verso nord. Concludiamo con la storia narrata da due militari di stanza in una località poco lontana da Stonehenge: all’inizio del 1919 i due uomini, intorno alle otto di sera, stavano facendo ritorno al campo quando d’improvviso, nel cielo notturno, verso nord, osservarono tre globi con sfumature dal rosso all’arancione che si libravano a circa cento metri d’altezza. Mentre i due uomini erano ancora intenti ad osservare quella anomala apparizione, i globi iniziarono ad abbassarsi senza far rumore per poi sparire all’improvviso. Da notare che nelle immediate vicinanze si trovava sia il sito di Stonehenge che la base militare, oltre al fatto che in quel periodo non esistevano macchine volanti in grado di rilasciare una immagine simile a quella appena descritta. Ricordiamo infine che, come anche in passato, e come accaduto frequentemente in tempi recenti, l’avvistamento avvenne in prossimità di basi militari o di monumenti dall’alto valore simbolico. A ben riflettere da tempo qualcuno o qualcosa pazientemente ci spia, segue le nostre mosse, a volte interagisce con noi; non sappiamo esattamente chi siano, cosa siano o da dove provengano, ed è proprio questa la sfida che rende affascinante ed estremamente complesso il lavoro degli ufologi. Roberto La Paglia [email protected] TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Roberto La Paglia Misteri sconosciuti d’Italia www.cerchiodellaluna.it Misteri sconosciuti d’Italia si pone come vera e propria guida oltre che per il turista dell’insolito, anche per il ricercatore sempre a caccia di nuovi enigmi. Dopo l’esperienza divulgativa di Archeologia Aliena, Roberto la Paglia continua a mantenere viva l’attenzione su quei misteri poco conosciuti, ma non per questo altrettanto importanti e degni di attenzione da parte dei ricercatori. Inizia così un lungo e affascinante viaggio che tocca tutta Italia, un percorso che non mancherà di stupire il lettore, magari sorpreso nell’apprendere che uno dei tanti misteri descritti si trova proprio nel suo paese, nella sua città. Dalla Porta Alchemica alle case infestate, dalla Pesatura delle Anime al Museo dell’Oltretomba, l’autore ci accompagnerà attraverso notizie, curiosità e fatti storici che non sempre hanno trovato spazio nelle bibliografie ufficiali, rimanendo spesso confinati nelle tradizioni orali. Misteri pag.50 Dopo oltre 50anni un nuovo esame sui misteri di Point Pleasant e della mostruosa creatura che terrorizzò i suoi abitanti Mothman, l’Uomo Falena 2009 © EnricoBaccarini Enrico Baccarini Enrico Baccarini è giornalista pubblicista, scrittore e laurendo in Psicologia Sperimentale. Alterna i suoi studi universitari alla profonda passione per i misteri del tempo e dell'uomo interessandosi attivamente di Ufologia, di Enigmi Storici, di Misteri del Passato e degli enigmi della Mente. Da tali interessi è nato il portale che ha voluto appunto chiamare ENIGMA. Jack lo Squartatore, Dracula, ed il misterioso Bigfoot sembrano essere solo una piccola rappresentanza delle numerose creature, tra tante, che cercano di invadere i nostri peggiori incubi e le nostre notti insonni. L’uscita, nel 2002, nelle sale cinematografiche del film “The Mothman Prophecies” sembra aver TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà risvegliato, a distanza di 40 anni dai fatti cui prende spunto, un nuovo mistero sepolto dal tempo, un enigma che ancora oggi lascia stupiti studiosi e scettici. Gli eventi e le storie più oscure connesse con l’immaginario collettivo umano sembrano, alcune volte, materializzarsi nei nostri peggiori incubi. Miti millenari o leggende antiche sembrano attingere forza dalle nostre paure ed assumere un vigore ed una potenza tali da trasformarle in eventi reali, privi di ogni connotazione fantastica. Tra i casi più estremi ed affascinanti che si possano ricordare negli ultimi decenni troviamo sicuramente quelli legati alla misteriosa creatura alata oramai conosciuta come Mothman, l’uomo falena, ovvero agli avvenimenti iniziati nel West Virginia il 12 novembre del 1966. Il primo avvistamento di cui si abbia notizia in epoca moderna risale proprio al ’66 anche se recenti indagini sembrerebbero far presumere che un “fenomeno uomo-falena” possa esistere da molto più tempo di quanto ritenuto, forse da qualche secolo. In quel lontano ’66 cinque uomini si trovavano nel cimitero di Clendenin, in Virginia, scavando la fossa che avrebbe ospitato di lì a poco un loro concittadino da poco scomparso. La solita routine era interrotta da qualche momento di relax accompagnato da una sigaretta e da qualche chiacchiera fino a quando però tutti i presenti iniziarono a vedere volare verso di loro una strana figura, qualcosa di incredibile, di enorme, un essere che sarebbe stato successivamente descritto come “un uomo marrone con le ali”. La strana creatura sembrava aver spiccato il volo da un gruppo di alberi posto nelle vicinanze, lasciando supporre che si trovasse lì da qualche tempo e che li avesse osservati durante i loro scavi. Niente di simile era mai stato osservato prima, un essere dalle fattezze antropomorfe e dalla corporatura umana che, dotato di appendici che sembravano ali, volava indisturbato tra individui atterriti ed allibiti. I cinque uomini rimasero comprensibilmente scioccati da questa incredibile esperienza ma, loro malgrado, non sarebbero stati gli unici nei mesi successivi ad essere testimoni delle apparizioni di questa strana creatura. Verso la tarda serata del 15 novembre, cioè tre giorni dopo, due giovani sposini si trovavano a percorrere la strada che, da un vecchio deposito di esplosivi, si dirigeva verso il piccolo paesino di Point Pleasant, nel West Virginia. La coppia stava percorrendo il breve tragitto che li avrebbe condotti a casa ad una velocità moderata e con la miglior attenzione che ogni strada non illuminata possa richiedere. Improvvisamente due grandi occhi che“parevano attaccati a qualcosa che sembrava un uomo, ma era più grande, probabilmente TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà di sei o sette piedi di altezza” si pose davanti al loro percorso. In una scena simile, per non dire uguale, a quella del recente film con Richard Gere l’essere volò sopra la macchina dei due sfortunati giovani lasciandoli totalmente terrorizzati e facendoli accelerare fino ai 140 km orari. Attraverso un piccolo CB portatile installato sulla macchina i giovani furono in grado di avvertire il locale sceriffo Millard Halstead che, trovandosi nelle vicinanze, cercò di raggiungere i malcapitati testimoni scortandoli a Point Pleasant attraverso la Highway 62. Quella notte del 15 novembre altri individui sarebbero stati testimoni dei misteriosi “agguati” dello strano essere. Un gruppo di quattro persone era stato ad esempio testimone di non meno di tre avvistamenti di “uno strano uccello gigantesco” sempre nelle vicinanze della oggi nota cittadina. La contea sembrava essere stata scelta come territorio di caccia dall’uomo falena che, nel contempo, continuava ad essere avvistato e a terrorizzare ignari cittadini prevalentemente durante le ore notturne. Un altro avvistamento avrebbe portato ad eventi ancora più bizzarri. Verso le 22:30 della stessa sera Newell Partridge, un locale costruttore edile che viveva stabilmente però nella cittadina di Salem ( a circa 90 miglia di distanza) mentre stava guardando la televisione venne infastidito da una improvvisa mancanza di segnale accompagnata da un oscuramento totale della televisione rimasta però accesa. Avvicinatosi all’apparecchio Partridge venne subito incuriosito da un suono estremamente basso che sembrava provenire dall’esterno della propria abitazione, un suono che pareva ricordare il flebile ronzio prodotto da un generatore elettrico. Il cane di Partridge, di nome Bandit, aveva iniziato ad ululare di fronte al porticato costringendo il proprietario ad uscire per cercare di capire l’origine di tutti questi strani fenomeni. Munitosi di una torcia elettrica Partridge orientò il fascio di luce nella direzione dove sembrava essersi diretto Bandit ma con sua grande sorpresa la sua torcia puntò verso qualcosa di inimmaginabile, di enorme, che sembrava riflettere dagli occhi una strana luce rossa. Essendo un cacciatore esperto, nelle successive interviste, Partridge si disse totalmente sicuro non di essere stato vittima di qualche forma di allucinazione o di abbaglio e di aver invece osservato qualcosa che non poteva essere niente di conosciuto. Il 16 novembre venne indetta una conferenza stampa. Gli abitanti di una piccola cittadina del West Virginia sembravano essere diventati la preda perfetta di una creatura sconosciuta, evanescente ma soprattutto le cui intenzioni non lasciavano raccomandare niente di buono. La conferenza stampa fu un successo, nel senso che numerosi altri avvistamenti vennero resi pubblici e diversi giornali e TV locali riportarono a chiare lettere la presenza di questo strano essere nei cieli della Virginia. Fu proprio in questa conferenza che venne anche scelto il nome Mothman, uomo-falena, riprendendo o copiando quello del più noto supereroe dei fumetti Batman, l’uomopipistrello. Nessun però sapeva se questa enigmatica figura dovesse essere considerata realmente un “supereroe” o qualcosa di più sinistro. Ogni individuo che era stato testimone delle sue evoluzioni, o con cui era entrato in contatto, sembrava averne riportato forti traumi ed un profondo shock emotivo e psicologico. Prima di continuare nella nostra narrazione riteniamo fondamentale porsi alcune domande inerenti le analisi e le indagini su questo strano essere. Si è parlato molte volte di “abbagli”, di TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà volatili notturni come di civette o gufi scambiati per strani esseri come il Mothman. Si è addirittura parlato di una grande montatura organizzata dai cittadini di Point Pleasant per richiamare i turisti ed i media in una piccola e sperduta cittadina della Virginia. Nessuna ipotesi deve essere scartata, ci hanno insegnato fin da quando abbiamo iniziato ad interessarci a questi fenomeni studiosi come Sani o Pinotti, ma ovviamente è lecito chiedersi se dobbiamo o possiamo usare un minimo di buon senso in questo caso anche se stiamo parlando di eventi che trascendono quella particolare parola che chiamiamo “quotidianità” o “normalità”. Gli eventi occorsi nel West Virginia non sono collocabili all’interno di quelle isterie di massa che magari furono tanto popolari nel medioevo, come anche non possiamo chiamare in causa abbagli di varia natura per gente che era abituata a vivere con la natura e a coltivarne i suoi frutti e ad allevare le sue creature. Ciò che accadde a Point Pleasant non fu neanche un unicum topologico e storico, molti altri avvistamenti si sarebbero susseguiti nel corso del tempo e quasi nessuno avrebbe trovato risposte certe come molti invece hanno fatto credere. Ciò che queste persone videro e sperimentarono trascese totalmente l’intelletto umano posizionandosi all’interno di quel nuovo campo della psicologia che viene oggi conosciuta come Psicologia dell’Insolito e degli Eventi Straordinari come anche all’interno di quella vasta casistica IRIV su incontri tra individui ed esseri di possibile origine extraterrestre. Si perché il Mothman è ormai acclaratamente parte della letteratura ufologica mondiale. La sua presenza è stata in molte occasioni associata a quei velivoli che siamo stati abituati a chiamare UFO e la sua presenza ha sempre accompagnato flap localizzati di avvistamenti. Tali eventi sono a pieno titolo fatti straordinari rimasti a distanza di decenni senza nessuna spiegazione logica, e vorremmo aggiungere anche zoologica. Ritornando alla nostra indagine si rese ben evidente come la maggior parte degli avvistamenti della strana creatura fosse avvenuta nelle vicinanze del deposito di esplosivi abbandonato oggetto del secondo avvistamento del 15 novembre. Quale luogo migliore per nascondersi che una struttura della seconda guerra mondiale ormai disabitata? La presenza di una serie di gallerie ad alveare sotterranee, che dipartivano dal deposito e si districavano per diversi chilometri nella zona permetteva a questo strano essere di muoversi indisturbato senza la minima possibilità di essere visto. In aggiunta al deposito di esplosivi, reso invalicabile per motivi di sicurezza, si aggiungeva nella zona il McClintic Wildlife Station una grande riserva naturale demaniale inaccessibile per la sua fauna e flora protetta. L’unica abitazione presente nella zona era quella appartenente alla famiglia di Ralph Thomas che, il 16 novembre, osservò sopra la propria abitazione “una curiosa luce rossa nel cielo che si muoveva silenziosamente e dolcemente verso l’impianto TNT”. Marcella Bennet, un’amica dei Thomas, fu un’altra consapevole testimone del sorvolo dello strano aeromobile e delle apparizioni dell’essere mentre ritornava nella propria abitazione. Durante un’intervista rilasciata successivamente la Bennet si disse totalmente sicura che “non fosse un aeroplano” ma soprattutto, messasi alla guida per avvisare i suoi amici del curioso avvistamento, fu in grado di osservare lo strano oggetto scendere TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà dolcemente nella direzione del deposito di esplosivi mostrandosi come “ un grande coso grigio, più grande di un uomo ma con qualcosa che sembravano giganteschi occhi incandescenti”. La Signora Bennet, appena giunta nella propria dimora, fu talmente terrorizzata da questa visione da abbracciare a sé la propria figlia per correre forsennatamente e rinchiudersi nella propria abitazione. Come nelle migliori ambientazioni noir la famiglia chiuse ogni porta e finestra apparentemente utile per poter entrare nella casa. L’isteria cresceva lentamente ma soprattutto il timore e la paura che lo strano essere potesse nuocere a qualcuno dei Bennet. Il Mothman, a detta degli stessi testimoni, si diresse fin sotto il portico avvicinandosi verso una delle finestre del piano terreno e rimanendovi qualche istante. Pur nella massima tempestività quando la polizia arrivò l’essere era ormai scomparso ma aveva lasciato dietro di sé un puro stato di terrore nella famiglia che si era fatta testimone della sua apparizione. I Bennet, ma in particolare Marcella, non vollero parlare dei fatti per diversi mesi terrorizzati che il semplice ricordo della creatura potesse risvegliare paure ben peggiori e non coscienti. L’affaire di Point Pleasant era ormai diventato talmente noto che da tutti gli Stati Uniti iniziarono a giungere nel West Virginia ogni tipo di ricercatori e studiosi dell’insolito, attirati da qualcosa che non si capiva se potesse essere “un’incarnazione del maligno” , la materializzazione di un incubo o una creatura proveniente da chissà quale dimensione o pianeta. Per circa un anno strani eventi continuarono a verificarsi nell’area, anche se il clue delle apparizioni sembrava, in un clima di quasi rasserenamento generale, essere passato. Investigatori, “monster hunters” e studiosi di ogni genere proseguirono nei loro sopralluoghi ottenendo, in generale, pochi risultati tangibili e significativi ma comunque validi per acclarare la genuinità degli eventi. La figura che più di tutti diede però risalto e validità agli eventi fu il noto studioso ed ufologo John Keel autore di uno dei più estensivi e documentati testi sugli eventi. Le ricerche condotte dall’ufologo americano possono essere considerate oggi un punto di svolta fondamentale per quello che costituì il mistero di Point Pleasant, demistificandone alcuni contenuti ed identificando al suo interno matrici storicomitografiche che potrebbero ricondurre tali avvenimenti, e le manifestazioni di questo essere, anche ad epoche più lontane della nostra storia. Autore di diversi saggi sul fenomeno ufologico, pur se le sue linee sembrarono discostarsi dalla “linea ufficiale extraterrestrialista” del periodo, Keel è stato anche prolifico autore e studioso dei fenomeni soprannaturali e parapsicologici. La sua convinzione principale venne ben espressa durante tutta la sua produzione letteraria. Secondo Keel l’intervento di misteriosi “stranieri” nella vita di personaggi storici e famosi come Thomas Jefferson o Malcom X potevano fornire la prova di una presenza continuata nel tempo di “dei antichi”. La manifestazione di queste figure avrebbe assunto, secondo Keel, nei tempi moderni la forma e l’aspetto del fenomeno UFO, degli alieni e di tutte quelle altre creature che siamo stati abituati a conoscere. Keel si trasformò ben presto nel maggiore storico delle vicende del West Virginia intervistando non meno di un centinaio di persone che erano state testimoni delle apparizioni dello strano TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà essere tra il novembre del ’66 e il novembre del ’67. Secondo quanto riportato dai testimoni l’altezza media dell’essere variava dal metro e mezzo a oltre i due metri, in alcuni casi si riportavano altezze molto maggiori, ed era apparentemente una creatura dalle fattezze antropomorfe. La pelle sembrava variare di colorazione tra il grigio ed il marrone mentre gli occhi erano descritti come normali o molto grandi e con un intenso colore o scuro o rosso. Dalle spalle sembravano uscire due strutture aliformi simili a quelle dei pipistrelli mentre non è stato possibile identificare suoni coerenti se non simili ad un “grido femminile”. John Keel arrivò a Point Pleasant nel dicembre del 1966 ed immediatamente iniziò a raccogliere testimonianze sulle apparizioni del Mothman come anche dei numerosi avvistamenti ufologici che avevano preceduto la sua comparsa. Le sue analisi fecero emergere fenomeni solitamente collegati con gli avvistamenti ufologici come cali della tensione nelle abitazioni e problemi con la televisione ed i telefoni. Le numerose luci osservate nei cieli, particolarmente sopra il deposito TNT, non avevano destato tanta paura quanto lo spegnimento dei motori ed un silenzio quasi irreale che molti automobilisti avevano sperimentato ed udito passando nelle vicinanze di questa struttura abbandonata. Comuni manifestazioni ufologiche come quelle sopra citate erano state accompagnate anche da insoliti fenomeni di poltergeist nella vicina Ohio Valley. Porte chiuse a chiave che si aprivano da sole e si muovevano, strane voci venivano udite nei più differenti contesti, strani rumori erano uditi sia all’interno che all’esterno di molte comuni abitazioni vuote. La famiglia di James Lilley, che viveva poco a sud dell’impianto TNT, aveva per esempio subito ed era stata testimone di eventi talmente bizzarri da portarli a vendere in tempi molto brevi la propria abitazione per spostarsi nelle vicinanze della cittadina. Keel era strenuamente convinto che tutti questi fenomeni fossero intrinsecamente connessi da una matrice comune e se le manifestazioni del Mothman sembravano essere drasticamente diminuite una serie di altri fenomeni ancora più sinistri sembrava aver preso piede in tutta la zona. La giornalista Mary Hyre, corrispondente del giornale Messenger a Point Pleasant, dopo un solo weekend speso nella cittadina aveva registrato non meno di 500 telefonate di individui che avevano osservato strane luci nel cielo. Il disastro più grave avrebbe però dovuto ancora verificarsi. Alle cinque di mattina del 15 dicembre del ’67 il grande ponte che collegava la cittadina di Point Pleasant allo stato dell’Ohio collassò sotto il proprio peso uccidendo 46 automobilisti che si trovavano sopra. Nella stessa tragica notte la famiglia di James Lilley era stata testimone di non meno 12 passaggi di luci nel cielo che sembravano scomparire nella vicina foresta. Il crollo del Silver Bridge lasciò l’intera comunità nella più totale disperazione assommandosi al periodo di terrore che aveva accompagnato la comparsa del Mothman e dei fenomeni che sembravano a lui collegati. Mary Hyre passò diverse notti insonni raccogliendo testimonianze di strani avvistamenti e di strani presagi che sembravano aver preceduto il crollo. La giornalista era stata, alcuni giorni prima, anche testimone diretta di un incontro con uno strano personaggio che le aveva fatto visita e le aveva posto “curiose domande su gli eventi occorsi nella zona”. La Hyre aveva definito “strano” questo individuo per alcune caratteristiche fisico-anatomiche che sembravano caratterizzarlo e che, a TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà distanza di anni, le avevano fatto dubitare sulla sua reale “terrestrialità”. Non possiamo giudicare ciò che la Hyre visse e vide in prima persona possiamo però constatare che questo incontro non fu l’unico nel suo genere poiché molti cittadini e studiosi furono oggetto di “strane visite” in tutto il periodo in cui occorsero questi eventi. Quasi come nel film del 2002 la storia e gli eventi sembravano trasformarsi e mutarsi quasi come indirizzandosi verso una sorta di contatto con l’uomo. Durante la settimana di Natale nuovamente la Hyre e molti cittadini testimoni delle luci notturne furono oggetto delle visite di un oscuro personaggio che si dichiarò incuriosito dagli eventi ufologici occorsi negli ultimi mesi e minimamente interessato al tragico disastro recentemente avvenuto. Qualsiasi cosa si sia celata dietro la creatura che è stata chiamata Mothman di un fatto possiamo essere certi, non si trattò di una montatura e di una mistificazione. Ci sono stati troppi testimoni credibili per poter ritenere che sia stata perpetuata una mistificazione ai danni dei media e dei ricercatori perpetuata per un tempo così lungo da non essere logicamente credibile. Basti solo pensare agli oltre cinquecento cittadini testimoni di strane luci, a bassa quota, nei cieli sopra Point Pleasant. Per non parlare di quasi, e forse più, di 100 persone direttamente o indirettamente entrate in contatto con la strana creatura. La stessa letteratura ufologica ci insegna che, nel caso di mistificazioni, troppi testimoni tendono dopo poco tempo a far trapelare minime informazioni involontariamente o comunque a muoversi e a gestire la situazioni quasi mai all’altezza del compito richiesto. Non sono ovviamente tardate già allora le spiegazioni che cercarono di fare luce sugli strani avvenimenti. Per la stessa creatura venne detto che si fosse trattato probabilmente di Gru Canadesi, Grus canadensis, in migrazione andate fuori rotta e stanziatesi nella zona. Curiosamente la gru canadese potrebbe rassomigliare molto lontanamente ad alcune delle caratteristiche descritte del Mothman, come ad esempio una corona circolare rossa attorno agli occhi ed una conformazione alare alquanto ampia e poco comune, ma non potrebbe spiegare che l’1% forse delle testimonianze. Considerando anche, ci teniamo a sottolinearlo nuovamente, che i cittadini di Point Pleasant erano stati e continuavano ad essere abili cacciatori ci risulta alquanto strano pensare che solo in un determinato lasso di tempo e soprattutto per un numero così esteso di individui innocui volatili fossero stati scambiati per la mostruosa creatura descritta. Non si spiegherebbero poi tutti gli altri fenomeni insoliti testimoniati nel corso del tempo in tutta la zona. Lo stesso John Keel, che credeva nella genuinità degli avvistamenti e della creatura, riteneva che alcuni dei testimoni delle sue apparizioni avessero avuto più che un semplice coinvolgimento con strane luci nel cielo. Ma se il Mothman è stato un evento reale come anche probabilmente furono gli avvistamenti nei cieli, i poltergeist, i presunti atterraggi di UFO, gli strani eventi paranormali registrati, l’intervento di Men in Black e il più terribile crollo del Silver Bridge quale fu il piano dietro questo progetto? Perché fu scelta propria quella cittadina? Chi fu l’artefice di tutti gli eventi? John Keel ebbe sempre pochi dubbi su tali domande. Considerava Point Pleasant una “zona finestra” marchiata nel corso del tempo, e forse anche dei secoli, da strani eventi all’interno dei TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà quali si sarebbero inseriti gli eventi occorsi e vissuti negli anni sessanta. Ma se questi eventi possono accadere in West Virginia ed in determinate zone finestra, è possibile ipotizzare che esistano altri luoghi nel pianeta che possano aver ospitato, o forse ospitare ancora oggi, simili eventi. Possono queste finestre spiegare le apparizioni fantasmatiche, le creature misteriose, le luci nel cielo? O forse il fenomeno UFO osservato interagisce o sfrutta determinate zone? Domande e dubbi che probabilmente dovranno aspettare ancora molto tempo per ricevere una risposta ma che comunque ci stimolano e ci aiutano a comprendere sempre di più il mondo che ci circonda ed i fenomeni con cui veniamo a contatto. Enrico Baccarini [email protected] APPROFONDIMENTO Riportiamo, a titolo di curiosità ed informativo, alcuni frame di un filmato girato nel luglio del 2004 a Russell, Ky, di fronte ad Ironton, Ohio a sole 37 miglia da Point Pleasant. Distanziati unicamente dalla Wayne National Forest i due insediamenti urbani sono entrambi attraversati da un fiume e nel caso di Russell sembrano essere presenti le stesse caratteristiche geologiche e naturali proprie di Point Pleasant. Che la “zona finestra” sia più ampia di quanto ci si possa aspettare? Forse. Anche se l’immagine risulta essere sgranata e a bassa risoluzione risulta molto interessante per la figura che sembra rappresentare. Non è possibile ovviamente acclarare l’autenticità della stessa affermando di essere davanti alla prima foto ufficiale del Mothman, è comunque interessante notare che raffronti con le strutture circostanti hanno stimato l’altezza della creatura sopra i due metri non trovando anche similarità evidenti con le dinamiche di movimento e di volo di uccelli noti. Una distanza di circa 45 metri tra il soggetto ed il fotografo permette raffronti solo sommari interessanti però per poter pensare ed ipotizzare che i fenomeni non siano cessati, in un’area che oggi risulterebbe più estesa, ma che si siano forse celati meglio alla nostra vista. Questo visto che si è ripetutamente cercato di indicare nell’origine di tali manifestazioni volatili come gufi o civette maldestramente interpretati ed osservati dai soggetti!!! Quotidiano di Athens nell’Ohio. Dei 46 morti due non furono mai ritrovati mentre gli altri sono stati inumati nel cimitero della cittadina di Gallipolis in Ohio. Enrico Baccarini [email protected] TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Enrico Baccarini Firenze Esoterismo e mistero Editoriale Olimpia www.edolimpia.it Tutti sanno che esiste una Firenze mondialmente riconosciuta come capitale della cultura e dell’arte. Non tutti sanno però che c’è anche una Firenze occulta e misteriosa. La città dello studiolo di Francesco I de’ Medici e dei suoi esperimenti alchemici, della Massoneria medievale e degli spiriti del Salone dei Cinquecento, del tetro Savonarola e del Canto de’ Bischeri. E ancora dei misteri cifrati nei dipinti e nei manoscritti, delle torture atroci e infernali del Bargello, di Dante e degli esoterici Fedeli d’Amore, delle disavventure di Cecco D’Ascoli e di quelle di Pico della Mirandola, delle confraternite e degli eretici. Un itinerario misterioso dove ogni via, ogni casa, ogni androne, mostra ironico al turista la sua ombra e gli nasconde geloso il suo significato. Un viaggio che da Firenze mano a mano si svolge, per gironi danteschi, lungo tutta la Toscana: San Galgano e la sua leggenda, lo sfuggente fiume Diana e la Chimera, le visioni e i visionari, Lazzaretti e i fantasmi vaganti a Montaperti, i labirinti etruschi e l’enigmatica città di Luni. Fatti, paure e sensazioni che impregnano di sé la terra e gli uomini. Foschie o vaghe nebbie che salgono lente alla memoria da questa terra arcana e misteriosa. Bibliografia • Il caso Mothman, John A. Keel, Sonzogno 2003 • http://www.mothmanlives.co m/ http://www.prairieghosts.com/ moth.html http://nyny.essortment.com/mo thmancreature_rlcw.htm http://www.webspawner.com/us ers/mothmaninvestigation/ http://www.lorencoleman.com/ mothman_death_list.html http://mothman2004.topcities.c om/ http://wchs8.com/traveling/001 109.html http://www.boudillion.com/Mot h/mothman.html Bibliografia Inglese: • Coleman, Loren. Mothman and Other Curious Encounters, New York, New York, Paraview Press, 2002. Keel, John A. The Mothman Prophecies, New York, New York, Tor, 2001. Sergent, Donnie. Mothman : the Facits Behind the Legend, Point Pleasant, West Virginia, Mothman Lives Publishing, 2002. Unexplained! by Jerome Clark (1999). The Mothman Prophecies by John Keel (1975). The Complete Guide to Mysterious Beings by John Keel (1970 / 1994). Our Haunted Planet by John Keel (1971). Disneyland of the Gods by John Keel (1988). The Silver Bridge by Gray Barker (1970). Mysterious America by Loren Coleman (1983 / 2000). Alcuni Articoli Pubblicati in USA: – “Bird Echoes Still,” Point Pleasant Register, 11-211966. “Bird Gets OnceOver,” Point Pleasant Register, 12-1-1966. “Birdman Could Be FHS Balloon,” Huntington Herald-Dispatch, 11-181966. “Blast From The Past, Some of the Original Mothman Stories that Huntington Newspapers Published in 1966,” Huntington Herald-Dispatch, 1-132002. “Could the Moth Man Be Ballon? Huntington Advertiser, 11-18-1966. “Couples See Man-Sized Bird…Creature…Somethin g,” Point Pleasant Register, 11-16- 1966. “Flying Man Seen Here, Man Claims,” Charleston Gazette, 11-18-1966. “Four Pt. Pleasant Car Occupants See Bird-Like Creature,” Morgantown Dominion News, 11-171966. “Marketing Mayhem Greets Movie’s Debut,” Huntington Herald-Dispatch, 1-252002. “Mason County Bird Known Far and Wide,” Point Pleasant Register, 11-28-1966. “Mason Countians Hunt Moth Man,” Huntington Herald-Dispatch, 11-171966. “Mason County Has Flying TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Mystery,” Morgantown Dominion News, 11-181966. “Mason Bird-Monster Presumed Gone Now,” Huntington Herald-Dispatch, 11-221966. “Mothman Offers Dark, Creepy Thrills,” CNN.com, 1-24-2002. “Mothman Movie Resurrects Mysterious Legend,” CNN.com, 124,2002. “Mothman,” Huntington Herald-Dispatch, 1-132002. “Mothman’s Back,” Huntington Herald-Dispatch, 1-132002. “Oh, That Bird It Was Seen Again,” Point Pleasant Register, 11-25-1966. “Our Bird Has Law On Its Side,” Point Pleasant Register, 11-19-1966. “Owl? Goose? Prank: Or Take Your Choice,” Huntington Advertiser, 11-17-1966. “Professor Says Moth-Man Could Be Large Crane,” Huntington Advertiser, 11-19-1966. “Reporter’s Night Went By Without Mothman Sighting,” Huntington Herald-Dispatch, 1-132002. “That Mothman: Would You Believe a Sandhill Crane?,” Huntington Herald-Dispatch, 11-191966. “The Mothman Rises,” Charleston Gazette, 1-24-2002. “Town Welcomes Mothman Publicity,” Charleston Gazette-Mail, 3-3-200 – – – 2. Urbis Historia pag.59 Il labirinto di Pontremoli (una via per scegliere) 2009 © Simonetta Santandrea Simonetta antandrea Labirinti come archetipi grafici si hanno fin dagli albori della civiltà in culture anche non correlate tra loro. L’unico senso che si può dare a questa diffusione a vastissimo raggio sta nella facilità compositiva della struttura labirintica, quasi un automatismo espressivo, un ghiribizzo sovrappensiero, più che una volontà estetica consapevole. Il labirinto come forma consapevole di espressione, invece, come simbolo e segno di un qualcosa di concreto o comunque riconoscibile da altri come tale, nasce a Creta nel secondo millennio avanti Cristo. I mitografi greci ci hanno tramandato le molte versioni del mito cretese di Minosse, di Pasifae, del Minotauro, dell’incarico all’architetto Dedalo di costruire il palazzo del Labirinto, e di TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Teseo, l’eroe ateniese che dal labirinto esce vincitore, sia del Minotauro che della struttura che lo ospitava. Si tramanda inoltre notizia di almeno undici tra opere tragiche e comiche, oggi perdute, che avevano per tema il mito cretese, ed è lecito sospettare che qualcuna di esse sia pervenuta, in forma diretta o indiretta, almeno fino all’alto medioevo. Labirinto, dal nome greco labyrinthos (λαβύρινθος) significa, con buona probabilità, palazzo “della bipenne”. L’ascia bipenne è un oggetto la cui figura è speculare, simmetrica. Nel movimento di chi la usa c’e un’andata e un ritorno che sono, se non identici, speculari, con un andamento che è oscillatorio, pur andando a perdersi come fa un pendolo, se la bipenne è appesa per il manico, che termina ad anello, come ci è attestato nell’Odissea. Anche l’entrata e l’uscita dal labirinto devono essere identici e speculari, o almeno, pendolari, pena il mancato successo dell’operazione. I labirinti medievali sulla via Francigena La Via Francigena che da Canterbury portava a Roma è un itinerario della storia, una via maestra percorsa in passato da migliaia di pellegrini in viaggio per Roma. Fu soprattutto all'inizio del secondo millennio che l'Europa fu percorsa da una moltitudine di anime "alla ricerca della Perduta Patria Celeste". Erano tre i poli di attrazione per questa umanità in cammino: innanzitutto Roma, luogo del martirio dei Santi Pietro e Paolo; Santiago de Compostela, dove l'apostolo San Giacomo aveva scelto di riposare in pace e naturalmente Gerusalemme in Terra Santa. Il pellegrino inoltre non viaggiava isolato ma in gruppo e portava le insegne del pellegrinaggio (la conchiglia per Santiago de Compostela, la croce per Gerusalemme, la chiave per San Pietro a Roma). Va detto che queste vie di pellegrinaggio erano allo stesso tempo vie di intensi scambi e commerci e che le stesse venivano percorse dagli eserciti nei loro spostamenti. In un cerchio immaginario di 200 chilometri di diametro, nella parte centrale e più innervata di richiami odeporici e culturali della via Francigena, si contano ben cinque labirinti di origine medievale. Il labirinto di San Michele di Pavia, pavimentale, a mosaico, circolare e unicursale (a senso unico). Al centro del labirinto, il Minotauro volge il capo all’entrata della Basilica: fatto certo inusuale, ma sicuramente non casuale. La posizione del Minotauro, rivolto verso lo spettatore, oltre a indicare la navata della Basilica, corrisponde all’immagine celeste della costellazione del Toro. Nel presbiterio della chiesa, i resti del labirinto sono circondati dai simboli della terra, del mare, del cielo, dell'uomo. Un re incoronato, che raffigura l’anno solare, troneggia al centro della rappresentazione dei mesi e delle stagioni. Il labirinto di San Savino di Piacenza, pavimentale, a mosaico. Risaliva al XII secolo e ad esso era legato un motto dal valore oscuro, che per taluni è negativo. Metteva in guardia i fedeli, che vi dovevano vedere il mondo: largo per chi entra ma stretto per chi tenta di liberarsi dai vizi per uscirne. Una sorta di itinerario, ci pare di capire, comunque iniziatico. La frase latina era: "Hunc mundum tipice laberinthus denotat iste intranti largus, redeunti set nimis artus sic mundo captus, viciorum mole gravatus vix valet ad vite doctrinam quisque redire" La presenza di un labirinto su questa direttrice della via Francigena avvalora più che mai l'ipotesi di un percorso preciso in cui questi supporti 'filosofico-ermetici' venivano collocati. Il labirinto di San Caprasio di Aulla, puramente decorativo, negli stucchi del sacello del santo, distrutto durante la seconda guerra mondiale. Il labirinto di Lucca, verticale, circolare e unicursale, è collocato TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà nell’atrio della cattedrale di San Martino nella prima colonna a destra di chi si reca nel duomo. Consiste in una semplice formella quadrata interamente riempita dal labirinto. E’ stata erasa la figura, probabilmente il Minotauro, che occupava il centro del simbolo. Lo scritto, a destra del simbolo sulla colonna, sembra anch’esso di carattere giustificativo, e quindi posteriore, e non avere quindi relazione cogente col labirinto stesso. Si trascrive comunque: “Hic quem creticus edit Dedalus est laberinthus de quo nullus vadere quivit qui fuit intus ni Theseus gratis Ariadne stamine vintus” ("Questo e' il labirinto costruito da Dedalo di Creta dal quale nessuno entratovi potè uscire salvo Teseo grazie al filo di Arianna"). Il labirinto di Pontremoli, anch’esso verticale, circolare e unicursale, è in una lastra di arenaria di circa 83x60 cm., sovrastato da due figure umane a cavallo non speculari, quella di destra ha infatti un prolungamento trapezoidale sotto la pancia del cavallo, forse un mantello o una gonna, e un’entita poco contornata apparentemente alata dietro le spalle. L’altra è più ovvia e ha le fattezze del tipico cavaliere. Entrambe le figure sovrastano il labirinto. A sinistra di questo c’e un ouroboro quasi nascosto nei pressi del rilievo poco marcato che funge da cornice. L’ouroboro è il serpente che si morde la coda, che è un simbolo di probabile provenienza iranica ed e legato esplicitamente all’idea del trascorrere del tempo.’anno è un anello con una testa e una coda che si fondono: un luogo simbolico in cui l’eternità si stempera nell’individualità transeunte. Ciò sarebbe perfettamente in sintonia con l’interpretazione dell’insieme simbolico pontremolese come traslato sincretistico di un rito di fertilità o di iniziazione. L’ouroboro quindi ci attesterebbe che ogni anno presso il labirinto di Pontremoli, o, ancora più indietro nel tempo, presso quella che dovremmo considerarne l’originaria matrice stilemica, si svolgevano gare di iniziazione. A destra c’è invece una forma indistinta, purtroppo nei tempi moderni rimasta illeggibile. In margine al labirinto, in basso, una scritta recita “Sic currite ut comprehendatis”, TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà chiaro riferimento alla paolina prima lettera ai Corinzi, che, sembra, possa essere interpretato come una sorta di giustificazione, con buona probabilità aggiunta, e quindi posteriore, delle due figure che combattono. Con caratteri simili è stato apposto, anch’esso successivamente, il segno del Cristo, IHS, nel centro del labirinto stesso. L’attuale collocazione della lastra pontremolese é moderna, dopo la distruzione spaziale dell’area di pertinenza nella chiesa di San Pietro per un bombardamento durante la seconda guerra mondiale. www.duepassinelmistero.com Nel mito greco “il labirinto è umano”, ma non si può dire che sia questo il tratto prevalente nella prospettiva medievale: in quest’ultima è un simbolo che ci appartiene soltanto in quanto vi siamo dentro. “Voi siete qui” come nei cartelli indicatori ,ma senza la freccia, che ciascuno deve poter mettere a sua coscienza, “voi siete qui”, in itinere, ed è implicito che uno può e deve capire quanto gli manca a raggiungere il centro del labirinto, meta inevitabile e scontata. Quindi anche nel medioevo “il labirinto è umano”, ma solo in quanto nessuno vorrebbe esserci ancora dentro, invischiato nei suoi meandri. Non è umana la ragione dell’esservi dentro. Accettare il labirinto solo ed esclusivamente come metafora dell’esistenza significa rendere umano il labirinto. Questo solo l’umanesimo pagano o l’umanesimo postmedievale, erede del primo, può permettersi di concepirlo. Il labirinto medievale è più complesso e sfuggente: la prima e più ovvia considerazione vuole che lo sviluppo in senso umanistico del labirinto evolva dal labirinto unicursale a quello multicursale. Il primo è un puro simbolo della cecità del procedere della vita umana, il secondo è una metafora della scelta, che è cieca solo perchè non siamo in grado di antivederne l’esito. Nel labirinto unicursale non c’è inganno. L’artefice, l’architetto non ha voluto creare stratagemmi a danno dell’uomo, vuole solo impedirgli di credere di essere come lui, cioè di godere di una prospettiva d’insieme, al di sopra del labirinto, finchè non ne sia, come che sia, fuori. Nel labirinto multicursale ci sono invece stratagemmi. L’architetto è un uomo che inventa inganni per altri uomini. Complicando il meccanismo con la creazione di scelte alternative, l’artefice si umanizza e svilisce, rendendola immanente, la metafora del labirinto. Il labirinto cristiano è unicursale. Nel labirinto cristiano si entra consapevolmente e consapevolmente si può recedere. E questo sia che ci si immerga in una simbologia positiva che in una negativa. Tanto gli esempi qui esaminati, quanto le riproposizioni cinquecentesche di Siena (nel pavimento del Duomo) e di Ravenna (nel pavimento di San Vitale), o quello nel soffitto del palazzo dei Gonzaga a Mantova, così caro a Isabella d’Este per il rincorrersi delle scritte “Forse che si forse che no”, sono unicursali. Come pure quello del manoscritto di Ratisbona del XIII secolo, del mosaico di St-Come-etMaruejols (Gard) in Francia o quello in ciottoli delle isole Scilly o quello mutilo, riapparso dopo la seconda guerra mondiale in San Giovanni Evangelista a Ravenna. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Ammettiamo pure che il labirinto cristiano possa farsi metafora della vita umana, il cui esito può essere conosciuto solo al termine e al di fuori di esso, è pero evidente che l’Artefice del labirinto non è concepibile in una conflittualità di tipo umanistico con chi lo osserva e lo ripercorre. L’Artefice non inganna, non è Dedalo, ma si limita a contemplare dall’alto, immobile, il movimento volontario dell’uomo verso la sua meta obbligata. Il labirinto unicursale è, sic et simpliciter, conseguentemente apotropaico, in qualche modo esorcizzante e bene augurale, perchè è una strada segnata, delimitata, condizionata, ma dunque anche protetta dall'imprevedibilità estrema del trovarsi fuori da qualsiasi schema. L’uomo medievale chiede a Dio di essere nel labirinto, purchè questo sfoci verso il giusto centro. Un’altra forte differenziazione tra labirinti unicursali e multicursali sta nell’obbiettivo da raggiungere: nei primi non è l’uscita dal labirinto, bensì il centro dello stesso (anche per questo il pavimento cinquecentesco di San Vitale non ha più niente di medievale, proprio perchè ha un obbiettivo esterno, la conchiglia, pur essendo unicursale). Il centro del labirinto, inteso come scopo del viaggio, si presta quindi a una pletora di ulteriori metafore, dalla montagna di Gerusalemme o del Paradiso Terrestre come centro del mondo, alla sacralità dell’isola al centro di un lago o di un oceano. Inoltre, l’andamento di un labirinto unicursale non può non essere pendolare: il riempimento dello spazio vuoto, circolare o rettangolare che sia, deve comunque essere tale da dividere lo spazio in due semi-interi o in quattro, in modo che, trovato l’asse mediano, la figura possa sempre essere vista come quasi speculare intorno a detto asse. E qui ritorna il tema della bipenne. Abbiamo poi la distinzione tra labirinti verticali (murali) e pavimentali. Il labirinto verticale non può essere percorso e quindi rimane un memento, un simbolo, un richiamo. Il labirinto pavimentale può essere percorso dal fedele, quindi assumere la funzione di sostituto del viaggio. Quest’ultimo può, quindi, astrattamente, definirsi più recente. La metafora del viaggio come strumento di salvazione Nel medioevo non era un piacere viaggiare. Ci si metteva in viaggio per estrema necessità, per bisogno, per dovere, per il pericolo che avrebbe comportato il restare. La fuga in Egitto della Sacra Famiglia è emblematica di quest’idea del mettersi in viaggio per garantire a sè e ai propri cari la sopravvivenza immediata o indiretta. Se dovessero mai considerarsi come puri simboli di richiamo, i labirinti di Pontremoli, di Lucca, di Pavia e di Piacenza potrebbero anche essere il simbolo di Teseo, colui che proteggeva i viandanti sulla via di terra fra Trezene e Atene, liberandoli da una gran quantità di banditi (Sini, Scirone, Cercione, Procuste) e mostri (la scrofa assassina, lo Minotauro). Il contesto mitico del labirinto viene quindi a legarsi nel medioevo al viaggiare con uno scopo di salvazione: i soggetti umani, semidivini e divini, che si propongono la salvazione altrui affrontano un viaggio discendente e ascendente (ad andamento pendolare), irto di difficoltà, e, se la rappresentazione grafica delle Mappae Mundi deve necessariamente convincerci che la percezione del rappresentato antica e medievale fosse piatta, altrettanto potremmo inferire del labirinto unicursale, sia nel senso della profondità che in TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà quello della convessità, verso il centro della terra o verso l’alto. Non escludiamo pertanto, in via di principio, che il labirinto medievale sia “plastico”, ovvero rappresenti un percorso ascendente, una montagna o discendente, una cavità. In questo senso il vero elemento di pericolo nell’essere nel labirinto (che ricordiamo essere unicursale) sarebbe dato dalla innaturalità di un viaggio in verticale (il tabù delle alture e delle cavità è sempre stato diffuso, anche nel medioevo) oltre che dalla fatica fisica di un’andata che deve contemplare anche un ritorno, pena la perdita della salvezza. I pellegrinaggi di figure affrontate nei labirinti, dinanzi a un ouroboro Il labirinto di Pontremoli è stato realizzato in un’epoca e da un artefice che è consapevole della vita umana come metafora di un viaggio obbligato. Il labirinto rappresentato è ancora un memento, non un simbolo sostitutivo del viaggio, come appare essere il cinquecentesco labirinto nel pavimento di San Vitale in Ravenna, sicuramente ispirato, quest’ultimo, da un devoto del culto di Santiago de Compostela, vuoi per il posizionamento in direzione ovest del cursus e dell’uscita, vuoi per la conchiglia che accoglie, con simbolo peraltro psicoanaliticamente evidente, chi esce dal labirinto stesso. Corrobora l’ipotesi qui esposta anche l’evidente incongruenza liturgica e dottrinale di porre l’uscita dal labirinto ravennate, voltando le spalle all’altare: è evidente che l’aspetto simbolico dell’andata verso ovest ha messo in subordine, nell’ideatore, la relazione tra l’essere nel labirinto e il rapportarsi al Santissimo. Deve aver prevalso, nello spirito compositivo dell’opera, proprio l’aspetto simbolico, del percorso labirintico sotto lo sguardo che dall’Altare giudica e prende atto, come sostituto del voto di peregrinazione verso Santiago; se si prende in esame la dislocazione di quattro dei labirinti superstiti (Pavia, Piacenza, Pontremoli, Lucca), non può non affacciarsi un’ipotesi odeporica. Cercando di sviluppare questa ipotesi, si ha che se la strada di riferimento fosse la via Francigena, saremmo tenuti a ricercare tracce di altri labirinti a monte e a valle di quelle cento e poco più miglia che separano Piacenza da Lucca, ma non ne abbiamo, se non a Siena (ma non e più medievale) e a Roma. Consideriamo invece i percorsi italiani diretti a Compostella: in questa luce, le quattro città dotate di labirinto hanno una precisa funzione catalizzante, sono altrettanti snodi viari in cui si raccolgono pellegrini afferenti da diverse ramificazioni stradali. Pavia è il collettore della viabilità che dai passi alpini occidentali e dal Piemonte porta verso sud. Piacenza raccoglie quella che dalla Rezia centrale porta a Milano e Lodi. A Pontremoli invece confluiscono non soltanto gli antichi percorsi montani che da Bobbio valicavano l’Appennino, nati per dribblare tra i capisaldi bizantini e longobardi arroccati a difesa del rispettivo limes, e forse ormai superati ai tempi del culto compostellano, ma anche tutti quei viandanti che, dall’est e dalla via Emilia, giungono a Parma e scelgono di imbarcarsi in un porto tirrenico, piuttosto che affrontare le Alpi, oppure si dirigono via terra verso Lucca. Per Lucca invece dobbiamo tener presente non solo chi giunge da sud lungo la via Francigena, ma anche chi proviene da Firenze e Pistoia per imbarcarsi nei porti di Motrone e di Pisa. Quindi tra la Francigena e la via per Santiago di Compostella appare evidente che è su quest’ultima che i labirinti verticali citati assumono un maggiore TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà portato di senso: in particolare, ci sarebbe consentito anche il riaggancio e l’utilizzo delle figure affrontate della lastra di Pontremoli, attraverso i cantari e le chansons de geste del ciclo carolingio. Ci si apre un altro vasto orizzonte, intrigante ma pericoloso, perchè estraneo all’area geografica dei nostri labirinti, quello del labirinto come prova cavalleresca per la conquista di un proprio spazio nel mondo. E se fossero, invece, le intersezioni tra le due vie di pellegrinaggio (la Francigena e il Cammino Compostellano) a rappresentare la ragione sufficiente per aver collocato i labirinti, specialmente quelli verticali? Se, con lo svilupparsi del culto di Santiago di Compostela, i cluniacensi di passaggio avessero voluto, con tale simbolo, offrire una meta alternativa al flusso dei pellegrini romei? Il legame tra pellegrinaggi e labirinti è, nel medioevo, un legame simbolico abbastanza evidente. Ciò che è meno evidente è che entrambi questi concetti, visti a loro volta come simboli, sono percepibili come sostituti di qualcosa. Il pellegrinaggio sostituisce una scelta di vita monacale, la “divina peregrinatio” cassinense, l’abbandono definitivo del mondo, che è scelta di via diretta alla purificazione e alla perfezione, per quanto questa sia possibile sulla terra. Nessuno è perfetto, non tutti riescono a compiere questo grave passo definitivo. Molti hanno bisogno di qualcosa che le somigli, di un surrogato. Questo è appunto la prima vera funzione della peregrinatio terrena, diciamo pure, in modo improprio e modernista, laica. La gente comune, quelli che oggi chiameremmo i laici, vive la peregrinatio come un sostituto, un surrogato della scelta monastica. Si vuole andare a Gerusalemme o a Roma, al Gargano o a Santiago de Compostela per morirvi, forse, ma certo per fare quella scelta che prima non si è avuto il coraggio di fare; per espiare i propri peccati, e per scoprire se questa decisione, questa metanoia, avvicinerà all’incontro sperato con una delle figure tipiche del giudizio post mortem e della salvazione cristiana (il Cristo, Pietro, l’arcangelo Michele, Giacomo). Attraverso la peregrinatio terrena, il labyrinthus della propria esistenza vorrebbe trovare il suo glomerulum lini… Ma gli uomini sono ancora più deboli, non tutti possono compiere anche solo il viaggio fisico finale verso la salvezza. Alcuni hanno bisogno di qualcuno che realizzi un voto al loro posto, ed ecco che nasce il pellegrinaggio per procura; altri invece che non possono pagarsi neppure un sostituto, inventano il labirinto come sostituto figurale del pellegrinaggio stesso. Ma il labirinto era già un sostituto figurale, prima ancora di essere rappresentato e percorso in ginocchio all’interno delle chiese. Lo era come simbolo dei seguaci di Dedalo, dei costruttori di chiese, di coloro che hanno fatto dal nulla un edificio di elezione e di salvazione. Il labirinto era già nelle chiese a richiamare la gente a una scelta: “questa che vedi è la tua vita, ora scegli”. Il fatto che fossero posti a Pavia, a Piacenza, a Lucca e a Pontremoli, ci dice che una delle scelte TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà esistenziali possibili e immediate doveva essere quella viaria. Pontremoli poi è uno dei punti chiave in cui si incrociano le vie per Roma e per Santiago: bisognava scegliere a quale santo votarsi. Pavia e Piacenza erano luoghi in cui si doveva scegliere tra la via del Monte Bardone e le altre vie romee che si dipartivano dalla via Emilia. Lucca era il luogo in cui si doveva scegliere tra le vie del mare e la via Francigena, sia che si venisse da nord per andare a Roma, sia che si venisse da est o da sud per andare a Santiago. Scegliere, sempre e comunque scegliere, in quale labirinto perdersi. Simonetta Santandrea [email protected] Documenti pag.66 Report Conferenza "UFO e Paranormale" Pavia 10/04/2003 http://nuke.sentinelitalia.org/Default.aspx?tabid=82 Il documento è consultabile in originale alla pagina web indicata (portale Sentinel Italia) Alessia Maineri Carlo Sabadin ha aperto la serata consegnandoci una visione di massima e generale sulla cosiddetta Ipotesi Parafisica che cerca di coniugare Ufologia e Relatori Carlo Sabadin ( Sentinel Italia, gruppo Camelot ) Teodoro di Stasi (Ricercatore indipendente) Marisa Uberti (Ricercatrice indipendente) TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà paranormale. L’ipotesi Parafisica si basa sul concetto che gli Ufo facciano parte del mondo del Paranormale, essendo assimilabili a eventi anomali ricollegabili al folclore antico medioevale, che riferisce di incontri con esseri strani, divinità, creature misteriose...ecc. Si tratta di una delle più forti ipotesi alternative alla classica interpretazione extraterrestre che tutti conosciamo e sostiene che quelli che noi chiamiamo Ufo non proverrebbero dallo Spazio e da altri Pianeti ma da dimensioni sconosciute. Il primo ad elaborare questa teoria fu l’americano Layne , che nei primi anni ’50 analizzando tutti gli aspetti della nascente ufologia moderna iniziò ad intravedere la possibilità che dietro al fenomeno vi sia un’intelligenza di natura sfuggente, degli esseri che sarebbero normalmente invisibili ma che sarebbero in grado di materializzarsi sul piano fisico in particolari occasioni. Secondo Layne però queste materializzazioni non sarebbero alla portata di tutti, ma solo determinati soggetti particolarmente dotati come medium e sensitivi o contattisti sarebbero in grado di vederle e percepirle. L’ipotesi di Layne suscitò pesanti critiche e discussioni, ma riuscì a raccogliere anche numerosi consensi. Uno dei sostenitori della teoria parafisica fu lo scrittore di fantascienza Arthur C. Clarke che però nei suoi romanzi parlerà sempre di Ufo come abitatori di altri Pianeti che solcano lo spazio sulle loro astronavi. Qualche anno dopo, siamo ormai negli anni ’60, John Keel elaborò la teoria di Layne ipotizzando un complotto ai danni dell’umanità teso da una sorta di forza invisibile che si celerebbe dietro agli Ufo: il tutto quindi visto in chiave negativa. Keel girò tutto il mondo intervistando di persona le persone testimoni di avvistamenti e piano piano si convinse che la questione è ben più complessa di quanto si potesse pensare. Poltergist, fenomeni ESP, creature misteriose, Ufo trovarono posto in un mosaico che Keel attribuì ad un inganno voluto da delle particolari entità (responsabili dell’intero quadro) ai danni dell’umanità e di cui i fenomeni Ufo e di contattismo non erano che una minima parte a noi visibile. Nacque la Teoria del Superspettro, una sorta di area energetica dalla quale gli ufo proverrebbero. Qualcuno o qualcosa avrebbe, secondo Keel, il potere di possedere la mente dell’uomo che altro non è che una pedina di un enorme gioco. Milioni di persone nel mondo sarebbero quindi pronte ad assecondare inconsapevolmente questo piano, nel momento in cui verrà schiacciato una sorta di bottone in quella che definisce una grande mente comune collettiva. Successivamente Jacques Vallée tentò di superare le teorie di Layne e di Keel associando agli avvistamenti ufologici tutti gli incontri e le interazioni che si sono verificati nelle TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà epoche passate: elfi, fate, gnomi...ecc., sarebbero secondo Vallée riconducibili ad un mondo particolare che chiama Magonia (scriverà anche un libro a riguardo intitolandolo PASSPORT TO MAGONIA). Gli esseri provenienti da questo mondo agirebbero con lo scopo di portare avanti un loro progetto destinato però ad una parte ben selezionata della popolazione mondiale. I prescelti per i contatti vengono (in perfetta sintonia con quanto accade nel contattismo classico da Adamski in poi) condotti per il contatto in luoghi isolati e desertici. Abbiamo quindi diverse visioni dello stesso fenomeno: - per Vallée è fondamentale l’aspetto mitologico; - per Keel si tratterebbe di un fenomeno con caratteristiche di ultra terrestrità. Negli anni ’70 la ricerca in questo senso vide molti altri contributi come Jerome Clark e Loren Coleman che tentarono di dare una interpretazione Junghiana del fenomeno, appoggiati poi da uno psicologo, Scott Rogo, che arriva a definire gli ufo come la materializzazione della psiche collettiva. Partendo da queste ipotesi si fa largo, soprattutto in Europa, una nuova corrente reinterpretativa del fenomeno ufo che vede in Michel Monnerie il sostenitore principale il quale riprenderà il concetto di effetto riflessivo ideato da Keel: gli ufo avrebbero la capacità di modificare il loro aspetto e le modalità delle loro manifestazioni a seconda del periodo storico e delle coscienze umane con i quali si trovano ad interagire. L’attenzione si sposta quindi dall’alieno a colui che interagisce con l’alieno, dall’osservato all’osservatore. La conseguenza che ne deriva, secondo Monnerie, è che gli ufo non esistono e che si possono spiegare molto semplicemente da un punto di vista socio psicologico. Monnerie parla di: - sogni a occhi aperti - condizionamento sociale ad opera dei mass media: i media creano gli ufo e la gente crede di vederli. A sostegno di questa ipotesi afferma che la maggior parte degli avvistamenti sarebbero di dischi volanti. Per Monnerie gli ufo sono miti, leggende metropolitane e imbrogli. In realtà se andiamo a vedere la casistica riportata da archivi e giornali, ha sottolineato Sabadin, vediamo che la percentuale di dischi volanti è molto bassa, le tipologie sono ben più complesse, risulta chiaro che quindi questa teoria, da questo punto di vista, non è in grado di reggere. Bisogna poi tenere presente che nella casistica ufologica esistono sempre dei dati oggettivi e strumentali che poco hanno a che fare con la percezione soggettiva e personale e che non possono essere trascurati. Nel 1995 in un congresso ufologico un astrofisico di nome Von Butlar presenta dei documenti di cui sostiene di non poter provare l’autenticità che aprirebbero nuove ipotesi sul caso di Roswell: non si trattò di palloni sonda, né di astronavi extraterrestri ma di un mezzo terrestre proveniente dal futuro. Un sopravvissuto all’incidente avrebbe raccontato cose terribili riguardo al nostro futuro e il governo USA avrebbe quindi deciso di non raccontare la verità dando una versione ufficiale che parla di un oggetto terrestre artificiale, e una ufficiosa che parla di un ufo. Già nel ’57 il fisico Everet aveva pubblicato un lavoro che chiamò Teoria dei Multimondi secondo la quale l’Universo si ramificherebbe continuamente dando origine a mondi e realtà parallele, ripresa poi negli anni ’80 ipotizzando viaggi nel tempo e tra dimensioni parallele: il passato dove ci troveremmo sarebbe però diverso dal nostro quindi non stando a queste teorie gli ipotetici terrestri provenienti dal futuro avrebbero dovuto trovarsi TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà in una dimensione parallela alla nostra, impossibile dunque che potessero finire a Roswell. Hawkins riprese le teorie dei viaggi nel tempo sostenendo che non sarebbero possibili dal momento che verrebbero a crearsi dei paradossi temporali. Ci sono attualmente ufologi quali Jenny Randles che riprendendo queste teorie arrivano a definire la probabile esistenza di particolari luoghi nella terra dove si verificano delle finestre ufologiche: apparizioni e avvistamenti particolari (es. Hessdalen), oppure zone come il triangolo delle Bermude dove per una particolare caratteristica del luogo si possa verificare quello che definisce un teletrasporto naturale: è possibile passare da una dimensione all’altra. Di nuovo abbiamo una ripresa dell’Ipotesi parafisica. Ogni epoca storica prende spunto e il via da questa prima ipotesi formulata negli anni ’50. A Keel si deve il merito di aver coniato l’associazione tra l’ufologia e la parapsicologia. Cosa non da poco visto che la maggior parte dei parapsicologi vede invece la necessità di una accurata separazione tra il loro campo (che definiscono come frutto di una indagine scientifica radicata e accettata) e il campo ufologico. E’ interessante quanto Sabadin ci ha fatto notare: tutti coloro che affermano di essere stati contattati, avvicinati o rapiti da extraterrestri, sostengono anche di avere sviluppato capacità taumaturgiche e psichiche particolari, raccontano dei messaggi che sarebbero stati loro consegnati e che sarebbero sorprendentemente simili ai messaggi che alcuni medium ricevono in scrittura automatica. Lo stesso Uri Geller sostiene di aver ricevuto i suoi poteri da entità extraterrestri. Esiste dunque una evidente connessione tra fenomeni paranormali e ufologia. Sembra recentemente emergere un altro aspetto: quello new age. Secondo questo filone esisterebbero gruppi di alieni con diverse basi evolutive, posti su diversi piani dimensionali, che ai livelli più alti sembrerebbero esercitare un condizionamento positivo sull’umanità, anche con abductions e modifiche genetiche. Molto diffuso è anche il concetto di evoluzione spirituale puntiforme indotta da questi alieni fino a che raggiunta la massa critica ci sarà il salto evolutivo dell’intera umanità (e qui rientrano anche alcune interpretazioni in chiave esoterica dei crops). Tra i lavori dall’approccio più strettamente scientifico che si appoggiano sulla teoria parafisica abbiamo quelli di Kenneth Ring il quale cerca di identificare due categorie di persone che hanno incontri particolari: - le persone che hanno incontri con esseri alieni; - le persone che hanno le esperienze di pre – morte. Ring sostiene che si verifichino delle trasformazioni sul cervello, sui processi mentali dei soggetti e di tipo fisiologico tali da far pensare ad una sorta di evoluzione della specie umana. che da una popolazione che non ha gli strumenti necessari per interpretarla può apparire e appare come una sorta di magia? Marisa Uberti ci ha parlato di Marco Todeschini (sconosciuto ai più nonostante abbia avuto al suo attivo più di mille pubblicazioni), nato a Valsecca (Bergamo) il 25 aprile 1899. A lui si deve la nascita della PsicoBioFisica, scienza che rivaluta il ruolo dell'Etere nella formazione e composizione dell'Universo e delle sue leggi. Anche Ring arriva ad affermare (pur con la scientificità dei metodi da lui portati avanti) che tutto ciò si accompagna ad una spiritualità e ad una religiosità aumentate e che tutto ciò non può che essere dovuto all’intervento di una entità superiore. I punti in comune con le pratiche Sciamaniche e Iniziatorie sono parecchi: le descrizioni di queste esperienze, come quelle di uso di funghi allucinogeni, parlano di incontri con strani esseri, alieni, abductions che si troverebbero in una dimensione che affianca quella normalmente da noi percepita Sabadin ha poi concluso con questa affermazione: ci si potrebbe porre una domanda, e cioè può una tecnologia avanzata e scientificamente evoluta essere alla base delle manifestazioni parafisiche TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Nel corso dei secoli si sono sviluppati due filoni principali a riguardo: - il primo che definisce lo Spazio come Pieno, le basi materiali dell'Universo (Pianeti, Astri e quant'altro) sono immerse in una sorta di fluido in grado di vibrare e creare vortici e onde, detto Etere (e che ebbe in Cartesio uno dei principali sostenitori e i cui principi vennero poi sfruttati da Marconi nella telefonia senza fili); - il secondo lo definisce invece come Vuoto, non esiste nulla che circondi le componenti materiali dell'Universo. Newton utilizzò questa teoria come base per la formulazione delle sette leggi sulla gravitazione. A suo parere i pianeti potevano muoversi all'infinito non essendo vincolati da alcuna costrizione che impedisse tutto ciò ma non fu mai in grado di definire cosa avrebbe dato origine a questo moto perpetuo. Non poté fare altro che attribuire la spinta iniziale a una Forza Divina. Questo fino al 1927 quando si arrivò ad un punto tale per cui non era piú possibile continuare questa dicotomia e si tentò di dare una definizione che unificasse queste due teorie. Se infatti il 60% dei fenomeni che stavano alla base della costituzione del Cosmo erano spiegabili con la teoria del Pieno, il restante 40% era per contro spiegabile unicamente con la teoria del Vuoto. In questo contesto si colloca Todeschini. Come scienziato non poteva ammettere che non si fosse in grado di dare una spiegazione "coerente" ai fenomeni analizzati. Non trovandosi in accordo con nessuna di queste due teorie si diede da fare per arrivare ad una nuova formulazione e definizione partendo dal presupposto che lo Spazio non si può considerare come una semplice estensione geometrica ma come qualcosa che ha una densità costante (che riuscì a definire come 9x1020volte inferiore a quella dell'acqua che, teniamo presente, è circa pari a 1). Lo Spazio è dotato di una mobilità propria, proprio come un fluido o un gas, e alla luce di questa assunzione è possibile, secondo Todeschini, spiegare qualitativamente e quantitativamente tutti i fenomeni naturali. Come vedeva Todeschini la nascita e la morte della materia? In origine l'Universo era costituito solamente da spazio fluido inerziale immobile. Grazie all'applicazione di due coppie di forze da piccolissimi elementi sferici che costituivano tale spazio che da queste vennero posti in rotazione attorno al loro asse polare, si originarono i nuclei atomici. Ciascuno di questi nuclei atomici ruotando su se stesso trascinò con sé una serie di strati sferici concentrici di spazio fino ad arrivare a quella che viene definita superficie di sponda che rappresenta il limite estremo di una nuova unità materiale: l'atomo. Attraverso lo stesso procedimento, tra strato e strato, presero vita gli elettroni planetari e quindi tutta la materia vivente così come la conosciamo. La morte della materia avverrebbe nel momento in cui venissero tolte le coppie di forze che hanno originato tutto ciò. In questo caso infatti il nucleo dell'atomo cesserebbe di ruotare su se stesso e gli strati sferici TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà cesserebbero il loro moto, il nucleo e il campo di elettroni non avrebbero più un movimento rispetto allo spazio che li circonda e diverrebbero un tutt'uno con esso dato che non sono altro che spazio (a loro volta) fluido posto in movimento rotatorio. Ma ecco che rimane sempre una domanda in sospeso: chi avrebbe dato inizio a tutto questo e chi (eventualmente) vi metterà fine? Todeschini attribuì questo ruolo a entità di origine spirituale che avrebbero dato il via al moto primigenio e che potrebbero ugualmente porvi fine. Lui parlava di una Intelligenza Universale. Secondo Todeschini quello spazio che noi consideriamo vuoto assoluto perché privo di qualsiasi particella subatomica, per il fatto stesso di essere sede in ogni suo punto di Forze Oscure che possiamo chiamare Spirituali e Divine, diviene inerte, assume una massa e una densità (esattamente come la materia) ha caratteristiche di resistenza (al moto) e viene frenato se è già in movimento, comportamento questo tipico di uno spazio pieno. Si viene così ad ammettere l'esistenza di uno spazio tridimensionale, fluido, denso e incomprimibile. In base a questo Todeschini definì dieci equazioni su cui basò tutta la sua teoria (detta Teoria delle Apparenze o PsicoBioFisica) e che derivano tutte da una semplicissima eguaglianza: F = m x a, ovvero la Forza é uguale alla massa per l'accelerazione. Lo spostamento fisico di una massa sottoposta ad accelerazione non è altro, secondo Todeschini, che la decelerazione della massa stessa e delle onde vibratorie che la caratterizzano quando queste incontrano sul loro percorso i nostri organi di senso. Quando ciò accade noi riceviamo una sensazione, da un fenomeno fisico dunque si origina un fenomeno psichico ed è grazie a questo fenomeno psichico che noi ci rendiamo conto dell'esistenza del fenomeno fisico. Tutti i fenomeni naturali quindi (elettricità, magnetismo, gravità, forza, materia…ecc.) hanno nel movimento dello spazio una base comune: sono dovuti al fatto che tutte le masse materiali sono circondate da uno spazio fluido. Ecco quindi che tutte le leggi naturali sono riunificate in un unica legge (F = m x a) da cui ha poi ricavato le sue dieci equazioni che esprimono rispettivamente la sensazione di peso, quella magnetica, elettrica, elettromotrice, acustica, termica, luminosa, odorifica e saporosa. Si venne così ad operare una unificazione tra materia ed energia. Il substrato comune di tutti i fenomeni naturali é lo Spazio Vibrante e per trasmettersi utilizzano lo Spazio Fluido di cui Todeschini sostiene l'esistenza. Ma sensazioni come il calore, la luce, i suoni si originano esclusivamente nella nostra psiche quando le vibrazioni che le caratterizzano raggiungono i nostri organi di senso. Ne deriva che ad ogni fenomeno fisico corrisponde un preciso fenomeno psichico dato dalla sensazione che questi fenomeni generano a contatto con i nostri sensi. Ma la psiche per Todeschini é anche di più: è la sede dell'Anima di ognuno di noi. Ed è proprio l'Anima che ci permette di trasformare tutte le vibrazioni che arrivano al cervello in sensazioni. Se così non fosse e venissero ricevute da una mente materiale questa non potrebbe che vibrare a sua volta ritrasmettendo non la sensazione (di per sé immateriale) ma dei semplici urti materiali. Ecco dunque che secondo lo scienziato è fuori d'ogni dubbio che l'Anima esista. Il suo è un approccio Fisico, Biologico e Psichico insieme elaborato in oltre trent'anni di ricerche. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Scienza (dimostrazioni), Filosofia (ragionamento) e Teologia (Fede) portano alla formulazione da parte di Todeschini del concetto unifenomenico del vibrare di questo spazio fluido. Questo concetto è per Todeschini di fondamentale importanza per comprendere la finalità della scienza che non dovrebbe essere quella di perseguire scopi egoistici e interessi meschini, ma di ottenere l'affratellamento dei popoli consapevoli che tutto ha origine da un unico Creatore e che tutto il creato esiste per una finalità ben precisa. Ma cosa è la Psiche? I dizionari la definiscono come una entità immateriale (spirito intelligente, anima…ecc.). Todeschini la identificava senza dubbio con l'Anima umana (componente che ci consente di avere le sensazioni di tutto ciò che accade nel mondo fisico). Nel 1951 nei congressi di Firenze di Bioradiologia e di Torino di PsicoBioFisica venne riconosciuta la validità delle basi scientifiche della teoria di Todeschini che era quindi in grado di spiegare tutti i fenomeni metapsichici (telepatia, rabdomanzia, apparizioni luminose, suoni misteriosi, pranoterapia, telecinesi…ecc.) e di fare luce sulle cause e gli effetti di altri fenomeni come l'ipnosi, l'elettromagneto terapia, l'agopuntura, la psicanalisi…ecc. Marisa ci ha accompagnato nella comprensione del pensiero di Todeschini che a questo riguardo fece questo tipo di assunzione: tutti questi fenomeni implicano l'emissione di radiazioni da parte del corpo umano. Devono quindi essere generati da degli oscillatori che si trovano all'interno del nostro organismo, devono percorrere uno spazio (un mezzo di trasmissione) fino poi a giungere a contatto con degli organismi riceventi (che possono essere altri esseri umani). Todeschini sosteneva che i nostri organi di senso e di moto sono collegati alla spina dorsale e al cervello attraverso linee nervose e tutti gli impulsi che ci arrivano li riceviamo proprio grazie a questi collegamenti che ricordano dei veri e propri circuiti elettrici. La corteccia cerebrale è la deputata alla trasformazione e al riprocessamento di questi impulsi che vi giungono viaggiando attraverso i circuiti preposti (la cui unità funzionale è rappresentata dal neurone) e contemporaneamente a tutti gli impulsi che dal nostro organismo vanno verso l'esterno: essa rappresenta quindi un vero e proprio centro di smistamento. Per Todeschini i circuiti che controllano gli organi di moto sono percorsi da correnti a bassa frequenza e generano di conseguenza campi magnetici dall'estensione limitata rispetto al corpo umano. I circuiti degli organi di senso invece generano campi oscillanti che hanno frequenze molto elevate e che si estendono (proprio come le frequenze radio) a grande distanza. Come può un fenomeno psichico generare un fenomeno fisico se partiamo da questi presupposti? (e qui il discorso si fa particolarmente interessante a mio parere). Al centro di tutto ci sarebbe, ancora una volta, l'Anima umana, identificata con la Psiche. Todeschini resterà sempre fermamente convinto di ciò (ma teniamo presente che già Cartesio collocava l'Anima umana a livello della ghiandola pineale situata al centro dell'encefalo). L'Anima dunque oltre a pensare sarebbe in grado di generare correnti elettriche che andrebbero ad azionare gli organi di senso e di moto del corpo umano i quali produrrebbero degli impulsi che a loro volta generano delle oscillazioni nello spazio fluido esterno al nostro corpo. Se le vibrazioni prodotte sono a bassa frequenza e di una intensità particolare provocheranno delle oscillazioni spaziali che TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà raggiungono fuori dal nostro corpo distanze brevi. Questi fenomeni sono alla base di manifestazioni quali spostamenti di oggetti (telecinesi). Aumentando di un poco la frequenza delle vibrazioni si riescono a produrre oscillazioni atmosferiche oggettive che andando a interagire con la membrana acustica possono produrre sensazioni uditive (è il caso di persone che sostengono di udire voci misteriose, suoni e rumori che altri non sentono). Con una frequenza ancora più elevata le vibrazioni producono fenomeni elettrici nella retina che possono estendere i loro effetti nello spazio esterno più o meno marcatamente a seconda della loro intensità (si generano quindi luci, colori, apparizioni visibili, ectoplasmi…ecc.). Ma per esempio, nel caso delle apparizioni (basti pensare a casi come Lourdes, Fatima…ecc.) la questione è leggermente complessa. Infatti a volte siamo di fronte ad un unico soggetto che "vede" l'apparizione, altre volte la stessa immagine è percepita da più soggetti contemporaneamente. Quale spiegazione dare a tutto questo? Todeschini ammette a questo riguardo un’origine divina e spirituale del fenomeno, e dice che se si tratta di vibrazioni che nello spazio fluido sono state generate direttamente da entità del mondo spirituale la visione verrà condivisa da più persone. Se invece le vibrazioni sono prodotte dall'Anima del soggetto veggente la visione sarà visibile ad altri solo se sarà dotata di una particolare intensità capace di indurre l'oscillazione dello spazio circostante. In questo ultimo caso sarà quindi un'immagine che parte dalla corteccia cerebrale del soggetto veggente (indotta dall'Anima stessa del soggetto) e che altri non riescono a percepire (a meno di raggiungere determinati livelli vibratori in grado di trasmettere all'intorno l'immagine generata: si parlerà allora di Ipnosi collettiva). Interessante il riferimento fatto da Marisa ad uno studio condotto dal biologo Giorgio Pattera riguardo visioni e corteccia cerebrale. Lo studioso è giunto infatti ad ipotizzare che possano esistere intelligenze che possiedono delle tecnologie così avanzate da essere in grado di indurre la formazione nel nostro cervello di immagini che altri non vedono, sicuramente un campo di studi da approfondire. Lo stesso Todeschini si rese conto che le "visioni" possono essere prodotte si dal grande potere dell'Anima, della Psiche, del soggetto, ma possono anche essere indotte mediante utilizzo di stimolanti chimici o elettrici. Recentemente sono stati fatti a questo riguardo studi di stimolazione specifica di alcune regioni della corteccia celebrale in soggetti bendati e si è visto che a seconda dell'area che veniva stimolata comparivano sensazioni e immagini che erano di volta in volta diverse (luci, acqua che scorre, fumo, figure animali e umane…ecc). La telepatia è a sua volta spiegabile mediante l'evocazione da parte dell'Anima di scene visive mentali che mettono in vibrazione il centro PsicoFisico della materia cerebrale. comprendere che la PsicoBioFisica prevede l'esistenza di due diverse modalità di nascita dei fenomeni metapsichici: - da parte di entità spirituali; - dall'Anima umana; e che in entrambi i casi si viene a generare una corrente corpuscolare organica o movimenti spaziali che sono di natura fisica. Ecco che avendo delineato una base scientifica per fenomeni quali apparizioni, fenomeni ESP, spiritismo e quant'altro, Todeschini riesce a tirarli fuori dal contesto di magia, stregoneria, e in generale diffidenza dove fino a quel momento erano stati relegati. A lui va inoltre il merito di avere operato, a questo proposito, una unificazione tra le tre interpretazioni che fino a quel momento erano state date ai fenomeni metapsichici: - l'ipotesi spiritica le attribuiva a entità ultraterrene; - l'ipotesi animistica allo spirito del soggetto; I circuiti neurali portano l'immagine alla retina e se la vibrazione è sufficientemente intensa questa può uscire dal corpo del soggetto che l'ha prodotta, percorrere lo spazio vibrazionale fluido esterno e arrivare fino ad un soggetto ricevente che riesce così a percepire le stesse immagini evocate dal soggetto originario. Siamo quindi arrivati a TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà - l'ipotesi biologica a fenomeni esclusivamente fisici. A Todeschini si devono non solo teorie ma anche più di ottocento (830 per la precisione) esperimenti pratici. Coadiuvato dal Dottor Zorzi (esperto di elettronica) e dal Professor Speri (chimico) ideò una serie di apparecchiature atte a rilevare l'esistenza di questo "etere", questo supporto fisico dei fenomeni. Il più noto è il Genegravimetro. Fu costruito da Todeschini presso il Centro Studi Esperienze del Genio Militare proprio a Pavia negli anni compresi tra il 1936 e il 1939. Costituito da una vasca semi cilindrica ricolma di acqua al centro del quale veniva messa una sfera che un apposito motore elettrico faceva ruotare su se stessa producendo nel liquido circostante un campo circolare fluido, riproduceva i movimenti planetari. Se infatti veniva inserita nella vasca una sfera planetaria, ad una certa distanza da quella centrale e la si faceva ruotare su se stessa in senso contrario alla sfera centrale e alle linee di flusso del campo, si otteneva un effetto Magnus. Sostanzialmente la sfera planetaria veniva sottoposta ad una forza centripeta inversamente proporzionale al quadrato della distanza tra le due sfere. Ci troviamo quindi di fronte alla dimostrazione sia della stessa legge di gravitazione formulata da Newton che di quella di attrazione fra due forze elettriche o magnetiche di Coulomb. Lo stesso concetto è alla base di un'altra apparecchiatura che Todeschini chiamò Idroplanetario e che riprodusse i moti planetari ed atomici. Nel 1932 ideò il Motore a Forza Propulsiva Centrifuga che venne riconosciuto nel 1975 in un congresso di Ufologia in Germania come l'ipotesi più realistica di propulsione usata dai cosiddetti Ufo. Una associazione Romana (la ASPS, Associazione Sviluppo Propulsione Spaziale) pur non citando mai Todeschini come riferimento sembra fare riferimento e trarre spunto dalle sue "invenzioni" e dalle sue teorie. (Per saperne di più su detta Associazione e conoscerne il lavoro visitare i seguenti links: www.asps.it/Nucleoin.htm e www.mywebpages.com/asp s) Tra gli apparecchi di Todeschini figurano anche gli importantissimi sei rivelatori BioPsicoFisici ciascuno dei quali con finalità specifiche: - fluido rivelatore (serve per rivelare la presenza di etere in qualsiasi punto dello spazio); correnti elettriche nervose che vanno ad eccitare le ghiandole endocrine. Si tratta di una sorta di magnetoterapia che agisce in caso di disfunzioni: riequilibra la ghiandola non funzionante inducendo un aumento o una diminuzione nella produzione delle sostanze chimiche); - il fluidoondulatore ricevente (serve per ricevere le onde di spazio fluido di tutte le frequenze dello spettro e misurarne la frequenza e l'intensità. Secondo Todeschini questo è molto utile anche per prospezioni geologiche potendo rilevare onde elettromagnetiche emesse da particolari sostanze come acqua, petrolio…ecc.); – il fluidooscilloscopio (serve per rivelare il tracciato luminoso dell’onda di spazio fluido particolare emessa da ciascuno di noi ,che è diversa da persona a persona,come le impronte digitali. - il fluidometro (serve per misurare l'energia cinetica del fluido emesso dalle mani dei guaritori senza che questi tocchino lo strumento); - il biorivelatore (serve per appurare se una persona è viva o morta, utile per fare luce nei casi di morte apparente); - il fluidoondulatore trasmittente (serve per produrre onde di spazio fluido coprendo tutte le frequenze dello spettro allo scopo di poter indurre TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Un grande scienziato dunque che ci ha lasciato veramente tanto materiale e tante geniali intuizioni. Questa carrellata estremamente interessante e ricca stimolerà senza dubbio approfondimenti e indagini personali. Un grazie a Marisa Uberti per averci fornito un quadro così completo. Ha concluso gli interventi Teodoro Di Stasi che ha presentato la figura di Willeim Reich. Psicanalista e allievo di Freud, si interessò di fenomeni ufologici in seguito a delle indagini personali che condusse intorno agli anni '50 riguardo alle energie atmosferiche. Era a quell'epoca assolutamente digiuno di ufologia. Reich ebbe la particolarità e il merito di voler condividere le proprie scoperte ma se dapprima il mondo scientifico parve interessato a ciò che aveva scoperto, poi (come spesso accade) arrivò non solo a confutare ma addirittura a "deridere" ciò che Reich aveva raccolto e formulato, inducendolo poi a proseguire nel silenzio le proprie sperimentazioni ed indagini. Reich si dedicò a questi studi negli ultimi anni della sua vita. Morì infatti nel 1957 in una prigione dove venne recluso a causa delle sue idee. Quasi come Galileo, vittima di una inquisizione non meno feroce di quella di allora. I suoi libri vennero bruciati e fu proibita la divulgazione delle sue opere fino agli anni '70. Abbiamo quindi notizie di lui solamente da 33 anni e il materiale che lo riguarda è stato spesso e volentieri occultato. Interessantissimo quanto detto da Di Stasi: gran parte del materiale raccolto da Reich verrà reso disponibile nel 2007, anno in cui è prevista l'apertura di un testamento da lui lasciato ai posteri. Reich fu un personaggio particolare. Arrivò ad affermare che la sua matrice (e quindi la sua provenienza) era senza dubbio esogena: non si sentiva di questo pianeta. Come scienziato si pose allora questa domanda: si può dimostrare l'esistenza gli Ufo? E cercò in ogni modo di rispondervi. Reich era solito definire lo studio del fenomeno Ufo come studio dell'energia primordiale o EA (Energia Alfa). Il suo era un approccio prettamente scientifico, basato sull'osservazione di questi fenomeni che definiva generati non da oggetti solidi (navi spaziali, dischi volanti o altro) ma (in linea con l'ipotesi parafisica) da forme energetiche e pensanti, partendo dal presupposto che per far questo é necessario avere a disposizione dei dati di comparazione che definiva come: - la luminosità o magnitudo delle stelle - meteoriti …ecc. Per Reich gli ufo erano presenze negative. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Si convinse di ciò nel 1949 quando si interessò di un fenomeno anomalo verificatosi nella città dove risiedeva (Oregon - USA -): il ritrovamento di capelli d'angelo. Si rese conto che in concomitanza con la comparsa di questi "filamenti" (composti da un materiale nerastro che chiamò Melanor) si verificarono nella popolazione delle strane conseguenze fisiche, disturbi e anomalie. Nel settembre del 1954 ideò lo SpaceGun, un apparecchio che avrebbe dovuto permettergli di dimostrare le sue teorie e che utilizzava l'energia orgonica atmosferica. Gli esperimenti vennero condotti a Tucson (Arizona), sito scelto in base a dei calcoli precisi fatti da Reich perché energeticamente interessante: vi è infatti una linea ortotenica che attraversa la zona e numerosi luoghi di antico culto. Attraverso il suo apparecchio Reich immetteva nell'atmosfera pochi milligrammi di una miscela di Radio e Cobalto radioattivo in presenza di questi oggetti (Ufo che lui definiva forme energetiche) e osservava un fenomeno molto particolare: gli oggetti avevano una reazione al "bombardamento" nella loro luminosità. Dapprima si aveva un aumento dell'intensità luminosa, poi subiva una riduzione in tanti frammenti di luce e infine il tutto si ricompattava in un unico "spot" luminoso. Poteva anche accadere, però, che a contatto con la sostanza "sparata" da Reich, l'Ufo si dissolvesse semplicemente, scomparendo. Ma Reich ebbe poi modo di verificare che quando questo accadeva nel punto esatto in cui l'Ufo scompariva, riappariva poco dopo con la stessa magnitudo e le stesse dimensioni dell'originario. Questi esperimenti si osservarono avere effetti anche sul clima. Nubi e parti di cielo colpite dall'apparecchio di Reich subivano modificazioni. Nello stesso anno ('54) Reich poté osservare che dopo 10 giorni di esposizione alle sostanze immesse dal suo apparecchio l'atmosfera circostante venne alterata. In tutto quel periodo il cielo era stato coperto di nubi, si schiarì all'improvviso e completamente (immaginate un cielo che nel giro di pochissimo passa da completamente coperto a completamente limpido) per poi immediatamente dopo ricoprirsi nuovamente e altrettanto rapidamente, dando inizio ad una precipitazione. I dati riguardanti il funzionamento degli apparecchi costruiti da Reich sono rari e raramente disponibili. Ma se nel 2007 verranno resi disponibili insieme al restante materiale rimasto nascosto, sarebbe veramente interessante addentrarsi in questo discorso. Teodoro di Stasi ci ha fornito un affresco di un personaggio poco noto alle masse e che merita sicuramente maggiore attenzione. E' poi seguito un dibattito molto acceso (e stimolante) che si è protratto ben oltre il TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà termine degli interventi. La serata, ci ha quindi fornito una visuale articolata e completa su un’ipotesi, quella parafisica, sostenuta e ripresa in più occasioni in ambiti che spaziavano e spaziano dall'Ufologia classica, alle indagini rigorosamente scientifiche di studiosi che ne hanno fornito le basi e importantissimi elementi di supporto. Vale la pena considerare questo punto di vista con un occhio attento e senza pregiudizi. Le cose possono essere più articolate di quanto appaiano ai nostri occhi. Alessia Maineri [email protected] Collaborazioni pag.77 www.luoghimisteriosi.it I misteri delle Rotonde Isabella Dalla Vecchia Le chiese così come noi le conosciamo hanno un’entrata e diverse navate da percorrere per giungere all’altare; il tutto organizzato in una pianta pressoché rettangolare, per necessità stilistiche e simboliche. Ma può capitare di incontrare dei rari edifici cristiani con pianta circolare, non battisteri ma chiese vere e proprie. Perché questa scelta architettonica? Le strutture a pianta circolare sono facilmente attribuite ad una "geometria pagana", dato che il cerchio era l’elemento principale su cui si strutturavano gli antichi rituali. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Le chiese "rotonde", rare in Italia, non debbono in alcun modo essere confuse con i battisteri, spesso circolari o comunque a pianta ottagonale. Sono chiese, templi a sé, spesso di origine ignota e, fatto non da escludere, potrebbero essere anteriori allo stesso cristianesimo. Molti studiosi giustificano la scelta affermando che si voleva "copiare" la struttura del Tempio di Gerusalemme, attribuendo le Rotonde ai Templari, ma è anche probabile che la circolarità fosse un ulteriore modo per "imitare" i preesistenti templi pagani. Le ipotesi sono tante ed esse tutt’oggi non hanno nessuna spiegazione scientifica o storica. Dunque dobbiamo entrarvi, appellarci al nostro inconscio e fidarci del nostro istinto primordiale. Varcando la soglia non si ha la sensazione di entrare in una normale chiesa, ma in uno scrigno che contiene ancora oggi molti antichi segreti. Le pareti sono uguali, tutto si muove attorno a noi come in un congegno del passato, come fossimo un ingranaggio di un orologio temporale che ci riporta indietro di quasi 2000 anni. La chiesa a pianta circolare più misteriosa e interessante nel panorama delle Rotonde italiane è, a mio avviso, la Rotonda di San Tomè in provincia di Bergamo. Essa, nonostante sia di dimensioni molto ridotte, riporta in ogni angolo della sua architettura simbolismi e enigmi di enorme rilevanza. La Rotonda di San Tomè (Almenno S. Bartolomeo – BG) Innanzitutto la rotonda di San Tomè è una delle rarissime chiese a pianta circolare, una scelta architettonica ancora oggi ignota, dato che non esiste neppure uno scritto che ne testimoni la nascita o l'appalto. Secondo approfonditi studi archeologici San Tomè venne edificata tra il 1130 e il 1150, cronologia ipotizzata dalla presenza di alcune tombe trovate all'esterno. Esiste solo un documento che parla della presenza di un monastero femminile nel 1203, che fu soppresso nel 1407 per via di strani scandali avvenuti all’interno del luogo sacro, pare infatti che alcune monache fossero rimaste addirittura incinte. La decadenza di tutto il complesso fu definitiva, in seguito alle estenuanti lotte tra Guelfi e Ghibellini, ma per fortuna venne rivalutato dal vescovo di Bergamo nel 1407. Da questa data fino al 1536 venne affidato ad una serie di eremiti dei quali non si distinse nessuno in particolare per la cura e il mantenimento, anzi il periodo viene ricordato particolarmente fallimentare. In questa data fu finalmente venduto alla prepositura di San Salvatore di Almenno. E fu questo l’inizio di una storica e secolare litigata. Infatti San Tomè realmente veniva amministrata dalla parrocchia di San TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Bartolomeo e gestita da quella di San Salvatore. Il problema sta nel fatto che se un tempo queste parrocchie erano in sé un unico comune, successivamente si divisero rivendicando in maniera piuttosto agguerrita la proprietà di San Tomè. Questa eterna lite ebbe inizio nel 1601 ma si concluse nel 1907! Nessuno dei due Almenno di fatto voleva cedere la chiesa e la questione divenne col tempo un fatto di principio tanto da suscitare dalle piccole ritorsioni alle grandi manifestazioni in piazza a volte violente, fino ad autentiche petizioni rivolte al Papa. Solo nel 1907 Papa Pio X decise infine di intervenire e risolvere la questione dando San Tomè a San Bartolomeo da cui oggi ancora dipende. La rotonda si trova ad Almenno che fu corte regia longobarda e franca fino a diventare libero comune nel 1220. In seguito divenne vicariato sotto la famiglia dei Visconti fino al XVIII secolo. Il monastero accanto alla chiesa esiste ancora oggi. Veniva chiamato "Degli Agri" o "Dei Campi" ed era la cascina che oggi è sede dell'"Antenna Europea del romanico". Dopo essere stata colpita da un incendio e da due fulmini, rimase fortunatamente indenne agli occhi del visitatore che può ammirarla nella sua intera bellezza e fascino. L’unione del paganesimo e del cristianesimo San Tomè è stata costruita sopra un preesistente tempio pagano dedicato a Giunone, Cerere e Silvano, la sua forma rotonda potrebbe essere conseguenza del fatto che in principio essa fosse direttamente un tempio, tanto ignota ne è la fondazione; anche il fatto che si trovi nei pressi di una folta zona boschiva, laddove è stata ritrovata un'ara dedicata proprio al dio Silvano, confermerebbe la sua origine pagana. Inoltre quest’area è appartenuta ai Galli Cenomani da cui il nome di Lemine. Vi era un ponte, oggi scomparso, che si chiamava "ponte della Regina", dedicato presumibilmente alla famosa regina longobarda Teodolinda, la celebre donna che ha saputo unire paganesimo e cristianesimo. Chissà forse è stato mantenuto nella struttura il precedente tempio pagano proprio per canalizzare e accumulare, come un'enorme batteria, la profonda energia tutt’ora percepibile che attraversa questi boschi. Forse le stesse monache che lo hanno abitato e che poi sono state cacciate improvvisamente dalla Chiesa, sono state coinvolte in rituali a noi sconosciuti racchiusi in questo misterioso edificio. Il nodo di Salomone e l'Albero della vita stessa di una piramide. Addirittura ricorda le antiche ziqqurat perché ad osservarla da lontano riporta in sé ben cinque gradoni. Quindi l’idea di “tempio pagano” in questo contesto lo si ritrova non soltanto nella pianta, ma nella stessa struttura, osservandola è impossibile non notare che di fronte abbiamo un antico tempio a scale. La sacralità dell'interno Nella lunetta sopra il portale d’entrata vi è uno strano personaggio, a noi ignoto perché non accompagnato né da simbologie particolari e nemmeno da iscrizioni, con un bastone in mano che divide (o congiunge?) il nodo di Salomone a sinistra con l’albero della vita a destra. Entrambi sono simboli particolarmente legati ai templari e chissà forse si voleva richiamare che questa costruzione era stata realizzata seguendo, seppure in piccolo, le misure del tempio di Re Salomone. Una scala verso il cielo? Nel suo intimo messaggio San Tomè vuole rispecchiare attraverso la sua slanciata architettura fatta a cilindri concentrici dal più grande al più piccolo, l’idea di una scala verso il cielo, o meglio ancora, l’idea TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Entrando nell'edificio si viene completamente coinvolti dall'atmosfera ultraterrena della struttura circolare che abbraccia chiunque si trovi nel suo esatto centro. La chiesa è strutturata con tre cilindri concentrici interrotti solamente dalla presenza di un'abside che ospita l'altare, costruita però successivamente nel XII secolo insieme al presbiterio. Il rosone sopra l'entrata proietta la luce illuminandolo a giorno. E' un luogo di una sacralità intensa e assoluta, è un ambiente magico. Posizionandosi al centro esatto e osservando la lanterna, è facile venire rapiti verso l'infinito del cielo sopra la propria testa. Gli affreschi sono molto radi, ed è possibile ammirarli salendo nel matroneo, costituito da un corridoio elevato lungo tutta la circonferenza. Ma lo stesso tempio è in sé un grande dipinto che riporta uno splendido gioco di luci e ombre creato dalle colonne, otto per l’esattezza, otto probabilmente non a caso, otto nell’anello inferiore e altrettante in quello superiore. L’affresco del ‘300 raffigura l’Annunciazione racchiusa in una mandorla. tabernacolo che si trova nell’abside creando un gioco di luci così particolare da animare quasi le stesse colonne. Ancor più misteriosa la luce che cade perpendicolare dalla lanterna alla sommità della struttura che colpisce nella sua pienezza chiunque si trovi al suo esatto centro. L’eremo di Montesiepi (LU) Uno strano congegno e gli equinozi All’esterno si trovano molte piccole finestre lungo tutta la sua circonferenza, permettendo l’entrata della luce in qualunque punto si trovi il sole, come un grande congegno rivelatore del tempo, come una particolare meridiana che segna l’ora a seconda del raggio solare interno. La luce è particolare e illumina una diversa colonna ad ogni ora come fosse un magico orologio naturale. Ma solo una volta all’anno il sole tocca un punto in particolare. Durante i due equinozi un raggio di luce colpisce da un’apertura il Un’altra Rotonda di grandissima importanza e fama è l’Eremo di Montesiepi a San Galgano in provincia di Lucca. Essa custodisce la ormai nota spada nella roccia. Fu costruita dopo la morte di San Galgano, laddove aveva vissuto per tanti anni in preghiera. La pianta è rotonda e la cupola è costituita da molti cerchi concentrici che sanno ipnotizzare lo sguardo verso l’alto. Questo luogo è da sempre stato inevitabilmente legato ai cavalieri templari. La chiesa si trova su una collina ed è stato provato che nel pavimento sottostante ci sia una camera vuota a cui non è TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà mai stata data l'autorizzazione per gli scavi. Ad oggi, cosa effettivamente quella camera contenga, rimane ancora un mistero. Forse si vuole mantenere l’interrogativo e la speranza, se non il desiderio, che qui vi sia custodito addirittura il Graal. La cappella del Lorenzetti riporta diversi affreschi, tra cui quello particolare della "Madonna con tre mani" infatti Maria con il bambino al centro della rappresentazione tiene in mano Gesù con due mani, ma la sua terza mano trattiene un bastone, il perché di questo errore tutt'oggi è inspiegabile. La spada è stata sottoposta ad esami metallografici che ne hanno confermato l'autenticità quale arma antecedente al XII secolo. Ogni anno, in un giorno particolare, accade un fatto molto interessante. Il 21 giugno, al solstizio d'estate, al sorgere del sole un raggio di luce penetra nell'eremo dalla monofora posta dietro all'altare e, dopo aver formato un cerchio luminoso sulla parete, si sposta lentamente verso il basso fino a toccare la spada e il sepolcro di S. Galgano. Galgano è e rimarrà un forte personaggio che rivaluta la figura del cavaliere, non più visto come macchina da guerra sanguinaria e violenta, ma come individuo nobile, alla ricerca del Graal, ovvero del divino e di Dio, che lotta e spesso uccide per difendere i deboli e sconfiggere il male sulla Terra. Un paladino della giustizia armata, un San Michele arcangelo. Le chiese a pianta rotonda sono rare, ma non rarissime, esistono diversi esempi che appartengono a varie epoche nel nostro continente, catalogarle tutte in un articolo è pressoché impossibile, dunque possiamo citarne alcune. La chiesa di S. Michele Arcangelo (Perugia) Questo tempio si trova a Perugia ed è un antico tempio pagano "ritrasformato" e soprattutto "riadattato" in chiesa cristiana. Ci troviamo in antico territorio dedicato ai misteri pagani, il tempio dalla pianta circolare ne è la prova. E' dedicato a S. Michele Arcangelo, figura molto antica legata a S. Giorgio e il drago, santo venerato in territorio ortodosso, soprattutto nella Cairo copta, luogo che ancora conserva il cristianesimo delle origini. Presenta alcuni simboli di protezione pagana, come la stella a cinque punte. La chiesa di S. Fosca sull’isola di Torcello (VE) Fosca etimologicamente significa "oscura" e non è un caso se l'interno di questa chiesa è caratterizzato da quest'insieme di giochi tra luci e ombre. L'ambiente è molto tenebroso, ma l'insieme di finestre poste strategicamente sulle pareti fanno entrare raggi di luce indirizzandoli in punti molto precisi. Il Duomo di Brescia Risale all’XI secolo, ha pianta a croce contornata da un portico ottagonale con archi a piede rialzato e capitelli scolpiti. L’interno presenta un insolito raccordo tra la pianta quadrangolare della base e la pianta circolare della cupola, stile architettonico molto raro. L'edificio è intitolato a S. Fosca, vergine e martire, le cui spoglie furono trasportate dall'oasi di Sabratha in Libia fino a qui nel 1011. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Nella città di Brescia è possibile trovare un raro esempio di cattedrale romanica a pianta circolare. Sorta nell'XI secolo sulla più antica basilica paleocristiana di S. Maria Maggiore (VI sec. d.C.), fu restaurata nel secolo XIII e in seguito ampliata da Bernardino da Martinengo, a cui si attribuisce l'aggiunta del profondo presbiterio. La cripta fa parte della chiesa preesistente e accoglie le reliquie di S. Filastrio. Chiesa di Santo Stefano Rotondo a Roma E’ la chiesa a pianta circolare più antica di Roma ed è molto amata dagli studiosi di simbolismi per via dei misteri che questa chiesa racchiude. Essa, per la sua struttura a “cerchi concentrici” è stata paragonata alla basilica del Santo Sepolcro di Gerusalemme, soprattutto per le misure pari a 144 cubiti di diametro per 144 cubiti di altezza che la rendono unica nel suo genere, una trasposizione assoluta della Gerusalemme celeste. Non dimentichiamoci della Rotonda di San Lorenzo a Mantova, una delle chiese più antiche della città, edificata nell’XI secolo fu eretta sopra un preesistente tempio dedicato a Diana. E il Complesso di Santo Stefano a Bologna noto anche come le Sette Chiese. Il cerchio, questo prezioso simbolo antico, così importante da essere riprodotto nelle architetture sacre. La chiesa come la conosciamo, di pianta rettangolare rappresenta in sé il percorso verso l’altare, verso Dio. I pavimenti che abbiamo la fortuna di riscoprire, quelli autentici ricchi di simbologie suggerivano con i loro disegni il TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà cammino del fedele verso l’abside, consigliavano all’uomo penitente, che con il capo chino era obbligato ad osservare i propri passi, la strada da percorrere. Nel cerchio è diverso, si entra in una realtà divina, irreale, dove tutto attorno a sé è uguale, dove a volte è difficile ritrovare l’uscita, dove il capo in questo caso non viene tenuto basso, ma alto, verso il cielo, verso la cupola o l’apertura sopra la propria testa. Solo se ci si posiziona al centro esatto si vede il cielo e il cielo vede te. Solo se si è al centro del cerchio e del mondo si può vedere Dio. Isabella Dalla Vecchia www.luoghimisteriosi.it Corrispondenze pag.83 Simbolismo dell’anima Simone Barcelli AlchimiaAlchimie è il convegno svoltosi dal 22 al 26 agosto 2009 a San Leo in occasione TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà dell’anniversario della morte del Conte di Cagliostro. Il programma della manifestazione è stato incredibile, tra conferenze e tavole rotonde che si susseguivano quasi ininterrottamente. Tra i partecipanti, numerosi, anche grandi pensatori, tra cui Erwin Laszlo, Presidente del Club di Budapest e candidato al Premio Nobel per la pace nel 2004 e Luigi Pruneti, Gran Maestro della Gran Loggia d’Italia degli A.L.A.M. La scelta di San Leo è stata, ancora una volta, vincente per gli organizzatori. Nell’aria si poteva avvertire qualcosa di elettrizzante, come testimoniato da chi, come noi, era lì in quei giorni. La roccaforte, oltre a legare il proprio nome a quello di Cagliostro, deve tanto anche a Dante e a San Francesco d’Assisi, che transitarono da queste parti. Queste giornate di fine agosto sono state caratterizzate anche da spettacoli e animazioni a non finire e, per gli appassionati, c’era anche un mercatino di esoterismo. La manifestazione, quest’anno, ospitava per la prima volta il Simposio “Questioni di Spirito: le ragioni di un’iniziazione”. Tirando le somme, un successo oltre le previsioni, con quasi 20.000 presenze distribuite nell’arco dei cinque giorni. Onore al merito, quindi, a Vittoria Fornari, presidente dell’Istituto MAITRI: è stata lei ad organizzare l’evento nonché ideatrice del Simposio. Giocoforza, poiché non era umanamente possibile seguire tutti gli appuntamenti di AlchimiaAlchimie, alcuni dei quasi addirittura in contemporanea in sedi diverse, abbiamo scelto di raccontare, a modo nostro, un paio di incontri a cui abbiamo assistito. Qui vi relazioniamo circa la conferenza del 24 agosto, “La storia millenaria dei cerchi nel grano”, il cui relatore Michele Proclamato, che ha elaborato una teoria da lui denominata ‘delle Tre Ottave’, ci ha infine rilasciato una breve intervista. A margine, ne parleremo, ci sono stati sviluppi interessanti per i lettori di Tracce d’eternità… Non potevamo poi mancare all’incontro del 25 agosto, “Introduzione agli Studi Simbolici e Tradizionali”, che ha visto protagonista Giovanni Francesco Carpeoro: il direttore del periodico mensile Hera è soprattutto uno studioso del simbolismo esoterico ed eravamo curiosi di capirci qualcosa, essendo praticamente a digiuno in materia. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Le fotografie pubblicate in questa pagina sono di Vittoria Fornari, che ringraziamo. pag.85 La conferenza di Carpeoro Chi cerca, trova Simone Barcelli Carpeoro si occupa da decenni di Studi Simbolici e Tradizionali che lo hanno condotto, in maniera naturale, ad abbracciare numerose branche del sapere. Per quasi due ore ha parlato di simbolismo in maniera TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà semplice, mostrando e spiegando diverse opere pittoriche, svelando infine il simbolismo spesso celato nelle raffigurazioni. Ha precisato che anche i grandi musicisti del passato hanno generato simbolismo perché le note musicali altro non sono che simboli sonori, come i numeri sono simboli visivi. Necessariamente, dobbiamo considerare la musica come un linguaggio che l'uomo ha sempre utilizzato nel corso dei secoli, fino a diventare iniziatico e riservato a ristretti accoliti. In definitiva, il simbolismo è conoscenza iniziatica, un vero e proprio messaggio alchemico esoterico. l’inferiore può valere per il superiore e una parte può rappresentare il tutto; tuttavia ciò non vale per il contrario. Per un approfondimento anche riguardo le altre leggi basilari si rimanda al sito web del relatore (www.carpeoro.com). Carpeoro ha poi spiegato il simbolismo contenuto in un dipinto di Raffaelo, “Estasi di Santa Cecilia”. www.carpeoro.com Questa conoscenza può trasmettersi in forma consapevole, con l'iniziazione solitamente riservata agli appartenenti di un determinato gruppo, o inconsapevole, con la tradizione spesso appannaggio di interi popoli. In quest'ultimo caso, ecco la necessità di interpretare, a beneficio dei profani, il significato celato. Dagli studi di Renè Guenon è possibile giungere all'enunciazione di uno dei postulati più importanti in materia: ciò che è piccolo può simboleggiare il grande, allo stesso modo Al centro Santa Cecilia ha in mano la lira e ai suoi piedi ci sono altri strumenti musicali. Gli altri quattro personaggi non sono scelti a caso (ad esempio San Giovanni, tra tutti, è il personaggio oggi più discusso e misterioso, anche per via dei testi a lui attribuiti che appaiono inconciliabili). Il primo è San Paolo, con la spada (il santo morì decapitato); il secondo è San Giovanni Evangelista, figura come sempre effeminata; il terzo, col pastorale, è San Agostino; infine c'è la Maddalena, a fugare ogni dubbio sul fatto che possa identificarsi con San Giovanni Evangelista TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà perché entrambi qui effigiati. La spada di San Paolo rappresenta il fuoco, San Giovanni stesso è l'aria poiché questo è il suo simbolo evangelico (l'aquila), mentre il bastone di Sant'Agostino è la terra; Maddalena ha in mano un vaso che rappresenta l'acqua. Anche la posa degli effigiati è pregna di simbolismo: Cecilia guarda in alto verso la schiera di angeli ed è un fatto iniziatico, di spiritualità; San Paolo guarda in basso (in segno di redenzione), gli altri si guardano tra di loro mentre la Maddalena guarda innanzi. L'insieme di questi sguardi può quindi determinare la croce. La possibile interpretazione è che Santa Cecilia rinuncia agli strumenti (di origine umana) per la voce, musicalmente più vicina a Dio. Il fatto che sia circondata dagli altri quattro santi può simboleggiare la quintessenza, ovvero il quinto elemento della trazione alchemica. Ma c'è di più: la spada e il bastone possono rappresentare il Solve e la Coagula, cioè la formula alchemica per trasformare il Piombo in Oro. In seguito Carpeoro ha affrontato la simbologia delle fontane, mostrandone diverse. Inevitabile arrivare a Giorgione, da considerare un artista simbolico, qualcuno che doveva necessariamente trasmettere qualcosa. Per questa ragione l'artista sapeva di dover disegnare la bocca di leone da cui esce l'acqua e si tratta, in questo caso, di una trasmissione inconsapevole. L'acqua, elemento vitale, fa pensare inevitabilmente al Nilo e l'Egitto conseguentemente alla figura del leone. La fontana di San Marco è pure particolare perché Venezia stessa rappresenta l'immagine dell'acqua, che a sua volta ricorda il diluvio universale. Si era nella costellazione del Leone e quindi questa è la conoscenza esoterica, cioè un evento che doveva cambiare la civiltà. Il simbolo è quindi un mezzo che racchiude dei messaggi e poiché l'artista rende la realtà come la vede dal suo punto di vista, dobbiamo sforzarci di entrare in questo contesto. Il relatore ci ricorda che in molte opere d'arte percepiamo la bellezza ma stentiamo a capirne il significato. Ed è ancora Giorgione a fornirci un esempio con il dipinto “La tempesta”, in cui la scena non è di facile comprensione e il simbolismo è davvero ermetico. www.carpeoro.com Al di là dei molteplici significati, qui l'artista vuole rappresentare la conoscenza alchemica per la presenza dei quattro elementi, come visto in “Estasi di Santa Cecilia”. Tra una tela e l'altra è poi la volta della “Beata Beatrix” di Dante Gabriel Rossetti. www.carpeoro.com Carpeoro spiega che qui è effigiato un uccello rosso che becca qualcosa dalle mani della donna, moglie dell'artista, suicidatasi con il laudano (un preparato a base d'oppio ideato dall'alchimista Paracelso). L'uccello ha una forte simbologia perché rappresenta sia la spiritualità che la droga. La “Beata Beatrix conduce Carpeoro al termine della conferenza, TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà un gran finale davvero, in un crescendo continuo di simbolismi esoterici ed avvincenti spiegazioni. Il relatore introduce la proiezione degli ultimi minuti di una pellicola russa del secolo scorso, “I Lautari”, che racconta dell'amore perduto, ma rincorso tutta la vita, dal bravo musicista Toma Alistar per Ljanka. www.film.tv.it Alla morte del lautaro sarà il suo giovane successore, Toni Starr, a prenderne il posto, tanto che quella musica lo porterà infine ad incontrare l'anziana donna. In quel momento volerà sulle loro teste, come nel primo incontro tra Toma e Ljanka, un uccello rosso, chiaro simbolo della morte e dell'amore. Il messaggio di Carpeoro, a questo punto, è ineccepibile: solamente se continuiamo a cercare ci sarà possibile trovare. pag.88 L’intervista a Michele Proclamato L’uomo dell’OTTAVA Simone Barcelli Ciao Michele, innanzitutto i nostri complimenti per il “taglio” che hai scelto durante la conferenza sui Cerchi nel grano. Hai stupito tutti, riuscendo a disquisire per più di un’ora, con TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà padronanza di linguaggio e semplicità, circa le tue rivoluzionarie teorie, evitando di cadere nell’errore di tanti che hanno già affrontato questa tematica così controversa. Le tue ricerche vertono in particolar modo sulla riscoperta di una “scienza” cui l’uomo, a volte inconsapevolmente, avrebbe sempre avuto accesso, soprattutto in campo creativo. Da quel che ne sappiamo imboccasti questa strada di conoscenza qualche anno fa, quando riuscisti ad interpretare il messaggio custodito nel Rosone Centrale di Collemaggio dell’Aquila. Ne vuoi parlare per i lettori di “Tracce d’eternità”? www.micheleproclamato.it Certo con grande piacere, anche perché oggi per me ripensare ai miei inizi da “Rosonologo”, mi distrae dall’attuale situazione di sfollato post terremoto. Semplicemente alcuni anni fa fui letteralmente rapito dalla bellezza mandalica del Rosone in questione senza che nulla presagisse lo sbocciare di ciò che sarebbe diventato in breve tempo, prima una fissazione incomprensibile, poi uno studio quindi uno scopo di vita. Il problema agli inizi fu rappresentato dal fatto che nei pressi della Basilica operavano ed operano le sedi distaccate dei reparti di psichiatria dell’ospedale San Salvatore dell’Aquila. E mentre puntualmente il sottoscritto passava, ore, con il naso all’insù nell’osservare quel compendio precessionale di settecentoventi anni fa, i pazienti dei reparti succitati non mancarono di notare e far notare, nel mio fissile contegno, un sintomo dalla palese gravità mentale, traendone quasi sollievo pensando ai “propri” di disturbi. Vero è che nel giro di pochi mesi le mie assidue osservazioni si arricchirono della compagnia non solo di molti pazienti ma dei rispettivi medici curanti. Quando poi finalmente riuscii a codificare il “mio” Rosone estrapolando il suo linguaggio SonicoAssiale la notizia affranse i miei nuovi amici poiché pensarono che le mie assidue visite si sarebbero drasticamente ridotte, cosa che chiaramente non avvenne. La voce, essendo l’Aquila più un paesone che una città, giunse poi alle orecchie interessate del direttore di rete dell’unica TV allora esistente, sto parlando TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà del 2004, e fui quindi invitato in diverse occasioni a commentare la mia “eccentrica” scoperta. In quelle occasioni i sottotitoli televisivi mi spacciarono come “Rosonologo Aquilano” ed essendo ormai il dado tratto, per diversi anni questa fu la mia qualifica in città. Indipendentemente dall’aspetto folcloristico mi resi semplicemente conto di come il rosone centrale di Collemaggio fosse in grado, attraverso 36 braccia e 72 vuoti costruttivi, di parlare in modo precessionale, cosa che si evinceva dalla moltiplicazione dei 2 riferimenti numerici, tutto qua. Per dimostrare la validità della “Legge delle Tre Ottave” hai scovato prove ed indizi un po’ dappertutto, pescando a piene mani nel lontano passato dell’umanità ed immagino che i tuoi studi stiano proseguendo. Al di là della puntuale analisi che hai operato, che valore attribuiresti alla documentazione che hai finora esaminato? In chiave di lettura squisitamente percentuale del valore ottimale da assegnarle, la ritieni sufficiente per comprovare il modello che hai approntato? Posso dire solo questo: la documentazione che io ho e che tutti potrebbero mettere insieme con molta semplicità è di tale portata che ormai da più di un anno ho quasi smesso di memorizzare immagini e passi bibliografici da cui si evince l’operato e la presenza delle TRE OTTAVE. Credo quindi, e vi assicuro senza presunzione, di poter dire che al 99 per cento sono sicuro di ciò che dico e scrivo. Anche perché, io, fino a pochi mesi fa abitavo nella città del 99. Le tue ricerche ti hanno portato ad assegnare un sorprendente significato anche alla Porta del Sole di Tiahuanaco, dove hai rinvenuto importanti valenze numeriche. Alla luce delle tue interpretazioni, pensi che possa restar valido quanto finora a nostra conoscenza sul celeberrimo monolite o qualcosa andrebbe riscritto? Quanto sono contento di questa domanda Facciamo così, chi può prenda un’ immagine della Puerta del Sol. www.micheleproclamato.it Fatto? Benissimo ora immaginate che qualcuno in un momento imprecisato della storia umana abbia voluto lasciare una testimonianza granitica dell’avvenuta CODIFICA dell’atto creativo divino, un atto basato su un tipo di energia molto particolare, in grado di “muoversi” solo attraverso semplici salti di OTTAVA . Ci siamo? Ebbene quel qualcuno come potrebbe scrivere tutto ciò nella pietra? Pensateci. Adesso riguardate la foto della Puerta, ci sono o no sulla sinistra e sulla destra di Viracocha TRE FILE di OTTO esseri alati? CI sono. Sommatele . A questo punto avremo 24 esseri per ambo i lati, in tutto - 48- Entità “composite”. Ora provate a moltiplicare per sé stesso tale computo, quindi documentatevi su uno dei più grandi misteri temporali dei Maya, l’Alautun, fatto da 23miliardi40milioni di giorni. A questo punto non vi resterà altro da fare che chiedervi perché la Quarta Ottava fra gli acuti di un qualsiasi pianoforte avrà come valore numerico vibrazionale (Hertz) lo stesso del calendario Maya. Forse non lo sapete ma in questo modo avrete svelato uno dei più grandi misteri INSOLUTI del mondo archeologico, utilizzando una semplicissima informazione in Ottave, di migliaia di anni fa, e credetemi, tutto ciò sarebbe solo una frazione delle informazioni ottenibili dal lato Est della Puerta del Sol. Secondo il tuo parere, questa potente vibrazione divina che pare contrassegnare ogni elemento del nostro universo, per certi aspetti ancora non compresa pienamente dall’uomo, è infine riconducibile ad una razza extraterrestre e può spiegare, in qualche modo, i fenomeni insoliti che ancor oggi ci circondano? www.micheleproclamato.it TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Allora, sulla Terra non esistono diversi misteri, nossignori, esiste un SOLO mistero il quale lega l’uomo a doppio filo ad un sapere “IMPOSSIBILE” presente in mezzo a noi da sempre. Ora se tale sapere era incredibile migliaia di anni fa immaginate oggi, se come credo si è evoluto, cosa può fare e fa. Sto dicendo che probabilmente qualche cugino piuttosto progredito lo abbiamo sempre avuto, il problema è capire dove si NASCONDE e considerando come molto si giochi intorno ad un tipo particolare di SUONO, credo che dovremmo guardare al TEMPO come a uno degli indiziati dimensionali più importanti. “Il segreto delle Tre Ottave”, “L’Ottava. La scienza degli dèi” e “Il genio sonico”, pubblicati tra il 2007 e il 2008 da Melchisedek Edizioni, trilogia ora disponibile in cofanetto, rappresentano il sunto delle tue investigazioni. Pensi che in futuro ti occuperai ancora dell’argomento o dobbiamo aspettarci qualche pesante incursione in altri settori della conoscenza? Qualche sorpresa ci sarà e riguarderà prima i Cerchi nel Grano sul cui tema a Settembre uscirà un mio libro dal titolo “La Storia Millenaria dei Cerchi nel Grano”, a cui probabilmente seguirà un’opera dedicata alle “strane” conclusioni equazionali su cui si basa la Teoria delle Stringhe, nel tentativo di dirimere l’ormai secolare ed inutile divisione posta fra Scienza Ufficiale e sapere pseudo - esoterico dell’OTTAVA. Oltre a ciò direi che molto del mio impegno verrà dedicato alla creazione di una TEORIA del TUTTO del Mistero nella speranza che prima o poi possa tornare a perdermi nei raggi di quel Rosone che mi ha visto, alcuni anni fa, rinascere a nuova vita conoscitiva. Dal 24 settembre 2009 è disponibile l’ultimo libro di Michele Proclamato La storia Millenaria dei Cerchi nel Grano Prove e documentazioni di un “fenomeno di conoscenza” senza Tempo Edizioni Melchisedek Cari lettori di Tracce d’eternità ora vi lascio e la cosa mi dispiace non poco, spero nel frattempo di poter condividere con voi altri momenti augurandovi un’OTTAVA fatta da 99 abbracci. Michele Proclamato TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà A margine dell’intervista, in maniera del tutto naturale, è nata la collaborazione di Michele Proclamato a “Tracce d’eternità”. Da questo numero, infatti, l’autore curerà su queste pagine una rubrica chiamata “Lo Spazio dell’OTTAVA” e ci condurrà per mano alla scoperta delle sue rivoluzionarie ipotesi. pag.93 San Leo in… bianco e nero Antonella Baccaria TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Gli anelli mancanti pag.93 Gli anelli mancanti Ines Curzio “C’erano i Giganti sulla terra a quel tempo, quando un destino comune colpì Atlantide e Marte: forse la teoria dell’evoluzione ha spiegato solo una parte della verità… e ora è tempo di riscrivere la storia.” TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Una novità attende da settembre in libreria tutti gli appassionati del settore e non solo. Il libro che ho il piacere di presentare nasce dalla mia personale esperienza e rilettura di argomenti noti e meno noti nell’ambito delle scienze di confine, che ho fatto convergere insieme per cercare delle risposte ad uno dei più grandi enigmi della storia, forse il più grande: qual è l’origine dell’uomo? Partendo da questa domanda principale incontriamo molte altre questioni aperte: le tradizioni religiose, i miti, i misteri ancora senza risposta e i dati scientifici possono trovare un’interpretazione comune? Può esistere un quadro d’insieme che colleghi fra loro la scienza ufficiale con le cosiddette scienze di confine? Scienza e fede possono conciliarsi? Sono questi alcuni degli interrogativi che mi sono posta. Nessuno ha delle risposte certe, ma sono convinta che bisogna trovare il giusto punto di osservazione: quello che unisce gli uomini, la storia, la scienza, le religioni, li accomuna e non li divide. Forse solo allora tutte le domande troveranno una risposta! Preparatevi ad un viaggio affascinante fra storia, scienza e archeologia: I giganti sono davvero esistiti? Quante tradizioni al mondo ne parlano? Venivano da Atlantide? Esiste il mitico continente sommerso? Cos’hanno in comune le centinaia di leggende che narrano del diluvio universale? Quali civiltà esistevano prima di questo tragico evento? Cosa accomuna le antichissime e sconosciute civiltà da cui sono poi nati i Celti, i Maya, gli Indù? Popoli lontanissimi fra loro, ma con tradizioni mitologiche molto simili…ma allora questi miti sono davvero solo miti oppure c’è un fondo di verità che va reinterpretato per capire le nostre origini?” Reinterpretare, questa è la chiave del problema e allora partiamo dall’elemento a noi più vicino: “C’erano sulla Terra i Giganti a quei tempi - e anche dopo quando i figli di Dio si univano alle figlie degli uomini…” Finora si è sempre pensato che i Giganti e i figli di Dio, nel passo della Genesi, fossero gli stessi esseri, i Nephilim o Announaki, e se così non fosse chi sono i figli di Dio e da dove vengono? E se entrambi, in maniera diversa, fossero intervenuti nell’evoluzione dell’essere umano? Forse la Teoria di TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Darwin ha spiegato solo una parte della verità…Per la scienza ufficiale c’è ancora un’anello mancante fra i primati e l’uomo di Neanderthal…Chiediamoci allora: e se fossero molti di più “Gli Anelli Mancanti”? Questo il titolo del libro che vi aspetta nelle librerie tradizionali dove può essere ordinato se non è presente a scaffale, oppure nelle principali librerie online. Visitate il sito www.glianellimancanti.com e troverete estratti, video, foto, curiosità, l’elenco completo delle librerie dove è disponibile e i link per l’acquisto online. La voglia di conoscere gli anelli mancanti della storia porta inevitabilmente ad ipotesi spesso al limite della fantascienza e quasi della fantasia. Esistono misteri sulla Terra ancora senza risposte e il limite tra scienza ufficiale e nuove frontiere della ricerca si va sempre più assottigliando…finché un giorno svanirà e tutti gli anelli si ricongiungeranno. Ines Curzio [email protected] Dreamland pag.95 Gli alieni buoni Mack ad un conferenza del GAUS Gianluca Rampini La disputa tra chi crede che gli alieni siano buoni o cattivi è sempre viva e non sembra poter raggiungere alcun punto di svolta. A favore della visione negativa si schierano la maggior parte dei ricercatori che si occupano di rapimenti, TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà coloro che più di altri hanno informazioni di “prima mano”. In questo ambito vengono considerato alieni buoni gli alieni che non interferiscono con l'umanità e quindi non potremmo conoscere, un po' sulla scorta del principio di non interferenza che anima anche la serie di Star Trek. L'unica eccezione in questa cerchia di ricercatori è rappresentata dallo scomparso John Mack. I racconti che egli otteneva dai rapiti con cui entrava in contatto illustravano spesso un'immagine amichevole e affettuosa di razze aliene che sceglievano alcune persone per mostrare loro come lo sconsiderato comportamento degli uomini nei confronti del pianeta Terra avrebbe portato ad inevitabili disastri, consegnando loro messaggi d'amore e fratellanza con i quali provare a redimere l'umanità. L'altro fronte della ricerca sui rapimenti gli ha fatto notare che probabilmente ciò dipendeva dal suo approccio ai soggetti ma sopratutto dalla sua incapacità di superare le false memorie che gli alieni installavano nei soggetti. Considerato il numero e il calibro dei ricercatori che si contrapponevano ( Budd Hopkins, David Jacobs, Corrado Malanga, Derrel Sims ) lui stesso cominciò a dubitare dei risultati delle sue sedute. Non ci sono quindi molte fonti attendibili che attestino la presenza sul nostro pianeta di alieni con intenti positivi. Per lo più quest'idea si è diffusa grazie ai racconti di alcuni contattisti che però o non hanno mai potuto sostanziare le loro informazioni oppure sono stati accusati di falsificarle, come nel caso di George Adamski. L'ideologia New Age poi se la fece propria, nell'ottica di una fratellanza cosmica e di una nuova speranza per l'umanità. Con il passare degli anni si diffuse anche la teoria secondo cui fossero militari e governi a voler far credere che gli alieni siano tutti cattivi e farne capro espiatorio di molti loro progetti segreti e per poter giocare in un futuro non troppo lontano la carta della “falsa invasione” ( vedi Bluebeam Project ) . Tornando alla questione del principio di non interferenza, per quanto ragionevole, dobbiamo tener presente che si tratta TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà di una semplice supposizione, valida in linea di principio ma che in determinate situazioni potrebbe venir meno. Assodata l'invasiva presenza di un certo numero di specie che si intrattiene in ogni genere di azione nefasta contro gli abitanti, umani ed animali, della Terra non appare irragionevole che anche altre razze, che avrebbero preferito rimanere imparziali si siano sentite in dovere si provare a rimettere la situazione in equilibrio. Molto probabilmente ciò verrebbe fatto in totale segreto e con la massima discrezione, proprio nel rispetto di quel principio. Ed è a questo punto che la storia di “Amicizia” assume un'importanza considerevole. Nel rispetto della licenza e della volontà della persona che ha raccontato la sua esperienza vi propongo la testimonianza che Nikola Duper ha raccolto. Gianluca Rampini [email protected] pag.97 La storia di “Amicizia” http://w56.duper.org La storia di “Amicizia” è rilasciata sotto licenza Creative Commons Attribuzione - Non opere derivate 2.5 Italia15 http://w56.duper.org Nikola Duper Certe volte la vita ci sorprende con dei risvolti inaspettati. Molti di voi mi conoscono come un modesto ricercatore che da anni si dedica al fenomeno dei cerchi nel grano. L’ufologia è sempre stata un mio forte interesse, ma non ho mai approfondito la tematica a tal punto da poter essere considerato un esperto. Però, grazie ai cerchi nel grano, ho conosciuto molte persone che studiano ufologia in Italia e all’estero. Forse proprio per la mia attività nell'ambito del mistero, e per le mie conoscenze degli ambienti ufologici, è iniziata per me una vicenda che ha degli aspetti imprevedibili. Nell’ottobre del 2008 sono stato contattato da una persona che, avendo sentito che mi occupavo dei cerchi nel grano, voleva conoscermi. Mi sono presentato all’appuntamento, abbiamo chiacchierato per più di un’ora e poi questa persona mi ha chiesto se potevo aiutarla nella divulgazione, del tutto disinteressata, di una storia molto importante. La persona stessa non poteva, per alcune ragioni, presentarsi “allo scoperto”, e quindi serviva un tramite. Ho risposto che avrei aiutato volentieri, nel limite delle mie possibilità, e ci siamo dati un appuntamento per due mesi dopo. Infatti, ci siamo rincontrati nel gennaio del 2009 e ho saputo che il mio interlocutore è stato, per una lunga parte della sua vita, uno dei protagonisti diretti della cosiddetta LICENZA Creative Commons Attribuzione - Non opere derivate 2.5 Italia Tu sei libero: di riprodurre, distribuire, comunicare al pubblico, esporre in pubblico, rappresentare, eseguire e recitare quest'opera Alle seguenti condizioni: Attribuzione. Devi attribuire la paternità dell'opera nei modi indicati dall'autore o da chi ti ha dato l'opera in licenza e in modo tale da non suggerire che essi avallino te o il modo in cui tu usi l'opera. Non opere derivate. Non puoi alterare o trasformare quest'opera, ne' usarla per crearne un'altra. Ogni volta che usi o distribuisci quest'opera, devi farlo secondo i termini di questa licenza, che va comunicata con chiarezza. In ogni caso, puoi concordare col titolare dei diritti utilizzi di quest'opera non consentiti da questa licenza. Questa licenza lascia impregiudicati i diritti morali. 15 TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà “Amicizia”. Una volta tornato a casa, ho verificato l’attendibilità di questa storia con alcuni amici esperti, i quali mi hanno detto che, a loro avviso, si trattava di una storia vera. A questo punto, avevo abbastanza elementi per prendere sul serio la storia che mi è stata raccontata e, vista anche l’ottima impressione che mi ha lasciato la persona coinvolta, ho deciso di dare il mio contributo nella diffusione di questa affascinante e importante storia. Mi rendo perfettamente conto che mi sto giocando la reputazione che ho costruito in anni di attività, ma lo faccio volentieri. La fiducia esiste anche per essere data quando ritieni che qualcuno la meriti. Il testo che segue mi è stato consegnato dalla persona che mi ha chiesto di fare da tramite. Mi ha anche chiesto di rispettare la sua scelta di restare in incognito, per ora, e di assicurarmi che il testo non venga inserito in un contenitore che ne “orienti” a priori il significato, seguendo così la regola d’oro del buon giornalismo. Io ho accettato queste due ulteriori richieste, e trasmetto il testo alle testate interessate senza alcun commento. Buona lettura e, se vi sembra una testimonianza importante, passate parola. La storia di “AMICIZIA” -o semplicemente “la storia”, come l’abbiamo sempre chiamata- è vera, e ha coinvolto un gruppo di persone italiane e non italiane per molti anni, fra il 1956 e il 1990. Alcune di queste persone, fra cui il sottoscritto, sono ancora vive, e hanno avuto rapporti diretti (faccia a faccia) con gli Amici (chiamati anche W56), che sono extraterrestri provenienti sia da pianeti della nostra Galassia (alla distanza di centomila anni luce), sia da altre Galassie. Qui sulla Terra essi hanno raggiunto il numero massimo di 200 persone, residenti in basi (alcune vastissime) sotto terra (a circa 20 km di profondità) e sotto il mare, alcune lungo la fascia adriatica, con la prima base “storica” sotto Ascoli Piceno. Ciò che ora brevemente dirò deriva esclusivamente da ciò cui ho partecipato in prima persona, nel corso di una lunga parte della mia vita, e dalle nostre conversazioni dirette con gli Amici. Ne ho le registrazioni, con la loro viva voce. “Amicizia” raggruppa popoli diversi fra loro, sia per le caratteristiche fisiche (alti, piccoli, giganti, ecc.) sia per la provenienza (anche da altri Universi e altre dimensioni), ma accomunati da una scelta fondamentale verso il Bene. E’ una sorta di confederazione trasversale, in nome di un comune ideale di vita e di pensiero, pur rimanendo grandi diversificazioni fra popoli e fra individui, e fra scelte TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà personali. Siamo agli antipodi della massificazione ideologica. Il popolo con cui abbiamo interagito noi è composto da individui (uomini e donne, come noi) molto belli fisicamente, molto alti, circa tre metri, oppure molto piccoli. Ma questi sono aspetti secondari. Altri popoli che fanno parte di “Amicizia” sono assai diversi da noi. Ciò che conta è la sostanza, al di là delle diverse tipologie e delle innumerevoli particolarità “folcloristiche”. Gli Amici sono nostri fratelli maggiori. Sono umani, anzi siamo noi che non siamo umani rispetto a loro. Sono assai più umani di noi, per questo non si fanno vedere. Sono “troppo” umani… E’ facile per noi adularli, ma è più facile invidiarli per la loro compiuta umanità… Altri popoli degli Universi hanno optato per il Male, spesso rappresentato dall’adorazione della Energia e della ConoscenzaScienza, e questo dualismo fra Bene e Male è fondamentale per comprendere la lotta tuttora in corso e le enormi difficoltà nello svelamento della verità agli abitanti del nostro pianeta. La lotta fra il Bene e il Male è reale ed originaria, non è il frutto di una invenzione e non è una “rappresentazione”. Gli individui malvagi non sono il risultato di un esperimento scientifico mal riuscito, tant’è vero che possono liberamente scegliere di non essere più malvagi. Questa lotta fra il Bene e il Male ha riguardato anche la vita dei terrestri del nostro gruppo, rendendoli persone particolari. Le nostre esperienze, sia fenomeniche (incontri faccia a faccia con alcuni Amici, conversazioni con loro, dischi e altri oggetti volanti di altre forme, visioni molto ravvicinate di materializzazioni e smaterializzazioni, visite e permanenze anche lunghe nelle basi sotto terra, ecc.), sia mentali e morali, hanno segnato in modo assai profondo e indelebile le nostre vite, spesso rendendoci vulnerabili rispetto alle leggi, regole e convenzioni della realtà e società in cui abbiamo continuato a vivere e lavorare, salvo quelli di noi che hanno optato di passare il resto della loro vita con gli Amici. La realtà che abbiamo vissuto con gli Amici supera ogni immaginazione, e il silenzio assoluto con gli altri, e il continuo pensiero interiore, per anni e decenni, sono stati in noi la reazione più normale. Una sorta di ruminazione, e di crescita continua della consapevolezza e della indicibilità. Alcuni di noi hanno pagato un prezzo molto alto per la loro “diversità”, uscendo dai circuiti della normale vita sociale e lavorativa. Alcuni di noi hanno mantenuto un segreto totale o quasi totale, aprendosi solo con pochissimi intimi, altri hanno parlato, ma hanno volutamente fornito una versione solo parziale o modificata. Le ragioni di ciò sono molteplici e complesse, perché ci sono cose che non si possono dire neppure quando si è deciso di parlare. Inoltre, è successo che parecchie delle cose rivelate sono state oggetto di gravi distorsioni, banalizzazioni, manipolazioni e interpretazioni del tutto arbitrarie, ovvero di comunicazioni scisse o schizofreniche, che affermano una cosa e subito dopo il suo contrario, ingenerando dubbio e, in definitiva, incredulità. Questo ha riguardato anche aspetti e ragioni fondamentali della presenza degli Amici fra noi, e per questo motivo è necessario intervenire rettificando, e soprattutto dicendo l’essenziale che non è stato detto, o di cui è stato detto il contrario. Il fatto è che questa vicenda è estremamente complessa. In essa l’ambiguità, la disinformazione voluta o non voluta e la mescolanza del vero e del falso svolgono un ruolo importantissimo. Inserire un solo elemento chiaramente non credibile per esempio autocontraddittorio o ridicoloin una storia vera rende l’intera storia non credibile, il che può anche essere lo scopo, conscio o inconscio, di chi riferisce la storia. Ciò non è casuale, e non dipende solo dalla volontà personale di chi scrive o parla o “rivela”, o si spaccia per un protagonista mentre non lo è stato, ma rientra in una delle leggi che regolano la presenza nascosta degli TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Amici sulla Terra. E’ sempre stato così anche in altre epoche. A causa di fattori che appartengono ai piani sottili -cioè i piani non fisici della realtà- e che sono difficili da verbalizzare, la presenza degli Amici fra noi è subordinata ad alcune leggi, fra cui la legge dell’ambiguità, della duplicità, dell’inganno, che caratterizza la condizione degli uomini terrestri. Tutte queste cose “negative” non sono elementi estranei o accessori o secondari, ma fanno parte costitutivamente delle regole del gioco. Ciò avviene in ogni momento, compresi i momenti dei tentativi di svelamento, come questo ora in corso. Gli Amici non sono i soli extraterrestri presenti sulla Terra. Individui di diversi altri popoli sono fra noi, perché la Terra è un pianeta particolare nell’economia di questa parte dell’Universo. Lo scopo della presenza degli Amici non è quello di studiarci (ci conoscono assai bene, meglio di noi stessi!), ma quello di aiutarci, perché le nostre condizioni generali non appaiono loro soddisfacenti, soprattutto per il tasso elevatissimo sulla Terra di odio-violenza-ingiustizia e per la piega anti-umanistica assunta dalla nostra scienza e tecnologia. Potendo vedere i nostri pensieri e sentimenti, gli Amici vedono ciò che nascondiamo dietro le maschere, le parole e i sorrisi... Altri popoli sono qui per altri motivi, e i rapimenti di terrestri da parte di extraterrestri, nonché la creazione di ibridi, sono una realtà di cui gli Amici ci parlavano fin dagli anni ’60. Dico questa cosa perché oggi ne parlano i media, e io ricordo ciò che ne dissero gli Amici, ma di parecchie altre cose di cui sento parlare non so nulla, e non ho alcun giudizio da dare, perché gli Amici non ne hanno parlato. Per esempio, non so assolutamente nulla dei cerchi di grano. Penso che gli Amici, pur dicendoci tante cose, ci abbiamo detto solo una piccolissima parte di ciò che sapevano, compreso ciò che sapevano sulle attività fra noi degli altri popoli. Del resto, la mia mente fa già molta fatica a capire e “digerire” le cose che ho visto o di cui gli Amici mi hanno parlato, figuriamoci se ci avessero detto tutto… Credo, tuttavia, di aver saputo da loro le cose essenziali per capire e per orientarmi, sapendo che sono vere e non sono solo “informazione”, su cui non si può non sospendere il giudizio. Dico che quelle cose sono vere perché ho avuto un rapporto personale con gli Amici, e ho avuto la sensazione forte che mi dicessero la verità, come quando sai che il tuo migliore amico, o la persona che ami e che ti ama, ti sta dicendo la verità. Questa è stata la mia fortuna nella vita: di potermi fidare, in un campo in cui è difficilissimo potersi fidare, grazie a questo rapporto personale. Oggi, con le possibilità, offerte dalla tecnologia, di alterare o creare le prove cosiddette “oggettive” (foto, ecc.), il fattore della testimonianza personale credibile assume un valore anche maggiore che in passato. Gli Amici, rispetto a tutti gli altri popoli in visita sulla Terra, offrono una caratteristica assai particolare e preziosa: sono legati ai piani sottili che regolano il destino della Terra, e a quella che essi chiamano l’Anima dell’Universo, al di là del piano fisico o fenomenico, per cui hanno una sorta di controllo generale su tutto ciò che accade, anche se possono intervenire ed interferire solo a condizioni particolari, come in una complessissima partita a scacchi di cui è qui impossibile anche solo accennare alle regole principali. Gli Amici definiscono se stessi come non già appartenenti al mondo dello Spirito, ma come coloro che “vengono subito dopo il mondo dello Spirito”. Oppure, si autodefiniscono come i “preannunciatori del mondo dello Spirito”. Essi si pongono insomma come intermedi fra noi e il mondo dello Spirito. Rispetto alla scienza e tecnologia degli altri popoli extraterrestri, quella degli Amici è del tutto particolare e diversa, perché è ricalcata sulle leggi del mondo dello Spirito. Si tratta di una scienza e tecnologia incommensurabile con la nostra, anche con gli aspetti più innovativi della nostra TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà fisica quantistica; ma essi dispongono anche di un’altra scienza e tecnologia, più comune, che in parte hanno tentato di condividere con noi, soprattutto nel campo dell’elettromagnetismo. Ma ciò ha scatenato in noi soprattutto desideri di avidità, possesso, competizione e onnipotenza, il che li ha indotti a ritrarsi da questo progetto di condivisione. Gli Amici hanno vinto una grande guerra nell’Universo contro i popoli del Male, ma la partita da giocare sulla Terra è ancora del tutto aperta. Le menti di noi terrestri del gruppo, legati per sempre agli Amici da un antico patto, e le menti dei terrestri cui ci rivolgiamo, come sto facendo adesso, sono coinvolte in questa guerra, che si svolge anche nelle nostre sfere più intime e inconsapevoli, e questo rende tutto assai difficile, al limite della indicibilità. La razionalità è assolutamente necessaria, ma non è sufficiente per dar conto di fenomeni, interazioni e conseguenze che vanno al di là di tutto ciò cui la società e la conoscenza-scienza ci hanno abituato e condizionato. In realtà, la razionalità necessaria per affrontare questa vicenda e le sue implicazioni è enormemente più ricca e complessa di quella abitualmente utilizzata dai nostri scienziati e anche dai sistemi filosofici come il buddismo con la sua legge di causa-effetto, che costituisce solo un tassello di una spiegazione complessiva enormemente più complessa ed articolata. I cosiddetti “insegnamenti” degli Amici non sono ancora stati divulgati, e consentono di affrontare con una nuova consapevolezza questa intricatissima matassa concettuale ed esperienziale. Alla base degli insegnamenti degli Amici c’è la TRASCENDENZA di quello che anche noi chiamiamo Dio, e che non va confuso con l’Anima dell’Universo di cui ho parlato prima. Siamo qui all’opposto del panteismo, ma qui mi devo fermare, anche se questo è il punto più importante in assoluto e il motivo principale della presenza degli Amici fra noi, secondo le loro stesse parole. La foto qui presentata, scattata con una Polaroid negli anni ’60, rappresenta l’aspetto fondamentale del rapporto fra il nostro gruppo e gli Amici: la foto ritrae la proiezione del corpo sottile di un gigante, e la cosa importante è la messa in evidenza della zona del cuore come parte centrale, cioè l’Amore come la cosa principale negli esseri umani, terrestri o extra-terrestri. Si chiama UREDDA, in una delle lingue degli Amici, l’energia prodotta dall’Amore fra le persone, in particolare fra gli Amici e il nostro gruppo, in seguito ad un patto fra loro e noi e a tanti eventi che ci hanno unito. Grazie a particolari strumentazioni che lavorano sui piani sottili (vi sono decine di piani sottili), l’UREDDA viene trasformata dagli Amici in altre energie e oggetti, persino nell’ossigeno che essi respirano nelle loro basi sotto la terra e il mare. In mancanza di UREDDA, gli Amici, resisi volutamente vulnerabili per Amore, periscono. Inoltre, gli Amici si erano volutamente resi dipendenti dagli aiuti materiali (cibo, soprattutto frutta e ortaggi) che noi gli procuravamo. Ciò avveniva mediante smaterializzazioni guidate a distanza, cui ho personalmente assistito e partecipato moltissime volte, nell’arco degli anni. Li chiamavamo i “prelievi” degli Amici, anche tonnellate di cibo alla volta, che si smaterializzavano a un metro dai nostri occhi, e immediatamente si rimaterializzavano nelle basi degli Amici. In altri casi, con lo stesso sistema gli Amici ci inviavano degli oggetti, piccoli o grandi, che si materializzavano sotto i nostri occhi. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà L’UREDDA è una energia, ma gli Amici non sono gli adoratori dell’Energia, come altri popoli. Essi seguono l’Amore, che è la fonte anche delle energie buone come l’UREDDA, ma è esso stesso al di là di ogni energia. Gli Amici, per poter stare qui con noi, hanno dovuto accettare la legge del Tempo e soprattutto la legge dell’Avere, che regolano il destino del nostro pianeta. Ignorare, o non comprendere fino in fondo LA VOLONTARIA AMOREVOLE DIPENDENZA DEGLI AMICI DALLA LEGGE DELL’AVERE, e in definitiva dai nostri pensieri e dalle nostre azioni, impedisce di cogliere il vero significato della “storia” per quel che essa è stata. E impedisce di essere preparati se essa si ripresenterà, forse in forma allargata. Oggi, i nuovi paradigmi cosiddetti “post-moderni” della conoscenza terrestre, aggiungendosi ai paradossi della fisica quantistica, aprono le menti verso il riconoscimento del fatto che la realtà non è quella che appare, o non solo quella che appare; e l’idea che possiamo essere come dei bambini che giocano in una stanza, ignari di tutto ciò che avviene intorno a loro, e persino ignari di tutti gli altri contenuti della stanza, al di là dei giocattoli, può oggi non apparire assurda come in passato. Tuttavia, la vera accettazione (non solo a livello ludico o virtuale, ma a livello di reale consapevolezza) del mondo extraterrestre fra noi rappresenta una rivoluzione antropologica e conoscitiva ancora sconvolgente, molto più della rivoluzione copernicana. Solo a titolo d’esempio, la Terra in passato (centinaia di milioni di anni fa) ha conosciuto altre sei civiltà evolute anche più della nostra, che si sono estinte per colpa. Questa fine minaccia anche noi oggi. Gli Amici non vorrebbero che si ripetesse ancora una volta il nostro passato autodistruttivo, cui essi hanno assistito con dolore. Possono aiutarci, e lo fanno, ma all’interno di vincoli e condizioni imposte dai piani sottili della Terra e del nostro Universo. Vincoli e condizioni di cui tutti noi ignoriamo l’esistenza. La complessità delle variabili in gioco, rispetto allo svelamento, è tale che neppure gli Amici hanno fatto “profezie” su di esso. Circa il 2012, di cui si parla tanto, io non li ho mai sentiti parlare. Invece, hanno detto che sarebbero ritornati. E’ vero che quelli come me (ormai pochissimi rimasti) hanno sottoscritto un patto particolare con loro, un solenne giuramento di fedeltà reciproca, anche se ormai sono passati moltissimi anni. Ma per il momento io non so se e quando torneranno, o forse sono già tornati e sono già all’opera con altri terrestri in qualche parte del mondo. Non so se mi contatteranno. Non credo, penso che dire queste cose che oggi comincio a dire a Nikola Duper sia il mio unico compito, come del resto mi dissero gli Amici stessi tanto tempo fa. Alla fine degli anni ’40 gli Amici offrirono una collaborazione ai vertici dell’Amministrazione USA, ma in cambio chiedevano l’abbandono del programma di armamento nucleare. Ma la loro offerta e richiesta vennero respinte, e altri popoli extraterrestri hanno collaborato con gli USA e altre potenze; i risultati sono stati del tutto negativi, e pesano tuttora sul nostro destino collettivo. Uno dei motivi che ritardano lo svelamento (ma la questione è assai intricata, e si tratta veramente di uno solo dei motivi) è che gli USA dovrebbero assumersi, davanti all’intero pianeta, la responsabilità di aver rifiutato una collaborazione buona e di averne attivata un’altra non buona, o pessima, basandosi esclusivamente su considerazioni di potere e dominio, mentendo ai cittadini e praticando l'occultamento (“cover-up”) per decenni. A seguito del rifiuto politico-militare americano, gli Amici hanno portato avanti la strategia dei contatti riservati con piccoli gruppi di terrestri, cercando di valorizzare la qualità dei rapporti umani personali, dell’Amore e dell’UREDDA, rispetto alla quantità e alla visibilità. Tuttavia, neppure questi contatti qualitativi hanno dato i frutti sperati, per cui oggi si deve ricominciare. Con gli Amici, comunque, TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà non vi è mai una sconfitta definitiva, perché le loro risorse sono veramente straordinarie. Quando gli Amici perdono una battaglia, è perché l’abbiamo persa noi, e loro, assoggettandosi alle leggi dei nostri piani sottili, devono perderla con noi, e pagare con noi e per noi. La mancanza di UREDDA nei loro confronti, da parte nostra, ha provocato nel novembre 1978 la morte di molti Amici e la loro provvisoria sconfitta -da loro prevista e messa in conto- da parte del popolo nemico, chiamato CTR, ma tutto ciò è ancora reversibile. La vicenda degli Amici con noi è uno straordinario dramma nascosto, con risvolti imprevedibili. Imprevedibili in parte anche per loro, stante l’incredibile complessità delle variabili in gioco, se così vogliamo chiamarle, e l’imponderabilità delle libere scelte. Gli Amici rispettano infinitamente la volontà delle persone. Collaboratori terrestri degli Amici e collaboratori terrestri di popoli nemici degli Amici (e quindi nemici nostri) sono silenziosamente in lotta fra di loro ogni giorno. I nemici stanno tentando una conquista molto graduale e apparentemente indolore del pianeta, lavorando soprattutto sulle menti. Purtroppo, non è fantascienza. Magari lo fosse. Purtroppo, non è paranoia. Magari lo fosse. Tuttavia, solo accennare a queste cose induce allo screditamento di chi le dice, e questa è una potente arma in mano a chi vuole il nostro male. I condizionamenti mentali e sociali in questo ambito sono potentissimi. E’ facile screditare chiunque, quale che sia il suo ruolo sociale o culturale, se vi sono forti motivi per farlo. Chi ha avuto esperienze segretissime come questa con gli Amici, e poi è riuscito, malgrado ciò sia inusuale e “strano”, ad occupare un ruolo importante nella società e ad essere rispettato come persona affidabile, teme di essere screditato, se rivela il suo segreto; e teme, soprattutto, che la rivelazione screditerà anche il segreto stesso. Egli sa che quei condizionamenti saranno comunque più forti del suo ruolo e della considerazione da lui conseguita in un’intera vita. Così, egli tace, mentre parlerebbe solo per dire la verità, e non volendo altro per sé. Invece altri, che non sanno o non vogliono dire la verità, e che non rischiano di essere screditati, perché non hanno nulla da screditare, parlano per scopi di protagonismo o di lucro. Questo, oggi, è vero in tutti i Paesi, e viene utilizzato a fondo da tutte le persone e le istituzioni che non vogliono lo svelamento. Di fatto, la gente tende a non credere “veramente” (o “finge con se stessa” di credere) alle “rivelazioni”; o, al massimo, “sospende il giudizio”, sapendo che esse provengono da persone che agiscono a scopo di protagonismo o di lucro, e che non temono lo screditamento. Cercherò di fornire al più presto un’esposizione TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà sistematica articolata in punti. Lo scenario totale è estremamente complesso, perché include anche la presenza e le attività fra noi degli altri popoli extraterrestri, ma considerare questo scenario nella prospettiva offertaci dagli Amici consente di avere almeno un filo rosso e un senso generale. Questo è possibile perché la prospettiva degli Amici è una prospettiva privilegiata, a causa del loro rapporto del tutto particolare con i piani sottili e con l’Anima dell’Universo. Visto da altre prospettive, lo scenario è non solo troppo complesso, ma è addirittura indecifrabile e, in definitiva, disperante. Uno del Giuramento (per ora in incognito) Librarsi pag.104 Il Santo Graal di Franco Cardini, Massimo Introvigne, Marina Montesano Pp. 238, euro 5,90 Giunti, 2006 ISBN: 8809046943 Simonetta Santandrea A livello letterario la ricerca del Graal è solo una bella avventura cavalleresca, ma a livello allegorico essa è il racconto del processo che conduce alla conquista della sapienza. Ma si tratta di una ricerca infinita: il Graal resta ineffabile e insondabile, e tale ineffabilità permane il nucleo ultimo del suo mistero. Franco Cardini stesso, su «Lo Stato» del 24 marzo 1998, traccia la storia del “graal”: la parola graal è misteriosa ma non troppo. Negli idiomi di tipo celtico termini affini rinviano a normali suppellettili da TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà tavola, sorta di grossi e profondi piatti di portata o di grandi coppe. La "grolla" valdostana è parente lessicalmente stretta del graal; e il greco krater gli è almeno affine. Nel penultimo decennio del XII secolo, un poeta di corte della contessa di Champagne, Chrétien di Troyes, redasse un romanzo in versi, il Perceval, in cui si narrava l'educazione iniziatico-cavalleresca d'un giovane selvaggio gallese. La scena-madre di quel romanzo era la "processione del graal" nel castello del misterioso Re Pescatore. In quel contesto figurava non il Graal, bensì un graal: un recipiente qualsiasi, ma d'oro puro tempestato di gemme e di arcano splendore. Si sarebbe poi saputo che all'interno di quel graal c'era un'ostia, che bastava a nutrire il signore del castello affetto da un'inquietante malattia. Nei secoli XII-XIII la Chiesa latina, insidiata dall'eresia catara, stava sviluppando una robusta teologia eucaristica e incoraggiando una forte devozione al mistero dell'altare. In effetti, lungo tutto il medioevo, il Graal per eccellenza si collegò all'eucarestia: e quindi l'oggetto fu considerato ora il piatto nel quale Gesù aveva mangiato l'agnello pasquale, ora la coppa nella quale durante l'Ultima Cena avrebbe consacrato il vino e che poi – secondo una leggenda posteriore, esemplificata su quella del legno della croce – sarebbe servita per raccogliere il sangue delle sue ferite durante la passione. Si sviluppò fra XIII e XV secolo una letteratura ciclica attorno al Graal: molti romanzieri continuarono l'opera di Chrétien, lasciata incompiuta, e aggiunsero una pluralità di episodi e di particolari al suo racconto collegando strettamente l'oggetto misterioso sia alle storie dei cavalieri della Tavola Rotonda, sia alle vicende – nate da alcuni vangeli apocrifi – riguardanti le sorti delle reliquie della Passione e il personaggio che li aveva raccolti e custoditi, quel Giuseppe d'Arimatea che aveva offerto al Salvatore il suo sepolcro nuovo e ne aveva curato la sepoltura. Ai primi del Duecento un poeta tedesco meridionale, Wolfram von Eschenbach, introdusse nel suo Parzival una variabile importante: il Graal aveva poco a che fare con il mondo celtico in cui l'aveva inserito Chrétien, era piuttosto qualcosa che veniva dall'Oriente (il che era congruo al suo rapporto col racconto evangelico) e il suo aspetto non era più quello d'una coppa bensì quello d'una pietra. Col tempo si andò diffondendo e divulgando un racconto-fiume anonimo, la cosiddetta vulgata, conosciuta anche come LancelotGraal, che cercava di fondere tutte queste leggende. Oggi appare abbastanza sicuro che Chrétien e molti dei suoi continuatori, scrivendo del Graal, si rifacessero a una tradizione orale celtica tanto peninsulare (viva in Bretagna) quanto insulare (conosciuta in Galles e in Cornovaglia, con riscontri irlandesi e scozzesi): a una serie di narrazioni a carattere tanto mitico quanto storico che narravano ora le avventure di un oggetto magico (una versione del "recipiente dell’abbondanza" presente in molte mitologie indoeuropee dall’India vedica ai mondi germanico e scitico: la cornucopia elleno-romana ne è una variante), ora un complesso di miti relativi alla morte e alla rinascita stagionale della natura e ai rapporti tra vivi e defunti, ora la TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà memoria di vicende accadute soprattutto tra il V e il VI secolo, negli anni cruciali della fine dell'impero romano e dell’arrivo dei germani angli e sassoni nelle terre secolarmente abitate dalle tribù celtiche. Ma il medioevo europeo, ne conservò solo il più evidente e semplice tratto eucaristico. Con la fine del Quattrocento, l'interesse per il Graal scomparve repentinamente. Il Graal riemerse alla fine del Settecento insieme con la voga neoceltistica che, con quella neogermanica, fu una delle scaturigini fondamentali del Romanticismo. Da allora in poi, il Graal sarebbe entrato come ingrediente primario a far parte della panoplia di oggetti-mito e oggetti-simbolo cari all'elaborazione esoterica e occultistica europea che dal SetteOttocento a oggi conosce una serie infinita di variabili imparentate anche se spesso fieramente avverse l'una all'altra. (estratto da ©2004 Franco Cardini, da «Lo Stato» del 24 marzo 1998) Esce anche in edizione economica questo indispensabile lavoro sul Santo Graal nel quale in 229 pagine dense di riferimenti si analizza un tema tornato prepotentemente alla ribalta. In appendice anche un esaustivo elenco della filmografia sul Graal. Simonetta Santandrea [email protected] Angolo privato pag.106 La città dei viandanti Giovanna Triolo Erano arrivati nella città dei Viandanti, quella che tra le nuvole lontane era rimasta intatta. Il castello con i suoi torrioni era l’immagine della potenza, della forza di un popolo privilegiato. Si incamminarono fra le strade affollate di tulle, organze, velluti, seta dai colori vivaci, indossati da splendidi esemplari di uomini e donne. La porta si aprì automaticamente, le luci si accesero al loro passaggio, e da un’ampia stanza adibita a biblioteca ne uscì un giovane bellissimo con i capelli lunghi e bianchi. Il Viandante per Eccellenza abbracciò con trasporto il suo unico figlio, e l’emozione prese il cuore di entrambi, la vide mentre lo TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà guardava con affetto e l’aria scanzonata, gentilmente le si avvicinò e le diede un bacio sulla guancia, con un desiderio represso di abbracciarla che non trovava la strada per farlo. Si diressero nel grande salone, dove troneggiava un enorme camino acceso, nonostante la bella giornata primaverile. L’odore del legno impregnava la stanza, ma così delicato da avvolgere ogni cosa piacevolmente. Passarono i giorni in grande letizia e una sera, com’era destino, si trovarono solo Lei e il ragazzo dai lunghi capelli bianchi, che aveva partorito in una notte di luna piena, senza che un lamento uscisse dalle sue labbra. “- Dirti che mi dispiace credo sia inutile”gli disse, mentre lui con aria assorta metteva un pezzo di legno nel camino, cercando di ravvivare la fiamma. Mentre dalle sue labbra uscivano quelle parole, nella sua mente il ricordo di un giorno lontano si fece vivido: Lui si era buttato in una guerra di quelle infinite, che durano secoli e si perdono nella memoria di ognuno, il suo cavallo ferito a morte lo disarcionò, e lei che dalle alture assisteva protetta alla scena, prese di corsa un cavallo e si lanciò nella battaglia cruenta. Dentro di sé portava da qualche mese una nuova vita, il ventre era morbido nel suo pulsare, mille pensieri in pochi attimi le attraversarono la mente, poteva morire senza riuscire neppure a raggiungerlo, poteva morire al suo fianco lacerata da una spada, poteva morire calpestata dai cavalli furiosi, poteva morire… ma nulla e nessuno neppure la morte l’avrebbe tenuta lontano da Lui. Dentro di sé sentiva la voce della nuova vita che chiedeva pietà, che quella morte non la voleva, che gridava che può colpire gli Immortali solo in battaglia. Quando tutto finì, la voce della nuova vita non si fece più sentire, negli occhi del bambino nato da quel folle amore, vi era sempre un muto rimprovero per ciò che gli aveva fatto provare, la crudeltà del dolore ancora prima di nascere, il terrore di una morte da indifeso. Nel silenzio della stanza, dove l’unico rumore era il crepitio del fuoco, lui sussurrò: “- Fermati, madre!!”-. e lei di rimando urlò nel vento –“ Aggiungi la tua forza alla mia, se vuoi vivere!!”-. le forze le si moltiplicarono, combattè con una ferocia inaudita e riuscì a strappare il Viandante per Eccellenza alla morte TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà ” - Mi hai generato, e di questo ti sono grato”-. E si allontanò andando nella sua stanza, lasciando nel cuore di Lei il dolore di non essere una Madre. Giovanna Triolo http://blog.libero.it/Angoloprivato Lo Spazio dell’OTTAVA pag.108 Un Guerriero del Futuro Michele Proclamato Se spinti, come me, da un sano interesse archeologico nonché territoriale, si potrebbero ottenere, attraverso un semplice clik telematico una serie di cenni storici dedicati ad un “reperto” che ultimamente sempre più sta attirando l’attenzione di esperti e non. Essendo la mia, l’attenzione di un “non” esperto, come giusto, sono ricorso alla TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà “madre” di tutto il sapere ufficiale messo in rete, quindi digitando “GUERRIERO di CAPESTRANO” il noto sito Wikipedia, così si è espresso: Il "guerriero di Capestrano"è una scultura in pietra calcarea del VI secolo a.C., rinvenuta in una necropoli dell'antica città di Aufinum (Ofena), località a nord-est di Capestrano (AQ), e raffigurante un guerriero dell'antico popolo italico dei Piceni. Si tratta di una delle opere più monumentali e impressionanti dell'arte italica, conservata a Chieti nel Museo archeologico nazionale d'Abruzzo. Sarebbe giusto aggiungere come la statua fu ritrovata con le gambe mozzate nel 1934 da un certo Michele Castagna durante dei lavori agricoli, ma soprattutto come attraverso successivi scavi si addivenì, grazie all’archeologo Giuseppe Moretti, ad una vera e propria necropoli in cui spiccarono molti altri ritrovamenti tra cui svariati ornamentali femminili, di cui molto potrei dire ma non mancherà sicuramente occasione. Insomma pur essendo “citato” il Guerriero non gode di quella salute conoscitiva nazionale ma soprattutto INTERNAZIONALE che tanto meriterebbe ma che probabilmente mai avrà. Ma se “l’Ufficialità” me lo permetterà una piccola mano in questo senso potrei modestamente darla, soprattutto perché il Guerriero, ben lungi dall’avere consegnato ai contemporanei tutti i suoi “segreti”, conserva nel suo “Cilindro” un segreto millenario, direi senza tempo, alla base, fra l’altro, di un immenso sforzo scientifico condotto anche da entità, come la Nasa. Quindi per trovare, ciò che può sembrare un inverosimile nesso fra le “SFERICHE INCISIONI” del Cilindro, scusate, del CAPPELLO, del Guerriero di Capestrano e le missioni spaziali americane, dovrò chiedervi un minimo di “pazienza scientifica nonché storica”. Quindi da questo momento vorrei che poneste in essere nei miei confronti una sostanziale diffidenza conoscitiva da fugare attraverso l’opportuna consultazione “scientifica”. Una scienza ufficiale Fu proprio Max Planck, uno dei pilastri fondatori della Fisica odierna, ad ammettere che a livello Atomico non esisteva nessun tipo di “MATERIA” bensì un’unica FORZA in grado di mettere in VIBRAZIONE tutte le particelle atomiche componenti un piccolo “sistema solare”. Insomma uno dei padri del mondo dei Quanti metteva in “guardia” la galoppante scienza dell’immensamente piccolo, facendo intendere come, qualcosa di diverso, potesse esistere a livello ENERGETICO alla base di un fenomeno “materiale” come quello ATOMICO. Vero è che la Scienza ai tempi di Planck, solo da pochi decenni aveva rinunciato all’esistenza di un tipo di energia “particolare” frutto più della teoria che di esperimenti veri e ripetibili. Pochi anni infatti erano trascorsi dal contestato e TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà ripetuto esperimento di Michelson-Morley, anni sufficienti ad affossare in modo definitivo l’ ”esistenza” di un ETERE, in questo caso, luminifero in grado di opporsi attraverso un Interferometro, ideato dallo stesso Michelson, al suo passaggio direzionato. Era il 1887 in Ohio. Sulla base dei “risultati” di tale esperimento Einstein concluse che la velocità della luce poteva ritenersi indipendente dal moto della sorgente e dell’osservatore da cui la Teoria della Relatività Ristretta. A questo punto la Scienza mentre da una parte ammetteva come a livello quantistico potesse esistere un tipo di Energia altra, a livello fisico ne decretava la sua morte, creando una perniciosa dicotomia che vedeva opposte le Leggi fisiche del Micro a quelle del Macro mondo. Ma era solo questione di tempo prima che nel 1957 il fisico olandese Hendrik Casimir elaborasse una teoria in grado di profetizzare un “ENERGIA NON NULLA” associata al VUOTO dimostrata poi a livello sperimentale e passata alla storia come EFFETTO CASIMIR. Il mondo della scienza sicuramente mai domo, pur non accettando nemmeno l’espressione ETERE, continuava la sua ricerca ufficialmente o no, rendendosi sempre più conto che un’energia potenziale ad un livello potenziale poteva e doveva esistere. Furono gli esperimenti condotti allo ZERO ASSOLUTO (- 273 Gradi) in un assoluto spazio, messo sotto vuoto, e perfettamente schermato da ogni interferenza, effettuati dal contestato fisico, Harold Puthoff a far tracimare ogni dubbio verso l’effettiva esistenza di un QUID energetico al di fuori di ogni nostro, per ora, possibile controllo tecnologico. Nasceva l’Energia del Punto Zero o la Z.P.E. Sulla scia di tale scoperta grandi nomi, della fisica sempre, come Feynman e Wheeler si presero la briga di quantificare la “forza” di questo tipo di energia presente in uno spazio appositamente attrezzato molto simile al “BULBO di una LAMPADINA”, rimanendo esterrefatti nel constatare come essa fosse sufficiente a “SURRISCALDARE” gli oceani terrestri. Ormai ufficialmente la scienza dava inizio alla corsa, verso quel tipo di energia o Forza, che Planck aveva teorizzato nell’immensamente piccolo e EINSTEIN dimostrato nell’immensamente grande equiparando la MATERIA a pura ENERGIA. Sostanzialmente a livello scientifico questa fantomatica energia ormai era possibile equipararla a “materia”. Le porte erano ormai aperte e i tempi maturi per il Vuoto Quanto-meccanico, la Schiuma Quantica, il Campo di Higgs, la Materia Quantica, e non ultima la famosa Dark Matter o Materia Oscura, il tutto avvalorato e sostenuto dall’ultima Teoria del Tutto in grado di unificare le Quattro leggi Fisiche attraverso la nascita di una Materia, voluta questa volta dalla simbiosi infinitesimale di una miriade di STRINGHE, evoluta a livello di “Campo” dal grande Mikiu Kaku. Quindi l’Etere, memore di Michelson, continuava a non esistere per la Scienza, ma allo stesso tempo essa teorizzava e sempre più dimostrava come il VUOTO fosse sostanzialmente pura ENERGIA e allo stesso tempo potenzialmente MATERIA. In questo clima di corsa alla “NUOVA ENRGIA MATERICA” partiva nel 1999 una missione spaziale dello Space Shuttle con uno scopo principe: mettere in una speciale orbita spaziale l’ultima generazione di telescopi. La motivazione di un tale sforzo scientifico? Stabilire a livello galattico come e quanto la Materia Oscura invisibile, che ormai per la scienza aveva raggiunto la lusinghiera quota pari a l 95% dello Spazio Vuoto, potesse inficiare le Gravitazionali esigenze del restante 5% visibile. Non il caso quindi, ma una precisa pianificazione scientifica ha voluto che, per la prima volta, la scienza abbia “FOTOGRAFATO” nel 2006 la Materia Oscura portando il progetto Chandra della Nasa a centrare il suo vero obbiettivo. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Oggi quindi per la Scienza il VUOTO è ENERGIA OSCURA, una forma potenziale di “sostanza” capace di interagire con quella materia che i nostri occhi increduli sono abituati a vedere. OGGI l’ETERE a livello scientifico continua a non poter essere nominato, non esiste, mentre la messe terminologica utilizzata per sdoganarlo continua a proliferare incontrollata . Una scienza quasi ufficiale Voi direte, cari lettori e archeologi ufficiali, giustamente: “e a noi …?”. E io sono qui apposta per dimostravi come tutto ciò debba interessarvi soprattutto se il motivo del contendere è il CAPPELLO di cui sopra. Ma prima, ancora pazienza, eh lo so, ce ne vuole tanta nella vita. Sì perché prima dovete sapere, come, mentre si andava nello spazio per “capire” cosa ci circonda e di che cosa siamo fatti, qualcuno sulla Terra già da secoli si occupasse non del COSA ma piuttosto del MODO con cui la materia si aggregava. Una corsa conoscitiva iniziata infatti nel 1400, grazie a Leonardo da Vinci, perfezionatasi attraverso gli esperimenti di Galileo Galilei e Robert Hook nel 1600, via, via, arricchita da nuove “testimonianze” sperimentali del Fisico musicista Chladni alla fine del 1700, veniva finalmente “codificata” nel 1967, dal medico svizzero Hans Yenny attraverso due volumi dal titolo “Kimatic”, quella che tutt’oggi viene intesa come una pseudoscienza. Una pseudo-scienza in grado di dimostrare come morfogeneticamente, sempre la materia, sia possibile organizzarla attraverso il “SUONO”. Arrivando ai nostri giorni tale “teoria” è stata perfezionata dagli esperimenti svolti da un ricercatore giapponese, Masaru Emoto, il quale ha legato alla morfogenesi dei cristalli d’acqua anche un influenza “ambientale di tipo mentale”, superando lo steccato sonoro in cui la Cimatica era stata confinata. Anche in questo caso la Scienza, pur non rinunciando a disconoscere sue gemmazioni come la Cimatica, confermava affermazioni illustri come quelle di PLANCK proprio attraverso il Yenny, quindi in un discorso “AGGREGATIVO” a livello energetico non era più possibile eliminare il ruolo del SUONO, anticamera a sua volta di un “MONDO GEOMETRICO” sempre più preso in prestito, a livello simbolico, dal patrimonio esoterico. A questo punto in un perfetto territorio di nessuno ho potuto inserirmi io con i miei studi, conscio di come ufficialmente o meno la situazione in merito alla “nascita” della Materia fosse ai giorni nostri caratterizzata da una ricerca in grado di “Vedere” la probabile energia di Planck negli immensi spazi che ci circondano, ma incapace di “concedere” a tale Energia finalità aggregative “sonore” dalla spiccata simbologia geometrica spesso riconducibile a forme PLATONICHE. Il tutto mentre qualcuno come Emoto superava il concetto aggregativo del SUONO evolvendolo con quello di “PENSIERO”. Sommando l’Ufficiale al non Ufficiale era possibile nei primi anni del 2000 TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà teorizzare come una forma d’ETERE autoaggregante, dalle spiccate capacità platoniche, fosse, a diversi livelli di densità ora VUOTO, ora MATERIA, il tutto frutto di un probabile disegno “mentale” trasfuso attraverso il suono. Si faceva strada il principio di “CAMPO” universale dalle caratteristiche ancora tutte da decifrare. Un Prisma con troppo Tempo Ma torniamo all’ufficialità attraverso una missione archeologica condotta nell’attuale Iraq, presso la dissepolta città di Larsa, premiata da un ritrovamento destinato a suscitare un goliardico scalpore fra gli addetti ai lavori. Siamo nel 1932 e la spedizione passerà alla storia grazie ad un “Prisma” dal contestatissimo significato cuneiforme. Il Prisma di Weld Blundell riporterà 2 delle 3 millenarie Liste Sumere dei RE facendo notare anche in quella, denominata W.B.62, un’inverosimile sistema temporale abbinato ai periodi regnanti di 8 RE posti all’interno di 5 Città ben precise. Ora per un attimo vorrei allontanarmi da tale ritrovamento per sottolineare come in Russia ormai da tempo sulla scia degli studi di grandi scienziati come N.A KOZIREV si sia consolidata una “scuola” di pensiero che ha visto nel TEMPO uno dei responsabili principali chiamati al capezzale della CREAZIONE. Questo ho inteso sottolinearlo proprio in questa occasione poiché a livello archeologico e storico il leggere nella Lista in questione di RE regnanti in Mesopotamia per 28800 anni, spesso suscitò e suscita un’ilarità non giustificata soprattutto alla luce degli ultimi sviluppi scientifici. Ma il tempo e lo spazio concessomi pur non permettendomi di dilungarmi sulla “LISTA” come vorrei e dovrei, mi permetterà di dirvi che la WB 62 non è altro che una STELE di ROSETTA SONICO CREATIVA. In pratica i periodi regnanti come il numero di RE e le Città non saranno altro che un raffinato sistema descrittivo per tutelare una SCIENZA ALTRA presente sulla TERRA da sempre in grado di SPIEGARE come probabilmente, spero, DIO CREA. Ora immaginate il lavoro fatto in piccolo dal Jenny con i suoni per CONFORMARE la materia, applicato ad un entità divina la quale CREA utilizzando i meccanismi Cimatici di cui sopra. Il SUONO Cimatico verrà SOSTITUITO da 8 precisi archi di Tempo dalle molteplici caratteristiche non ultime quelle di ripercuotersi assolutamente in 5 Città. Avrete a questo punto una perfetta descrizione Antidiluviana di un ATTO CIMATICO TEMPORALE trasfusosi in ciò che potrebbero sembrare 5 città ma che effettivamente rappresentano i 5 SOLIDI PLATONICI di cui sopra. Morale: da migliaia di anni qualcuno sapeva come si può CREARE attraverso il TEMPO, lo SPAZIO e di VIBRARLI attraverso un’OTTAVA sotto forma di SOLIDI PLATONICI. Ora, oltre a consigliare caldamente di seguire ogni parola della Lista con moltissima attenzione, al suo interno si nascondono tutte le Leggi utilizzate dalla Natura per palesare le sue creature, vorrei rivolgermi agli esperti archeologi che con tanto amore si sono occupati del Guerriero matrice del mio disquisire. E vorrei che essi come tutti notassero che, pur essendoci 8 RE chiamati da una volontà ben precisa a collaborare in quest’opera sonica solo 7 di ESSI verranno citati. Quindi avremo 7 note temporali come le nostre 7 note musicali, a rivestire un ruolo fondante in tutto il mio discorso. Ma se la mia platea fosse così gentile di osservare “cosa” SFERICAMENTE e in modo bicromatico si cela sotto il Cappello del Guerriero di Capestrano TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà noterebbe, considerando lo spazio occupato dalla Testa del Guerriero, 7 spazi Circolari e da questo momento tutto ciò che finora avete letto comincerebbe penso ad avere un minimo di senso. Se ciò che ho scritto avrà quindi un minimo di senso e ufficialità avremo a questo punto un sunto fatto di ufficialità, semiufficialità e concedetemi, sicure fonti esoteriche, una situazione nella quale esiste una sorta di ETERE inizialmente TEMPORALE in grado di palesarsi geometricamente attraverso 7 note principali le quali oltre ad essere la probabile matrice prima della materia, come la scienza ha fotografato, rappresenteranno l’aspetto principe con cui un essere Divino è in grado di palesarsi, un essere condensabile in 7 note ben precise se vogliamo: chiamato OTTAVA. Se ciò sarà plausibile nell’ultima Teoria del Tutto, quella delle Stringhe dovremmo trovare tali tracce esoteriche. Inoltre, e ciò sarà per ora solo marginale, in un reperto Sannitico Abruzzese “stranamente” troveremo un possibile accenno a tale ATTO SONICOTEMPORALE millenario conformato in 7 Cerchi concentrici. Una Lista, uno Zodiaco e un Genio Indiano Ora siete nelle mie mani deduttive, lo so, e tale responsabilità la sento, ma io credo che se vorrò ottenere il mio scopo, di dare al GUERRIERO luna nova attenzione, dovrò giocare tutte le mie carte conoscitive, pur sapendo dal principio che tutte le volte in cui ho teso la mia mano verso il mondo del sapere ufficiale (IL GENIO SONICO) questa è stata sdegnosamente rifiutata. Ma il mio è un talento nato alla fine di tempi preposti all’arrivo di una Nuova Era e lo scotto dettato da tale passaggio, che lo voglia o no, lo sto già pagando. Quindi senza tentennamenti proseguo dicendo che se volessimo assistere all’evoluzione di questo probabile atto creativo dalle molteplici caratteristiche dovrei introdurre in questo momento una tessera del mio puzzle, essenziale per capire come il sapere citato fosse interpretato a livello: STELLARE. Vi invito quindi ad un’ultima occhiata posta a definire la SOMMA TOTALE degli anni reali della Lista. Fatto? Vogliamo antropomorfizzarla? Si? Benissimo, prendiamo lo Zodiaco di Dendera e osserviamo la trasformazione numerica sumera cosa diventa in mano egizia. I 2412000 anni totali ora sono diventati 12 enormi Esseri le cui 24 BRACCIA molto potranno insegnare alla Fisica del Futuro. Gli zero? Scomparsi. La geometria? Scomparsa. Ma stranamente quei 12 Giganti di pura energia temporale delimiteranno con le loro braccia la forma principe della Geometria Platonica: la Sfera. E cosa c’è all’interno di quella sfera? Una visione cosmologica e animica dell’UNIVERSO EGIZIO costituito da 72 corpi celesti disposti in 5 CIELI, tutti perfettamente sferici. A questo punto avremmo in successione TEMPO, SUONO, GEOMETRIA, SPAZIO, NUMERI, ESSERI VIVENTI, tutto profuso in STELLE e PIANETI. Quindi in passato che cosa si “nascondeva” dietro il concetto di Etere, Prana, Akasha, Ki ecc. Io direi un concetto energetico mentale di CAMPO lo stesso elaborato da KAKU attraverso le TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà SUPERSTRINGHE, capace di accedere al macro e vi assicuro al micro mondo quantistico. Potenzialmente il “MIO” Etere sarà in grado di mettere insieme le 4 leggi fisiche principali terrestri inquadrandole come l’effetto secondario di una CAUSA che dimensionalmente si TROVA in un PRISMA di migliaia di anni fa. Lo so, per chi mi legge per la prima volta la cosa potrà essere piuttosto sconcertante, ma vi prego ancora un minimo di bontà nei miei confronti per potervi dire: e se questa scienza del passato si fosse voluta sintetizzare a livello simbolico che cosa degli ipotetici scienziati del passato avrebbero potuto inventare? Vediamo, abbiamo a che fare con una “sostanza” intelligente in grado anche numericamente di sintetizzare la sua complessa etericità quindi questi ipotetici “scienziati” avrebbero potuto utilizzare l’ultimo momento Eterico, dalla nostra scienza non visto, costituito dalle 24 BRACCIA egizie, prima di esordire nel macro mondo stellare, dalla nostra scienza visto. Sì avrebbero potuto farlo e lo hanno fatto. Essi infatti molto semplicemente per parlare della “LORO” scienza usavano tracciare nella pietra, oggi nel grano, TRE OTTO(888) come quelli presenti nel Labirinto di Collemaggio, tanto amati dal pio Celestino V. Fantasia? Può darsi. Ma stranamente alcuni decenni fa un povero, mesto, indiano Tamil, Srinivasa Ramanuian, grazie anche ai suggerimenti onirici della dea Namagiri, sconvolse il mondo della matematica occidentale gettando fra le tante cose, le basi teoriche ed equazionali di ciò che da lì a poco, grazie all’immaginazione di due brillanti fisici, Schwarz e Susskin, sarebbe diventata l’unica teoria in grado di spiegare la nascita della materia a livello quantico. Unico problema rimasto irrisolto dallo stesso Kaku è costituito dal fatto che nessuno in questo momento a livello scientifico sa dare una spiegazione alla onnipresente presenza simmetrica di alcuni riferimenti numerici usati senza sosta dallo stesso Srinivasa. Tali riferimenti si potrebbero sintetizzare semplicemente con 8, TRE VOLTE 8, o 24, forse per questo oggi le vibrazioni di una STRINGA BOSONICA continuano ad essere come aveva predetto Ramanuyan: “24”. Un Labirinto messo nel Cappello Ritorniamo un attimo al Labirinto celestiniano per dire: sbaglio o esso è costituito da TRE OTTO a loro volta costituiti da 6 cerchi intimamente uniti ma contestualmente suddivisi in cerchi concentrici? No, non sbaglio! Sbaglio o il 21 giugno di ogni anno il sole trasforma le informazioni eteriche del ROSONE, da me codificato, trasformandole in un SETTIMO CERCHIO suddiviso a livello luminoso allo stesso modo dei 6 cerchi in pietra? NO, non sbaglio. Ebbene il Solstizio di Collemaggio fra le altre cose rappresenterà la “scienza” impossibile dei “miei” saggi, ma soprattutto lo schema dimensionale menzionato per la Lista Sumera dei Re. Ricordate? Sette RE ora Sette cerchi, ci siete? Spero di sì perché è giunto il momento di parlavi di un controverso collaboratore spesso agli onori delle cronache di tutto il mondo per le sue avveniristiche teorie spaziali: Richard Hoagland. Cosa ha fatto un giorno il geniale coadiutore Nasa ha trasformato molto intelligentemente una simbologia bidimensionale costituita da una serie di cerchi concentrici in un insieme di riferimenti angolari capaci a loro volta di fare intendere come tale simbologia, usata da millenni nel mondo (vedi Stonhenge) non sia altro che la TRADUZIONE TRIDIMENSIONALE di un sistema geometrico di tipo Platonico. A questo punto mi rivolgo a voi archeologi ufficiali e faccio delle affermazioni chiare e decise, le seguenti: Il CAPPELLO del GUERRIERO corrisponde al LABIRINTO di COLLEMAGGIO al Solstizio. Il CAPPELLO del GUERRIERO contiene la stessa valenza temporale della LISTA SUMERA dei RE. Il CAPPELLO del GUERRIERO è un cappello quantistico. Il CAPPELLO del GUERRIERO è in grado, se codificato come sopra suggerito, di rivelarsi un costrutto tridimensionale dalle spiccate capacità geometrico–platoniche. Il CAPPELLO del GUERRIERO ha in sé una spiegazione Eterica della materia che per quanto aborrita la scienza cerca senza sosta nelle profondità dello spazio. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Il CAPPELLO del GUERRIERO ha inciso nella sfericità che lo contraddistingue la testimonianza di una SCIENZA ALTRA che da Sempre l’uomo usa. Vi sto dicendo che quello non è solo un GUERRIERO è molto, molto di più, adesso sta a voi cari esperti decidere quanto, quanto a me penso che se il Guerriero tornasse a CASA SUA in quel di CAPESTRANO a cui appartiene non sarebbe esattamente uno SBAGLIO. sono stato dato in prestito, è capace di “Custodire” e di far diventare, se amata. Michele Proclamato [email protected] ECCO che cosa questa TERRA abruzzese, a cui In esclusiva per gli utenti di Tracce d’eternità abbiamo già anticipato il 12 settembre, per gentile concessione dell’autore Michele Proclamato, la copertina del suo ultimo libro, in vendita dal 24 settembre 2009: “La storia millenaria dei cerchi nel grano” (Editore Melchisedek, pag.180, euro 22) che rappresenta un’ulteriore tappa degli originali studi a cui si dedica ormai da anni. Per chi ha letto la monografia di agosto 2009 de “I Misteri di Hera” (Acacia Edizioni), dedicata a questa tematica, sarà l’occasione per approfondire le proprie conoscenze al riguardo. L’autore non ha la presunzione di individuare chi possano essere gli autori ‘materiali’ dei Crop Circle e nemmeno l’ardire di imporci soluzioni definitive riguardo le modalità di realizzazione: questo lo chiama fuori, energicamente, da ogni sorta di polemica. Egli si occupa di ben altro: ci introduce in un contesto in cui il Tempo assume connotati del tutto differenti, anche perché è proprio tra le sue ‘maglie’ che, infine, potremmo cercare di individuare chi da sempre ci accompagna anche con l’ausilio di queste particolari ‘formazioni’. Insomma, l’interesse di Proclamato per la dibattuta questione è da inserire come un necessario tassello nel suo particolare percorso di ricerca e confluisce in maniera naturale nella costruenda teoria della legge universale dell’OTTAVA, tanto da poter considerare i Crop Circle come un sistema “spirituale-scientifico”, a cui si poteva attingere in ogni epoca. L’autore si occupa quindi della problematica ricostruendone, per la prima volta, un lontanissimo passato in cui i nostri antenati, senza peraltro comprenderne il pieno significato, pare avessero a disposizione questa ancestrale conoscenza, tanto da utilizzarla sovente e non solo nelle espressioni prettamente artistiche. Dalle pagine di questo volume emergeranno anche testimonianze eccellenti: infatti, Leonardo da Vinci e Giordano Bruno avevano già capito tutto di questa scienza dell’armonia, dell’equilibrio e della pace. L’intenzione di Michele Proclamato è far emergere questo misterioso sapere, utilizzando la chiave di lettura a lui più congeniale, quella riscoperta e già illustrata nei precedenti lavori: la LEGGE delle TRE OTTAVE. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Confesso, ho viaggiato pag.116 La TUNISIA (Sidi Bou Said e il Museo del Bardo) Noemi Stefani Sensitiva e ricercatrice della storia delle religioni, indaga da più di 20 anni nel paranormale ricevendo numerose conferme alle sue tesi. Le sue esperienze l’hanno portata a visitare i posti più misteriosi e ricchi di spiritualità della terra. Ha preso parte a convegni con tematiche riguardanti “ la vita oltre la vita “ facendo da tramite per le persone che erano in attesa di risposte e conferme dall’aldilà. Ha tenuto conferenze, intervenendo anche a trasmissioni radio (RTL 102,5) e televisive (Maurizio Costanzo show). A soltanto un paio d'ore di volo dall'Italia, il mondo cambia. Siamo in Tunisia e la città di Tunisi è l' occasione giusta per immergersi in un mondo totalmente diverso da quello occidentale. Un salto nello spazio tempo e possiamo vivere e immaginare la vita dei popoli arabi. La nuova Tunisi che esisteva già all'epoca di Cartagine con l'antico nome di Tynes, rimane fondamentalmente una città araba con quasi nessuna traccia del periodo romano e bizantino. La Grande Moschea di Zitouna (Moschea dell'Ulivo) edificata nel 732 TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà d.C. è al centro dell'antico souq ed è la prima tappa della visita nella medina. Facile perdersi nel souq, e l'ho sperimentato di persona. C'è un percorso lineare di piccoli bazar quasi del tutto simili che si diramano anche ai lati del percorso. Basta spostarsi a curiosare un po’ più a destra o un po’ più a sinistra che si perde del tutto l'orientamento e ci si trova a vagare immersi nei colori e nei profumi, ci si fa trascinare in un turbinio di gente che va e viene, tra file di piccoli bazar, tappeti e spezie che riempiono l'aria. Indimenticabile il caratteristico paesino di Sidi Bou Said a circa 17 Km da Tunisi. Qui il panorama ricorda molto quello delle isole greche. Stessa l'architettura di case bianche e azzurre, fiori di buganvillea che spuntano sopra i muri di minuscoli giardini incastrati tra una costruzione e l'altra. E´un vero piacere passeggiare tra le sue stradine in salita, e se il sole picchia forte fermarsi a bere un tè alla menta in uno dei bar che dalla piazzetta principale si sporgono a picco sul mare. Per capire, bisogna per un po’ far riposare gli occhi e la mente nel blu intenso, i colori solari sopra alla piccola spiaggia di sabbia del paese. Il museo è poco lontano dal centro ed è situato nel Palazzo del Bardo residenza ufficiale dei bey husseniti, le sue sale sono organizzate per periodi storici con reperti risalenti ai periodi Preistorici, Punici, Cartaginesi, Romani e Proto-Cristiani. Alcune sale prendono il nome dai grandi e maestosi mosaici che ospitano, come la sala di Bacco e Arianna, il cui mosaico che occupa tutta una parete è stato ritrovato a Thuburbo Majus, la sala di Ulisse, con il mosaico rinvenuto nella casa omonima a Dougga e in cui l'eroe viene ritratto legato all'albero maestro della sua nave per resistere al canto delle sirene. Un mare di pesci che guizzano sulle pareti, animali di tutti i generi (persino gli orsi) che conservano ancora le espressioni e la freschezza di una vita eterna. I romani di allora costruendo le loro "domus" e arricchendole con i mosaici hanno lasciato un segno tangibile della ricerca del "bello", e fortunatamente questa ricchezza non è andata perduta. Vorrei che l'Italia fosse ricordata per quello che sapevano fare gli uomini di quel tempo, in positivo e in negativo, tutto sommato vale quello che rende fieri di appartenere a un popolo. Poco distante dalla periferia di Tunisi, da non perdere, è una visita al Museo del Bardo, dove la storia, l’archeologia e più che altro i mosaici lasciano un ricordo indelebile nella memoria per tanta bellezza e maestosità. Noemi Stefani [email protected] TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Xaaran pag.118 La teoria del complotto: miti e ragioni per credere e non credere Antonella Beccaria Antonella Beccaria scrive e pubblica con la casa editrice Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri e con Socialmente Edizioni. Questi i libri disponibili sia in libreria che online: "Il programma di Licio Gelli" (2009), "Pentiti di niente Il sequestro Saronio, la banda Fioroni e le menzogne di un presunto collaboratore di giustizia" (2008), "Uno bianca e trame nere – Cronaca di un periodo di terrore" (2007), "Bambini di Satana – Processo al diavolo: i reati mai commessi di Marco Dimitri" (2006) e "NoSCOpyright – Storie di malaffare nella società dell'informazione" (2004). E’ curatrice dell'antologia "Creative Commons in Noir" (2008, collana Millelire), collabora con le riviste "MilanoNera" e "Thriller Magazine". Spesso lavora come editor e traduttrice e dal 2004 tiene un blog, Xaaraan, su cui racconta storiacce varie. Michael Shermer è uno storico della scienza che ha fondato un'organizzazione battezzata con il nome di "Skeptic Society", dal cui pay off emerge chiaramente lo scopo che persegue – promuovere la scienza e il pensiero critico –, e a cui è seguita la relativa rivista, "Skeptic". Da ex fondamentalista cristiano qual è – come lui stesso si definisce – e convertito in seguito all'agnosticismo e all'umanesimo, ha di recente recensito in termini entusiastici un libro uscito lo scorso mese d'agosto. Il titolo di questo volume all'inizio può lasciar interdetti di fronte all'ardore del recensore: "Cults, conspiracies, and secret societies: the straight scoop on freemasons, The Illuminati, Skull and Bones, Black Helicopters, The New World Order, and many, many more" (Culti, cospirazioni e società segrete: lo strano scoop TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà sulla massoneria, sugli illuminati, sugli Skull and Bones16, sui Black Helicopters17, sull'ordine del nuovo molto e molto, molto altro). E stupisce anche che proprio un personaggio 16 Gli Skull and Bones è un'organizzazione esclusiva che, negli Stati Uniti, ha sede presso l'università di Yale e nasce come una specie di realtà goliardica. Ne hanno fatto parte varie generazioni della famiglia Bush, John Carry e uno degli ideatori del piano Marshall e della dottrina Truman, il sottosegretario al tesoro di Franklin Delano Roosevelt, Dean Acheson. Le leggende che gravitano intorno a questa realtà non sono poche: una delle più recenti riguarda il teschio del rivoluzionario messicano Pancho Villa, scovato e trafugato dagli Skull and Bones. E sempre di trafugamento sono stati accusati dagli Apache per essersi impossessati - secondo l'accusa dei nativi seguita da un processo dei resti del loro condottiero più noto, Geronimo). 17 Letteralmente elicotteri neri, corrispondono una milizia statunitense legata a teorie cospirazioniste e golpiste. come Shermer abbia usato termini così incensanti per un libro che, a pelle e dai contenuti che approfondisce, avrebbe dovuto liquidare come complottista. Vediamo il motivo per cui le parole di Michael Shermer risultano a una prima lettura così disorientanti. Le ragioni per cui ciò avviene sono tuttavia presto svelate. Intanto partiamo dall'autore del volume. Si tratta di Arthur Goldwag, da vent'anni ricercatore indipendente e scrittore freelance che in passato si è occupato di ebraismo (ma anche più in generale di religione, in particolare per sfatare l'oltranzismo monoteista: sua è infatti la riflessione sugli effetti politici e sociali dei suffissi “ismo” e “ologia”), oltre ad aver lavorato per la blasonata testata statunitense "The New York Review of Books". In seconda battuta vediamo in che termini si presenta il libro. Usando le parole della casa editrice che ha pubblicato il volume (Vintage Books), abbiamo a che fare con una "guida intrigante [che] collega i punti [comuni tra varie organizzazione] e descrive una moltitudine di avidi guru, assassini messianici e coincidenze sospette. Suddiviso in tre sezioni, contiene centinaia di fatti che separano la realtà dal mito". Già da queste poche parole – e in particolare dalle ultime – si inizia a comprendere lo scopo del libro e del suo autore, oltre che quello del suo recensore. Definito il primo "intellettualmente disonesto" da un lettore che ha inserito la propria opinione su Amazon, dove il volume viene venduto, perché avrebbe liquidato i presunti retroscena sugli attentati dell'11 settembre 2001 in sole sei pagine, vediamo ora più nel dettaglio la posizione sia sul libro che sulla teoria del complotto dello scettico Shermer. Il quale, per una rivista di peso tutt'altro che secondario nel panorama a stelle e strisce com'è “Scientific American”, firma un articolo intitolato "Why People Believe in Conspiracies" (perché le persone credono nelle cospirazioni) partendo da un'ammissione: i complotti esistono e la storia lo testimonia. I casi di Abraham Lincoln, di Francesco Ferdinando d'Asburgo-Este, dell'attacco di Pearl Harbor o anche del Watergate con relative ripercussioni politiche rientrano in questa casistica. Ma segue con una constatazione: affinché un piano cospirativo possa funzionare, è necessario che siano in pochi a conoscerlo perché ci sarà sempre qualcuno – soprattutto negli ingranaggi della burocrazia civile o militare – che, per uscire dal grigiore quotidiano, si inventerebbe senza troppi problemi una storia attraverso la quale guadagnarsi, per citare l'artista Andy Warhol, il TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà proprio quarto d'ora di celebrità. Allora a cosa credere? E in particolare di che cosa diffidare? Shermer usa due sostantivi per proseguire con il suo ragionamento: parla di "patternicity", la tendenza a individuare modelli intellegibili all'interno di scenari confusi, e di "agenticity", la credenza in base alla quale il mondo sarebbe controllato "agenti intenzionali occulti". Queste due costanti sarebbero quelle che renderebbero fertile il terreno alla teoria del complotto. Terreno che andrebbe concimato anche da altri elementi: per citarne un paio, gli enigmi che non vengono sciolti proprio dalle istituzioni preposte a far chiarezza su fatti di una certa rilevanza (come per esempio l'omicidio di John Fitzgerald Kennedy, avvenuto il 22 novembre 1963) e la repentinità che sottende il drastico cambio di corso politico a seguito dell'evento ritenuto un complotto (si veda lo scoppio della prima guerra mondiale dopo l'attentato di Sarajevo del 1914). Tutto ciò – aggiunge il divulgatore americano – è buon materiale per altrettanto buona fiction, come nel caso di Oliver Stone e del suo "JFK" o di Dan Brown con "Angeli e demoni". Ma queste prime considerazioni non rispondono – o lo fanno parzialmente – alle domande di cui sopra. È necessario focalizzarsi, è il consiglio di Shermer, che cita come esempio su cui riflettere – e che fa riflettere – proprio il libro di Arthur Goldwag: l'approccio del suo autore è quello di esaminare uno degli ambiti più rischiosi per uno studioso che si occupa di storia e di politica – le organizzazioni segrete – e di sondare i fatti di cui parla all'interno del loro contesto. Nel farlo, però, evita di commettere l'errore in cui inciampano i più radicali degli empiristi, che atomizzano ogni fatto, lo chiudono all'interno di un guscio e negano la correlazione che pur esiste tra diversi eventi. La lotta, per riassumere allo stremo il contenuto dell'articolo di “Scientific American”, è quella che si consuma tra l'intuizione da un lato e la foga nella ricerca della prova dall'altro. Ma soprattutto nel rifiuto della paranoia che "colpisce nel profondo e che scava furtivamente". Volendo dirla con parole diverse – per riprendere un altro comune lettore di Goldwag su Amazon – si eviti quindi di aggrapparsi a idee bizzarre, anche se suggestive, pur evitando che la fantasia – o, meglio, la creatività – dell'osservatore comune dei fenomeni politici sia soffocato da una razionalità che non lascia spazio alla curiosità. Antonella Beccaria [email protected] Per saperne di più Why People Believe in Conspiracies: http://www.scientificamerican.co m/article.cfm?id=why-peoplebelieve-in-conspiracies Skeptic: http://www.skeptic.com/the_ma gazine Cults, Conspiracies, and Secret Societies: http://www.amazon.com/gp/pro duct/0307390675?ie=UTF8&tag =boingboing0e20&linkCode=as2&camp=1789&c reative=390957&creativeASIN=0 307390675 e http://www.libreriauniversitaria.i t/cults-conspiracies-and-secretsocieties/book/9780307390677 ANTICIPAZIONI Sul prossimo numero di Tracce d’eternità (in download gratuito a fine novembre 2009 sul portale www.simonebarcelli.org) * RAPA NUI * INTERVISTA A YURI LEVERATTO TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Life after Life pag.121 Sfere di luce Noemi Stefani Sensitiva e ricercatrice della storia delle religioni, indaga da più di 20 anni nel paranormale ricevendo numerose conferme alle sue tesi. Le sue esperienze l’hanno portata a visitare i posti più misteriosi e ricchi di spiritualità della terra. Ha preso parte a convegni con tematiche riguardanti “ la vita oltre la vita “ facendo da tramite per le persone che erano in attesa di risposte e conferme dall’aldilà. Ha tenuto conferenze, intervenendo anche a trasmissioni radio (RTL 102,5) e televisive (Maurizio Costanzo show). Questa volta desidero riportare l’attenzione su un argomento abbastanza controverso ma sempre di massima attualità. Che cosa sono quelle sfere di luce chiamate ORBS che spesso compaiono nel bel mezzo delle nostre fotografie? Che si tratti di un difetto di rifrazione di luce nella nostra macchina fotografica? Potrebbe essere. Riviste accreditate del settore che si interessa di mistero, ricerca ed esoterismo affermano che possono essere apparizioni paranormali, e siccome non siamo in grado di smentire o di avallare queste ipotesi potrebbe trattarsi anche di questo. E cosa pensano gli Angeli a proposito degli ORBS? Forse una risposta potrebbe giungerci proprio da loro. Ebbene, gli Angeli percepiscono i nostri pensieri come bolle di sapone, trasparenti e leggere e i più belli sono tutti colorati. Dicono che poi il Loro compito è di sollevarli e portarli fino al Creatore. Vale la pena ricordare l´importanza che ha la vibrazione del nostro pensiero e quante volte ci perdiamo soffrendo per cose insignificanti. TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Un angelo Serafino ci insegna così “...SALVE, Staresti bene se tu sapessi essere più cosciente delle tue difficoltà. Staresti bene se tu sapessi essere una persona migliore. Porteresti passioni senza senso a chi non possiede nemmeno lo stretto necessario per sopravvivere? Per te tutto pare semplice. Per te la vita ha fatto molto e molto ti ha regalato, e nonostante questo senti che ancora non è abbastanza... Forse ti manca la gioia di ritrovare la conquista delle piccole cose. Se pensi a quando eri piccino, anche respirare ti era difficile, anche fare movimenti che adesso non pensi neppure, ti costava fatica. Ci sono Creature su questo pianeta che pur avendo raggiunto un'età evolutiva da adulto si trovano nella stessa situazione e non chiedono nulla più di questo, VIVERE, desiderano soltanto esistere nella loro incompiutezza di umani. Non credere che per questo motivo saranno classificati inferiori a chiunque altro agli occhi del Signore. Anzi, proprio perchè hanno sofferto e faticato tanto, proprio perchè per la loro condizione hanno reso coscienti tante anime superficiali il Signore avrà tanto amore per loro. Li rivestirà di luce splendente tanto che solo pochi brilleranno allo stesso modo. Pensa a questo quando ti vengono strane malinconie, quando vorresti AVERE invece di ESSERE. Pensa a quanto hai già... è tanto! AMEN“ Grazie Serafino, ci vuole pazienza con noi umani, ..impareremo. Ripropongo delle fotografie che avrete già visto nel n.3 della mia rubrica “Confesso, ho viaggiato” perché contengono ORBS. Noemi Stefani [email protected] TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà Ultim’ora pag.123 XXIII CONVEGNO INTERNAZIONALE 2009 Movimento della speranza Cattolica - Settembre 2009 Noemi Stefani In questo contesto si sono trattati diversi temi, sempre tenendo in considerazione scienza e fede, ipotesi senza pregiudizi per cercare di fare chiarezza, cercare di TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà capire cosa sarà dopo la morte. Vale la pena parlare di questi temi che sono sempre ricorrenti e mai risolti, coordinati dalla bravissima Paola Giovetti, scrittrice e giornalista. Mi è piaciuto molto don Sergio Messina che io chiamo prete "non prete" perché parla e agisce secondo il Vangelo e tralascia di seguire l’esempio della ecclesia gerarchica. Teologo, scrittore, ha fondato la "Comunità Accoglienza" a Torino. Tiene corsi di sostegno per i malati terminali. Le sue parole di fede tuonavano scuotendo l’inerzia di tutto il teatro. Non potrei tralasciare Mario e Annarita Crispo (Roma). Lui è medico e lei critico teatrale. Sono stati toccati tristemente dalla fine tragica del loro figlio Emilio che dal cielo continua a mantenere contatti attraverso la scrittura medianica. C´erano Laura Paradiso e Adriana Scarficchia, esperte di metafonia che facevano delle dimostrazioni di come si possano avere risposte da chi è passato oltre la soglia dell’esistenza. Emma Vitiani che esponeva la teoria del “pensiero creativo”, cioè di come la mente si possa gestire positivamente continuando a dare informazioni gratificanti e che ci predispongono al bene. Nel tempo anche noi riusciremo a migliorarci e a vivere meglio. E tra tanti bravi relatori, Piergiorgio Caria con i suoi crope circles (cerchi nel grano) collegati ai Maya e alla venuta del 2012. Spiegava che sono cominciati ad apparire come semplici cerchi fin dagli anni ‘70 per poi nel tempo diventare veri e propri pittogrammi complicatissimi, con tante simbologie della geometria sacra. E per ultimo, ma non ultimo, il grande Giorgio Bongiovanni. Criticato, deriso, esaltato o semplicemente considerato con rispetto per quello che è. Una persona con le stigmate come le aveva il nostro amato Gesù... L’ho incontrato per la prima volta una decina d’anni fa, TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà sempre a un convegno delle Edizioni Mediterranee. Ricordo che aveva ancora la croce sulla fronte, oltre che i segni sulle mani e sui piedi. Era alto, ricordo, perché l’avevo abbracciato e mi aveva dato l’impressione di una persona forte. Questa volta non ha più la croce sulla fronte. I capelli sono grigi, sempre sorridente e sempre molto forte per quello che dice, ma stanco, fatica a camminare e si vede che soffre, gli manca quasi l’equilibrio. Sono riuscita a dirgli soltanto due parole e mi ha fatto una carezza, aveva carezze per tutti. Non ho voluto trattenerlo, era troppo stanco, ed era giusto così. Gesù verrà presto, ha detto, ci sono tutti i segni e le premesse... Io sono pienamente d´accordo con lui. Noemi Stefani [email protected]