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Tracce d’eternità
Rivista elettronica di Storia Antica, Archeologia, Mitologia, Esoterismo ed Ufologia
Riservata agli utenti del portale Tracce d’eternità
Numero 4 (settembre 2009)
STRANGE
di eSQueL
XAARAAN
di Antonella Beccaria
DREAMLAND
di Gianluca Rampini
LO SPAZIO DELL’OTTAVA
di Michele Proclamato
GLI ANELLI MANCANTI
di Ines Curzio
LUOGHI MISTERIOSI
di Isabella Dalla Vecchia
LIBRARSI
di Simonetta Santandrea
CONFESSO, HO VIAGGIATO
di Noemi Stefani
ANGOLO PRIVATO
di Giovanna Triolo
URBIS HISTORIA
di Simonetta Santandrea
LIFE AFTER LIFE
di Noemi Stefani
ARCHEOLOGIA
DI CONFINE
di Yuri Leveratto
LE INTERVISTE
DI GIANLUCA
RAMPINI
UFOLOGIA
di Roberto La Paglia
MISTERI
di Enrico Baccarini
MASSIMO
TEODORANI
CORRISPONDENTE
INTERVISTA A
MICHELE
PROCLAMATO
Questa rivista telematica, in formato pdf, non è una testata
giornalistica, infatti non ha alcuna periodicità.
Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale, ai sensi
della legge n. 62/2001.
Viene fornita in download gratuito solamente agli utenti
registrati del portale Tracce d’eternità e una copia è inviata
agli autori e ai collaboratori.
Per l’eventuale utilizzo di testi e immagini è necessario
contattare i rispettivi autori.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Note a margine
pag.2
Un’anima
inquieta
Simone Barcelli
Simone Barcelli ha 45
anni ed è un ricercatore
indipendente di Storia
Antica, Mitologia e
Archeologia di confine.
Collabora con Storia in
Network, Tuttostoria,
InStoria, Edicolaweb,
Acam, Esonet,
OOPArt.it, Paleoseti e
ArcheoMedia, sui cui
portali sono pubblicati i
suoi studi tematici.
Cari amici, dal 25
settembre 2009 “Tracce
d’eternità”
www.simonebarcelli.org è
il portale che ospiterà tutte
le iniziative dello staff
redazionale dell'omonima
rivista elettronica.
Ringraziamo il web master
di Paleoseti.it, Teodoro Di
Stasi, che ci ha finora
ospitati per il download dei
primi tre numeri: con
pazienza e disponibilità ci
ha aiutato a crescere,
indicandoci spesso la
strada da seguire. Grazie
Teo!
La redazione
E’ notte fonda.
D’accordo con l’amica
Antonella che queste sono
le ore migliori per scrivere.
Qualche ultimo ritocco e
Tracce si avvia alla sua
stesura definitiva, pronto
per il download libero e
gratuito per gli utenti del
nuovo portale.
Siamo già al quarto numero
ma non è ancora tempo di
bilanci, troppo presto.
Questa ‘creatura’, lo avrete
notato, si evolve, seppur con
immensa fatica, ad ogni sua
uscita.
E’ quindi difficile, in questo
momento, comprendere
quale strada le riserverà il
futuro.
Non abbiamo dubbi che la
via sarà, in ogni modo, in
salita, eccome.
Questa rivista elettronica ha
infatti un’anima inquieta,
assetata di conoscenza che
insegue con frenesia.
Tracce, nella nicchia che si
sta costruendo, è il frutto di
numerose collaborazioni,
certamente ‘trasversali’.
Su queste pagine gli autori,
non solamente quelli già
affermati, esternano teorie,
ipotesi, pensieri, anche
congetture.
L’obiettivo è confrontarsi in
maniera pacata, senza
“alzare la voce”,
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
consentendo a tutti di
esprimere la propria
opinione e dar luogo,
quanto possibile, al
contraddittorio.
I contenuti che andrete a
leggere vanno chiaramente
in questa direzione e non
poteva essere diversamente.
Si comincia con Teodoro
Di Stasi, web master di
Paleoseti.it, praticamente
una vita dedicata allo studio
dei Cerchi nel grano, che ha
più di un fastidioso
‘sassolino’ nelle scarpe: è
stato strattonato,
malamente, per la camicia e
ha deciso di mettere nero su
bianco qualche utile
precisazione.
ESQuel propone uno
studio che, assieme ai
precedenti già pubblicati,
merita particolare
attenzione, se non altro per
i risvolti che le sue teorie
potrebbero avere in un
prossimo futuro, quando
finalmente qualcuno si
degnerà di dibatterne, senza
preconcetti.
A seguire, un’altra esclusiva
intervista di Gianluca
Rampini, stavolta faccia a
faccia con Massimo
Teodorani.
Il nostro collaboratore dalla
Colombia, Yuri Leveratto,
ci parla dei misteriosi
petroglifi di Quiaca, da lui
rinvenuti dopo la solita
estenuante escursione.
E noi, comodamente in
poltrona, cercheremo di
metterci nei suoi panni, ben
sapendo che non si tratta di
una “fiction”.
Roberto La Paglia
propone una tematica
sempre dibattura, quella dei
numerosi segnali che
provengono dal nostro
passato e che spesso non
riusciamo a cogliere nella
giusta maniera.
Su Mothman, l’Uomo
Falena, è incentrata
l’attenzione di Enrico
Baccarini, come sempre
oltremodo preciso anche
nella documentazione a
supporto di quel che scrive.
Simonetta Santandrea
prosegue il suo viaggio per
città, facendo tappa a
Pontremoli e ponendo la
sua attenzione sul labirinto.
Abbiamo riesumato dal web
un prezioso report a cura di
Alessia Maineri, riferito
alla conferenza “UFO e
Paranormale”, svoltasi in
quel di Pavia il 10 aprile
2003. Tra i relatori, in
tempi davvero non sospetti,
anche il nostro web master.
E’ un piacere avere tra noi
Isabella Dalla Vecchia,
responsabile del portale
Luoghi Misteriosi,
www.luoghimisteriosi.it,
con un prezioso contributo
dedicato al mistero insito
nelle Rotonde.
Abbiamo cercato, con tutti i
limiti che ci riconosciamo,
di raccontarvi il convegno
ALCHIMIA ALCHIMIE,
una manifestazione fuori
dall’ordinario, giunta
quest’anno alla quarta
edizione nella magica San
Leo. Gli incontri in
programma erano
veramente tanti (a volte
concomitanti) ed è stato
necessario, nostro
malgrado, operare delle
scelte. Ecco che la nostra
attenzione è andata alla
conferenza di Giovanni
Francesco Carpeoro,
direttore di Hera ma
soprattutto grande studioso
di simbolismo, e a quella di
Michele Proclamato, che ha
presentato al pubblico le
sue innovative teorie e noi
lo abbiamo “interrogato”
per i nostri lettori.
Da par suo, Antonella
Beccaria ci mostra come si
può ‘raccontare’ questa
misteriosa città medievale
da un punto di vista molto
personale (la copertina vi
dovrebbe già aver messo la
pulce all’orecchio).
Da circa un mese è possibile
leggere il volume “Gli anelli
mancanti”, scritto d’esordio
di Ines Curzio: l’autrice ce
lo presenta nell’omonima
rubrica.
Gianluca Rampini, nella
sua Dreamland, parla di
Alieni buoni e ci sottopone
la lettura di uno scritto di
Nikola Duper, La Storia
di “Amicizia”.
Simonetta Santandrea,
in Librarsi (stavolta la
rubrica è in veste ridotta per
comprensibli motivi di
spazio) consiglia ai lettori
“Il Santo Graal”, un
sempreverde di Franco
Cardini & Company,
reperibile anche in versione
economica.
Ed ecco, a seguire, il bel
racconto di Giovanna
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Triolo, “La città dei
viandanti”.
Michele Proclamato
inizia, da questo numero, ad
illustrarci le sue
rivoluzionarie teorie nella
rubrica “Lo Spazio
dell’OTTAVA”.
E’ Noemi Stefani che,
nello spazio dedicato ai
resoconti di viaggio, ci
racconta della sua ultima
visita in Tunisia, con belle
fotografie scattate anche al
celeberrimo Museo del
Bardo. La ritroviamo, che
scrive di sfere di luce, nella
sua rubrica Life after Life.
C’è anche un suo resoconto
da Cattolica per un
convegno tenutosi qualche
giorno fa.
La corrispondenza di
Antonella Beccaria
chiude in bellezza il numero
4 di Tracce d’eternità.
Con questo è tutto,
appuntamento sul nuovo
portale Tracce d’eternità
www.simonebarcelli.org per
le tante iniziative che
vedranno la luce
prossimamente.
Simone Barcelli
[email protected]
ADDENDA
di Simonetta Santandrea
Queste righe portano una
precisazione relativa alle foto
del doppio articolo per la
sezione Urbis Historia
“L’enigma degli occhi” e “Da
qui partirono i Messaggeri
celesti?”, nel num.3 di Tracce
d’eternità: le foto sono tratte
dal sito www.luoghimisteriosi.it.
Me ne scuso innanzitutto con
Isabella, responsabile del
portale e con i lettori per la
mancata, ma assolutamente
dovuta, citazione. Colgo inoltre
l’occasione per salutare con
affetto proprio Isabella, che
inizia da questo numero una
preziosa collaborazione con
tutti noi di Tracce d’eternità.
Benvenuta!
Tracce d’eternità
Rivista elettronica di Storia Antica, Archeologia, Mitologia, Esoterismo ed Ufologia
Riservata agli utenti del portale Tracce d’eternità
Numero 4 (settembre 2009)
Portale
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[email protected]
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[email protected]
REDAZIONE
COLLABORATORI ED AUTORI
Simonetta Santandrea [email protected]
Gianluca Rampini [email protected]
Simone Barcelli [email protected]
eSQueL [email protected]
Dall’estero
Christopher Dunn [email protected]
Michael Seabrook [email protected]
Marisol Roldàn Sànchez [email protected]
José Antonio Roldàn [email protected]
Yuri Leveratto [email protected]
Dall’Italia
Antonella Beccaria [email protected]
Simone Barcelli [email protected]
Teodoro Di Stasi [email protected]
eSQueL [email protected]
Enrico Baccarini [email protected]
Gianluca Rampini [email protected]
Simonetta Santandrea [email protected]
Sergio Coppola [email protected]
Antonio Crasto [email protected]
Maurizio Giudice [email protected]
Stefano Panizza [email protected]
Giovanna Triolo http://blog.libero.it/Angoloprivato
Noemi Stefani [email protected]
Ines Curzio [email protected]
David Sabiu [email protected]
Massimo Pietroselli [email protected]
Alessio Margutta urgiddi.wordpress.com
Roberto La Paglia [email protected]
Isabella Dalla Vecchia www.luoghimisteriosi.it
Alessia Maineri [email protected]
Michele Proclamato [email protected]
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Se ofrece en una descarga gratuita solo para usuarios
registrados del portal y se remita copia a los autores y
colaboradores.
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ponerse en contacto con los espectivos autores.
I primi tre numeri di “Tracce d'eternità” sono ancora disponibili, in download gratuito, sul portale
www.simonebarcelli.org
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Contenuti
NOTE A MARGINE
Simone Barcelli
Un’anima inquieta
pag.2
CROP CIRCLE
Teodoro Di Stasi
Quando un messaggio
è frainteso, quando
l'Uomo non si capacita
della bravura dei suoi
consimili
pag.6
STRANGE
Esquel
Il cappello del mago
pag.14
LE INTERVISTE
DI GIANLUCA
RAMPINI
Gianluca Rampini
Massimo Teodorani
pag.25
ARCHEOLOGIA DI
CONFINE
Yuri Leveratto
El misterio
de los petroglifos de
Quiaca
pag.40
Il mistero dei petroglifi
di Quiaca
pag.43
URBIS HISTORIA
Simonetta Santandrea
Il labirinto di Pontremoli
(una via per scegliere)
pag.59
DOCUMENTI
Alessia Maineri
Report Conferenza
10 aprile 2003
“UFO e Paranormale”
pag.66
COLLABORAZIONI
LUOGHI MISTERIOSI
Isabella Dalla Vecchia
Il mistero delle Rotonde
pag.77
CORRISPONDENZE
ALCHIMIA
ALCHIMIE
Simone Barcelli
Simbolismo dell’anima
pag.83
Simone Barcelli
Chi cerca, trova
pag.85
Simone Barcelli
L’uomo dell’OTTAVA
pag.88
Antonella Beccaria
San Leo… in bianco e
nero
pag.92
UFOLOGIA
Roberto La Paglia
Segnali dal passato
pag.46
GLI ANELLI
MANCANTI
Ines Curzio
Gli anelli mancanti
pag.93
MISTERI
Enrico Baccarini
Mothman, l’Uomo
Falena
DREAMLAND
Gianluca Rampini
Gli alieni buoni
pag.95
pag.50
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Nikola Duper
La storia di “Amicizia”
pag.97
LIBRARSI
Simonetta Santandrea
Il Santo Graal
pag.104
ANGOLO PRIVATO
Giovanna Triolo
La città dei viandanti
pag.106
LO SPAZIO
DELL’OTTAVA
Michele Proclamato
Un Guerriero del Futuro
pag.108
CONFESSO, HO
VIAGGIATO
Noemi Stefani
La Tunisia
pag.116
XAARAN
Antonella Beccarla
La teoria del complotto:
miti e ragioni per
credere e non credere
pag.118
LIFE AFTER LIFE
Noemi Stefani
Sfere di luce
pag.121
ULTIM’ORA
Noemi Stefani
XXIII Convegno
Internazionale 2009
“Movimento della
speranza” - Cattolica
pag.123
Crop Circles
pag.6
Crop Circles "Atlas Project":
Quando un messaggio
è frainteso, quando l'Uomo non
si capacita della bravura dei suoi
consimili
Teodoro Di Stasi
E' il mese di Agosto
2009, quando rimbalza
in tutta la rete la notizia
del ritrovamento di un
Crop Circles dalle
proporzioni che ne
decretano "il più grande
Crop Circles mai
comparso su un campo
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
coltivato a grano",
530x450 metri.
Oltre alle sue misure, che
già da sole lasciano
presagire la magnificenza
di questa opera, ci si
trova a contemplare
un'immagine che lascia
attoniti: ad acchito la si
associa all'opera di
Leonardo chiamata
"L'uomo Vetruviano", per
poi dovere constatare che
vi è un elemento in più, le
ali, che quindi lo fanno
associare a "Mothman"
ovvero l'Uomo Falena.
Questa l'immagine (nella
pagina precedente a
dimensioni maggiori)
creazione, che ha
chiamato "Progetto
Atlas".
Gli autori, dichiaratisi
tali, sono un gruppo
attivo dal 1997 e che
hanno un sito dove
potrete visionare le loro
realizzazioni, compresa
quest'ultima:
http://www.xld-sign.com
A parte le interpretazioni,
quello che si crea sin da
subito è l'eterno, quanto
acceso in termini di toni,
scontro/confronto tra chi
pensa che un opera simile
sia impossibile essere
stata creata da esseri
umani e i sostenitori
della spiegazione invece
per opera umana.
Chi scrive è da almeno
cinque anni che sostiene
la seconda ipotesi
suggerita, ovvero quella
umana.
Condivisibile o meno
questa è la mia posizione,
frutto (come più volte
scritto in altri contesti) di
un percorso fatto di
approfondimenti,
comparazioni, studio e
sperimentazione.
Tornando all'oggetto, o
meglio, al Crop Circles di
questo articolo, lo
scontro si è fatto più
acceso dopo che
qualcuno ha rivendicato
la paternità della sua
Il gruppo di Circlemakers
Xld-Sign, tra le sue opere,
annovera anche una che è
stata ripresa dal fisico
Eltjo Haselhoff, per i suoi
studi sul fenomeno dei
Crop Circles e che è
considerato (a torto o a
ragione, io propendo per
la prima) uno dei
massimi esperti mondiali
sul fenomeno.
Era la formazione del
1997 chiamata "De
gulden tunnel"
http://www.xldsign.com/projecten/bekijk/D
e-gulden-tunnel
Non è servita tale
dichiarazione di paternità
a "qualcuno" (vedi Box a
pag.10), che ha ritenuto
impossibile che un uomo
sia in grado di creare un
opera simile e dal
contenuto/messaggio
come quello
rappresentato in questo
disegno.
Uno di questi "qualcuno"
è il simpatico Adriano
Forgione che, nel suo
Blog
http://ilblogdiadrianoforgione
.myblog.it
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
cosi intitola la notizia:
"La più grande
formazione di sempre"
http://ilblogdiadrianoforgione
.myblog.it/archive/2009/09/0
7/la-piu-grande-formazionedi-sempre.html
Ai commenti già presenti
sulla pagina correlata
all'articolo, chi scrive
(Teodoro Di Stasi) ne
aggiungeva uno suo, che
qui riporto per esteso,
non prima però di
aggiungere una piccola
prefazione per fare
meglio comprendere
quello che poi è stato il
mio commento.
Adriano Forgione, in
risposta ad un commento
in particolare, scritto
dall'utente
Schweinsteiger che gli
diceva semplicemente di
informarsi quanto era
stato sino ad ora discusso
e detto su questo Crop
Circles nei forums, nei
newgroups e nei luoghi
dove ci si scambia
informazioni e pareri sul
fenomeno stesso,
risponde stizzito e
infastidito.
Il commento, che può
essere letto assieme
all'articolo ed a tutti gli
altri commenti scritti
dagli utenti che accedono
al Blog, era questo:
“Allora, dato che per
voi tutti i cerchi nel
grano sono fasulli,
non portatemi le
prove solo di questo.
Attendo anche il
resto. Forza, attendo.
Io non faccio silenzio,
la mia assenza è stata
dovuta alle meritate
vacanze.
P.S. Puoi portarmi
qualsiasi tipo di
prova...devi prima
dimostrarmi che non
si tratta di prova
costruita e inoltre,
tale prova la ESIGO
per TUTTI e ripeto
TUTTI i cerchi nel
grano sinora apparsi.
Altrimenti, fate
silenzio, lo sanno tutti
da vent'anni che parte
del fenomeno è
umano!!!! Dunque
attendo un apporto
SERIO.”
(Scritto da : adriano
forgione | 07/09/2009 in
risposta all'utente
Schweinsteiger)
Eccoci giunti, dopo la
dovuta premessa, al
commento che inserivo:
“Caro Forgione,
nonostante tu mi stia
simpatico (e lo dico
perchè ti ho potuto
conoscere di persona
e parlarti in almeno
due occasioni,
Bergamo e Stresa) mi
chiedo come fai ad
uscirtene fuori per
l'ennesima volta con
una tua
interpretazione che
vuoi imporre "costi
quel che costi".
Chiedi che ti vengano
fornite le prove che
tutti i CC siano fatti
dall'uomo, e qui mi
deludi per quello che
tu dovresti
rappresentare ma che
tradisci: "una
persona che conosce
il fenomeno e ne può
parlare con
cognizione,
affrontando
serenamente ogni
critica ad ipotesi
esposte".
Cosi non è e mi
dispiace per te, sei
uno dei rari
ricercatori che
sistematicamente
quando gli viene
offerta una risposta la
ignora bellamente.
Servirebbe a qualcosa
risponderti che è
impossibile
soddisfare la tua
richiesta, quanto
inutile?
Impossibile perchè
non a tutti i
circlemakers
interessa
documentare quello
che fanno, ed inutile
perchè nella migliore
delle ipotesi tu saresti
capace di inventarti
qualcosa di nuovo pur
di non ammettere la
semplice realtà.
In questo specifico
caso però hai un
modo concreto di
accertarti della
natura umana del
CC... contatta gli
autori (di cui si
conosce il sito ed i
nomi http: www.xldsign.com) e
commissiona loro un
Crop Circles che
abbia le
caratteristiche come
quello di quello di cui
tu pensi impossibile
potere essere stato
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
fatto da essere umano
:-)
Poi però prenditi
l'impegno di scrivere
sul tuo blog la verità1.
Non volermene a
male per quanto ti ho
scritto, è solo per
metterti davanti al
fatto che stai
collezionando un po’
di figuracce
ultimamente (dalla
urlata richiesta,
arrivata poi con un
articolo di Grassi2,
C'è chi sospetta che l'autore
dell'articolo in cui si ipotizza
una spiegazione non
antropica, Adriano Forgione,
abbia troppi interessi e che la
sua scelta di negare qualsiasi
evidenza è solo dettata da tali
interessi che comprendono:
riviste, conferenze, consulenze
per programmi televisivi,
libri...e non per ultimo la
propria reputazione...
2 Adriano Forgione, in un suo
precedente articolo dedicato
ad un Crop Circles comparso a
East Field il 7/7/2009
poneva una richiesta su un
particolare del Crop Circles
che riguardava "intrecci delle
spighe", ritenuti da lui
"impossibili da realizzare
dall'uomo". Non sono tardate
le risposte, una su un forum,
ad opera di Roberto L. che nel
post inserito l’08/08/2009
alle 14:13:04 offre la sua
spiegazione. Ed un'altra ad
opera di Francesco Grassi
(studioso del fenomeno e
circlemakers, nonché coautore di uno dei contributi
più importanti sul fenomeno
dei Crop Circles ). La risposta
alla domanda di Forgione su
come sia possibile realizzare
gli intrecci delle spighe
comparsi a East Field.
Da notare che Adriano
Forgione, nonostante abbia
avuto una risposta a ciò che
chiedeva, sembra non
intenzionato ad ammettere di
avere, ancora una volta,
1
alla spiegazione di
intrecci, a questa,
dove ti si veniva
semplicemente detto
di fare una ricerca in
rete prima di lasciarti
andare all'ennesimo
ed immotivato
stupore
mistico/misterioso/
esoterico.
Teodoro Di Stasi
(sai, non mi piace che
poi qualcuno
commenti dicendo
che chi ti critica si
nasconde dietro
pseudonimi o
nickname, sono
assolutamente sereno
e cosciente di quanto
ti ho scritto).”
Scritto da : Teodoro |
07/09/2009
La discussione è
proseguita con una serie
di "botta e risposta", sino
a quando Adriano
Forgione finalmente mi
risponde (anzi, risponde
indirettamente, poichè è
un rispondere a tutti i
commenti non allineati
con il suo pensiero che gli
hanno scritto altri)
Riporto la parte che qui
interessa e mi riguarda:
“…2 - Non mi
interessa
commissionare
nessuna formazione.
Ti ringrazio Teodoro,
ma a nulla servirà.
dimostrato di non conoscere e
nemmeno voler approfondire
gli aspetti correlati ai Crop
Circles ed alla loro
realizzazione ad opera degli
uomini.
Cosa dovrebbe farmi
capire?
Come si realizza un
falso? No grazie”
Scritto da : adriano
forgione | 08/09/2009
Bene, avuta la risposta
non credo che vi fosse
altro da aggiungere, se
non un ultimo commento
rivolto a Forgione dove
scrivevo:
“Ciao Adriano, grazie
per avermi risposto,
mi è sufficiente
quanto scrivi in
questa parte:
…2 - Non mi interessa
commissionare
nessuna formazione.
Ti ringrazio Teodoro,
ma a nulla servirà.
Cosa dovrebbe farmi
capire? Come si
realizza un falso? No
grazie.-…
Pemettimi però di
farti un solo appunto:
se tu ritieni
impossibile da parte
di esseri umani
realizzare una figura
così complessa, come
puoi dopo
rispondermi che NON
ti servirebbe a nulla
commissionare agli
stessi circlemakers,
che si sono attribuiti
la paternità di questo
disegno, di
ricreartelo, perchè
sarebbe un falso!!!
Allora, o l'essere
umano non è in grado
oppure lo è.
Vabbè, lasciamo
perdere. Ti sei
infilato, tu e tal Mike
Plato, in un vicolo
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
cieco e continuate
ostinatamente a
volere difendere la
gaffes fatta. Per me è
chiusa qui.
Ti saluto
amichevolmente e
spero di poterti
incontrare in giro per
offrirti un caffè.
Mi sei simpatico e lo
confermo ancora: ti
ho conosciuto e posso
dire che tu sei
realmente così, una
persona che crede in
quel che dice e quel
che fa, senza inganno
e senza vergogna.
Scritto da : Teodoro |
08/09/2009
Quello che però doveva
accadere ancora era sulla
soglia della porta, quando
eccolo dirompente
arrivare, per opera di tal
Mike Plato... che così si
esprime sul suo Blog
http://mikeplato.myblog.it
(SIC!)
VEDO CHE SUL
BLOG LA
DISCUSSIONE
IMPAZZA.
NON SO SE I VARI
DENIGRATORI E
MESTATORI QUI E
SUL BLOG DI
ADRIANO SIANO I
MEDESIMI.
MA HO QUALCOSA
DA DIRE A
COSTORO, AI
TEODORO E AGLI
SCHWEINSTEIGE.
VOI VENITE QUI,
SPARATE A ZERO
SULLE GERARCHIE
CELESTI, CI DATE
DEI FACILI
CREDULONI,
OFFRITE UNA
PATERNITA' UMANA
A QUESTE
FORMAZIONI. CI
VENITE A DIRE CHE
NON APPENA
SCOPRIAMO UNA
FORMAZIONE COME
QUELLA OLANDESE,
CE LA BEVIAMO E
DIMOSTRIAMO
TUTTA LA NOSTRA
INGENUITA',
DIMOSTRIAMO DI
ESSERE SOGNATORI
INFANTILI.
VOI INVECE SIETE
DEGLI IPOCRITI,
DELLA PEGGIOR
SPECIE.
Buongiorno Mike,
Guardi (le do del "lei"
perchè NON ho il
piacere né di
conoscerla né di
avere mai condiviso il
mio pensiero) si tolga
semplicemente i suoi
dubbi nella maniera
più semplice
possibile: contatti gli
autori e chieda loro di
replicargli la
formazione.
Poi, però, abbia il
coraggio di scrivere
che lei è un
insultatore a fondo
perso.
La saluto
Teodoro Di Stasi
Scritto da : Teodoro |
08/09/2009
Tratto da:
http://mikeplato.myblog.it/ar
chive/2009/09/08/aggiornam
enti-sul-crop-olandese.html
Chiamato in causa mi è
parso quanto meno
indispensabile
intervenire, con questo
commento:
A differenza del
precedente, questo tal
Mike Plato si esibisce in
quello che io ritengo uno
degli spettacoli più
indegni dell'essere
umano: continua a
insultare e a fare
Ci sono due dati dichiarati dagli autori del Crop Circles, uno vede la
partecipazione di 60 persone per la realizzazione, mentre un altro ne
indica 52. Chi ne ha voglia si può divertire a contare in questa foto
(scattata la sera prima alla realizzazione del Crop Circles) quanti
sono…
ragionamenti che non
hanno né capo né coda,
racchiudendo nelle sue
risposte deliri,
vaneggiamenti, picchi di
inaudita perdita di
controllo, anche se da
parte mia la richiesta di
scendere alla discussione
con toni meno accesi è
continuata, invana.
Lascio al lettore leggersi
tutto lo scambio avuto.
Lascio al lettore scoprire
che questa persona mi ha
onorato con l'apertura di
una nuova notizia dal
titolo "PER ME LA
QUESTIONE E'
CHIUSA".
http://mikeplato.myblog.it/ar
chive/2009/09/08/per-me-laquestione-e-chiusa.html
Eh no, per me invece "la
questione non è chiusa",
e visto che mi risulta
impossibile proseguire e
sopportare
l'atteggiamento di questa
persona intendo ora
dimostrare perché quel
bellissimo Crop Circles è
opera di chi ne rivendica
la paternità.
In mio aiuto ci sono al
momento delle immagini
ad alta risoluzione, poche
ma sufficienti, che sono
state inserite sul sito:
http://defotograaf.smugmug.c
om/gallery/9196806_CYoie#6
14269856_wRA3a
http://1.bp.blogspot.com/_WUnGHF3a91w/SqaH672ZBmI/AAAAA
AAABCY/Pq8i-21eZh8/s1600/atlas1.jpg
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
La prima immagine che
prendo ad esempio è
quella scattata il 7/08/09
alle ore 6:24 scaricata in
alta risoluzione
sono evidentissime le
linee di costruzione,
dove?
Eccole! Non serve
evidenziarle, sono ben
visibili, vi pare?
Lo stesso particolare lo si
nota in un’altra
immagine, quella scattata
pochi minuti dopo da
altra angolazione...
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Queste linee, se seguite,
portano ai centri dei
cerchi del del disegno
Non pretendo che,
sull'esempio di quanto
sopra riportato, io possa
ancora essere
convincente, d'altronde
chi non ha mai realizzato
un disegno in un campo
ignora cosa siano le linee
di costruzione, cosi come
ignora molto altro del
fenomeno.
Ok, proviamo allora a
vedere un altro esempio...
avviciniamoci un po’ di
più all'interno del
disegno...
...le spighe.
Oh già, le spighe, perché
è da anni che ogni volta
devo leggermi di spighe
spezzate come autenticità
di un disegno "creato
dall'uomo", di bordi del
disegno "non puliti" e di
altre particolarità...ed
eccole allora :-)
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Non credo che serva al
lettore, ma aggiungo una
nota: da questo
particolare dell'immagine
si vede anche come il
grano è stato allettato
(ovvero… "pressato") e
come presenti le stesse
caratteristiche che esperti
(o pseudo/esperti,
dipende dai punti di
vista) hanno più volte
utilizzato per "attaccare" i
circlemakers... un
disordine, un'armonia
caotica, mentre, sempre
per questi esperti o
presunti tali, i disegni nei
campi genuini
presentano le spighe
adagiate dolcemente al
suolo, armonicamente
come se un pettine le
avesse accarezzate, senza
creare sbavature (SIC!) o
altre caratteristiche
ritenute "importanti" per
la valutazione.
Mi fermo qui, perché non
credo sia necessario
andare a sottolineare con
delle immagini tutti i
particolari che ho potuto
notare in meno di 10
minuti.
Giusto per accennarvene
e poi incuriosirvi e
andarveli a cercare questi segni di
costruzione- provate ad
andare al "cuore" della
formazione (sempre con
le immagini ad alta
risoluzione... notate
qualcosa?
Oppure, sempre dalle
immagini, provate a
cercare la "traccia" che
segue “tutti" i cerchi delle
ali...
Ora, però, giungo al
termine di questo mio
intervento: credete che
Adriano Forgione, o tal
Mike Plato, nel momento
in cui sarà disponibile il
"Making Of", come
preannunciato da uno dei
circlemakers autori allo
stesso Forgione3 in
risposta ad un suo
interessamento, avrà
modo di ammettere
pubblicamente... mi sono
sbagliato e chiedo scusa a
tutti (soprattutto il tal
Mike Plato…?)
IO credo proprio di NO!
Teodoro Di Stasi
[email protected]
3
Adriano Forgione riporta in
un commento la risposta avuta
in seguito al suo contatto con il
gruppo di circlemakers autore
del Progetto Atlas, queste le
parole:
“Hi Adriano,
Thank you for your reaction.
We are right now working on a
"making of" documentary
which will answer your
questions.
The fact that you doubt
whether we would be able to
make this is in fact the biggest
compliment you could give us.
Best regards and take care,
Remko Delfgaauw
-- XL D-SIGN”.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Strange
pag.14
Il cappello del
mago
eSQuel
Il conflitto
psiche/materia
In fisica classica con
materia si indica
qualsiasi cosa che abbia
massa e occupi spazio o
alternativamente la
sostanza di cui gli oggetti
fisici sono composti4.
La psiche è un termine
con cui tradizionalmente
si usa individuare
l'insieme di quelle
funzioni cerebrali,
emotive, affettive e
relazionali dell'individuo,
che esulano dalla sua
dimensione corporea e
materiale5.
Uno dei pilastri della
posizione dominante in
ordine al rapporto
psiche/materia è la netta,
monolitica divisione fra
oggettività e soggettività.
In forza di tale divisione,
si afferma che qualsiasi
fenomeno per potersi
dire reale deve essere
4http://it.wikipedia.org/wiki/
Materia_(fisica )
5http://it.wikipedia.org/wiki/
Psiche
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
oggettivo, ossia deve
fondarsi su dati o fatti
concreti, veri,
sperimentabili.
Dati o fatti direttamente
connessi al mondo reale e
tangibile della materia.
Tutto ciò che non può in
qualche modo essere
ricondotto alla materia è,
di conseguenza, definito
come ‘soggettività’.
Il mondo delle idee, delle
emozioni, delle
intuizioni, delle
sensazioni, l’intero
ambito onirico e qualsiasi
altra cosa riconducibile
alla vita psichica ricade,
senza eccezioni,
nell’ambito della
suddetta soggettività,
ossia in un regno
sostanzialmente precluso
all’indagine scientifica
(i.e. alla vera
conoscenza).
Non a caso la c.d.
psicologia non rientra nel
novero delle ‘scienze’ ed è
descritta, piuttosto, come
una disciplina che studia
il comportamento degli
individui e dei loro
processi mentali ma che
giunge a conclusioni per
le quali, data la dubbia
applicabilità del metodo
scientifico, è
sostanzialmente non
rendibile un giudizio di
verità.
Sotto questo profilo, lo
psicologo più che ad uno
scienziato assomiglia ad
un artigiano (un artista se
è molto bravo) che, come
tale, armeggia
(con tanto di ‘mestiere’)
con fenomeni destinati a
rimanere in gran parte
oscuri e sostanzialmente
incompresi.
Non m’interessa qui
discutere i guai della
psicologia occidentale.
Tuttavia, se questi
esistono sono persuaso
che derivino proprio dalla
premessa sopra esposta.
Per più di cent’anni gli
psicologi sono partiti
dall’assunto che tutto
quanto andavano
investigando fosse
recluso nel mondo della
soggettività e questo li ha
portati a trattare ogni
singolo fenomeno
osservato come un
sostanziale parto della
mente del singolo, una
storia personale, magari
drammatica, ma sempre
chiusa fra gli spalti della
mente.
Da qui alla scelta della
chimica come panacea di
tutti i ‘disturbi psichici’
non c’è stato nemmeno
bisogno di fare un passo
(sic!).
Tuttavia e durante lo
stesso periodo nel quale
la psicologia ufficiale
evolveva (si fa per dire), il
mondo ha conosciuto e
sperimentato un’altra
realtà.
Una realtà parallela, per
molti aspetti disturbante
e che si pensava morta e
sepolta sotto secoli di
razionalismo, s’è
nuovamente presentata
all’uomo occidentale ed è
cresciuta viepiù,
nonostante lo sguardo dei
sapienti fosse
pervicacemente rivolto
altrove.
Sto parlando di tutti
quegli aspetti attribuiti al
sovrannaturale dalla
‘cultura popolare’ e che
hanno condito (e
seguitano a condire)
l’esistenza di molti.
Fra questi certamente
l’ESP, ma anche le out of
the body experiences
(oobe), i sogni lucidi e,
infine, l’intero fenomeno
UFO (con la sua brava
coda fatta di abduction).
In altre parole, una serie
d’eventi inspiegabili o
anche solamente strani
che s’infilano
nell’esistenza (di veglia e
non) delle persone il più
delle volte senza chiedere
permesso.
Il presente lavoro si basa
su due articoli
precedenti6 nei quali
6“IM-Teoria” scaricabile qui:
http://www.paleoseti.it/e107_
plugins/content/content.php?
content.167 e “Vita-Ombra e
struttura del Multiverso”
scaricabile qui:
http://www.paleoseti.it/e107_
plugins/content/content.php?
content.173
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
ipotizzavo l’esistenza del
Multiverso (cosa per
niente nuova, in effetti) e
per il quale avevo
abbozzato anche
un’ipotesi di struttura.
L’idea di fondo era, oltre
l’esistenza di creazioni
diverse dalla nostra,
poiché basate su un
corredo dimensionale
diverso, quella di quattro
ambiti psichici in
rapporto progressivo di
contenuto a contenente:
Inconscio Personale (IP,
coincidente con la singola
consapevolezza7)
contenuto in un
Inconscio Collettivo (IC,
relativo a tutti i terrestri e
coincidente con il nostro
pianeta), Inconscio
Universale (IU, relativo a
tutte le consapevolezze
esistenti nel nostro
universo, ne consegue
che ogni ipotetica ‘razza’
esistente nel nostro
universo avrà un suo IC
contenuto dell’IU di
quell’universo) e
Inconscio Multiversale
(IM, relativo a tutte le
consapevolezze esistenti
nell’intero multiverso,
perciò ad ogni creazione è
attribuito un proprio IU).
L’idea progrediva nella
formulazione dell’ipotesi
d’esistenza di un network
psichico, trasversale a
tutte le creazioni, capace
di permettere fra queste
7Per consapevolezza s’intende
una singola coscienza separata
dal tutto, come può essere il
sig. Mario Rossi oppure un
alieno abitante su un diverso
pianeta in quest’universo o in
un altro universo.
una comunicazione di
tipo, appunto, psichico.
Ciò che, quindi, si
renderebbe responsabile
di una tale
comunicazione non
sarebbero le “strutture”
dei singoli universi (cosa
esplicitamente esclusa
dalla M-teoria), bensì le
consapevolezze
eventualmente esistenti
in tali universi,
assumendo che alcune di
queste consapevolezze
abbiano imparato a
viaggiare nell’IM.
Stiamo parlando di
ipotetici viaggiatori
dimensionali, ossia di
‘individui’ che hanno
appreso il modo per
spostarsi fra le diverse
creazioni esistenti per
motivi che, almeno per il
momento, non c’interessa
investigare.
Ora, assunta l’esistenza
di altri universi e,
all’interno di questi, di
altre consapevolezze
diverse da noi, è facile
concepire l’insieme di
tutte le creazioni come un
tutto unico dotato di
consapevolezza, nonché e
di conseguenza la
‘materia’ che costituisce
questo tutto come
espressione della stessa
matrice.
Il punto centrale, dunque
e per quel che ci riguarda,
sarebbe non tanto di
stabilire un primato fra
psiche e materia. Quanto,
piuttosto, di presupporre
l'esistenza di un 'mattone'
capace di descrivere il
Multiverso in ogni sua
parte.
Forse proprio ciò che i
fisici hanno chiamato
Bosone di Higgs8.
Ora e senza entrare nelle
specifiche fisiche del
bosone (un po’ perché me
ne manca la competenza,
un po’ per una sorta di
timido pudore), quando
immagino questa
particella penso ad un
componente talmente
flessibile e dinamico da
porsi come costituente
primario di qualsiasi
creazione esistente sia
che questa si basi su una
sola dimensione, oppure
su undici dimensioni.
Una particella capace di
descrivere qualsiasi ‘stato
della materia’ solo
cambiando
opportunamente il
proprio stato vibrazionale
(in sostanza, quel che
farebbero le stringhe
nella M-Teoria).
Materia, abbiamo detto.
E il significante, nel caso
del nostro universo, ci
indica con una certa
precisione il suo
significato: qualcosa che
occupa uno spazio, che
ha una massa, un colore,
una temperatura, oltre a
talune specifiche
proprietà meccaniche e
fisiche. Insomma
qualcosa che se ti cade in
testa te n’accorgi, senza
meno.
Tuttavia, se il riferimento
per ciò che chiamiamo
‘materia’ è un universo
basato su di un corredo
dimensionale diverso da
8http://it.wikipedia.org/wiki/
Bosone_di_Higgs
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
quello che caratterizza il
nostro (intendo
dimensioni diverse in
tipo e in numero) mi
chiedo se abbia ancora un
senso pensare la ‘materia’
nei termini nei quali
l’abbiamo descritta.
Non sarebbe più ‘logico’
pensare che, presupposto
un diverso stato
vibrazionale del mitico
bosone (o delle stringhe,
fate voi), anche la
‘consistenza’ e, più in
generale, tutte le
proprietà della materia
sono destinate a
cambiare?
Ancora, sarebbe
eccessivamente ardito
ipotizzare che una simile
particella sia in grado di
esprimere il tipo di
materia che normalmente
chiamiamo psiche?
In tal caso 'psiche' e
'materia' non sarebbero
che diverse
manifestazioni del
medesimo componente
fondamentale.
In generale, quindi e
nell’ipotesi prospettata,
stati vibrazionali diversi
genererebbero densità
diverse della ‘materia’ e
(perché no?) diversi stati
dell’essere.
Undici dimensioni la cui
esistenza è stata
dimostrata
matematicamente
(magari tra un po’
scopriremo che sono di
più ma, per il momento,
va bene così) e che, in
base al calcolo
combinatorio semplice,
possono generare 2048
creazioni9, tutte espresse
dal medesimo ‘mattone’
che, per ciascuna
creazione, esiste ad uno
specifico stato
vibrazionale e che, per
questo, è capace di
esprimere mondi a noi
incomprensibili e nei
quali la ‘materia’
continua ad esistere
anche se in modo
profondamente diverso
da come siamo abituati a
pensarla.
E, in ciascuna creazione,
altre consapevolezze.
Consapevolezze aliene,
appunto10.
Mentre qui, da noi, quello
stesso mattone costruisce
indifferentemente sassi e
sogni.
Materia fisica e Psiche.
Due mondi in apparenza
separati ma, in realtà,
frutto della stessa fonte.
Due mondi all’interno dei
quali il singolo
‘percettore’ può provare a
sperimentare lo stesso,
identico livello di
oggettività.
Niente più soggettività ed
oggettività, dunque? Non
è necessario estremizzare
in questo modo.
Un ambito soggettivo
verosimilmente permane
anche se solo in una
dimensione concettuale
decisamente ridotta
9Vedi: Vita-Ombra e struttura
del Multiverso
10Qui il bestiario malanghiano
rischia di allargarsi un tantino
perché ci vuol poco a vedere
che proprio questa potrebbe
essere la fonte della realtà
‘altra’ che è con l’uomo sin
dalla sua origine.
rispetto a come siamo
stati abituati a pensare.
In questo modo, tuttavia,
molte difficoltà
scompaiono.
Magari sostituite da altre,
come no.
Il punto è, però, che se
solo ciò che è fisico è
'reale' mentre tutto il
resto è irreale ogni porta
si chiude e una grande
parte fenomenica è
semplicemente perduta
perché concettualmente
non conveniente da
investigare. Fenomeni
come l’ESP, le c.d. oobe, i
sogni lucidi, gli ufo, le
abduction e il ‘sogno
Michele’ sono relegati in
una soggettività che,
nella migliore delle
ipotesi, comporta un vero
suicidio speculativo,
tagliando fuori l’uomo da
uno spettro di possibilità
di conoscenza
potenzialmente
sconfinato. Ma
vediamolo, questo
‘sogno’.
Il sogno di Michele.11
Il sogno inizia con me che
cammino per strada, in
direzione di casa.
Sono solo, ed è tardo
pomeriggio, ma c'è
ancora sole, quindi il
periodo dell'anno è quello
attuale. Ad un certo
11Su concessione della stessa
persona che lo ha sognato. Il
sogno è stato postato
dall’utente ‘Michele’ sul News
Group ‘it.discussioni.sogni’,
gerarchia ‘usenet’, in data 21
giugno 2009.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
punto sento qualcuno alle
mie spalle. Mi volto, e a
poca distanza da me, c'è
una donna, dall'aspetto
giovane, che spinge un
passeggino, che mi
sembra vuoto.
Guardo meglio, ed
effettivamente non c'è
nessun bambino, né sulla
carrozzina, né in braccio
alla ragazza.
Non credo di conoscerla,
però inizio a provare una
brutta sensazione, molto
strana, tanto che faccio
fatica a descriverla.
E’ un misto di paura e
ansia, insieme a quella
che potrei definire come
la percezione del male,
che dai miei sensi viene
tradotta con una
sensazione di freddo,
quasi gelo.
Avvertito questo forte
disagio, che per quanto
ne so poteva anche non
essere mio, ma della
donna, volto
immediatamente lo
sguardo e proseguo per la
mia strada.
Sono quasi arrivato a
casa, quando la scena
cambia bruscamente, uno
stacco insomma.
Mi trovo all'interno di
una stanza, ma è
completamente buio, non
filtra neanche il più
piccolo spiraglio di luce,
tanto che non sono in
grado di orientarmi.
Ma c'è qualcun altro con
me e maneggia qualcosa
di metallico.
Mi rendo anche conto di
essere nudo, almeno fino
alla cintola dei pantaloni.
L'altra persona mi si
avvicina, è dietro di me.
Non è la donna di prima,
direi che si tratta di una
presenza maschile.
Ho paura.
Qualcosa di freddo si
poggia sulla mia pelle,
all'altezza dei reni.
Non è una lama, si tratta
di una superficie piatta.
Inizio ad agitarmi, e
contemporaneamente mi
sveglio.
Ci ho messo qualche
secondo per capire che
era notte fonda, e che mi
trovavo nel mio letto.
Poi mi sono
riaddormentato, ed al
mattino seguente, non mi
ricordavo più del sogno.
Tutta la giornata scorre
tranquillamente, fino alla
sera, quando torno a casa
e mio padre mi chiama
per dirmi che qualcuno
mi ha cercato.
Gli chiedo chi fosse, e lui
inizia con la descrizione
che mi ha fatto tornare
alla mente il sogno della
notte. Era una donna,
con un passeggino, che
dal punto in cui si
trovava lui (stava
lavorando in cortile),
sembrava vuoto.
Pare abbia chiesto di me,
pronunciando proprio il
mio nome, e mio padre,
non sapendo se io fossi in
casa o no, l'ha invitata a
bussare.
Io non c'ero, ma dentro
casa era presente mia
madre, che però non ha
visto né sentito bussare
nessuno.
Al che mi si è gelato il
sangue, e sono corso in
camera, per chiamare
tutte le ragazze che
conosco, che hanno un
bambino piccolo, e che
quindi potessero andare
in giro con un
passeggino.
Fortunatamente non
sono tante, quindi ho
dovuto fare solo 5
telefonate, e manco a
dirlo, nessuna era passata
a casa mia.
Non sono uno psicologo
professionista (tanto
meno uno psichiatra), ma
interpreto sogni da molti
anni12 e quando ho letto il
post di Michele ho
escluso subito che si
trattasse di un sogno
ordinario.
Sul punto, mi rendo
conto, le opinioni
potranno essere le più
diverse.
Ma io parto dal
presupposto, per me
fondamentale, che un
sogno è sempre vero, .
Vero perché verificabile
in relazione alla storia
personale del sognatore,
autonomo perché si
presenta come un’unità
compiuta e capace da
sola di incidere sulla
psiche del singolo e
coerente perché
totalmente autoesplicativo, ossia
qualcosa che è possibile
leggere in modo del tutto
12http://www.paleoseti.it/e10
7_plugins/content/content.ph
p?content.175 Qui potete
trovare un nuovo approccio
all’interpretazione onirica
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
consequenziale senza,
cioè, poter rilevare
contraddizioni logiche al
suo interno.
Ecco, il sogno di Michele
mancava, almeno in
prima lettura, di
coerenza.
Mi riferisco alla
‘percezione del male’ e
all’incoerenza di questo
elemento con il resto
della scena onirica.
L’elemento appariva
posticcio, slegato dal
contesto se non per il
fatto che, come elemento
disturbante, proseguiva
nella seconda parte del
racconto (ancorché in
forma diversa).
Certo, la donna con la
carrozzina vuota avrebbe
potuto simboleggiare la
madre del sognatore e la
carrozzina vuota, in
specifico, avrebbe potuto
far pensare al trauma
dell’abbandono.
Ma questa ipotesi,
parlando con Michele,
non sembrava giustificata
dalla sua storia
personale.
Il sogno, quindi, oltre che
incoerente non sembrava
nemmeno vero.
Tuttavia, ciò che
spiazzava era la coda
della vicenda, tutta
vissuta in real-life, con il
padre che riferisce di
quello strano episodio e
che scatena in Michele il
ricordo del sogno che
aveva completamente
dimenticato
(probabilmente,
censurato).
Eliminato il possibile,
restava l’impossibile.
Restava l’ipotesi che
l’avventura onirica di
Michele fosse stato
l’incontro con un
visitatore
multidimensionale (o
multiversale).
Una consapevolezza
aliena, venuta da chissà
dove, in cerca di lui e che
il padre, verosimilmente
grazie al profondo
rapporto che ha con il
figlio, aveva ‘visto’. Certo,
vi è un buco temporale
dato che Michele sogna la
notte precedente e il
padre vede la donna il
pomeriggio successivo.
Ma questo non credo
abbia grande peso perché
il padre, per ‘vedere’ la
donna e sempre
ammesso che tutto ciò
abbia un senso, aveva
dovuto modificare la sua
percezione.
In altre parole, si era
dovuto mettere
(inconsciamente e a sua
volta) in uno stato
‘onirico’ giacché
l’immagine che aveva
percepito esiste ed agisce
in quella dimensione,
proprio grazie all’ausilio
della ‘materia psichica’.
Una dimensione nella
quale il tempo (e chi ha
dimestichezza con i
propri sogni lo sa bene)
spesso sembra non
esistere affatto.
In effetti, si potrebbe
anche pensare che il
sogno sia stato
premonitore e che
Michele abbia visto in
sogno quel che sarebbe
accaduto solo il giorno
successivo.
Tuttavia, la seconda parte
dell’evento onirico mi fa
dubitare di questo perché
lì il sognatore sperimenta
un contatto
drammaticamente diretto
con la presenza
sconosciuta.
Sembra, quindi, che ciò
sia avvenuto realmente
durante il sogno.
Tuttavia e anche qualora
l’episodio del contatto
nella stanza buia fosse
stato generato dalla
paura sperimentata alla
vista della donna, resta
l’episodio narrato dal
padre e del quale gli unici
testimoni furono il padre
stesso e i suoi cani
(particolare soggiunto
solo in seguito da
Michele) non avendo la
madre, pur essendo
presente, visto né sentito
alcunché.
Il fatto è che eventi
onirici come quello di
Michele sono tutt’altro
che infrequenti e l’ho
scelto solo perché è
l’ultimo in ordine di
tempo fra tutti quelli, e
non sono pochi, di cui
sono venuto a conoscenza
nel corso degli anni.
Senza contare l’intera
casistica in tema di
abduction che, ad oggi,
appare talmente vasta da
essere persino
preoccupante.
Ruggeri, nella quale
passa un’intervista13 a
Giovanna, un’addotta
presumo d’origine sarda.
Il documento, almeno in
Italia, mi sembra una
novità assoluta se non nel
fatto in sé14 almeno per il
modo con il quale è stato
presentato.
In ogni caso, si tratta di
una testimonianza
drammatica sulla quale
credo valga la pena di
spendere qualche parola.
Giovanna, questa la mia
impressione, appare una
persona autentica.
Sotto un profilo
strettamente psicologico,
Giovanna non si pone
mai come un’eletta o una
prescelta.
In altre parole, sembra
assente anche la più
piccola traccia
d’inflazione psichica.
Il suo tono di voce è
sempre contenuto, mai
isterico o troppo carico.
La donna proferisce frasi
semplici che descrivono
concetti altrettanto
semplici.
Anche quando riferisce
fatti o considerazioni
relative a questioni
verosimilmente molto
complesse
(biocompatibilità,
Giovanna l’addotta
Proprio mentre sto
scrivendo, Mediaset
manda in onda la prima
puntata di ‘Misteri’
(1/7/2009), programma
condotto da Enrico
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
13Visibile qui:
http://it.youtube.com/watch?
v=NFBu4997IMk
http://it.youtube.com/watch?
v=0pm2FGWMpx0
14In passato, altri casi di
rapimenti sono assurti
all’onore delle cronache, Lonzi
e Zanfretta per fare un paio di
nomi.
ibridazione, etc.) lo fa in
modo estremamente
lineare, come a dire ‘io
questo ho capito e non
posso dirvi di più’.
Non vi è traccia di tinte
imbonitrici, anche se un
aspetto interessante è il
coinvolgimento emotivo
profondo che Giovanna
mostra di provare a
seguito di una domanda
relativa al presunto
aborto di un ovulo
impiantato dagli alieni.
Questo è un fatto che
interviene verso la fine
della prima parte e che
riequilibra
sostanzialmente l’unico
atteggiamento non
convincente della donna.
Per alcuni minuti, infatti,
Giovanna parla senza
apparente stress emotivo
di numerose gravidanze
(o presunte tali) risultato
dell’impianto nel suo
utero di ovuli ibridi.
Gravidanze interrotte
sistematicamente intorno
al secondo mese quando,
a seguito di rapimento, i
feti erano prelevati dal
suo grembo.
Da solo, questo fatto
potrebbe facilmente
creare seri problemi a
qualsiasi donna.
Per questo, il distacco
rilevabile in Giovanna
mentre racconta i fatti
appare sospetto.
Il crollo successivo,
tuttavia, suggerisce che
quella distanza fosse solo
un modo per proteggere
se stessa da una ‘realtà’
troppo dura da accettare.
In altre parole, la
freddezza di Giovanna
non nascondeva
alcunché, piuttosto
serviva a lei come filtro
per una sofferenza
potenzialmente
devastante.
Fin qui la soggettività
che, tuttavia e in questo
caso, sembra essere
corroborata da
interessanti elementi
‘oggettivi’ quali:
- Presenza di
evidentissime cicatrici sul
corpo della presunta
addotta (braccia e
gambe);
- Tracce sull’epidermide
di una sostanza
luminescente di natura
allo stato sconosciuta;
- Presenza, rilevata
tramite Tomografia
Assiale Computerizzata
(TAC), di un oggetto
probabilmente metallico
posizionato nell’ipofisi
del soggetto. Il referto
segnala qui ed
esplicitamente
“l’anomala presenza di un
oggetto non
qualificabile”;
- Diversi referti di
gravidanze (diagnosticate
come ‘isteriche’) con
costante montata lattea e
tracciato eco-cardio del
nascituro (ancorché
l’ecografo non mostri la
presenza di alcun
esserino nel grembo della
donna);
- Documentazione
fotografica relativa ad
oggetti volanti non
identificati e, per quello
che si è potuto vedere,
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
anche ad una figura
biancastra forse
identificabile come entità
extraterrestre (fotografie
realizzata dalla stessa
addotta);
- La salma di un feto,
probabilmente l’aborto
del quale parla Giovanna
durante l’intervista.
C’è poco da fare, tutto
questo ha dell’incredibile
e se il punto di vista è
quello di colui che vede
una separazione netta fra
psiche e materia, le
possibilità di
comprendere sia il sogno
di Michele, sia i
rapimenti di Giovanna in
termini diversi dal
disturbo psichico sono
pari a zero.
Se, invece, provassimo
per un attimo a ragionare
nei termini proposti più
sopra, allora le cose
potrebbero andare
diversamente.
Procedendo per gradi,
potremmo anzitutto
dividere i nostri
visitatori in due grandi
categorie: quelli che
provengono da
quest’universo e quelli
che provengono da
creazioni diverse dalla
nostra (con corredo
dimensionale diverso dal
nostro).
Nel primo caso, il
soggetto vedrebbe
l’alieno sostanzialmente
per ciò che è, giacché
l’immagine percepita
avrebbe avuto comunque
origine in quest’universo.
Nel secondo, è chiaro che
le cose starebbero in
modo diverso poiché
un’entità che proviene da
un mondo, ad esempio, a
cinque dimensioni,
quando prende a
scorrazzare per il
Multiverso se le porta
dietro tutte quelle
dimensioni.
Ne consegue che la nostra
mente, mancando di una
o più dimensioni (non è
detto che le quattro di
base siano uguali alle
nostre), sarebbe costretta
a ricostruire l’immagine
dell’alieno in modo
coerente almeno rispetto
al nostro corredo
dimensionale.
Da qui, le forme più
strane ancorché
perfettamente coerenti
con i c.d. pattern
attivazione, ossia una
libreria di immagini
residenti e alle quali fare
riferimento per risolvere
l’input sensoriale.
Da qui immagini quali il
‘sauroide’, il ‘rettiloide’, il
‘testa a cuore’, il ‘grigio’,
il ‘biondo a sei dita’ le
quali non sarebbero che
l’adattamento migliore
disponibile al brain per
visualizzare qualcosa che
è in gran parte al di fuori
della sua portata.
Michele vede una donna
che, in quella precisa fase
onirica, è una
ricostruzione inconscia di
qualcosa che si sta
avvicinando e che lo sta
cercando.
Il suo inconscio lo ha
percepito e il suo cervello
gli restituisce
quell’immagine.
Magari quella cosa
conosce già Michele,
magari sa già che se si
presenta in modo da
sollecitare il suo istinto
paterno per lei sarà più
facile avvicinarlo e, in
base a questo, invia
segnali precisi che la
mente di Michele traduce
nella donna con
passeggino vuoto.
Qualcosa, però, va storto
perché Michele è messo
in allarme da uno
specifico senso di
pericolo.
Forse un’essenza
predatoria che la donna
non riesce a mascherare
completamente.
Così, la scena cambia in
modo repentino e
Michele, ora che i
sotterfugi sono diventati
inutili, si trova a stretto
contatto con l’alieno che
letteralmente lo
ghermisce da tergo.
Se, poi, la dimensione
tempo fosse
perfettamente
sconosciuta all’alieno, per
noi quel che l’alieno fa si
svolgerebbe in ogni
tempo.
In questo modo il padre,
il pomeriggio successivo,
è in grado di ‘vivere’ la
stessa scena
dell’avvicinamento e di
farlo talmente bene da
non rendersi affatto
conto che, in realtà, ‘stava
sognando’, ossia stava
facendo funzionare la sua
percezione ad un livello
diverso da quello che
tutti usiamo
normalmente e che
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
‘costruisce’ (è letterale) il
mondo intorno a noi.
Qui, tra l’altro, c’è da
sottolineare il fatto che il
padre non ha alcuna
consapevolezza del
‘pericolo’ avvertito dal
figlio.
Questo è interessante,
giacché potrebbe
rafforzare l’idea dell’atto
‘attentivo’ come atto
specificamente
direzionato.
L’attenzione dell’alieno
era puntata
esclusivamente su
Michele il quale e per
questo motivo è stato
capace di rilevarne la
vera essenza
(sostanzialmente
predatoria), mentre il
padre ne ha avuto una
visione incompleta per il
fatto che, non essendo lui
il bersaglio, non si
trovava nelle condizioni
per poter percepire le
reali intenzioni di quella
cosa.
Se Michele riduce la sua
esperienza ad un sogno e,
forse, ad alcuni fatti
isolati nel corso della sua
vita, Giovanna è rapita,
impiantata, ingravidata,
scippata dei feti che
accoglie, sottoposta ad
ogni sorta di vessazione e
questa sorta di calvario
sembra durare a lungo
nel tempo, saturando in
modo importante la sua
stessa esistenza.
La domanda, quindi, è se
sia possibile trattare il
suo caso come abbiamo
fatto con quello di
Michele.
In fondo qui esistono
segni fisici evidenti che
qualcosa è accaduto e, in
effetti, i rapitori di
Giovanna potrebbero
provenire da questo
stesso universo ed essere
giunti qui ‘fisicamente’.
Il fatto è che, su questo
punto, condivido con gli
scettici più di una
perplessità.
Su tutte il limite della
velocità della luce,
superabile solo
ipotizzando che eventuali
visitatori appartengano
ad una razza che ha una
vita media di qualche
migliaio di anni.
In tal caso, un viaggio di
cinquant’anni sarebbe
per loro poco più di una
passeggiata e resterebbe
loro tutto il tempo per
fare ciò che son venuti a
fare (qualsiasi cosa possa
essere).
Tuttavia, c’è un’altra
considerazione che mi
rende perplesso.
Anche ammettendo che
vivano tremila anni e
siano giunti qui da una
stella lontana
cinquant’anni luce,
quanti sarebbero?
Pochi, immagino.
Certamente non
abbastanza per riuscire a
giustificare le gigantesche
dimensioni alle quali il
fenomeno UFO è giunto
negli ultimi decenni.
E tutto questo senza
tenere conto di tutti i
problemi di logistica che
ogni esploratore dello
spazio incontra qualora
approdi su di un pianeta
diverso dal suo (ricordo,
in proposito,
un’osservazione di
Corrado Malanga relativa
al fatto che, ad esempio,
nessun terrestre sarebbe
mai in grado di digerire
fagioli marziani, ecco,
non vedo perché ciò, se è
vero, non debba esserlo
anche per chi si trova
sulla Terra provenendo
da Sirio).
Insomma, il fatto che
questi ‘saltafossi’ siano
qui ‘fisicamente’ mi trova
alquanto dubbioso.
Altro paio di maniche,
invece, è trattare i
rapitori di Giovanna
come esseri
multidimensionali.
L’unico scoglio sarebbe
rappresentato dai ‘residui
fisici’ che, tuttavia e in
termini psicologici
possono trovare, a mio
modesto avviso, adeguata
spiegazione.
Il punto sta nell’esigenza,
riscontrabile in qualsiasi
individuo, di una lettura
coerente del proprio stato
complessivo.
In altre parole, se accade
un fatto che involge la
psiche di una persona,
tranquilli che, di lì a
poco, il corpo in qualche
modo seguirà.
E’ esattamente lo stesso
meccanismo che sta alla
base delle malattie
psicosomatiche e che
tende a portare nel soma
ciò che il soggetto ha
costruito nella sfera
psichica.
In altre parole, le
cicatrici, lo stesso
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
impianto, le gravidanze,
etc. sarebbero
sostanzialmente
autoprodotte.
Non a caso, l’ecografo
non può mostrare ciò che
fisicamente non sta lì.
Se Giovanna è rapita, il
rapimento (così come
tutte le vessazioni che
subisce) accade in una
dimensione diversa da
quella propriamente
‘fisica’. Siccome, poi, la
cosa si prolunga nel
tempo, l’intero corpo
impara ad adeguarsi
(producendo le cicatrici e
persino lo stesso
impianto), arrivando a
farlo praticamente in
tempo reale.
Sembrerebbe buona.
Peccato che rimanga il
feto morto ad incasinare
tutto.
Juan Matus e il
problema del feto
morto.
Si è ipotizzato che
esistano delle
consapevolezze capaci di
compiere il viaggio
multidimensionale e che,
in forza di tale
conoscenza, queste
vengano a farci visita.
In realtà, sembrerebbe
scontato che si siano
intese consapevolezze
aliene (in tal caso
qualsiasi consapevolezza
che non appartiene al
nostro pianeta, sia che
provenga da Sirio, sia che
provenga da un universo
parallelo sarebbe
considerata ‘aliena’).
che stanno all’esterno (in
alto come in basso).
Ma dove sta scritto che a
noi sia preclusa una
manovra di tale portata?
Possiamo legittimamente
escludere che qualcuno di
noi l’abbia già fatto o lo
stia facendo?
Ora, gli antichi stregoni
toltechi avevano
imparato il trucco per
viaggiare attraverso le
emanazioni, ‘allineando’
alle emanazioni della
creatura quelle che
avevano in sé.
In fondo, cosa fanno
realmente i proiettori
astrali o i gruppi di
sognatori lucidi che
condividono il medesimo
spazio onirico o, ancora,
uno sciamano che viaggia
nell’al di là se non
propriamente un viaggio
multidimensionale?
L’argomento è troppo
interessante per essere
esaurito in questa sede e,
quindi, mi riprometto di
affrontarlo in modo più
approfondito in un altro
lavoro.
Per quel che qui rileva,
atteniamoci all’ipotetico
meccanismo che
potrebbe stare alla base
del viaggio. E, per farlo,
chiederò aiuto a Juan
Matus e alla sua teoria
dell’allineamento.
‘El viejo nagual’, così era
chiamato dai suoi
apprendisti, un giorno
aveva detto loro che
l’Aquila (la Creatura, il
Multiverso) è fatta di
indescrivibili
‘emanazioni’ organizzate
in ‘fasci’ e che ciascun
fascio corrisponde ad un
determinato piano di
realtà, un mondo a sé.
El viejo nagual disse
anche che tutti gli esseri
hanno dentro di sé gran
parte delle emanazioni
Lo stregone non faceva
altro che spostare la sua
attenzione al suo interno
e agganciare le
emanazioni di uno
specifico fascio esterno,
allineando le proprie
emanazioni con queste.
Questo faceva si che lo
stregone spesso
scomparisse da questo
mondo per ricomparire
in un mondo alieno.
Scompariva da qui per
comparire lì, con tutto il
corpo, cappello
compreso.
V’è da dire che Juan
Matus era un nagual e
per lui queste cose
dovevano apparire del
tutto scontate. Al di là,
però, della posizione di
ciascuno su ciò che fu (o
non fu) Carlos Castaneda,
proviamo, al fine di
risolvere il problema del
feto morto, a ragionare in
termini di ‘allineamento’.
Ossia, ipotizziamo che la
consapevolezza ‘C’ esista
in un universo parallelo
al nostro, che sia abituata
da molto tempo a venire
proprio qui e che per
venirci usi la tecnica
dell’allineamento.
Per C né il tempo, né lo
spazio costituiscono un
problema perché la
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
‘materia’ della quale è
costituito non è ‘materia
fisica’, ma assomiglia di
più a quella dei nostri
sogni. Per lui passato e
futuro non esistono e
tutto avviene nel
medesimo istante e nel
medesimo luogo.
Così, egli sa che sarà in
grado di coprire qualsiasi
distanza a tempo zero.
L’unico vero problema
per C è di allineare
esattamente il mondo che
intende raggiungere e,
una volta lì, di mantenere
l’esatto allineamento fino
a quando non tornerà
indietro.
Problema, a quanto pare,
tutt’altro che semplice e
la cui errata soluzione
potrebbe dar conto dei
fenomeni più strani come
ufo che cambiano colore,
forma, dimensione, che
appaiono e scompaiono
… ufo-crash.
Tutti eventi frutto di
possibili errori
d’allineamento.
Un gruppo di
consapevolezze si mette
in movimento,
destinazione Terra e, a
seguito di uno di questi
errori, si ritrova a mal
partito dalle parti di una
cittadina chiamata
Roswell.
Quando hanno iniziato il
viaggio erano qualcosa
che non possiamo
nemmeno provare ad
immaginare, ma quando
hanno toccato
violentemente il suolo del
deserto del Nuovo
Messico erano una
navicella aliena. Eh, un
bel mistero.
Immaginiamo adesso i
nostri saltafossi alle prese
con Giovanna.
La ingravidano una
prima volta
(psichicamente che, in
questo caso, non significa
affatto soggettivamente)
e, facendo questo,
rischiano qualcosa
perché è chiaro che la
donna dovrà farsi carico,
in qualche modo, di
mantenere l’esatto
allineamento per l’ovulo
che le hanno
parcheggiato in grembo.
Probabilmente, giocano
su meccanismi naturali,
propri d’ogni femmina,
tesi a proteggere in ogni
modo la vita del
nascituro.
E gli dice bene. Infatti e
per diverse volte ripetono
l’operazione con
successo. Tuttavia, anche
per Giovanna viene il
momento sbagliato.
Qualcosa va storto,
l’allineamento si sfasa e il
feto è attirato fatalmente
nella realtà fisica con la
forma che il video
mostra. Forma che forse
non ha alcunché di simile
a ciò che sarebbe
diventato quell’essere se
fosse sopravvissuto, ma
che probabilmente è
l’unica forma che
un’informazione di quel
tipo può acquisire una
volta che il suo stato
vibrazionale degrada a
livello della nostra realtà.
In sostanza, gli ‘alieni’
sarebbero qui da sempre
ed anche in numero
rilevante ma sarebbero
percepibili solo in una
dimensione che, per noi,
è essenzialmente onirica.
Ciononostante, essi
sarebbero capaci di
rendersi visibili
adeguando in modo
opportuno il loro stato
vibrazionale a quel che
chiamiamo ‘realtà fisica’.
Viaggiatori
multidimensionali
(‘esploratori’ per usare il
linguaggio castanediano)
che si accompagnano alla
razza umana sin dagli
albori della coscienza e
che, con il passare delle
epoche, l’uomo stesso ha
percepito in modo
diverso adeguandone
l’immagine ai pattern
cognitivi che la mente
acquisiva/costruiva nel
corso dei secoli. Durante
la veglia noi non li
vediamo solo perché
facciamo lavorare la
nostra percezione in
modo estremamente
selettivo, tanto da
‘degradare’ l’input
sensoriale al ‘segnale
consueto’, molto ben
conosciuto e, in
definitiva, molto
rassicurante del ‘mondo
dei sassi’.
Ma spesso è sufficiente
un lieve cambiamento nel
c.d. niveau mental perché
queste immagini si
manifestino (con grande
soddisfazione di
psichiatri e psicologi,
naturalmente).
Perché siano qui e cosa
vogliano da noi potrebbe
non essere un grande
mistero, ma questo è
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
argomento che sarà parte
di un altro lavoro.
Credo sia il caso di
sottolineare come tutto
questo sia
sostanzialmente
un’ipotesi, ancorché
un’ipotesi di lavoro.
Ora, se è vero che, come
dice il mio amico
Leonardo, un’ipotesi non
ha grande bisogno di
elementi a favore (al
contrario di quel che si
richiede alla sua
confutazione), credo che
quella qui prospettata
presenti alcuni aspetti
che, almeno a mio avviso,
si concretano in una certa
consistenza e, perché no,
anche in una sostanziale
coerenza.
Sul fatto, poi, che si tratti
di un’ipotesi anche
convincente non è
giudizio che spetta a me
dare. Tuttavia, chi la
ritenga tale può, anche da
subito, provare a
verificarla di persona.
eSQueL
[email protected]
Bibliografia minima
- IM Teoria
http://www.paleoseti.it/e107_plugins
/content/content.php?content.167
- Vita-Ombra e struttura del
Multiverso
http://www.paleoseti.it/e107_plugins
/content/content.php?content.173
Alien Cicatrix
http://www.sentistoria.org/Artic
oli/malanga/ALIEN_CICATRIX.
pdf
Le interviste di
Gianluca Rampini
pag.25
Massimo
Teodorani
2009 © Gianluca Rampini
Nella foto, al centro, Massimo
Teodorani
Gianluca Rampini
Massimo Teodorani è un
astrofisico che ho avuto
l'opportunità
di ascoltare ad alcune
conferenze
organizzate dal Centro
Ufologica Nazionale.
Quindi già il fatto che fosse
oratore in quella sede
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
denota la sua apertura
mentale, pur essendo uno
scienziato di tutto punto.
Questa sua predisposizione
per determinati argomenti
gli si è però rivoltata contro,
poiché molte persone gli
hanno attribuito idee e
pensieri che non gli
appartengono.
Non è uno scienziato che
crede agli ufo, ma è una
mente brillante che vuole
studiare il fenomeno e non
solo a parole, ma sul campo.
Ecco perché ha deciso di
dedicarsi allo studio di un
fenomeno noto come le
“luci di Hessdalen”.
Hessdalen è una piccola
città della Norvegia, dove
per molti anni sono ricorsi
dei fenomeni luminosi
apparentemente
inspiegabili.
Ho colto inoltre l'occasione
per chiedere la sua opinione
su questioni che riguardano
le ultime evoluzioni della
fisica come l'entalgelment o
lo sfuggente Bosone di
Higgs.
Da questi argomenti
pragmatici ne sono derivati
altri più “olistici”, più
sfuggenti ed in qualche
modo più personali.
Teodorani non si è
risparmiato, le sue risposte
sono quasi degli articoli a sé
stanti, che ci danno la
misura delle sue
competenze e della voglia di
comunicare determinati
argomenti.
Parallelamente alla
ricerca astrofisica
tradizionale lei ha
portato avanti ricerche
in ambiti che tendono
ad allontanarsi dal
recinto della scienza
ufficiale, per lo meno
per come ci viene
presentata.
L'abbiamo vista, ad
esempio, alle
conferenze organizzate
dal Cun a San Marino,
sappiamo che si occupa
di Seti, il che spesso non
è ben visto nella
comunità accademica e
che si è occupato dei
fenomeni luminosi
notturni come quelli di
Hessdalen.
Qual è stato il motivo, la
scintilla che l'ha portata
ad aprire un canale di
comunicazione tra le
due realtà?
Due esempi del fenomeno che si
manifesta in Norvegia e non solo
Per la verità nello svolgere
certe ricerche non ho mai
inteso allontanarmi dalla
cosiddetta "scienza
ufficiale" ma solo cercare di
stimolare proprio la
scienza ufficiale ad aprire
un pò di più i suoi orizzonti
al fine di espandere lo
spettro delle ricerche
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
(anche in termini di fondi
elargiti: alcuni di noi
sono stanchi di veder
elargite cattedre per
insegnare discipline inutili
e futili) che deve essere
condotto proprio dentro le
istituzioni accettate e non
in recinti o "riserve
speciali", manco fossimo
degli appestati! Sono e
resto un difensore della
metodologia standard di
fare ricerca in fisica, quella
che ci ha donato Newton (e
sono stanco di dover fare
per forza il nome di Galileo
solo perchè fa moda nei
miei ambienti così
politically correct).
Le mie critiche non sono
rivolte in alcun modo alla
scienza che conosciamo, ma
alla *politica* che la
governa, la alimenta e la
guida.
Il progetto SETI comunque
non è mai stato avversato
dalla scienza ufficiale, anzi
ha rappresentato per molto
tempo e rappresenta
tuttora una specie di "alibi"
per evitare che i ricercatori
si addentrino troppo in
metodologie più concrete
del SETI e più
pragmaticamente e
scientificamente efficienti,
almeno nelle sue
potenzialità, come ad
esempio i progetti SETT
(Search for Extraterrestrial
Technology) e SETV
(Search for Extraterrestrial
Visitation), anch'essi
astronomici nelle
metodologie.
Devo purtroppo ammettere
che, seppur appoggiando
per diverso tempo anche le
procedure standard del
SETI (ovvero l'aspetto della
ricezione di segnali Radio e
Laser), questo progetto si è
dimostrato completamente
fallimentare sotto quasi
tutti i profili.
Non la vedo una strada
percorribile, in tutta
franchezza.
E questo senza rinnegare
l'enorme quantità di lavoro
profusa da alcuni fra
i propugnatori del SETI:
conosco persone che hanno
dato l'anima per questa
ricerca.
Ma proprio per il suo fin
troppo conclamato
antropomorfismo vedo il
SETI come una iniziativa
decisamente infantile al
fine di cercare le evidenze
di civiltà aliene,
indipendentemente dal
fatto che svariati ingegneri
hanno avuto il genio di
riuscire a mettere a punto
spettrometri in grado di
rilevare simultaneamente
fino a un miliardo di
canali, o che informatici
molto ferrati siano riusciti
a creare un network di
acquisizione dati per
ottimizzare l'analisi dei
segnali ricevuti.
Niente è perso e tutto
questo sforzo avrà una
ricaduta in svariati rami
della tecnologia, ma anche
nell'ambito della stessa
astrofisica standard: ad
esempio grazie agli
spettrometri radio
multicanale, nati e
sviluppati
appositamente per il
Progetto SETI, siamo ora
in grado di mappare con
una precisione un tempo
impensabile l'idrogeno
neutro nella galassia,
nonchè di monitorare i
detriti spaziali che
circondano la Terra o
anche la rotta di sonde
come la Voyager.
Lode dunque agli
ingegneri, e compatimento
invece nei confronti di
alcuni colleghi del SETI e
relativi portavoce di oltre
oceano (quasi tutti, eccetto
che la grande e tenace Jill
Tarter), quelli che ancora
non sanno andare al di là
del loro naso in merito alla
modalità con cui una data
civiltà extraterrestre
dovrebbe essere rilevata.
Ma veramente le eventuali
civiltà extraterrestri
dovrebbero adattarsi alla
limitazione con cui noi
guardiamo il mondo e il
concetto di intelligenza?
Oppure è vero il contrario?
E poi, a parte il SETI
tradizionale (radio e ottico)
esistono anche altri
progetti, purtroppo ben
poco sponsorizzati, che
fanno ampio ricorso alle
conoscenze e alle
metodologie astronomiche.
Tanto per citare solo un
esempio di questi
progetti (il SETT), si
tratterebbe di cercare la
segnatura infrarossa di
ipotetici giganteschi
"manufatti aliene" sia
attorno ad altre stelle che
all'interno del nostro
sistema solare sulla base di
un eccesso infrarosso
previsto in questi casi. Ma
gli astronomi hanno paura
di imbarcarsi in progetti
del genere, per quanto
fondati su basi rigorose,
per paura poi di lavorare
moltissimo senza ottenere
risultati di rilievo e quindi
di pubblicare poco, il che
avrebbe un riflesso sulla
loro carriera.
Credo di essermi spiegato
abbastanza su questo
punto.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Quanto alla "scintilla" che
mi ha portato a svolgere le
ricerche che ho condotto a
Hessdalen e in altre 8
località (sia in Italia che
altrove nel mondo, e anche
adesso che sto per partire
per il Canada) che
presentano similari
fenomeni di luce, posso solo
dire che questa scintilla non
è nata dal mio desiderio di
andare a cercare i piloti
alieni dentro agli UFO ma
solo quella di applicare i
metodi astrofisici per
studiare fenomeni anomali
ricorrenti che si verificano
sul nostro pianeta.
La speranza era di riuscire
ad estrarre dati probanti
scientificamente qualunque
cosa fosse il fenomeno: noi
lavoriamo coi numeri,
mentre le parole ci servono
solo per discutere i
risultati.
E non esiste solo Hessdalen,
nel mondo. Comunque da
molto tempo ho un forte
sentore che lo studio delle
anomalie potrebbe
dischiuderci una porta a
nuove forme di energia.
Hessdalen è stata per
lungo tempo una mecca
per gli ufologi, la
frequenza e la
ripetitività dei
fenomeni luminosi ha
solleticato molte
fantasie. Come si è
svolta la vostra ricerca,
il progetto EMBLA, e
quali risultati avete
ottenuto?
Innanzitutto per mia
esperienza personale devo
dirle che il team
internazionale che si è
venuto a formare attorno
alla ricerca di Hessdalen ha
dato, anche se non fin da
subito, prova di scarsa
coesione nonchè comunione
di intenti tra i vari
ricercatori che vi hanno
preso parte.
Ma c'è stato comunque
molto lavoro, sia scientifico
che tecnologico, anche se il
più delle volte mal
focalizzato.
Si tratta in questo caso di
fenomeni anomali di
plasma (gas ionizzato) di
origine probabilmente
naturale, altrimenti
denominati come
"earthlights".
Abbiamo ipotesi fisiche
piuttosto ben fondate in
merito alla natura di
queste luci e ai meccanismi
che le mantengono coerenti
per tempi molto lunghi, ma
queste ipotesi non
sono ancora del tutto
dimostrate
sperimentalmente.
Si parla oggi soprattutto di
un meccanismo di
"confinamento
elettrochimico" per luci del
tipo di quelle di Hessdalen,
e proprio su questo modello
ho lavorato recentemente
assieme al chimico-fisico
britannico David Turner. Il
modello in oggetto prevede
che il plasma, che in via
naturale tenderebbe ad
espandersi rapidamente e
per raffreddamento, in
condizioni di elevata
umidità possa invece
rimanere contenuto in uno
spazio molto ristretto e per
un certo tempo per via di
forze elettrochimiche che lo
comprimono nella
direzione opposta.
Ci sono poi altri modelli,
come ad esempio quello dei
plasmi a confinamento
magnetico, anche questo un
modello molto valido anche
per spiegare fenomeni
come i fulmini globulari.
Nel caso di entrambi i
modelli i fenomeni di luce
appaiono come "ministelle", ovvero come
condensazioni di plasma
tenute assieme da un
equilibrio di due forze
contrapposte.
In ogni caso con
ragionevole certezza posso
asserire che non esiste un
modello unificante per tutti
i fenomeni di luce, ma che
possono essere all'opera
meccanismi differenti a
seconda delle condizioni
geofisiche e meteorologiche
dove certi fenomeni si
formano.
Sappiamo con certezza che
le cause scatenanti di questi
fenomeni hanno origine dal
terreno, ed effetti come la
piezoelettricità, la
triboluminescenza e la
recentissima "P-Hole
Theory" del geofisico
Friedmann Freund, hanno
un notevole impatto
nell'indirizzare la nostra
ricerca.
Dal punto di vista
prettamente osservativoquantitativo, conosciamo
invece piuttosto bene e in
grande dettaglio il
comportamento dei
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
fenomeni di luce, la loro
struttura e la loro dinamica
e in questo sono
stati ottenuti ragguardevoli
risultati, anche grazie ad
ingegneri, informatici e
sponsors che hanno reso
possibile una parte di
questa ricerca che
comunque è stato condotta
dai fisici, utilizzando
sostanzialmente gli stessi
strumenti di misura (come
ad esempio la fotometria e
la spettroscopia) che
utilizziamo in astrofisica e
in fisica fondamentale.
Risultati di rilievo sono
stati pubblicati sul Journal
of Scientific Exploration, ad
esempio.
Allo stato attuale è in corso
una campagna osservativa
particolarmente
concentrata in alcune zone
italiane dove si presentano
fenomeni in tutto simili a
quello di Hessdalen, e in
questo ambito negli ultimi
6 anni dal gruppo di cui
faccio parte sono state
effettuate una decina di
missioni con utilizzo di
strumenti.
Ma è anche mio dovere
segnalare l'ottimo lavoro
effettuato (tuttora in
corso) da alcuni
"skywatcher" seri e ben
attrezzati, come ad esempio
il gruppo G.R.U. 45°
nell'area del Polesine, il
Progetto Sassalbo nell'area
della Lunigiana, il Cross
Project di Gian Franco
Lollino nell'area attorno a
Gabicce tra Romagna e
Montefeltro, Nicola Tosi
nell'area dell'Appennino
Emiliano, e anche il CIPH
per quanto riguarda
l'implementazione della
camera automatica SOSO.
Segnalo anche il prestigioso
lavoro del geologo
Valentino Straser, il quale è
riuscito a trovare
importanti correlazioni tra
i fenomeni di luce e gli
eventi sismici.
Eccetto che il CIPH, si
tratta di persone con cui
sono in contatto più o meno
stretto.
Allo stato attuale la
strumentazione di
rilevazione usata da me e
dai ricercatori con cui
collaboro si avvale di
camere fotografiche ad alta
risoluzione utilizzate sia in
ottico che in infrarosso,
reticoli di dispersione per
spettroscopia ottica,
videocamere professionali,
ricevitori-spettrometri
nella banda VLF-ELF,
magnetometri, contatori
Geiger, telescopi, sistemi di
amplificazione di
luminescenza, sistemi EEG
per il monitoraggio
dell'attività bioelettrica
cerebrale, e da poco tempo
disponiamo anche di un
Laser di elevata potenza
(300 mW). E' imminente
una missione
internazionale di carattere
strategico in Nord
America, per la quale ho
appena ultimato i calcoli
preparatori estrapolati
da svariati database (da
questi calcoli sarà presto
estratto un ponderoso
articolo): questa missione
ha per oggetto non solo le
"earthlights" ma anche
quelli che le credenze
popolari chiamano ancora
con il nome naive di "UFO".
E infatti studiando a fondo
il problema io e i miei
collaboratori
anglosassoni abbiamo
smascherato di recente un
falso clamoroso, e
moltissimi altri verranno a
galla: stiamo monitorando
con attenzione chi propaga
"hoax" e "fake" e chi muove
questa gente a diffondere
disinformazione, cosa che
succede anche in Italia.
Ma non ci sono solo i falsi, e
i numeri che emergono dai
miei calcoli recenti lo
dimostrano, perlomeno in
parte.
Se può interessare si può
per ora consultare questo
sito web:
http://xposeufotruth.com/,
dove in forma anonima c'è
anche un mio articolo di
metodologia, e dove nel
breve-medio termine
apparirà un lungo articolo
tecnico con il risultato dei
miei calcoli effettuato su
database opportunamente
scelti e selezionati.
Allo stato attuale mi sto
interessando più di "UFO"
che di "earthlights", e in
parallelo ho studiato a
fondo anche la tecnologia
aerospaziale, per lo meno
come metro di riferimento
per l'analisi di alcuni casi
di presunti "UFO".
Tuttavia, su certi
argomenti ho per ora scelto
la massima riservatezza,
anche perchè nè io nè i miei
collaboratori
desideriamo strumentalizz
azioni di alcun genere nè
storpiature del nostro
pensiero da chi persiste nel
non stare con i piedi per
terra o di chi tenta di tirare
l'acqua al suo mulino
usando il lavoro degli altri.
Inoltre non è il momento di
parlare di certi argomenti
con il pubblico: per ora, ci
limitiamo solamente ad
analisi tecniche e missioni
sul campo. Nessuna
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
apertura alla divulgazione
in questo aspetto specifico,
almeno per il momento.
Per quel che mi riguarda,
perlomeno in Italia, dopo
un certo numero di libri,
DVD e conferenze
divulgative, da un anno e
mezzo ho deciso di chiudere
completamente le porte al
pubblico per quello che
riguarda "ricerche di
frontiera" di qualunque
tipo.
A parte un certo numero
di lodevoli eccezioni (molte
di natura accademica, ma
non solo), una non
trascurabile parte del
pubblico, evidentemente
abusando della mia
disponibilità nonchè mia
probabile ingenuità nel
trattare con il grande
pubblico, ha
completamente stravolto,
storpiato e in alcuni casi
specifici perfino
infangato il mio pensiero,
in parte per sconcertante
ignoranza in materia di
metodologia scientifica e in
parte per
strumentalizzazione
deliberata.
Limito ora le mie
conferenze pubbliche
esclusivamente a temi
standard come
l'astronomia e l'astrofisica.
Tutto il resto viene condotto
solo tra 4 pareti, e solo
tecnicamente, con i
collaboratori appropriati.
Parlare di UFO, di
entanglement quantistico e
di altri argomenti
particolarmente innovativi
ad un pubblico totalmente
impreparato sia nelle
tematiche che nella
metodologia, è davvero
come lasciare in mano una
pistola carica ad un
bambino che non sa quello
che fa. Comunque il mio è
stato davvero un
esperimento illuminante,
che mi è servito per tastare
il polso delle masse, e la
conclusione che ne ho
ricavato è la seguente: solo
5 persone su 100 sono
pronte a recepire un certo
tipo di informazione con il
necessario equilibrio,
distacco, preparazione
scientifica e maturità.
Ha accennato al
fenomeno fisico
dell'entanglement.
Dal mio punto di vista,
interessato ma profano,
la sua scoperta è stata
uno di quegli eventi che
hanno aperto
importanti orizzonti
alla ricerca fisica.
Potrebbe brevemente,
per quanto possibile,
descrivercelo e
spiegarne le
implicazioni immediate
e future che questa
scoperta ha prodotto e
potrebbe produrre?
L'entanglement è un
fenomeno eminentemente
quantistico, e la sua
esistenza è stata
dimostrata sia
teoricamente che
sperimentalmente nel caso
delle particelle elementari,
come ad esempio gli
elettroni. Esso
rappresenta una
connessione indissolubile
tra due o più particelle che
hanno avuto modo di
interagire tra loro almeno
una volta.
Questo legame si esplica in
una maniera che viene
definita "non-locale",
ovvero indipendente sia
dallo spazio che dal tempo.
Ciò significa che se due
particelle sono legate tra di
loro ed esse vengono poi
separate anche a
grandissima distanza l'una
dall'altra esse si
comporteranno comunque
come una sola particella.
Ad esempio se la prima si
trova in laboratorio e
l'altra a 1000 anni luce di
distanza, se noi osserviamo
la prima particella con un
microscopio elettronico il
fotone utilizzato per
osservarla la perturba
cambiando il suo stato
quantistico.
Ad esempio se quella
particella è un elettrone,
l'atto dell'osservazione (che
in questo caso è una misura
a tutti gli effetti) ne
invertirà il segno dello
"spin" (che è il momento
angolare dell'elettrone con
due soli valori quantizzati e
di segno opposto), oppure
se quella particella è un
fotone l'atto
dell'osservazione ne
cambierà la polarizzazione
da orizzontale a verticale.
Questi sono gli effetti che
avvengono quando
vengono effettuate misure
su particelle quantistiche, e
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
ciò significa che non
potremo mai osservare con
interezza un sistema
quantistico perché l'atto
dell'osservazione, che si
esplica come una misura,
ne perturba lo stato
immediatamente.
Da qui nasce il principio di
indeterminazione di
Heisenberg.
Ora, a questo punto cosa
succede all'altra particella
che si trova a 1000 anni
luce di distanza mentre
viene effettuata una misura
sulla sua gemella che si
trova nel nostro
laboratorio?
L'altra particella subirà
istantaneamente lo stesso
effetto della sua gemella
(ovvero l'inversione del
segno dello spin oppure
della polarizzazione), e
questo nonostante la
distanza che separa le due
particelle. Ovviamente
questo viola il postulato di
Einstein in merito alla
velocità finita della luce,
ma il mondo quantistico
segue leggi completamente
diverse. Sta di fatto che le
due particelle è come se
fossero una cosa sola:
tecnicamente si dice che
esse sono un solo sistema
quantistico descritto dalla
stessa "funzione d'onda".
Grazie al meccanismo
dell'entanglement,
pienamente dimostrato
sperimentalmente nel 1982,
negli ultimi 10 anni è stato
possibile realizzare il
teletrasporto quantistico di
particelle elementari, che
non è un trasporto fisico di
un oggetto da un punto
all'altro dello spazio ma un
trasferimento di
informazione, che in sè
avviene istantaneamente,
ma che comunque necessita
una conferma del ricevente
il quale potrà però
comunicare solo con il
vincolo della velocità della
luce.
L'entanglement è
dunque una realtà
sperimentalmente
assodata nel regno delle
particelle elementari.
Tuttavia ci sono fisici che
ritengono che questo
principio di non-località
possa realizzarsi, in
condizioni tutte
particolari, anche
nell'ambito di sistemi molto
più grandi di quello delle
particelle elementari, come
ad esempio i microtubuli
all'interno dei neuroni nel
cervello, o addirittura due
ipotetici universi paralleli.
Sembra fantascienza, e
infatti non esiste di questo
ancora nessuna
dimostrazione
sperimentale, ma posso
confermare comunque che
esistono ipotesi
scientificamente coerenti e
ben fondate e talora anche
modelli matematici che
prevedono che in
particolari condizioni
l'entanglement possa
realizzarsi anche in sistemi
più o meno macroscopici,
in sistemi cioè dove possa
essere evitato il fenomeno
della "decoerenza" ovvero
della perdita
dell'informazione
quantistica.
E ci sono anche frontiere
ancora più spinte su cui si
sta investigando, la più
sconcertante delle quali ha
a che vedere con effetti
legati alla "coscienza".
In base a controlli empirici
(anche molto stringenti)
sembra davvero che due o
più coscienze legate tra di
loro da un legame sottile
come ad esempio la
"telepatia" si comportino
esattamente come le
particelle elementari
descritte con l'esempio
riportato prima, e questo
potrebbe valere anche per il
misterioso e non casuale
meccanismo della
"sincronicità" studiata a
fondo dallo psicologo
analitico Carl Jung, in cui
un pensiero ed un evento
sono all'improvviso
misteriosamente collegati
tra loro da un legame non
causale.
In tal modo si ritiene che la
coscienza e tutti i fenomeni
ad essa collegati (inclusi
quelli definiti un pò
infantilmente come
"paranormali") possano
obbedire a leggi che si
rifanno più o meno
direttamente alla teoria
quantistica o ad una sua
"variante nascosta" che
ancora non conosciamo
quantitativamente e che
avrebbe a che vedere con i
sistemi viventi.
Esistono anche apparenti
evidenze che perfino gli
stessi "fenomeni di luce" del
tipo di quelli di Hessdalen
possano essere legati tra
loro da effetti macroquantistici: infatti
tantissime sono le
testimonianze relative
all'avvistamento di almeno
due fenomeni di luce
assieme separati da un
certo spazio tra loro i quali
sembrano avere molto
spesso una relazione
sincronica tra loro.
E non solo, ma esistono
anche evidenze di fenomeni
di luce che sembrano
interagire con la mente
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
degli osservatori, come se
il nostro cervello e il
plasma che costituisce
questi fenomeni fossero tra
loro uniti da un legame
non-locale. Ponderosa è la
documentazione relativa a
testimonianze di
sincronismi tra un pensiero
degli osservatori e reazioni
istantanee di queste palle di
luce, e qui - per quanto la
cosa possa sembrare
davvero esotica - non si
tratta di disinformazione
ufologica, anche perchè a
descrivere effetti del genere
sono stati spesso fisici di
svariate nazioni e altri
scienziati che hanno diretto
campagne osservative in
alcune località del mondo
dove fenomeni anomali di
luce appaiono in maniera
ricorrente.
A questo proposito, da due
anni ho messo a punto un
esperimento che potrebbe
dimostrare
quantitativamente (per lo
meno sul piano empirico)
questo sincronismo: l'idea è
di colpire con un fascio
Laser una di queste palle di
luce e al contempo
misurare il tracciato EEG
(elettroencefalografico) dell
'osservatore per vedere se
da entrambe le parti ci
sono relazioni misurabili e
quantificabili e con quale
sincronismo.
E' un esperimento molto
difficile da effettuare, ma in
linea di principio fattibile.
Del resto non esiste altra
via per dimostrare
l'esistenza di questi
fenomeni, in mancanza
della quale ci troviamo
ancora nel terreno delle
pure ipotesi.
E comunque dopo una
dimostrazione del genere
occorrerebbe anche una
infrastruttura matematica
relativa al modello fisico
che deve essere in grado di
descrivere queste possibili
evidenze sperimentali.
Dunque, non ci sono dubbi
che anche nel mondo
macroscopico (ovvero in
sistemi, come ad esempio,
certe strutture di plasma
simili a quelle sopra
menzionate) e perfino in
quello
apparentemente impenetra
bile relativo ai meccanismi
della coscienza, *sembrano
esistere* sincronismi
sconcertanti, che per ora
possiamo descrivere solo
qualitativamente.
Ma al momento ciò
certamente *non basta per
farne una scienza
assodata*: siamo ancora ai
primordi di questa ricerca.
Eppure io ritengo che
anche questi effetti così
esotici potranno essere
presto misurati e spiegati
con modelli quantitativi
adeguati.
E comunque devo qui
ricordare che, per quanto
certe teorie possano
affascinare, qualunque tipo
di sperimentazione ci può
permettere non solo
di provare ma anche
di confutare certe ipotesi di
lavoro.
Non esiste nessuna scienza
senza i numeri: a me
interessano
particolarmente quelli che
emergono dalle
sperimentazioni.
Ma se un giorno otterremo
quei numeri ci troveremo in
mano non solo una scienza
ma anche una tecnologia
potentissima, e sono tutto
sommato abbastanza
fiducioso in tal senso.
Il meccanismo
dell'entanglement
quantistico, in base ad una
recentissima
teoria pubblicata da un
fisico
quantistico statunitense,
potrebbe anche essere
applicato alla ricerca SETI,
assumendo che i
microtubuli che
costituiscono il nostro
cervello e quello degli alieni
siano tra loro legati in
maniera non-locale da una
"connessione nascosta".
I microtubuli come tutte le
cellule e relativi
agglomerati sono a loro
volta agglomerati di
particelle elementari, le
quali potrebbero
contenere tra loro un
antico legame che risale a
quando l'universo era
grande come un atomo, e
dove tutte le particelle
elementari (almeno nella
forma di quel tempo)
interagivano per forza tra
loro.
Secondo questa ipotesi tale
legame sarebbe stato
mantenuto anche dopo che
l'universo ha assunto la
forma espansa che ha
adesso.
Dunque, si suppone che per
via di questo ipotetico
legame di entanglement tra
cervelli - ma non si tratta
in questo caso specifico di
telepatia - sia in linea di
principio possibile ricevere
e trasmettere messaggi
istantanei da un cervello
all'altro.
E' un'ipotesi davvero
fantascientifica, ma ciò che
sconvolge non è tanto
questa ipotesi, quanto il
fatto che essa può essere
dimostrata o confutata
sperimentalmente proprio
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
con i mezzi di cui
disponiamo adesso.
In che modo? Analizzando
il tracciato EEG del nostro
cervello, ad esempio, se ci
aspettiamo segnali in
ricezione da altrove.
E qui non si intendono le 4
onde cerebrali, ma qualche
segnale codificato che si
trovi eventualmente
all'interno del "noise" stesso
del tracciato cerebrale.
Sembrerà strano, ma se noi
utilizziamo uno
strumento analizzatore del
tipo di quelli utilizzati per il
SETI standard, ovvero un
algoritmo in grado di
estrarre il segnale dalla
foresta di rumore
accoppiato ad un software
matematico di analisi di
serie temporali,
potenzialmente questo
segnale potrebbe essere
rilevato, seppure con
grande difficoltà.
Come vede anche questa
ipotesi di lavoro può di
fatto essere dimostrata o
confutata
sperimentalmente e
abbiamo tutti i mezzi per
farlo da subito.
Quelle appena descritte
sono tutte ipotesi piuttosto
ben fondate ma prima di
farle diventare realtà
occorre effettuare una
sperimentazione
rigorosissima.
Purtroppo - e mi riallaccio
al discorso che facevo in
una precedente mia
risposta - se si parla alla
gente comune di queste
prospettive della
scienza, essa scambierà
sistematicamente le ipotesi
per delle tesi già
dimostrate.
Ecco perchè divulgare
questi argomenti (peraltro
ancora controversi
all'interno dello stesso
establishment
accademico) ad un pubblico
marcatamente immaturo e,
soprattutto, globalmente
impreparato in fatto di
metodologia scientifica, è
davvero un grosso rischio.
Rischio che decisi
comunque di correre io
stesso per tre anni, non
foss'altro che per fare un
"test" che servisse a
monitorare il polso del
grande pubblico.
Posso ora confermare con
la massima certezza che il
pubblico (molti giornalisti
inclusi) tende a storpiare
quasi sempre
e completamente certe
affermazioni (che sono
sempre bilanciate e
ponderate), cogliendone
acriticamente solo l'aspetto
sensazionalistico, facendo
accostamenti
completamente sbagliati o
impropri e poi
trasformando quella che è
di fatto informazione in
totale disinformazione, e
relativo discredito.
Purtroppo i concetti che ho
qui sopra esposto
attraggono molto gli adepti
della "new age", i quali,
globalmente privi quali essi
sono di qualunque capacità
critica e di
discernimento, dogmatizza
no tutto quello che leggono
e che li attrae facendone
già una loro "verità
dimostrata" e storpiando i
concetti descritti dagli
scienziati che in buona fede
hanno deciso di informare
su questi nuovi orizzonti
della scienza.
Per queste ragioni ho
deciso di non comunicare
più con il pubblico su questi
temi specifici.
Il pubblico ha invece un
impellente bisogno di
imparare le basi elementari
della metodologia
scientifica e della fisica in
particolare, e infatti, dopo
il mio precedente "test", è
solo così che mi interfaccio
col pubblico negli ultimi 1-2
anni.
Confermo che entrambi gli
esperimenti che ho
descritto (sia quello
relativo alle palle di luce
che quello sul "SETI nonlocale") sono a fasi alterne
in corso da almeno un
anno, ma se ci saranno
risultati gli unici ad essere
informati saranno i referee
delle riviste su cui
spereremmo di pubblicare
(il che non sarà facile).
Comunque penso che
occorreranno ancora molti
anni per riuscire a venirne
a capo, e potrebbe anche
succedere che queste ipotesi
possano essere confutate,
ma questo è il gioco della
Scienza, che tutti i
ricercatori di formazione
accademica devono
assolutamente accettare.
Innamorarsi invece di una
ipotesi particolare e poi
ricercare solo quella
ignorando tutto il resto,
non è affatto un protocollo
scientifico, e certamente io
e i miei collaboratori
critichiamo e rifiutiamo
recisamente questo
approccio.
Cito dal suo libro
"Entanglement":
"...sembra che
l'umanità nella sua
globalità non si sia
accorta di meccanismi
di entanglement che la
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
legano a fattori
negativi, in primis la
sua stessa paura."
Può spiegarci cosa
intendeva con questa
frase?
Intendevo ricordare che
quella che chiamiamo
"paura" è un fatto
obiettivamente e
socialmente contagioso, e
questa è una evidenza
inconfutabile.
Io sono intimamente
convinto che esista da
qualche parte una
spiegazione scientifica del
perchè di questo fatto
contagioso, sulla base della
possibilità (per ora non
ancora dimostrata) che in
qualche modo noi siamo
tutti legati, anche se al
momento non ne siamo
consapevoli. Proprio per
questa ragione è nostro
dovere credere in noi stessi
e non farci sopraffare dalle
paure, e soprattutto
credere nel nostro
potenziale umano e
intellettivo, e in quella
"lampada" che è la Scienza,
ovvero l'unico strumento in
grado di fornirci vere
certezze.
E la Scienza per essere
considerata veramente tale
non può fare a meno della
Esplorazione, senza la
quale non c'è reale
evoluzione della
conoscenza.
Io ritengo che prima o poi
la scienza arriverà
ovunque, seppur attraverso
una sua inevitabile
trasformazione, e che
presto avremo in mano non
solo la formula della
"paura" ma anche una
funzione d'onda che
descriva in che modo la
paura si propaga
attraverso le masse in base
ad un meccanismo nonlocale.
Ovviamente anche questa è
per ora solo una ipotesi di
lavoro, ma certamente se
riuscirò a convincere alcuni
miei colleghi a fare ricerca
(ovvero a investire
fondi) anche su questo
aspetto e a lasciarsi alle
spalle tematiche di
indagine ormai vecchie e
inutili, una certa ipotesi
potrà diventare non solo
una tesi dimostrata, ma
anche una tecnologia che ci
avvicinerà a quella di
eventuali alieni che vivono
da qualche altra parte.
Anche e soprattutto per
colpa delle religioni
istituzionali si è voluto far
credere che alcuni aspetti
dell'esistenza siano
"trascendenti" e non
spiegabili dalla scienza: io
credo (e penso che i fatti lo
dimostreranno in 10 anni
al massimo) che non ci sia
niente di più sbagliato.
A certe conoscenze ci
arriveremo solo quando
capiremo che noi non
siamo i burattini di un
"Dio" immanente ma
semplicemente i
protagonisti del nostro
destino per il fatto di avere
il vero Dio dentro e non
fuori di noi.
Dalla sua ultima
risposta sorgono due
questioni sostanziali.
La prima è l'idea
dell'universo
olografico,
dell'illusorietà della
realtà per come la si
intende normalmente,
l'idea che noi, esseri
umani, non si sia (o non
si sia più) in grado di
cogliere tutti i livelli
della realtà.
Ma quale senso avrebbe
che l'uomo abbia
sviluppato delle
capacità incomplete di
cogliere la propria
realtà?
Non è un po' come nel
caso dell'albero che
cade nella foresta?
Karl Pribram
A parte alcune interessanti
considerazioni teoriche del
neurofisiologo Karl
Pribram sulla teoria
dell'universo olografico e
alcune altre di applicazione
cosmologica, confesso che
trovo l'idea della
"illusorietà della realtà"
niente affatto convincente e
decisamente troppo
inflazionata, soprattutto
quando veicolata da ben
note sette New Age, che in
maniera più che
dogmatica, e talvolta anche
coercitiva, abbindolano il
pubblico ripetendo in
maniera ossessiva e
catatonica nenie tipo: "crea
la tua realtà". Dietro
questa idea dell'universo
olografico in sè
interessante e così ricca di
pensiero, penso che ci sia
qualcos'altro che si diverte
a sviare le persone, ad
allontanarle dalla realtà.
Non dimentichiamo che
questi comodi guanciali su
cui dormire o sognare
deresponsabilizzano le
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
persone e le rendono fin
troppo manipolabili (anche
ipnoticamente) da parte
di *chi* ha l'interesse a
controllare la nostra
società.
Meno una persona è ben
piantata con i piedi per
terra e più facilmente
quella persona è
manipolabile dai vari
pifferi che suonano.
Per cui quale mezzo
migliore per abbindolare la
gente se non dandogli in
pillole ben somministrate
quello che le sue necessità
inconscie cercano?
Dietro la storia
dell'universo olografico
(ovvero la versione a
fumetti che gira tra la
gente comune), a "Matrix"
e idee similari sono stati
scritti oceani di sciocchezze
e sono perfino nati gruppi
(del tipo di taluni
Meetup) che in maniera
completamente distorta
propagano pericolosa
disinformazione.
E ovviamente dietro tutto
questo c'è chi ci guadagna
fiumi di denaro, specie
quando in vacui
vademecum di 100 o più
pagine si pretenderebbe di
dire alla gente come fare
per "percepire meglio la
propria realtà" e "costruire
la propria esistenza".
Su questo punto posso
confermare che sono
totalmente allineato con il
CICAP, pur non facendone
parte.
E' invece probabile che noi
non si sia del tutto capaci di
cogliere la realtà nella sua
interezza (il che non vuol
dire che la realtà non
esiste), ma questo è un altro
discorso che prescinde
completamente da quanto
riporto sopra.
Ma si riallaccia al discorso
iniziato da filosofi greci
come ad esempio Euripide.
Potrei anche ipotizzare una
qualche forma di
"cospirazione" esterna
all'uomo (che sicuramente
non ha nulla a che fare con
l'allucinazione delle "scie
chimiche" o con l'opera dei
"cattivi massoni"), mirata
ad impedirgli di sviluppare
in maniera completa le sue
potenzialità, al fine di
dominarlo e usarlo meglio
come una specie di
burattino.
Non ci sono dubbi che
l'entità umana è
profondamente divisa, e
basta guardare come è
strutturato il cervello
dell'uomo per capirlo.
Sembra veramente che
quando si applica a fondo
l'analisi razionale delle cose
l'emisfero cerebrale destro
si chiuda del tutto, oppure
che quando si sia ispirati
poeticamente o
artisticamente si chiuda
l'emisfero sinistro, come se
ci fosse una specie di
barriera che impedisce ai
due emisferi di comunicare.
Se veramente l'uomo fosse
un "progetto divino" questo
non dovrebbe succedere.
Guardando anche come si
articola la società
occidentale odierna si
potrebbe confortevolmente
attribuire a "come è
diventata la società" la
ragione di questa scissione
all'interno dell'uomo.
E dunque si attribuisce alla
società la colpa di tutta
questa incompletezza
dell'uomo e della sua
perdita di comunicazione
con "Dio". Io ne dubito,
perchè ritengo che l'uomo
non sia, globalmente
parlando, una creatura
libera nè di agire nè di
pensare.
Percepisco semmai - lo
devo proprio confessare l'esistenza di "un'altra
forza" che ha
deliberatamento bloccato il
potenziale di completezza
dell'uomo, magari
abbindolandolo, senza che
se ne accorgesse,
aiutandolo a potenziare le
meraviglie (solo effimere)
della tecnologia, e forse
attuando in un'epoca che
non riusciamo a localizzare
una manipolazione a livello
genetico che ha agito anche
sulla cosiddetta "anima"
dell'uomo.
A parte l'aspetto solo
apparentemente
fantascientifico, potrebbe
sembrare una
considerazione di carattere
religioso la mia: non lo è,
anche se ammetto un
riferimento con certi
concetti biblici.
Comunque, sia
l'astronomia che la fisica
delle superstringhe ci
insegnano che altre
intelligenze possono in
linea di principio albergare
sia nel normale spaziotempo che in
altre dimensioni.
Non ho prove per dire
quanto affermo in queste
mie considerazioni di
natura prettamente
filosofica e speculativa, ma
ho la forte sensazione che
l'uomo sia stato e sia
tuttora manipolato a livello
globale.
Perfino il progetto creativo
della Natura stessa mostra
che c'è qualcosa che non
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
funziona del tutto nel
frutto della creazione.
Di qui a dire che noi siamo
figli di una Matrix o vittime
di demoniaci "rettiliani", o
che "la nostra esistenza è
solo un'illusione", ce ne
corre alquanto.
Altro discorso è invece
ipotizzare che la coscienza e
la materia siano
intimamente legate da un
continuum che noi ancora
non conosciamo, ma che
forse potremmo ipotizzare
nel campo di Planck.
Ma la materia, quella che
pesa, quella che orbita, o
quella che in forma
elementare viene rilevata
negli acceleratori nucleari è
materia che esiste e basta.
Non si può, a mio parere
confondere la coscienza con
l'illusione della realtà.
Ciò non toglie che io veda
qualcosa che non funziona
come dovrebbe nella
struttura umana in
generale.
In generale il progetto della
vita sul nostro pianeta
non mi sembra affatto
l'opera di un Dio, nella
forma in cui si presenta
adesso.
Interessante invece è il
meccanismo della
"genialità" in alcune
persone (soprattutto
scienziati e musicisti), dove
sembra che si verifichi una
perfetta fusione e
armonizzazione dei due
emisferi cerebrali, tramite
un quid che non
conosciamo bene.
Sicuramente non si tratta
del numero di
circonvoluzioni cerebrali,
sarei più portato a pensare
alla scarsa conoscenza che
tuttoggi abbiamo della
ghiandola pineale, ad
esempio. Queste persone,
unitamente a individui di
grande valore morale, a
grandi artisti, o a grandi
eroi della storia, sembrano
veramente cogliere tutta la
realtà ed essere in armonia
con un reale progetto
creativo. Allora chi sono
*tutte le altre persone* che
abitano il pianeta, a quale
scopo sono nate e vissute,
se non per prestarsi come
burattini di altre forze che
hanno tutto l'interesse a
usare la "massa umana"
per perpetrare scopi che si
oppongono al progetto
creativo originale?
Ne concludo dicendo che la
mia sensazione è che
accanto al software
creativo originale, si sia
insinuato una specie di
"virus informatico" il cui
scopo è di deviare altrove il
progetto originale, e di
inserire delle copie o
parodie di esseri umani,
che non sono veri esseri
umani se non solo
nell'apparenza.
Ciò che accade ogni giorno
nel mondo dimostra
puntualmente e ogni
momento che il genere
umano è nella sua globalità
una aberrazione.
L'uomo lo vedo
responsabile in tutto questo
nella misura in cui egli
tende a non porsi domande
su se stesso e sulla società,
come se fosse
completamente incapace di
farlo, mentre si presta
molto bene a sorbirsi in
maniera mnemonica ma
acritica tutto quanto gli
viene propinato, a
cominciare dal mito di
Matrix o le ipnotiche
direttive di improbabili
profeti che prolificano nelle
cosiddette "neo-religioni".
E il mio timore è che solo
alcuni sono in grado di
riflettere con attenzione,
per la semplice ragione che
tutti gli altri non ne sono
geneticamente in grado,
ovvero mancano del
software che gli permette di
farlo.
La seconda questione,
che si riallaccia alla
prima, è la paura.
Molte persone, anche
molto accreditate,
ritengono che la paura
sia lo strumento
principale utilizzato
proprio per tarpare le
possibilità degli uomini
di accedere a
determinati livelli della
realtà, come invece
fanno gli sciamani, ad
esempio.
Dal suo punto di vista
ritiene possibile che la
paura che, come lei
dice, affligge l'umanità
sia in qualche modo
somministrata di
proposito?
Sì, direi che una
prospettiva del genere è
altamente probabile.
La paura, specie quella
indotta dall'esterno, ha un
enorme potenziale
manipolativo.
Essa acceca letteralmente
ogni capacità di
osservazione, sia razionale
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
che intuitiva, e questo
dietro le quinte alcuni lo
sanno e operano di
conseguenza.
Si tratterebbe semmai di
capire se questi "alcuni"
siano l'ultimo anello della
catena di comando oppure
se costoro non siano altro
che burattini di forze le
quali agiscono utilizzando
alcuni nei posti di
comando, nei partiti politici
(di qualunque colore) e nel
sistema economicoindustriale.
In sostanza, il fatto che noi
vediamo all'opera una
bambolina non significa
che dentro (letteralmente,
intendo) non ce ne sia
un'altra che noi non
vediamo.
Forse questo lo capiremo
quando avremo migliore
padronanza di concetti
fisici per oggi ancora
esotici, come ad esempio le
onde scalari.
Ancora una volta, io vedo
nella Scienza la soluzione di
problemi come quelli
discussi, e nella Fisica in
particolare.
Ci sono ancora orizzonti
aperti.
E soprattutto, riuscire a
conoscere in particolare
una parte di questi nuovi
orizzonti del *capire le
cose* (più che conoscerle),
potrebbe anche fornirci uno
*scudo* in grado di
difenderci ogni momento
da qualunque tentativo di
intrusione in una sfera di
esistenza che è nostra e non
di altri.
Per quello che riguarda gli
sciamani, non sono invece
d'accordo che essi abbiano
un "libero accesso" a
determinati livelli di realtà,
ma che essi siano invece
l'equivalente di un pezzo di
legno che si fa
incoscientemente
trascinare dalla corrente,
dalle rapide o dai
vortici del fiume.
Questa è perdita di
controllo.
Una conoscenza che
comporta la perdita del
controllo razionale di
qualunque situazione,
anche la più esotica, mi
lascia estremamente
dubbioso.
Anzi, su svariati piani,
ritengo che alcuni (ma non
tutti) che si considerano
"sciamani" siano un
possibile pericolo sia per se
stessi che per la società
nella sua interezza.
Società che si sono basate
solo sullo sciamanesimo, se
si fa eccezione per il nobile
popolo Tibetano, per i
nativi Indiani o per pochi
individui sufficientemente
illuminati e dotati di
controllo da non farsi
trascinare nei vortici di
una "certa corrente", hanno
portato solo a fame e
tristezza in svariate società,
società che non sono mai
cresciute nè hanno
sviluppato una evoluzione
scientifico-tecnologica.
Con questo non intendo
dire che le società
tecnologiche siano migliori
delle altre nella forma che
hanno adesso, al contrario.
Ritengo - e qui concludo che occorre educare le
persone (dopo averne ben
testato il potenziale, e fatta
una precisa selezione) ad
un uso bilanciato della
razionalità e dell'intuizione,
in maniera tale da tentare
di costruire "società
bucoliche" e moralmente
pulite, in grado sia di
vivere la vita nel senso più
lato del termine che di
solcare i cieli ben oltre il
sistema solare. Abbiamo
attorno a noi e fin oltre a 18
miliardi di anni-luce, un
numero incommensurabile
di pianeti, pianeti fatti di
materia, non di etere.
Quella *materia* che
costituisce i pianeti è lì per
noi, ovvero per la nostra
esplorazione, e per viverci
una vita piena e
appagante.
Al contrario, "fare dei trip
nel mondo delle idee"
ritengo che, a parte alcune
eccezioni come taluni
momenti ispiranti prima
dell'azione, ci esponga ad
ogni genere di pericoli.
La Vita in un corpo di
carne e ossa, qui e
ovunque, è infinitamente
più interessante, e il
pensiero e la coscienza
servono solo per animarla,
non come oggetti fini a se
stessi.
Si stanno costruendo
acceleratori
sempre più grandi
nella speranza di
scoprire
sperimentalmente
l'esistenza del
fantomatico bosone di
Higgs.
Secondo lei lo si
troverà?
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
E se non lo si dovesse
trovare bisogna
rivedere il modello
standard?
Per concludere,
quali sono le
prospettive della
ricerca fisica nel
futuro recente?
Il bosone di Higgs può
effettivamente fornire una
risposta ultima
sulle proprietà
fondamentali della
materia, e in particolare
può spiegare perché la
materia ha una massa.
Siccome sappiamo che il
bosone associato al campo
di Higgs deve avere una
massa corrispondente ad
un’energia molto elevata,
attorno a 200 GeV, per
riuscire a rilevarlo
abbiamo bisogno di
acceleratori in grado di
produrre energie del
genere nel processo
collisionale tra particelle.
Oggi al mondo proprio
l'acceleratore LHC del
CERN, una volta
completamente a punto e
risolti i problemi di
"dentizione", potrà
dimostrare o meno
l'esistenza del bosone di
Higgs.
Il large Hedron Collider
Dunque l’unica vera grande
lacuna del Modello
Standard delle particelle
elementari è la scoperta
ancora mancante di questa
particella.
Infatti, se si introduce il
meccanismo di Higgs nelle
equazioni del Modello
Standard, esse vengono
impostate in maniera tale
da permettere alle
particelle di avere la massa
che effettivamente hanno.
LHC ci fornirà la risposta.
Certamente se si scoprirà
che il bosone di Higgs non
esiste, il Modello Standard
potrebbe andare anche
drasticamente riveduto.
Forse la Teoria delle
Superstringhe - dove le
particelle non sono più
intese come
puntiformi bensì come
corde vibranti - oltre a
risolvere l'incompatibilità
tra la relatività generale e
la meccanica quantistica,
potrebbe colmare da sola
queste lacune, e assieme ad
esse risolvere alcune
incognite ancora aperte
come ad esempio quella
della possibile esistenza di
particelle esotiche
altamente energetiche
come le superparticelle, i
monopoli magnetici e i
mini buchi neri, che sono
state previste da alcuni
modelli ma mai trovate.
La teoria delle
superstringhe è una teoria
matematica molto
raffinata, ma rivoluziona
completamente il modello
delle particelle elementari,
nel senso che si pone in un
certo senso in antagonismo
con il modello standard,
come modello di grande
unificazione delle forze.
Uno degli aspetti che
rendono questa teoria
affascinante è che
essa comporta l'esistenza di
un universo a 11
dimensioni, offrendo quindi
una prospettiva più ampia
dell'Universo di quanto si
potesse concepire un
tempo.
Tuttavia è per ora quasi
impossibile rilevare
riscontri sperimentali
diretti di questa teoria. Ma
se, grazie alle grandi
energie permesse da LHC,
si scopriranno le
fantomatiche
superparticelle, i monopoli
magnetici e i mini buchineri, ne avremo una prova
indiretta.
Alla luce della teoria delle
superstringhe larga parte
della forza di gravità si
espande su dimensioni
superiori alla terza, mentre
sulle scale molto grandi
dell’universo essa sarebbe
molto diluita: in tal modo
un potenziamento della
gravità fino ad agire
efficacemente sulla scala
delle particelle elementari
può provenire solo da altre
dimensioni. Una
dimostrazione indiretta di
questo fatto potrebbe
provenire proprio dalla
creazione di mini-buchi
neri in laboratorio.
Il che non deve invocare lo
spauracchio di fagocitare
la Terra come è stato
ventilato mesi fa da uno
scienziato che fa parte del
mondo della chimica e non
della fisica, e i fisici
nucleari sanno quello che
fanno, dal momento che,
lacune o meno, le loro
previsioni sono esatte su
quello che dovremmo
aspettarci di vedere. Su
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
questo tema, per chi
desiderasse
approfondire, vorrei
segnalare questo mio libro
pubblicato due anni fa:
Teodorani, M. (2008)
L'Atomo e le Particelle
Elementari. Macro Edizioni
(214 pp.)
http://www.macrolibrarsi.it/lib
ri/__atomo_e_le_particelle_ele
mentari.php
Per quello che riguarda le
prospettive della ricerca
fisica fondamentale che
personalmente vedo nel
futuro prossimo potrei
menzionarne giusto alcune
che mi stanno
particolarmente a cuore:
1) La materia oscura e
l'energia oscura, studiate
con i metodi incrociati sia
della fisica particellare che
dell'astrofisica: abbiamo
bisogno di lavorare ancora
a lungo su questo tema;
2) La natura del "vuoto", il
riesame del concetto di
"etere" visto in una nuova
luce e un approfondimento
del concetto di "Energia di
Punto Zero";
3) Una teoria solida che
spieghi l'origine dello "spin"
delle particelle elementari e
la sua connessione diretta
con lo spazio-tempo;
4) Uno studio più
approfondito del possibile
ruolo dei tanto trascurati
"campi elettrici" nel cosmo
sulle piccole e grandi scale:
svariate osservazioni
astronomiche ed
esperimenti nonchè
simulazioni in scala di
fisica dei plasmi mostrano
fenomenologie di natura
apparentemente
elettrica che non solo non
sono spiegabili dai "modelli
standard" dell'astrofisica e
della cosmologia ma li
mettono anche in
discussione;
5) Una rivistazione del
concetto di "campo
magnetico" e un
approfondimento di
come lo stesso agisce nelle
strutture sia stellari che
galattiche, anche in
connessione con la
rotazione.
6) La natura e il ruolo delle
"onde scalari" (se
veramente
esistono) nell'Universo,
riprendendo in esame idee
di Nikola Tesla, che ora
hanno bisogno di una
trattazione matematica
coerente, per chi volesse
avventurarsi in un terreno
così esotico.
7) La possibilità di
produrre "energia
negativa" e di utilizzarla
come metodo di
teletrasporto di oggetti
molto più grandi delle
particelle elementari.
8) Il modo in cui la
Coscienza (Ordine
Implicato) si interfaccia
con la Materia (Ordine
Esplicato): qui, sulla scia
del lavoro iniziato da David
Bohm, occorre ora ricavare
una trattazione
matematica più avanzata.
Probabilmente proprio
questa sarà la
vera "Grande
Unificazione".
In sintesi, pur
valorizzandone al massimo
grado i grandi risultati
ottenuti negli ultimi 20
anni, ritengo comunque che
esistano rami sia della
Micro-Fisica che
della Macro-Fisica in cui
siamo ancora
particolarmente ignoranti,
mentre sono convinto che
in altri settori ci siano
ancora delle lacune o
incompletezze più o meno
gravi su cui occorrono
maggiori approfondimenti.
Infatti, spesso per "far
tornare i conti" di una data
teoria particolarmente di
moda (e quindi
consensualmente accettata
dall'establishment
scientifico), e cioè per
renderla coerente e autoconsistente, si finiscono per
trascurare altri aspetti
importanti. Non sempre il
requisito di completezza
viene rispettato, e questo
nonostante il rigore
matematico delle teorie e
dei modelli effettivamente
messi a punto.
Come dice Fritjof Capra, la
mappa e il territorio non
sono la stessa cosa, e
l'evoluzione ottimale della
scienza deve portare ad
avvicinarsi sempre più
all'essenza del territorio.
Proprio per questo a mio
parere occorre - per
riportare ancora una
volta il pensiero di Bohm avvicinarsi di più
all'aspetto ontologico (e
non solo epistemologico)
delle Leggi di Natura.
Gianluca Rampini
gianluca.rampini@fastwebnet.
Massimo Teodorani è un astrofisico di Cesena. Dopo essersi laureato in astronomia con
una tesi teorico-matematica sulla evoluzione fluidodinamica di un residuo di supernova,
ha successivamente conseguito il dottorato di ricerca in fisica stellare con una tesi
osservativa sulle stelle binarie strette di grande massa e relativi trasferimenti esplosivi
di massa. Ha lavorato presso gli osservatori di Bologna e Napoli e al radiotelescopio del
CNR di Medicina (BO). In parallelo alla ricerca astrofisica ha condotto ricerche in fisica
dei plasmi atmosferici con particolare interesse per il “fenomeno luminoso di
Hessdalen”, dove come direttore scientifico ha svolto diverse missioni sul campo. Svolge
tuttora ricerche teoriche nel campo del progetto SETI e prosegue la sua ricerca sulla
fisica dei fenomeni luminosi anomali.
http://www.macrolibrarsi.it/autori/_massimo_teodorani.php?pn=35
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Archeologia di confine
pag.40
El misterio de los
petroglifos de
Quiaca
2009 © Yuri Leveratto
Yuri Leveratto
Yuri Leveratto, nato a
Genova quarantuno anni fa,
dopo aver conseguito la
laurea in Economia ha
iniziato il suo peregrinare
per il mondo a bordo di navi
da crociera. Ha vissuto a
New York, lavorando come
guida turistica e dal 2005 si
trova in Colombia. Autore di
racconti e romanzi,
appassionato di Storia e
fantascienza, viaggia per
venire in contatto con
culture autoctone e studiarne
cultura e modo di vita. Tra i
suoi libri ricordiamo “La
ricerca dell’El Dorado”
(Infinito Edizioni, 2008); a
settembre uscirà “1542 I
primi navigatori del Rio delle
Amazzoni”.
Después de haber pasado
dos días en La
Rinconada, el pueblomina de oro, el cual,
situado a 5200 metros de
altura, es el poblado más
alto del mundo, mi amigo
arqueólogo Ricardo
Conde Villavicencio y yo
decidimos continuar
nuestro viaje para iniciar
la exploración
arqueológica del valle de
Quiaca.
En base a varios
conocimientos que
teníamos en común,
sospechábamos que en el
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
distrito de Quiaca
encontraríamos
importantes restos de
culturas pre-incaicas
tanto de la sierra como de
la selva, o bien
provenientes de la
Amazonía. Entonces,
montamos nuestro
equipaje en un camión y
partimos hacia Untuca, el
primer pueblo del valle
de Quiaca.
Untuca está justo detrás
del glaciar Ananea (5829
m.s.n.m.), el cual rodea a
La Rinconada, pero para
llegar hasta allí en
vehículo se tiene que dar
una vuelta muy larga,
pasando por Ananea y
atravesando desolados
altiplanos. Después de
costear un maravilloso
lago incrustado entre
rocas, se entra en el
estrecho valle que
conduce a Untuca.
Durante el trayecto se
ven muchas llamas y
alpacas pastar tranquilas,
y también muchas liebres
que corretean temerosas
entre las piedras.
No éramos los únicos que
iban a Untuca, había
también grandes
camiones de marca
Mercedes y enormes
Caterpillar que se
dirigían a sus
alrededores, donde hay
otra mina de oro, la cual,
según lo que me contó el
conductor, le fue dada en
concesión a una empresa
chilena y yo me pregunto
si se tomarán las
precauciones necesarias
para no contaminar los
ríos y lagos con el
mercurio, puesto que de
no ser así, se trataría de
otro gigantesco desastre
ambiental.
Hacia las 11 llegamos a
Untuca, donde tomamos
una ligera comida a base
de huevos y camote.
Untuca se encuentra a
aproximadamente 4000
metros sobre el nivel del
mar y aunque no hace
tanto frío como en La
Rinconada, sopla un
viento más bien helado.
Poco después conocimos
a dos muchachos fuertes
y ágiles, llamados Eloy y
Henry, quienes nos
guiaron en nuestra
caminata de los días
siguientes.
A eso de la una partimos
y comenzamos a caminar
en dirección al pueblo de
Poquera Grande. Se anda
por el estrecho valle
bordeando la impetuosa
quebrada, acercándose a
menudo a las llamas y
alpacas que pastan
serenamente. Después de
unas dos horas, se llega a
Poquera Grande, una
aldea de más o menos
200 familias incrustada
en una fría curva de la
montaña.
Nos contactamos de
inmediato con las
autoridades del pueblo,
las cuales nos
permitieron acampar en
la plaza principal.
Algunos de estos oficiales
nos acompañaron, a la
mañana siguiente, a un
lugar cercano al pueblo
donde queríamos ver un
extraño petroglifo, muy
similar a un mapa
antiguo. La primera
impresión que tuvimos
fue la de encontrarnos
frente a incisiones hechas
por antiguos pueblos
amazónicos que tal vez
viajaban hacia la sierra,
pero, no estando aún
seguros de esta tesis,
decidimos proseguir el
viaje para buscar otros
indicios que pudieran
apoyarla.
Caminando hacia el
poblado de Poquera
Chico, situado a
aproximadamente una
hora más abajo, pudimos
observar de cerca una
chullpa (urna funeraria)
típica de culturas preincaicas de la sierra,
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
probablemente Lupaca o
Pukara. En el interior de
una de estas urnas
hallamos intacta todavía
la mandíbula de un ser
humano, probablemente
del que fue allí sepultado
hace unos 1200 años
atrás. En efecto, éstas
servían como mausoleos
de los jefes tribales o
caciques de las culturas
pre-incaicas, en las
cuales, por lo general, se
colocaban los huesos de
los dirigentes del pueblo
después de haber sido
exhumados en una
ceremonia sagrada donde
se les hacía ofrendas a los
Dioses. Junto a los
huesos del difunto se
ponían hojas de coca, de
chicha, maíz y quinua,
además de piezas de jade,
piedras semipreciosas y
otros objetos rituales.
Luego de tomar algunas
fotos decidimos
continuar el recorrido.
Caminamos durante dos
horas aproximadamente
hasta llegar al río, donde
nos detuvimos a
almorzar. Poco después
resolvimos explorar estos
alrededores, dado que
algunos campesinos nos
habían dicho que justo en
la parte derecha de la
quebrada encontraríamos
el petroglifo más
importante.
Efectivamente, después
de una hora de búsqueda,
abriéndonos camino con
los machetes a través de
la intricada vegetación,
hallamos el petroglifo de
Quiaca, enigmático
indicio de antiguas
culturas amazónicas.
Es una pared de unos tres
metros tanto de ancho
como de alto donde hay
varios signos abstractos y
antropomorfos, pero lo
que más me interesó
fueron dos rostros
estilizados, los clásicos
semblantes amazónicos,
muy similares a los que
se pueden apreciar en
Pusharo, en el Río
Shinkibeni (brazo del
Palotoa, afluente del
Madre de Dios).
El arqueólogo Ricardo
Conde Villavicencio y yo
llegamos a la conclusión
de que los artífices del
petroglifo de Quiaca
pertenecieron a la misma
etnia de los que grabaron
magistralmente el
petroglifo de Pusharo,
situado a
aproximadamente
trescientos kilómetros de
distancia.
La incisión de los
famosos rostros de
Pusharo y de los no tan
conocidos semblantes de
Quiaca simboliza, en
nuestra opinión, la
pertenencia a la misma
etnia amazónica que en
un lejano pasado estaba
desplazándose de la selva
a la sierra.
De hecho, nos parece que
cuando todavía estaba en
curso la glaciación hace
unos 11.5 milenios,
mucha agua estaba
concentrada en los
glaciares andinos, siendo
los ríos amazónicos
menos voluminosos. La
vegetación no era tan
densa y los pueblos
tribales podían moverse
con mucha más facilidad.
Algunas de estas etnias
buscaban intercambiar
sus productos típicos de
la selva (coca, fruta, oro,
pescado) por otros que se
hallaban sólo en la sierra
(quinua, quihuicha,
maca, patatas y también
animales como llamas y
alpacas). Esta fue la
razón de aquellas
antiguas migraciones y
esta es la clave para
comprender esos viajes,
los cuales fueron
descritos en los
petroglifos de la zona
donde se tallaron
antiguos mapas en
piedra, varios de ellos
marcados con el símbolo
de la etnia, “el rostro
amazónico”.
Pero, ¿quiénes eran
aquellos antiguos viajeros
amazónicos? Y sobre
todo, ¿quiénes son sus
descendientes?
Hay dos teorías al
respecto. La primera
teoría afirma que ellos se
mezclaron con pueblos de
lengua Aimara y
Quechua, dando inicio a
la cultura Pukara
(antecedente de
Tiwanacu). En efecto, los
términos Pusharo,
Poquera y Pukara son
extrañamente similares.
En cambio, la segunda
teoría sostiene que los
descendientes de los
pueblos amazónicos que
atravesaron el valle de
Quiaca en épocas
remotas no son otros que
los Uros del lago Titicaca,
pueblos de lengua
Arawak, cuyo origen
amazónico está
comprobado
lingüísticamente.
El hecho de el valle del
Río Quiaca esté
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
prácticamente
inexplorado incluso en la
parte más baja, donde el
río asume la
denominación de Río
Huari Huari (llamado
luego Río Iñabari), hace
pensar que es posible que
existan otros importantes
indicios de esta antigua
etnia amazónica. Sin
embargo, la expedición al
Río Huari Huari
requeriría de muchos
días y de considerables
recursos económicos.
Toda la tarde
continuamos nuestro
camino hacia el pueblo de
Quiaca. En el trayecto
observamos otras urnas
funerarias, hasta que
llegamos al poblado por
la noche, donde
dormimos.
En Quiaca, pueblito de
aproximadamente 500
personas, situado a unos
tres mil metros de altura,
termina el sendero. Para
ir más allá se necesitaría
organizar una expedición
en grande, con víveres
suficientes para al menos
siete días. El amigo
Conde Villavicencio y yo
nos propusimos regresar
el próximo año, si el
tiempo y los recursos nos
lo permiten, con el fin de
explorar el Río Huari
Huari.
Nuestro viaje de regreso
se llevó a cabo en dos
etapas: primero,
caminamos hasta Sandía,
la capital de la provincia,
y al día siguiente
regresamos a Juliaca en
bus de línea.
Yuri Leveratto
[email protected]
Il mistero dei
petroglifi di Quiaca
Dopo aver passato due
giorni nel paese-miniera
d’oro de La Rinconada, il
centro abitato più alto del
mondo con i suoi 5200
metri d’altezza, io e il mio
amico archeologo
Ricardo Conde
Villavicencio abbiamo
deciso di proseguire il
nostro viaggio per
iniziare l’esplorazione
archeologica della valle di
Quiaca (pronuncia:
chiaca).
Da alcune conoscenze
comuni avevamo avuto
alcuni indizi che nel
distretto di Quiaca
avremmo potuto trovare
importanti resti di
culture pre-incaiche sia
della sierra che della
selva, ovvero provenienti
dall’Amazzonia. Così
abbiamo caricato i nostri
bagagli su un camion e
siamo partiti in direzione
di Untuca, il primo paese
della valle di Quiaca.
Untuca sta proprio alle
spalle del ghiacciaio
Ananea (5829 m.s.l.m.),
che domina La
Rinconada, ma per
raggiungerla con mezzi
motorizzati si deve fare
un giro abbastanza largo
che passa da Ananea e
attraversa desolati
altipiani. Quindi, dopo
aver costeggiato un lago
meraviglioso, incastonato
tra la roccia, si entra nella
stretta valle che conduce
ad Untuca. Durante il
percorso si notano molti
lama e alpaca pascolare
tranquilli e anche molte
lepri, che zampettano
timide tra i massi.
Non siamo i soli a
percorrere la strada per
Untuca, vi sono anche
grossi camion Mercedes
ed enormi Caterpillar,
che si dirigono nei pressi
del villaggio, dove c’è
un’altra miniera d’oro.
L’autista mi racconta che
è stata data in
concessione ad una
impresa cilena ed io mi
domando se saranno
prese le necessarie
precauzioni per non
inquinare fiumi e laghi
con il mercurio, sarebbe
un altro immane disastro
ambientale.
Verso le 11 siamo giunti
ad Untuca, dove abbiamo
consumato un pasto
frugale a base di uova e
camote. Untuca si trova a
circa 4000 metri s.l.d.m.
e, anche se non fa freddo
come a La Rinconada,
tira un’aria piuttosto
frizzante. Poco dopo
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
abbiamo conosciuto due
ragazzi, forti e agili, che ci
hanno fatto da guida
nella nostra camminata
nei giorni seguenti. Si
chiamano Eloy e Henry.
Verso l’una siamo partiti
e abbiamo iniziato a
camminare in direzione
del villaggio di Poquera
Grande. Si cammina nella
stretta valle
bordeggiando il torrente
impetuoso e spesso ci si
avvicina ai lama e alpaca
che pascolano
indisturbati. Dopo circa
due ore si giunge a
Poquera grande, un
villaggio di circa 100
famiglie incastonato in
una fredda ansa della
montagna.
Abbiamo subito fatto
conoscenza con le
autorità del villaggio, che
ci hanno permesso di
accampare nella piazza
principale. L’indomani
mattina alcuni di loro ci
hanno accompagnato non
lontano dal villaggio per
vedere uno strano
petroglifo, molto simile
ad una antica mappa. La
prima impressione è stata
di trovarsi di fronte a
incisioni fatte da antichi
popoli amazzonici, forse
in viaggio verso la sierra,
ma non essendo ancora
sicuri di questa tesi,
abbiamo deciso di
proseguire il viaggio per
cercare altri indizi di
questa teoria.
Camminando verso il
villaggio di Poquera
Chico, situato a circa un
ora più a valle, abbiamo
potuto osservare da
vicino una chullpa (urna
funeraria), tipica di
culture pre-incaiche della
sierra, probabilmente
Lupaca o Pukara.
Nell’interno di una di
queste urne abbiamo
trovato ancora intatta la
mandibola di un essere
umano, probabilmente
colui che vi fu tumulato,
circa 1200 anni fa.
Queste urne funerarie
infatti servivano come
mausolei dei capi tribù o
cacique delle culture preincaiche. Di solito le ossa
dei capi-villaggio vi
venivano posizionate
dopo essere state
disotterrate, in una
cerimonia sacra, dove
venivano fatte delle
offerte agli Dei. Vicino
alle ossa del defunto
venivano sitemate delle
foglie di coca, della
chicha, mais e quinua,
oltre a oggetti di giada,
pietre semi-preziose e
altri oggetti rituali.
Dopo alcune foto
decidiamo di continuare
il viaggio. Abbiamo
camminato per due ore
circa prima di giungere al
fiume, dove ci siamo
fermati per pranzare.
Poco dopo abbiamo
deciso di esplorare le
vicinanze del fiume,
perchè alcuni contadini ci
avevano detto che
proprio nella parte destra
del torrente avremmo
potuto trovare il
petroglifo più
importante. In effetti
dopo circa un’ora di
ricerche, aprendoci la
strada con i machete
attraverso la fitta
vegetazione, abbiamo
trovato il petroglifo di
Quiaca, enigmatico
indizio di antiche culture
amazzoniche.
E’ una parete di circa tre
metri dove vi sono vari
segni astratti e
antropomorfi, ma ciò che
più mi ha interessato
sono due volti stilizzati, le
classiche faccie
amazzoniche, molto
simili a quelle che si
possono apprezzare a
Pusharo, nel Rio
Shinkibeni (braccio del
Palotoa, affluente del
Madre de Dios).
Insieme all’archeologo
Ricardo Conde
Villavicencio, siamo
venuti alla conclusione
che gli artefici del
petroglifo di Quiaca,
appartennero alla stessa
etnia di coloro che
incisero magistralmente
il petroglifo di Pusharo,
situato a circa trecento
chilometri di distanza.
L’incisione delle famose
faccie di Pusharo e dei
meno conosciuti volti di
Quiaca simboleggiano a
nostro parere
l’appartenenza alla stessa
etnia amazzonica, che in
un lontano passato stava
spostandosi dalla selva
alla sierra.
A nostro avviso infatti,
quando era ancora in
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
corso la glaciazione, circa
11,5 millenni fa, molta
acqua era intrappolata
nei ghiacci andini e i
fiumi amazzonici erano
meno voluminosi. La
vegetazione era meno
densa e i popoli tribali
potevano muoversi con
molta più facilità. Alcuni
di queste etnie cercavano
di intercambiare i loro
prodotti, tipici della selva
(coca, frutta, oro, pesce),
con altri che si trovavano
solo nella sierra (quinua,
quiwicha, maca, patate, e
anche animali come lama
e alpaca). Questa fu la
ragione di queste antiche
migrazioni e questa è la
chiave per comprendere
questi viaggi, che sono
stati descritti nei
petroglifi della zona dove
sono state incise delle
antiche mappe nella
pietra, alcuni di essi
marchiati dal simbolo
dell’etnia, il “volto
amazzonico”.
Ma chi erano quegli
antichi viaggiatori
amazzonici? E
soprattutto chi sono i loro
discendenti?
Vi sono due teorie al
riguardo. La prima teoria
sostiene che essi si
mischiarono con popoli
di lingua Aymara e
Quechua, dando inizio
alla cultura Pukara
(antecedente di
Tiwanacu). I termini
Pusharo, Poquera e
Pukara sono infatti
stranamente simili.
La seconda teoria invece
sostiene che i discendenti
dei popoli amazzonici che
risalirono la valle di
Quiaca in epoche remote,
non sono altro che gli
Uros del lago Titicaca,
popoli di lingua Arawak,
la cui origine amazzonica
è provata
linguisticamente.
Il fatto che la valle del
Rio Quiaca sia
praticamente inesplorata
anche più in basso, dove
il fiume assume la
denominazione di Rio
Huari Huari (detto poi
Rio Iñabari), fa pensare
che vi possano essere
altri importanti indizi di
questa antica etnia
amazzonica. La
spedizione nel Rio Huari
Huari richiederebbe però
molti giorni e notevoli
risorse economiche.
Durante il pomeriggio
abbiamo continuato il
nostro cammino verso il
villaggio di Quiaca. Nel
percorso abbiamo
osservato altre urne
funerarie e siamo giunti
al paese verso sera, dove
abbiamo dormito.
A Quiaca, paesello di
circa 500 persone a circa
tremila metri d’altezza,
termina il sentiero. Per
procedere oltre
bisognerebbe organizzare
una spedizione in grande
stile, con viveri sufficienti
per almeno sette giorni.
Con il Conde
Villavicencio ci siamo
riproposti di tornare il
prossimo anno, tempo e
risorse permettendo, per
esplorare il Rio Huari
Huari.
Il nostro viaggio di
Yuri Leveratto
1542 I primi navigatori del
Rio delle Amazzoni
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ritorno si è svolto in due
tappe, inizialmente
abbiamo camminato fino
a Sandia, il capoluogo di
provincia, e quindi il
giorno seguente siamo
tornati a Juliaca con un
autobus di linea.
Yuri Leveratto
[email protected]
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articolo indicando
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E’ un libro storico e d'attualità nello stesso
tempo.
Nella prima parte l'autore racconta l'incredibile
avventura di Francisco de Orellana, il primo
europeo che esplorò il grande fiume, nel 1542.
La seconda parte, la cronaca, è il resoconto del
suo viaggio, terminato nel 2009, attraverso
seimila chilometri di fiume, navigando da
Puerto Ocopa (Perú), fino a Belem do Pará
(Brasile).
E' una guida particolareggiata, ma anche
un'analisi di un mondo spesso dimenticato, ma
di fondamentale importanza per il futuro del
nostro pianeta.
Prefazione di Lorenza Mazzetti, la celebre
autrice de “Il cielo cade”.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Ufologia
pag.46
Segnali
dal passato
2009 © Roberto La Paglia
Roberto La Paglia
Roberto La Paglia, oltre ad
essere giornalista freelance, è
scrittore e ricercatore. Mente
fervida, alimentata da un
intenso ed inesauribile desiderio
di ricerca, attraverso le sue
opere, accompagna i lettori in
un viaggio verso l'ignoto,
guidandoli nei meandri più
nascosti delle dottrine occulte
ed esoteriche. Uno dei suoi
ultimi libri è “Archeologia
Aliena” (Ed. Cerchio della Luna,
2008).
Nonostante si faccia
comunemente
riferimento al 1947 come
data di inizio della moderna
ufologia, è fuor di dubbio
che già da molto tempo si
continuavano a registrare
alcuni misteriosi “segnali
celesti” direttamente
connessi con quelli
che sono oggi gli studi e le
ricerche sugli Ovni.
Spesso, scorrendo le ormai
molteplici fonti relative allo
studio degli Ufo, ci si è
imbattuti in articoli che
riportano antiche storie di
macchine volanti,
fantastiche e futuribili armi
da guerra, oltre che
apocalittiche battaglie nei
cieli.
Tutto questo materiale, pur
in apparenza di matrice
abbastanza recente o
riconducibile a racconti
fantascientifici, è invece
quasi totalmente raccolto
nelle tradizioni dell’India.
Cosa sappiamo esattamente
di questi antichi piloti
indiani, quale fonte ispirò i
testi che ne tramandano le
gesta e, soprattutto, perché
ci appaiono così
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
futuristicamente vicini ad
una realtà che oggi
riusciamo soltanto ad
immaginare con la fantasia?
Per quanto molti dei testi
presi in esame siano frutto
di rielaborazioni e
interpretazioni personali di
avvenimenti al tempo
sconosciuti, resta il fatto che
la restante parte è
sicuramente autentica e non
contaminata da tradizioni e
convinzioni occidentali;
molti dei testi tradotti per la
prima volta dal sanscrito in
inglese hanno portato
scompiglio negli ambienti
scientifici, ma sono passati
del tutto inosservati in
quelli dei mass media.
Alcuni anni fa, un modesto
trafiletto in un quotidiano
cinese, relegato quasi in
ultima pagina, raccontava
della scoperta da parte di
alcuni ricercatori di
documenti redatti in
sanscrito nei pressi di
Lhasa, in Tibet.
I documenti vennero spediti
per i controlli di rito
all’università di
Chandrigarh, nel Punjab;
successivamente il dottor
Ruth Reyna, della stessa
università, durante una
conferenza stampa, rese
noto lo sconvolgente
contenuto: direzioni,
suggerimenti e schemi per
costruire navi spaziali
interstellari con
propulsione
antigravitazionale!
I documenti, vecchi di
migliaia d’anni, chiamavano
queste navi “Astras”;
nessuno ovviamente prese
sul serio queste parole,
almeno fino a quando il
Governo cinese non
annunciò che stava
includendo alcune parti
della traduzione di Ruth
Reyna nel proprio
programma spaziale.
Soltanto allora i ricercatori
indiani decisero di andare
più a fondo, e i risultati, o
quanto meno le strane
coincidenze, non si fecero
attendere.
Il Ramayana, uno dei
più grandi poemi epici
dell’India, racconta la
storia estremamente
particolareggiata di un
viaggio verso la Luna a
bordo di un Vimana o
Astras, oltre che una epica
battaglia che si consumò
proprio in quell’occasione;
il Vimana in questione era
di forma circolare, con dei
portelli e una cupola, in
pratica il classico Ufo
descritto in migliaia di
testimonianze moderne.
Il Samara Sutradhara,
altro trattato scientifico
indiano, tratta con
estrema dovizia di
particolari il viaggio di un
Vimana; la descrizione
occupa ben duecentotrenta
pagine nelle quali si parla
della sua costruzione, del
decollo, velocità di crociera,
sbarchi normali e forzati,
possibili collisioni.
Nel 1875, viene ritrovato il
Vaimanika Sastra, scritto da
Bharadvajy il Saggio un
quarto di secolo a.C.; anche
in questo caso si parla di
Vimanas, di precauzione
durante i voli, di protezione
delle aeronavi.
Il Vaimanika Sastra (o
Vymaanika-Shaastra)
contiene otto capitoli
con relativi diagrammi,
all’interno vengono descritti
tre tipi di aereo, trentuno
parti essenziali e sedici
materiali utilizzati per la
costruzione.
Questo documento venne
tradotto in inglese da G. R.
Josyer nel 1979; Josyer è il
direttore dell'Accademia
Internazionale di
Investigazione sulla lingua
sanscrita che si trova a
Mysore, nello stato federato
del Karnataka, in India.
I Vimanas descritti nel
Vaimanika Sastra erano
capaci di decollare
verticalmente e di compiere
evoluzioni che fino ad oggi
si sono registrate soltanto
nei moderni avvistamenti
Ufo.
E’ interessante a questo
punto annotare che durante
il regime Nazista, e più
precisamente in occasione
della progettazione dei
famosi V-8, si registrò un
notevole aumento delle
spedizioni scientifiche in
India, probabilmente in
cerca di informazioni che
potrebbero essere contenute
nei libri appena descritti.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Il Dronaparva descrive
un Vimana a forma
sferica, dotato di una
cupola e in grado di
compiere impossibili
evoluzioni aeree ad una
velocità inimmaginabile;
l’aspetto era di metallo
liscio al tatto, con un
sistema di guida e
propulsione basato sul
mercurio.
Nel Mahavira di
Bhavabhuti, un testo
risalente all'ottavo secolo,
tra le altre cose si legge:
“…un carro aereo, il
Pushpaka porta molte
persone alla capitale di
Ayodhya…il cielo è pieno di
stupefacenti macchine
volanti, scure come la
notte, che emettono
giallastre folgori”.
Ma non soltanto l’India
è patria di inesplicabili
misteri; l’osservazione di
strane luci, strane forme e
macchine volanti ha trovato
anche in Europa e nel resto
del mondo centinaia di
osservatori, il tutto in tempi
ancora lontani dagli
avvistamenti di Arnold.
Egitto: dagli annali di
Tuthmosi III, 1504 –
1450 a.C.: “…l’anno 22 del
3 mese di inverno, alla
stesta ora del giorno, gli
scrivani della Casa della
Vita osservarono un
cerchio di fuoco nel
cielo…non aveva testa,
l’alito della sua bocca era
nauseante, il suo corpo era
lungo una verga e una
verga largo, non aveva
voce. Passarono alcuni
giorni e i cerchi si fecero
più numerosi nel cielo,
quindi sparirono verso
sud”.
Lo storico latino Giulio
Ossequiente, vissuto nel
quarto secolo d.C., raccolse
dopo una lunga indagine,
numerosi fenomeni che oggi
risultano stranamente simili
ai moderni avvistamenti:
216 A.C.: oggetti simili a
navi furono avvistate nel
cielo; ad Arpi, (180 miglia
romane ad est di Roma, in
Apulia), un scudo rotondo
fu visto nel cielo. A Capua, il
cielo divenne simile al fuoco
e molti videro delle navi
volanti sfrecciare ad
altissima velocità.
99 A.C.: a Tarquinia, delle
torce fiammeggianti
caddero improvvisamente
dal cielo. Verso tramonto,
un oggetto rotondo come un
globo, o come uno scudo,
sfrecciò nel cielo da ovest ad
est.
90 A.C.: nel territorio di
Spoletium un globo di
fuoco, di colore dorato,
precipitò improvvisamente
mentre era in rotazione.
Subito dopo l’impatto iniziò
a cambiare di colore, quindi
si rialzò improvvisamente e
quasi sembrò oscurare il
sole con il suo bagliore.
Konrad Wolffhart,
conosciuto con il suo
pseudonimo latinizzato
di Licostene, fu professore
di grammatica e dialettica,
ma forse è più conosciuto
per la sua opera
“Prodigiorum”, pubblicata
nel 1567.
Tra le tante strane cose
descritte nel volume
ricordiamo un fatto
accaduto nel 393 d.C.; in
quel periodo, durante il
regno di Teodosio, vennero
avvistate strane luci nel
cielo e un globo brillante
che improvvisamente
apparve intorno alla
mezzanotte.
Al globo, pian piano, se ne
unirono altri, quasi a
sembrare uno sciame d’api
in volo; i globi sembravano
quasi scontrarsi, mescolarsi
tra loro, formando un
disegno nel cielo simile ad
una grande spada
fiammeggiante.
Altro misterioso
fenomeno viene
riportato in un libro
edito nel 1493 ed oggi
conservato presso il museo
di Verdun, in Francia,
Hartmann Schedel, l’autore,
descrive una sfera ardente
avvistata nel 1034 mentre si
dirigeva a grande velocità
da sud ad est, per poi virare
verso il sole. L’illustrazione
che accompagna il
resoconto riporta un
oggetto a forma di sigaro
allungato sagomato da
fiamme. Questo episodio
viene riportato anche in uno
dei libri di Jacques Vallee,
Ufo nello spazio.
Un termine molto
simile a quello usato in
tempi relativamente
moderni per indicare i
“Dischi Volanti” venne
coniato dai giapponesi
approssimativamente
settecento anni prima che
venisse usato in occidente;
documenti antichi
descrivono infatti un
oggetto volante avvistato
durante la notte del 27
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
ottobre 1180,
identificandolo con lo
strano ma quanto mai
azzeccato nome di
“terracotta volante”. Dopo
aver compiuto varie
evoluzioni in direzione nord
est, l’oggetto cambiò
bruscamente direzione e
scomparve all’orizzonte
lasciando una scia
luminosa.
Altro classico
avvistamento
paragonabile a quelli
che quasi
quotidianamente
vengono registrati oggi,
avvenne in Inghilterra
intorno alla fine del XII
secolo. Nei pressi
dell’Abbazia cistercense di
Begland, nel nord dello
Yorkshire, mentre l’abate e i
monaci si trovavano nel
refettorio, un oggetto di
forma discoidale e di colore
argenteo sorvolò l’Abbazia
destando enorme clamore
tra i monaci.
Avendo trovato e
riportato alcuni episodi
eclatanti avvenuti molto
prima della nascita ufficiale
dell’ufologia, non possiamo
non segnalare quella che fu,
probabilmente, la prima
investigazione condotta in
questo campo, e che non
avvenne subito prima o
dopo il 1947 ma in
Giappone durante il 1235.
Durante la notte del 24
settembre, mentre il
Generale Yoritsume e il suo
esercito si trovavano nel
loro accampamento,
osservarono delle luci
misteriose nei cieli. Le luci
furono viste in direzione
sud-ovest per molte ore,
mentre si muovevano
velocemente e si
mescolavano tra loro quasi
a formare dei nodi. I
generali ordinarono subito
una investigazione
“scientifica" e “completa" di
questi strani eventi.
Sempre in Giappone, il 12
settembre 1271, durante una
esecuzione sommaria,
apparve in cielo un oggetto
grande e lucente come la
luna piena; gli ufficiali
furono colti dal panico e
l’esecuzione non fu
eseguita.
Nel 1361, un oggetto
descritto come un enorme
tamburo di venti piedi di
diametro, emerse dal Mare
del Giappone.
I fenomeni aerei
riconducibili a degli
avvistamenti di Ufo non si
fermarono, ma
continuarono per tutto il
1500 e il 1600.
Nel 1322 d.C., durante le
prime ore della notte del 4
novembre, venne avvistato
in Inghilterra un palo di
fuoco, o pilastro a seconda
delle testimonianze.
L’apparizione colorò il cielo
di rosa partendo da sud e
spostandosi rapidamente
verso nord.
Concludiamo con la
storia narrata da due
militari di stanza in una
località poco lontana da
Stonehenge: all’inizio del
1919 i due uomini, intorno
alle otto di sera, stavano
facendo ritorno al campo
quando d’improvviso, nel
cielo notturno, verso nord,
osservarono tre globi con
sfumature dal rosso
all’arancione che si
libravano a circa cento
metri d’altezza.
Mentre i due uomini erano
ancora intenti ad osservare
quella anomala apparizione,
i globi iniziarono ad
abbassarsi senza far rumore
per poi sparire
all’improvviso.
Da notare che nelle
immediate vicinanze si
trovava sia il sito di
Stonehenge che la base
militare, oltre al fatto che in
quel periodo non esistevano
macchine volanti in grado
di rilasciare una immagine
simile a quella appena
descritta.
Ricordiamo infine che,
come anche in passato, e
come accaduto
frequentemente in tempi
recenti, l’avvistamento
avvenne in prossimità di
basi militari o di
monumenti dall’alto valore
simbolico.
A ben riflettere da
tempo qualcuno o
qualcosa pazientemente ci
spia, segue le nostre mosse,
a volte interagisce con noi;
non sappiamo esattamente
chi siano, cosa siano o da
dove provengano, ed è
proprio questa la sfida che
rende affascinante ed
estremamente complesso il
lavoro degli ufologi.
Roberto La Paglia
[email protected]
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Roberto
La Paglia
Misteri
sconosciuti
d’Italia
www.cerchiodellaluna.it
Misteri sconosciuti d’Italia si
pone come vera e propria
guida oltre che per il turista
dell’insolito, anche per il
ricercatore sempre a caccia di
nuovi enigmi.
Dopo l’esperienza divulgativa
di Archeologia Aliena, Roberto
la Paglia continua a mantenere
viva l’attenzione su quei
misteri poco conosciuti, ma
non per questo altrettanto
importanti e degni di
attenzione da parte dei
ricercatori.
Inizia così un lungo e
affascinante viaggio che tocca
tutta Italia, un percorso che
non mancherà di stupire il
lettore, magari sorpreso
nell’apprendere che uno dei
tanti misteri descritti si trova
proprio nel suo paese, nella
sua città.
Dalla Porta Alchemica alle
case infestate, dalla Pesatura
delle Anime al Museo
dell’Oltretomba, l’autore ci
accompagnerà attraverso
notizie, curiosità e fatti storici
che non sempre hanno trovato
spazio nelle bibliografie
ufficiali, rimanendo spesso
confinati nelle tradizioni orali.
Misteri
pag.50
Dopo oltre 50anni un nuovo esame sui misteri di Point Pleasant e della mostruosa
creatura che terrorizzò i suoi abitanti
Mothman,
l’Uomo Falena
2009 © EnricoBaccarini
Enrico Baccarini
Enrico Baccarini è
giornalista pubblicista,
scrittore e laurendo in
Psicologia Sperimentale.
Alterna i suoi studi
universitari alla profonda
passione per i misteri del
tempo e dell'uomo
interessandosi attivamente di
Ufologia, di Enigmi Storici, di
Misteri del Passato e degli
enigmi della Mente. Da tali
interessi è nato il portale che
ha voluto appunto chiamare
ENIGMA.
Jack lo Squartatore,
Dracula, ed il misterioso
Bigfoot sembrano essere
solo una piccola
rappresentanza delle
numerose creature, tra
tante, che cercano di
invadere i nostri peggiori
incubi e le nostre notti
insonni.
L’uscita, nel 2002, nelle
sale cinematografiche del
film “The Mothman
Prophecies” sembra aver
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
risvegliato, a distanza di
40 anni dai fatti cui
prende spunto, un nuovo
mistero sepolto dal
tempo, un enigma che
ancora oggi lascia stupiti
studiosi e scettici. Gli
eventi e le storie più
oscure connesse con
l’immaginario collettivo
umano sembrano, alcune
volte, materializzarsi nei
nostri peggiori incubi.
Miti millenari o leggende
antiche sembrano
attingere forza dalle
nostre paure ed
assumere un vigore ed
una potenza tali da
trasformarle in eventi
reali, privi di ogni
connotazione fantastica.
Tra i casi più estremi ed
affascinanti che si
possano ricordare negli
ultimi decenni troviamo
sicuramente quelli legati
alla misteriosa creatura
alata oramai conosciuta
come Mothman, l’uomo
falena, ovvero agli
avvenimenti iniziati nel
West Virginia il 12
novembre del 1966.
Il primo avvistamento di
cui si abbia notizia in
epoca moderna risale
proprio al ’66 anche se
recenti indagini
sembrerebbero far
presumere che un
“fenomeno uomo-falena”
possa esistere da molto
più tempo di quanto
ritenuto, forse da qualche
secolo. In quel lontano
’66 cinque uomini si
trovavano nel cimitero di
Clendenin, in Virginia,
scavando la fossa che
avrebbe ospitato di lì a
poco un loro concittadino
da poco scomparso. La
solita routine era
interrotta da qualche
momento di relax
accompagnato da una
sigaretta e da qualche
chiacchiera fino a quando
però tutti i presenti
iniziarono a vedere volare
verso di loro una strana
figura, qualcosa di
incredibile, di enorme, un
essere che sarebbe stato
successivamente
descritto come “un uomo
marrone con le ali”. La
strana creatura sembrava
aver spiccato il volo da un
gruppo di alberi posto
nelle vicinanze, lasciando
supporre che si trovasse
lì da qualche tempo e che
li avesse osservati
durante i loro scavi.
Niente di simile era mai
stato osservato prima, un
essere dalle fattezze
antropomorfe e dalla
corporatura umana che,
dotato di appendici che
sembravano ali, volava
indisturbato tra individui
atterriti ed allibiti. I
cinque uomini rimasero
comprensibilmente
scioccati da questa
incredibile esperienza
ma, loro malgrado, non
sarebbero stati gli unici
nei mesi successivi ad
essere testimoni delle
apparizioni di questa
strana creatura. Verso la
tarda serata del 15
novembre, cioè tre giorni
dopo, due giovani sposini
si trovavano a percorrere
la strada che, da un
vecchio deposito di
esplosivi, si dirigeva
verso il piccolo paesino di
Point Pleasant, nel West
Virginia. La coppia stava
percorrendo il breve
tragitto che li avrebbe
condotti a casa ad una
velocità moderata e con
la miglior attenzione che
ogni strada non
illuminata possa
richiedere.
Improvvisamente due
grandi occhi
che“parevano attaccati a
qualcosa che sembrava
un uomo, ma era più
grande, probabilmente
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
di sei o sette piedi di
altezza” si pose davanti al
loro percorso. In una
scena simile, per non dire
uguale, a quella del
recente film con Richard
Gere l’essere volò sopra la
macchina dei due
sfortunati giovani
lasciandoli totalmente
terrorizzati e facendoli
accelerare fino ai 140 km
orari. Attraverso un
piccolo CB portatile
installato sulla macchina
i giovani furono in grado
di avvertire il locale
sceriffo Millard Halstead
che, trovandosi nelle
vicinanze, cercò di
raggiungere i malcapitati
testimoni scortandoli a
Point Pleasant attraverso
la Highway 62. Quella
notte del 15 novembre
altri individui sarebbero
stati testimoni dei
misteriosi “agguati” dello
strano essere. Un gruppo
di quattro persone era
stato ad esempio
testimone di non meno di
tre avvistamenti di “uno
strano uccello
gigantesco” sempre nelle
vicinanze della oggi nota
cittadina. La contea
sembrava essere stata
scelta come territorio di
caccia dall’uomo
falena che, nel contempo,
continuava ad essere
avvistato e a terrorizzare
ignari cittadini
prevalentemente durante
le ore notturne. Un altro
avvistamento avrebbe
portato ad eventi ancora
più bizzarri. Verso le
22:30 della stessa sera
Newell Partridge, un
locale costruttore edile
che viveva stabilmente
però nella cittadina di
Salem ( a circa 90 miglia
di distanza) mentre stava
guardando la televisione
venne infastidito da una
improvvisa mancanza di
segnale accompagnata da
un oscuramento totale
della televisione rimasta
però accesa. Avvicinatosi
all’apparecchio Partridge
venne subito incuriosito
da un suono
estremamente basso che
sembrava provenire
dall’esterno della propria
abitazione, un suono che
pareva ricordare il flebile
ronzio prodotto da un
generatore elettrico. Il
cane di Partridge, di
nome Bandit, aveva
iniziato ad ululare di
fronte al porticato
costringendo il
proprietario ad uscire per
cercare di capire l’origine
di tutti questi strani
fenomeni. Munitosi di
una torcia elettrica
Partridge orientò il fascio
di luce nella direzione
dove sembrava essersi
diretto Bandit ma con sua
grande sorpresa la sua
torcia puntò verso
qualcosa di
inimmaginabile, di
enorme, che sembrava
riflettere dagli occhi una
strana luce rossa.
Essendo un cacciatore
esperto, nelle successive
interviste, Partridge si
disse totalmente sicuro
non di essere stato
vittima di qualche forma
di allucinazione o di
abbaglio e di aver invece
osservato qualcosa che
non poteva essere niente
di conosciuto.
Il 16 novembre venne
indetta una conferenza
stampa. Gli abitanti di
una piccola cittadina del
West Virginia
sembravano essere
diventati la preda
perfetta di una creatura
sconosciuta, evanescente
ma soprattutto le cui
intenzioni non lasciavano
raccomandare niente di
buono. La conferenza
stampa fu un successo,
nel senso che numerosi
altri avvistamenti
vennero resi pubblici e
diversi giornali e TV
locali riportarono a
chiare lettere la presenza
di questo strano essere
nei cieli della Virginia. Fu
proprio in questa
conferenza che venne
anche scelto il nome
Mothman, uomo-falena,
riprendendo o copiando
quello del più noto
supereroe dei fumetti
Batman, l’uomopipistrello. Nessun però
sapeva se questa
enigmatica figura dovesse
essere considerata
realmente un “supereroe”
o qualcosa di più sinistro.
Ogni individuo che era
stato testimone delle sue
evoluzioni, o con cui era
entrato in contatto,
sembrava averne
riportato forti traumi ed
un profondo shock
emotivo e psicologico.
Prima di continuare nella
nostra narrazione
riteniamo fondamentale
porsi alcune domande
inerenti le analisi e le
indagini su questo strano
essere. Si è parlato molte
volte di “abbagli”, di
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
volatili notturni come di
civette o gufi scambiati
per strani esseri come il
Mothman. Si è
addirittura parlato di una
grande montatura
organizzata dai cittadini
di Point Pleasant per
richiamare i turisti ed i
media in una piccola e
sperduta cittadina della
Virginia. Nessuna ipotesi
deve essere scartata, ci
hanno insegnato fin da
quando abbiamo iniziato
ad interessarci a questi
fenomeni studiosi come
Sani o Pinotti, ma
ovviamente è lecito
chiedersi se dobbiamo o
possiamo usare un
minimo di buon senso in
questo caso anche se
stiamo parlando di eventi
che trascendono quella
particolare parola che
chiamiamo “quotidianità”
o “normalità”. Gli eventi
occorsi nel West Virginia
non sono collocabili
all’interno di quelle
isterie di massa che
magari furono tanto
popolari nel medioevo,
come anche non
possiamo chiamare in
causa abbagli di varia
natura per gente che era
abituata a vivere con la
natura e a coltivarne i
suoi frutti e ad allevare le
sue creature. Ciò che
accadde a Point Pleasant
non fu neanche
un unicum topologico e
storico, molti altri
avvistamenti si sarebbero
susseguiti nel corso del
tempo e quasi nessuno
avrebbe trovato risposte
certe come molti invece
hanno fatto credere. Ciò
che queste persone
videro e sperimentarono
trascese totalmente
l’intelletto umano
posizionandosi
all’interno di quel nuovo
campo della psicologia
che viene oggi conosciuta
come Psicologia
dell’Insolito e degli
Eventi Straordinari come
anche all’interno di
quella vasta casistica IRIV su incontri tra
individui ed esseri di
possibile origine
extraterrestre. Si perché
il Mothman è ormai
acclaratamente parte
della letteratura ufologica
mondiale. La sua
presenza è stata in molte
occasioni associata a quei
velivoli che siamo stati
abituati a chiamare UFO
e la sua presenza ha
sempre
accompagnato flap
localizzati di
avvistamenti. Tali eventi
sono a pieno titolo fatti
straordinari rimasti a
distanza di decenni senza
nessuna spiegazione
logica, e vorremmo
aggiungere anche
zoologica.
Ritornando alla nostra
indagine si rese ben
evidente come la maggior
parte degli avvistamenti
della strana creatura
fosse avvenuta nelle
vicinanze del deposito di
esplosivi abbandonato
oggetto del secondo
avvistamento del 15
novembre. Quale luogo
migliore per nascondersi
che una struttura della
seconda guerra mondiale
ormai disabitata? La
presenza di una serie di
gallerie ad alveare
sotterranee, che
dipartivano dal deposito
e si districavano per
diversi chilometri nella
zona permetteva a questo
strano essere di muoversi
indisturbato senza la
minima possibilità di
essere visto. In aggiunta
al deposito di esplosivi,
reso invalicabile per
motivi di sicurezza, si
aggiungeva nella zona il
McClintic Wildlife
Station una grande
riserva naturale
demaniale inaccessibile
per la sua fauna e flora
protetta. L’unica
abitazione presente nella
zona era quella
appartenente alla
famiglia di Ralph Thomas
che, il 16 novembre,
osservò sopra la propria
abitazione “una curiosa
luce rossa nel cielo che si
muoveva
silenziosamente e
dolcemente verso
l’impianto TNT”.
Marcella Bennet,
un’amica dei Thomas, fu
un’altra consapevole
testimone del sorvolo
dello strano aeromobile e
delle apparizioni
dell’essere mentre
ritornava nella propria
abitazione. Durante
un’intervista rilasciata
successivamente la
Bennet si disse
totalmente sicura
che “non fosse un
aeroplano” ma
soprattutto, messasi alla
guida per avvisare i suoi
amici del curioso
avvistamento, fu in grado
di osservare lo strano
oggetto scendere
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
dolcemente nella
direzione del deposito di
esplosivi mostrandosi
come “ un grande coso
grigio, più grande di un
uomo ma con qualcosa
che sembravano
giganteschi occhi
incandescenti”. La
Signora Bennet, appena
giunta nella propria
dimora, fu talmente
terrorizzata da questa
visione da abbracciare a
sé la propria figlia per
correre forsennatamente
e rinchiudersi nella
propria abitazione. Come
nelle migliori
ambientazioni noir la
famiglia chiuse ogni
porta e finestra
apparentemente utile per
poter entrare nella casa.
L’isteria cresceva
lentamente ma
soprattutto il timore e la
paura che lo strano
essere potesse nuocere a
qualcuno dei Bennet. Il
Mothman, a detta degli
stessi testimoni, si
diresse fin sotto il portico
avvicinandosi verso una
delle finestre del piano
terreno e rimanendovi
qualche istante. Pur nella
massima tempestività
quando la polizia arrivò
l’essere era ormai
scomparso ma aveva
lasciato dietro di sé un
puro stato di terrore nella
famiglia che si era fatta
testimone della sua
apparizione. I Bennet, ma
in particolare Marcella,
non vollero parlare dei
fatti per diversi mesi
terrorizzati che il
semplice ricordo della
creatura potesse
risvegliare paure ben
peggiori e non coscienti.
L’affaire di Point
Pleasant era ormai
diventato talmente noto
che da tutti gli Stati Uniti
iniziarono a giungere nel
West Virginia ogni tipo di
ricercatori e studiosi
dell’insolito, attirati da
qualcosa che non si
capiva se potesse
essere “un’incarnazione
del maligno” , la
materializzazione di un
incubo o una creatura
proveniente da chissà
quale dimensione o
pianeta.
Per circa un anno strani
eventi continuarono a
verificarsi nell’area,
anche se il clue delle
apparizioni sembrava, in
un clima di quasi
rasserenamento generale,
essere passato.
Investigatori, “monster
hunters” e studiosi di
ogni genere proseguirono
nei loro sopralluoghi
ottenendo, in generale,
pochi risultati tangibili e
significativi ma
comunque validi per
acclarare la genuinità
degli eventi.
La figura che più di tutti
diede però risalto e
validità agli eventi fu il
noto studioso ed ufologo
John Keel autore di uno
dei più estensivi e
documentati testi sugli
eventi. Le ricerche
condotte dall’ufologo
americano possono
essere considerate oggi
un punto di svolta
fondamentale per quello
che costituì il mistero di
Point Pleasant,
demistificandone alcuni
contenuti ed
identificando al suo
interno matrici storicomitografiche che
potrebbero ricondurre
tali avvenimenti, e le
manifestazioni di questo
essere, anche ad epoche
più lontane della nostra
storia. Autore di diversi
saggi sul fenomeno
ufologico, pur se le sue
linee sembrarono
discostarsi dalla “linea
ufficiale
extraterrestrialista” del
periodo, Keel è stato
anche prolifico autore e
studioso dei fenomeni
soprannaturali e
parapsicologici. La sua
convinzione principale
venne ben espressa
durante tutta la sua
produzione letteraria.
Secondo Keel l’intervento
di misteriosi “stranieri”
nella vita di personaggi
storici e famosi come
Thomas Jefferson o
Malcom X potevano
fornire la prova di una
presenza continuata nel
tempo di “dei antichi”. La
manifestazione di queste
figure avrebbe assunto,
secondo Keel, nei tempi
moderni la forma e
l’aspetto del fenomeno
UFO, degli alieni e di
tutte quelle altre creature
che siamo stati abituati a
conoscere.
Keel si trasformò ben
presto nel maggiore
storico delle vicende del
West Virginia
intervistando non meno
di un centinaio di
persone che erano state
testimoni delle
apparizioni dello strano
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
essere tra il novembre del
’66 e il novembre del ’67.
Secondo quanto riportato
dai testimoni l’altezza
media dell’essere variava
dal metro e mezzo a oltre
i due metri, in alcuni casi
si riportavano altezze
molto maggiori, ed era
apparentemente una
creatura dalle fattezze
antropomorfe. La pelle
sembrava variare di
colorazione tra il grigio
ed il marrone mentre gli
occhi erano descritti
come normali o molto
grandi e con un intenso
colore o scuro o rosso.
Dalle spalle sembravano
uscire due strutture
aliformi simili a quelle
dei pipistrelli mentre non
è stato possibile
identificare suoni
coerenti se non simili ad
un “grido femminile”.
John Keel arrivò a Point
Pleasant nel dicembre del
1966 ed immediatamente
iniziò a raccogliere
testimonianze sulle
apparizioni del Mothman
come anche dei numerosi
avvistamenti ufologici
che avevano preceduto la
sua comparsa. Le sue
analisi fecero emergere
fenomeni solitamente
collegati con gli
avvistamenti ufologici
come cali della tensione
nelle abitazioni e
problemi con la
televisione ed i telefoni.
Le numerose luci
osservate nei cieli,
particolarmente sopra il
deposito TNT, non
avevano destato tanta
paura quanto lo
spegnimento dei motori
ed un silenzio quasi
irreale che molti
automobilisti avevano
sperimentato ed udito
passando nelle vicinanze
di questa struttura
abbandonata. Comuni
manifestazioni ufologiche
come quelle sopra citate
erano state
accompagnate anche da
insoliti fenomeni
di poltergeist nella vicina
Ohio Valley. Porte chiuse
a chiave che si aprivano
da sole e si muovevano,
strane voci venivano
udite nei più differenti
contesti, strani rumori
erano uditi sia all’interno
che all’esterno di molte
comuni abitazioni vuote.
La famiglia di James
Lilley, che viveva poco a
sud dell’impianto TNT,
aveva per esempio subito
ed era stata testimone di
eventi talmente bizzarri
da portarli a vendere in
tempi molto brevi la
propria abitazione per
spostarsi nelle vicinanze
della cittadina. Keel era
strenuamente convinto
che tutti questi fenomeni
fossero intrinsecamente
connessi da una matrice
comune e se le
manifestazioni del
Mothman sembravano
essere drasticamente
diminuite una serie di
altri fenomeni ancora più
sinistri sembrava aver
preso piede in tutta la
zona. La giornalista Mary
Hyre, corrispondente del
giornale Messenger a
Point Pleasant, dopo un
solo weekend speso nella
cittadina aveva registrato
non meno di 500
telefonate di individui
che avevano osservato
strane luci nel cielo. Il
disastro più grave
avrebbe però dovuto
ancora verificarsi. Alle
cinque di mattina del 15
dicembre del ’67 il grande
ponte che collegava la
cittadina di Point
Pleasant allo stato
dell’Ohio collassò sotto il
proprio peso uccidendo
46 automobilisti che si
trovavano sopra. Nella
stessa tragica notte la
famiglia di James Lilley
era stata testimone di
non meno 12 passaggi di
luci nel cielo che
sembravano scomparire
nella vicina foresta. Il
crollo del Silver Bridge
lasciò l’intera comunità
nella più totale
disperazione
assommandosi al periodo
di terrore che aveva
accompagnato la
comparsa del Mothman e
dei fenomeni che
sembravano a lui
collegati. Mary Hyre
passò diverse notti
insonni raccogliendo
testimonianze di strani
avvistamenti e di strani
presagi che sembravano
aver preceduto il crollo.
La giornalista era stata,
alcuni giorni prima,
anche testimone diretta
di un incontro con uno
strano personaggio che le
aveva fatto visita e le
aveva posto “curiose
domande su gli eventi
occorsi nella zona”. La
Hyre aveva definito
“strano” questo individuo
per alcune caratteristiche
fisico-anatomiche che
sembravano
caratterizzarlo e che, a
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
distanza di anni, le
avevano fatto dubitare
sulla sua reale
“terrestrialità”. Non
possiamo giudicare ciò
che la Hyre visse e vide in
prima persona possiamo
però constatare che
questo incontro non fu
l’unico nel suo genere
poiché molti cittadini e
studiosi furono oggetto di
“strane visite” in tutto il
periodo in cui occorsero
questi eventi. Quasi come
nel film del 2002 la storia
e gli eventi sembravano
trasformarsi e mutarsi
quasi come
indirizzandosi verso una
sorta di contatto con
l’uomo.
Durante la settimana di
Natale nuovamente la
Hyre e molti cittadini
testimoni delle luci
notturne furono oggetto
delle visite di un oscuro
personaggio che si
dichiarò incuriosito dagli
eventi ufologici occorsi
negli ultimi mesi e
minimamente interessato
al tragico disastro
recentemente avvenuto.
Qualsiasi cosa si sia
celata dietro la creatura
che è stata
chiamata Mothman di un
fatto possiamo essere
certi, non si trattò di una
montatura e di una
mistificazione. Ci sono
stati troppi testimoni
credibili per poter
ritenere che sia stata
perpetuata una
mistificazione ai danni
dei media e dei
ricercatori perpetuata per
un tempo così lungo da
non essere logicamente
credibile. Basti solo
pensare agli oltre
cinquecento cittadini
testimoni di strane luci, a
bassa quota, nei cieli
sopra Point Pleasant. Per
non parlare di quasi, e
forse più, di 100 persone
direttamente o
indirettamente entrate in
contatto con la strana
creatura. La stessa
letteratura ufologica ci
insegna che, nel caso di
mistificazioni, troppi
testimoni tendono dopo
poco tempo a far
trapelare minime
informazioni
involontariamente o
comunque a muoversi e a
gestire la situazioni quasi
mai all’altezza del
compito richiesto. Non
sono ovviamente tardate
già allora le spiegazioni
che cercarono di fare luce
sugli strani avvenimenti.
Per la stessa creatura
venne detto che si fosse
trattato probabilmente di
Gru Canadesi, Grus
canadensis, in
migrazione andate fuori
rotta e stanziatesi nella
zona.
Curiosamente la gru
canadese potrebbe
rassomigliare molto
lontanamente ad alcune
delle caratteristiche
descritte del Mothman,
come ad esempio una
corona circolare rossa
attorno agli occhi ed una
conformazione alare
alquanto ampia e poco
comune, ma non
potrebbe spiegare che
l’1% forse delle
testimonianze.
Considerando anche, ci
teniamo a sottolinearlo
nuovamente, che i
cittadini di Point
Pleasant erano stati e
continuavano ad essere
abili cacciatori ci risulta
alquanto strano pensare
che solo in un
determinato lasso di
tempo e soprattutto per
un numero così esteso di
individui innocui volatili
fossero stati scambiati
per la mostruosa creatura
descritta. Non si
spiegherebbero poi tutti
gli altri fenomeni insoliti
testimoniati nel corso del
tempo in tutta la zona. Lo
stesso John Keel, che
credeva nella genuinità
degli avvistamenti e della
creatura, riteneva che
alcuni dei testimoni delle
sue apparizioni avessero
avuto più che un
semplice coinvolgimento
con strane luci nel cielo.
Ma se il Mothman è stato
un evento reale come
anche probabilmente
furono gli avvistamenti
nei cieli, i poltergeist, i
presunti atterraggi di
UFO, gli strani eventi
paranormali registrati,
l’intervento di Men in
Black e il più terribile
crollo del Silver Bridge
quale fu il piano dietro
questo progetto? Perché
fu scelta propria quella
cittadina? Chi fu l’artefice
di tutti gli eventi?
John Keel ebbe sempre
pochi dubbi su tali
domande. Considerava
Point Pleasant una “zona
finestra” marchiata nel
corso del tempo, e forse
anche dei secoli, da strani
eventi all’interno dei
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
quali si sarebbero inseriti
gli eventi occorsi e vissuti
negli anni sessanta. Ma
se questi eventi possono
accadere in West Virginia
ed in determinate zone
finestra, è possibile
ipotizzare che esistano
altri luoghi nel pianeta
che possano aver
ospitato, o forse ospitare
ancora oggi, simili eventi.
Possono queste finestre
spiegare le apparizioni
fantasmatiche, le
creature misteriose, le
luci nel cielo? O forse il
fenomeno UFO osservato
interagisce o sfrutta
determinate zone?
Domande e dubbi che
probabilmente dovranno
aspettare ancora molto
tempo per ricevere una
risposta ma che
comunque ci stimolano e
ci aiutano a comprendere
sempre di più il mondo
che ci circonda ed i
fenomeni con cui
veniamo a contatto.
Enrico Baccarini
[email protected]
APPROFONDIMENTO
Riportiamo, a titolo
di curiosità ed
informativo,
alcuni frame di un
filmato girato nel
luglio del 2004 a
Russell, Ky, di fronte
ad Ironton, Ohio a
sole 37 miglia da
Point Pleasant.
Distanziati
unicamente dalla
Wayne National
Forest i due
insediamenti urbani
sono entrambi
attraversati da un
fiume e nel caso di
Russell sembrano
essere presenti le
stesse caratteristiche
geologiche e naturali
proprie di Point
Pleasant.
Che la “zona finestra”
sia più ampia di
quanto ci si possa
aspettare? Forse.
Anche se l’immagine
risulta essere
sgranata e a bassa
risoluzione risulta
molto interessante
per la figura che
sembra
rappresentare.
Non è possibile
ovviamente acclarare
l’autenticità della
stessa affermando di
essere davanti alla
prima foto ufficiale
del Mothman, è
comunque
interessante notare
che raffronti con le
strutture circostanti
hanno stimato
l’altezza della
creatura sopra i due
metri non trovando
anche similarità
evidenti con le
dinamiche di
movimento e di volo
di uccelli noti.
Una distanza di circa
45 metri tra il
soggetto ed il
fotografo permette
raffronti solo
sommari interessanti
però per poter
pensare ed ipotizzare
che i fenomeni non
siano cessati, in
un’area che oggi
risulterebbe più
estesa, ma che si
siano forse celati
meglio alla nostra
vista.
Questo visto che si è
ripetutamente
cercato di indicare
nell’origine di tali
manifestazioni
volatili come gufi o
civette
maldestramente
interpretati ed
osservati dai
soggetti!!!
Quotidiano di Athens
nell’Ohio. Dei 46
morti due non furono
mai ritrovati mentre
gli altri sono stati
inumati nel cimitero
della cittadina di
Gallipolis in Ohio.
Enrico Baccarini
[email protected]
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Enrico
Baccarini
Firenze
Esoterismo e
mistero
Editoriale Olimpia
www.edolimpia.it
Tutti sanno che esiste una
Firenze mondialmente
riconosciuta come capitale
della cultura e dell’arte. Non
tutti sanno però che c’è anche
una Firenze occulta e
misteriosa. La città dello
studiolo di Francesco I de’
Medici e dei suoi esperimenti
alchemici, della Massoneria
medievale e degli spiriti del
Salone dei Cinquecento, del
tetro Savonarola e del Canto
de’ Bischeri. E ancora dei
misteri cifrati nei dipinti e nei
manoscritti, delle torture
atroci e infernali del Bargello,
di Dante e degli esoterici
Fedeli d’Amore, delle
disavventure di Cecco D’Ascoli
e di quelle di Pico della
Mirandola, delle confraternite
e degli eretici. Un itinerario
misterioso dove ogni via, ogni
casa, ogni androne, mostra
ironico al turista la sua ombra
e gli nasconde geloso il suo
significato. Un viaggio che da
Firenze mano a mano si
svolge, per gironi danteschi,
lungo tutta la Toscana: San
Galgano e la sua leggenda, lo
sfuggente fiume Diana e la
Chimera, le visioni e i
visionari, Lazzaretti e i
fantasmi vaganti a
Montaperti, i labirinti etruschi
e l’enigmatica città di Luni.
Fatti, paure e sensazioni che
impregnano di sé la terra e gli
uomini. Foschie o vaghe
nebbie che salgono lente alla
memoria da questa terra
arcana e misteriosa.
Bibliografia
• Il caso Mothman, John A.
Keel, Sonzogno 2003
• http://www.mothmanlives.co
m/
http://www.prairieghosts.com/
moth.html
http://nyny.essortment.com/mo
thmancreature_rlcw.htm
http://www.webspawner.com/us
ers/mothmaninvestigation/
http://www.lorencoleman.com/
mothman_death_list.html
http://mothman2004.topcities.c
om/
http://wchs8.com/traveling/001
109.html
http://www.boudillion.com/Mot
h/mothman.html
Bibliografia Inglese:
• Coleman,
Loren. Mothman and
Other Curious
Encounters, New York,
New York, Paraview
Press, 2002.
Keel, John A. The
Mothman Prophecies,
New York, New York,
Tor, 2001.
Sergent,
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Legend, Point Pleasant,
West Virginia, Mothman
Lives Publishing, 2002.
Unexplained! by Jerome
Clark (1999).
The Mothman Prophecies by
John Keel (1975).
The Complete Guide to
Mysterious Beings by John
Keel (1970 / 1994).
Our Haunted Planet by John
Keel (1971).
Disneyland of the Gods by
John Keel (1988).
The Silver Bridge by Gray
Barker (1970).
Mysterious America by Loren
Coleman (1983 / 2000).
Alcuni Articoli Pubblicati
in USA:
–
“Bird Echoes Still,” Point
Pleasant Register, 11-211966.
“Bird Gets OnceOver,” Point Pleasant
Register, 12-1-1966.
“Birdman Could Be FHS
Balloon,” Huntington
Herald-Dispatch, 11-181966.
“Blast From The Past,
Some of the Original
Mothman Stories that
Huntington Newspapers
Published in
1966,” Huntington
Herald-Dispatch, 1-132002.
“Could the Moth Man Be
Ballon? Huntington
Advertiser, 11-18-1966.
“Couples See Man-Sized
Bird…Creature…Somethin
g,” Point Pleasant
Register, 11-16- 1966.
“Flying Man Seen Here,
Man Claims,” Charleston
Gazette, 11-18-1966.
“Four Pt. Pleasant Car
Occupants See Bird-Like
Creature,” Morgantown
Dominion News, 11-171966.
“Marketing Mayhem
Greets Movie’s
Debut,” Huntington
Herald-Dispatch, 1-252002.
“Mason County Bird
Known Far and
Wide,” Point Pleasant
Register, 11-28-1966.
“Mason Countians Hunt
Moth Man,” Huntington
Herald-Dispatch, 11-171966.
“Mason County Has Flying
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Mystery,” Morgantown
Dominion News, 11-181966.
“Mason Bird-Monster
Presumed Gone
Now,” Huntington
Herald-Dispatch, 11-221966.
“Mothman Offers Dark,
Creepy Thrills,” CNN.com,
1-24-2002.
“Mothman Movie
Resurrects Mysterious
Legend,” CNN.com, 124,2002.
“Mothman,” Huntington
Herald-Dispatch, 1-132002.
“Mothman’s
Back,” Huntington
Herald-Dispatch, 1-132002.
“Oh, That Bird It Was Seen
Again,” Point Pleasant
Register, 11-25-1966.
“Our Bird Has Law On Its
Side,” Point Pleasant
Register, 11-19-1966.
“Owl? Goose? Prank: Or
Take Your
Choice,” Huntington
Advertiser, 11-17-1966.
“Professor Says Moth-Man
Could Be Large
Crane,” Huntington
Advertiser, 11-19-1966.
“Reporter’s Night Went By
Without Mothman
Sighting,” Huntington
Herald-Dispatch, 1-132002.
“That Mothman: Would
You Believe a Sandhill
Crane?,” Huntington
Herald-Dispatch, 11-191966.
“The Mothman
Rises,” Charleston
Gazette, 1-24-2002.
“Town Welcomes
Mothman
Publicity,” Charleston
Gazette-Mail, 3-3-200
–
–
–
2.
Urbis Historia
pag.59
Il labirinto
di Pontremoli
(una via per scegliere)
2009 © Simonetta Santandrea
Simonetta antandrea
Labirinti come archetipi
grafici si hanno fin dagli
albori della civiltà in
culture anche non
correlate tra loro.
L’unico senso che si può
dare a questa diffusione a
vastissimo raggio sta
nella facilità compositiva
della struttura labirintica,
quasi un automatismo
espressivo, un ghiribizzo
sovrappensiero, più che
una volontà estetica
consapevole.
Il labirinto come forma
consapevole di
espressione, invece, come
simbolo e segno di un
qualcosa di concreto o
comunque riconoscibile
da altri come tale, nasce a
Creta nel secondo
millennio avanti Cristo.
I mitografi greci ci hanno
tramandato le molte
versioni del mito cretese
di Minosse, di Pasifae,
del Minotauro,
dell’incarico all’architetto
Dedalo di costruire il
palazzo del Labirinto, e di
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Teseo, l’eroe ateniese che
dal labirinto esce
vincitore, sia del
Minotauro che della
struttura che lo ospitava.
Si tramanda inoltre
notizia di almeno undici
tra opere tragiche e
comiche, oggi perdute,
che avevano per tema il
mito cretese, ed è lecito
sospettare che qualcuna
di esse sia pervenuta, in
forma diretta o indiretta,
almeno fino all’alto
medioevo.
Labirinto, dal nome greco
labyrinthos (λαβύρινθος)
significa, con buona
probabilità, palazzo
“della bipenne”. L’ascia
bipenne è un oggetto la
cui figura è speculare,
simmetrica. Nel
movimento di chi la usa
c’e un’andata e un ritorno
che sono, se non identici,
speculari, con un
andamento che è
oscillatorio, pur andando
a perdersi come fa un
pendolo, se la bipenne è
appesa per il manico, che
termina ad anello, come
ci è attestato nell’Odissea.
Anche l’entrata e l’uscita
dal labirinto devono
essere identici e
speculari, o almeno,
pendolari, pena il
mancato successo
dell’operazione.
I labirinti medievali
sulla via Francigena
La Via Francigena che da
Canterbury portava a
Roma è un itinerario
della storia, una via
maestra percorsa in
passato da migliaia di
pellegrini in viaggio per
Roma. Fu soprattutto
all'inizio del secondo
millennio che l'Europa fu
percorsa da una
moltitudine di anime
"alla ricerca della Perduta
Patria Celeste". Erano tre
i poli di attrazione per
questa umanità in
cammino: innanzitutto
Roma, luogo del martirio
dei Santi Pietro e Paolo;
Santiago de Compostela,
dove l'apostolo San
Giacomo aveva scelto di
riposare in pace e
naturalmente
Gerusalemme in Terra
Santa. Il pellegrino
inoltre non viaggiava
isolato ma in gruppo e
portava le insegne del
pellegrinaggio (la
conchiglia per Santiago
de Compostela, la croce
per Gerusalemme, la
chiave per San Pietro a
Roma). Va detto che
queste vie di
pellegrinaggio erano allo
stesso tempo vie di
intensi scambi e
commerci e che le stesse
venivano percorse dagli
eserciti nei loro
spostamenti.
In un cerchio
immaginario di 200
chilometri di diametro,
nella parte centrale e più
innervata di richiami
odeporici e culturali della
via Francigena, si
contano ben cinque
labirinti di origine
medievale.
Il labirinto di San
Michele di Pavia,
pavimentale, a mosaico,
circolare e unicursale (a
senso unico). Al centro
del labirinto, il
Minotauro volge il capo
all’entrata della Basilica:
fatto certo inusuale, ma
sicuramente non casuale.
La posizione del
Minotauro, rivolto verso
lo spettatore, oltre a
indicare la navata della
Basilica, corrisponde
all’immagine celeste della
costellazione del Toro.
Nel presbiterio della
chiesa, i resti del labirinto
sono circondati dai
simboli della terra, del
mare, del cielo,
dell'uomo. Un re
incoronato, che raffigura
l’anno solare, troneggia al
centro della
rappresentazione dei
mesi e delle stagioni.
Il labirinto di San
Savino di Piacenza,
pavimentale, a mosaico.
Risaliva al XII secolo e ad
esso era legato un motto
dal valore oscuro, che per
taluni è negativo.
Metteva in guardia i
fedeli, che vi dovevano
vedere il mondo: largo
per chi entra ma stretto
per chi tenta di liberarsi
dai vizi per uscirne. Una
sorta di itinerario, ci pare
di capire, comunque
iniziatico. La frase latina
era:
"Hunc
mundum tipice
laberinthus denotat iste
intranti largus, redeunti
set nimis artus
sic
mundo captus, viciorum
mole gravatus
vix
valet ad vite doctrinam
quisque redire"
La presenza di un
labirinto su questa
direttrice della via
Francigena avvalora più
che mai l'ipotesi di un
percorso preciso in cui
questi supporti
'filosofico-ermetici'
venivano collocati.
Il labirinto di San
Caprasio di Aulla,
puramente decorativo,
negli stucchi del sacello
del santo, distrutto
durante la seconda
guerra mondiale.
Il labirinto di Lucca,
verticale, circolare e
unicursale, è collocato
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
nell’atrio della cattedrale
di San Martino nella
prima colonna a destra di
chi si reca nel duomo.
Consiste in una semplice
formella quadrata
interamente riempita dal
labirinto. E’ stata erasa la
figura, probabilmente il
Minotauro, che occupava
il centro del simbolo. Lo
scritto, a destra del
simbolo sulla colonna,
sembra anch’esso di
carattere giustificativo, e
quindi posteriore, e non
avere quindi relazione
cogente col labirinto
stesso. Si trascrive
comunque: “Hic quem
creticus edit Dedalus est
laberinthus de quo nullus
vadere quivit qui fuit
intus ni Theseus gratis
Ariadne stamine vintus”
("Questo e' il labirinto
costruito da Dedalo di
Creta dal quale nessuno
entratovi potè uscire
salvo Teseo grazie al filo
di Arianna").
Il labirinto di
Pontremoli, anch’esso
verticale, circolare e
unicursale, è in una lastra
di arenaria di circa 83x60
cm., sovrastato da due
figure umane a cavallo
non speculari, quella di
destra ha infatti un
prolungamento
trapezoidale sotto la
pancia del cavallo, forse
un mantello o una gonna,
e un’entita poco
contornata
apparentemente alata
dietro le spalle. L’altra è
più ovvia e ha le fattezze
del tipico cavaliere.
Entrambe le figure
sovrastano il labirinto.
A sinistra di questo c’e un
ouroboro quasi nascosto
nei pressi del rilievo poco
marcato che funge da
cornice. L’ouroboro è il
serpente che si morde la
coda, che è un simbolo di
probabile provenienza
iranica ed e legato
esplicitamente all’idea
del trascorrere del
tempo.’anno è un anello
con una testa e una coda
che si fondono: un luogo
simbolico in cui l’eternità
si stempera
nell’individualità
transeunte. Ciò sarebbe
perfettamente in sintonia
con l’interpretazione
dell’insieme simbolico
pontremolese come
traslato sincretistico di
un rito di fertilità o di
iniziazione. L’ouroboro
quindi ci attesterebbe che
ogni anno presso il
labirinto di Pontremoli,
o, ancora più indietro nel
tempo, presso quella che
dovremmo considerarne
l’originaria matrice
stilemica, si svolgevano
gare di iniziazione. A
destra c’è invece una
forma indistinta,
purtroppo nei tempi
moderni rimasta
illeggibile. In margine al
labirinto, in basso, una
scritta recita “Sic currite
ut comprehendatis”,
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
chiaro riferimento alla
paolina prima lettera ai
Corinzi, che, sembra,
possa essere
interpretato come una
sorta di giustificazione,
con buona probabilità
aggiunta, e quindi
posteriore, delle due
figure che combattono.
Con caratteri simili è
stato apposto, anch’esso
successivamente, il segno
del Cristo, IHS, nel
centro del labirinto
stesso. L’attuale
collocazione della lastra
pontremolese é moderna,
dopo la distruzione
spaziale dell’area di
pertinenza nella chiesa di
San Pietro per un
bombardamento durante
la seconda guerra
mondiale.
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Nel mito greco “il
labirinto è umano”, ma
non si può dire che sia
questo il tratto prevalente
nella prospettiva
medievale: in
quest’ultima è un simbolo
che ci appartiene soltanto
in quanto vi siamo
dentro. “Voi siete qui”
come nei cartelli
indicatori ,ma senza la
freccia, che ciascuno deve
poter mettere a sua
coscienza, “voi siete qui”,
in itinere, ed è implicito
che uno può e deve capire
quanto gli manca a
raggiungere il centro del
labirinto, meta
inevitabile e scontata.
Quindi anche nel
medioevo “il labirinto è
umano”, ma solo in
quanto nessuno vorrebbe
esserci ancora dentro,
invischiato nei suoi
meandri. Non è umana la
ragione dell’esservi
dentro. Accettare il
labirinto solo ed
esclusivamente come
metafora dell’esistenza
significa rendere umano
il labirinto. Questo solo
l’umanesimo pagano o
l’umanesimo
postmedievale, erede del
primo, può permettersi di
concepirlo. Il labirinto
medievale è più
complesso e sfuggente:
la prima e più ovvia
considerazione vuole che
lo sviluppo in senso
umanistico del labirinto
evolva dal labirinto
unicursale a quello
multicursale. Il primo è
un puro simbolo della
cecità del procedere della
vita umana, il secondo è
una metafora della scelta,
che è cieca solo perchè
non siamo in grado di
antivederne l’esito. Nel
labirinto unicursale
non c’è inganno.
L’artefice, l’architetto
non ha voluto creare
stratagemmi a danno
dell’uomo, vuole solo
impedirgli di credere di
essere come lui, cioè di
godere di una prospettiva
d’insieme, al di sopra del
labirinto, finchè non ne
sia, come che sia, fuori.
Nel labirinto
multicursale ci sono
invece stratagemmi.
L’architetto è un uomo
che inventa inganni per
altri uomini.
Complicando il
meccanismo con la
creazione di scelte
alternative, l’artefice si
umanizza e svilisce,
rendendola immanente,
la metafora del labirinto.
Il labirinto cristiano è
unicursale. Nel
labirinto cristiano si
entra consapevolmente e
consapevolmente si può
recedere. E questo sia che
ci si immerga in una
simbologia positiva che
in una negativa. Tanto gli
esempi qui esaminati,
quanto le riproposizioni
cinquecentesche di Siena
(nel pavimento del
Duomo) e di Ravenna
(nel pavimento di San
Vitale), o quello nel
soffitto del palazzo dei
Gonzaga a Mantova, così
caro a Isabella d’Este per
il rincorrersi delle scritte
“Forse che si forse che
no”, sono unicursali.
Come pure quello del
manoscritto di Ratisbona
del XIII secolo, del
mosaico di St-Come-etMaruejols (Gard) in
Francia o quello in
ciottoli delle isole Scilly o
quello mutilo, riapparso
dopo la seconda guerra
mondiale in San
Giovanni Evangelista a
Ravenna.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Ammettiamo pure che il
labirinto cristiano possa
farsi metafora della vita
umana, il cui esito può
essere conosciuto solo al
termine e al di fuori di
esso, è pero evidente che
l’Artefice del labirinto
non è concepibile in una
conflittualità di tipo
umanistico con chi lo
osserva e lo ripercorre.
L’Artefice non inganna,
non è Dedalo, ma si
limita a contemplare
dall’alto, immobile, il
movimento volontario
dell’uomo verso la sua
meta obbligata.
Il labirinto unicursale è,
sic et simpliciter,
conseguentemente
apotropaico, in qualche
modo esorcizzante e bene
augurale, perchè è una
strada segnata,
delimitata, condizionata,
ma dunque anche
protetta
dall'imprevedibilità
estrema del trovarsi fuori
da qualsiasi schema.
L’uomo medievale chiede
a Dio di essere nel
labirinto, purchè questo
sfoci verso il giusto
centro.
Un’altra forte
differenziazione tra
labirinti unicursali e
multicursali sta
nell’obbiettivo da
raggiungere: nei primi
non è l’uscita dal
labirinto, bensì il
centro dello stesso
(anche per questo il
pavimento
cinquecentesco di San
Vitale non ha più niente
di medievale, proprio
perchè ha un obbiettivo
esterno, la conchiglia, pur
essendo unicursale). Il
centro del labirinto,
inteso come scopo del
viaggio, si presta quindi a
una pletora di ulteriori
metafore, dalla montagna
di Gerusalemme o del
Paradiso Terrestre come
centro del mondo, alla
sacralità dell’isola al
centro di un lago o di un
oceano.
Inoltre, l’andamento di
un labirinto unicursale
non può non essere
pendolare: il
riempimento dello spazio
vuoto, circolare o
rettangolare che sia, deve
comunque essere tale da
dividere lo spazio in due
semi-interi o in quattro,
in modo che, trovato
l’asse mediano, la figura
possa sempre essere vista
come quasi speculare
intorno a detto asse. E
qui ritorna il tema della
bipenne.
Abbiamo poi la
distinzione tra labirinti
verticali (murali) e
pavimentali. Il labirinto
verticale non può essere
percorso e quindi rimane
un memento, un simbolo,
un richiamo. Il labirinto
pavimentale può essere
percorso dal fedele,
quindi assumere la
funzione di sostituto del
viaggio. Quest’ultimo
può, quindi,
astrattamente, definirsi
più recente.
La metafora del
viaggio come
strumento di
salvazione
Nel medioevo non era un
piacere viaggiare. Ci si
metteva in viaggio per
estrema necessità, per
bisogno, per dovere, per
il pericolo che avrebbe
comportato il restare. La
fuga in Egitto della
Sacra Famiglia è
emblematica di
quest’idea del mettersi in
viaggio per garantire a sè
e ai propri cari la
sopravvivenza immediata
o indiretta. Se dovessero
mai considerarsi come
puri simboli di richiamo,
i labirinti di Pontremoli,
di Lucca, di Pavia e di
Piacenza potrebbero
anche essere il simbolo di
Teseo, colui che
proteggeva i viandanti
sulla via di terra fra
Trezene e Atene,
liberandoli da una gran
quantità di banditi (Sini,
Scirone, Cercione,
Procuste) e mostri (la
scrofa assassina, lo
Minotauro).
Il contesto mitico del
labirinto viene quindi a
legarsi nel medioevo al
viaggiare con uno
scopo di salvazione: i
soggetti umani,
semidivini e divini, che si
propongono la salvazione
altrui affrontano un
viaggio discendente e
ascendente (ad
andamento pendolare),
irto di difficoltà, e, se la
rappresentazione grafica
delle Mappae Mundi
deve necessariamente
convincerci che la
percezione del
rappresentato antica e
medievale fosse piatta,
altrettanto potremmo
inferire del labirinto
unicursale, sia nel senso
della profondità che in
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
quello della convessità,
verso il centro della terra
o verso l’alto. Non
escludiamo pertanto, in
via di principio, che il
labirinto medievale
sia “plastico”, ovvero
rappresenti un percorso
ascendente, una
montagna o discendente,
una cavità. In questo
senso il vero elemento di
pericolo nell’essere nel
labirinto (che ricordiamo
essere unicursale)
sarebbe dato dalla
innaturalità di un viaggio
in verticale (il tabù delle
alture e delle cavità è
sempre stato diffuso,
anche nel medioevo)
oltre che dalla fatica
fisica di un’andata che
deve contemplare anche
un ritorno, pena la
perdita della salvezza.
I pellegrinaggi di
figure affrontate nei
labirinti, dinanzi a un
ouroboro
Il labirinto di Pontremoli
è stato realizzato in
un’epoca e da un artefice
che è consapevole della
vita umana come
metafora di un
viaggio obbligato. Il
labirinto rappresentato è
ancora un memento, non
un simbolo sostitutivo del
viaggio, come appare
essere il cinquecentesco
labirinto nel pavimento
di San Vitale in Ravenna,
sicuramente ispirato,
quest’ultimo, da un
devoto del culto di
Santiago de Compostela,
vuoi per il
posizionamento in
direzione ovest del cursus
e dell’uscita, vuoi per la
conchiglia che accoglie,
con simbolo peraltro
psicoanaliticamente
evidente, chi esce dal
labirinto stesso.
Corrobora l’ipotesi qui
esposta anche l’evidente
incongruenza liturgica e
dottrinale di porre
l’uscita dal labirinto
ravennate, voltando le
spalle all’altare: è
evidente che l’aspetto
simbolico dell’andata
verso ovest ha messo in
subordine, nell’ideatore,
la relazione tra l’essere
nel labirinto e il
rapportarsi al Santissimo.
Deve aver prevalso, nello
spirito compositivo
dell’opera, proprio
l’aspetto simbolico, del
percorso labirintico sotto
lo sguardo che dall’Altare
giudica e prende atto,
come sostituto del voto di
peregrinazione verso
Santiago; se si prende in
esame la dislocazione di
quattro dei labirinti
superstiti (Pavia,
Piacenza, Pontremoli,
Lucca), non può non
affacciarsi un’ipotesi
odeporica. Cercando di
sviluppare questa ipotesi,
si ha che se la strada di
riferimento fosse la via
Francigena, saremmo
tenuti a ricercare tracce
di altri labirinti a monte e
a valle di quelle cento e
poco più miglia che
separano Piacenza da
Lucca, ma non ne
abbiamo, se non a Siena
(ma non e più medievale)
e a Roma.
Consideriamo invece i
percorsi italiani diretti a
Compostella: in questa
luce, le quattro città
dotate di labirinto hanno
una precisa funzione
catalizzante, sono
altrettanti snodi viari
in cui si raccolgono
pellegrini afferenti da
diverse ramificazioni
stradali.
Pavia è il collettore della
viabilità che dai passi
alpini occidentali e dal
Piemonte porta verso
sud. Piacenza raccoglie
quella che dalla Rezia
centrale porta a Milano e
Lodi. A Pontremoli
invece confluiscono non
soltanto gli antichi
percorsi montani che da
Bobbio valicavano
l’Appennino, nati per
dribblare tra i capisaldi
bizantini e longobardi
arroccati a difesa del
rispettivo limes, e forse
ormai superati ai tempi
del culto compostellano,
ma anche tutti quei
viandanti che, dall’est e
dalla via Emilia,
giungono a Parma e
scelgono di imbarcarsi in
un porto tirrenico,
piuttosto che affrontare
le Alpi, oppure si
dirigono via terra verso
Lucca. Per Lucca invece
dobbiamo tener presente
non solo chi giunge da
sud lungo la via
Francigena, ma anche chi
proviene da Firenze e
Pistoia per imbarcarsi nei
porti di Motrone e di
Pisa.
Quindi tra la Francigena
e la via per Santiago di
Compostella appare
evidente che è su
quest’ultima che i
labirinti verticali citati
assumono un maggiore
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
portato di senso: in
particolare, ci sarebbe
consentito anche il
riaggancio e l’utilizzo
delle figure affrontate
della lastra di
Pontremoli, attraverso i
cantari e le chansons de
geste del ciclo carolingio.
Ci si apre un altro vasto
orizzonte, intrigante ma
pericoloso, perchè
estraneo all’area
geografica dei nostri
labirinti, quello del
labirinto come prova
cavalleresca per la
conquista di un proprio
spazio nel mondo. E se
fossero, invece, le
intersezioni tra le due
vie di pellegrinaggio
(la Francigena e il
Cammino
Compostellano) a
rappresentare la ragione
sufficiente per aver
collocato i labirinti,
specialmente quelli
verticali? Se, con lo
svilupparsi del culto di
Santiago di Compostela, i
cluniacensi di passaggio
avessero voluto, con tale
simbolo, offrire una meta
alternativa al flusso dei
pellegrini romei? Il
legame tra pellegrinaggi e
labirinti è, nel medioevo,
un legame simbolico
abbastanza evidente. Ciò
che è meno evidente è
che entrambi questi
concetti, visti a loro volta
come simboli, sono
percepibili come
sostituti di qualcosa.
Il pellegrinaggio
sostituisce una scelta di
vita monacale, la “divina
peregrinatio” cassinense,
l’abbandono definitivo
del mondo, che è scelta di
via diretta alla
purificazione e alla
perfezione, per quanto
questa sia possibile sulla
terra. Nessuno è perfetto,
non tutti riescono a
compiere questo grave
passo definitivo. Molti
hanno bisogno di
qualcosa che le somigli,
di un surrogato. Questo è
appunto la prima vera
funzione della
peregrinatio terrena,
diciamo pure, in modo
improprio e modernista,
laica.
La gente comune, quelli
che oggi chiameremmo i
laici, vive la peregrinatio
come un sostituto, un
surrogato della scelta
monastica. Si vuole
andare a Gerusalemme o
a Roma, al Gargano o a
Santiago de Compostela
per morirvi, forse, ma
certo per fare quella
scelta che prima non si è
avuto il coraggio di fare;
per espiare i propri
peccati, e per scoprire se
questa decisione, questa
metanoia, avvicinerà
all’incontro sperato con
una delle figure tipiche
del giudizio post mortem
e della salvazione
cristiana (il Cristo, Pietro,
l’arcangelo Michele,
Giacomo). Attraverso la
peregrinatio terrena, il
labyrinthus della propria
esistenza vorrebbe
trovare il suo
glomerulum lini…
Ma gli uomini sono
ancora più deboli, non
tutti possono compiere
anche solo il viaggio
fisico finale verso la
salvezza. Alcuni hanno
bisogno di qualcuno che
realizzi un voto al loro
posto, ed ecco che nasce
il pellegrinaggio per
procura; altri invece che
non possono pagarsi
neppure un sostituto,
inventano il labirinto
come sostituto figurale
del pellegrinaggio stesso.
Ma il labirinto era già un
sostituto figurale, prima
ancora di essere
rappresentato e percorso
in ginocchio all’interno
delle chiese. Lo era come
simbolo dei seguaci di
Dedalo, dei costruttori di
chiese, di coloro che
hanno fatto dal nulla un
edificio di elezione e di
salvazione. Il labirinto
era già nelle chiese a
richiamare la gente a una
scelta: “questa che vedi è
la tua vita, ora scegli”.
Il fatto che fossero posti a
Pavia, a Piacenza, a Lucca
e a Pontremoli, ci dice
che una delle scelte
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
esistenziali possibili e
immediate doveva essere
quella viaria. Pontremoli
poi è uno dei punti chiave
in cui si incrociano le vie
per Roma e per Santiago:
bisognava scegliere a
quale santo votarsi. Pavia
e Piacenza erano luoghi
in cui si doveva scegliere
tra la via del Monte
Bardone e le altre vie
romee che si dipartivano
dalla via Emilia. Lucca
era il luogo in cui si
doveva scegliere tra le vie
del mare e la via
Francigena, sia che si
venisse da nord per
andare a Roma, sia che si
venisse da est o da sud
per andare a Santiago.
Scegliere, sempre e
comunque scegliere, in
quale labirinto perdersi.
Simonetta Santandrea
[email protected]
Documenti
pag.66
Report Conferenza
"UFO e
Paranormale"
Pavia 10/04/2003
http://nuke.sentinelitalia.org/Default.aspx?tabid=82
Il documento è consultabile in originale alla pagina web indicata (portale Sentinel Italia)
Alessia Maineri
Carlo Sabadin ha aperto la
serata consegnandoci una
visione di massima e
generale sulla cosiddetta
Ipotesi Parafisica che cerca
di coniugare Ufologia e
Relatori
Carlo Sabadin ( Sentinel Italia, gruppo Camelot )
Teodoro di Stasi (Ricercatore indipendente)
Marisa Uberti (Ricercatrice indipendente)
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
paranormale.
L’ipotesi Parafisica si basa
sul concetto che gli Ufo
facciano parte del mondo
del Paranormale, essendo
assimilabili
a
eventi
anomali ricollegabili al
folclore antico medioevale,
che riferisce di incontri con
esseri
strani,
divinità,
creature
misteriose...ecc.
Si tratta di una delle più
forti ipotesi alternative alla
classica
interpretazione
extraterrestre
che
tutti
conosciamo e sostiene che
quelli che noi chiamiamo
Ufo non proverrebbero
dallo Spazio e da altri
Pianeti ma da dimensioni
sconosciute.
Il primo ad elaborare questa
teoria fu l’americano Layne
, che nei primi anni ’50
analizzando tutti gli aspetti
della nascente ufologia
moderna
iniziò
ad
intravedere la possibilità
che dietro al fenomeno vi
sia un’intelligenza di natura
sfuggente, degli esseri che
sarebbero
normalmente
invisibili ma che sarebbero
in grado di materializzarsi
sul
piano
fisico
in
particolari
occasioni.
Secondo Layne però queste
materializzazioni
non
sarebbero alla portata di
tutti, ma solo determinati
soggetti
particolarmente
dotati come medium e
sensitivi
o
contattisti
sarebbero in grado di
vederle e percepirle.
L’ipotesi di Layne suscitò
pesanti critiche e
discussioni, ma riuscì a
raccogliere anche numerosi
consensi.
Uno dei sostenitori della
teoria parafisica fu lo
scrittore di fantascienza
Arthur C. Clarke che però
nei suoi romanzi parlerà
sempre di Ufo come
abitatori di altri Pianeti che
solcano lo spazio sulle loro
astronavi.
Qualche anno dopo, siamo
ormai negli anni ’60, John
Keel elaborò la teoria di
Layne ipotizzando un
complotto ai danni
dell’umanità teso da una
sorta di forza invisibile che
si celerebbe dietro agli Ufo:
il tutto quindi visto in
chiave negativa.
Keel girò tutto il mondo
intervistando di persona le
persone testimoni di
avvistamenti e piano piano
si convinse che la questione
è ben più complessa di
quanto si potesse pensare.
Poltergist, fenomeni ESP,
creature misteriose, Ufo
trovarono posto in un
mosaico che Keel attribuì ad
un inganno voluto da delle
particolari entità
(responsabili dell’intero
quadro) ai danni
dell’umanità e di cui i
fenomeni Ufo e di
contattismo non erano che
una minima parte a noi
visibile.
Nacque la Teoria del
Superspettro, una sorta di
area energetica dalla quale
gli ufo proverrebbero.
Qualcuno o qualcosa
avrebbe, secondo Keel, il
potere di possedere la
mente dell’uomo che altro
non è che una pedina di un
enorme gioco.
Milioni di persone nel
mondo sarebbero quindi
pronte ad assecondare
inconsapevolmente questo
piano, nel momento in cui
verrà schiacciato una sorta
di bottone in quella che
definisce una grande mente
comune collettiva.
Successivamente Jacques
Vallée tentò di superare le
teorie di Layne e di Keel
associando agli
avvistamenti ufologici tutti
gli incontri e le interazioni
che si sono verificati nelle
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
epoche passate: elfi, fate,
gnomi...ecc., sarebbero
secondo Vallée riconducibili
ad un mondo particolare
che chiama Magonia
(scriverà anche un libro a
riguardo intitolandolo
PASSPORT TO MAGONIA).
Gli esseri provenienti da
questo mondo agirebbero
con lo scopo di portare
avanti un loro progetto
destinato però ad una parte
ben selezionata della
popolazione mondiale.
I prescelti per i contatti
vengono (in perfetta
sintonia con quanto accade
nel contattismo classico da
Adamski in poi) condotti
per il contatto in luoghi
isolati e desertici.
Abbiamo quindi diverse
visioni dello stesso
fenomeno:
- per Vallée è fondamentale
l’aspetto mitologico;
- per Keel si tratterebbe di
un fenomeno con
caratteristiche di ultra
terrestrità.
Negli anni ’70 la ricerca in
questo senso vide molti altri
contributi come Jerome
Clark e Loren Coleman che
tentarono di dare una
interpretazione Junghiana
del fenomeno, appoggiati
poi da uno psicologo, Scott
Rogo, che arriva a definire
gli ufo come la
materializzazione della
psiche collettiva. Partendo
da queste ipotesi si fa largo,
soprattutto in Europa, una
nuova corrente
reinterpretativa del
fenomeno ufo che vede in
Michel Monnerie il
sostenitore principale il
quale riprenderà il concetto
di effetto riflessivo ideato da
Keel: gli ufo avrebbero la
capacità di modificare il
loro aspetto e le modalità
delle loro manifestazioni a
seconda del periodo storico
e delle coscienze umane con
i quali si trovano ad
interagire. L’attenzione si
sposta quindi dall’alieno a
colui che interagisce con
l’alieno, dall’osservato
all’osservatore.
La conseguenza che ne
deriva, secondo Monnerie, è
che gli ufo non esistono e
che si possono spiegare
molto semplicemente da un
punto di vista socio psicologico.
Monnerie parla di:
- sogni a occhi aperti
- condizionamento sociale
ad opera dei mass media: i
media creano gli ufo e la
gente crede di vederli. A
sostegno di questa ipotesi
afferma che la maggior
parte degli avvistamenti
sarebbero di dischi volanti.
Per Monnerie gli ufo sono
miti, leggende
metropolitane e imbrogli.
In realtà se andiamo a
vedere la casistica riportata
da archivi e giornali, ha
sottolineato Sabadin,
vediamo che la percentuale
di dischi volanti è molto
bassa, le tipologie sono ben
più complesse, risulta
chiaro che quindi questa
teoria, da questo punto di
vista, non è in grado di
reggere.
Bisogna poi tenere presente
che nella casistica ufologica
esistono sempre dei dati
oggettivi e strumentali che
poco hanno a che fare con la
percezione soggettiva e
personale e che non
possono essere trascurati.
Nel 1995 in un congresso
ufologico un astrofisico di
nome Von Butlar presenta
dei documenti di cui
sostiene di non poter
provare l’autenticità che
aprirebbero nuove ipotesi
sul caso di Roswell: non si
trattò di palloni sonda, né di
astronavi extraterrestri ma
di un mezzo terrestre
proveniente dal futuro. Un
sopravvissuto all’incidente
avrebbe raccontato cose
terribili riguardo al nostro
futuro e il governo USA
avrebbe quindi deciso di
non raccontare la verità
dando una versione ufficiale
che parla di un oggetto
terrestre artificiale, e una
ufficiosa che parla di un ufo.
Già nel ’57 il fisico Everet
aveva pubblicato un lavoro
che chiamò Teoria dei
Multimondi secondo la
quale l’Universo si
ramificherebbe
continuamente dando
origine a mondi e realtà
parallele, ripresa poi negli
anni ’80 ipotizzando viaggi
nel tempo e tra dimensioni
parallele: il passato dove ci
troveremmo sarebbe però
diverso dal nostro quindi
non stando a queste teorie
gli ipotetici terrestri
provenienti dal futuro
avrebbero dovuto trovarsi
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
in una dimensione parallela
alla nostra, impossibile
dunque che potessero finire
a Roswell. Hawkins riprese
le teorie dei viaggi nel
tempo sostenendo che non
sarebbero possibili dal
momento che verrebbero a
crearsi dei paradossi
temporali.
Ci sono attualmente ufologi
quali Jenny Randles che
riprendendo queste teorie
arrivano a definire la
probabile esistenza di
particolari luoghi nella terra
dove si verificano delle
finestre ufologiche:
apparizioni e avvistamenti
particolari (es. Hessdalen),
oppure zone come il
triangolo delle Bermude
dove per una particolare
caratteristica del luogo si
possa verificare quello che
definisce un teletrasporto
naturale: è possibile passare
da una dimensione all’altra.
Di nuovo abbiamo una
ripresa dell’Ipotesi
parafisica. Ogni epoca
storica prende spunto e il
via da questa prima ipotesi
formulata negli anni ’50.
A Keel si deve il merito di
aver coniato l’associazione
tra l’ufologia e la
parapsicologia.
Cosa non da poco visto che
la maggior parte dei
parapsicologi vede invece la
necessità di una accurata
separazione tra il loro
campo (che definiscono
come frutto di una indagine
scientifica radicata e
accettata) e il campo
ufologico.
E’ interessante quanto
Sabadin ci ha fatto notare:
tutti coloro che affermano
di essere stati contattati,
avvicinati o rapiti da
extraterrestri, sostengono
anche di avere sviluppato
capacità taumaturgiche e
psichiche particolari,
raccontano dei messaggi
che sarebbero stati loro
consegnati e che sarebbero
sorprendentemente simili ai
messaggi che alcuni
medium ricevono in
scrittura automatica. Lo
stesso Uri Geller sostiene di
aver ricevuto i suoi poteri
da entità extraterrestri.
Esiste dunque una evidente
connessione tra fenomeni
paranormali e ufologia.
Sembra recentemente
emergere un altro aspetto:
quello new age. Secondo
questo filone esisterebbero
gruppi di alieni con diverse
basi evolutive, posti su
diversi piani dimensionali,
che ai livelli più alti
sembrerebbero esercitare
un condizionamento
positivo sull’umanità, anche
con abductions e modifiche
genetiche. Molto diffuso è
anche il concetto di
evoluzione spirituale
puntiforme indotta da
questi alieni fino a che
raggiunta la massa critica ci
sarà il salto evolutivo
dell’intera umanità (e qui
rientrano anche alcune
interpretazioni in chiave
esoterica dei crops).
Tra i lavori dall’approccio
più strettamente scientifico
che si appoggiano sulla
teoria parafisica abbiamo
quelli di Kenneth Ring il
quale cerca di identificare
due categorie di persone che
hanno incontri particolari:
- le persone che hanno
incontri con esseri alieni;
- le persone che hanno le
esperienze di pre – morte.
Ring sostiene che si
verifichino delle
trasformazioni sul cervello,
sui processi mentali dei
soggetti e di tipo fisiologico
tali da far pensare ad una
sorta di evoluzione della
specie umana.
che da una popolazione che
non ha gli strumenti
necessari per interpretarla
può apparire e appare come
una sorta di magia?
Marisa Uberti ci ha parlato
di Marco Todeschini
(sconosciuto ai più
nonostante abbia avuto al
suo attivo più di mille
pubblicazioni), nato a
Valsecca (Bergamo) il 25
aprile 1899.
A lui si deve la nascita della
PsicoBioFisica, scienza che
rivaluta il ruolo dell'Etere
nella formazione e
composizione dell'Universo
e delle sue leggi.
Anche Ring arriva ad
affermare (pur con la
scientificità dei metodi da
lui portati avanti) che tutto
ciò si accompagna ad una
spiritualità e ad una
religiosità aumentate e che
tutto ciò non può che essere
dovuto all’intervento di una
entità superiore.
I punti in comune con le
pratiche Sciamaniche e
Iniziatorie sono parecchi: le
descrizioni di queste
esperienze, come quelle di
uso di funghi allucinogeni,
parlano di incontri con
strani esseri, alieni,
abductions che si
troverebbero in una
dimensione che affianca
quella normalmente da noi
percepita
Sabadin ha poi concluso con
questa affermazione: ci si
potrebbe porre una
domanda, e cioè può una
tecnologia avanzata e
scientificamente evoluta
essere alla base delle
manifestazioni parafisiche
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Nel corso dei secoli si sono
sviluppati due filoni
principali a riguardo:
- il primo che definisce lo
Spazio come Pieno, le basi
materiali dell'Universo
(Pianeti, Astri e quant'altro)
sono immerse in una sorta
di fluido in grado di vibrare
e creare vortici e onde, detto
Etere (e che ebbe in
Cartesio uno dei principali
sostenitori e i cui principi
vennero poi sfruttati da
Marconi nella telefonia
senza fili);
- il secondo lo definisce
invece come Vuoto, non
esiste nulla che circondi le
componenti materiali
dell'Universo.
Newton utilizzò questa
teoria come base per la
formulazione delle sette
leggi sulla gravitazione. A
suo parere i pianeti
potevano muoversi
all'infinito non essendo
vincolati da alcuna
costrizione che impedisse
tutto ciò ma non fu mai in
grado di definire cosa
avrebbe dato origine a
questo moto perpetuo.
Non poté fare altro che
attribuire la spinta iniziale a
una Forza Divina.
Questo fino al 1927 quando
si arrivò ad un punto tale
per cui non era piú possibile
continuare questa
dicotomia e si tentò di dare
una definizione che
unificasse queste due teorie.
Se infatti il 60% dei
fenomeni che stavano alla
base della costituzione del
Cosmo erano spiegabili con
la teoria del Pieno, il
restante 40% era per contro
spiegabile unicamente con
la teoria del Vuoto.
In questo contesto si colloca
Todeschini.
Come scienziato non poteva
ammettere che non si fosse
in grado di dare una
spiegazione "coerente" ai
fenomeni analizzati.
Non trovandosi in accordo
con nessuna di queste due
teorie si diede da fare per
arrivare ad una nuova
formulazione e definizione
partendo dal presupposto
che lo Spazio non si può
considerare come una
semplice estensione
geometrica ma come
qualcosa che ha una densità
costante (che riuscì a
definire come 9x1020volte
inferiore a quella dell'acqua
che, teniamo presente, è
circa pari a 1).
Lo Spazio è dotato di una
mobilità propria, proprio
come un fluido o un gas, e
alla luce di questa
assunzione è possibile,
secondo Todeschini,
spiegare qualitativamente e
quantitativamente tutti i
fenomeni naturali.
Come vedeva Todeschini la
nascita e la morte della
materia?
In origine l'Universo era
costituito solamente da
spazio fluido inerziale
immobile.
Grazie all'applicazione di
due coppie di forze da
piccolissimi elementi sferici
che costituivano tale spazio
che da queste vennero posti
in rotazione attorno al loro
asse polare, si originarono i
nuclei atomici.
Ciascuno di questi nuclei
atomici ruotando su se
stesso trascinò con sé una
serie di strati sferici
concentrici di spazio fino ad
arrivare a quella che viene
definita superficie di
sponda che rappresenta il
limite estremo di una nuova
unità materiale: l'atomo.
Attraverso lo stesso
procedimento, tra strato e
strato, presero vita gli
elettroni planetari e quindi
tutta la materia vivente così
come la conosciamo.
La morte della materia
avverrebbe nel momento in
cui venissero tolte le coppie
di forze che hanno originato
tutto ciò.
In questo caso infatti il
nucleo dell'atomo
cesserebbe di ruotare su se
stesso e gli strati sferici
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
cesserebbero il loro moto, il
nucleo e il campo di
elettroni non avrebbero più
un movimento rispetto allo
spazio che li circonda e
diverrebbero un tutt'uno
con esso dato che non sono
altro che spazio (a loro
volta) fluido posto in
movimento rotatorio.
Ma ecco che rimane sempre
una domanda in sospeso:
chi avrebbe dato inizio a
tutto questo e chi
(eventualmente) vi metterà
fine?
Todeschini attribuì questo
ruolo a entità di origine
spirituale che avrebbero
dato il via al moto
primigenio e che potrebbero
ugualmente porvi fine.
Lui parlava di una
Intelligenza Universale.
Secondo Todeschini quello
spazio che noi consideriamo
vuoto assoluto perché privo
di qualsiasi particella
subatomica, per il fatto
stesso di essere sede in ogni
suo punto di Forze Oscure
che possiamo chiamare
Spirituali e Divine, diviene
inerte, assume una massa e
una densità (esattamente
come la materia) ha
caratteristiche di resistenza
(al moto) e viene frenato se
è già in movimento,
comportamento questo
tipico di uno spazio pieno.
Si viene così ad ammettere
l'esistenza di uno spazio
tridimensionale, fluido,
denso e incomprimibile. In
base a questo Todeschini
definì dieci equazioni su cui
basò tutta la sua teoria
(detta Teoria delle
Apparenze o PsicoBioFisica)
e che derivano tutte da una
semplicissima eguaglianza:
F = m x a, ovvero la Forza é
uguale alla massa per
l'accelerazione.
Lo spostamento fisico di
una massa sottoposta ad
accelerazione non è altro,
secondo Todeschini, che la
decelerazione della massa
stessa e delle onde
vibratorie che la
caratterizzano quando
queste incontrano sul loro
percorso i nostri organi di
senso.
Quando ciò accade noi
riceviamo una sensazione,
da un fenomeno fisico
dunque si origina un
fenomeno psichico ed è
grazie a questo fenomeno
psichico che noi ci
rendiamo conto
dell'esistenza del fenomeno
fisico.
Tutti i fenomeni naturali
quindi (elettricità,
magnetismo, gravità, forza,
materia…ecc.) hanno nel
movimento dello spazio una
base comune: sono dovuti al
fatto che tutte le masse
materiali sono circondate
da uno spazio fluido.
Ecco quindi che tutte le
leggi naturali sono
riunificate in un unica legge
(F = m x a) da cui ha poi
ricavato le sue dieci
equazioni che esprimono
rispettivamente la
sensazione di peso, quella
magnetica, elettrica,
elettromotrice, acustica,
termica, luminosa, odorifica
e saporosa.
Si venne così ad operare
una unificazione tra materia
ed energia.
Il substrato comune di tutti
i fenomeni naturali é lo
Spazio Vibrante e per
trasmettersi utilizzano lo
Spazio Fluido di cui
Todeschini sostiene
l'esistenza.
Ma sensazioni come il
calore, la luce, i suoni si
originano esclusivamente
nella nostra psiche quando
le vibrazioni che le
caratterizzano raggiungono
i nostri organi di senso.
Ne deriva che ad ogni
fenomeno fisico
corrisponde un preciso
fenomeno psichico dato
dalla sensazione che questi
fenomeni generano a
contatto con i nostri sensi.
Ma la psiche per Todeschini
é anche di più: è la sede
dell'Anima di ognuno di
noi.
Ed è proprio l'Anima che ci
permette di trasformare
tutte le vibrazioni che
arrivano al cervello in
sensazioni. Se così non
fosse e venissero ricevute da
una mente materiale questa
non potrebbe che vibrare a
sua volta ritrasmettendo
non la sensazione (di per sé
immateriale) ma dei
semplici urti materiali.
Ecco dunque che secondo lo
scienziato è fuori d'ogni
dubbio che l'Anima esista.
Il suo è un approccio Fisico,
Biologico e Psichico insieme
elaborato in oltre trent'anni
di ricerche.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Scienza (dimostrazioni),
Filosofia (ragionamento) e
Teologia (Fede) portano alla
formulazione da parte di
Todeschini del concetto
unifenomenico del vibrare
di questo spazio fluido.
Questo concetto è per
Todeschini di fondamentale
importanza per
comprendere la finalità
della scienza che non
dovrebbe essere quella di
perseguire scopi egoistici e
interessi meschini, ma di
ottenere l'affratellamento
dei popoli consapevoli che
tutto ha origine da un unico
Creatore e che tutto il creato
esiste per una finalità ben
precisa.
Ma cosa è la Psiche?
I dizionari la definiscono
come una entità
immateriale (spirito
intelligente, anima…ecc.).
Todeschini la identificava
senza dubbio con l'Anima
umana (componente che ci
consente di avere le
sensazioni di tutto ciò che
accade nel mondo fisico).
Nel 1951 nei congressi di
Firenze di Bioradiologia e di
Torino di PsicoBioFisica
venne riconosciuta la
validità delle basi
scientifiche della teoria di
Todeschini che era quindi in
grado di spiegare tutti i
fenomeni metapsichici
(telepatia, rabdomanzia,
apparizioni luminose, suoni
misteriosi, pranoterapia,
telecinesi…ecc.) e di fare
luce sulle cause e gli effetti
di altri fenomeni come
l'ipnosi, l'elettromagneto
terapia, l'agopuntura, la
psicanalisi…ecc.
Marisa ci ha accompagnato
nella comprensione del
pensiero di Todeschini che
a questo riguardo fece
questo tipo di assunzione:
tutti questi fenomeni
implicano l'emissione di
radiazioni da parte del
corpo umano.
Devono quindi essere
generati da degli oscillatori
che si trovano all'interno
del nostro organismo,
devono percorrere uno
spazio (un mezzo di
trasmissione) fino poi a
giungere a contatto con
degli organismi riceventi
(che possono essere altri
esseri umani).
Todeschini sosteneva che i
nostri organi di senso e di
moto sono collegati alla
spina dorsale e al cervello
attraverso linee nervose e
tutti gli impulsi che ci
arrivano li riceviamo
proprio grazie a questi
collegamenti che ricordano
dei veri e propri circuiti
elettrici. La corteccia
cerebrale è la deputata alla
trasformazione e al
riprocessamento di questi
impulsi che vi giungono
viaggiando attraverso i
circuiti preposti (la cui
unità funzionale è
rappresentata dal neurone)
e contemporaneamente a
tutti gli impulsi che dal
nostro organismo vanno
verso l'esterno: essa
rappresenta quindi un vero
e proprio centro di
smistamento.
Per Todeschini i circuiti che
controllano gli organi di
moto sono percorsi da
correnti a bassa frequenza e
generano di conseguenza
campi magnetici
dall'estensione limitata
rispetto al corpo umano. I
circuiti degli organi di senso
invece generano campi
oscillanti che hanno
frequenze molto elevate e
che si estendono (proprio
come le frequenze radio) a
grande distanza.
Come può un fenomeno
psichico generare un
fenomeno fisico se partiamo
da questi presupposti?
(e qui il discorso si fa
particolarmente
interessante a mio parere).
Al centro di tutto ci sarebbe,
ancora una volta, l'Anima
umana, identificata con la
Psiche.
Todeschini resterà sempre
fermamente convinto di ciò
(ma teniamo presente che
già Cartesio collocava
l'Anima umana a livello
della ghiandola pineale
situata al centro
dell'encefalo).
L'Anima dunque oltre a
pensare sarebbe in grado di
generare correnti elettriche
che andrebbero ad azionare
gli organi di senso e di moto
del corpo umano i quali
produrrebbero degli impulsi
che a loro volta generano
delle oscillazioni nello
spazio fluido esterno al
nostro corpo.
Se le vibrazioni prodotte
sono a bassa frequenza e di
una intensità particolare
provocheranno delle
oscillazioni spaziali che
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
raggiungono fuori dal
nostro corpo distanze brevi.
Questi fenomeni sono alla
base di manifestazioni quali
spostamenti di oggetti
(telecinesi).
Aumentando di un poco la
frequenza delle vibrazioni si
riescono a produrre
oscillazioni atmosferiche
oggettive che andando a
interagire con la membrana
acustica possono produrre
sensazioni uditive (è il caso
di persone che sostengono
di udire voci misteriose,
suoni e rumori che altri non
sentono).
Con una frequenza ancora
più elevata le vibrazioni
producono fenomeni
elettrici nella retina che
possono estendere i loro
effetti nello spazio esterno
più o meno marcatamente a
seconda della loro intensità
(si generano quindi luci,
colori, apparizioni visibili,
ectoplasmi…ecc.).
Ma per esempio, nel caso
delle apparizioni (basti
pensare a casi come
Lourdes, Fatima…ecc.) la
questione è leggermente
complessa.
Infatti a volte siamo di
fronte ad un unico soggetto
che "vede" l'apparizione,
altre volte la stessa
immagine è percepita da più
soggetti
contemporaneamente.
Quale spiegazione dare a
tutto questo?
Todeschini ammette a
questo riguardo un’origine
divina e spirituale del
fenomeno, e dice che se si
tratta di vibrazioni che nello
spazio fluido sono state
generate direttamente da
entità del mondo spirituale
la visione verrà condivisa da
più persone.
Se invece le vibrazioni sono
prodotte dall'Anima del
soggetto veggente la visione
sarà visibile ad altri solo se
sarà dotata di una
particolare intensità capace
di indurre l'oscillazione
dello spazio circostante.
In questo ultimo caso sarà
quindi un'immagine che
parte dalla corteccia
cerebrale del soggetto
veggente (indotta
dall'Anima stessa del
soggetto) e che altri non
riescono a percepire (a
meno di raggiungere
determinati livelli vibratori
in grado di trasmettere
all'intorno l'immagine
generata: si parlerà allora di
Ipnosi collettiva).
Interessante il riferimento
fatto da Marisa ad uno
studio condotto dal biologo
Giorgio Pattera riguardo
visioni e corteccia cerebrale.
Lo studioso è giunto infatti
ad ipotizzare che possano
esistere intelligenze che
possiedono delle tecnologie
così avanzate da essere in
grado di indurre la
formazione nel nostro
cervello di immagini che
altri non vedono,
sicuramente un campo di
studi da approfondire.
Lo stesso Todeschini si rese
conto che le "visioni"
possono essere prodotte si
dal grande potere
dell'Anima, della Psiche, del
soggetto, ma possono anche
essere indotte mediante
utilizzo di stimolanti
chimici o elettrici.
Recentemente sono stati
fatti a questo riguardo studi
di stimolazione specifica di
alcune regioni della
corteccia celebrale in
soggetti bendati e si è visto
che a seconda dell'area che
veniva stimolata
comparivano sensazioni e
immagini che erano di volta
in volta diverse (luci, acqua
che scorre, fumo, figure
animali e umane…ecc).
La telepatia è a sua volta
spiegabile mediante
l'evocazione da parte
dell'Anima di scene visive
mentali che mettono in
vibrazione il centro
PsicoFisico della materia
cerebrale.
comprendere che la
PsicoBioFisica prevede
l'esistenza di due diverse
modalità di nascita dei
fenomeni metapsichici:
- da parte di entità
spirituali;
- dall'Anima umana;
e che in entrambi i casi si
viene a generare una
corrente corpuscolare
organica o movimenti
spaziali che sono di natura
fisica. Ecco che avendo
delineato una base
scientifica per fenomeni
quali apparizioni, fenomeni
ESP, spiritismo e
quant'altro, Todeschini
riesce a tirarli fuori dal
contesto di magia,
stregoneria, e in generale
diffidenza dove fino a quel
momento erano stati
relegati.
A lui va inoltre il merito di
avere operato, a questo
proposito, una unificazione
tra le tre interpretazioni che
fino a quel momento erano
state date ai fenomeni
metapsichici:
- l'ipotesi spiritica le
attribuiva a entità
ultraterrene;
- l'ipotesi animistica allo
spirito del soggetto;
I circuiti neurali portano
l'immagine alla retina e se
la vibrazione è
sufficientemente intensa
questa può uscire dal corpo
del soggetto che l'ha
prodotta, percorrere lo
spazio vibrazionale fluido
esterno e arrivare fino ad un
soggetto ricevente che
riesce così a percepire le
stesse immagini evocate dal
soggetto originario.
Siamo quindi arrivati a
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
- l'ipotesi biologica a
fenomeni esclusivamente
fisici.
A Todeschini si devono non
solo teorie ma anche più di
ottocento (830 per la
precisione) esperimenti
pratici.
Coadiuvato dal Dottor Zorzi
(esperto di elettronica) e dal
Professor Speri (chimico)
ideò una serie di
apparecchiature atte a
rilevare l'esistenza di questo
"etere", questo supporto
fisico dei fenomeni.
Il più noto è il
Genegravimetro.
Fu costruito da Todeschini
presso il Centro Studi
Esperienze del Genio
Militare proprio a Pavia
negli anni compresi tra il
1936 e il 1939.
Costituito da una vasca
semi cilindrica ricolma di
acqua al centro del quale
veniva messa una sfera che
un apposito motore
elettrico faceva ruotare su
se stessa producendo nel
liquido circostante un
campo circolare fluido,
riproduceva i movimenti
planetari.
Se infatti veniva inserita
nella vasca una sfera
planetaria, ad una certa
distanza da quella centrale e
la si faceva ruotare su se
stessa in senso contrario
alla sfera centrale e alle
linee di flusso del campo, si
otteneva un effetto Magnus.
Sostanzialmente la sfera
planetaria veniva sottoposta
ad una forza centripeta
inversamente proporzionale
al quadrato della distanza
tra le due sfere.
Ci troviamo quindi di fronte
alla dimostrazione sia della
stessa legge di gravitazione
formulata da Newton che di
quella di attrazione fra due
forze elettriche o
magnetiche di Coulomb.
Lo stesso concetto è alla
base di un'altra
apparecchiatura che
Todeschini chiamò
Idroplanetario e che
riprodusse i moti planetari
ed atomici.
Nel 1932 ideò il Motore a
Forza Propulsiva Centrifuga
che venne riconosciuto nel
1975 in un congresso di
Ufologia in Germania come
l'ipotesi più realistica di
propulsione usata dai
cosiddetti Ufo.
Una associazione Romana
(la ASPS, Associazione
Sviluppo Propulsione
Spaziale) pur non citando
mai Todeschini come
riferimento sembra fare
riferimento e trarre spunto
dalle sue "invenzioni" e
dalle sue teorie.
(Per saperne di più su detta
Associazione e conoscerne il
lavoro visitare i seguenti
links:
www.asps.it/Nucleoin.htm
e
www.mywebpages.com/asp
s)
Tra gli apparecchi di
Todeschini figurano anche
gli importantissimi sei
rivelatori BioPsicoFisici
ciascuno dei quali con
finalità specifiche:
- fluido rivelatore (serve per
rivelare la presenza di etere
in qualsiasi punto dello
spazio);
correnti elettriche nervose
che vanno ad eccitare le
ghiandole endocrine.
Si tratta di una sorta di
magnetoterapia che agisce
in caso di disfunzioni:
riequilibra la ghiandola non
funzionante inducendo un
aumento o una diminuzione
nella produzione delle
sostanze chimiche);
- il fluidoondulatore
ricevente (serve per ricevere
le onde di spazio fluido di
tutte le frequenze dello
spettro e misurarne la
frequenza e l'intensità.
Secondo Todeschini questo
è molto utile anche per
prospezioni geologiche
potendo rilevare onde
elettromagnetiche emesse
da particolari sostanze
come acqua, petrolio…ecc.);
– il fluidooscilloscopio
(serve per rivelare il
tracciato luminoso
dell’onda di spazio
fluido particolare
emessa da ciascuno di
noi ,che è diversa da
persona a persona,come
le impronte digitali.
- il fluidometro (serve per
misurare l'energia cinetica
del fluido emesso dalle
mani dei guaritori senza che
questi tocchino lo
strumento);
- il biorivelatore (serve per
appurare se una persona è
viva o morta, utile per fare
luce nei casi di morte
apparente);
- il fluidoondulatore
trasmittente (serve per
produrre onde di spazio
fluido coprendo tutte le
frequenze dello spettro allo
scopo di poter indurre
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Un grande scienziato
dunque che ci ha lasciato
veramente tanto materiale e
tante geniali intuizioni.
Questa carrellata
estremamente interessante
e ricca stimolerà senza
dubbio approfondimenti e
indagini personali. Un
grazie a Marisa Uberti per
averci fornito un quadro
così completo.
Ha concluso gli interventi
Teodoro Di Stasi che ha
presentato la figura di
Willeim Reich.
Psicanalista e allievo di
Freud, si interessò di
fenomeni ufologici in
seguito a delle indagini
personali che condusse
intorno agli anni '50
riguardo alle energie
atmosferiche.
Era a quell'epoca
assolutamente digiuno di
ufologia.
Reich ebbe la particolarità e
il merito di voler
condividere le proprie
scoperte ma se dapprima il
mondo scientifico parve
interessato a ciò che aveva
scoperto, poi (come spesso
accade) arrivò non solo a
confutare ma addirittura a
"deridere" ciò che Reich
aveva raccolto e formulato,
inducendolo poi a
proseguire nel silenzio le
proprie sperimentazioni ed
indagini.
Reich si dedicò a questi
studi negli ultimi anni della
sua vita.
Morì infatti nel 1957 in una
prigione dove venne recluso
a causa delle sue idee.
Quasi come Galileo, vittima
di una inquisizione non
meno feroce di quella di
allora. I suoi libri vennero
bruciati e fu proibita la
divulgazione delle sue opere
fino agli anni '70.
Abbiamo quindi notizie di
lui solamente da 33 anni e il
materiale che lo riguarda è
stato spesso e volentieri
occultato.
Interessantissimo quanto
detto da Di Stasi: gran parte
del materiale raccolto da
Reich verrà reso disponibile
nel 2007, anno in cui è
prevista l'apertura di un
testamento da lui lasciato ai
posteri.
Reich fu un personaggio
particolare.
Arrivò ad affermare che la
sua matrice (e quindi la sua
provenienza) era senza
dubbio esogena: non si
sentiva di questo pianeta.
Come scienziato si pose
allora questa domanda: si
può dimostrare l'esistenza
gli Ufo?
E cercò in ogni modo di
rispondervi.
Reich era solito definire lo
studio del fenomeno Ufo
come studio dell'energia
primordiale o EA (Energia
Alfa).
Il suo era un approccio
prettamente scientifico,
basato sull'osservazione di
questi fenomeni che
definiva generati non da
oggetti solidi (navi spaziali,
dischi volanti o altro) ma
(in linea con l'ipotesi
parafisica) da forme
energetiche e pensanti,
partendo dal presupposto
che per far questo é
necessario avere a
disposizione dei dati di
comparazione che definiva
come:
- la luminosità o magnitudo
delle stelle
- meteoriti
…ecc.
Per Reich gli ufo erano
presenze negative.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Si convinse di ciò nel 1949
quando si interessò di un
fenomeno anomalo
verificatosi nella città dove
risiedeva (Oregon - USA -):
il ritrovamento di capelli
d'angelo.
Si rese conto che in
concomitanza con la
comparsa di questi
"filamenti" (composti da un
materiale nerastro che
chiamò Melanor) si
verificarono nella
popolazione delle strane
conseguenze fisiche,
disturbi e anomalie.
Nel settembre del 1954 ideò
lo SpaceGun, un
apparecchio che avrebbe
dovuto permettergli di
dimostrare le sue teorie e
che utilizzava l'energia
orgonica atmosferica.
Gli esperimenti vennero
condotti a Tucson
(Arizona), sito scelto in base
a dei calcoli precisi fatti da
Reich perché
energeticamente
interessante: vi è infatti una
linea ortotenica che
attraversa la zona e
numerosi luoghi di antico
culto.
Attraverso il suo
apparecchio Reich
immetteva nell'atmosfera
pochi milligrammi di una
miscela di Radio e Cobalto
radioattivo in presenza di
questi oggetti (Ufo che lui
definiva forme energetiche)
e osservava un fenomeno
molto particolare: gli
oggetti avevano una
reazione al
"bombardamento" nella
loro luminosità. Dapprima
si aveva un aumento
dell'intensità luminosa, poi
subiva una riduzione in
tanti frammenti di luce e
infine il tutto si
ricompattava in un unico
"spot" luminoso.
Poteva anche accadere,
però, che a contatto con la
sostanza "sparata" da Reich,
l'Ufo si dissolvesse
semplicemente,
scomparendo.
Ma Reich ebbe poi modo di
verificare che quando
questo accadeva nel punto
esatto in cui l'Ufo
scompariva, riappariva poco
dopo con la stessa
magnitudo e le stesse
dimensioni dell'originario.
Questi esperimenti si
osservarono avere effetti
anche sul clima.
Nubi e parti di cielo colpite
dall'apparecchio di Reich
subivano modificazioni.
Nello stesso anno ('54)
Reich poté osservare che
dopo 10 giorni di
esposizione alle sostanze
immesse dal suo
apparecchio l'atmosfera
circostante venne alterata.
In tutto quel periodo il cielo
era stato coperto di nubi, si
schiarì all'improvviso e
completamente
(immaginate un cielo che
nel giro di pochissimo passa
da completamente coperto a
completamente limpido)
per poi immediatamente
dopo ricoprirsi nuovamente
e altrettanto rapidamente,
dando inizio ad una
precipitazione.
I dati riguardanti il
funzionamento degli
apparecchi costruiti da
Reich sono rari e raramente
disponibili. Ma se nel 2007
verranno resi disponibili
insieme al restante
materiale rimasto nascosto,
sarebbe veramente
interessante addentrarsi in
questo discorso.
Teodoro di Stasi ci ha
fornito un affresco di un
personaggio poco noto alle
masse e che merita
sicuramente maggiore
attenzione.
E' poi seguito un dibattito
molto acceso (e stimolante)
che si è protratto ben oltre il
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
termine degli interventi.
La serata, ci ha quindi
fornito una visuale
articolata e completa su
un’ipotesi, quella parafisica,
sostenuta e ripresa in più
occasioni in ambiti che
spaziavano e spaziano
dall'Ufologia classica, alle
indagini rigorosamente
scientifiche di studiosi che
ne hanno fornito le basi e
importantissimi elementi di
supporto.
Vale la pena considerare
questo punto di vista con un
occhio attento e senza
pregiudizi.
Le cose possono essere più
articolate di quanto
appaiano ai nostri occhi.
Alessia Maineri
[email protected]
Collaborazioni
pag.77
www.luoghimisteriosi.it
I misteri
delle Rotonde
Isabella Dalla Vecchia
Le chiese così come noi le
conosciamo hanno
un’entrata e diverse
navate da percorrere per
giungere all’altare; il
tutto organizzato in una
pianta pressoché
rettangolare, per
necessità stilistiche e
simboliche.
Ma può capitare di
incontrare dei rari edifici
cristiani con pianta
circolare, non battisteri
ma chiese vere e proprie.
Perché questa scelta
architettonica?
Le strutture a pianta
circolare sono facilmente
attribuite ad una
"geometria pagana", dato
che il cerchio era
l’elemento principale su
cui si strutturavano gli
antichi rituali.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Le chiese "rotonde", rare
in Italia, non debbono in
alcun modo essere
confuse con i battisteri,
spesso circolari o
comunque a pianta
ottagonale.
Sono chiese, templi a sé,
spesso di origine ignota e,
fatto non da escludere,
potrebbero essere
anteriori allo stesso
cristianesimo.
Molti studiosi
giustificano la scelta
affermando che si voleva
"copiare" la struttura del
Tempio di Gerusalemme,
attribuendo le Rotonde ai
Templari, ma è anche
probabile che la
circolarità fosse un
ulteriore modo per
"imitare" i preesistenti
templi pagani.
Le ipotesi sono tante ed
esse tutt’oggi non hanno
nessuna spiegazione
scientifica o storica.
Dunque dobbiamo
entrarvi, appellarci al
nostro inconscio e fidarci
del nostro istinto
primordiale.
Varcando la soglia non si
ha la sensazione di
entrare in una normale
chiesa, ma in uno scrigno
che contiene ancora oggi
molti antichi segreti.
Le pareti sono uguali,
tutto si muove attorno a
noi come in un congegno
del passato, come
fossimo un ingranaggio
di un orologio temporale
che ci riporta indietro di
quasi 2000 anni.
La chiesa a pianta
circolare più misteriosa e
interessante nel
panorama delle Rotonde
italiane è, a mio avviso, la
Rotonda di San Tomè in
provincia di Bergamo.
Essa, nonostante sia di
dimensioni molto ridotte,
riporta in ogni angolo
della sua architettura
simbolismi e enigmi di
enorme rilevanza.
La Rotonda di San
Tomè (Almenno S.
Bartolomeo – BG)
Innanzitutto la rotonda
di San Tomè è una delle
rarissime chiese a pianta
circolare, una scelta
architettonica ancora
oggi ignota, dato che non
esiste neppure uno scritto
che ne testimoni la
nascita o l'appalto.
Secondo approfonditi
studi archeologici San
Tomè venne edificata tra
il 1130 e il 1150,
cronologia ipotizzata
dalla presenza di alcune
tombe trovate all'esterno.
Esiste solo un documento
che parla della presenza
di un monastero
femminile nel 1203, che
fu soppresso nel 1407 per
via di strani scandali
avvenuti all’interno del
luogo sacro, pare infatti
che alcune monache
fossero rimaste
addirittura incinte.
La decadenza di tutto il
complesso fu definitiva,
in seguito alle estenuanti
lotte tra Guelfi e
Ghibellini, ma per
fortuna venne rivalutato
dal vescovo di Bergamo
nel 1407.
Da questa data fino al
1536 venne affidato ad
una serie di eremiti dei
quali non si distinse
nessuno in particolare
per la cura e il
mantenimento, anzi il
periodo viene ricordato
particolarmente
fallimentare.
In questa data fu
finalmente venduto alla
prepositura di San
Salvatore di Almenno.
E fu questo l’inizio di una
storica e secolare litigata.
Infatti San Tomè
realmente veniva
amministrata dalla
parrocchia di San
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Bartolomeo e gestita da
quella di San Salvatore.
Il problema sta nel fatto
che se un tempo queste
parrocchie erano in sé un
unico comune,
successivamente si
divisero rivendicando in
maniera piuttosto
agguerrita la proprietà di
San Tomè.
Questa eterna lite ebbe
inizio nel 1601 ma si
concluse nel 1907!
Nessuno dei due
Almenno di fatto voleva
cedere la chiesa e la
questione divenne col
tempo un fatto di
principio tanto da
suscitare dalle piccole
ritorsioni alle grandi
manifestazioni in piazza a
volte violente, fino ad
autentiche petizioni
rivolte al Papa.
Solo nel 1907 Papa Pio X
decise infine di
intervenire e risolvere la
questione dando San
Tomè a San Bartolomeo
da cui oggi ancora
dipende.
La rotonda si trova ad
Almenno che fu corte
regia longobarda e franca
fino a diventare libero
comune nel 1220.
In seguito divenne
vicariato sotto la famiglia
dei Visconti fino al XVIII
secolo.
Il monastero accanto alla
chiesa esiste ancora oggi.
Veniva chiamato "Degli
Agri" o "Dei Campi" ed
era la cascina che oggi è
sede dell'"Antenna
Europea del romanico".
Dopo essere stata colpita
da un incendio e da due
fulmini, rimase
fortunatamente indenne
agli occhi del visitatore
che può ammirarla nella
sua intera bellezza e
fascino.
L’unione del paganesimo
e del cristianesimo
San Tomè è stata
costruita sopra un
preesistente tempio
pagano dedicato a
Giunone, Cerere e
Silvano, la sua forma
rotonda potrebbe essere
conseguenza del fatto che
in principio essa fosse
direttamente un tempio,
tanto ignota ne è la
fondazione; anche il fatto
che si trovi nei pressi di
una folta zona boschiva,
laddove è stata ritrovata
un'ara dedicata proprio al
dio Silvano,
confermerebbe la sua
origine pagana.
Inoltre quest’area è
appartenuta ai Galli
Cenomani da cui il nome
di Lemine.
Vi era un ponte, oggi
scomparso, che si
chiamava "ponte della
Regina", dedicato
presumibilmente alla
famosa regina
longobarda Teodolinda,
la celebre donna che ha
saputo unire paganesimo
e cristianesimo.
Chissà forse è stato
mantenuto nella
struttura il precedente
tempio pagano proprio
per canalizzare e
accumulare, come
un'enorme batteria, la
profonda energia tutt’ora
percepibile che attraversa
questi boschi.
Forse le stesse monache
che lo hanno abitato e
che poi sono state
cacciate
improvvisamente dalla
Chiesa, sono state
coinvolte in rituali a noi
sconosciuti racchiusi in
questo misterioso
edificio.
Il nodo di Salomone e
l'Albero della vita
stessa di una piramide.
Addirittura ricorda le
antiche ziqqurat perché
ad osservarla da lontano
riporta in sé ben cinque
gradoni.
Quindi l’idea di “tempio
pagano” in questo
contesto lo si ritrova non
soltanto nella pianta, ma
nella stessa struttura,
osservandola è
impossibile non notare
che di fronte abbiamo un
antico tempio a scale.
La sacralità dell'interno
Nella lunetta sopra il
portale d’entrata vi è uno
strano personaggio, a noi
ignoto perché non
accompagnato né da
simbologie particolari e
nemmeno da iscrizioni,
con un bastone in mano
che divide (o congiunge?)
il nodo di Salomone a
sinistra con l’albero della
vita a destra.
Entrambi sono simboli
particolarmente legati ai
templari e chissà forse si
voleva richiamare che
questa costruzione era
stata realizzata seguendo,
seppure in piccolo, le
misure del tempio di Re
Salomone.
Una scala verso il cielo?
Nel suo intimo messaggio
San Tomè vuole
rispecchiare attraverso la
sua slanciata architettura
fatta a cilindri concentrici
dal più grande al più
piccolo, l’idea di una
scala verso il cielo, o
meglio ancora, l’idea
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Entrando nell'edificio si
viene completamente
coinvolti dall'atmosfera
ultraterrena della
struttura circolare che
abbraccia chiunque si
trovi nel suo esatto
centro.
La chiesa è strutturata
con tre cilindri
concentrici interrotti
solamente dalla presenza
di un'abside che ospita
l'altare, costruita però
successivamente nel XII
secolo insieme al
presbiterio.
Il rosone sopra l'entrata
proietta la luce
illuminandolo a giorno.
E' un luogo di una
sacralità intensa e
assoluta, è un ambiente
magico.
Posizionandosi al centro
esatto e osservando la
lanterna, è facile venire
rapiti verso l'infinito del
cielo sopra la propria
testa.
Gli affreschi sono molto
radi, ed è possibile
ammirarli salendo nel
matroneo, costituito da
un corridoio elevato
lungo tutta la
circonferenza.
Ma lo stesso tempio è in
sé un grande dipinto che
riporta uno splendido
gioco di luci e ombre
creato dalle colonne, otto
per l’esattezza, otto
probabilmente non a
caso, otto nell’anello
inferiore e altrettante in
quello superiore.
L’affresco del ‘300
raffigura l’Annunciazione
racchiusa in una
mandorla.
tabernacolo che si trova
nell’abside creando un
gioco di luci così
particolare da animare
quasi le stesse colonne.
Ancor più misteriosa la
luce che cade
perpendicolare dalla
lanterna alla sommità
della struttura che
colpisce nella sua
pienezza chiunque si
trovi al suo esatto centro.
L’eremo di
Montesiepi (LU)
Uno strano congegno e
gli equinozi
All’esterno si trovano
molte piccole finestre
lungo tutta la sua
circonferenza,
permettendo l’entrata
della luce in qualunque
punto si trovi il sole,
come un grande
congegno rivelatore del
tempo, come una
particolare meridiana che
segna l’ora a seconda del
raggio solare interno.
La luce è particolare e
illumina una diversa
colonna ad ogni ora come
fosse un magico orologio
naturale.
Ma solo una volta
all’anno il sole tocca un
punto in particolare.
Durante i due equinozi
un raggio di luce colpisce
da un’apertura il
Un’altra Rotonda di
grandissima importanza
e fama è l’Eremo di
Montesiepi a San
Galgano in provincia di
Lucca.
Essa custodisce la ormai
nota spada nella roccia.
Fu costruita dopo la
morte di San Galgano,
laddove aveva vissuto per
tanti anni in preghiera.
La pianta è rotonda e la
cupola è costituita da
molti cerchi concentrici
che sanno ipnotizzare lo
sguardo verso l’alto.
Questo luogo è da sempre
stato inevitabilmente
legato ai cavalieri
templari.
La chiesa si trova su una
collina ed è stato provato
che nel pavimento
sottostante ci sia una
camera vuota a cui non è
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
mai stata data
l'autorizzazione per gli
scavi.
Ad oggi, cosa
effettivamente quella
camera contenga, rimane
ancora un mistero.
Forse si vuole mantenere
l’interrogativo e la
speranza, se non il
desiderio, che qui vi sia
custodito addirittura il
Graal.
La cappella del Lorenzetti
riporta diversi affreschi,
tra cui quello particolare
della "Madonna con tre
mani" infatti Maria con il
bambino al centro della
rappresentazione tiene in
mano Gesù con due
mani, ma la sua terza
mano trattiene un
bastone, il perché di
questo errore tutt'oggi è
inspiegabile.
La spada è stata
sottoposta ad esami
metallografici che ne
hanno confermato
l'autenticità quale arma
antecedente al XII secolo.
Ogni anno, in un giorno
particolare, accade un
fatto molto interessante.
Il 21 giugno, al solstizio
d'estate, al sorgere del
sole un raggio di luce
penetra nell'eremo dalla
monofora posta dietro
all'altare e, dopo aver
formato un cerchio
luminoso sulla parete, si
sposta lentamente verso
il basso fino a toccare la
spada e il sepolcro di S.
Galgano. Galgano è e
rimarrà un forte
personaggio che rivaluta
la figura del cavaliere,
non più visto come
macchina da guerra
sanguinaria e violenta,
ma come individuo
nobile, alla ricerca del
Graal, ovvero del divino e
di Dio, che lotta e spesso
uccide per difendere i
deboli e sconfiggere il
male sulla Terra.
Un paladino della
giustizia armata, un San
Michele arcangelo.
Le chiese a pianta
rotonda sono rare, ma
non rarissime, esistono
diversi esempi che
appartengono a varie
epoche nel nostro
continente, catalogarle
tutte in un articolo è
pressoché impossibile,
dunque possiamo citarne
alcune.
La chiesa di S.
Michele Arcangelo
(Perugia)
Questo tempio si trova a
Perugia ed è un antico
tempio pagano
"ritrasformato" e
soprattutto "riadattato"
in chiesa cristiana.
Ci troviamo in antico
territorio dedicato ai
misteri pagani, il tempio
dalla pianta circolare ne è
la prova.
E' dedicato a S. Michele
Arcangelo, figura molto
antica legata a S. Giorgio
e il drago, santo venerato
in territorio ortodosso,
soprattutto nella Cairo
copta, luogo che ancora
conserva il cristianesimo
delle origini.
Presenta alcuni simboli
di protezione pagana,
come la stella a cinque
punte.
La chiesa di S. Fosca
sull’isola di Torcello
(VE)
Fosca etimologicamente
significa "oscura" e non è
un caso se l'interno di
questa chiesa è
caratterizzato da
quest'insieme di giochi
tra luci e ombre.
L'ambiente è molto
tenebroso, ma l'insieme
di finestre poste
strategicamente sulle
pareti fanno entrare raggi
di luce indirizzandoli in
punti molto precisi.
Il Duomo di Brescia
Risale all’XI secolo, ha
pianta a croce contornata
da un portico ottagonale
con archi a piede rialzato
e capitelli scolpiti.
L’interno presenta un
insolito raccordo tra la
pianta quadrangolare
della base e la pianta
circolare della cupola,
stile architettonico molto
raro.
L'edificio è intitolato a S.
Fosca, vergine e martire,
le cui spoglie furono
trasportate dall'oasi di
Sabratha in Libia fino a
qui nel 1011.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Nella città di Brescia è
possibile trovare un raro
esempio di cattedrale
romanica a pianta
circolare.
Sorta nell'XI secolo sulla
più antica basilica
paleocristiana di S. Maria
Maggiore (VI sec. d.C.),
fu restaurata nel secolo
XIII e in seguito ampliata
da Bernardino da
Martinengo, a cui si
attribuisce l'aggiunta del
profondo presbiterio.
La cripta fa parte della
chiesa preesistente e
accoglie le reliquie di S.
Filastrio.
Chiesa di Santo
Stefano Rotondo a
Roma
E’ la chiesa a pianta
circolare più antica di
Roma ed è molto amata
dagli studiosi di
simbolismi per via dei
misteri che questa chiesa
racchiude.
Essa, per la sua struttura
a “cerchi concentrici” è
stata paragonata alla
basilica del Santo
Sepolcro di
Gerusalemme,
soprattutto per le misure
pari a 144 cubiti di
diametro per 144 cubiti di
altezza che la rendono
unica nel suo genere, una
trasposizione assoluta
della Gerusalemme
celeste.
Non dimentichiamoci
della Rotonda di San
Lorenzo a Mantova, una
delle chiese più antiche
della città, edificata
nell’XI secolo fu eretta
sopra un preesistente
tempio dedicato a Diana.
E il Complesso di Santo
Stefano a Bologna noto
anche come le Sette
Chiese.
Il cerchio, questo
prezioso simbolo antico,
così importante da essere
riprodotto nelle
architetture sacre.
La chiesa come la
conosciamo, di pianta
rettangolare rappresenta
in sé il percorso verso
l’altare, verso Dio.
I pavimenti che abbiamo
la fortuna di riscoprire,
quelli autentici ricchi di
simbologie suggerivano
con i loro disegni il
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
cammino del fedele verso
l’abside, consigliavano
all’uomo penitente, che
con il capo chino era
obbligato ad osservare i
propri passi, la strada da
percorrere.
Nel cerchio è diverso, si
entra in una realtà divina,
irreale, dove tutto attorno
a sé è uguale, dove a volte
è difficile ritrovare
l’uscita, dove il capo in
questo caso non viene
tenuto basso, ma alto,
verso il cielo, verso la
cupola o l’apertura sopra
la propria testa.
Solo se ci si posiziona al
centro esatto si vede il
cielo e il cielo vede te.
Solo se si è al centro del
cerchio e del mondo si
può vedere Dio.
Isabella Dalla Vecchia
www.luoghimisteriosi.it
Corrispondenze
pag.83
Simbolismo
dell’anima
Simone Barcelli
AlchimiaAlchimie è il
convegno svoltosi dal 22
al 26 agosto 2009 a San
Leo in occasione
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
dell’anniversario della
morte del Conte di
Cagliostro.
Il programma della
manifestazione è stato
incredibile, tra
conferenze e tavole
rotonde che si
susseguivano quasi
ininterrottamente.
Tra i partecipanti,
numerosi, anche grandi
pensatori, tra cui Erwin
Laszlo, Presidente del
Club di Budapest e
candidato al Premio
Nobel per la pace nel
2004 e Luigi Pruneti,
Gran Maestro della Gran
Loggia d’Italia degli
A.L.A.M.
La scelta di San Leo è
stata, ancora una volta,
vincente per gli
organizzatori.
Nell’aria si poteva
avvertire qualcosa di
elettrizzante, come
testimoniato da chi, come
noi, era lì in quei giorni.
La roccaforte, oltre a
legare il proprio nome a
quello di Cagliostro, deve
tanto anche a Dante e a
San Francesco d’Assisi,
che transitarono da
queste parti.
Queste giornate di fine
agosto sono state
caratterizzate anche da
spettacoli e animazioni a
non finire e, per gli
appassionati, c’era anche
un mercatino di
esoterismo.
La manifestazione,
quest’anno, ospitava per
la prima volta il Simposio
“Questioni di Spirito: le
ragioni di un’iniziazione”.
Tirando le somme, un
successo oltre le
previsioni, con quasi
20.000 presenze
distribuite nell’arco dei
cinque giorni.
Onore al merito, quindi, a
Vittoria Fornari,
presidente dell’Istituto
MAITRI: è stata lei ad
organizzare l’evento
nonché ideatrice del
Simposio.
Giocoforza, poiché non
era umanamente
possibile seguire tutti gli
appuntamenti di
AlchimiaAlchimie, alcuni
dei quasi addirittura in
contemporanea in sedi
diverse, abbiamo scelto di
raccontare, a modo
nostro, un paio di
incontri a cui abbiamo
assistito.
Qui vi relazioniamo circa
la conferenza del 24
agosto, “La storia
millenaria dei cerchi nel
grano”, il cui relatore
Michele Proclamato,
che ha elaborato una
teoria da lui denominata
‘delle Tre Ottave’, ci ha
infine rilasciato una
breve intervista.
A margine, ne parleremo,
ci sono stati sviluppi
interessanti per i lettori
di Tracce d’eternità…
Non potevamo poi
mancare all’incontro del
25 agosto, “Introduzione
agli Studi Simbolici e
Tradizionali”, che ha
visto protagonista
Giovanni Francesco
Carpeoro: il direttore
del periodico mensile
Hera è soprattutto uno
studioso del simbolismo
esoterico ed eravamo
curiosi di capirci
qualcosa, essendo
praticamente a digiuno in
materia.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Le fotografie
pubblicate in questa
pagina sono di
Vittoria Fornari, che
ringraziamo.
pag.85
La conferenza di Carpeoro
Chi cerca,
trova
Simone Barcelli
Carpeoro si occupa da
decenni di Studi
Simbolici e Tradizionali
che lo hanno condotto, in
maniera naturale, ad
abbracciare numerose
branche del sapere. Per
quasi due ore ha parlato
di simbolismo in maniera
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
semplice, mostrando e
spiegando diverse opere
pittoriche, svelando
infine il simbolismo
spesso celato nelle
raffigurazioni.
Ha precisato che anche i
grandi musicisti del
passato hanno generato
simbolismo perché le
note musicali altro non
sono che simboli sonori,
come i numeri sono
simboli visivi.
Necessariamente,
dobbiamo considerare la
musica come un
linguaggio che l'uomo ha
sempre utilizzato nel
corso dei secoli, fino a
diventare iniziatico e
riservato a ristretti
accoliti.
In definitiva, il
simbolismo è conoscenza
iniziatica, un vero e
proprio messaggio
alchemico esoterico.
l’inferiore può valere per
il superiore e una parte
può rappresentare il
tutto; tuttavia ciò non
vale per il contrario.
Per un approfondimento
anche riguardo le altre
leggi basilari si rimanda
al sito web del relatore
(www.carpeoro.com).
Carpeoro ha poi spiegato
il simbolismo contenuto
in un dipinto di Raffaelo,
“Estasi di Santa Cecilia”.
www.carpeoro.com
Questa conoscenza può
trasmettersi in forma
consapevole, con
l'iniziazione solitamente
riservata agli
appartenenti di un
determinato gruppo, o
inconsapevole, con la
tradizione spesso
appannaggio di interi
popoli.
In quest'ultimo caso, ecco
la necessità di
interpretare, a beneficio
dei profani, il significato
celato.
Dagli studi di Renè
Guenon è possibile
giungere all'enunciazione
di uno dei postulati più
importanti in materia: ciò
che è piccolo può
simboleggiare il grande,
allo stesso modo
Al centro Santa Cecilia ha
in mano la lira e ai suoi
piedi ci sono altri
strumenti musicali.
Gli altri quattro
personaggi non sono
scelti a caso (ad esempio
San Giovanni, tra tutti, è
il personaggio oggi più
discusso e misterioso,
anche per via dei testi a
lui attribuiti che
appaiono inconciliabili).
Il primo è San Paolo, con
la spada (il santo morì
decapitato); il secondo è
San Giovanni
Evangelista, figura come
sempre effeminata; il
terzo, col pastorale, è San
Agostino; infine c'è la
Maddalena, a fugare ogni
dubbio sul fatto che possa
identificarsi con San
Giovanni Evangelista
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
perché entrambi qui
effigiati.
La spada di San Paolo
rappresenta il fuoco, San
Giovanni stesso è l'aria
poiché questo è il suo
simbolo evangelico
(l'aquila), mentre il
bastone di Sant'Agostino
è la terra; Maddalena ha
in mano un vaso che
rappresenta l'acqua.
Anche la posa degli
effigiati è pregna di
simbolismo: Cecilia
guarda in alto verso la
schiera di angeli ed è un
fatto iniziatico, di
spiritualità; San Paolo
guarda in basso (in segno
di redenzione), gli altri si
guardano tra di loro
mentre la Maddalena
guarda innanzi.
L'insieme di questi
sguardi può quindi
determinare la croce.
La possibile
interpretazione è che
Santa Cecilia rinuncia
agli strumenti (di origine
umana) per la voce,
musicalmente più vicina
a Dio.
Il fatto che sia circondata
dagli altri quattro santi
può simboleggiare la
quintessenza, ovvero il
quinto elemento della
trazione alchemica.
Ma c'è di più: la spada e il
bastone possono
rappresentare il Solve e la
Coagula, cioè la formula
alchemica per
trasformare il Piombo in
Oro.
In seguito Carpeoro ha
affrontato la simbologia
delle fontane,
mostrandone diverse.
Inevitabile arrivare a
Giorgione, da considerare
un artista simbolico,
qualcuno che doveva
necessariamente
trasmettere qualcosa.
Per questa ragione
l'artista sapeva di dover
disegnare la bocca di
leone da cui esce l'acqua
e si tratta, in questo caso,
di una trasmissione
inconsapevole.
L'acqua, elemento vitale,
fa pensare
inevitabilmente al Nilo e
l'Egitto
conseguentemente alla
figura del leone.
La fontana di San Marco
è pure particolare perché
Venezia stessa
rappresenta l'immagine
dell'acqua, che a sua volta
ricorda il diluvio
universale.
Si era nella costellazione
del Leone e quindi questa
è la conoscenza esoterica,
cioè un evento che
doveva cambiare la
civiltà.
Il simbolo è quindi un
mezzo che racchiude dei
messaggi e poiché
l'artista rende la realtà
come la vede dal suo
punto di vista, dobbiamo
sforzarci di entrare in
questo contesto.
Il relatore ci ricorda che
in molte opere d'arte
percepiamo la bellezza
ma stentiamo a capirne il
significato.
Ed è ancora Giorgione a
fornirci un esempio con il
dipinto “La tempesta”, in
cui la scena non è di
facile comprensione e il
simbolismo è davvero
ermetico.
www.carpeoro.com
Al di là dei molteplici
significati, qui l'artista
vuole rappresentare la
conoscenza alchemica
per la presenza dei
quattro elementi, come
visto in “Estasi di Santa
Cecilia”.
Tra una tela e l'altra è poi
la volta della “Beata
Beatrix” di Dante Gabriel
Rossetti.
www.carpeoro.com
Carpeoro spiega che qui è
effigiato un uccello rosso
che becca qualcosa dalle
mani della donna, moglie
dell'artista, suicidatasi
con il laudano (un
preparato a base d'oppio
ideato dall'alchimista
Paracelso).
L'uccello ha una forte
simbologia perché
rappresenta sia la
spiritualità che la droga.
La “Beata Beatrix
conduce Carpeoro al
termine della conferenza,
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
un gran finale davvero, in
un crescendo continuo di
simbolismi esoterici ed
avvincenti spiegazioni.
Il relatore introduce la
proiezione degli ultimi
minuti di una pellicola
russa del secolo scorso, “I
Lautari”, che racconta
dell'amore perduto, ma
rincorso tutta la vita, dal
bravo musicista Toma
Alistar per Ljanka.
www.film.tv.it
Alla morte del lautaro
sarà il suo giovane
successore, Toni Starr, a
prenderne il posto, tanto
che quella musica lo
porterà infine ad
incontrare l'anziana
donna. In quel momento
volerà sulle loro teste,
come nel primo incontro
tra Toma e Ljanka, un
uccello rosso, chiaro
simbolo della morte e
dell'amore.
Il messaggio di Carpeoro,
a questo punto, è
ineccepibile: solamente
se continuiamo a cercare
ci sarà possibile trovare.
pag.88
L’intervista a Michele Proclamato
L’uomo
dell’OTTAVA
Simone Barcelli
Ciao Michele,
innanzitutto i nostri
complimenti per il
“taglio” che hai scelto
durante la conferenza
sui Cerchi nel grano.
Hai stupito tutti,
riuscendo a
disquisire per più di
un’ora, con
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
padronanza di
linguaggio e
semplicità, circa le
tue rivoluzionarie
teorie, evitando di
cadere nell’errore di
tanti che hanno già
affrontato questa
tematica così
controversa.
Le tue ricerche
vertono in particolar
modo sulla riscoperta
di una “scienza” cui
l’uomo, a volte
inconsapevolmente,
avrebbe sempre avuto
accesso, soprattutto
in campo creativo.
Da quel che ne
sappiamo imboccasti
questa strada di
conoscenza qualche
anno fa, quando
riuscisti ad
interpretare il
messaggio custodito
nel Rosone Centrale
di Collemaggio
dell’Aquila.
Ne vuoi parlare per i
lettori di “Tracce
d’eternità”?
www.micheleproclamato.it
Certo con grande
piacere, anche perché
oggi per me ripensare ai
miei inizi da
“Rosonologo”, mi distrae
dall’attuale situazione di
sfollato post terremoto.
Semplicemente alcuni
anni fa fui letteralmente
rapito dalla bellezza
mandalica del Rosone in
questione senza che nulla
presagisse lo sbocciare di
ciò che sarebbe diventato
in breve tempo, prima
una fissazione
incomprensibile, poi uno
studio quindi uno scopo
di vita.
Il problema agli inizi fu
rappresentato dal fatto
che nei pressi della
Basilica operavano ed
operano le sedi
distaccate dei reparti di
psichiatria dell’ospedale
San Salvatore
dell’Aquila.
E mentre puntualmente
il sottoscritto passava,
ore, con il naso all’insù
nell’osservare quel
compendio precessionale
di settecentoventi anni
fa, i pazienti dei reparti
succitati non mancarono
di notare e far notare,
nel mio fissile contegno,
un sintomo dalla palese
gravità mentale,
traendone quasi sollievo
pensando ai “propri” di
disturbi.
Vero è che nel giro di
pochi mesi le mie assidue
osservazioni si
arricchirono della
compagnia non solo di
molti pazienti ma dei
rispettivi medici curanti.
Quando poi finalmente
riuscii a codificare il
“mio” Rosone
estrapolando il suo
linguaggio SonicoAssiale la notizia
affranse i miei nuovi
amici poiché pensarono
che le mie assidue visite
si sarebbero
drasticamente ridotte,
cosa che chiaramente
non avvenne.
La voce, essendo l’Aquila
più un paesone che una
città, giunse poi alle
orecchie interessate del
direttore di rete
dell’unica TV allora
esistente, sto parlando
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
del 2004, e fui quindi
invitato in diverse
occasioni a commentare
la mia “eccentrica”
scoperta.
In quelle occasioni i
sottotitoli televisivi mi
spacciarono come
“Rosonologo Aquilano”
ed essendo ormai il dado
tratto, per diversi anni
questa fu la mia qualifica
in città.
Indipendentemente
dall’aspetto folcloristico
mi resi semplicemente
conto di come il rosone
centrale di Collemaggio
fosse in grado,
attraverso 36 braccia e
72 vuoti costruttivi, di
parlare in modo
precessionale, cosa che si
evinceva dalla
moltiplicazione dei 2
riferimenti numerici,
tutto qua.
Per dimostrare la
validità della “Legge
delle Tre Ottave” hai
scovato prove ed
indizi un po’
dappertutto,
pescando a piene
mani nel lontano
passato dell’umanità
ed immagino che i
tuoi studi stiano
proseguendo.
Al di là della puntuale
analisi che hai
operato, che valore
attribuiresti alla
documentazione che
hai finora esaminato?
In chiave di lettura
squisitamente
percentuale del
valore ottimale da
assegnarle, la ritieni
sufficiente per
comprovare il
modello che hai
approntato?
Posso dire solo questo: la
documentazione che io
ho e che tutti potrebbero
mettere insieme con
molta semplicità è di tale
portata che ormai da più
di un anno ho quasi
smesso di memorizzare
immagini e passi
bibliografici da cui si
evince l’operato e la
presenza delle TRE
OTTAVE.
Credo quindi, e vi
assicuro senza
presunzione, di poter
dire che al 99 per cento
sono sicuro di ciò che
dico e scrivo.
Anche perché, io, fino a
pochi mesi fa abitavo
nella città del 99.
Le tue ricerche ti
hanno portato ad
assegnare un
sorprendente
significato anche alla
Porta del Sole di
Tiahuanaco, dove hai
rinvenuto importanti
valenze numeriche.
Alla luce delle tue
interpretazioni, pensi
che possa restar
valido quanto finora a
nostra conoscenza sul
celeberrimo monolite
o qualcosa andrebbe
riscritto?
Quanto sono contento di
questa domanda
Facciamo così, chi può
prenda un’ immagine
della Puerta del Sol.
www.micheleproclamato.it
Fatto?
Benissimo ora
immaginate che
qualcuno in un momento
imprecisato della storia
umana abbia voluto
lasciare una
testimonianza granitica
dell’avvenuta CODIFICA
dell’atto creativo divino,
un atto basato su un tipo
di energia molto
particolare, in grado di
“muoversi” solo
attraverso semplici salti
di OTTAVA .
Ci siamo?
Ebbene quel qualcuno
come potrebbe scrivere
tutto ciò nella pietra?
Pensateci.
Adesso riguardate la foto
della Puerta, ci sono o no
sulla sinistra e sulla
destra di Viracocha TRE
FILE di OTTO esseri
alati?
CI sono.
Sommatele .
A questo punto avremo
24 esseri per ambo i lati,
in tutto - 48- Entità
“composite”.
Ora provate a
moltiplicare per sé stesso
tale computo, quindi
documentatevi su uno
dei più grandi misteri
temporali dei Maya,
l’Alautun, fatto da
23miliardi40milioni di
giorni.
A questo punto non vi
resterà altro da fare che
chiedervi perché la
Quarta Ottava fra gli
acuti di un qualsiasi
pianoforte avrà come
valore numerico
vibrazionale (Hertz) lo
stesso del calendario
Maya.
Forse non lo sapete ma
in questo modo avrete
svelato uno dei più
grandi misteri
INSOLUTI del mondo
archeologico, utilizzando
una semplicissima
informazione in Ottave,
di migliaia di anni fa, e
credetemi, tutto ciò
sarebbe solo una
frazione delle
informazioni ottenibili
dal lato Est della Puerta
del Sol.
Secondo il tuo parere,
questa potente
vibrazione divina che
pare contrassegnare
ogni elemento del
nostro universo, per
certi aspetti ancora
non compresa
pienamente
dall’uomo, è infine
riconducibile ad una
razza extraterrestre e
può spiegare, in
qualche modo, i
fenomeni insoliti che
ancor oggi ci
circondano?
www.micheleproclamato.it
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Allora, sulla Terra non
esistono diversi misteri,
nossignori, esiste un
SOLO mistero il quale
lega l’uomo a doppio filo
ad un sapere
“IMPOSSIBILE”
presente in mezzo a noi
da sempre.
Ora se tale sapere era
incredibile migliaia di
anni fa immaginate oggi,
se come credo si è
evoluto, cosa può fare e
fa.
Sto dicendo che
probabilmente qualche
cugino piuttosto
progredito lo abbiamo
sempre avuto, il
problema è capire dove
si NASCONDE e
considerando come
molto si giochi intorno
ad un tipo particolare di
SUONO, credo che
dovremmo guardare al
TEMPO come a uno degli
indiziati dimensionali
più importanti.
“Il segreto delle Tre
Ottave”, “L’Ottava. La
scienza degli dèi” e “Il
genio sonico”,
pubblicati tra il 2007
e il 2008 da
Melchisedek Edizioni,
trilogia ora
disponibile in
cofanetto,
rappresentano il
sunto delle tue
investigazioni.
Pensi che in futuro ti
occuperai ancora
dell’argomento o
dobbiamo aspettarci
qualche pesante
incursione in altri
settori della
conoscenza?
Qualche sorpresa ci sarà
e riguarderà prima i
Cerchi nel Grano sul cui
tema a Settembre uscirà
un mio libro dal titolo
“La Storia Millenaria dei
Cerchi nel Grano”, a cui
probabilmente seguirà
un’opera dedicata alle
“strane” conclusioni
equazionali su cui si basa
la Teoria delle Stringhe,
nel tentativo di dirimere
l’ormai secolare ed
inutile divisione posta
fra Scienza Ufficiale e
sapere pseudo - esoterico
dell’OTTAVA.
Oltre a ciò direi che
molto del mio impegno
verrà dedicato alla
creazione di una TEORIA
del TUTTO del Mistero
nella speranza che prima
o poi possa tornare a
perdermi nei raggi di
quel Rosone che mi ha
visto, alcuni anni fa,
rinascere a nuova vita
conoscitiva.
Dal 24 settembre 2009 è
disponibile
l’ultimo libro di
Michele
Proclamato
La storia
Millenaria
dei Cerchi nel
Grano
Prove e documentazioni
di un “fenomeno
di conoscenza”
senza Tempo
Edizioni Melchisedek
Cari lettori di Tracce
d’eternità ora vi lascio e
la cosa mi dispiace non
poco, spero nel
frattempo di poter
condividere con voi altri
momenti augurandovi
un’OTTAVA fatta da 99
abbracci.
Michele Proclamato
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
A margine
dell’intervista, in
maniera del tutto
naturale, è nata la
collaborazione di
Michele Proclamato a
“Tracce d’eternità”.
Da questo numero,
infatti, l’autore curerà su
queste pagine una
rubrica chiamata “Lo
Spazio dell’OTTAVA” e
ci condurrà per mano
alla scoperta delle sue
rivoluzionarie ipotesi.
pag.93
San Leo in…
bianco e nero
Antonella Baccaria
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Gli anelli mancanti
pag.93
Gli anelli
mancanti
Ines Curzio
“C’erano i Giganti sulla
terra a quel tempo,
quando un destino comune
colpì Atlantide e Marte:
forse la teoria
dell’evoluzione
ha spiegato solo una parte
della verità…
e ora è tempo di riscrivere
la storia.”
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Una novità attende da
settembre in libreria tutti gli
appassionati del settore e
non solo.
Il libro che ho il piacere di
presentare nasce dalla mia
personale esperienza e
rilettura di argomenti noti e
meno noti nell’ambito delle
scienze di confine, che ho
fatto convergere insieme
per cercare delle risposte ad
uno dei più grandi enigmi
della storia, forse il più
grande: qual è l’origine
dell’uomo?
Partendo da questa
domanda principale
incontriamo molte altre
questioni aperte: le
tradizioni religiose, i miti, i
misteri ancora senza
risposta e i dati scientifici
possono trovare
un’interpretazione comune?
Può esistere un quadro
d’insieme che colleghi fra
loro la scienza ufficiale con
le cosiddette scienze di
confine? Scienza e fede
possono conciliarsi?
Sono questi alcuni degli
interrogativi che mi sono
posta. Nessuno ha delle
risposte certe, ma sono
convinta che bisogna
trovare il giusto punto di
osservazione: quello che
unisce gli uomini, la storia,
la scienza, le religioni, li
accomuna e non li divide.
Forse solo allora tutte le
domande troveranno una
risposta!
Preparatevi ad un viaggio
affascinante fra storia,
scienza e archeologia: I
giganti sono davvero
esistiti? Quante tradizioni al
mondo ne parlano?
Venivano da Atlantide?
Esiste il mitico continente
sommerso? Cos’hanno in
comune le centinaia di
leggende che narrano del
diluvio universale? Quali
civiltà esistevano prima di
questo tragico evento? Cosa
accomuna le antichissime e
sconosciute civiltà da cui
sono poi nati i Celti, i Maya,
gli Indù? Popoli
lontanissimi fra loro, ma
con tradizioni mitologiche
molto simili…ma allora
questi miti sono davvero
solo miti oppure c’è un
fondo di verità che va
reinterpretato per capire le
nostre origini?”
Reinterpretare, questa è la
chiave del problema e allora
partiamo dall’elemento a
noi più vicino: “C’erano
sulla Terra i Giganti a quei
tempi - e anche dopo quando i figli di Dio si
univano alle figlie degli
uomini…”
Finora si è sempre pensato
che i Giganti e i figli di Dio,
nel passo della Genesi,
fossero gli stessi esseri, i
Nephilim o Announaki, e se
così non fosse chi sono i
figli di Dio e da dove
vengono?
E se entrambi, in maniera
diversa, fossero intervenuti
nell’evoluzione dell’essere
umano? Forse la Teoria di
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Darwin ha spiegato solo una
parte della verità…Per la
scienza ufficiale c’è ancora
un’anello mancante fra i
primati e l’uomo di
Neanderthal…Chiediamoci
allora: e se fossero molti di
più “Gli Anelli Mancanti”?
Questo il titolo del libro che
vi aspetta nelle librerie
tradizionali dove può essere
ordinato se non è presente a
scaffale, oppure nelle
principali librerie online.
Visitate il sito
www.glianellimancanti.com
e troverete estratti, video,
foto, curiosità, l’elenco
completo delle librerie dove
è disponibile e i link per
l’acquisto online.
La voglia di conoscere gli
anelli mancanti della storia
porta inevitabilmente ad
ipotesi spesso al limite della
fantascienza e quasi della
fantasia. Esistono misteri
sulla Terra ancora senza
risposte e il limite tra
scienza ufficiale e nuove
frontiere della ricerca si va
sempre più
assottigliando…finché un
giorno svanirà e tutti gli
anelli si ricongiungeranno.
Ines Curzio
[email protected]
Dreamland
pag.95
Gli alieni
buoni
Mack ad un conferenza del GAUS
Gianluca Rampini
La disputa tra chi crede che
gli alieni siano buoni o
cattivi è sempre viva e non
sembra poter raggiungere
alcun punto di svolta. A
favore della visione negativa
si schierano la maggior
parte dei ricercatori che si
occupano di rapimenti,
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
coloro che più di altri hanno
informazioni di “prima
mano”. In questo ambito
vengono considerato alieni
buoni gli alieni che non
interferiscono con l'umanità
e quindi non potremmo
conoscere, un po' sulla
scorta del principio di non
interferenza che anima
anche la serie di Star Trek.
L'unica eccezione in questa
cerchia di ricercatori è
rappresentata dallo
scomparso John Mack.
I racconti che egli otteneva
dai rapiti con cui entrava in
contatto illustravano spesso
un'immagine amichevole e
affettuosa di razze aliene
che sceglievano alcune
persone per mostrare loro
come lo sconsiderato
comportamento degli
uomini nei confronti del
pianeta Terra avrebbe
portato ad inevitabili
disastri, consegnando loro
messaggi d'amore e
fratellanza con i quali
provare a redimere
l'umanità.
L'altro fronte della ricerca
sui rapimenti gli ha fatto
notare che probabilmente
ciò dipendeva dal suo
approccio ai soggetti ma
sopratutto dalla sua
incapacità di superare le
false memorie che gli alieni
installavano nei soggetti.
Considerato il numero e il
calibro dei ricercatori che si
contrapponevano ( Budd
Hopkins, David Jacobs,
Corrado Malanga, Derrel
Sims ) lui stesso cominciò a
dubitare dei risultati delle
sue sedute.
Non ci sono quindi molte
fonti attendibili che
attestino la presenza sul
nostro pianeta di alieni con
intenti positivi.
Per lo più quest'idea si è
diffusa grazie ai racconti di
alcuni contattisti che però o
non hanno mai potuto
sostanziare le loro
informazioni oppure sono
stati accusati di falsificarle,
come nel caso di George
Adamski.
L'ideologia New Age poi se
la fece propria, nell'ottica di
una fratellanza cosmica e di
una nuova speranza per
l'umanità.
Con il passare degli anni si
diffuse anche la teoria
secondo cui fossero militari
e governi a voler far credere
che gli alieni siano tutti
cattivi e farne capro
espiatorio di molti loro
progetti segreti e per poter
giocare in un futuro non
troppo lontano la carta della
“falsa invasione” ( vedi
Bluebeam Project ) .
Tornando alla questione del
principio di non
interferenza, per quanto
ragionevole, dobbiamo
tener presente che si tratta
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
di una semplice
supposizione, valida in linea
di principio ma che in
determinate situazioni
potrebbe venir meno.
Assodata l'invasiva presenza
di un certo numero di
specie che si intrattiene in
ogni genere di azione
nefasta contro gli abitanti,
umani ed animali, della
Terra non appare
irragionevole che anche
altre razze, che avrebbero
preferito rimanere
imparziali si siano sentite in
dovere si provare a
rimettere la situazione in
equilibrio.
Molto probabilmente ciò
verrebbe fatto in totale
segreto e con la massima
discrezione, proprio nel
rispetto di quel principio.
Ed è a questo punto che la
storia di “Amicizia” assume
un'importanza
considerevole. Nel rispetto
della licenza e della volontà
della persona che ha
raccontato la sua esperienza
vi propongo la
testimonianza che Nikola
Duper ha raccolto.
Gianluca Rampini
[email protected]
pag.97
La storia di
“Amicizia”
http://w56.duper.org
La storia di “Amicizia” è rilasciata sotto licenza
Creative Commons Attribuzione - Non opere derivate 2.5 Italia15
http://w56.duper.org
Nikola Duper
Certe volte la vita ci
sorprende con dei risvolti
inaspettati. Molti di voi mi
conoscono come un
modesto ricercatore che da
anni si dedica al fenomeno
dei cerchi nel grano.
L’ufologia è sempre stata un
mio forte interesse, ma non
ho mai approfondito la
tematica a tal punto da
poter essere considerato un
esperto. Però, grazie ai
cerchi nel grano, ho
conosciuto molte persone
che studiano ufologia in
Italia e all’estero. Forse
proprio per la mia attività
nell'ambito del mistero, e
per le mie conoscenze degli
ambienti ufologici, è iniziata
per me una vicenda che ha
degli aspetti imprevedibili.
Nell’ottobre del 2008 sono
stato contattato da una
persona che, avendo sentito
che mi occupavo dei cerchi
nel grano, voleva
conoscermi. Mi sono
presentato
all’appuntamento, abbiamo
chiacchierato per più di
un’ora e poi questa persona
mi ha chiesto se potevo
aiutarla nella divulgazione,
del tutto disinteressata, di
una storia molto
importante. La persona
stessa non poteva, per
alcune ragioni, presentarsi
“allo scoperto”, e quindi
serviva un tramite. Ho
risposto che avrei aiutato
volentieri, nel limite delle
mie possibilità, e ci siamo
dati un appuntamento per
due mesi dopo. Infatti, ci
siamo rincontrati nel
gennaio del 2009 e ho
saputo che il mio
interlocutore è stato, per
una lunga parte della sua
vita, uno dei protagonisti
diretti della cosiddetta
LICENZA Creative Commons Attribuzione - Non opere derivate 2.5 Italia
Tu sei libero: di riprodurre, distribuire, comunicare al pubblico, esporre in pubblico, rappresentare, eseguire e recitare
quest'opera Alle seguenti condizioni: Attribuzione. Devi attribuire la paternità dell'opera nei modi indicati dall'autore
o da chi ti ha dato l'opera in licenza e in modo tale da non suggerire che essi avallino te o il modo in cui tu usi l'opera.
Non opere derivate. Non puoi alterare o trasformare quest'opera, ne' usarla per crearne un'altra. Ogni volta che usi o
distribuisci quest'opera, devi farlo secondo i termini di questa licenza, che va comunicata con chiarezza. In ogni caso,
puoi concordare col titolare dei diritti utilizzi di quest'opera non consentiti da questa licenza. Questa licenza lascia
impregiudicati i diritti morali.
15
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
“Amicizia”. Una volta
tornato a casa, ho verificato
l’attendibilità di questa
storia con alcuni amici
esperti, i quali mi hanno
detto che, a loro avviso, si
trattava di una storia vera.
A questo punto, avevo
abbastanza elementi per
prendere sul serio la storia
che mi è stata raccontata e,
vista anche l’ottima
impressione che mi ha
lasciato la persona
coinvolta, ho deciso di dare
il mio contributo nella
diffusione di questa
affascinante e importante
storia.
Mi rendo perfettamente
conto che mi sto giocando la
reputazione che ho
costruito in anni di attività,
ma lo faccio volentieri. La
fiducia esiste anche per
essere data quando ritieni
che qualcuno la meriti.
Il testo che segue mi è stato
consegnato dalla persona
che mi ha chiesto di fare da
tramite. Mi ha anche
chiesto di rispettare la sua
scelta di restare in
incognito, per ora, e di
assicurarmi che il testo non
venga inserito in un
contenitore che ne “orienti”
a priori il significato,
seguendo così la regola
d’oro del buon giornalismo.
Io ho accettato queste due
ulteriori richieste, e
trasmetto il testo alle testate
interessate senza alcun
commento.
Buona lettura e, se vi
sembra una testimonianza
importante, passate parola.
La storia di “AMICIZIA” -o
semplicemente “la storia”,
come l’abbiamo sempre
chiamata- è vera, e ha
coinvolto un gruppo di
persone italiane e non
italiane per molti anni, fra il
1956 e il 1990. Alcune di
queste persone, fra cui il
sottoscritto, sono ancora
vive, e hanno avuto rapporti
diretti (faccia a faccia) con
gli Amici (chiamati anche
W56), che sono
extraterrestri provenienti
sia da pianeti della nostra
Galassia (alla distanza di
centomila anni luce), sia da
altre Galassie. Qui sulla
Terra essi hanno raggiunto
il numero massimo di 200
persone, residenti in basi
(alcune vastissime) sotto
terra (a circa 20 km di
profondità) e sotto il mare,
alcune lungo la fascia
adriatica, con la prima base
“storica” sotto Ascoli
Piceno.
Ciò che ora brevemente dirò
deriva esclusivamente da
ciò cui ho partecipato in
prima persona, nel corso di
una lunga parte della mia
vita, e dalle nostre
conversazioni dirette con gli
Amici. Ne ho le
registrazioni, con la loro
viva voce.
“Amicizia” raggruppa popoli
diversi fra loro, sia per le
caratteristiche fisiche (alti,
piccoli, giganti, ecc.) sia per
la provenienza (anche da
altri Universi e altre
dimensioni), ma
accomunati da una scelta
fondamentale verso il Bene.
E’ una sorta di
confederazione trasversale,
in nome di un comune
ideale di vita e di pensiero,
pur rimanendo grandi
diversificazioni fra popoli e
fra individui, e fra scelte
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
personali. Siamo agli
antipodi della
massificazione ideologica.
Il popolo con cui abbiamo
interagito noi è composto
da individui (uomini e
donne, come noi) molto
belli fisicamente, molto alti,
circa tre metri, oppure
molto piccoli. Ma questi
sono aspetti secondari. Altri
popoli che fanno parte di
“Amicizia” sono assai
diversi da noi. Ciò che conta
è la sostanza, al di là delle
diverse tipologie e delle
innumerevoli particolarità
“folcloristiche”.
Gli Amici sono nostri fratelli
maggiori. Sono umani, anzi
siamo noi che non siamo
umani rispetto a loro. Sono
assai più umani di noi, per
questo non si fanno vedere.
Sono “troppo” umani… E’
facile per noi adularli, ma è
più facile invidiarli per la
loro compiuta umanità…
Altri popoli degli Universi
hanno optato per il Male,
spesso rappresentato
dall’adorazione della
Energia e della ConoscenzaScienza, e questo dualismo
fra Bene e Male è
fondamentale per
comprendere la lotta tuttora
in corso e le enormi
difficoltà nello svelamento
della verità agli abitanti del
nostro pianeta.
La lotta fra il Bene e il Male
è reale ed originaria, non è
il frutto di una invenzione e
non è una
“rappresentazione”. Gli
individui malvagi non sono
il risultato di un
esperimento scientifico mal
riuscito, tant’è vero che
possono liberamente
scegliere di non essere più
malvagi.
Questa lotta fra il Bene e il
Male ha riguardato anche la
vita dei terrestri del nostro
gruppo, rendendoli persone
particolari.
Le nostre esperienze, sia
fenomeniche (incontri
faccia a faccia con alcuni
Amici, conversazioni con
loro, dischi e altri oggetti
volanti di altre forme,
visioni molto ravvicinate di
materializzazioni e
smaterializzazioni, visite e
permanenze anche lunghe
nelle basi sotto terra, ecc.),
sia mentali e morali, hanno
segnato in modo assai
profondo e indelebile le
nostre vite, spesso
rendendoci vulnerabili
rispetto alle leggi, regole e
convenzioni della realtà e
società in cui abbiamo
continuato a vivere e
lavorare, salvo quelli di noi
che hanno optato di passare
il resto della loro vita con gli
Amici. La realtà che
abbiamo vissuto con gli
Amici supera ogni
immaginazione, e il silenzio
assoluto con gli altri, e il
continuo pensiero interiore,
per anni e decenni, sono
stati in noi la reazione più
normale. Una sorta di
ruminazione, e di crescita
continua della
consapevolezza e della
indicibilità. Alcuni di noi
hanno pagato un prezzo
molto alto per la loro
“diversità”, uscendo dai
circuiti della normale vita
sociale e lavorativa.
Alcuni di noi hanno
mantenuto un segreto totale
o quasi totale, aprendosi
solo con pochissimi intimi,
altri hanno parlato, ma
hanno volutamente fornito
una versione solo parziale o
modificata. Le ragioni di ciò
sono molteplici e
complesse, perché ci sono
cose che non si possono dire
neppure quando si è deciso
di parlare. Inoltre, è
successo che parecchie delle
cose rivelate sono state
oggetto di gravi distorsioni,
banalizzazioni,
manipolazioni e
interpretazioni del tutto
arbitrarie, ovvero di
comunicazioni scisse o
schizofreniche, che
affermano una cosa e subito
dopo il suo contrario,
ingenerando dubbio e, in
definitiva, incredulità.
Questo ha riguardato anche
aspetti e ragioni
fondamentali della presenza
degli Amici fra noi, e per
questo motivo è necessario
intervenire rettificando, e
soprattutto dicendo
l’essenziale che non è stato
detto, o di cui è stato detto il
contrario.
Il fatto è che questa vicenda
è estremamente complessa.
In essa l’ambiguità, la
disinformazione voluta o
non voluta e la mescolanza
del vero e del falso svolgono
un ruolo importantissimo.
Inserire un solo elemento
chiaramente non credibile per esempio autocontraddittorio o ridicoloin una storia vera rende
l’intera storia non credibile,
il che può anche essere lo
scopo, conscio o inconscio,
di chi riferisce la storia. Ciò
non è casuale, e non
dipende solo dalla volontà
personale di chi scrive o
parla o “rivela”, o si spaccia
per un protagonista mentre
non lo è stato, ma rientra in
una delle leggi che regolano
la presenza nascosta degli
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Amici sulla Terra. E’ sempre
stato così anche in altre
epoche. A causa di fattori
che appartengono ai piani
sottili -cioè i piani non fisici
della realtà- e che sono
difficili da verbalizzare, la
presenza degli Amici fra noi
è subordinata ad alcune
leggi, fra cui la legge
dell’ambiguità, della
duplicità, dell’inganno, che
caratterizza la condizione
degli uomini terrestri. Tutte
queste cose “negative” non
sono elementi estranei o
accessori o secondari, ma
fanno parte
costitutivamente delle
regole del gioco. Ciò avviene
in ogni momento, compresi
i momenti dei tentativi di
svelamento, come questo
ora in corso.
Gli Amici non sono i soli
extraterrestri presenti sulla
Terra. Individui di diversi
altri popoli sono fra noi,
perché la Terra è un pianeta
particolare nell’economia di
questa parte dell’Universo.
Lo scopo della presenza
degli Amici non è quello di
studiarci (ci conoscono
assai bene, meglio di noi
stessi!), ma quello di
aiutarci, perché le nostre
condizioni generali non
appaiono loro soddisfacenti,
soprattutto per il tasso
elevatissimo sulla Terra di
odio-violenza-ingiustizia e
per la piega anti-umanistica
assunta dalla nostra scienza
e tecnologia. Potendo
vedere i nostri pensieri e
sentimenti, gli Amici
vedono ciò che
nascondiamo dietro le
maschere, le parole e i
sorrisi...
Altri popoli sono qui per
altri motivi, e i rapimenti di
terrestri da parte di
extraterrestri, nonché la
creazione di ibridi, sono una
realtà di cui gli Amici ci
parlavano fin dagli anni ’60.
Dico questa cosa perché
oggi ne parlano i media, e io
ricordo ciò che ne dissero
gli Amici, ma di parecchie
altre cose di cui sento
parlare non so nulla, e non
ho alcun giudizio da dare,
perché gli Amici non ne
hanno parlato. Per esempio,
non so assolutamente nulla
dei cerchi di grano. Penso
che gli Amici, pur dicendoci
tante cose, ci abbiamo detto
solo una piccolissima parte
di ciò che sapevano,
compreso ciò che sapevano
sulle attività fra noi degli
altri popoli. Del resto, la
mia mente fa già molta
fatica a capire e “digerire” le
cose che ho visto o di cui gli
Amici mi hanno parlato,
figuriamoci se ci avessero
detto tutto… Credo,
tuttavia, di aver saputo da
loro le cose essenziali per
capire e per orientarmi,
sapendo che sono vere e
non sono solo
“informazione”, su cui non
si può non sospendere il
giudizio.
Dico che quelle cose sono
vere perché ho avuto un
rapporto personale con gli
Amici, e ho avuto la
sensazione forte che mi
dicessero la verità, come
quando sai che il tuo
migliore amico, o la persona
che ami e che ti ama, ti sta
dicendo la verità. Questa è
stata la mia fortuna nella
vita: di potermi fidare, in un
campo in cui è difficilissimo
potersi fidare, grazie a
questo rapporto personale.
Oggi, con le possibilità,
offerte dalla tecnologia, di
alterare o creare le prove
cosiddette “oggettive” (foto,
ecc.), il fattore della
testimonianza personale
credibile assume un valore
anche maggiore che in
passato.
Gli Amici, rispetto a tutti gli
altri popoli in visita sulla
Terra, offrono una
caratteristica assai
particolare e preziosa: sono
legati ai piani sottili che
regolano il destino della
Terra, e a quella che essi
chiamano l’Anima
dell’Universo, al di là del
piano fisico o fenomenico,
per cui hanno una sorta di
controllo generale su tutto
ciò che accade, anche se
possono intervenire ed
interferire solo a condizioni
particolari, come in una
complessissima partita a
scacchi di cui è qui
impossibile anche solo
accennare alle regole
principali.
Gli Amici definiscono se
stessi come non già
appartenenti al mondo dello
Spirito, ma come coloro che
“vengono subito dopo il
mondo dello Spirito”.
Oppure, si autodefiniscono
come i “preannunciatori del
mondo dello Spirito”. Essi si
pongono insomma come
intermedi fra noi e il mondo
dello Spirito.
Rispetto alla scienza e
tecnologia degli altri popoli
extraterrestri, quella degli
Amici è del tutto particolare
e diversa, perché è ricalcata
sulle leggi del mondo dello
Spirito. Si tratta di una
scienza e tecnologia
incommensurabile con la
nostra, anche con gli aspetti
più innovativi della nostra
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
fisica quantistica; ma essi
dispongono anche di
un’altra scienza e
tecnologia, più comune, che
in parte hanno tentato di
condividere con noi,
soprattutto nel campo
dell’elettromagnetismo. Ma
ciò ha scatenato in noi
soprattutto desideri di
avidità, possesso,
competizione e
onnipotenza, il che li ha
indotti a ritrarsi da questo
progetto di condivisione.
Gli Amici hanno vinto una
grande guerra nell’Universo
contro i popoli del Male, ma
la partita da giocare sulla
Terra è ancora del tutto
aperta. Le menti di noi
terrestri del gruppo, legati
per sempre agli Amici da un
antico patto, e le menti dei
terrestri cui ci rivolgiamo,
come sto facendo adesso,
sono coinvolte in questa
guerra, che si svolge
anche nelle nostre sfere più
intime e inconsapevoli, e
questo rende tutto assai
difficile, al limite della
indicibilità.
La razionalità è
assolutamente necessaria,
ma non è sufficiente per dar
conto di fenomeni,
interazioni e conseguenze
che vanno al di là di tutto
ciò cui la società e la
conoscenza-scienza ci
hanno abituato e
condizionato. In realtà, la
razionalità necessaria per
affrontare questa vicenda e
le sue implicazioni è
enormemente più ricca e
complessa di quella
abitualmente utilizzata dai
nostri scienziati e anche dai
sistemi filosofici come il
buddismo con la sua legge
di causa-effetto, che
costituisce solo un tassello
di una spiegazione
complessiva enormemente
più complessa ed articolata.
I cosiddetti “insegnamenti”
degli Amici non sono
ancora stati divulgati, e
consentono di affrontare
con una nuova
consapevolezza questa
intricatissima matassa
concettuale ed
esperienziale.
Alla base degli
insegnamenti degli Amici
c’è la TRASCENDENZA di
quello che anche noi
chiamiamo Dio, e che non
va confuso con l’Anima
dell’Universo di cui ho
parlato prima. Siamo qui
all’opposto del panteismo,
ma qui mi devo fermare,
anche se questo è il punto
più importante in assoluto e
il motivo principale della
presenza degli Amici fra
noi, secondo le loro stesse
parole.
La foto qui presentata,
scattata con una Polaroid
negli anni ’60, rappresenta
l’aspetto fondamentale del
rapporto fra il nostro
gruppo e gli Amici: la foto
ritrae la proiezione del
corpo sottile di un gigante, e
la cosa importante è la
messa in evidenza della
zona del cuore come parte
centrale, cioè l’Amore come
la cosa principale negli
esseri umani, terrestri o
extra-terrestri.
Si chiama UREDDA, in una
delle lingue degli Amici,
l’energia prodotta
dall’Amore fra le persone, in
particolare fra gli Amici e il
nostro gruppo, in seguito ad
un patto fra loro e noi e a
tanti eventi che ci hanno
unito. Grazie a particolari
strumentazioni che
lavorano sui piani sottili (vi
sono decine di piani sottili),
l’UREDDA viene
trasformata dagli Amici in
altre energie e oggetti,
persino nell’ossigeno che
essi respirano nelle loro
basi sotto la terra e il mare.
In mancanza di UREDDA,
gli Amici, resisi
volutamente vulnerabili per
Amore, periscono. Inoltre,
gli Amici si erano
volutamente resi dipendenti
dagli aiuti materiali (cibo,
soprattutto frutta e ortaggi)
che noi gli procuravamo.
Ciò avveniva mediante
smaterializzazioni guidate a
distanza, cui ho
personalmente assistito e
partecipato moltissime
volte, nell’arco degli anni. Li
chiamavamo i “prelievi”
degli Amici, anche
tonnellate di cibo alla volta,
che si smaterializzavano a
un metro dai nostri occhi, e
immediatamente si
rimaterializzavano nelle
basi degli Amici. In altri
casi, con lo stesso sistema
gli Amici ci inviavano degli
oggetti, piccoli o grandi, che
si materializzavano sotto i
nostri occhi.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
L’UREDDA è una energia,
ma gli Amici non sono gli
adoratori dell’Energia,
come altri popoli. Essi
seguono l’Amore, che è la
fonte anche delle energie
buone come l’UREDDA, ma
è esso stesso al di là di ogni
energia.
Gli Amici, per poter stare
qui con noi, hanno dovuto
accettare la legge del Tempo
e soprattutto la legge
dell’Avere, che regolano il
destino del nostro pianeta.
Ignorare, o non
comprendere fino in fondo
LA VOLONTARIA
AMOREVOLE
DIPENDENZA DEGLI
AMICI DALLA LEGGE
DELL’AVERE, e in
definitiva dai nostri pensieri
e dalle nostre azioni,
impedisce di cogliere il vero
significato della “storia” per
quel che essa è stata. E
impedisce di essere
preparati se essa si
ripresenterà, forse in forma
allargata.
Oggi, i nuovi paradigmi
cosiddetti “post-moderni”
della conoscenza terrestre,
aggiungendosi ai paradossi
della fisica quantistica,
aprono le menti verso il
riconoscimento del fatto che
la realtà non è quella che
appare, o non solo quella
che appare; e l’idea che
possiamo essere come dei
bambini che giocano in una
stanza, ignari di tutto ciò
che avviene intorno a loro, e
persino ignari di tutti gli
altri contenuti della stanza,
al di là dei giocattoli, può
oggi non apparire assurda
come in passato. Tuttavia,
la vera accettazione (non
solo a livello ludico o
virtuale, ma a livello di reale
consapevolezza) del mondo
extraterrestre fra noi
rappresenta una rivoluzione
antropologica e conoscitiva
ancora sconvolgente, molto
più della rivoluzione
copernicana. Solo a titolo
d’esempio, la Terra in
passato (centinaia di
milioni di anni fa) ha
conosciuto altre sei civiltà
evolute anche più della
nostra, che si sono estinte
per colpa. Questa fine
minaccia anche noi oggi. Gli
Amici non vorrebbero che si
ripetesse ancora una volta il
nostro passato autodistruttivo, cui essi hanno
assistito con dolore.
Possono aiutarci, e lo fanno,
ma all’interno di vincoli e
condizioni imposte dai piani
sottili della Terra e del
nostro Universo. Vincoli e
condizioni di cui tutti noi
ignoriamo l’esistenza.
La complessità delle
variabili in gioco, rispetto
allo svelamento, è tale che
neppure gli Amici hanno
fatto “profezie” su di esso.
Circa il 2012, di cui si parla
tanto, io non li ho mai
sentiti parlare. Invece,
hanno detto che sarebbero
ritornati. E’ vero che quelli
come me (ormai pochissimi
rimasti) hanno sottoscritto
un patto particolare con
loro, un solenne giuramento
di fedeltà reciproca, anche
se ormai sono passati
moltissimi anni. Ma per il
momento io non so se e
quando torneranno, o forse
sono già tornati e sono già
all’opera con altri terrestri
in qualche parte del mondo.
Non so se mi contatteranno.
Non credo, penso che dire
queste cose che oggi
comincio a dire a Nikola
Duper sia il mio unico
compito, come del resto mi
dissero gli Amici stessi
tanto tempo fa.
Alla fine degli anni ’40 gli
Amici offrirono una
collaborazione ai vertici
dell’Amministrazione USA,
ma in cambio chiedevano
l’abbandono del programma
di armamento nucleare. Ma
la loro offerta e richiesta
vennero respinte, e altri
popoli extraterrestri hanno
collaborato con gli USA e
altre potenze; i risultati
sono stati del tutto negativi,
e pesano tuttora sul nostro
destino collettivo. Uno dei
motivi che ritardano lo
svelamento (ma la
questione è assai intricata, e
si tratta veramente di uno
solo dei motivi) è che gli
USA dovrebbero assumersi,
davanti all’intero pianeta, la
responsabilità di aver
rifiutato una collaborazione
buona e di averne attivata
un’altra non buona, o
pessima, basandosi
esclusivamente su
considerazioni di potere e
dominio, mentendo ai
cittadini e praticando
l'occultamento (“cover-up”)
per decenni.
A seguito del rifiuto
politico-militare americano,
gli Amici hanno portato
avanti la strategia dei
contatti riservati con piccoli
gruppi di terrestri, cercando
di valorizzare la qualità dei
rapporti umani personali,
dell’Amore e dell’UREDDA,
rispetto alla quantità e alla
visibilità.
Tuttavia, neppure questi
contatti qualitativi hanno
dato i frutti sperati, per cui
oggi si deve ricominciare.
Con gli Amici, comunque,
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
non vi è mai una sconfitta
definitiva, perché le loro
risorse sono veramente
straordinarie. Quando gli
Amici perdono una
battaglia, è perché
l’abbiamo persa noi, e loro,
assoggettandosi alle leggi
dei nostri piani sottili,
devono perderla con noi, e
pagare con noi e per noi. La
mancanza di UREDDA nei
loro confronti, da parte
nostra, ha provocato nel
novembre 1978 la morte di
molti Amici e la loro
provvisoria sconfitta -da
loro prevista e messa in
conto- da parte del popolo
nemico, chiamato CTR, ma
tutto ciò è ancora
reversibile.
La vicenda degli Amici con
noi è uno straordinario
dramma nascosto, con
risvolti imprevedibili.
Imprevedibili in parte
anche per loro, stante
l’incredibile complessità
delle variabili in gioco, se
così vogliamo chiamarle, e
l’imponderabilità delle
libere scelte. Gli Amici
rispettano infinitamente la
volontà delle persone.
Collaboratori terrestri degli
Amici e collaboratori
terrestri di popoli nemici
degli Amici (e quindi nemici
nostri) sono
silenziosamente in lotta fra
di loro ogni giorno. I nemici
stanno tentando una
conquista molto graduale e
apparentemente indolore
del pianeta, lavorando
soprattutto sulle menti.
Purtroppo, non è
fantascienza. Magari lo
fosse. Purtroppo, non è
paranoia. Magari lo fosse.
Tuttavia, solo accennare a
queste cose induce allo
screditamento di chi le dice,
e questa è una potente arma
in mano a chi vuole il nostro
male. I condizionamenti
mentali e sociali in questo
ambito sono potentissimi.
E’ facile screditare
chiunque, quale che sia il
suo ruolo sociale o
culturale, se vi sono forti
motivi per farlo. Chi ha
avuto esperienze
segretissime come questa
con gli Amici, e poi è
riuscito, malgrado ciò sia
inusuale e “strano”, ad
occupare un ruolo
importante nella società e
ad essere rispettato come
persona affidabile, teme di
essere screditato, se rivela il
suo segreto; e teme,
soprattutto, che la
rivelazione screditerà anche
il segreto stesso. Egli sa che
quei condizionamenti
saranno comunque più forti
del suo ruolo e della
considerazione da lui
conseguita in un’intera vita.
Così, egli tace, mentre
parlerebbe solo per dire la
verità, e non volendo altro
per sé. Invece altri, che non
sanno o non vogliono dire la
verità, e che non rischiano
di essere screditati, perché
non hanno nulla da
screditare, parlano per
scopi di protagonismo o di
lucro. Questo, oggi, è vero
in tutti i Paesi, e viene
utilizzato a fondo da tutte le
persone e le istituzioni che
non vogliono lo svelamento.
Di fatto, la gente tende a
non credere “veramente” (o
“finge con se stessa” di
credere) alle “rivelazioni”;
o, al massimo, “sospende il
giudizio”, sapendo che esse
provengono da persone che
agiscono a scopo di
protagonismo o di lucro, e
che non temono lo
screditamento.
Cercherò di fornire al più
presto un’esposizione
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
sistematica articolata in
punti. Lo scenario totale è
estremamente complesso,
perché include anche la
presenza e le attività fra noi
degli altri popoli
extraterrestri, ma
considerare questo scenario
nella prospettiva offertaci
dagli Amici consente di
avere almeno un filo rosso e
un senso generale. Questo è
possibile perché la
prospettiva degli Amici è
una prospettiva privilegiata,
a causa del loro rapporto
del tutto particolare con i
piani sottili e con l’Anima
dell’Universo. Visto da altre
prospettive, lo scenario è
non solo troppo complesso,
ma è addirittura
indecifrabile e, in definitiva,
disperante.
Uno del Giuramento
(per ora in incognito)
Librarsi
pag.104
Il Santo Graal
di Franco Cardini, Massimo Introvigne, Marina Montesano
Pp. 238, euro 5,90
Giunti, 2006
ISBN: 8809046943
Simonetta Santandrea
A livello letterario la ricerca del
Graal è solo una bella avventura
cavalleresca, ma a livello allegorico
essa è il racconto del processo che
conduce alla conquista della
sapienza. Ma si tratta di una
ricerca infinita: il Graal resta
ineffabile e insondabile, e tale
ineffabilità permane il nucleo
ultimo del suo mistero.
Franco Cardini stesso, su «Lo
Stato» del 24 marzo 1998, traccia
la storia del “graal”: la parola graal
è misteriosa ma non troppo. Negli
idiomi di tipo celtico termini affini
rinviano a normali suppellettili da
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
tavola, sorta di grossi e profondi
piatti di portata o di grandi coppe.
La "grolla" valdostana è parente
lessicalmente stretta del graal; e il
greco krater gli è almeno affine.
Nel penultimo decennio del XII
secolo, un poeta di corte della
contessa di Champagne, Chrétien
di Troyes, redasse un romanzo in
versi, il Perceval, in cui si narrava
l'educazione iniziatico-cavalleresca
d'un giovane selvaggio gallese. La
scena-madre di quel romanzo era
la "processione del graal" nel
castello del misterioso Re
Pescatore.
In quel contesto figurava non il
Graal, bensì un graal: un
recipiente qualsiasi, ma d'oro puro
tempestato di gemme e di arcano
splendore.
Si sarebbe poi saputo che
all'interno di quel graal c'era
un'ostia, che bastava a nutrire il
signore del castello affetto da
un'inquietante malattia.
Nei secoli XII-XIII la Chiesa latina,
insidiata dall'eresia catara, stava
sviluppando una robusta teologia
eucaristica e incoraggiando una
forte devozione al mistero
dell'altare.
In effetti, lungo tutto il medioevo, il
Graal per eccellenza si collegò
all'eucarestia: e quindi l'oggetto fu
considerato ora il piatto nel quale
Gesù aveva mangiato l'agnello
pasquale, ora la coppa nella quale
durante l'Ultima Cena avrebbe
consacrato il vino e che poi –
secondo una leggenda posteriore,
esemplificata su quella del legno
della croce – sarebbe servita per
raccogliere il sangue delle sue ferite
durante la passione.
Si sviluppò fra XIII e XV secolo
una letteratura ciclica attorno al
Graal: molti romanzieri
continuarono l'opera di Chrétien,
lasciata incompiuta, e aggiunsero
una pluralità di episodi e di
particolari al suo racconto
collegando strettamente l'oggetto
misterioso sia alle storie dei
cavalieri della Tavola Rotonda, sia
alle vicende – nate da alcuni
vangeli apocrifi – riguardanti le
sorti delle reliquie della Passione e
il personaggio che li aveva raccolti
e custoditi, quel Giuseppe
d'Arimatea che aveva offerto al
Salvatore il suo sepolcro nuovo e
ne aveva curato la sepoltura.
Ai primi del Duecento un poeta
tedesco meridionale, Wolfram
von Eschenbach, introdusse nel
suo Parzival una variabile
importante: il Graal aveva poco a
che fare con il mondo celtico in cui
l'aveva inserito Chrétien, era
piuttosto qualcosa che veniva
dall'Oriente (il che era congruo al
suo rapporto col racconto
evangelico) e il suo aspetto non era
più quello d'una coppa bensì
quello d'una pietra.
Col tempo si andò diffondendo e
divulgando un racconto-fiume
anonimo, la cosiddetta vulgata,
conosciuta anche come LancelotGraal, che cercava di fondere tutte
queste leggende.
Oggi appare abbastanza sicuro che
Chrétien e molti dei suoi
continuatori, scrivendo del Graal,
si rifacessero a una tradizione orale
celtica tanto peninsulare (viva in
Bretagna) quanto insulare
(conosciuta in Galles e in
Cornovaglia, con riscontri
irlandesi e scozzesi): a una serie di
narrazioni a carattere tanto mitico
quanto storico che narravano ora
le avventure di un oggetto magico
(una versione del "recipiente
dell’abbondanza" presente in
molte mitologie indoeuropee
dall’India vedica ai mondi
germanico e scitico: la cornucopia
elleno-romana ne è una variante),
ora un complesso di miti relativi
alla morte e alla rinascita
stagionale della natura e ai
rapporti tra vivi e defunti, ora la
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
memoria di vicende accadute
soprattutto tra il V e il VI secolo,
negli anni cruciali della fine
dell'impero romano e dell’arrivo
dei germani angli e sassoni nelle
terre secolarmente abitate dalle
tribù celtiche.
Ma il medioevo europeo, ne
conservò solo il più evidente e
semplice tratto eucaristico.
Con la fine del Quattrocento,
l'interesse per il Graal scomparve
repentinamente.
Il Graal riemerse alla fine del
Settecento insieme con la voga
neoceltistica che, con quella
neogermanica, fu una delle
scaturigini fondamentali del
Romanticismo.
Da allora in poi, il Graal sarebbe
entrato come ingrediente primario
a far parte della panoplia di
oggetti-mito e oggetti-simbolo cari
all'elaborazione esoterica e
occultistica europea che dal SetteOttocento a oggi conosce una serie
infinita di variabili imparentate
anche se spesso fieramente
avverse l'una all'altra.
(estratto da ©2004 Franco
Cardini, da «Lo Stato» del 24
marzo 1998)
Esce anche in edizione economica
questo indispensabile lavoro sul
Santo Graal nel quale in 229
pagine dense di riferimenti si
analizza un tema tornato
prepotentemente alla ribalta. In
appendice anche un esaustivo
elenco della filmografia sul Graal.
Simonetta Santandrea
[email protected]
Angolo privato
pag.106
La città dei
viandanti
Giovanna Triolo
Erano arrivati nella
città dei Viandanti,
quella che tra le
nuvole lontane era
rimasta intatta.
Il castello con i suoi
torrioni era
l’immagine della
potenza, della forza
di un popolo
privilegiato.
Si incamminarono fra
le strade affollate di
tulle, organze, velluti,
seta dai colori vivaci,
indossati da splendidi
esemplari di uomini e
donne.
La porta si aprì
automaticamente, le
luci si accesero al
loro passaggio, e da
un’ampia stanza
adibita a biblioteca
ne uscì un giovane
bellissimo con i
capelli lunghi e
bianchi.
Il Viandante per
Eccellenza abbracciò
con trasporto il suo
unico figlio, e
l’emozione prese il
cuore di entrambi, la
vide mentre lo
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
guardava con affetto
e l’aria scanzonata,
gentilmente le si
avvicinò e le diede un
bacio sulla guancia,
con un desiderio
represso di
abbracciarla che non
trovava la strada per
farlo.
Si diressero nel
grande salone, dove
troneggiava un
enorme camino
acceso, nonostante la
bella giornata
primaverile.
L’odore del legno
impregnava la
stanza, ma così
delicato da avvolgere
ogni cosa
piacevolmente.
Passarono i giorni in
grande letizia e una
sera, com’era destino,
si trovarono solo Lei
e il ragazzo dai
lunghi capelli
bianchi, che aveva
partorito in una notte
di luna piena, senza
che un lamento
uscisse dalle sue
labbra.
“- Dirti che mi
dispiace credo sia
inutile”gli disse, mentre lui
con aria assorta
metteva un pezzo di
legno nel camino,
cercando di ravvivare
la fiamma.
Mentre dalle sue
labbra uscivano
quelle parole, nella
sua mente il ricordo
di un giorno lontano
si fece vivido:
Lui si era buttato in
una guerra di quelle
infinite, che durano
secoli e si perdono
nella memoria di
ognuno, il suo cavallo
ferito a morte lo
disarcionò, e lei che
dalle alture assisteva
protetta alla scena,
prese di corsa un
cavallo e si lanciò
nella battaglia
cruenta.
Dentro di sé portava
da qualche mese una
nuova vita, il ventre
era morbido nel suo
pulsare, mille
pensieri in pochi
attimi le
attraversarono la
mente, poteva morire
senza riuscire
neppure a
raggiungerlo, poteva
morire al suo fianco
lacerata da una
spada, poteva morire
calpestata dai cavalli
furiosi, poteva
morire… ma nulla e
nessuno neppure la
morte l’avrebbe
tenuta lontano da
Lui.
Dentro di sé sentiva
la voce della nuova
vita che chiedeva
pietà, che quella
morte non la voleva,
che gridava
che può colpire gli
Immortali solo in
battaglia.
Quando tutto finì, la
voce della nuova vita
non si fece più
sentire, negli occhi
del bambino nato da
quel folle amore, vi
era sempre un muto
rimprovero per ciò
che gli aveva fatto
provare, la crudeltà
del dolore ancora
prima di nascere, il
terrore di una morte
da indifeso.
Nel silenzio della
stanza, dove l’unico
rumore era il crepitio
del fuoco, lui
sussurrò:
“- Fermati, madre!!”-.
e lei di rimando
urlò nel vento
–“ Aggiungi la tua
forza alla mia, se
vuoi vivere!!”-.
le forze le si
moltiplicarono,
combattè con una
ferocia inaudita e
riuscì a strappare il
Viandante per
Eccellenza alla morte
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
” - Mi hai generato, e
di questo ti sono
grato”-.
E si allontanò
andando nella sua
stanza, lasciando nel
cuore di Lei il dolore
di non essere una
Madre.
Giovanna Triolo
http://blog.libero.it/Angoloprivato
Lo Spazio dell’OTTAVA
pag.108
Un Guerriero
del Futuro
Michele Proclamato
Se spinti, come me, da un
sano interesse archeologico
nonché territoriale, si
potrebbero ottenere,
attraverso un semplice clik
telematico una serie di
cenni storici dedicati ad un
“reperto” che ultimamente
sempre più sta attirando
l’attenzione di esperti e non.
Essendo la mia, l’attenzione
di un “non” esperto, come
giusto, sono ricorso alla
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
“madre” di tutto il sapere
ufficiale messo in rete,
quindi digitando
“GUERRIERO di
CAPESTRANO” il noto sito
Wikipedia, così si è
espresso:
Il "guerriero di
Capestrano"è una
scultura in pietra calcarea
del VI secolo a.C.,
rinvenuta in una necropoli
dell'antica città di Aufinum
(Ofena), località a nord-est
di Capestrano (AQ), e
raffigurante un guerriero
dell'antico popolo italico
dei Piceni.
Si tratta di una delle opere
più monumentali e
impressionanti dell'arte
italica, conservata a Chieti
nel Museo archeologico
nazionale d'Abruzzo.
Sarebbe giusto aggiungere
come la statua fu ritrovata
con le gambe mozzate nel
1934 da un certo Michele
Castagna durante dei lavori
agricoli, ma soprattutto
come attraverso successivi
scavi si addivenì, grazie
all’archeologo Giuseppe
Moretti, ad una vera e
propria necropoli in cui
spiccarono molti altri
ritrovamenti tra cui svariati
ornamentali femminili, di
cui molto potrei dire ma
non mancherà sicuramente
occasione.
Insomma pur essendo
“citato” il Guerriero non
gode di quella salute
conoscitiva nazionale ma
soprattutto
INTERNAZIONALE che
tanto meriterebbe ma che
probabilmente mai avrà.
Ma se “l’Ufficialità” me lo
permetterà una piccola
mano in questo senso potrei
modestamente darla,
soprattutto perché il
Guerriero, ben lungi
dall’avere consegnato ai
contemporanei tutti i suoi
“segreti”, conserva nel suo
“Cilindro” un segreto
millenario, direi senza
tempo, alla base, fra l’altro,
di un immenso sforzo
scientifico condotto anche
da entità, come la Nasa.
Quindi per trovare, ciò che
può sembrare un
inverosimile nesso fra le
“SFERICHE INCISIONI”
del Cilindro, scusate, del
CAPPELLO, del Guerriero
di Capestrano e le missioni
spaziali americane, dovrò
chiedervi un minimo di
“pazienza scientifica nonché
storica”.
Quindi da questo momento
vorrei che poneste in essere
nei miei confronti una
sostanziale diffidenza
conoscitiva da fugare
attraverso l’opportuna
consultazione “scientifica”.
Una scienza ufficiale
Fu proprio Max Planck,
uno dei pilastri fondatori
della Fisica odierna, ad
ammettere che a livello
Atomico non esisteva
nessun tipo di “MATERIA”
bensì un’unica FORZA in
grado di mettere in
VIBRAZIONE tutte le
particelle atomiche
componenti un piccolo
“sistema solare”.
Insomma uno dei padri del
mondo dei Quanti metteva
in “guardia” la galoppante
scienza dell’immensamente
piccolo, facendo intendere
come, qualcosa di diverso,
potesse esistere a livello
ENERGETICO alla base di
un fenomeno “materiale”
come quello ATOMICO.
Vero è che la Scienza ai
tempi di Planck, solo da
pochi decenni aveva
rinunciato all’esistenza di
un tipo di energia
“particolare” frutto più della
teoria che di esperimenti
veri e ripetibili.
Pochi anni infatti erano
trascorsi dal contestato e
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
ripetuto esperimento di
Michelson-Morley, anni
sufficienti ad affossare in
modo definitivo l’
”esistenza” di un ETERE, in
questo caso, luminifero in
grado di opporsi attraverso
un Interferometro, ideato
dallo stesso Michelson, al
suo passaggio direzionato.
Era il 1887 in Ohio.
Sulla base dei “risultati” di
tale esperimento Einstein
concluse che la velocità
della luce poteva ritenersi
indipendente dal moto della
sorgente e dell’osservatore
da cui la Teoria della
Relatività Ristretta.
A questo punto la Scienza
mentre da una parte
ammetteva come a livello
quantistico potesse esistere
un tipo di Energia altra, a
livello fisico ne decretava la
sua morte, creando una
perniciosa dicotomia che
vedeva opposte le Leggi
fisiche del Micro a quelle
del Macro mondo.
Ma era solo questione di
tempo prima che nel 1957 il
fisico olandese Hendrik
Casimir elaborasse una
teoria in grado di
profetizzare un “ENERGIA
NON NULLA” associata al
VUOTO dimostrata poi a
livello sperimentale e
passata alla storia come
EFFETTO CASIMIR.
Il mondo della scienza
sicuramente mai domo, pur
non accettando nemmeno
l’espressione ETERE,
continuava la sua ricerca
ufficialmente o no,
rendendosi sempre più
conto che un’energia
potenziale ad un livello
potenziale poteva e doveva
esistere.
Furono gli esperimenti
condotti allo ZERO
ASSOLUTO (- 273 Gradi) in
un assoluto spazio, messo
sotto vuoto, e perfettamente
schermato da ogni
interferenza, effettuati dal
contestato fisico, Harold
Puthoff a far tracimare ogni
dubbio verso l’effettiva
esistenza di un QUID
energetico al di fuori di ogni
nostro, per ora, possibile
controllo tecnologico.
Nasceva l’Energia del Punto
Zero o la Z.P.E.
Sulla scia di tale scoperta
grandi nomi, della fisica
sempre, come Feynman e
Wheeler si presero la briga
di quantificare la “forza” di
questo tipo di energia
presente in uno spazio
appositamente attrezzato
molto simile al “BULBO di
una LAMPADINA”,
rimanendo esterrefatti nel
constatare come essa fosse
sufficiente a
“SURRISCALDARE” gli
oceani terrestri.
Ormai ufficialmente la
scienza dava inizio alla
corsa, verso quel tipo di
energia o Forza, che Planck
aveva teorizzato
nell’immensamente piccolo
e EINSTEIN dimostrato
nell’immensamente grande
equiparando la MATERIA a
pura ENERGIA.
Sostanzialmente a livello
scientifico questa
fantomatica energia ormai
era possibile equipararla a
“materia”.
Le porte erano ormai aperte
e i tempi maturi per il Vuoto
Quanto-meccanico, la
Schiuma Quantica, il
Campo di Higgs, la Materia
Quantica, e non ultima la
famosa Dark Matter o
Materia Oscura, il tutto
avvalorato e sostenuto
dall’ultima Teoria del Tutto
in grado di unificare le
Quattro leggi Fisiche
attraverso la nascita di una
Materia, voluta questa volta
dalla simbiosi infinitesimale
di una miriade di
STRINGHE, evoluta a
livello di “Campo” dal
grande Mikiu Kaku.
Quindi l’Etere, memore di
Michelson, continuava a
non esistere per la Scienza,
ma allo stesso tempo essa
teorizzava e sempre più
dimostrava come il VUOTO
fosse sostanzialmente pura
ENERGIA e allo stesso
tempo potenzialmente
MATERIA.
In questo clima di corsa alla
“NUOVA ENRGIA
MATERICA” partiva nel
1999 una missione spaziale
dello Space Shuttle con uno
scopo principe: mettere in
una speciale orbita spaziale
l’ultima generazione di
telescopi.
La motivazione di un tale
sforzo scientifico?
Stabilire a livello galattico
come e quanto la Materia
Oscura invisibile, che ormai
per la scienza aveva
raggiunto la lusinghiera
quota pari a l 95% dello
Spazio Vuoto, potesse
inficiare le Gravitazionali
esigenze del restante 5%
visibile.
Non il caso quindi, ma una
precisa pianificazione
scientifica ha voluto che,
per la prima volta, la
scienza abbia
“FOTOGRAFATO” nel 2006
la Materia Oscura portando
il progetto Chandra della
Nasa a centrare il suo vero
obbiettivo.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Oggi quindi per la Scienza il
VUOTO è ENERGIA
OSCURA, una forma
potenziale di “sostanza”
capace di interagire con
quella materia che i nostri
occhi increduli sono
abituati a vedere.
OGGI l’ETERE a livello
scientifico continua a non
poter essere nominato, non
esiste, mentre la messe
terminologica utilizzata per
sdoganarlo continua a
proliferare incontrollata .
Una scienza quasi
ufficiale
Voi direte, cari lettori e
archeologi ufficiali,
giustamente: “e a noi …?”.
E io sono qui apposta per
dimostravi come tutto ciò
debba interessarvi
soprattutto se il motivo del
contendere è il CAPPELLO
di cui sopra.
Ma prima, ancora pazienza,
eh lo so, ce ne vuole tanta
nella vita.
Sì perché prima dovete
sapere, come, mentre si
andava nello spazio per
“capire” cosa ci circonda e
di che cosa siamo fatti,
qualcuno sulla Terra già da
secoli si occupasse non del
COSA ma piuttosto del
MODO con cui la materia
si aggregava.
Una corsa conoscitiva
iniziata infatti nel 1400,
grazie a Leonardo da Vinci,
perfezionatasi attraverso gli
esperimenti di Galileo
Galilei e Robert Hook nel
1600, via, via, arricchita da
nuove “testimonianze”
sperimentali del Fisico
musicista Chladni alla fine
del 1700, veniva finalmente
“codificata” nel 1967, dal
medico svizzero Hans
Yenny attraverso due
volumi dal titolo “Kimatic”,
quella che tutt’oggi viene
intesa come una pseudoscienza.
Una pseudo-scienza in
grado di dimostrare come
morfogeneticamente,
sempre la materia, sia
possibile organizzarla
attraverso il “SUONO”.
Arrivando ai nostri giorni
tale “teoria” è stata
perfezionata dagli
esperimenti svolti da un
ricercatore giapponese,
Masaru Emoto, il quale ha
legato alla morfogenesi dei
cristalli d’acqua anche un
influenza “ambientale di
tipo mentale”, superando lo
steccato sonoro in cui la
Cimatica era stata
confinata.
Anche in questo caso la
Scienza, pur non
rinunciando a disconoscere
sue gemmazioni come la
Cimatica, confermava
affermazioni illustri come
quelle di PLANCK proprio
attraverso il Yenny, quindi
in un discorso
“AGGREGATIVO” a livello
energetico non era più
possibile eliminare il ruolo
del SUONO, anticamera a
sua volta di un “MONDO
GEOMETRICO” sempre più
preso in prestito, a livello
simbolico, dal patrimonio
esoterico.
A questo punto in un
perfetto territorio di
nessuno ho potuto inserirmi
io con i miei studi, conscio
di come ufficialmente o
meno la situazione in
merito alla “nascita” della
Materia fosse ai giorni
nostri caratterizzata da una
ricerca in grado di “Vedere”
la probabile energia di
Planck negli immensi spazi
che ci circondano, ma
incapace di “concedere” a
tale Energia finalità
aggregative “sonore” dalla
spiccata simbologia
geometrica spesso
riconducibile a forme
PLATONICHE.
Il tutto mentre qualcuno
come Emoto superava il
concetto aggregativo del
SUONO evolvendolo con
quello di “PENSIERO”.
Sommando l’Ufficiale al
non Ufficiale era possibile
nei primi anni del 2000
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
teorizzare come una forma
d’ETERE autoaggregante,
dalle spiccate capacità
platoniche, fosse, a diversi
livelli di densità ora
VUOTO, ora MATERIA, il
tutto frutto di un probabile
disegno “mentale” trasfuso
attraverso il suono.
Si faceva strada il principio
di “CAMPO” universale
dalle caratteristiche ancora
tutte da decifrare.
Un Prisma
con troppo Tempo
Ma torniamo all’ufficialità
attraverso una missione
archeologica condotta
nell’attuale Iraq, presso la
dissepolta città di Larsa,
premiata da un
ritrovamento destinato a
suscitare un goliardico
scalpore fra gli addetti ai
lavori.
Siamo nel 1932 e la
spedizione passerà alla
storia grazie ad un
“Prisma” dal
contestatissimo significato
cuneiforme.
Il Prisma di Weld Blundell
riporterà 2 delle 3
millenarie Liste Sumere dei
RE facendo notare anche in
quella, denominata W.B.62,
un’inverosimile sistema
temporale abbinato ai
periodi regnanti di 8 RE
posti all’interno di 5 Città
ben precise.
Ora per un attimo vorrei
allontanarmi da tale
ritrovamento per
sottolineare come in Russia
ormai da tempo sulla scia
degli studi di grandi
scienziati come N.A
KOZIREV si sia consolidata
una “scuola” di pensiero che
ha visto nel TEMPO uno dei
responsabili principali
chiamati al capezzale della
CREAZIONE.
Questo ho inteso
sottolinearlo proprio in
questa occasione poiché a
livello archeologico e storico
il leggere nella Lista in
questione di RE regnanti in
Mesopotamia per 28800
anni, spesso suscitò e
suscita un’ilarità non
giustificata soprattutto alla
luce degli ultimi sviluppi
scientifici.
Ma il tempo e lo spazio
concessomi pur non
permettendomi di
dilungarmi sulla “LISTA”
come vorrei e dovrei, mi
permetterà di dirvi che la
WB 62 non è altro che una
STELE di ROSETTA
SONICO CREATIVA.
In pratica i periodi regnanti
come il numero di RE e le
Città non saranno altro che
un raffinato sistema
descrittivo per tutelare una
SCIENZA ALTRA presente
sulla TERRA da sempre in
grado di SPIEGARE come
probabilmente, spero, DIO
CREA.
Ora immaginate il lavoro
fatto in piccolo dal Jenny
con i suoni per
CONFORMARE la materia,
applicato ad un entità
divina la quale CREA
utilizzando i meccanismi
Cimatici di cui sopra.
Il SUONO Cimatico verrà
SOSTITUITO da 8 precisi
archi di Tempo dalle
molteplici caratteristiche
non ultime quelle di
ripercuotersi assolutamente
in 5 Città.
Avrete a questo punto una
perfetta descrizione
Antidiluviana di un ATTO
CIMATICO TEMPORALE
trasfusosi in ciò che
potrebbero sembrare 5 città
ma che effettivamente
rappresentano i 5 SOLIDI
PLATONICI di cui sopra.
Morale: da migliaia di anni
qualcuno sapeva come si
può CREARE attraverso il
TEMPO, lo SPAZIO e di
VIBRARLI attraverso
un’OTTAVA sotto forma di
SOLIDI PLATONICI.
Ora, oltre a consigliare
caldamente di seguire ogni
parola della Lista con
moltissima attenzione, al
suo interno si nascondono
tutte le Leggi utilizzate dalla
Natura per palesare le sue
creature, vorrei rivolgermi
agli esperti archeologi che
con tanto amore si sono
occupati del Guerriero
matrice del mio disquisire.
E vorrei che essi come tutti
notassero che, pur
essendoci 8 RE chiamati da
una volontà ben precisa a
collaborare in quest’opera
sonica solo 7 di ESSI
verranno citati.
Quindi avremo 7 note
temporali come le nostre 7
note musicali, a rivestire un
ruolo fondante in tutto il
mio discorso.
Ma se la mia platea fosse
così gentile di osservare
“cosa” SFERICAMENTE e
in modo bicromatico si cela
sotto il Cappello del
Guerriero di Capestrano
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
noterebbe, considerando lo
spazio occupato dalla Testa
del Guerriero, 7 spazi
Circolari e da questo
momento tutto ciò che
finora avete letto
comincerebbe penso ad
avere un minimo di senso.
Se ciò che ho scritto avrà
quindi un minimo di senso
e ufficialità avremo a questo
punto un sunto fatto di
ufficialità, semiufficialità e
concedetemi, sicure fonti
esoteriche, una situazione
nella quale esiste una sorta
di ETERE inizialmente
TEMPORALE in grado di
palesarsi geometricamente
attraverso 7 note principali
le quali oltre ad essere la
probabile matrice prima
della materia, come la
scienza ha fotografato,
rappresenteranno l’aspetto
principe con cui un essere
Divino è in grado di
palesarsi, un essere
condensabile in 7 note ben
precise se vogliamo:
chiamato OTTAVA.
Se ciò sarà plausibile
nell’ultima Teoria del Tutto,
quella delle Stringhe
dovremmo trovare tali
tracce esoteriche.
Inoltre, e ciò sarà per ora
solo marginale, in un
reperto Sannitico Abruzzese
“stranamente” troveremo
un possibile accenno a tale
ATTO SONICOTEMPORALE millenario
conformato in 7 Cerchi
concentrici.
Una Lista, uno Zodiaco
e un Genio Indiano
Ora siete nelle mie mani
deduttive, lo so, e tale
responsabilità la sento, ma
io credo che se vorrò
ottenere il mio scopo, di
dare al GUERRIERO luna
nova attenzione, dovrò
giocare tutte le mie carte
conoscitive, pur sapendo
dal principio che tutte le
volte in cui ho teso la mia
mano verso il mondo del
sapere ufficiale (IL GENIO
SONICO) questa è stata
sdegnosamente rifiutata.
Ma il mio è un talento nato
alla fine di tempi preposti
all’arrivo di una Nuova Era
e lo scotto dettato da tale
passaggio, che lo voglia o
no, lo sto già pagando.
Quindi senza
tentennamenti proseguo
dicendo che se volessimo
assistere all’evoluzione di
questo probabile atto
creativo dalle molteplici
caratteristiche dovrei
introdurre in questo
momento una tessera del
mio puzzle, essenziale per
capire come il sapere citato
fosse interpretato a livello:
STELLARE.
Vi invito quindi ad
un’ultima occhiata posta a
definire la SOMMA
TOTALE degli anni reali
della Lista.
Fatto?
Vogliamo
antropomorfizzarla?
Si?
Benissimo, prendiamo lo
Zodiaco di Dendera
e osserviamo la
trasformazione numerica
sumera cosa diventa in
mano egizia.
I 2412000 anni totali ora
sono diventati 12 enormi
Esseri le cui 24 BRACCIA
molto potranno insegnare
alla Fisica del Futuro.
Gli zero?
Scomparsi.
La geometria?
Scomparsa.
Ma stranamente quei 12
Giganti di pura energia
temporale delimiteranno
con le loro braccia la forma
principe della Geometria
Platonica: la Sfera.
E cosa c’è all’interno di
quella sfera?
Una visione cosmologica e
animica dell’UNIVERSO
EGIZIO costituito da 72
corpi celesti disposti in 5
CIELI, tutti perfettamente
sferici.
A questo punto avremmo in
successione TEMPO,
SUONO, GEOMETRIA,
SPAZIO, NUMERI, ESSERI
VIVENTI, tutto profuso in
STELLE e PIANETI.
Quindi in passato che cosa
si “nascondeva” dietro il
concetto di Etere, Prana,
Akasha, Ki ecc.
Io direi un concetto
energetico mentale di
CAMPO lo stesso elaborato
da KAKU attraverso le
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
SUPERSTRINGHE, capace
di accedere al macro e vi
assicuro al micro mondo
quantistico.
Potenzialmente il “MIO”
Etere sarà in grado di
mettere insieme le 4 leggi
fisiche principali terrestri
inquadrandole come
l’effetto secondario di una
CAUSA che
dimensionalmente si
TROVA in un PRISMA di
migliaia di anni fa.
Lo so, per chi mi legge per
la prima volta la cosa potrà
essere piuttosto
sconcertante, ma vi prego
ancora un minimo di bontà
nei miei confronti per
potervi dire: e se questa
scienza del passato si fosse
voluta sintetizzare a livello
simbolico che cosa degli
ipotetici scienziati del
passato avrebbero potuto
inventare?
Vediamo, abbiamo a che
fare con una “sostanza”
intelligente in grado anche
numericamente di
sintetizzare la sua
complessa etericità quindi
questi ipotetici “scienziati”
avrebbero potuto utilizzare
l’ultimo momento Eterico,
dalla nostra scienza non
visto, costituito dalle 24
BRACCIA egizie, prima di
esordire nel macro mondo
stellare, dalla nostra scienza
visto.
Sì avrebbero potuto farlo e
lo hanno fatto.
Essi infatti molto
semplicemente per parlare
della “LORO” scienza
usavano tracciare nella
pietra, oggi nel grano, TRE
OTTO(888) come quelli
presenti nel Labirinto di
Collemaggio, tanto amati
dal pio Celestino V.
Fantasia?
Può darsi.
Ma stranamente alcuni
decenni fa un povero,
mesto, indiano Tamil,
Srinivasa Ramanuian,
grazie anche ai
suggerimenti onirici della
dea Namagiri, sconvolse il
mondo della matematica
occidentale gettando fra le
tante cose, le basi teoriche
ed equazionali di ciò che da
lì a poco, grazie
all’immaginazione di due
brillanti fisici, Schwarz e
Susskin, sarebbe diventata
l’unica teoria in grado di
spiegare la nascita della
materia a livello quantico.
Unico problema rimasto
irrisolto dallo stesso Kaku è
costituito dal fatto che
nessuno in questo momento
a livello scientifico sa dare
una spiegazione alla
onnipresente presenza
simmetrica di alcuni
riferimenti numerici usati
senza sosta dallo stesso
Srinivasa.
Tali riferimenti si
potrebbero sintetizzare
semplicemente con 8, TRE
VOLTE 8, o 24, forse per
questo oggi le vibrazioni di
una STRINGA BOSONICA
continuano ad essere come
aveva predetto Ramanuyan:
“24”.
Un Labirinto
messo nel Cappello
Ritorniamo un attimo al
Labirinto celestiniano per
dire: sbaglio o esso è
costituito da TRE OTTO a
loro volta costituiti da 6
cerchi intimamente uniti
ma contestualmente
suddivisi in cerchi
concentrici?
No, non sbaglio!
Sbaglio o il 21 giugno di
ogni anno il sole trasforma
le informazioni eteriche del
ROSONE, da me codificato,
trasformandole in un
SETTIMO CERCHIO
suddiviso a livello luminoso
allo stesso modo dei 6
cerchi in pietra?
NO, non sbaglio.
Ebbene il Solstizio di
Collemaggio fra le altre cose
rappresenterà la “scienza”
impossibile dei “miei” saggi,
ma soprattutto lo schema
dimensionale menzionato
per la Lista Sumera dei Re.
Ricordate?
Sette RE ora Sette cerchi, ci
siete?
Spero di sì perché è giunto
il momento di parlavi di un
controverso collaboratore
spesso agli onori delle
cronache di tutto il mondo
per le sue avveniristiche
teorie spaziali: Richard
Hoagland.
Cosa ha fatto un giorno il
geniale coadiutore Nasa
ha trasformato molto
intelligentemente una
simbologia bidimensionale
costituita da una serie di
cerchi concentrici in un
insieme di riferimenti
angolari capaci a loro volta
di fare intendere come tale
simbologia, usata da
millenni nel mondo (vedi
Stonhenge) non sia altro
che la TRADUZIONE
TRIDIMENSIONALE di un
sistema geometrico di tipo
Platonico.
A questo punto mi rivolgo a
voi archeologi ufficiali e
faccio delle affermazioni
chiare e decise, le seguenti:
Il CAPPELLO del
GUERRIERO corrisponde
al LABIRINTO di
COLLEMAGGIO al
Solstizio.
Il CAPPELLO del
GUERRIERO contiene la
stessa valenza temporale
della LISTA SUMERA dei
RE.
Il CAPPELLO del
GUERRIERO è un cappello
quantistico.
Il CAPPELLO del
GUERRIERO è in grado, se
codificato come sopra
suggerito, di rivelarsi un
costrutto tridimensionale
dalle spiccate capacità
geometrico–platoniche.
Il CAPPELLO del
GUERRIERO ha in sé una
spiegazione Eterica della
materia che per quanto
aborrita la scienza cerca
senza sosta nelle profondità
dello spazio.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Il CAPPELLO del
GUERRIERO ha inciso
nella sfericità che lo
contraddistingue la
testimonianza di una
SCIENZA ALTRA che da
Sempre l’uomo usa.
Vi sto dicendo che quello
non è solo un GUERRIERO
è molto, molto di più,
adesso sta a voi cari esperti
decidere quanto, quanto a
me penso che se il
Guerriero tornasse a CASA
SUA in quel di
CAPESTRANO a cui
appartiene non sarebbe
esattamente uno SBAGLIO.
sono stato dato in prestito, è
capace di “Custodire” e di
far diventare, se amata.
Michele Proclamato
[email protected]
ECCO che cosa questa
TERRA abruzzese, a cui
In esclusiva per gli utenti di Tracce d’eternità abbiamo
già anticipato il 12 settembre, per gentile concessione
dell’autore Michele Proclamato, la copertina del suo
ultimo libro, in vendita dal 24 settembre 2009: “La
storia millenaria dei cerchi nel grano” (Editore
Melchisedek, pag.180, euro 22) che rappresenta
un’ulteriore tappa degli originali studi a cui si dedica
ormai da anni. Per chi ha letto la monografia di agosto
2009 de “I Misteri di Hera” (Acacia Edizioni), dedicata a
questa tematica, sarà l’occasione per approfondire le
proprie conoscenze al riguardo.
L’autore non ha la presunzione di
individuare chi possano essere gli autori
‘materiali’ dei Crop Circle e nemmeno
l’ardire di imporci soluzioni definitive
riguardo le modalità di realizzazione:
questo lo chiama fuori, energicamente, da
ogni sorta di polemica. Egli si occupa di
ben altro: ci introduce in un contesto in
cui il Tempo assume connotati del tutto
differenti, anche perché è proprio tra le
sue ‘maglie’ che, infine, potremmo cercare
di individuare chi da sempre ci
accompagna anche con l’ausilio di queste
particolari ‘formazioni’. Insomma,
l’interesse di Proclamato per la dibattuta
questione è da inserire come un
necessario tassello nel suo particolare
percorso di ricerca e confluisce in maniera
naturale nella costruenda teoria della
legge universale dell’OTTAVA, tanto da
poter considerare i Crop Circle come un
sistema “spirituale-scientifico”, a cui si
poteva attingere in ogni epoca. L’autore si
occupa quindi della problematica
ricostruendone, per la prima volta, un
lontanissimo passato in cui i nostri
antenati, senza peraltro comprenderne il
pieno significato, pare avessero a
disposizione questa ancestrale
conoscenza, tanto da utilizzarla sovente e
non solo nelle espressioni prettamente
artistiche. Dalle pagine di questo volume
emergeranno anche testimonianze
eccellenti: infatti, Leonardo da Vinci e
Giordano Bruno avevano già capito tutto
di questa scienza dell’armonia,
dell’equilibrio e della pace.
L’intenzione di Michele Proclamato è far
emergere questo misterioso sapere,
utilizzando la chiave di lettura a lui più
congeniale, quella riscoperta e già
illustrata nei precedenti lavori: la LEGGE
delle TRE OTTAVE.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Confesso, ho viaggiato
pag.116
La TUNISIA
(Sidi Bou Said e il Museo del Bardo)
Noemi Stefani
Sensitiva e ricercatrice della storia
delle religioni, indaga da più di 20
anni nel paranormale ricevendo
numerose conferme alle sue tesi. Le
sue esperienze l’hanno portata a
visitare i posti più misteriosi e ricchi
di spiritualità della terra.
Ha preso parte a convegni con
tematiche riguardanti “ la vita oltre la
vita “ facendo da tramite per le
persone che erano in attesa di
risposte e conferme dall’aldilà. Ha
tenuto conferenze, intervenendo
anche a trasmissioni radio (RTL
102,5) e televisive (Maurizio
Costanzo show).
A soltanto un paio d'ore di
volo dall'Italia, il mondo
cambia.
Siamo in Tunisia e la città di
Tunisi è l' occasione giusta
per immergersi in un
mondo totalmente diverso
da quello occidentale.
Un salto nello spazio tempo
e possiamo vivere e
immaginare la vita dei
popoli arabi.
La nuova Tunisi che
esisteva già all'epoca di
Cartagine con l'antico nome
di Tynes, rimane
fondamentalmente una città
araba con quasi nessuna
traccia del periodo romano
e bizantino.
La Grande Moschea di
Zitouna (Moschea
dell'Ulivo) edificata nel 732
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
d.C. è al centro dell'antico
souq ed è la prima tappa
della visita nella medina.
Facile perdersi nel souq, e
l'ho sperimentato di
persona.
C'è un percorso lineare di
piccoli bazar quasi del tutto
simili che si diramano
anche ai lati del percorso.
Basta spostarsi a curiosare
un po’ più a destra o un po’
più a sinistra che si perde
del tutto l'orientamento e ci
si trova a vagare immersi
nei colori e nei profumi, ci
si fa trascinare in un
turbinio di gente che va e
viene, tra file di piccoli
bazar, tappeti e spezie che
riempiono l'aria.
Indimenticabile il
caratteristico paesino di
Sidi Bou Said a circa 17 Km
da Tunisi.
Qui il panorama ricorda
molto quello delle isole
greche.
Stessa l'architettura di case
bianche e azzurre, fiori di
buganvillea che spuntano
sopra i muri di minuscoli
giardini incastrati tra una
costruzione e l'altra.
E´un vero piacere
passeggiare tra le sue
stradine in salita, e se il sole
picchia forte fermarsi a bere
un tè alla menta in uno dei
bar che dalla piazzetta
principale si sporgono a
picco sul mare.
Per capire, bisogna per un
po’ far riposare gli occhi e la
mente nel blu intenso, i
colori solari sopra alla
piccola spiaggia di sabbia
del paese.
Il museo è poco lontano dal
centro ed è situato nel
Palazzo del Bardo residenza
ufficiale dei bey husseniti, le
sue sale sono organizzate
per periodi storici con
reperti risalenti ai periodi
Preistorici, Punici,
Cartaginesi, Romani e
Proto-Cristiani.
Alcune sale prendono il
nome dai grandi e maestosi
mosaici che ospitano, come
la sala di Bacco e Arianna, il
cui mosaico che occupa
tutta una parete è stato
ritrovato a Thuburbo
Majus, la sala di Ulisse, con
il mosaico rinvenuto nella
casa omonima a Dougga e
in cui l'eroe viene ritratto
legato all'albero maestro
della sua nave per resistere
al canto delle sirene.
Un mare di pesci che
guizzano sulle pareti,
animali di tutti i generi
(persino gli orsi) che
conservano ancora le
espressioni e la freschezza
di una vita eterna.
I romani di allora
costruendo le loro "domus"
e arricchendole con i
mosaici hanno lasciato un
segno tangibile della ricerca
del "bello", e
fortunatamente questa
ricchezza non è andata
perduta.
Vorrei che l'Italia fosse
ricordata per quello che
sapevano fare gli uomini di
quel tempo, in positivo e in
negativo, tutto sommato
vale quello che rende fieri di
appartenere a un popolo.
Poco distante dalla periferia
di Tunisi, da non perdere, è
una visita al Museo del
Bardo, dove la storia,
l’archeologia e più che altro
i mosaici lasciano un
ricordo indelebile nella
memoria per tanta bellezza
e maestosità.
Noemi Stefani
[email protected]
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Xaaran
pag.118
La teoria del
complotto:
miti e ragioni per
credere e non credere
Antonella Beccaria
Antonella Beccaria scrive e
pubblica con la casa editrice
Stampa Alternativa/Nuovi
Equilibri e con Socialmente
Edizioni. Questi i libri
disponibili sia in libreria che
online: "Il programma di Licio
Gelli" (2009), "Pentiti di niente Il sequestro Saronio, la banda
Fioroni e le menzogne di un
presunto collaboratore di
giustizia" (2008), "Uno bianca e
trame nere – Cronaca di un
periodo di terrore" (2007),
"Bambini di Satana – Processo al
diavolo: i reati mai commessi di
Marco Dimitri" (2006) e
"NoSCOpyright – Storie di
malaffare nella società
dell'informazione" (2004).
E’ curatrice dell'antologia
"Creative Commons in Noir"
(2008, collana Millelire),
collabora con le riviste
"MilanoNera" e "Thriller
Magazine". Spesso lavora
come editor e traduttrice e dal
2004 tiene un blog, Xaaraan, su
cui racconta storiacce varie.
Michael Shermer è uno
storico della scienza che ha
fondato un'organizzazione
battezzata con il nome di
"Skeptic Society", dal cui
pay off emerge chiaramente
lo scopo che persegue –
promuovere la scienza e il
pensiero critico –, e a cui è
seguita la relativa rivista,
"Skeptic". Da ex
fondamentalista cristiano
qual è – come lui stesso si
definisce – e convertito in
seguito all'agnosticismo e
all'umanesimo, ha di
recente recensito in termini
entusiastici un libro uscito
lo scorso mese d'agosto.
Il titolo di questo volume
all'inizio può lasciar
interdetti di fronte
all'ardore del recensore:
"Cults, conspiracies, and
secret societies: the straight
scoop on freemasons, The
Illuminati, Skull and Bones,
Black Helicopters, The New
World Order, and many,
many more" (Culti,
cospirazioni e società
segrete: lo strano scoop
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
sulla massoneria, sugli
illuminati, sugli Skull and
Bones16, sui Black
Helicopters17, sull'ordine del
nuovo molto e molto, molto
altro). E stupisce anche che
proprio un personaggio
16 Gli Skull and Bones è
un'organizzazione esclusiva che,
negli Stati Uniti, ha sede presso
l'università di Yale e nasce come
una specie di realtà goliardica. Ne
hanno fatto parte varie
generazioni della famiglia Bush,
John Carry e uno degli ideatori
del piano Marshall e della
dottrina Truman, il
sottosegretario al tesoro di
Franklin Delano Roosevelt, Dean
Acheson. Le leggende che
gravitano intorno a questa realtà
non sono poche: una delle più
recenti riguarda il teschio del
rivoluzionario messicano Pancho
Villa, scovato e trafugato dagli
Skull and Bones. E sempre di
trafugamento sono stati accusati
dagli Apache per essersi
impossessati - secondo l'accusa
dei nativi seguita da un processo dei resti del loro condottiero più
noto, Geronimo).
17 Letteralmente elicotteri neri,
corrispondono una milizia
statunitense legata a teorie
cospirazioniste e golpiste.
come Shermer abbia usato
termini così incensanti per
un libro che, a pelle e dai
contenuti che
approfondisce, avrebbe
dovuto liquidare come
complottista.
Vediamo il motivo per cui le
parole di Michael Shermer
risultano a una prima
lettura così disorientanti. Le
ragioni per cui ciò avviene
sono tuttavia presto svelate.
Intanto partiamo
dall'autore del volume. Si
tratta di Arthur Goldwag, da
vent'anni ricercatore
indipendente e scrittore
freelance che in passato si è
occupato di ebraismo (ma
anche più in generale di
religione, in particolare per
sfatare l'oltranzismo
monoteista: sua è infatti la
riflessione sugli effetti
politici e sociali dei suffissi
“ismo” e “ologia”), oltre ad
aver lavorato per la
blasonata testata
statunitense "The New York
Review of Books".
In seconda battuta vediamo
in che termini si presenta il
libro. Usando le parole della
casa editrice che ha
pubblicato il volume
(Vintage Books), abbiamo a
che fare con una "guida
intrigante [che] collega i
punti [comuni tra varie
organizzazione] e descrive
una moltitudine di avidi
guru, assassini messianici e
coincidenze sospette.
Suddiviso in tre sezioni,
contiene centinaia di fatti
che separano la realtà dal
mito".
Già da queste poche parole
– e in particolare dalle
ultime – si inizia a
comprendere lo scopo del
libro e del suo autore, oltre
che quello del suo
recensore. Definito il primo
"intellettualmente
disonesto" da un lettore che
ha inserito la propria
opinione su Amazon, dove il
volume viene venduto,
perché avrebbe liquidato i
presunti retroscena sugli
attentati dell'11 settembre
2001 in sole sei pagine,
vediamo ora più nel
dettaglio la posizione sia sul
libro che sulla teoria del
complotto dello scettico
Shermer. Il quale, per una
rivista di peso tutt'altro che
secondario nel panorama a
stelle e strisce com'è
“Scientific American”, firma
un articolo intitolato "Why
People Believe in
Conspiracies" (perché le
persone credono nelle
cospirazioni) partendo da
un'ammissione: i complotti
esistono e la storia lo
testimonia. I casi di
Abraham Lincoln, di
Francesco Ferdinando
d'Asburgo-Este, dell'attacco
di Pearl Harbor o anche del
Watergate con relative
ripercussioni politiche
rientrano in questa
casistica.
Ma segue con una
constatazione: affinché un
piano cospirativo possa
funzionare, è necessario che
siano in pochi a conoscerlo
perché ci sarà sempre
qualcuno – soprattutto
negli ingranaggi della
burocrazia civile o militare
– che, per uscire dal
grigiore quotidiano, si
inventerebbe senza troppi
problemi una storia
attraverso la quale
guadagnarsi, per citare
l'artista Andy Warhol, il
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
proprio quarto d'ora di
celebrità.
Allora a cosa credere? E in
particolare di che cosa
diffidare? Shermer usa due
sostantivi per proseguire
con il suo ragionamento:
parla di "patternicity", la
tendenza a individuare
modelli intellegibili
all'interno di scenari
confusi, e di "agenticity", la
credenza in base alla quale
il mondo sarebbe
controllato "agenti
intenzionali occulti". Queste
due costanti sarebbero
quelle che renderebbero
fertile il terreno alla teoria
del complotto. Terreno che
andrebbe concimato anche
da altri elementi: per
citarne un paio, gli enigmi
che non vengono sciolti
proprio dalle istituzioni
preposte a far chiarezza su
fatti di una certa rilevanza
(come per esempio
l'omicidio di John
Fitzgerald Kennedy,
avvenuto il 22 novembre
1963) e la repentinità che
sottende il drastico cambio
di corso politico a seguito
dell'evento ritenuto un
complotto (si veda lo
scoppio della prima guerra
mondiale dopo l'attentato di
Sarajevo del 1914). Tutto ciò
– aggiunge il divulgatore
americano – è buon
materiale per altrettanto
buona fiction, come nel caso
di Oliver Stone e del suo
"JFK" o di Dan Brown con
"Angeli e demoni".
Ma queste prime
considerazioni non
rispondono – o lo fanno
parzialmente – alle
domande di cui sopra. È
necessario focalizzarsi, è il
consiglio di Shermer, che
cita come esempio su cui
riflettere – e che fa riflettere
– proprio il libro di Arthur
Goldwag: l'approccio del
suo autore è quello di
esaminare uno degli ambiti
più rischiosi per uno
studioso che si occupa di
storia e di politica – le
organizzazioni segrete – e di
sondare i fatti di cui parla
all'interno del loro contesto.
Nel farlo, però, evita di
commettere l'errore in cui
inciampano i più radicali
degli empiristi, che
atomizzano ogni fatto, lo
chiudono all'interno di un
guscio e negano la
correlazione che pur esiste
tra diversi eventi. La lotta,
per riassumere allo stremo
il contenuto dell'articolo di
“Scientific American”, è
quella che si consuma tra
l'intuizione da un lato e la
foga nella ricerca della
prova dall'altro. Ma
soprattutto nel rifiuto della
paranoia che "colpisce nel
profondo e che scava
furtivamente". Volendo
dirla con parole diverse –
per riprendere un altro
comune lettore di Goldwag
su Amazon – si eviti quindi
di aggrapparsi a idee
bizzarre, anche se
suggestive, pur evitando che
la fantasia – o, meglio, la
creatività – dell'osservatore
comune dei fenomeni
politici sia soffocato da una
razionalità che non lascia
spazio alla curiosità.
Antonella Beccaria
[email protected]
Per saperne di più
Why People Believe in
Conspiracies:
http://www.scientificamerican.co
m/article.cfm?id=why-peoplebelieve-in-conspiracies
Skeptic:
http://www.skeptic.com/the_ma
gazine
Cults, Conspiracies, and Secret
Societies:
http://www.amazon.com/gp/pro
duct/0307390675?ie=UTF8&tag
=boingboing0e20&linkCode=as2&camp=1789&c
reative=390957&creativeASIN=0
307390675 e
http://www.libreriauniversitaria.i
t/cults-conspiracies-and-secretsocieties/book/9780307390677
ANTICIPAZIONI
Sul prossimo numero di Tracce d’eternità
(in download gratuito a fine novembre 2009 sul portale
www.simonebarcelli.org)
* RAPA NUI
* INTERVISTA A YURI LEVERATTO
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Life after Life
pag.121
Sfere di luce
Noemi Stefani
Sensitiva e ricercatrice della storia
delle religioni, indaga da più di 20
anni nel paranormale ricevendo
numerose conferme alle sue tesi. Le
sue esperienze l’hanno portata a
visitare i posti più misteriosi e ricchi
di spiritualità della terra.
Ha preso parte a convegni con
tematiche riguardanti “ la vita oltre la
vita “ facendo da tramite per le
persone che erano in attesa di
risposte e conferme dall’aldilà. Ha
tenuto conferenze, intervenendo
anche a trasmissioni radio (RTL
102,5) e televisive (Maurizio
Costanzo show).
Questa volta desidero
riportare l’attenzione su un
argomento abbastanza
controverso ma sempre di
massima attualità.
Che cosa sono quelle sfere
di luce chiamate ORBS che
spesso compaiono nel bel
mezzo delle nostre
fotografie?
Che si tratti di un difetto di
rifrazione di luce nella
nostra macchina
fotografica?
Potrebbe essere. Riviste
accreditate del settore che si
interessa di mistero, ricerca
ed esoterismo affermano
che possono essere
apparizioni paranormali, e
siccome non siamo in grado
di smentire o di avallare
queste ipotesi potrebbe
trattarsi anche di questo.
E cosa pensano gli Angeli a
proposito degli ORBS?
Forse una risposta potrebbe
giungerci proprio da loro.
Ebbene, gli Angeli
percepiscono i nostri
pensieri come bolle di
sapone, trasparenti e
leggere e i più belli sono
tutti colorati.
Dicono che poi il Loro
compito è di sollevarli e
portarli fino al Creatore.
Vale la pena ricordare
l´importanza che ha la
vibrazione del nostro
pensiero e quante volte ci
perdiamo soffrendo per
cose insignificanti.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Un angelo Serafino ci
insegna così
“...SALVE,
Staresti bene se tu sapessi
essere più cosciente delle
tue difficoltà.
Staresti bene se tu sapessi
essere una persona
migliore.
Porteresti passioni senza
senso a chi non possiede
nemmeno lo stretto
necessario per
sopravvivere?
Per te tutto pare semplice.
Per te la vita ha fatto molto
e molto ti ha regalato, e
nonostante questo senti che
ancora non è abbastanza...
Forse ti manca la gioia di
ritrovare la conquista delle
piccole cose.
Se pensi a quando eri
piccino, anche respirare ti
era difficile, anche fare
movimenti che adesso non
pensi neppure, ti costava
fatica.
Ci sono Creature su questo
pianeta che pur avendo
raggiunto un'età evolutiva
da adulto si trovano nella
stessa situazione e non
chiedono nulla più di
questo, VIVERE,
desiderano soltanto esistere
nella loro incompiutezza di
umani.
Non credere che per questo
motivo saranno classificati
inferiori a chiunque altro
agli occhi del Signore.
Anzi, proprio perchè hanno
sofferto e faticato tanto,
proprio perchè per la loro
condizione hanno reso
coscienti tante anime
superficiali il Signore avrà
tanto amore per loro.
Li rivestirà di luce
splendente tanto che solo
pochi brilleranno allo
stesso modo.
Pensa a questo quando ti
vengono strane malinconie,
quando vorresti AVERE
invece di ESSERE.
Pensa a quanto hai già... è
tanto!
AMEN“
Grazie Serafino, ci vuole
pazienza con noi umani,
..impareremo.
Ripropongo delle fotografie
che avrete già visto nel n.3
della mia rubrica
“Confesso, ho viaggiato”
perché contengono ORBS.
Noemi Stefani
[email protected]
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Ultim’ora
pag.123
XXIII CONVEGNO
INTERNAZIONALE 2009
Movimento della speranza
Cattolica - Settembre 2009
Noemi Stefani
In questo contesto si sono
trattati diversi temi, sempre
tenendo in considerazione
scienza e fede, ipotesi senza
pregiudizi per cercare di
fare chiarezza, cercare di
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
capire cosa sarà dopo la
morte.
Vale la pena parlare di
questi temi che sono
sempre ricorrenti e mai
risolti, coordinati dalla
bravissima Paola Giovetti,
scrittrice e giornalista.
Mi è piaciuto molto don
Sergio Messina che io
chiamo prete "non prete"
perché parla e agisce
secondo il Vangelo e
tralascia di seguire
l’esempio della ecclesia
gerarchica.
Teologo, scrittore, ha
fondato la "Comunità
Accoglienza" a Torino.
Tiene corsi di sostegno per i
malati terminali.
Le sue parole di fede
tuonavano scuotendo
l’inerzia di tutto il teatro.
Non potrei tralasciare
Mario e Annarita Crispo
(Roma).
Lui è medico e lei critico
teatrale.
Sono stati toccati
tristemente dalla fine
tragica del loro figlio Emilio
che dal cielo continua a
mantenere contatti
attraverso la scrittura
medianica.
C´erano Laura Paradiso e
Adriana Scarficchia, esperte
di metafonia che facevano
delle dimostrazioni di come
si possano avere risposte da
chi è passato oltre la soglia
dell’esistenza.
Emma Vitiani che esponeva
la teoria del “pensiero
creativo”, cioè di come la
mente si possa gestire
positivamente continuando
a dare informazioni
gratificanti e che ci
predispongono al bene.
Nel tempo anche noi
riusciremo a migliorarci e a
vivere meglio.
E tra tanti bravi relatori,
Piergiorgio Caria con i suoi
crope circles (cerchi nel
grano) collegati ai Maya e
alla venuta del 2012.
Spiegava che sono
cominciati ad apparire
come semplici cerchi fin
dagli anni ‘70 per poi nel
tempo diventare veri e
propri pittogrammi
complicatissimi, con tante
simbologie della geometria
sacra.
E per ultimo, ma non
ultimo, il grande Giorgio
Bongiovanni.
Criticato, deriso, esaltato o
semplicemente considerato
con rispetto per quello che
è.
Una persona con le stigmate
come le aveva il nostro
amato Gesù...
L’ho incontrato per la prima
volta una decina d’anni fa,
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
sempre a un convegno delle
Edizioni Mediterranee.
Ricordo che aveva ancora la
croce sulla fronte, oltre che i
segni sulle mani e sui piedi.
Era alto, ricordo, perché
l’avevo abbracciato e mi
aveva dato l’impressione di
una persona forte.
Questa volta non ha più la
croce sulla fronte.
I capelli sono grigi, sempre
sorridente e sempre molto
forte per quello che dice, ma
stanco, fatica a camminare e
si vede che soffre, gli manca
quasi l’equilibrio.
Sono riuscita a dirgli
soltanto due parole e mi ha
fatto una carezza, aveva
carezze per tutti.
Non ho voluto trattenerlo,
era troppo stanco, ed era
giusto così.
Gesù verrà presto, ha detto,
ci sono tutti i segni e le
premesse...
Io sono pienamente
d´accordo con lui.
Noemi Stefani
[email protected]